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CLASSIFICAZIONE GESTI, CHE VUOL DIRE GESTO

CHE COS'è IL GESTO


Il gesto, come del resto la comunicazione non verbale in generale, è stato considerato al massimo come un
sistema subordinato al parlato. Come dice Kendon (Kendon in McNeill) "it was almost always assumed that
'language' must be spoken to be 'language'". Molti studi oramai dimostrano invece che il gesto non solo può
essere portatore autonomo di significato ma svolge anche un importante ruolo nel comportamento sociale
umano (Morris, Collet, Marsch, O'Shaughnessy, 1978) e si è rivelato anche decisivo sul piano linguistico e
cognitivo (cfr. cap. successivi). Inoltre lo sviluppo della tecnologia, permette di avere materiali per l'analisi
dell'interazione comunicativa sempre più accurati e a portata di mano, ha mostrato una stretta connessioine
fra sistema vocale e gestuale.
La definizione del gesto è problematica ed è definita in modo vario a seconda del contesto e della disciplina
in cui si opera. Il maggiore interesse dato alla materia negli ultimi anni ha fatto si che fossero date varie
definizioni da quelle più strette a quelle più ampie che includono ogni "visible bodily action" (Kendon,
2004). Molte sono applicabili a comportamenti, a caratteristiche somatiche, a fenomeni volontari e
involontari, espressivi, comunicativi ecc.
Per definire la nozione di gesto è importante premettere che anch'esso fa parte del sistema comunicativo. Le
conoscenze che si trasmettono possono essere rappresentate nella mente di un sistema (come una macchina,
un animale, persona, ecc) in due formati diversi (Poggi, 2006): un formato proposizionale che è astratto,
simbolico, e uno sensomotorio, che si forma nella mente attraverso dati sensibili esperiti nel corso
dell'esistenza. Certi sistemi intelligenti, come l'uomo, hanno a disposizione entrambi i formati.
La proposizionalità, infatti, è specie specifica perché esclusiva della specie umana; alcuni animali inferiori
riescono a rappresentare la conoscenza solamente con un'immagine mentale o una serie di movimenti
muscolari ma solo l'uomo è in grado di comporre enunciati costituiti di elementi grammaticali in
successione. In particolare, le caratteristiche più importanti e che probabilmente contraddistinguono il
linguaggio dell’uomo sono l’infinità discreta1 e le proprietà ricorsive della grammatica, che consentono modi
potenzialmente infiniti di espressione linguistica (e anche infiniti modi di espressione linguistica del
pensiero) sfruttando un limitato numero di regole2.
La facoltà linguistica per esprimersi ha bisogno di un serbatoio semantico di cui si può servire per
rappresentare simbolicamente eventi linguistici. È necessario però avere un dispositivo in grado di
immagazzinare parole, concetti e idee con il quale recuperare queste informazioni al momento opportuno. Il
modo in cui l'uomo riesce ad acquisire un bagaglio di conoscenza nella memoria per poi immagazzinarle ed
esprimere concetti dotati di senso, sono cinque (Poggi, 2006): percezione: attraverso i sensi, la memoria,
l'inferenza: attraverso cui si legano i contatti della memoria e fra questa e nuove conoscenze, la
significazione: un'inferenza diventata obbligata che viene generata automaticamente. "nella memoria si crea
un collegamento fisso tra la conoscenza di partenza e quella inferita, cioè un legame tra una conoscenza su
un evento fisico, che chiamiamo segnale, e un'altra conoscenza, che è il suo significato" (Poggi, 2006:14).
Quindi il significato è un'inferenza percepita che con la prassi è diventata talmente ovvia da legarsi in modo
indissolubile con essa. Quando questo sistema interagisce con un altro dello stesso tipo si può parlare di
comunicazione che, in questo senso, è strumento di conoscenza sul mondo e sui nostri scopi (Castelfranchi e
Parisi, 1980). Le conoscenze che passano da una mente all'altra sono significati che hanno bisogno di un
veicolo tramite cui trasmettere informazioni. In questo senso molte delle strutture comunicative cosiddette
non verbali sono segnali di una significazione; gesti, sguardi, ecc.
Ora bisogna stabilire quando un segnale è comunicativo e quando non lo è. Questo implica una definizione
sulla tipologia di segnali, che possono essere semplici o comunicativi (Poggi-Caldognetto).

1
«The core property of discrete infinity is intuitively familiar to every language user. Sentences are built up of discrete units:
there are 6-word sentences and 7-word sentences, but no 6,5-word sentences.» (Hauser et al., The Faculty of Language, cit., p.
1571).
2
«FLN [facoltà di linguaggio in senso stretto] takes a finite set of elements and yields a potentially infinite array of discrete
expressions. This capacity of FLN yields discrete infinity (a property that also characterizes the natural numbers). Each of these
discrete expressions is then passed to the sensory-motor and conceptual-intentional systems, which process and elaborate this
information in the use of language.» (Hauser et al., The Faculty of language, cit., p. 1571).
Nella definizione del gesto possono essere rilevanti due parametri: la funzionalità e l'intenzionalità. Dal
punto di vista funzionale, il gesto, si può definire come una struttura composta di una serie di movimenti
coordinati (Kendon in McNeill; Armstrong, Strokoe & Wilcox) dotata di significato e che viene eseguito
soprattutto da mani braccia o spalle (Poggi, 2006), anche se altri autori non escludono movimenti con altre
parti del corpo (McNeill 2012; Kendon 2004). Si può parlare di gesto però solo se queste caratteristiche
funzionali intervengono in un contesto intenzionale. Il gesto, cioè, comunica quando assume forma e
movimento in modo intenzionale verso qualche scopo. McNeill (2012) chiama gesto "a manifestly
expressive action that enacts imagery [...] and is generated as part of the process of speaking". Quindi la
caratteristica del gesto è di creare il movimento all'interno di un processo espressivo.
Lo scarso interesse per lo studio sistematico della gestualità e il fatto che non ci sia ancora una metodologia
condivisa rende molto difficile l'obiettivo di una terminologia comune e sufficientemente condivisibile.
Molte classificazioni, infatti, tendono a essere un sistema chiuso e rigido ma data la difficoltà di imbattersi in
un gesto "puro", cioè eseguito con un unico scopo, composto esattamente con movimenti indirizzati
esclusivamente all'apporto di un particolare significato e in un contesto neutro3, più probabilmente queste
classificazioni sono da intendersi come classi labili, sfumate, con frequenti e reciproche contaminazioni. Ci
sono vari tipi di cataloghi di gesti che variano a seconda degli obiettivi e degli scopi argomentativi degli
studiosi, ma quelli fondamentali si ritrovano pur con diversa terminologia oramai in molti elenchi (Efron,
1941; Ekman, Friesen, 1969; McNeill, 1992; Kendon, 1988). Queste classificazioni mettono in luce quattro
tipi fondamentali di gesti (Poggi,2006: 55)4:
1) Gesti deittici: sono quei gesti che si fanno per indicare qualcosa o qualcuno con la mano aperta o con
l'indice.
2) Gesti iconici: gesti che raffigurano nell'aria o imitano caratteristiche proprie di un oggetto, animale,
persona, ecc.
3) Gesti simbolici o emblematici: sono dei gesti che in una certa cultura hanno un significato facilmente
traducibile in parole o frasi. Ad esempio il gesto di formare una V con l'indice e il medio davanti alla bocca
significa "sigaretta" o "fumare".
4) Gesti batonici: Sono gesti che scandiscono il ritmo del discorso. Rappresentano una prosodia ritmica
extravocale.
Isabella Poggi scrive che "distinguere i gesti per tipi li irrigidisce in categorie fisse"(Poggi, 2006:56). La
studiosa suggerisce di distinguere i gesti in diversi parametri così da valutare il gesto caso per caso. Si
possono quindi classificare i gesti per:
a) Contenuto semantico. Anche il gesto, come per tutti i segnali, si può distinguere a seconda
dell'informazione che trasmette. Esso può veicolare un significato che si riferisce al mondo (per esempio i
gesti deittici o rappresentativi), oppure può riferirsi ad una volontà soggettiva, qualcosa che riguarda colui
che rappresenta il gesto. In questo caso il mittente intende comunicare qualcosa di e su se stesso, come per
esempio alzare un pugno per indicare l'essere adirato. Un'altra possibilità è il trasmettere un'informazione
che riguarda la mente, come per esempio il gesto delle "virgolette" per indicare la presa di distanza da
qualcosa oppure il gesto che indica il non interessamento.
b) Tipo di scopo: può essere espresso un gesto che esprime una motivazione individuale oppure di tipo
biologico (per esempio un gesto che scaturisce inconsciamente da un'emozione), oppure di tipo sociale (i
gesti codificati dall'etichetta riferita ad un tipo di cultura all'interno di una comunità)
c) livello di consapevolezza: conscio, inconscio o tacito. I gesti fatti in modo intensionale di solito vengono
ricordati dall'esecutore perché fatti con uno scopo comunicativo consapevole. Per esempio i gesti simbolici
sono completamente consapevoli perché vengono eseguiti in modo tale che il loro significato rimanga
evidente anche nella decodificazione del ricevente. I gesti batonici invece di solito si eseguono senza
attenzione quindi possono essere definiti inconsci o taciti perché vengono eseguiti senza che l'esecutore se ne
accorga.
d) Costruzione cognitiva: Molti gesti sono talmente codificati e strutturati in una determinata lingua che

