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LE 10 TESI SULL’EDUCAZIONE LINGUISTICA DEMOCRATICA

Nel 1975 De Mauro e altri formularono 10 tesi come base per un’educazione democratica,
creando ed esplicitando una serie di strumenti e di strategie che creino un gruppo classe
inclusivo, e che permettano all’insegnante di adattarsi alle diverse capacità e risorse
differenti degli allievi.
Le tesi si fondano sulla centralità del linguaggio verbale, come elemento fondamentale per
la capacità comunicativa degli esseri umani. Il radicamento del linguaggio verbale nella vita
dell’individuo e nella vita della società sono alla base della socializzazione e maturazione
intellettuale.
1. La centralità del linguaggio verbale: la lingua come parte di uno sviluppo più
ampio. La lingua è lo strumento che permette all’individuo di essere un “attore
sociale”
2. La lingua nella vita biologica, emozionale, intellettuale e sociale: le lingue sono
una condizione necessaria affinché l’individuo possa partecipare alla vita sociale
3. La sollecitazione delle capacità linguistiche attraverso aggiunte e ampliamenti
graduali: le capacità di produrre parole o frasi, capacità di conversare, interrogare e
rispondere
4. I diritti linguistici nella Costituzione: la pedagogia linguistica efficace è
democratica solo se accoglie e realizza i principi linguistici esposti nella costituzione
(ART.3: uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzioni di lingua) e propone tale
uguaglianza rimuovendo gli ostacoli che vi si frappongono
5. Occorre tenere d’occhio non solo le capacità produttive ma anche quelle
ricettive, verificando la comprensione di testi scritti o registrati
6. Inefficacia della pedagogia linguistica tradizionale: un test per verificare la
comprensione di un testo non dovrebbe costringere l’allievo ad usare la scrittura
perché potrebbero essere limitate le capacità di scrittura
7. Limiti della pedagogia linguistica tradizionale: si sofferma molto sulla produzione
scritta piuttosto che su quella orale (se non ho lessico, non ho lingua), ma l’una non
deve prevaricare l’altra.
8. L'insegnante deve addestrare alla conoscenza e all’uso e alla varietà spaziale e
temporale, geografica, sociale, storica, che caratterizza il patrimonio linguistico dei
componenti di una stessa società: imparare a capire e apprezzare tale varietà è il
primo passo per imparare a viverci in mezzo senza esserne succubi e senza
calpestarla.
9. Nuovo curriculum per gli insegnanti: bisogna integrare nella loro complessiva
formazione competenze sul linguaggio e sulle lingue di ordine teorico, sociologico,
psicologico e storico.
10. Il salto di qualità e quantità delle conoscenze di scienze linguistiche richiesto agli
insegnanti è impensabile senza l’organizzazione di adeguati centri locali e
regionali di formazione e informazione linguistica e educativa.
IPOTESI COMPORTAMENTISTA
L’ipotesi comportamentista parte dall’assunto che l’apprendimento del linguaggio sia una
questione di imitazione e formazione di abitudini.
L’apprendimento viene considerato come risultato di una condizione ambientale: il bambino
impara attraverso le realizzazioni di certe comportamenti (abitudini), attraverso l’imitazione
ed il rinforzo. Il focus è incentrato sulla pronuncia e sull’uso delle parole piuttosto che
sull’acquisizione della grammatica. Lo sviluppo della grammatica per il bambino è, dunque,
l'apprendimento di una serie di associazioni tra parole che conducono ad una classe di
parole.
L’ipotesi comportamentista afferma dunque che l'apprendimento di una lingua da parte di
bambini si basa su un processo imitativo, una sorta di processo ricostruttivo in cui i bambini
fanno uso della conoscenza sintattica che possiedono già e dunque costruire uno strumento
di sviluppo della loro competenza linguistica. La routine è una ripetizione costante di schemi
o di etichette offerte dalla madre che permettono al bambino di assumere un ruolo attivo
nella conversazione ed hanno modo di esibire le capacità linguistiche nel corso del loro
sviluppo.

CRITICA: L'ipotesi comportamentista spiega solo come i bambini imparano alcuni aspetti
regolari e routinari del linguaggio ma non tiene conto dell'aspetto creativo e produttivo del
linguaggio. (“le macchine pistose”)

PAVLOV nel 1903 individua il “riflesso condizionato”: Pavlov aveva studiato il rapporto tra un
comportamento naturale e spontaneo e la possibilità di condizionare questo comportamento
utilizzando degli stimoli particolari.
ESPERIMENTO DI PAVLOV
Un cane inizia a salivare in maniera non volontaria nel momento in cui esposto allo stimolo
del cibo, senza poter soddisfare la fame.
Il cibo e la salivazione sono stimoli non condizionati e una risposta non condizionata.
Se suona una campanella, ciò non provoca nulla nel cane ma se il cane viene esposto
contemporaneamente ad uno stimolo non condizionato ( cibo) che provoca una risposta ( la
salivazione) e al suono della campanella ( suona associato alla visione del cibo) ciò fa sì
che lo stimolo neutro, cioè la campanella, diventi uno stimolo condizionato.

BLOOMFIELD, LANGUAGE (1933): padre dello strutturalismo americano. la visione del


comportamentismo dal punto di vista psicologico influenza anche la linguistica strutturalista
degli anni ‘30 e ‘40. Secondo bloomfield il linguaggio permette ad una persona di reagire
quando un'altra ha lo stimolo: questo accade perché gli umani hanno a disposizione la
lingua che permette di connettere gli stimoli di un individuo a risposte di un altro.
ESPERIMENTO DI BLOOMFIELD
Jack, Jill e la mela sull'albero: anche solo uno può procurare il cibo a tutti. quindi la divisione
del lavoro all'interno della società permette lo sviluppo ed è organizzata grazie alla lingua,
alla comunicazione.
Bloomfield ipotizza due modi di rispondere ad uno stimolo:
1. reazione fisica , priva di lingua (practical reaction)
2. reazione mediata dalla comunicazione verbale (linguistic substitute reaction)
Le onde sonore che costituiscono la materialità della reazione allo stimolo dell'ambiente
diventano lo stimolo uditivo per l'interlocutore.
Secondo bloomfield la lingua è un sistema di segnali sonori, prodotti con suoni articolati e
percepiti dal sistema uditivo dell'interlocutore. Il sistema caratterizza la comunità di parlanti:
un sistema arbitrario e convenzionale, in cui ad un significante corrisponde un significato.Il
significato delle parole consiste quindi nella connessione del segmento fonico agli eventi
pratici che precedono e seguono l'elemento linguistico.

SKINNER in Verbal Behaviour (1957) cerca di spiegare l’acquisizione della sintassi tramite
l’elaborazione delle nozioni di STIMOLO -RISPOSTA- RINFORZO e di associazione.
Nella visione di Skinner ci si allontana dal condizionamento classico basato sullo sviluppo
della competenza ricettiva. Skinner parla di CONDIZIONAMENTO OPERATIVO.
-PRODUZIONE
-RINFORZO: Il rinforzo serve a premiare una situazione in cui il bambino deve imparare un
comportamento verbale non solo ricettivo ma anche produttivo. (Avviene da parte dell'adulto
la richiesta di imitazione dell'input.Con l'imitazione ottimale, l'adulto rinforza la gratificazione)
-PUNIZIONE: è il non ricevere una gratificazione di quello che ci aspettiamo.
-AGENTI AMBIENTALI: ad es i genitori che intervengono sul soggetto
-PRODUZIONE CON IMITAZIONE
ESPERIMENTO DI SKINNER CON I PICCIONI
Skinner rinchiude in una gabbia un piccione e nota che il comportamento istintivo del
piccione è o girare su se stesso o beccare. Ogni volta che girava su se stesso otteneva cibo
quindi Skinner gli dava il “rinforzo”. Dopo molte volte il piccione capì che girare su se stesso
gli permetteva di ottenere cibo e quindi ogni volta che aveva fame girava su se stesso.

ESPERIMENTO CON I RATTI


Skinner rinchiude in una gabbia ( Skinner box) un ratto con due leve: una gli permetteva di
ottenere acqua l'altra una scarica elettrica. Il rinforzo era quindi la somministrazione
dell'acqua, la risposta premere la leva.
Tramite questi esperimenti Skinner affermò che il condizionamento operante è un
processo di selezione adattiva che a partire da comportamenti casuali, favorisce le
abitudini più utili per la sopravvivenza dell'individuo.

IPOTESI INNATISTA
Nel 1959 Chomsky pubblica una terribile recensione a “Verbal Behaviour” di Skinner in cui
distrugge l'impianto teorico del comportamentismo.
Chomsky parte dall'ipotesi che gli esseri umani siano programmati biologicamente per
il linguaggio, esso si sviluppa come si sviluppano altri funzioni e organi del nostro corpo.
Secondo questo modello “io” non imparo perché sono esposto ad un input (ipotesi
comportamentista), ma l'input mi serve solo per innescare ciò che già proprio della mia
mente. Una delle prove che sostengono l'ipotesi innatista è che gli animali che ricevono un
training intensivo non imparano a manipolare un sistema simbolico complesso quale il
linguaggio naturale, come è in grado di fare un bambino di tre o quattro anni.
Centrale nel modello innatista e la grammatica: essa è innata e permette al bambino di
produrre elementi grammaticalmente corretti anche essendo esposto ad input non corretti.
L'input che gli adulti forniscono ai bambini infatti non è sempre perfetto e adeguato,
morfologicamente o grammaticalmente precisi eppure i bambini riescono ad imparare bene.
La forma di ogni lingua possibile risiede nella Grammatica Universale i cui principi sono
innati e parte di un programma genetico.
Il principio della dipendenza dalla struttura: La conoscenza del linguaggio si basa
sulle relazioni strutturali che esistono nella frase e non sulle sequenze lineari delle
parole. È necessario operare un'analisi strutturale della frase per applicarlo.
ES. a. The man who is tall is in the room
b. Is the man who is tall in the room?
c. Is the man who tall is in the room?
Chomsky sostiene che il bambino non produrrà mai frasi del tipo c perché egli possiede il
principio della dipendenza dalla struttura, che non viene appreso ma che fa parte delle
condizioni per l'apprendimento del linguaggio, quindi è innato.
In realtà Ingram, osservando i bambini, ha mostrato che i bambini più piccoli hanno la
tendenza ad accordare il verbo con la parola che viene immediatamente prima ( principio di
indipendenza dalla struttura) è solo crescendo questa regola dell'Indipendenza scompare e
viene sostituita da quella della dipendenza dalla struttura.
Il parametro del soggetto nullo: si può presentare attivo in alcune lingue come l'italiano o
lo spagnolo dove il soggetto può non essere espresso e disattivato in altre come l’inglese o
il tedesco dove il soggetto è obbligatorio.

LA GRAMMATICA UNIVERSALE
La GU trascura tutto quello che è attorno all’apprendente: ambiente esterno, metodologia,
contesto, caratteristiche dell’individuo. L’acquisizione della L2 è intesa come un processo di
riposizionamento dei parametri attraverso l’Input → i parametri possono essere attivati o
disattivati (es del parametro del soggetto nullo). La GU gioca un ruolo fondamentale nel
filone innatista, senza una conoscenza innata di principi universali specificamente linguistici
sarebbe impossibile imparare una lingua, in quanto l’Input sarebbe quantitativamente e
qualitativamente insufficiente, mancando indicazioni su ciò che è grammaticale.
L’acquisizione conseguirebbe allo sviluppo dell’organo mentale del linguaggio, del cosiddetto
dispositivo di acquisizione della lingua, innato, sviluppo guidato dalla GU. Entrerebbero in
gioco i cosiddetti UNIVERSALI LINGUISTICI (principi innati invarianti), distinti in universali
sostanziali (tratti fonologici, categorie sintattiche ricorrenti) e universali formali comprendenti
principi e parametri. I principi varrebbero per tutte le lingue umane, i parametri invece
renderebbero conto delle differenze sintattiche tra le lingue.
Secondo tale modello imparare una lingua consisterebbe essenzialmente nel fissare il valore
dei parametri di GU (parameter setting) in base alle caratteristiche della lingua dell’Input
ambientale. L’operazione di fissazione dei parametri concernente l’acquisizione della
grammatica, andrebbe integrata con l’acquisizione del lessico, della fonologia, della
semantica e della pragmatica, tendenzialmente non soggetti a parametrizzazione.
Inizialmente il riferimento alla GU valeva per l’acquisizione della L materna,
successivamente, i generativisti l’hanno proposto anche per la L2. In tale ottica,
l’acquisizione di una L2 consisterebbe nel riposizionamento dei parametri di GU.
Il parere degli studiosi non è concorde nell’apprendimento della L2. Varie posizioni:

1. La GU come modulo innato sarebbe la responsabile dello sviluppo della L1, ma tutte
le L2 verrebbero apprese utilizzando altri processi e meccanismi di apprendimento
(INACCESSIBILITÀ)
2. Il modulo innato e mentale della GU agisce sempre ed esattamente alla stessa
maniera sia in L1 che in L2 (PIENA ACCESSIBILITÀ)
3. La GU ha generato la L1 e quando si impara la L2 si passa sempre attraverso la L1 e
tramite la lingua materna si ha accesso a principi e parametri della GU per
rimodulare la L2 (ACCESSIBILITÀ INDIRETTA)
4. La GU pienamente presente nella L1 con i principi e parametri ma mette in dubbio il
modo di agire dei parametri della L2. I principi universali continuano ad operare
mentre i parametri sono indeboliti (ACCESSIBILITÀ PARZIALE)
Chomsky ha continuamente rielaborato la sua teoria.

IPOTESI COSTRUTTIVISTA
Secondo questo modello si fa riferimento a strutture cognitive per rapportarsi alla realtà
esterna, conoscendola attraverso l'esperienza e grazie a questa ricavare una serie di
informazioni che vanno a sistematizzararsi all'interno del sistema cognitivo e diventano
sempre più articolati.
L'ipotesi costruttivista si pone come mediazione tra le due ipotesi precedenti: il bambino non
ha tutto già nel patrimonio genetico (ipotesi innatista) e nemmeno l'acquisizione dipende
soltanto dall'esposizione alla lingua degli adulti (ipotesi comportamentista). Le strutture del
linguaggio del bambino dipendono dalla struttura delle abilità cognitive e
socio-cognitive, che non sono già complete alla nascita, ma si devono sviluppare
grazie all'esperienza e all'interazione.
L'input diviene fondamentale: la ricorrenza di segnali in momenti significativi nella vita del
bambino nel corso di routine quotidiane come pasti, momenti di gioco, facilita l'acquisizione
del linguaggio e la segmentazione degli input linguistici.
E' importante quindi che vi siano delle routine, schemi conversazionali standardizzati e
ripetuti.
Il paradigma costruttivista ha cercato di indagare sulle differenze che i bambini mostrano nel
processo di acquisizione del linguaggio. molti studi hanno evidenziato che i bambini non
apprendono tutti allo stesso modo e che seguono, almeno per le prime fasi, percorsi
acquisizionali differenti.
I PATTERN (strutture di base) più frequenti e trasparenti nella lingua sono i primi ad
essere acquisiti. la tipologia più frequente e quella su base morfologica che etichetta e
raggruppa le lingue a partire dal modo in cui costruiscono le parole. quindi è possibile
prevedere percorsi che i bambini compiono nell'acquisizione dei sistemi linguistici sulla base
della loro complessità linguistica. (lingue flessive, isolanti, agglutinanti)
Il bambino mostra un interesse maggiore per quelle parti di enunciato che sono interpretabili
al suo livello di competenza linguistica e che presta attenzione in modo selettivo al
linguaggio dell'adulto diretto da lui.
Il primo principio proposto da SLOBIN è quello secondo cui i bambini prestano attenzione
alla fine delle parole. Tale principio prevede, ad esempio, che i suffissi vengono acquisiti
prima dei prefissi.
Secondo questa teoria la lingua viene utilizzata per esprimere le cognizioni del
bambino dell'ambiente fisico e sociale, per cui un bambino non può iniziare ad usare
una forma in maniera significativa fino a che non sia capace di riconoscere cosa
significa.
BABY TALK O CHILD DIRECTED SPEECH
Numerosi studi hanno indagato sugli effetti dell’input sul processo di apprendimento, nel
caso del bambino ovviamente ci riferiamo all’esperienza che fa della lingua, se gli input sono
totalmente casuali non genereranno apprendimento, infatti è importante che l’input venga
fornito in momenti significativi nella vita del bambino nel corso di routine quotidiane come
pasti, momenti di gioco, perché così si facilita l'acquisizione del linguaggio
(Video “motherese sample”: Esperimento per capire se una volta scoperto, per caso, che
girando la testa verso sinistra si produce la voce di una madre, il bambino sottoposto
all’esperimento possa essere indotto a guardare sempre verso sinistra. Dopo otto volte però
il bambino inizia a compiere una preferenza, quindi ha una possibilità di scelta cioè girarsi
verso sinistra. Questo esperimento indica come la routine non annoia il bambino). La
semplicità del linguaggio rivolto ai bambini facilita la scoperta delle strutture.
Le PECULIARITà DEL BABY TALK: (fino a 16 mesi) riguardano sia la Componente
linguistica che la Componente affettiva: infatti l'adulto si pone come supporto e
sostentamento del bambino. Per quanto riguarda le caratteristiche fonologiche vi è una
semplicità fonologica, quindi una combinazioni di vocali e consonanti ben distinta, anche la
sintassi è semplificata, ci sono minori trasformazioni, pochi verbi per ogni enunciato, piu
parole contenuto, piu imperativi e piu domande soprattutto nelle prime fasi. A livello
semantico invece c’è un lessico piu ristretto ed un utilizzo di termini unici riferiti ad un solo
oggetto, quindi si evita la polisemia, poi c’è un riferimento costante al luogo ed al momento
dell’enunciazione. Per quanto riguarda la pragmatica si utilizza un linguaggio molto
espressivo, con affissi diminutivi o vezzeggiativi.