3
Molto simile alla differenza che si viene a trovare nel parlato fra episodi di iperarticolazione e ipoarticolazione. Anche in questo
caso due poli della qualità del parlato fra cui si possono collocare molti stadi (cfr Manuale di Fonetica, Federico Albano Leoni,
Pietro Maturi, Carocci, 1998, Roma).
4
La classificazione che oramai si trova in molti manuali, anche perché è stata una delle prime, è quella che si trova in Ekman e
Friesen (1969, 1972 ). Essa prevede le categorie di emblemi, illustratori, adattatori, regolatori e affect displays.
vengono a rappresentare un sistema comunicazionale ben strutturato, a volte riescono a diventare un
linguaggio vero e proprio. L'esempio paradigmatico in questo senso è la lingua dei Segni utilizzata dai non
udenti. Questi sistemi sono strutturati come vere e proprie lingue perché comprendono oltre ad una
semantica anche una sintassi propria. Un sistema simile, ma che non incorpora regole sintattiche perché i
gesti non si combinano per formare frasi, è rappresentato dal lessico dei "gesti simbolici" tipico di varie
culture. Un esempio in questo caso è rappresentato dal sistema simbolico tipico dell'Italia (soprattutto
meridionale) molto complesso e sofisticato. Anche altri gesti hanno parziali codificazioni, per esempio i
gesti batonici possono significare la scansione della frase, quindi marcano l'inizio di una parola o il culmine
significativo dal punto di vista sintattico. Altri gesti sono inventati estemporaneamente sulla base di regole
inferenziali condivise.
e) Relazione segnale-significato: ci sono tipi di gesti che possono essere inferiti solo dalla loro forma o
movimento. In un gesto iconico la relazione è intuibile dalla configurazione che assumono gli articolatori,
quindi c'è un rapporto imitativo o di somiglianza. In un gesto dovuto a reazione emotiva (che Poggi chiama
"naturale" come scuotere le mani in alto per esultanza p.57) la relazione è più di tipo fisiologico-meccanico
(o una relazione di "determinismo meccanico" ibidem). Un gesto può definirsi arbitrario, invece, quando è
soggettivo, idiosincratico, quindi non facilmente decodificabile da un interprete (il gesto arbitrario
appartiene alla parole saussuriana mentre quello simbolico alla langue). Molti dei gesti simbolici nascono
come arbitrari poi, col passare del tempo il referente originario (come accade con le parole la cui origine
viene identificata spesso solo attraverso l'etimologia) viene sempre più simbolizzato fino a diventar parte di
un codice sociale condiviso. Spesso, come avviene tipicamente nelle Lingue dei segni dei sordi (Radutzky,
1981, 1987), i gesti arbitrari sono nati come iconici e poi hanno perso la loro origine figurativa. Questo
significa che un gesto creativo (così come una nuova parola) nasce quando si deve "costruire" gestualmente
un nuovo referente e di solito sono iconici perché il nuovo referente viene rappresentato mediante la
percezione del significato da comunicare. Questo significato può essere inventato in maniera estemporanea
perché ancora non esiste oppure perché si utilizza un gesto già codificato.
Per creare un referente, dunque, vengono attivate due modalità (Poggi,2006): il gesto deittico oppure con
una parola. L'indicazione è il modo più economico anche se può venir fatto solamente se il referente è nelle
vicinanze. Se così non fosse l'altro modo è necessariamente quello di applicare un'etichetta alla cosa da
evocare.
Nella classificazione operata da Kendon5 le tipologie gestuali sono collocate fra due estremi a seconda
dell'occorrenza o meno della parola. Da una parte la parola senza gesto, dall'altra il gesto senza la parola:
1) Gesticolazione. È il tipo di gesto più frequente, ha molte varianti ed è utilizzato per esprimere molti tipi di
significati. È eseguito essenzialmente da mani, braccia e testa (che è utilizzata principalmente in sostituzione
dei primi due) ma anche gli arti inferiori giocano un ruolo importante. È il movimento che incorpora il
significato espresso tramite la parola co-occorente.
2) Gesti associati alla parola. Si distinguono dai primi perché ricoprono un valore grammaticale all'interno
della frase. Sono a tutti gli effetti paragonabili a elementi grammaticali perché, spesso eseguiti senza
neanche l'occorrenza della parola, completano la struttura della frase.
3) Emblemi, gli stessi segni convenzionalizzati visti sopra.
4) Pantomima. È un gesto, o una serie di gesti, che esprimono una linea narrativa. Essi possono raccontare
una storia, un racconto un fatto ma senza la presenza della parola. La caratteristica principale è proprio
l'assenza della parte orale.
All'estremità opposta dall'utilizzo della sola parola si trova infine il gesto utilizzato come segno nella lingua
dei sordi. Le lingue dei segni hanno la propria struttura linguistica che include forme grammaticali, Dal
punto di vista dell’analisi linguistica l’organizzazione sub-lessicale delle lingue dei segni è simile alla
modalità di comunicazione verbale: possiede infatti un sistema morfologico-sintattico che permette di
esprimere ciò che nelle lingue parlate corrisponde a preposizioni, articoli e ordine della frase 6. Le lingue dei
segni si sono evolute senza la necessità di essere coordinate con la parola.
Questa classificazione si dimostra essere un continuum7fra due poli in cui la parola decresce di importanza,
significato e utilità all'aumentare dell'importanza del gesto. Nella gesticolazione, infatti, la parola deve
necessariamente accompagnare il gesto mentre nella lingua dei segni il gesto è perfettamente autonomo. Il
grado con cui il gesto mostra le proprietà di una lingua aumenta fino a rappresentare a tutti gli effetti, una

5
Nel 1988 Adam Kendon ha distinto i gesti in diverse tipologie, questo schema poi è stato ripreso da David McNeill (1992) che lo
ha chiamato "Kendon's continuum". La classificazione è ripresa da McNeill 2005.
6
I marcatori pragmatici nella lingua italiano dei segni, tesi di laurea, Cristiana Bandini, 1996/7 Bologna.
7
McNeill 2005.
lingua vera e propria. I movimenti del primo stadio sono obbligatoriamente accompagnati dalla parola
perché non hanno proprietà linguistiche, nel secondo grado, invece, i movimenti, sempre eseguiti
obbligatoriamente con la parola, si rapportano in modi diversi a essa. Nella gesticolazione, gli articolatori si
muovono cercando di supportare il significato ma senza una regolarità o una struttura precisa. Si trasformano
in elementi grammaticali quando nella frase rivestono un ruolo linguistico particolare (un complemento o un
verbo per esempio) e si manifestano soprattutto in modo sequenziale e non solo co-occorrente alla parola. I
segni, invece, sono obbligatoriamente non accompagnati dalla parola e hanno le caratteristiche essenziale di
un linguaggio. La comunicazione visivo-gestuale usata dalle comunità sorde, si definisce come una vera e
propria lingua, diversa dalla semplice mimica o pantomima: ha caratteristiche proprie, diverse dalle lingue
vocali, ma che la rendono capace di soddisfare le funzioni specifiche di ogni lingua. Essa è infatti un
sistema di regole e simboli che mutano nel tempo e che è condiviso da un gruppo di persone appartenenti ad
una comunità con diversi scopi: esprimere idee, opinioni, emozioni, monitorare se stessi e gli altri,
esprimere relazioni, interagire, trasmettere cultura, ecc.(Crystal, 1993).
La gesticolazione è il sistema semantico più "debole" perché per significare ha bisogno di essere interpretato
insieme ad un codice linguistico più codificato fatto di simboli il cui significato sia condiviso con poca
oscillazione interpretativa limitata.
Confrontando da una lato la gesticolazione e dall'altro la parola, si nota la ricchezza che emerge combinando
questi due sistemi in un nuovo sistema unificato fatto da due tipi contrastanti di proprietà semiotiche. Da un
lato la gesticolazione viene compresa in modo globale e sintetico, dall'altro il significato inserito nelle parole
di una lingua è estratto in modo analitico e discreto (McNeill).
La comprensione di tipo globale procede dall'alto verso il basso, nel senso che il significato delle parti è
determinato dal significato dell'intero. Nella formazione del gesto, la forma delle mani, lo spazio, la
direzione, l'articolazione, dipendono da una modalità in cui è possibile cogliere il significato solo se si
comprende il gesto per intero. La gesticolazione produce una serie di movimenti che non può essere
paragonata a unità morfematiche (come invece può essere fatto per la lingua dei segni) perché prese
singolarmente non hanno nessun significato ma lo acquistano solamente nel contesto di produzione. Non
esiste un significato condiviso generale che riesca a interpretare in modo univoco una mano che si agita
avanti e indietro. L'unione del significato nella forma del gesto non è fisso ma varia dal contesto di
comunicazione e quindi non è registrabile in una morfologia. In un sistema codificato come la parola,
invece, il significato è più facilmente interpretabile perché inserito in delle parole che hanno una alta densità
semantica o in un piano sintattico ben organizzato strutturato affinché ci siano poche indeterminatezze8. La
visione semiotica della gesticolazione è vista dall'alto verso il basso, cioè il significato è dato non dalla
somma delle parti ma dall'intero non divisibile un gesto comunica qualcosa in modo istantaneo perché le sue
caratteristiche si rilevano immediatamente in tutto il loro significato a differenza di altri linguaggi che hanno
bisogno di una successione lineare per esprimersi. Proprio però per questo motivo non può essere definita
una lingua.
Un gesto singolo concentra in sé un significato che nella frase viene reso con diversi elementi. La modalità
di espressione del gesto è in qualche modo sintetica, perché diversi significati possono essere trasmessi in un
solo movimento mentre nella frase parlata, per esempio, gli elementi della frase devono essere separati
(soggetto, verbo, oggetto, ecc) in quanto la modalità della distribuzione dei significati, negli altri sistemi di
linguaggio codificati, è analitica perché necessita di una sintassi in cui distribuire i loro elementi.
Rispondono a questa logica anche i gesti emblematici, perché raggruppano nello stesso gesto un significato
che in una proposizione parlata sarebbe distribuita in tutta la struttura. Si pensi per esempio al gesto del
'pollice in su' che se si volesse esprimere il suo significato in un linguaggio analitico e discreto sarebbe
all'incirca l'equivalente parlato di 'un lavoro ben fatto'9.
Ricapitolando, la gesticolazione accompagna la parola, non ha un significato socialmente o culturalmente
convenzionalizzato, è globale e sintetico nella modalità di espressione e non ha proprietà linguistiche per sua
natura. Essa si manifesta insieme alla parola che, invece, è convenzionalizzata, segmentabile in unità minori,
analitica e possiede pienamente proprietà linguistiche10. Anche il linguaggio dei segni ha le stesse
caratteristiche della parola ma cambia la modalità di articolazione. Invece che gli organi fonatori utilizza
segni delle mani, espressioni del viso e movimenti del corpo. La lingua dei segni è prodotta senza il ricorso
alla parola. La presenza o assenza della parola, quindi, è indice di proprietà linguistiche.

8
Ma cfr tullio de mauro indeterminatezza ecc…
9
Fra sistemi così differenti è molto complicato (e anche improprio) tradurre in modo che se ne esprima il senso. Lo scarto
connotativo, che seppure esiste fra parole e frasi di lingue diverse, qui è difficilmente colmabile.
10
Bisogna elencarle??
I gesti emblematici sono in una posizione intermediaria poiché rientrano nelle caratteristiche sia della
gesticolazione sia dei segni. Sono mancanti di un pieno sistema di unità discrete (il gesto del "pollice in su"
non ha un corrispettivo segno contrastivo per esempio) e di un valido potenziale sintattico (non si possono
combinare più gesti emblematici e formare una frase che risponda a qualche grammatica).
Il gesto deittico richiede una trattazione particolare. Ha una forma che è standardizzata all'interno di una data
cultura. In Italia per esempio è consono indicare con l'indice esteso e le altre dita ripiegate ma in altre società
potrebbe essere prodotto con due dita o un intera mano, o con la faccia, col naso, ecc (Enfield 2001) allo
stesso momento, comunque, la forma condivisa non è richiesta al gesto per manifestarsi. In appropriate
circostanze le forme alternative di gesto deittico sono comunque comprese. Quindi il gesto deittico è meno
limitato che quello emblematico. In alcuni contesti sembra obbligatoria anche la presenza della parola (de
Ruiter 2000) ma il movimento che indica è pienamente comprensibile anche da solo.