1. Livello prosodico: volume alto della voce, modulazione della voce, lenta e accurata
delle sillabe, molta enfasi intonativa
2. Vi sono anche molti elementi deittici: l'indicazione verso qualcosa per attirare
l'attenzione del bambino.
Il Baby Talk è stato associato ad una serie di varietà di lingua che gli adulti nativi utilizzano
con gli stranieri per superare le incomprensioni derivanti dalla diversa padronanza del codice
linguistico.
FOREIGN TALK →
è una varietà linguistica (varietà diafasica) vi è una modificazione nella lingua quando si
parla con i non nativi. Queste modificazioni sono istintive, per comunicare si semplifica, si
rallenta la produzione, si riduce la complessità morfologica e sintattica. pronuncia enfatizzata
(volume amplificato, allargamento delle pause;
selezione di un vocabolario basico;
utilizzo di una sintassi semplificata (con rinuncia all'ipotassi o ad alcuni elementi connettivi);
rinuncia alla trasmissione di concetti troppo articolati (ad esempio, i concetti astratti);
ricorso a parafrasi in sostituzione di termini ritenuti difficili;
ricorso alla gestualità;
uso di riferimenti deittici;
ricorso a onomatopee;
L'adozione del foreigner talk, nello sforzo di rendere il parlato massimamente comunicativo, può
facilmente comportare la produzione di enunciati agrammaticali. In qualche caso, può anche
denotare l'assunzione di un atteggiamento di superiorità o comunque la scelta per un registro
meno formale. L’uso prolungato del foreigner talk poi può inibire la progressione dell’apprendente
nel processo di acquisizione delle competenze in L2 o comunque potrebbe portare anche alla
fossilizzazione di alcune forme gramamticalmente scorrette.
TEACHER TALK → particolare varietà di lingua che utilizza il docente in classe: ridondanza,
parlato innaturale e lento - deve essere una lingua comprensibile e formalmente corretta.
INTERLANGUAGE TALK → varietà di L2 utilizzata dagli apprendenti.

APPRENDIMENTO
SPONTANEO: L'acquisizione della lingua avviene soltanto tramite il contatto con la
popolazione locale. Infatti l'input linguistico riguarda una grande parte della vita quotidiana e
rimane in buona parte costante. Però l'input viene fornito a velocità normale proprio perché
parlanti del posto parlano normalmente e da numerosi parlanti perché l'apprendente è a
contatto con modelli linguistici diversi. L'input però non si presenta sempre in modo netto e
chiaro, ma può essere disturbato da rumori esterni. Inoltre non è formulato in funzione dello
sviluppo linguistico dell'apprendimento ma coinvolge l'aspetto comunicativo del linguaggio .
GUIDATO: L'apprendimento avviene di solito in luoghi chiusi e tempi ben precisi ( ore di
lezione). L'input dato dall'insegnante prevede solo una scelta limitata di situazioni
comunicative che si trovano inglobate in un in un insegnamento che mira alla correttezza
degli enunciati. Si tratta dunque di un insegnamento esplicito, con lo scopo di trasmettere
delle regole e delle frasi modello che servono a l'apprendente come base per formare i suoi
discorsi. Inoltre nell'apprendimento della L2 si incontrano delle interferenze da L1 .
MISTO: Coinvolge sia l'acquisizione spontaneo che quella guidata. vi è la combinazione dei
processi imitativi e deduttivi che migliora l'efficacia delle strategie di apprendimento
esplicito. Ad esempio vi sono momenti in cui l'insegnamento non si concentra sulla
trasmissione solo di regole, ma sono momenti in cui la lingua da imparare diventa veicolare
per la comunicazione, come durante la proiezione di un film in lingua originale, l'ascolto di
un telegiornale.

INTERLINGUA:
sistema linguistico in formazione.
Il concetto di Interlingua teorizzato alla fine degli anni sessanta, ha stravolto completamente
la visione della natura degli errori. Esso di fatti, era considerato un indicatore di un
comportamento linguistico imperfetto e di una conoscenza insufficiente delle regole
morfosintattiche. Con gli studi sull’acquisizione della lingua da parte di un bambino (condotti
da Chomsky) e di quelli sull’Interlingua (Selinker) ci si è resi conto che l’errore è parte del
processo dell’apprendimento di una lingua. L’interlingua è una lingua non pienamente
acquisita dall’apprendente che persevera caratteristiche della lingua nativa. L’interlingua,
secondo Selinker, è un sistema a sé stante, una lingua vera e propria che obbedisce a
regole come tutte le altre lingue ed è il prodotto di una grammatica mentale derivante dalla
lingua nativa, quella straniera e da alcuni elementi innati ed inconsci. L’interlingua è soggetta
ad un meccanismo di
sistematizzazione: quando un apprendente acquisisce una nuova regola, si possono
verificare fenomeni di regressione in quanto egli non riesce a trovare una collocazione nella
grammatica acquisita. Grazie al fenomeno di sistematizzazione, l’apprendente riuscirà a
collocare la regola nel sistema
Negli anni ‘50 si credeva che la lingua venisse appresa tramite meccanismi di
stimolo-risposta-rinforzo e imitazione. Il filone piu praticato era l’ANALISI
CONTRASTIVA. L’analisi contrastiva (Lodo, 1957 - Linguistics across cultures) considera
i due sistemi linguistici come due elementi che nel momento in cui ci accingiamo ad
apprendere una L2 entreranno in contatto. Il contatto è fra SISTEMI (fonologici, linguistici,
morfologici, sintattici e lessicali). I sistemi linguistici venivano confrontati nelle loro strutture
al fine di determinare i potenziali errori dell’apprendente, ritenendo difficoltà ed errori
altamente probabili laddove vi erano differenze fra le due lingue → dal contatto si generano
forme errate che se individuate aiutano ad anticipare i potenziali errori dell’apprendente.
Nell’insegnamento bisogna dunque insistere soprattutto sulle strutture di L2 diverse da
quelle della lingua materna.
Gli individui tendono a ‘trasferire’ (transfer) forme e significati (suoni, morfemi) Es. del verbo
processare-elaborare (dall’inglese to process) → prestito semantico.
TRANSFER (fonte dell’errore) → secondo questo filone l’errore era la manifestazione dei
punti di difficoltà che l’apprendente incontrava e questi punti venivano risolti con il
trasferimento di elementi della propria lingua materna alla L2. Gli errori dunque non possono
essere tollerati perché rischiano di ‘fissarsi’, il docente deve utilizzare l’analisi contrastiva per
prepararsi a prevedere gli errori, mettendo a confronto due lingue per volta. Gli elementi più
simili saranno piu facili da apprendere, viceversa quelli più diversi genereranno errori (Lodo).
Alla fine degli anni ‘60-70 la error analysis divenne più importante, gli errori degli apprendenti
aumentavano e dunque i dati empirici smentirono l’ipotesi contrastiva. Risultò chiaro che altri
fattori incidevano sul processo e sull’esito dell’apprendimento oltre alle differenze tra L1 ed
L2 → impossibilità di prevedere in maniera precisa i punti di difficoltà. Gli errori non sono
immediati. Saggio di Pitt Corder ‘The significance of learners errors’ → propose di
interpretare gli errori non in un’ottica comportamentista, ovvero come frutto di imitazione o
abitudini legate alla L1, ma come indizio di un sistema linguistico in formazione. La natura
creativa e regolare dell’apprendimento ascritta al bambino nella lingua materna venne
riconosciuta anche nell’apprendimento della L2, sfociando in una COMPETENZA
LINGUISTICA interiorizzata che Cordere definì COMPETENZA TRANSITORIA o
grammatica dell’interlingua. Corder fece una distinzione tra:
● ERRORS - errori legati alla competence - dimostrano la non conoscenza di un
elemento ma sono la finestra per iniziare a capirlo.
● MISTAKES - errori di esecuzione, performance - errori di distrazione o stanchezza,
lapsus, spesso autocorretti.
Corder evidenziò dunque il carattere in progress dei sistemi linguistici degli apprendenti.
Selinker - INTERLINGUA → designa la lingua imperfettamente posseduta dall’apprendente,
un sistema linguistico a sé stante che risulta dal tentativo di produzione da parte
dell'apprendente di una norma della lingua obiettivo. Individua 5 processi:
1. Transfer linguistico: influsso della lingua materna sull’interlingua
2. Transfer di insegnamento: risultato di elementi identificabili delle procedure di
insegnamento
3. Strategie di acquisizione della L2: risultato del modo in cui l’apprendente affronta il
materiale da imparare.
4. Strategie di comunicazione in L2: risultato del modo in cui l’apprendente affronta la
comunicazione con i parlanti nativi
5. Ipergeneralizzazione del materiale linguistico di L2 (ad esempio la doppia marca di
passato in: What did he intended to say?)
CONTATTO LINGUISTICO
• Una definizione classica di contatto linguistico si trova nell’opera di Uriel Weinreich,
Languages in Contact, 1953 • La compresenza di più lingue negli usi dei parlanti dà luogo a
una situazione di contatto linguistico. • Il contatto di lingue è strettamente associato al
bilinguismo anche se due lingue possono trovarsi a interagire senza che si debba
necessariamente presupporre che i parlanti o le comunità siano bilingui
In ogni situazione di contatto una lingua influisce in qualche modo sull’altra.
• Rapporto unidirezionale = una delle due lingue in contatto accoglie influssi dall’altra
• Rapporto bidirezionale = le due lingue si influenzano a vicenda e si scambiano
reciprocamente materiali linguistici
• Contatto orizzontale (eguale prestigio) • Contatto verticale (una lingua ha prestigio
maggiore)
Contatto verticale prolungato fra due lingue in una comunità parlante = progressiva perdita di
vitalità e decadenza e morte di una delle due lingue • sostituzione di lingua • riduzione della
trasmissione intergenerazionale • in Italia molte lingue minoritarie e in parte i dialetti
Contatto: fenomeni linguistici • Fenomeni linguistici tipici : • prestito / calco • interferenza
delle strutture grammaticali, fonologiche, lessicali, semantico-pragmatiche • code-switching
MORPHEME STUDIES
Questo filone accentuò molto l’aspetto creativo dell’interlingua e formulò l’ipotesi dell’identità
fra acquisizione di L2 e di L1→ presenza di regolarità nelle sequenze di acquisizione; i due
processi sarebbero ascrivibili agli stessi dispositivi mentali innati. Venne oscurato il ruolo
della lingua madre il cui influsso sarebbe un semplice fenomeno di performance e non di
competence. Il paradigma teorico di riferimento è quello innatista e mentalista di matrice
Chomskiana.

MODELLO DEL MONITOR (innatista)


Elaborato alla fine degli anni ‘70 suLla scorta dei morpheme studies, soprattutto da Stephen
Krashen (metodo naturale). L’idea di base è che l’apprendimento linguistico risenta sia di
fattori ambientali esterni che di fattori interni all’apprendente, in particolare di 3 appositi
meccanismi mentali operatori, due subconsci → FILTRO e ORGANIZZATORE ed il terzo
cosciente → MONITOR.

Ambiente linguistico | FILTRO → ORGANIZZATORE → MONITOR | Esecuzione dell’apprendente


(INPUT) (OUTPUT)

Il filtro (socio-affettivo) filtrerebbe l’Input linguistico in base a fattori emotivi: solo su quanto
passa attraverso il filtro ed arriva all’organizzatore (INTAKE) si costruisce la competenza in
L2. Dopo il filtro, l’organizzatore elaborerebbe i dati e li organizzerebbe in un SISTEMA. Il
MONITOR sarebbe il responsabile dell’elaborazione linguistica consapevole derivante dallo
studio della grammatica e visibile nelle autocorrezioni. Il grado della sua utilizzazione
dipenderebbe da vari fattori extralinguistici.
Il soggetto preso in considerazione è l’adulto, per Krashen l’acquisizione è un processo
generato attraverso l’uso della lingua in contesti comunicativi reali → trasmissione di
significati e uso della lingua, sviluppo inconscio delle abilità linguistiche. Non è importante la
forma ma il messaggio. L’acquisizione mette quindi in moto gli stessi meccanismi che utilizza
il bambino quando sta sviluppando la sua lingua materna. Sono processi NON CONSCI: non
si è coscienti delle forme, delle strutture, delle regole, eppure le elaboro e fisso → quindi il
processo di acquisizione può avvenire solo in un contesto di immersione nella lingua.
Krashen invita gli insegnanti a creare in classe condizioni di comunicazione reale che si
avvicinino a quella che è poi la condizione della L2, per generare un un uso spontaneo della
lingua e mettere in moto i processi subconsci dell’elaborazione.
Risultato → acquisizione del linguaggio → competenza linguistica acquisita (subconscia)
“feel for correctness” → sensazione della correttezza → manifestazione della corretta
competenza (conoscenza della regola interiorizzata) che è in grado di permettere al
soggetto di esprimere giudizi di grammaticalità MA non è in grado di spiegarne la regola, di
fomalizzarla.
L2 “language learning” → apprendimento caratterizzato dal fatto di avere una conoscenza
formale metalinguistica ESPLICITA (conscia) della lingua.
Krashen partendo dagli studi di Brown afferma che l’insegnamento non è un processo che
facilita l’acquisizione. Non agevola il meccanismo subconscio dell’analisi dell’INPUT,
dell’identificazione delle regolarità e fissazione. Correggere gli errori non aiuta. Gli adulti
(parents) non correggono tutto ciò che devia nella performance di comunicazione con il
bambino nell’acquisizione della L1 inglese. Agli adulti non interessa la forma, piuttosto il
messaggio trasmesso, dunque quello che si va a correggere è ciò che crea problemi nella
comunicazione.