Il significato del gesto (doppia essenza linguaggio)

Co-espressività e sincronia
Mentre i comportamenti verbali sono accettati come essere portatori del contenuto del pensiero, quelli non
verbali, compresi i gesti, sono tradizionalmente presi come quelli che riflettono i sentimenti o le emozioni
del parlante(nico la medica). Ma l'avanzamento in questo campo di studi (Kendon, McNeill) ha fatto si che si
riconsiderasse questa visione. Come si è visto il gesto non è solo emblematico, ma può essere anche
metaforico, quindi contenente un concetto astratto e avere lo stesso contenuto semantico della parola co-
espressiva (sebbene il significato del gesto non può essere decodificato in modo così preciso come invece
può la parola Krauss, Morrel-Samuels, & Colasante, 1991 ).
Anche i bambini producono gesti mentre parlano ((Jancovic, Devoe; & Wiener, 1975), raccontano storie
(McNeill 1992) o se richiesto loro di spiegare le riposte date per risolvere problemi ((e.g., Church & Goldin-
Meadow, 1986). In quest'ultimo caso i loro gesti forniscono delle considerazioni anche riguardo alla
modalità in cui i problemi vengono rappresentati (Evans and Rubin (1979) o Crowder and Newman (1993).
L'osservazione del gesto offre anche una visione della rappresentazione mentale e cognitiva del parlante.
Caratteristica principale del gesto è di trasportare un significato così come fa la parola. Esso si manifesta in modo
sincronico al parlato esprimendo il concetto mentale in un altro tipo di linguaggio, ma senza essere
necessariamente ridondante. Esso, infatti, non può intensificare la rappresentazione mentale esposta dalle parole,
mostrare significati diversi, ma esprimere anche lo stesso concetto in modo che l'enunciato comunichi una diversa
informazione che, per vari fattori, non è portata dalla parola. Se un parlante esclama, "ho fatto esercizio", piegando
le braccia avanti e indietro all'altezza delle spalle, probabilmente si penserà a delle flessioni. Questo movimento
non esprime un nuovo significato, ma un'informazione aggiuntiva (il tipo di esercizio svolto). Il gesto però
potrebbe allo stesso modo non comunicare nulla di più, ma solamente ricalcare o evidenziare il significato verbale.
Perciò è possibile valutare un certo grado di ridondanza fra un gesto e la parola co-occorrente che può essere
considerato lungo un continuum (Goldin-Meadow, 2003).
Gradi ridondanza
Ciononostante, gesti e parola codificano il significato in modi differenti, perciò tutti i gesti partono con l'avere un
grado di ridondanza non trascurabile. Il medium spaziale e olistico del gesto supporta l'espressione con
informazioni più dettagliate dal punto di vista spaziale e motorio di quanto fa il medium lineare dell'espressione
verbale. Ciò vuol dire che un messaggio, che sfrutta le possibilità comunicative di entrambi i sistemi piuttosto che
uno solo, ha sicuramente un vantaggio comunicativo poiché ha a disposizione un ventaglio espositivo più ampio.
Grazie alla sua natura di manifestare il significato attraverso movimenti in una superficie il gesto è la scelta più
immediata per esprimere informazioni spaziali. Per esempio, un parlante che desidera descrivere il preciso angolo
in cui una sagoma è orientata, può avere più successo comunicativo mostrandolo direttamente con un gesto
piuttosto che tentare di descriverlo a parole (cfr. Emmorey & Casey, 2001). In questo caso il medium spaziale offre
un'informazione più immediata, pertinente ed efficace rispetto a quello sonoro. Le possibilità espressive del gesto,
inoltre, possono essere particolarmente valide quando l'informazione descritta è difficile per il parlante da
lessicalizzare ed è possibile farlo per via spaziale, un modo naturale che non richiede il recupero mentale di una
parola. Esso si manifesta più frequentemente con la parola quando si ha a che fare con figure difficili da nominare
rispetto a quelle più semplici (Graham & Heywood, 1975; Krauss & Hadar, 1999). In alcune situazioni si utilizza
il gesto per esprimere importanti componenti del significato che per vari motivi non viene fatto dalla parola.
(Melinger & Levelt, 2004).
Sembra, perciò, che la combinazione non ridondante fra gesti e parole possa essere particolarmente probabile
quando i parlanti hanno una conoscenza spaziale chiara e precisa su cosa essi desiderino descrivere ma senza avere
una corrispondente etichetta lessicale. Secondo questa visione, la combinazione non ridondante fra gesti e parola
non è semplicemente la risultante di una forte conoscenza spaziale o, dall'altro lato, di una debole verbale, ma di
entrambe le situazioni combinate insieme (Hostetter- Alibali 2011). Questa ipotesi sembra essere verificata da
alcune prove.
In primo luogo i parlanti producono gesti non ridondanti quando le (mancanze di) possibilità linguistiche
della propria lingua rendono difficile la descrizione di un'idea particolare (McNeill & Duncan, 2000). Per
esempio Kita e Özyürek (2003 Kita, S., Özyürek, A.: What Does Cross-Linguistic Variation in Semantic
Coordination of Speech and Gesture Reveal? Evidence for an Interface Representation of Spatial Thinking
and Speaking. Journal of Memory and Language 48, 16-32) hanno comparato i gesti prodotti da parlanti
giapponesi, turchi e inglesi nell'atto di descrivere una scena in cui un personaggio (di un cartone animato)
attraversava la strada su di una fune lanciandosi da un grattacielo a un'altro. La particolarità sta nel fatto che
né la lingua turca né quella giapponese (e neanche l'italiano) ha un termine equiparabile a "swing" della
lingua inglese che ha insito il concetto di "ondeggiare". Si è notato che dieci parlanti giapponesi su quindici
(e in modo simile i parlanti turchi) hanno prodotto comunque una forma arcuata nei loro gesti sebbene
verbalmente esprimessero il significato più generico di "attraversare", senza mai fare riferimento alla forma
del percorso, né con sinonimi né con perifrasi11. In questa situazione, sembra chiaro, che i parlanti avevano
una conoscenza spaziale di ciò che volevano esprimere (una traiettoria simile ad una arco) ma, essendo privi
dell'abilità di lessicalizzarlo nel proprio linguaggio, fornivano un concetto simile attraverso il gesto.
Producendo un gesto "a curva", i parlanti giapponese (e turco), sono stati in grado di esprimere quel tipo di
informazione specifica sulla natura dell'azione che per loro era difficile da trasmettere nella forma verbale
co-occorrente.
Secondariamente, spesso i bambini esprimono l'informazione su di un concetto che stanno apprendendo
attraverso gesti invece che a parole. Per esempio, può capitare che, interrogando dei bambini sulla nozione
del conservare, che hanno appena imparato, essi dividano la spiegazione fra espressione verbale e gestuale,
concentrando la nozione di altezza (di un contenitore che serve appunto a conservare) nelle parole mentre
quella della larghezza nei gesti (Church & Goldin-Meadow, 1986). In modo simile, nella fase di
apprendimento di un nuovo concetto scientifico, spesso producono gesti sull'argomento prima che possano
riuscire a produrne una compiuta espressione verbale (Roth, 2002; Singer, Radinsky, & Goldman, 2008). In
queste situazioni il bambino ha alcune conoscenze spaziali del significato che potrebbe non rappresentare in
forma verbale, creando una situazione in cui la comprensione del dominio supera quella espressa a parole.
Come risultato l'informazione che essi producono nei due canali non si sovrappone .
Infine, i parlanti frequentemente producono combinazioni non ridondanti fra parola e gesti non solo
nell'incrementarsi delle conoscenze ma anche nello sviluppo di abilità verbali. Anche quando il bambino
comprende perfettamente l'evento che descrive, e conosce esattamente quali aspetti della sua conoscenza
spaziale desidera articolare, il suo vocabolario potrebbe non contenere le parole necessarie per esprimere le
precise proprietà spaziali o motorie dell'evento a cui pensa. In alcune osservazioni fatte su bambini dai
cinque ai dieci anni (Alibali et al. 2009) si è notato che, mentre riassumevano la storia di un cartone animato,
essi producevano il doppio di combinazioni non ridondanti fra gesti e parole in rapporto a quelle prodotte da
un adulto nella stessa situazione. Inoltre, questi bambini sono sembrati particolarmente propensi a produrre
gesti non ridondanti quando si trovavano di fronte a problemi nel formulare verbalmente le loro idee. Prova
ne è che essi producevano più disfluenze verbali con una combinazione non ridondante che con una
ridondante. Benché questi risultati possano indicare, come fattore determinante, una mancanza di
conoscenze verbali che favorirebbe una produzione maggiore di gesti, tuttavia essa potrebbe derivare allo
stesso tempo anche da una forte conoscenza spaziale e motoria da parte dei bambini, poiché tutti gli eventi
presi in considerazione sono relativamente semplici.
Comunque sia, questa ipotesi è stata provata misurando il divario fra la conoscenza spaziale e verbale del
parlante. In modo specifico si è provato che persino parlanti adulti, se coinvolti in descrizioni spaziali
relativamente semplici che possano essere lessicalizzate facilmente nella propria lingua, a volte producono
combinazioni non ridondanti fra gesti e parola come risultato dei loro schemi abitudinali di pensiero

11
In questo studio però è da osservare anche l'influenza del linguaggio sul pensiero. Infatti, se è vero che turchi e giapponesi
eseguivano movimenti a curva con la mano senza che questa traiettoria fosse mai menzionata a parole, c'è stato anche qualcuno fra
loro (circa il 30%) che insieme alla parola utilizzava un gesto semplicemente orizzontale, che corrispondeva invece a ciò che
esprimevano a parole (semplicemente il concetto dell'attraversare). Dei partecipanti anglofoni invece nessuno ha compiuto un
gesto orizzontale, tutti hanno espresso, oltre che verbalmente, il gesto curvilineo. Questo fatto è stato interpretato come
conseguenza dell'influenza che ha il linguaggio nella rappresentazione cognitiva e quindi linguistica.
(Hostetter Alibali 2011 p. 43). I parlanti possono codificare le informazioni in almeno due fomati: verbale e
per immagini (Palvio Sadoski 2011) che possono essere scelti a seconda di diversi fattori (Hostetter Alibali).
In ogni caso il parlante sembra scegliere il formato che minimizza lo sforzo cognitivo

Anche se il significato è lo stesso, il gesto è in grado di modificarne la forma in modo che le caratteristiche
essenziali del concetto siano riconfigurate in una veste diversa percepita in altro modo dal canale
comprensivo verbale. Il gesto si manifesta nello stesso momento della parola; simboli co-espressivi, sia orali
che gestuali, sono presentati dal parlante nello stesso tempo, una singola idea sottostante che si manifesta
simultaneamente attraverso il gesto e la parola. È molto importante evidenziare la sincronizzazione fra i due
sistemi perché ciò implica che, nell'atto della parola, la mente non concepisce due atti separati ma lo stesso
processo in due modi differenti. L'immagine mentale è così condotta attraverso due canali: uno trasmesso
per via visiva, l'altro per via sonora. Solitamente il movimento si svolge simultaneamente e non in modo
sequenziale, e si manifestano in modo sincronico con la parola in cui si concentra lo stesso significato. Ciò
che rende la parola e il gesto co-espressivi è proprio la correlazione interna che si instaura fra idea e
articolatori, sia sonori sia gestuali. (see Kita, 1993, for more subtle examples of how speech and gesture
adjust to each other in timing; Morrel-Samuels & Krauss, 1992, for evidence that the timing of gesture and
speech is related to the rated familiarity of the spoken word; and Scoble & Mayberry, 1994, for evidence that
gesture and speech are syn- chronized even when, as in stuttering, the speech production pro- cess goes
awry). Tale sincronia implica che il parlante presenta lo stesso significato in entrambi i canali nello stesso
momento e che gesti e parola formano un singolo sistema integrato.
La differenza è nella fase di produzione del significato. Nella parola è analizzato e separato, essa divide gli
eventi in unità semantiche e le ripartisce nella frase. Per ottenere il significato composito globale esso viene
suddiviso all'interno della frase linguisticamente ben formata in una struttura sintattica. Quindi per ottenere il
senso si devono analizzare i vari significati analiticamente distribuiti nell'espressione, mentre nel gesto, il
significato composito è fuso in un singolo simbolo e le unità semantiche sono simultanee. Per comprendere
il senso non è richiesta una suddivisione analitica, non c'è bisogno di una scomposizione in elementi minori
(che anzi risulterebbe deleteria) perché l'acquisizione del significato non è determinata dalla somma delle
parti, ma dalla comprensione dell'intero fascio semantico nella sua integrità.
L'effetto è un interessante insieme di movimenti che si raggruppano per formare un significato ma non
scomponibili e che presi singolarmente non hanno un contenuto in sé. Il gesto non viene interessato dalla
doppia articolazione, gli elementi suddivisibili non hanno un carico semantico ma paradossalmente la
combinazione degli stessi crea il senso. Si ha un significato che cresce da elementi semantici "vuoti" i quali
non hanno un corrispettivo semantico nel lessico.
Quindi gesto e parola nel momento della sincronizzazione sono co-espressive ma non ridondanti e si
manifestano attraverso due forme la parola, che è analitica e combinatoria, e il gesto, globale e sintetico.

Legame gesto parola

Produzione di gesti in concomitanza del parlato


Una spiegazione del fatto che si gesticola mentre si parla prende in considerazione il fatto che il pensiero
umano è costruito sopra rappresentazione di azioni, quindi il gesto è inevitabilmente attivato dal processo di
espressione di un'idea.
Secondo le prospettive, o dei metodi utilizzati in fase sperimentale, si possono avere diversi riscontri nelle
analisi fra gesti e parlato. È da valutare però anche la validità in sede sperimentale di queste valutazioni, che
non sempre comportano analisi oggettive che possono essere falsate da vizi metodologici o difficoltà legate
al contesto. Nell'ipotesi della co-attivazione i movimenti sono analizzati osservando la loro relazione in
concomitanza della parola ma in un'ottica comparativa è interessante osservare anche il loro rapporto con i
momenti di esitazione e indecisione. Infatti, i gesti non interferiscono con la produzione della frase quando
fatti in modo inconsapevole o se in coordinazione con la parola. Inoltre, durante il silenzio, la produzione del
gesto può essere inibita dal carico elaborativo richiesto per pianificare la parola (libro verde pag. 78).
La velocità d'eloquio può essere rallentata da pause o esitazioni che interrompono il flusso della parola e allo
stesso tempo anche la produzione gestuale incorre in pause e interruzioni di questo tipo durante un discorso
normale. Il tasso delle parole in una frase, così come di gesti, può variare per diversi fattori. L'ipotesi della
co-attivazione prevede una maggiore produzione gestuale associata a una maggiore produzione verbale: più
si parla e più si gesticola. Infatti, il rapporto fra movimenti del corpo e parola è più fitto in casi in cui le
interazioni fra partecipanti sono più strette (Rimé & Gaussin, 1982) oppure c'è un maggior interesse per
l'argomento (Ricci Bitti, Argyle, & Giovannini, 1979). Tuttavia in altre condizioni parola e gesti sembrano
essere inversamente correlati, come per esempio soggetti bilingui gesticolano di più mentre utilizzano la
lingua secondaria che quella nativa in cui sono più fluenti, in questi casi la familiarità con la lingua parlata è
risultato essere il fattore determinante (Sainsbury & Wood, 1977).
Se si considerano i movimenti in relazione alle realizzazioni fonetiche si nota invece una stretta vicinanza
visibile anche in via sperimentale analizzando segmenti video (Condon & Ogston, 1966, Condon, 1970). Da
questi studi l'organizzazione dei movimenti del corpo sembra essere sincronizzata con l'articolata
programmazione della parola12. In modo simile analizzando diversi discorsi pubblici di politici è stato notato
che i picchi sonori coincidono quasi sempre con movimenti manuali e il 90% dei casi un movimento del
corpo accompagna un accento sillabico della sentenza verbale (Bull 1987). Alcuni movimenti si manifestano
in modo continuo durante conversazioni, ma molti meno sono quelli risultati durante pause o prodotti dal
ricevente. Diversi movimenti sono stati distinti a seconda dell'ampiezza e velocità che differiscono in
associazione alla prosodia: movimenti piccoli e rapidi tendono a manifestarsi nella fase iniziale
dell'espressione e seguono elementi che provocano disfluenze come esitazioni, pause o ripetizioni. Essi sono
associati ai picchi intensivi più ampi, mentre i movimenti più grandi e lenti si mostrano soprattutto alla fine
della frase (Hadar, 1989). In altri studi si è osservato che i gesti accompagnano la fase preparatoria al parlato,
ma è nei momenti di esitazione, durante la fase di esecuzione del parlato, che si ha la maggior quantità di
movimenti (Butterworth e Bettie, 1978). Si è osservato, inoltre, che i gesti che si verificano nelle pause
all'interno di un discorso verbale sono per la maggior parte illustrativi, mentre movimenti coesivi o batonici
sono più frequenti in concomitanza della parola. Ciò dimostrerebbe che parola e gesti condividono il
processo comunicativo ma in maniera cooperativa in modo che nei momenti in cui uno dei due canali si
trova in difficoltà espressiva, allora subentra l'altro completando la produzione del messaggio.

Gesti e comprensione della parola


Ci si potrebbe chiedere anche se la produzione dei gesti soddisfa la funzione comunicativa nella
comprensione del discorso e, se si, quali informazioni vengono manifestate. Il ricevente, in un rapporto
comunicativo, processa l'informazione da diverse origini e la comprensione del linguaggio parlato risulta
dall'integrazione di inferenze lessicali, semantiche, logiche, pragmatiche ecc. La comprensione della parola è
resa possibile grazie alla percezione di segnali acustici riconosciuti come rappresentazioni fonologiche, dalla
rilevazione di parole, dall'analisi sintattica e da inferenze sul significato derivate dalla conoscenza del mondo
al fine di processare le ambiguità risultanti da omofonie, espressioni ellittiche o anaforiche, doppie sensi ecc.
Quindi la comprensione della lingua verbale richiede abilità multiple che rimangono parzialmente non
specificate. Anche se non è una operazione analoga, la comprensione dei gesti implica, allo stesso modo,
molte operazioni e può essere paragonata a altri tipi di elaborazioni visuali come il riconoscimento di una
oggetto.
Diversi studi indicano la connessione fra il canale visivo e uditivo in operazioni di comprensione
comunicativa. Un segnale viene individuato più velocemente e compreso in modo più efficace se oltre
all'udito è stimolata anche la vista. (Posner, Nissen Klein, 1976). Un altro esempio sull'influenza
dell'informazione visiva sull'elaborazione del linguaggio parlato proviene da studi sulla lettura dei
movimenti delle labbra. I soggetti che hanno problemi di udito non sono gli unici ad essere aiutati dalla
visione dei movimenti della bocca: la lettura delle labbra influenza anche soggetti con condizioni di udito
normali che ascoltano un messaggio intatto (non degradato o manifestato in situazioni rumorose). Per
esempio, esiste l'effetto McGurk, il quale è l'illusione nel percepire un fonema che non corrisponde al
segnale uditivo o alla forma che la bocca mostra nella pronuncia del suono ma a una combinazione di queste
due informazioni (per esempio molti soggetti riferiscono di sentire la sillaba /da/ quando il suono /ba/ è
accoppiato con la visione di una bocca che pronuncia la sillaba /ga/)13. Anche se questi risultati non sono
osservati quando invece di sillabe si presentano parole (Easton & Basala, 1982). La visione del parlante
esercita anche altre influenze. In operazioni di "ripetizione del parlato" ( nelle "shadowing task"
all'ascoltatore si fanno sentire parole con un minimo di ritardo dall'effettiva visione della pronuncia), un alto
numero di parole erano ricordate se il soggetto poteva vedere la bocca del parlante, specialmente se il testo è