APPRENDIMENTO ESPLICITO APPRENDIMENTO IMPLICITO


dalla presentazione della regola, - dall’immersione degli enunciati,
spiegazione e applicazione. scoperta di regolarità e fissazione

A partire dal modello del monitor Krashen ha elaborato la Teoria del Monitor, di tipo
deduttivistico, i cui 5 assunti di base sono:

1. Ipotesi dell’ACQUISIZIONE/APPRENDIMENTO: due sistemi conoscitivi diversi, il


primo inconscio, attivo anche per la L1, sovrintenderebbe alla comunicazione
spontanea in L2 e porterebbe al formarsi di competenze in L2. Il secondo, conscio e
piu superficiale, tipico dei contesti scolastici, comprenderebbe la conoscenza formale
di una lingua, l’osservanza consapevole delle sue regole; tra i due tipi di conoscenza
non vi sarebbe intercambio o interfaccia.
ACQUISITION: similar to child L1, “picking up a language, subconscious, implicit
knowledge, formal teaching does not help.
LEARNING: formal knowledge of language, knowing directly a language conscious,
explicit knowledge, formal teaching helps.

2. Ipotesi dell’ORDINE NATURALE: le strutture della L2 verrebbero acquisite in un


ordine prevedibile, fisso, naturale, indipendente da quello seguito dall’insegnamento
e determinato solo dall’ORGANIZZATORE. Se vengo esposto alle situazioni
comunicative giuste, in contesti naturali, le strutture grammaticali verranno elaborate
ed acquisite secondo una SEQUENZA.
L1 INGLESE:
- morfema ‘ING’
- S del plurale
- copula e ausiliare
- articoli
- passati regolari e irregolari
- ‘s’ della terza persona
- ‘s’ del passivo
Ma non tutti acquisiranno le strutture grammaticali nello stesso ordine, vi possono essere
altri fattori contestuali che incidono. C’è una fase in cui queste strutture possono comparire
in gruppo. L’apprendimento delle strutture acquisite è simile in L1 e L2. I morfemi legati, cioè
quelli che non hanno autonomia nella frase (ad es. ing, s del plurale, v irregolari), appaiono
nello stesso ordine nella L1 e nella L2, mentre quelli liberi (copula e ausiliare) tendono ad
essere acquisiti più tardi nella L1 rispetto alla L2.

3. Ipotesi del Monitor o Editor: divergenza tra l’acquisizione del bambino L1 e quella
dell’adulto L2. L’ipotesi afferma che l’apprendimento conscio ha una funzione limitata
nell’esecuzione linguistica di un adulto. L’apprendimento conscio non porta
all’acquisizione PROFONDA ma è usato come MONITOR→ qualcosa che verifica ciò
che è stato detto o scritto e corregge applicando delle regole. Quando un parlante
produce un enunciato in L2 secondo Krashen l’enunciato è avviato dal sistema
acquisito, cioè da quello che c’è in profondità. Il MONITOR serve a cambiare gli
enunciati solo dopo che questi sono stati generati dal sistema acquisito. Si possono
cambiare o prima di parlare/scrivere→ momento di riflessione in cui il soggetto
controlla con attenzione ciò che sta per dire, o dopo→ correzione post enunciato
(autocorrezione). La COMPETENZA PROFONDA acquisita genera l’enunciato.
L’uso del monitor è molto limitato, vi devono essere 3 fattori per farlo scattare: - il
parlante deve avere abbastanza tempo, il parlante deve essere spinto, sollecitato a
prestare attenzione alla forma (contesto particolare, formale) è il contesto che fa
scattare il monitor, in ultimo il Monitor non può agire se non si conosce la regola. Il
Monitor non lavora bene su ogni parte della grammatica: ci sono delle cose più
semplici - regole che non prevedono movimenti all’interno della frase, spostamenti di
posizione.

4. Ipotesi dell’INPUT COMPRENSIBILE: noi acquisiamo comprendendo l’Input, ci


concentriamo sull’ascolto, si impara una L2 solo comprendendo almeno in parte i
messaggi formulati in tale lingua. L’input deve essere di difficoltà lievemente
superiore alla varietà posseduta. Questa è un’ipotesi centrale per Krashen: dato che
l’unico vero responsabile dell’apprendimento è un dispositivo innato, basta fornirgli
una giusta qualità e quantità di Input sufficiente a farlo operare.
La fluenza nel parlare è la manifestazione di acquisizione. L’apprendimento (formale
o esplicito) non dà questa fluenza. Questa emerge in maniera inconscia ma è il
risultato di qualcosa che è in profondità. Il contesto linguistico ed extralinguistico
permette una migliore acquisizione. L’INPUT per essere compreso deve essere
contestualizzato. Si offrono spesso Input precisi (i+1). Ma nell’Input vi sono cose che
già fanno parte della sua competenza ed elementi che verranno acquisiti molto dopo.

FOREIGN TALK →
è una varietà linguistica (varietà diafasica) vi è una modificazione nella lingua quando
si parla con i non nativi. Queste modificazioni sono istintive, per comunicare si
semplifica, si rallenta la produzione, si riduce la complessità morfologica e sintattica.
TEACHER TALK → particolare varietà di lingua che utilizza il docente in classe:
ridondanza, parlato innaturale e lento - deve essere una lingua comprensibile e
formalmente corretta.
INTERLANGUAGE TALK → varietà di L2 utilizzata dagli apprendenti.
5. Ipotesi del FILTRO AFFETTIVO: perché l’INPUT venga rielaborato ed interiorizzato è
necessario che il filtro affettivo non sia bloccato, che non vi sia ansia, che non
manchino motivazione o autostima. Il filtro ha un ruolo di
FACILITAZIONE/INIBIZIONE, non di causa dell’acquisizione. Il filtro affettivo è legato
ad una variabile dell’individuo e può essere determinante rispetto alla capacità di
essere un buon comunicatore in L2. Krashen richiama gli studi di Dulay e Burt: il filtro
affettivo è un fattore attitudinale, legato alla personalità, non determinato da nessun
insegnamento. E’ una barriera che si può istintivamente alzare tra l’INPUT e la sua
elaborazione per motivi di ansia, di paura. I migliori apprendenti sono quelli che
hanno il filtro affettivo basso, le persone che non si lasciano condizionare dalle
proprie sensazioni. Sono quindi disposti a comunicare con i nativi senza
preoccupazioni, con serenità. L’insegnante in classe dovrebbe incoraggiare attività
che abbassano il filtro affettivo. Secondo il modello c’è necessità di strutturare
competenza acquisizionale. Nella prima fase l’ascolto e l’elaborazione dell’INPUT
accompagnato dalla contestualizzazione e in contesti sereni portano ad una migliore
acquisizione.
SILENT PERIOD → importante nello sviluppo di una L2. Per molti mesi anche i bambini
dopo la prima esposizione dicono pochissimo.
La teoria del Monitor è stata criticata perché carente→ scarsa documentabilità della
differenza tra acquisition e learning, inoltre trascura il processo e gli stadi intermedi
dell’acquisizione.

TEORIE AMBIENTALISTE
(Contesto comunicativo) Queste teorie pongono l’accento sui fattori esterni all’acquisizione,
in senso lato ‘ambientali’, da quelli di tipo socio-culturale alle caratteristiche dell’input
linguistico.
Schumann - MODELLO DELL’ACCULTURAZIONE: interpreta l’apprendimento di L2 come
processo di acculturazione, di graduale appropriazione della L2 e della cultura ad essa
associata. Sono determinanti due fattori: la distanza psicologica e la distanza sociale
dell’apprendente nei confronti della lingua e della cultura. Maggiore è la distanza, più limitata
sarà l’acquisizione → se la distanza non si riduce si resta a forme di interlingua elementari
senza progredire verso la creolizzazione. La distanza sociale è caratterizzata da diversi
fattori (es degli immigrati: due gruppi a contatto forzato):
- dominanza: rapporti di dominanza e subordinazione (politici, storici)
- integrazione: legato all’identità culturale di un gruppo (conservare la propria identità o
assimilarsi al gruppo con cui si entra in contatto) → permeabilità o impermeabilità del
gruppo.
- chiusura (Schumann non parla di singoli ma si riferisce a gruppi): il gruppo che esalta la
propria L1 e cultura di partenza è impermeabile.
- coesione del gruppo: se i legami sono stretti, utilizzano la loro L1, i gruppi non
permettono il contatto.
- dimensioni: il gruppo può essere numericamente piccolo o esteso (es. cinesi in italia)
- atteggiamento: ad es. pregiudizi
- intenzione (progetto migratorio) la durata del soggiorno prevista nel paese straniero
- congruenza (tra L1 e L2 simili) riduce la distanza sociale.
La distanza sociale è in grado di incidere sullo sviluppo di una lingua.