12
Anche se questo tipo di risultati ha provocato diverse critiche che rilevano il fatto che sia difficile raggiungere una sufficiente
accuratezza nelle osservazioni e stabilire quanto delle effettive sovrapposizioni gesto parola siano casuali o reali (Cappella, 1981;
libro verde p.81)
13
Un esempio si può ascoltare in questo video https://www.youtube.com/watch?v=PWGeUztTkRA
di difficile comprensione (presentato nella lingua non nativa o che concerne argomenti difficili). Inoltre non
si sono riscontrate differenze nel ricordare la prima e l'ultima parola di una lista (primacy e recency effect )
sia che queste venivano pronunciate, viste attraverso movimenti delle labbra o simboli manuali
arbitrariamente associati alle parole (Campbell, Dodd & Brasher, 1983; Greene & Crowder, 1984). Anche i
gesti, come la lettura delle labbra, possono influenzare la percezione della velocità d'eloquio ( K. P. Green,
1987). Alcuni studi dimostrerebbero come il gesto influenzi l'attività di comprensione della parola, infatti, la
comprensione del referente può cambiare completamente se influenzata da gesti deittici ( L. A. Thompson e
Massaro, 1986). Gli autori di questi studi hanno proposto un modello per una categorizzazione della
percezione del suono della parola combinando sue fonti di informazione, una uditiva e una visuale (manuale
o facciale)14.
Il gesto si riferisce alla prosodia quando, per esempio, la sua massima ampiezza corrisponde al picco di
intensità della parola. L'intonazione, insieme ad altri dispositivi linguistici, riesce a evidenziare un
significato particolare all'interno della frase. Anche i gesti hanno capacità simili, molti movimenti delle mani
e del capo possono essere utilizzati per focalizzare l'attenzione su un particolare significato portato
contemporaneamente dalla parola (Bull & Connelly, 1985).
La comprensione della parola non dipende solamente dall'accuratezza ma anche da parametri temporali:
l'elaborazione auditiva e gestuale non è istantanea ma distribuita nel tempo. Si può valutare la comprensione
delle unità di significato valutando il ritardo nella risposta. Per lo stesso motivo alcuni studi hanno valutato
la variabile del gesto e se essa ritardava o accelerava le risposte. Allo stesso modo è stata valutata l'influenza
del gesto in operazioni che coinvolgevano la memoria. In queste osservazioni veniva associato un gesto ad
una espressione e si esaminava se veniva ricordato in maniera migliore o peggiore rispetto alla stessa
espressione senza gesto. I risultati hanno mostrato che l'assenza o la presenza di gesti sincronizzati non
influenzavano il recupero di messaggi verbali nella memoria, ma la loro dissociazione li comprometteva e i
soggetti erano più distratti (Woodall & Burgoon, 1981). Anche se altri studi sulla memoria a lungo e breve
termine mostrano come l'associazione di gesti illustrativi al parlato ne migliora il ricordo (Riseborough,
1981, Woodall e Folger, 1981).

Il momento in cui sorge il gesto solitamente coincide con l'uso della parola. I gesti metaforici e iconici
generalmente sono brevi e coincidono con i limiti di durata della frase. Tale sincronizzazione potrebbe
proporre il momento in cui ha inizio il processo della formulazione del concetto nella mente del parlante che
poi è esplicitato dalla parola attraverso il significato. Ci sono studi che mettono in relazione la durata della
parola con il gesto (McNeill, trovarne altri,) e del gesto con la parola (Levelt,W., Richardson, G, e LaHeij,
W. 1982. Pointing and voicing in deictic expressions" Journal of memory and language 24:133-164). Molte
volte la parola gestisce la formazione e l'andamento del gesto, altre volte l'inverso. Il parlante può mettere in
relazione il canale orale con quello gestuale e, nella fase di produzione del linguaggio, modificare la durata
di un canale a seconda dell'altro. Può succedere così che un gesto venga prolungato o accorciato a seconda
della equivalente lunghezza della parola o viceversa. Il canale che ha maggiore peso dipende dalla
complessità dell'articolazione. Più è complessa la produzione del movimento che produce il tipo di
linguaggio (sia esso gestuale che verbale) e maggiore è la probabilità che questo dipenda dall'altro. Il canale
con meno complessità è quello che si mostra per primo ed è quello principale. Il gesto rivela il momento in
cui il parlante formula il concetto anche se non c'è sincronizzazione. Ci sono delle anticipazioni in cui il

14
Anche se l'esperimento è stato fatto prendendo in considerazione solo due scelte: i soggetti dovevano scegliere fra due referenti
una bambola e una palla in base alla parola corrispondente la cui percezione però era resa ambigua dal fatto che il primo fonema
delle due parole è molto simile ( /bɔːl/ e /dɒl/).
gesto rivela il concetto prima della formulazione attraverso gli elementi linguistici. A volte la formulazione
del concetto avviene prima del prodotto linguistico. Questo, poi, rimane immagazzinato, e solo più tardi
recuperato dalla memoria. In questo esempio un gesto per stabilire il posizionamento di un personaggio
anticipa il relativo concetto espresso in parole "loro continuavano a ripetere ad Alice di rimanere [gesto
deittico verso una posizione] seduta lì". Il parlante ha formulato concettualmente una rappresentazione del
luogo che ha mostrato prima nel gesto poi nelle parole. Il gesto ha espresso anticipatamente alla parola il
concetto. In generale ci sono due tipi di anticipazioni di gesti (McNeill): durante il silenzio e durante la
parola. Nei gesti che avvengono durante il silenzio non c'è computazione di funzioni pragmatiche o
semantiche perché non esiste una relazione con la parola. Essa interviene per interrompere e il gesto può
essere un gesto batonico o metaforico che commenta l'interruzione del discorso. Quando invece il gesto
anticipa un concetto all'interno del fluire della parola, in questo caso c'è computazione pragmatica e
semantica e il gesto esibisce il prodotto di questo stage computazionale ma per ragioni grammaticali lo
svolgimento delle rappresentazioni cognitive nel canale linguistico è ritardato. Se la versione verbale della
rappresentazione semantico-pragmatica si manifesta alla fine di una costituzione grammaticale, il ritardo
viene amplificato.
Si può osservare la forza del rapporto sincronico che lega parola e gesto in alcuni eventi. In essi si
comprende come questo legame formi virtualmente unità psicolinguistiche non divisibili (finché esso è
prodotto con l'intento di condividere il significato).
Un esperimento che si può portare per avvalorare questo argomento è quello fatto con l'intento di ascoltare
nelle cuffie la propria voce mentre si parla ma con un piccolo ritardo (di solito di 0.25 secondi che
corrisponde pressappoco al tempo di pronuncia di una sillaba). Questo metodo15 ha degli effetti drammatici
nel flusso della parola in quanto rallenta, diventa esitante ed è soggetta a episodi di metatesi. Tuttavia,
nonostante le interruzioni, gesti e parola rimangono in sincronia (McNeill 1992, pp. 276-277)e malgrado
l'evidente disturbo dato dal DAF, il gesto si verifica nello stesso momento in cui si esprime la parola
rendendo evidente che non ha effetto sul suo legame. L'unità non viene lesa.
Un'altra considerazione può essere fatta osservando lo svolgersi del rapporto fra parola e gesto in parlanti
soggetti a balbuzie. Essa è caratterizzata dalla ripetizione e prolungamento di sillabe e suoni che dura
solitamente qualche secondo. Si differenzia dalle normali disfluenze che sono un´avaria nel naturale scorrere
del linguaggio. Per tutti i parlanti, un limitato grado di disfluenza è normale. Per esempio, possono inserire
brevi suoni o parole, come "ehm", "cioè", o "quindi", mentre si parla. Inoltre, i parlanti possono correggere,
o ripetere intere parole o frasi (per es. per chiarirne il significato). Le disfluenze appaiono per lo più
spontanee e il parlante non sembra accorgersi di alcuna difficoltà. In base a ciò possono essere fatte due
osservazioni (Mayberry e Jacques, 2000). La prima riguarda l'avvio del gesto adoperato per contrastare
l'inizio della balbuzie. Quando il gesto comincia a eseguire il suo apice significativo (quello che Mcneill
definisce strokes McNeill) non si verifica balbuzie, sebbene essa può intervenire in altre fasi del gesto o
anche quando l'apice significativo del gesto è in corso. La seconda riguarda il movimento del gesto fatto
durante uno strokes. Se questo si verifica mentre si comincia a balbettare, la mano del parlante
immediatamente si blocca a mezz'aria o decade. Il movimento riprende non appena finisce la balbuzie. In
entrambe le osservazioni si osserva una incompatibilità fra lo state di balbuzie e il verificarsi della parte
significativa del gesto che quando inizia il disturbo viene annullato ma se questo comincia lo strokes cessa o
rimane in attesa. Entrambi gli effetti implicano una unità composita di gesto e parola.
Anche i non vedenti congeniti producono gesti mentre parlano che non sono differenti da quelli prodotti dai
vedenti. È da mettere in evidenza che queste persone non hanno mai potuto osservare gesti in altre persone.
Tuttavia indagini in merito (Iverson e Goldin - Meadow 1997,8) hanno riscontrato che soggetti nati non
vedenti non solo producono gesti ma lo fanno alla stessa frequenza dei parlanti vedenti. Si sono osservati
bambini ciechi che parlano con soggetti dotati di regolare visione dello stesso sesso ed età e con altri
bambini non vedenti che allo stesso modo corrispondevano per età e sesso. Anche se essi erano informati di
chi avevano davanti si è vista una produzione di gesti che non differiva in base al tipo di interlocutore che
avevano davanti. (Iverson e Goldin m p. 224). La mancanza di vista evidentemente non ostacola il pensiero
in termini gestuali e questo è un importante prova dell'intimo legame fra gesto e parola.
Un'altra interessante prova di questo legame è fornita dalla traduzione inconsapevole del gesto in parola.
Un'informazione che un soggetto riceve sottoforma gestuale può essere ripresa inseguito e trasformata in
parola. Essa migra dal gesto alla parola (McNeill et al. 1994, Cassell et al. 1999). In McNeill 2005 (pag. 26)
viene presentato l'esempio di un soggetto che, dopo aver visto una narrazione video in cui il narratore
descriveva l'azione di un gatto facendo balzare le mani in alto e in basso, raccontava la stessa storia dicendo
15
che è indicato con l'acronimo inglese di DAF: delayed auditory feedback.
"and the cat bounces…" senza eseguire il gesto prodotto dal primo narratore. Il concetto è stato
spontaneamente convertito nella memoria da gesto a parola, e anche questo a dimostrazione del fatto del
legame profondo fra i due sistemi linguistici. Nessuno dei soggetti che hanno partecipato all'esperimento si è
reso conto che aveva eseguito una traduzione di questo tipo. In un altro studio (Kelly et al 1999) si è
osservato l'esatto opposto. Soggetti che convertivano un termine parlato in uno gestuale. Esso mostra che il
legame fra i due canali comunicativi è simmetrico e, mette in evidenza, che il loro è un rapporto ad alta
permeabilità, in cui c'è uno scambio libero di informazioni ed esecuzioni. Inoltre per il principio di non
ridondanza esposto sopra, difficilmente i due sistemi esprimono la stessa cosa con la stessa valenza.
La visione comune del gesto è quella che lo vede come sostituto della parola. In realtà, anche se riesce a
riempire un vuoto semantico dovuto all'assenza della parola cercando di rimpiazzarlo con un'immagine
portatrice di senso, in realtà la gesticolazione è direttamente proporzionale alla fluenza verbale, cresce o
diminuisce in modo parallelo. Si nota soprattutto quando un parlante perde il filo del discorso
momentaneamente, in quella circostanza, anche il gesto subisce lo stesso andamento: deresce, poi aumenta.
(McNeill p.27). Il livello di coinvolgimento motorio attraverso i gesti è parallelo alla parola e al contenuto
lessicale depositato nella memoria (cfr per il recupero lessicale parola Krauss, R. M. (1998). Why do we
gesture when we speak?, Information Packaging Hypothesis (Kita, 2000), Gesture Structure Affects
Syntactic Structure in Speech Lisette Mol, Sotaro kita.).
Comunque non sempre il rapporto fra parola e gesto è così evidente, a volte pressioni o usanze culturali
possono annullarlo. Gli Arrente, una popolazione del centro Australia, producono gesti dopo la pronuncia
della parola co-occorrente probabilmente per motivi retorici (de Ruiter J, Wilkins D, 1998, The
synchronization of Gesture and Speech in Dutch and Arrernte (an Australian Aboriginal language): A Cross-
cultural comparison In: Oralité et Gestualité. Santi S (Ed); Paris: L'Harmattan: 603-607).

Gesti e grammatica

Uno dei vantaggi di utilizzare il gesto è quando la comunicazione verbale è impossibilitata. Per esempio
quando si cerca di stabilire una comunicazione a distanza, oppure quando il rumore è tale da superare il
volume della voce. La gesticolazione, in questo caso, cambia le sue caratteristiche perché non è più un
sistema integrato con la parola. Il cambio implica che la gesticolazione, al contrario del gesto, ha delle
specifiche caratteristiche che esistono quando il sistema parola-gesti è intatto. La comunicazione nella
modalità manuale non sempre ha, quindi, proprietà linguistiche e, soprattutto nella gesticolazione, non
acquista proprietà grammaticali. Quando il comunicatore non si occupa della produzione dei suoi gesti,
come quando si gesticola inconsapevolmente mentre si parla, la modalità manuale gioca un ruolo nella
relazione con la parola e la sua forma è limitata da questa relazione. Quando accompagna la parola, la
comunicazione manuale, è globale e sintetica e non è caratterizzata né da discretezza né gerarchia di nessun
tipo. Due proprietà fondamentali invece per ogni struttura grammaticale. Per contro però, quando l'emittente
può fare affidamento solo sui gesti, cioè, quando il gesto è prodotto consapevolmente, senza parola, quindi si
deve far carico di tutto il peso della comunicazione, la modalità manuale è libera dalle costrizioni imposte
dalla parola, solamente per essere vincolata a prendere gli obblighi delle proprietà grammaticali essenziali
alla lingua umana e quindi anche la discretezza e le suddivisioni gerarchiche.
Secondo alcune osservazioni (Goldin-Meadow et al 1996) si è potuto costatare l'immediata acquisizione, da
parte del gesto, di proprietà tipiche del linguaggio astratto condiviso. Ad alcuni soggetti è stato chiesto di
esprimere sottoforma gestuale una descrizione espressa prima a parole. È interessante notare che le
differenze fra le due sessioni sono state immediate e notevoli. In particolare si è notato che nella descrizione
non verbale venivano prodotti molti più gesti che tendevano ad associarsi per creare una sintassi di immagini
gestuali. I gesti che venivano prodotti spontaneamente in sincronia con il parlato, invece, non avevano
bisogno di unirsi in delle sequenze poiché collaborano semanticamente con l'espressione verbale. Essi hanno
un significato globale e sintetico e ciò garantisce che le parti del gesto siano significative senza nessuna
combinazione sintattica, che infatti non avviene. Questa semiosi, risultante dall'assenza di sintassi, è una
delle caratteristiche del gesto in un sistema in cui sono associati alle parole che mostra come il gesto viene
formato per essere un componente di questa dialettica.
Gesti e parola sono semanticamente e pragmaticamente co-espressivi. Quando le persone parlano,
producono una varietà di gesti (iconici, metaforici, batonici, coesivi, deittici, ecc) ogniuno dei quali ha
caratteristiche in comune con la parola con cui co-occorrono. Per esempio i gesti iconici hanno una forma
che ha una relazione trasparente con il concettono che trasmettono. Essi accompagnano le espressioni che
designano oggetti concreti ed eventi e spiegano una funzione narrativa (per esempio, accompagnano un
racconto verbale di una storia). Anche i gesti metaforici hanno una contenuto iconico ma che presenta una
idea astratta piuttosto che un evento concreto o un oggetto. Gesti metaforici accompagnano le espressioni
che si riferiscono alla struttura del discorso piuttosto che al particolare evento nella narrazione (per esempio
essi accompagnano espressioni metanarrative piuttosto che quelle narrative).

Quando i gesti si fanno carico delle proprietà linguistiche

Nelle lingue dei segni primarie, quelle, cioè, utilizzate e imparate come prima lingua dalle persone non
udenti, la comunicazione si attua mediante la modalità manuale codificata in un sistema di segni
convenzionale. Come per i pidgin per le lingue verbali esistono anche sistemi linguistici gestuali non
convenzionali e idiosincratici inventati da bambini non udenti che non sono stati esposti al sistema
convenzionale della lingua dei segni per comunicare con gli individui udenti.

Lingue dei segni convenzionali


Le lingue dei segni dei non udenti sono linguaggi autonomi che non sono basati su linguaggi parlati delle
culture orali (Bellugi & Studdert-Kennedy, 1980; Klima & Bellugi, 1979; Lane & Grosjean, 1980). Una
lingua dei segni come la LIS o ASL è un sistema di segni primario trasmesso da una generazione di non
udenti alla successiva ed è un linguaggio nel pieno senso della parola. Come le lingue parlate, questi sistemi,
sono strutturati sintatticamente (Fischer, 1974; Liddell, 1980; Lillo-Martin, 1986; Padden, 1983),
morpfologicamente (Fischer, 1973; Fischer & Gough, 1978; Klima & Bellugi, 1979; Newport, 1981;
Supalla, 1982, 1986; Supalla & Newport, 1978), e "fonologicamente" (Battison, 1974; Coulter, 1990; Lane,
Boyes- Braem, & Bellugi, 1976; Liddell, 1984; Liddell & Johnson, 1986; Padden & Perlmutter, 1987;
Sandier, 1986; Stokoe, 1960; Wilbur, 1986). Quindi, al contrario della gesticolazione che accompagna la
parola, i segni della LIS si combinano gli uni agli altri per creare un sistema più vasto, cioè una
proposizione. Come molte lingue parlate, anche la LIS ha un sistema base di ordinamento delle parole/segni
sebbene ha una considerevole elasticità nell'ordine delle parole (Functional markers in sign languages
Sandro Zucchi, Carol Neidle, Carlo Geraci, Quinn Duffy and Carlo Cecchetto). Soggetto - oggetto- verbo
(SOV) è l'ordine tipico della LIS anche se può variare (Functional markers in sign languages
Sandro Zucchi, Carol Neidle, Carlo Geraci, Quinn Duffy and Carlo Cecchetto; Cecchetto, Geraci & Zucchi).
Inoltre, e nonostante il fatto che il linguaggio negli adulti mostra una considerevole flessibilità nell'ordine
delle parole, esso gioca un ruolo molto importante nei primi stadi dell'acquisizione di questa lingua. Essa è
anche composta di un sistema di gesti che accompagna la parola, le lingue segnate sono composte di unità
morfematiche di movimenti significativi. Come le lingue parlate, quelle dei segni hanno sviluppato un
sistema morfologico di derivazione flessivo verbale e nominale. In altre parole, ci sono cambiamenti regolari
delle forme basilari associati con cambiamenti sistematici di significato, e questi cambiamenti si verificano
internamente al segno. Questi cambiamenti non derivano solamente da gesti manuali, ma anche da
componenti non manuali ( le componenti non manuali della lis, raffaella scelzi 2010).
Quindi, lingue dei segni convenzionali, le quali sono utilizzate dalle persone non udenti come loro sistema di
comunicazione primario, esibiscono la complessità di una organizzazione linguistica che si trova in tutte le
lingue parlate. Sebbene la modalità manuale è l'unica che ha la possibilità di presentare eventi come
un'insieme globale (come si può vedere nella gesticolazione che accompagna la parola), quando questa
assume su di sé il pieno carico della comunicazione, la rappresentazione globale è abbandonata in favore
della rappresentazione delle parti che è utilizzata per formare un sistema che è gerarchicamente organizzato
in modo sequenziale da elementi lineari (per esempio morfemi che si combinano per creare segni, i quali a
loro volta si combinano per formare frasi). Questo tipo di rappresentazione, che si avvale del principio della
discretezza (scomposizione in parti minori), non sorge nella gesticolazione spontanea ma solamente nel
sistema di gesti utilizzati nelle lingue dei segni (Silence Is Liberating" Removing the Handcuffs on
Grammatical Expression in the Manual Modality Susan Goldin-Meadow and David McNeill Jenny
Singleton).