LINGUE PIDGIN: casi di acquisizione ridotta per la forte distanza. Sono lingue semplificate
formatesi in contesto coloniale (contatto della lingua autoctona con quella del colonizzatore),
ma anche le interlingue elementari di immigrati ghettizzati o poco inseriti → si crea un
rapporto verticale, una dominante e l’altra dominata. Sono varietà imperfette con una
utilizzabilità limitata → pidginizzazione
LINGUE CREOLE: se l’integrazione nell’ambiente ospite aumenta, la distanza si riduce, le
varietà si complessificano per un processo di creolizzazione. Le lingue creole sono lingue
complete, autonome. ES. Creolo giamaicano: dopo la situazione iniziale di contatto le nuove
generazioni del gruppo dominato iniziano ad usare il “pidgin” come lingua materna e avviene
la creolizzazione, queste lingue diventano autonome e complete sintatticamente.

Critiche al moodello: che cosa sono gli aspetti culturali? Nel modello di schuman si parla di
perdita o mantenimento dell'identità culturale, gli elementi culturali molto spesso non sono
descrivibili e vi sono casi in cui degli individui possono mostrare un successo maggiore
nell’apprendimento della L2 (stili cognitivi di apprendimento). Le condizioni sociali non
sembrano essere determinanti perché l’individuo con le sue caratteristiche può riuscire ad
ottenere dei risultati che il modello non prevederebbe. Il modello non prende in esame i
fattori cognitivi, cioè lo sviluppo di processi interni all’apprendente e fattori legati
all’insegnamento.

TEORIE COGNITIVE E INTERAZIONISTE


↓ ↓
focalizzate su meccanismi interazione fra tali
e processi impliciti nella meccanismi cognitivi,
acquisizione linguistica fattori ambientali (input) ed eventualmente fattori innati.

Un primo modello cognitivo scaturisce dalla teoria dell’interlingua, che legge l’acquisizione
della L2 come un processo mentale di costruzione di regole, sistematiche, ma provvisorie,
tramite formazione e verifica di ipotesi. Un altro gruppo di teorie fa riferimento alla differenza
fra conoscenza esplicita, verbalizzabile, affiorante nelle rappresentazioni consapevoli
dell’apprendente, e conoscenza implicita, non verbalizzabile, intuitiva e latente →
CONOSCENZA DICHIARATIVA (Know that) e CONOSCENZA PROCEDURALE (Know
how). L’acquisizione avverrebbe tramite un’automatizzazione e ristrutturazione delle
conoscenze, e sarebbe fortemente condizionata dalle capacità di elaborazione mentale. La
conoscenza esplicita fungerebbe da facilitatore acquisizionale, aiutando l’apprendente a
notare alcuni tratti dell’Input e favorendone l’elaborazione: lo dimostrerebbero studi relativi
agli effetti dell’insegnamento sull’acquisizione, cioè sullo sviluppo della conoscenza implicita
di L2, oltre che sull’incremento di quella esplicita.

COMPETITION MODEL
Puntano molto su fattori cognitivi anche approcci funzionalisti, che correlano l'acquisizione
della lingua con la sua funzione comunicativa, sottolineando i principi che guidano la
scoperta del rapporto forma-funzione delle interlingue, indagano su quali sono i rapporti tra
strutture e forme con specifiche funzioni.
Il competition model utilizza una sorta di metafora di competizione, di sfida: l’apprendente
deve mettere in relazione un determinato elemento formale con una funzione. Secondo
questo modello l’apprendente so basa su INDIZI, formali, più o meno univoci e affidabili,
talvolta in competizione fra loro. L’apprendente, che deve riconoscerne il valore e assegnare
loro il giusto peso, spesso si lascia guidare da criteri di frequenza e salienza.
Es.: agente→ colui che realizza l’azione; / paziente→ colui che la subisce. Ma l’agente è
sempre il soggetto della frase?

Es. MARIO (Sogg. Agente) MANGIA LA MELA (C. oggetto)


LA MELA (Sogg.) E’ MANGIATA DA MARIO (Compl. d’agente)

Se si fa un’analisi della frase andando a guardare le relazioni logiche tra il verbo e gli
elementi che rappresentano il soggetto e l’oggetto della frase, ovvero MARIO e LA MELA.
Le lingue hanno manifestazioni superficiali di relazioni profonde di tipo semantico-funzionale
e queste relazioni ci permettono di comprendere il significato della frase.
Secondo questo modello non si lavora con le categorie logiche del sogg., compl. ogg. ecc.,
l’apprendente cerca di collegare le categorie semantiche-funzionali profonde, agli elementi
della superficie che li realizzano.
-LA MELA MANGIA MARIO → L’apprendente cerca di elaborare l’input che gli viene offerto
utilizzando una serie di ‘indizi’ per capire in che maniera o con quali forme si presenta in
superficie una determinata categoria.
Gli indizi sono condivisi da tutte le lingue (universali) MA l'importanza che un indizio può
avere dipende da lingua a lingua (limitatezza).

Es. LA MELA MANGIA LA PASTA / LA MELA MANGIANO LE ARANCE → Il riicercatore


forza l’apprendente ad individuare l’agente. Indizi: 1) animatezza, 2) ordine ( S - O - CO ) -
l’agente tendenzialmente si trova all’inizio, 3) intonazione, essa guida l’ascoltatore
nell’identificazione dell’agente, 4) accordo (indizio che vince la competizione).
- La forza di un indizio dipende dalle seguenti proprietà:
} Affidabilità – regolarità di relazione forma-funzione
} Disponibilità – frequenza nell’input
} Validità nel conflitto – n. di volte in cui vince/n. di confitti

APPROFONDIMENTI: Formalismo VS Funzionalismo


} Formalismo: le forme che una lingua assume sono
determinate da categorie astratte e innate (es. cat.
grammaticali di «verbo» e «soggetto»). Sono teorie
modulari.
} Funzionalismo: le forme linguistiche sono create,
governate, limitate, acquisite e usate al servizio delle
funzioni comunicative. Sono teorie non modulari

MODELLO DELLA PROCESSABILITÀ


Nasce da altri modelli ed esperienze precedenti che messi insieme elaborano un modello di
analisi del parlato, della produzione. L’obiettivo del ricercatore è scoprire come si assimila
l’OUTPUT, come si produca, mentre nel competition model ci si chiedeva come si elabora
l’INPUT.
MESSAGGIO PREVERBALE: messaggio non ancora formalizzato linguisticamente - deve
ricevere una codifica grammaticale prima di poter essere prodotto: quindi l’apprendente
deve selezionare elementi della morfologia e della sintassi.
STRUTTURA SUPERFICIALE: codifica fonica
Ma la prima fase è quella della selezione lessicale → elaborazione funzionale. Poi a
ciascuno degli elementi lessicali che ha estrapolato deve attribuire una funzione (di agente,
paziente, locativo) in modo da individuare le relazioni sintattiche. Si procede poi ad
organizzare le sequenze degli elementi: combinazione che rispetti un rapporto di con la
lingua specifica e questa elaborazione chiamata POSIZIONALE (verifica della posizione
degli elementi lessicali) prevede l’assemblaggio dei costituenti in sintagmi che costituiranno
poi la frase. Questi costituenti riceveranno poi la MORFOLOGIA, cioè la manifestazione
nella parola di una posizione di significato grammaticale (flessione). Infine, avviene la
CODIFICAZIONE FONOLOGICA: forma di suono a tutto quello che è stato elaborato.
Pienemann ipotizza quindi degli STADI in sequenza che sono incrementali (selezione
lessicale singole parole non ancora modificate). Quand’è che l’apprendente inizia a costruire
piccole strutture elaborate? Quando passa a uno stadio successivo (si riesce a modificare la
singola parola→ flessione). Dentro al sintagma si iniziano a vedere le relazioni → es.
accordo → si osserva prima nel sintagma e poi fuori ‘i bambini sono buoni’ - questo accordo
richiede uno stadio successivo.