Quando gesticolare è l'unico mezzo significativo possibile (comprende 2 capitoletti non scritti: Gestures
are combined into strings e Gesture strings are structured)

Come detto prima, i bambini sordi nati da genitori anch'essi non udenti ed esposti fin dalla nascita a un
sistema di linguaggio di segni convenzionale acquisiscono questo linguaggio naturalmente. Questo significa
che gli stadi dell'acquisizione del linguaggio di questi bambini sono equivalenti a quelli dei bambini che
acquisiscono una lingua parlata. (Caselli, 1983). Quindi in un ambiente linguistico appropriato, in questo
caso, un ambiente linguistico segnato, bambini non udenti non hanno un difetto nell'acquisire un linguaggio.
Comunque il 90% dei bambini sordi non sono nati da genitori con la stessa mancanza che hanno potuto
fornire loro una esposizione precoce alla lingua dei segni convenzionale. Piuttosto, essi crescono in un
contesto in cui è naturale l'esposizione al linguaggio verbale (Hoffmeister e Wilbur 1980). Purtroppo è molto
difficile che bambini con profonde e gravi deficenze uditive acquisire il linguaggio dei loro genitori udenti in
modo spontaneo, cioè, senza istruzioni approfondite e intensive. Anche con i dovuti insegnamenti
l'acquisizione della parola è notevolmente ritardata se comparata a quella dei bambini udenti da genitori
udenti e a quella dei segni da bambini non udenti con genitori non udenti. Dall'età di cinque o sei anno, e
nonostante programmi precoci di allenamento intensivi, molti bambini sordi hanno solo una ridotta capacità
linguistica orale. (Conrad, 1979; Meadow, 1968). Inoltre a meno che i bambini non vengano affidati subito a
una scuola in cui venga insegnata la lingua dei segni, questi bambini probabilmente non riceveranno un
impulso linguistico convenzionale. Sotto queste circostanze inopportune ci si potrebbe aspettare che questi
bambini non udenti potrebbero avere una comunicazione fallace o fatta solamente per via non simbolica. In
realtà studi su bambini non udenti con genitori udenti hanno mostrato che questi bambini utilizzano
spontaneamente gesti per comunicare, anche se essi non sono stati esposti a un modello di lingua dei segni
convenzionale (Fant, 1972; Lenneberg, 1964; Moores, 1974; Tervoort, 1961 ). Dato un abiente domestico in
cui i membri della famiglia comunicano fra loro attraverso diversi canali, ci si potrebbe aspettare che i
bambini sordi, con lo scopo di comunicare, sfruttino una modalità a loro accessibile (quella manuale). Il
problema è capire se questi bambini usino un sistema gestuale strutturato come un linguaggio oppure se
assomiglia a quello non discreto e globale che individui udenti utilizzano nei loro ambienti quando parlano. I
gesti si combinano in forma lineare. Si è osservato che (Feldman, Goldin-Meadow, & Gleitman, 1978) i
segni domestici che bambini sordi con genitori udenti fanno comunemente hanno le stesse caratteristiche di
quelli delle lingue dei segni, nonostante non siano stati esposti a un linguaggio dei segni convenzionale. I
maggiori tipi di gesti che i bambini usano sono a) deittici che mantengono una forma cinesica costante in
tutti i contesti. Questi sono utilizzati per evidenziare oggetti, persone, luoghi ecc. b) i gesti che rappresentano
situazioni caratteristiche sono pantomime stilizzate la cui forma iconica varia secondo il significato destinato
di ogni segno nel contesto (per esempio un pugno battuto in aria come se qualcuno stesse martellando). Gesti
caratteristici come questi sono spesso utilizzati come predicati che veicolano azioni e informazioni
qualitative (per esempio come rispettivamente verbi e aggettivi) ma potrebbero anche essere utilizzati come
etichette per oggetti (per esempio, come sostantivi, cfr Goldin-Meadow, Butcher, Mylander, & Dodge,
1994). c) gesti indicatori sono tipicamente prodotti con il capo o con movimenti delle mani che sono
convenzionalizzati all'interno della cultura del bambino e questi vengono utilizzati come modulatori
(affermare, negare o dubitare). A differenza dei gesti che vengono prodotti insieme alla parola da bambini e
adulti udenti, i quali raramente si combinano uno all'altro, la lingua dei segni "casalinga" prodotta dai
bambini sordi frequentemente composta in una stringa sintattica. Per isolare i movimenti del processo
gestuale è stato utilizzato un criterio motorio. In particolare, nell'analisi dei gesti dei bambini non udenti, due
gesti sono considerati parte dello stessa stringa gestuale se sono connessi da un flusso continuo di
movimenti. In contrasto, due gesti sono considerati distinti, ognuno comprendente la sua propria unità, se la
mano viene ritratta fra i due gesti. In più la stringa di gesti dei bambini esprime lo spettro di relazioni
semantiche tipico del linguaggio dell'infanzia (in particolare azioni e relazioni attributive). I bambini
combinano punti, in cui viene rappresentato un gesto emblematico, ad altri punti, in cui per esempio può
essere espresso un gesto indicante il corrispettivo di una forma verbale o di un aggettivo. Le stinghe
sintattiche composte di gesti caratteristici sono di due tipi (Silence Is Liberating" Removing the Handcuffs
on Grammatical Expression in the Manual Modality Susan Goldin-Meadow and David McNeill Jenny
Singleton).
Il primo è composto di due gesti che rappresentano ognuno una proposizione separata (come per esempio il
gesto caratteristico di "colpire" seguito da un altro che rappresenta il "cadere", utilizzato, per esempio, per
commentare il fatto che, la torre di costruzioni è stata colpita (azione n 1) e per questo è caduta (azione n 2 ),
cfr sopra). È da notare il fatto che il tipo di gesti caratterizzanti esprimono due proposizioni entro i limiti di
una singola stringa (definiti da criteri motori descritti sopra) e questo suggerisce il fatto che il sistema dei
bambini non udenti sia ricorsivo (un sistema in cui una unità può essere utilizzata per derivare, da regole del
sistema stesso, una stringa più lunga che contiene l'unità originale). La ricorsività è un componente centrale
di tutte le lingue naturali e dà al linguaggio la sua capacità generativa.
Il secondo tipo è composto da due gesti che rappresentano una situazione fanno parte della stessa
proposizione, con un gesto rappresentante il verbo della proposizione e l'altro un nome all'interno della
stessa proposizione (per esempio un gesto rappresentante il verbo "mangiare" e l'altro "dare" utilizzato per
esprimere il fatto che è stato dato un acino d'uva per essere mangiato cfr sopra. In questa istanza il gesto
indicante l'atto del mangiare è stato utilizzato per identificare un oggetto e quindi appare avere un ruolo
nominale nella stringa (cfr Goldin-Meadow et al., 1994 per altre prove che nomi e verbi espressi tramite
gesti caratteristici sono distinti all'interno del contesto di produzione del gesto del bambino non udente).
La stringa gestuale del bambino non udente condivide molte proprietà strutturali con le prime espressioni del
linguaggio infantile. Sebbene il bambino non produca gesti per tutti i possibili ruoli tematici all'interno della
frase, essi non sono imprecisi nella selezione di quali ruoli esprimere nel gesto.
I gesti prodotti dal bambino in una frase indicano generalmente il paziente ( p. esempio del formaggio)
piuttosto che per l'attore (per esempio il topo). In più il bambino produce più spesso gesti che si focalizzano
maggiormente sull'attore intransitivo (per esempio un topo in una frase che lo descrive correndo verso la sua
tana) che gesti aventi per oggetto il paziente (per esempio il formaggio in una frase che descrive un topo che
se ne ciba) e molto più spesso di gesti prodotti concernenti l'attore intransitivo (per esempio un topo in una
frase che descrive un topo che si ciba di formaggio). In questo modo, la verosimiglianza della produzione
serve per distinguere fra i vari ruoli tematici. I bambini distunguono, inoltre, fra i ruoli tematici che loro
esprimono, ponendo il gesto in una particolare posizione per un determinato ruolo nella stringa gestuale;
cioè il gesto prodotto all'interno del movimento non è prodotto in un ordine casuale ma piuttosto sembra
seguire un piccolo set di regolarità ordinate di gesti (Goldin-Meadow, 1979; Goldin-Meadow & Mylander,
1984). Questo ordine descrive la probabilità in cui il gesto apparirà per un ruolo tematico in una stringa
gestuale. Per esempio, il gesto per un oggetto che rappresenta il ruolo del paziente tende a precedere quello
dell'atto; in un esempio preso da ("goldin meadow e mcneill ), un bambino descrive la sua intenzione di
gettare un acino d'uva finto producendo la stringa "grape throw" indicando con un gesto deittico l'acino d'uva
seguito dal gesto caratteristico per l'atto di gettare. In un secondo esempio, il gesto che descrive l'atto
precede il gesto che descrive un oggetto che rappresenta la destinazione o lo scopo; per esempio, per
richiedere che un oggetto venga spostato nel tavolo, il bambino produce la stringa "trasferire tavolo"- un
gesto caratteristico per l'atto del trasferire, seguito da un gesto deittico che punta al tavolo (ibidem). In un
altro esempio il gesto per un oggetto che rappresenta il ruolo del paziente tende a precedere il gesto per
l'oggetto che sta per il destinatario; per esempio per commentare il fatto che un giocattolo a forma di papera
è stato dato alla sorella, il bambino produce la stringa sintattica "duck sister"-un gesto deittico per il
paziente, la papera giocattolo, seguito da un gesto deittico per il destinatario, la sorella.
Quindi, quando il bambino produce il gesto rappresentante il paziente, l'atto, o il destinatari all'interno di una
singola stringa sintattica, tende a produrre questi gesti secondo l'ordine paziente, atto, destinatario.
Per sintetizzare, il bambino non udente non educato a una lingua segnata convenzionale, unisce i gesti che
produce in delle stringhe sintattiche caratterizzate da una regolarità nell'ordine del gesto. La stringa gestuale
pertanto, può definirsi conforme ad una sintassi, anche se elementare.

Gestures are themselves composed of parts.

I bambini non udenti, non solo sono in grado di comporre unità combinate a formare frasi più lunghe, ma
riescono a creare anche unità minori. Diverse osservazioni ((Goldin- Meadow & Mylander, 1990b; Goldin-
Meadow, Mylander, & Butcher, 1995) mostrano che se alle prime richieste di inventare un segno per
un'azione particolare, il bambino lo crea un globale e sintetico, in seguito a richieste maggiori il bambino
inizia la sua scomposizione in unità minori e questo implica la presenza di un sistema di segmenti linguistici
in cui un significato complesso viene elaborato e suddiviso in componenti minori combinati in un unico
gesto. Il punto da sottolineare è che quando il gesto viene suddiviso in parti più piccole, queste sono
conformi ad un sistema più largo che rappresenta la vasta maggioranza di gesti prodotti da questi bambini
(Goldin- Meadow & Mylander, 1990b). Quindi i gesti dei bambini non udenti, contrariamente alla
gesticolazione spontanea di soggetti udenti, sono composti di elementi gestuali più semplici16 e questa
composizionalità sistematica dei gesti è una prova evidente che la lingua gestuale, se unico strumento a
disposizione per comunicare, acquista le caratteristiche fondamentali di scomposizione e combinazione
tipiche di ogni lingua. In più è stato provato ((Goldin- Meadow & Mylander, 1990b; Goldin-Meadow,
Mylander, & Butcher, 1995) come questo vocabolario si organizzi spontaneamente in una struttura basata su
differenze. Infatti molti gesti sono riformulati in combinazioni tali che esprimano un significato differente

16
È possibile che parlanti mostrino un simile processo in contesti in cui la parola non sia adeguatamente percepita. In queste
situazioni, però, la suddivisioni in parti minori del gesto è accompagnata (se non prima preceduta) da una pronuncia molto
scandita della parola (cf. Kita, 1993; McNeill, 1992 ).
dal gesto originario e pertanto possono dirsi conformi ad una sistema paradigmatico. Si è confrontato il
sistema gestuale spontaneo di quattro bambini (cfr goldin meadow mcneill) e, sebbene simile da molti punti
di vista, si è rivelato essere sufficientemente differente da suggerire che gli stessi bambini abbiano introdotto
distinzioni relativamente arbitrarie nel loro sistema attraverso la combinazione di simboli, rappresentati con
configurazioni manuali, e movimenti che ne cambiavano il significato a seconda dell'utilizzo. Quindi si è
osservato che ogni bambino adopera un limitato spettro di configurazioni e movimenti manuali discreti in
forma di modello categoriale piuttosto che in un continua e ogni gesto o movimento è associato con
regolarità a un particolare significato (o vari significati). Questo significa che ogni forma ha significato e in
questo senso le configurazioni manuali dei bambini insieme alle unità di movimento formano un sistema
morfologico opposto a uno fonologico in cui ogni unità minima non ha significato. La maggior parte di
configurazioni manuali vengono così prodotte con più che un movimento e gran parte dei movimenti
vengono prodotti con più di una configurazione manuale e ciò significa che sia l'uno che l'altro sono
morfemi indipendenti e con un significato proprio che potrebbero essere combinati per creare con altri
morfemi un sistema, per questo combinatorio, di unità significazionali più vasto.