SEQUENZE ACQUISIZIONALI
Modello teorico dell’interlingua → l’interlingua viene definita in una prima fase con il termine
PREBASICA, poi BASICA, e infine POST BASICA. Queste fasi sono state elaborate su una
serie di dati di apprendenti non solo di L2. Questi studi hanno dimostrato che le tre fasi sono
uguali x tutti.
1) PREBASICA: in questa fase iniziale l’apprendente è essenzialmente concentrato
sull’input e la sua analisi, comunica con poche parole in L2 a lui note, facendo molto
leva sul contesto discorsivo e situazionale, sulle conoscenze condivise, aiutandosi
con i gesti (indicando → deissi). Le sue frasi, prive di verbi, preposizioni ed articoli
hanno una struttura essenzialmente nominale, ruotante attorno a poche
parole-chiave (keyword strategy). Domina quello che Givon chiama il MODO
PRAGMATICO.
2) FASE BASICA: Le frasi cominciano ad organizzarsi attorno ad un verbo, spesso non
flesso, in forma di inf. o pres.. La grammatica è ancora (quasi) assente, si osservano
stile telegrafico, scarsità di preposizioni e congiunzioni, paratassi, predominio di
forme non marcate (ad esempio il MS usato per tutti gli agg.). la marcatezza in
linguistica è un concetto differenziale, viene da un’opposizione → forma definita
marcata per opposizione ad un’altra forma non marcata. L’elemento marcato
compare in minore frequenza perché la lingua crea delle situazioni nelle quali le
opposizioni possono determinarsi in alcuni contesti. ES. opposizione morfologica tra
il maschile ed il femminile. Un elemento può essere marcato per i contesti limitati di
uso che può avere → ES. Mal di testa (elemento non marcato, di uso generale) /
Emicrania (elemento marcato, indica un tipo particolare di dolore). In questa fase a
livello semantico-lessicale ci può essere un uso sovresteso o sottesteso delle parole
(termini specifici per generici e viceversa). La distanza sociale in questi casi può
portare ad una fossilizzazione di tale varietà basica (quasi un pidgin).
3) Fase POSTBASICA: ogni progressione nell’interlingua rappresenta una forma di
questa varietà post-basica e un avvicinamento alla L2. In questa ultima fase si
producono frasi con un verbo flesso e compare una morfologia piu regolare, sono piu
presenti articoli, ausiliari, desinenze nominali e verbali, forme di accordo sintattico.
Anche a livello sintattico si ha una complessificazione, compaiono subordinate, fra le
ultime acquisizioni sembrano esservi i vari mezzi per rendere coeso e ben strutturato
un testo.

STRATEGIE DI ACQUISIZIONE
Tecniche e comportamenti che contribuiscono allo sviluppo della competenza in L2 →
procedure per formulare delle ipotesi sulla struttura della L2 e per stabilire le regole della
interlingua sulla base di queste ipotesi. Tra le procedure di acquisizione vi è il TRANSFER.
Esso è un meccanismo che ha delle condizioni che lo facilitano ed altre che lo rendono
meno praticabile. Il transfer dipende dal livello di competenza dell’apprendente, più questo è
basso e più è probabile che faccia ricorso al transfer. Dipende anche dal livello di analisi
della lingua in cui l’apprendente trova il problema, il transfer avviene infatti molto
frequentemente a livello fonetico e lessicale. Un’altra strategia è l’ESTENSIONE
ANALOGICA per cui appresa una regola essa viene sopraestesa a contesti in cui non va
applicata → es. futuro in italiano o passato in inglese → estendere la regola generale porta a
degli errori per le forme irregolari. Il confronto con l’input standard o eventuali correzioni
fanno poi rientrare le sovrestensioni.
Altra strategia è quella in cui l’apprendente evita una struttura che non è capace di utilizzare
(evitamento).
Strategia analitica→ l’apprendente non usa la forma corretta che gli risulta complessa, non
evita la forma ma crea una struttura che sostituisce quella originale in un modo piu
semplificato → ES. se il futuro (aiuterà) è molto complesso, lo può sostituire con una forma
di tipo analitico (sarà aiuto).
Nelle fasi iniziali sono state individuate istanze di SEMPLIFICAZIONE LINGUISTICA,
corrispondenti ad una graduale complessificazione e passaggio da regole generali a regole
più grammaticali. Questi studi però mascherano la realtà del processo che è in realtà molto
complesso e l’apprendente in tutta l’evoluzione va piano piano d acquisire le complessità.
STRATEGIA TOPIC-COMMENT → topic - elemento principale / comment: elemento
aggiunto rispetto ad un topic dato, che precede il comment. Quando nascono le prime
combinazioni (topic-comment), l’apprendente sta utilizzando strategie pragmatiche -
semantiche e non sintattiche.

SEQUENZE DI ACQUISIZIONE
Riguardano alcuni ambiti particolari delle lingue, in particolare la morfologia delle lingue
flessive e la sintassi. Ordini precisi nei quali si susseguono le conoscenze di un determinato
ambito → A>B>C>D (D implica C, C implica B ecc.) Il primo a comparire è A e solo dopo
che A si è formato comparirà B e cosi via. Per tutti gli apprendenti e per tutte le lingue vi
sono le stesse sequenze di acquisizione, qualunque siano la lingua di arrivo e di partenza.
Questi ordini hanno una natura implicazionale, quindi un elemento prevede che ce ne sia
uno che lo precede prima di formarsi. Queste sequenze spesso coincideranno con universali
statistici delle lingue umane.

UNIVERSALI LINGUISTICI E MARCATEZZA


Si sono riscontrate in parecchi settori (negazione, relative ecc) SEQUENZE
ACQUISIZIONALI analoghe→ si è così fatto appello ai cosiddetti universali linguistici e
marcatezza, intesi però secondo due accezioni: scuola generativa e tipologica. In ambito
generativo si rimanda alla GU che comprende principi e parametri e condiziona la forma di
ogni grammatica particolare, anche quella delle interlingue. Alcune regole sarebbero
‘centrali’, ‘non marcate’, dunque apprese prima. Per il filone tipologico-funzionale gli
universali vengono invece intesi come generalizzazioni astraibili attraverso indagini condotte
su ampi campioni di lingue geneticamente diverse. L’esame tipologico ha condotto spesso a
formularli come implicazioni, del tipo → UNIVERSALI 36 e 43 di GREENBERG:
36) se una lingua ha la categoria del genere ha sempre la categoria del numero e non
viceversa
43) se una lingua ha il genere nel nome ha sempre le categorie di genere nel pronome e
non viceversa (lui, lei, libro, casa).
Negli studi sull’interlingua si è notato che si acquisisce prima l’apposizione del numero e poi
quella di genere. Il genere compare per primo nel pronome, solo dopo anche nel nome.
La teoria della marcatezza nelle interlingue prevede che si apprenda prima quanto è meno
marcato.