The children's gestures are different from their hearing mothers" gestures.

Nonostante il loro limitato accesso a un modello linguistico convenzionale, i bambini non udenti riescono a
elaborare un sistema di comunicazione gestuale lineare discreto e basato su opposizioni. Tuttavia anche se
non utilizza un modello convenzionale di linguaggio, è possibile che i genitori udenti sono responsabili della
forma dei gesti del bambino. Nello sforzo di comunicare, essi potrebbero avere spontaneamente generato dei
gesti con caratteristiche linguistiche che poi sono state imparate dai bambini.
Una analisi delle strutture sintattiche dei gesti prodotte da sei madri udenti Goldin- Meadow and Mylander
(1983, 1984) hanno rintracciato che esse producono una insignificante quantità di stringhe gestuali che
peraltro non sono strutturate, o strutturate diversamente, da quelle prodotte dai loro figli. Per determinare se
il bambino abbia utilizzato i gesti spontanei prodotti dai loro genitori come modello per il proprio sistema
morfologico, i ricercatori (Goldin-Meadow & Mylander, 1990b; Goldin- Meadow et al., 1995) hanno
codificato i gesti di produzione di ogni madre all'interno dello schema del sistema morfologico sviluppato
dai loro figli. Ognuna di esse li utilizzava in modo molto più limitato rispetto ai loro bambini, omettendo
molti dei loro morfemi (o utilizzando quelli che esse avevano prodotto ma in modo più restrittivo di quanto
facevano i figli). Inoltre i gesti delle madri sono stati analizzati con gli stessi strumenti utilizzati per i figli,
cioè i gesti delle madri sono stati trattati come un sistema per sé. Comunque il sistema codificato delle madri
non è stato preso come modello dai figli, in più le differenze trovate nel loro sistema non sono state
rintracciate in quello dei loro bambini.

Why were the gestures of mother and child so different?

I gesti prodotti dai bambini non udenti sono strutturati come un linguaggio (sia sintatticamente che
morfologicamente) nonostante il fatto che le loro madri udenti comunicano verso loro attraverso gesti che
invece non lo sono. Perché questi due sistemi di comunicazione si differenziano in questo modo? Ci si
potrebbe aspettare che siccome essi comunichino ogni giorno si sviluppasse un sistema gestuale che
accomuna entrambi. Questo però non accade. Una spiegazione potrebbe risiedere nella differenza di scopi
(cfr Goldwin-Meadow McNeill ). Mentre i bambini sordi utilizzano il gesto essendo l'unico mezzo della
comunicazione, quindi la loro produzione deve assumere su di sé tutte le proprietà necessarie per farlo, la
madri, per contro, raramente producono gesti senza parola (cercando di insegnare ai loro figli la lingua
parlata) quindi il canale principale è la lingua verbale a cui i gesti sono associati. Infatti i gesti prodotti dalle
madri non sembrano essere diversi da quelli prodotti tipicamente da altri individui udenti insieme alla parola
(Bekken, Goldin-Meadow, & Dymkowski, 1990). Quando questo accade, cioè quando individui udenti
producono insieme gesti e parola, si può parlare di sistema integrato che solo se analizzato senza tener conto
della parola (se analizzato in video senza l'audio, cioè senza che la parte sonora venisse presa in
considerazione) appare non sistematico. I gesti prodotti delle madri dei bambini non udenti formano questa
integrazione con la parola ma proprio da questa sono limitati perché non liberi di assumere su se stessi le
qualità tipiche della lingua che invece ricoprono i gesti dei figli.
Se le madri non utilizzassero la parola e comunicassero solamente con gesti, questi potrebbero acquisire più
proprietà linguistiche nella struttura come le forme combinatorie e discrete trovate nei gesti dei bambini?
Gesture With and Without Speech: An Experimental Manipulation

Si è dimostrato che la modalità manuale, quando è utilizzata per accompagnare la parola, non assume su di
sé la forma combinatoria segmentata e gerarchica che è caratteristica del linguaggio. Essa, comunque, può
assumere questa forma e lo fa quando acquista la funzione di sistema primario di comunicazione come nel
linguaggio dei segni convenzionale dei non udenti o come il sistema idiosincratico di gesti prodotto da
bambini sordi di genitori udenti che utilizzano il gesto quale unico strumento di comunicazione. Queste
conclusioni suggeriscono che la struttura combinatoria è fondamentale per il linguaggio umano per più di un
livello (non solo per la combinazione della parola, ma anche fra la struttura delle parole nella frase), così
fondamentale che nasce anche nei linguaggi umani prodotti in modalità diverse da quella parlata, come
quella manuale, anche se sviluppata senza la disponibilità di un modello di linguaggio convenzionale17.
Quindi la struttura gerarchica e combinatoria non dipende dalla modalità in cui viene prodotta, né mantenuta
come proprietà universale unicamente dalla tradizione storica.
È possibile che questa struttura nasca in modo spontaneo, per lo meno nella modalità manuale, quando il
gesto acquisisce il carico primario della comunicazione, ma non quando si manifesta in relazione alla parola.
McNeill e Goldin -Meadow hanno testato questa ipotesi conducendo un esperimento in cui a degli adulti è
stato chiesto di descrivere, prima verbalmente poi solo con gesti, una serie di scene in cui venivano mostrate
principalmente azioni, oggetti fermi e oggetti in movimento. Osservando i risultati (p.42) si è notato che i
partecipanti producevano più di un gesto anche nella modalità verbale. Si è visto che gli elementi semantici
fondamentali erano espressi gestualmente e sebbene i partecipanti producessero quasi la stessa quantità di
gesti in entrambi i modi, raramente si connettevano nella formazione di unità più larghe nell'associazione
alla parola. Al contrario, invece, attraverso la modalità gestuale gli elementi semantici si combinavano in
unità che venivano connesse l'una con l'altra e, inoltre, in un ordine non casuale ma che non rispecchiava
quello della lingua parlata (che era l'inglese) che invece avveniva per i gesti prodotti insieme alla parola, ma
che rispecchiava una sorta di progressione motoria. Prima erano prodotti i gesti che rappresentavano gli
oggetti fermi, poi quelli in movimento, infine i movimenti per le azioni. Quindi anche attraverso il gesto era
riconosciuta la funzione verbale da quella nominale che, secondo Sapir (1921 in libro blu??), è uno degli
universali linguistici riconosciuto essere essenziale per la vita del linguaggio. Un altro aspetto linguistico
caratteristico è la ridondanza (cfr Ridondanza e linguaggio Isabella Chiari), cosa che sembra avvenire anche
nell'espressione attraverso la gestualità. Infatti, gli stessi studiosi, mettono in luce che i partecipanti
attraverso configurazioni manuali incorporavano aspetti soggettivamente significativi dell'oggetto che
dovevano descrivere ma allo stesso tempo lessicalizzavano, facendo diventare quel gesto una forma dotata di
significato.
Si è visto che i bambini sordi sviluppano un linguaggio dei segni autonomo e convenzionale caratterizzato
da una sistema gerarchico con strutture organizzate sia morfologicamente, con movimenti che combinati
formano gesti dotati di significato, che sintatticamente, con gli stessi gesti associati in una stringa più vasta
mentre la gesticolazione delle madri, anche se utilizzata per comunicare con loro, risulta essere sempre
associata alla parola e rappresentante eventi in modalità globale e non combinatoria. La somiglianza con i
primi si ha solamente con adulti udenti che descrivono eventi attraverso i soli gesti. Questi erano il frutto di
un incorporamento e una lessicalizzazione dell'oggetto o azione e si organizzavano in stringhe costituite da
elementi semantici organizzati secondo un ordine.

17
Sebbene le ricerche viste sopra riguardo bambini sordi che sviluppano il sistema gestuale senza diretto accesso ad un modello di
linguaggio convenzionale, è pur vero che i genitori, in qualche modo, interagiscono con loro. Si potrebbe pensare allora che il
sistema sviluppato dai bambini risenta, in qualche modo, dell'influsso delle carateristiche di un sistema già codificato da parte dei
genitori che cercano di comunicare con loro. Essi potrebbero aver selettivamente rinforzato delle combinazioni particolari di gesti
che i loro bambini hanno iniziato a utilizzare attraverso un sistema basato u prove ed errori. Se fosse così, la struttura trovata nei
gesti dei bambini non udenti sarebbe da attribuire ai genitori udenti (i quali hanno a disposizione un linguaggio convenzionale) e
non ai figli (che invece non lo hanno). Comunque altri studi sul rapporto madri udenti e figli sordi ( Goldin-Meadow and
Mylander (1983, 1984) evidenziano il fatto che le madri non rispondono alla stringa gestuale dei figli non udenti sulla base
dell'ordine in cui i gesti in questa stringa sono prodotti. Le madri rispondevano in modo più propenso alle stringhe che erano
conformi all'ordine dello schema gestuale predominante del figlio che a quelle il cui ordine non era conforme a quello schema.
Queste osservazioni suggeriscono che la sensibilità materna alla risposta e quindi un modello linguistico per delega, non forma lo
schema strutturale trovato nei bambini non udenti.
Copiare appunti poi parte finale The Resilience of Grammatical Properties: Segmentation and Combination
in Symbolic Human Communication

Contnuare mcneill pag 26 GESTURE FLUENCY. FINITO TUTTA QUESTA PARTE ANDARE SU LIBRO
VERDE STESSA PARTE GESTURE E SPEECH

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