FATTORI LINGUISTICI CHE INCIDONO SULL’APPRENDIMENTO


Dopo le prime fasi governate da principi cognitivi e semantico-pragmatici universali,
l’apprendente si indirizza verso le strutture + salienti e ricorrenti della L2, quali emergono
dall’analisi del suo INPUT. In tale processo si lascia guidare dai principi di TRASPARENZA e
NATURALEZZA, imparando dapprima oltre ai lessemi + utili e frequenti, anche alcune
strutture sintattiche e poi morfologiche di L2 dal valore funzionale e semantico chiaro e
univoco (principio una forma una funzione), con confini chiari tra morfemi (trasparenza
morfotattica) e chiara composizionalità del significato (trasparenza morfosemantica). Tali
principi corrispondono a parametri di “naturalezza” invocati dalla morfologia naturale, i quali
conoscono sia una validità generale, sia un adattamento al singolo sistema linguistico → ad
es. per una lingua flessiva come l’italiano sarà piu naturale che una categoria come quella
del tempo e del numero abbia un riflesso morfologico, flessivo, di quanto lo sia per il cinese,
lingua isolante quasi priva di morfologia.

LA LINGUA MATERNA
Il concetto di TRANSFER(T) nell’ambito dell’acquisizione designa l’influsso che la L1 o altre
lingue note esercitano sul sistema di L2 in formazione. Dopo il superamento dell’Ipotesi
contrastiva, che esaltava il peso di L1 nel ritardare l’acquisizione o causare errori di
interferenza (transfer negativo) in caso di differenze con la L1, il ruolo della lingua materna è
stato ridimensionato, se non negato, dai sostenitori dell’IPOTESI DELL'IDENTITÀ, smentiti
poi da dati empirici. E stato rinnovato l’interessa per il transfer in chiave cognitiva ed è stato
proposto il termine di INFLUSSO INTERLINGUISTICO. Le nuove definizioni proposte
riconoscono il transfer un meccanismo cognitivo basilare, uno strumento euristico nella
scoperta delle proprietà formali della nuova lingua, un filtro che determina la percezione e la
ritenzione di certi tratti della L2 da parte dell’apprendente, una serie di restrizioni imposte
dalle conoscenze preesistenti sui domini da cui si selezionano le ipotesi sui nuovi dati. I
transfer finora analizzati si situano a tutti i livelli linguistici, specialmente in fonologia e nel
lessico. Il transfer si manifesta in modo palese con il trasferimento in L2 di tratti della L1, o
più sotterraneamente con evitamento o ritardo nell’acquisizione di tratti molto divergenti.
Normalmente il transfer non sconvolge le sequenze acquisizionali. Diversamente da quanto
prevede l’approccio contrastivo,l’influsso della L1 è piu frequente laddove è ridotta la sua
distanza da L2.

CAP.3 LE CARATTERISTICHE DELL’APPRENDENTE


FATTORI INTERNI
Tra i fattori che interagiscono con lo sviluppo della competenza uno dei più importanti è
sicuramente l’età dell’apprendente→ i bambini apprendono con facilità una L2 e
raggiungono risultati migliori nei livelli di acquisizione delle regole fonetiche di una lingua. Gli
adolescenti/adulti invece ottengono risultati migliori negli ambiti che appartengono all’uso
consapevole delle regole sintattiche e pragmatiche di una L2. Gli studi in ambito neurologico
hanno mostrato che il cervello si specializza nell’assolvere a determinate funzioni secondo
un processo che viene definito LATERALIZZAZIONE → questo processo rispetta i tempi
della maturazione psicologica dell’individuo. La lateralizzazione linguistica è un fenomeno
indispensabile per il pieno controllo della FUNZIONE LINGUISTICA, le due iniziano nello
stesso periodo e una volta terminato il processo diventa molto difficile, se non impossibile,
acquisire una lingua.
ETA CRITICA → periodo coincidente con il compimento del processo di lateralizzazione. In
letteratura vi sono due posizioni: una che individua un’unica età critica in relazione
all’apprendimento linguistico, l’altra invece sostiene l’esistenza di più età critiche ognuna
delle quali condiziona particolari settori dello sviluppo linguistico.
prima ipotesi: età 10-12 anni, processo di apprendimento di L1 o L2 che avviene in modo
naturale, senza sforzo, dopo l’individuo perderebbe la plasticità mentale.
seconda ipotesi: ogni abilità linguistica ha una propria soglia critica. La prima ad affermarsi è
quella relativa alla fonetica, seguita da quella sintattica e infine quella relativa agli aspetti
semantici e pragmatici.

L’ATTITUDINE
Attitudine personale di un individuo allo studio delle lingue. Una predisposizione legata al
carattere, ad abilità piu linguistiche (discriminazione dei suoni), spiccata sensibilità
grammaticale, ecc.. L’attitudine è composta da piu attitudini specializzate, ognuna
corrispondente ai livelli fonetico, lessicale, sintattico e stilistico di una lingua. L’attitudine allo
studio delle lingue è qualcosa di INNATO e di acquisito allo stesso tempo. Dal punto di vista
della didattica delle lingue non è possibile addebitare gli insuccessi dell’apprendente
semplicemente all’attitudine all’apprendimento. → PREDISPOSIZIONE INNATA +
AMBIENTE CHE FAVORISCE L’APPRENDIMENTO

LA MOTIVAZIONE
Vi sono due categorie: motivazione culturale / motivazione strumentale. Le motivazioni
culturali muovono l’apprendente verso la L2 sulla base di interessi genericamente culturali,
in questo ambito rientra la MOTIVAZIONE INTEGRATIVA → spinta dell’apprendente verso
un inserimento nella società ospite (es. un immigrato), o chi vuole imparare una lingua di
cultura per motivi di lavoro. MOTIVAZIONE INTRINSECA→ spinte intrinseche alla lingua
che si vuole apprendere (ad es. il francese perché suona bene). Si ha motivazione intrinseca
anche quando si impara una lingua per poterne leggere i testi (es. la letteratura russa). Un
altro tipo di mot. intrinseca è quella legata alle diverse situazioni di apprendimento: ad es.
metodologie didattiche piu interessanti o stimolanti.
MOTIVAZIONI STRUMENTALI→ legate al desiderio di un apprendente di raggiungere
specifici obiettivi. Si ha motivazione strumentale generale quando l’apprendente è motivato
dalla necessità di trovare lavoro, per conseguire un titolo di studio, per migliorare la propria
condizione sociale, obiettivi che richiedono un certo periodo di tempo per essere raggiunti.
Es tipico: immigrato x esigenze lavorative.
Un secondo tipo di motivazione strumentale è quello che spinge l’apprendente a migliorare
le competenze in L2 per superare un ostacolo, un test o un’interrogazione.
La spinta alla ricerca di un lavoro o quella di riuscire a superare un ostacolo sembrano
motivazioni piu forti, però tendono a durare meno a lungo. Le motivazioni strumentali sono
molto piu forti nel breve periodo, ma tendono a cedere il passo a quelle culturali se si
considerano lassi di tempo piu lunghi.

STILI COGNITIVI
Strategie e operazioni mentali che l’apprendente mette in atto, piu o meno
consapevolmente.
DICOTOMIA → STILE COGNITIVO DIPENDENTE DAL CAMPO / INDIPENDENTE DAL
CAMPO. Gli individui con stile cognitivo dipendente dal campo sono portati ad elaborare le
informazioni tenendo conto del contesto (fattori contestuali) e riescono ad isolare con
difficoltà i fenomeni dal loro contesto. Gli individui indioendenti dal campo invece riescono ad
elaborare le informazioni in modo analitico isolandole facilmente una alla volta dal contesto
in cui esse appaiono. Lo stile cognitivo si rivela attraverso un test centrato sul
riconoscimento di una figura geometrica presente in un disegno in cui sono sovrapposte
altre figure.
Vari studi hanno rilevato una correlazione → successo nell’apprendimento → indipendente
dal campo → INTELLIGENZA FLUIDA → successo nell’apprendimento linguistico →
capacità di elaborare le strategie alternative al momento → competenza comunicativa.

FATTORI AFFETTIVI
Sono un FILTRO che si attiva o disattiva lasciando passare maggiori o minori quantità di
informazione. Tra questi fattori rientra il livello di ANSIETA - si parla di ANSIA LINGUISTICA
ogni qualvolta un individuo reagisce nervosamente nelle situazioni che richiedono l’utilizzo di
una L2. Individui + attenti alla forma → ansia per le regole / individui + attenti al contenuto →
ansia per il passaggio di informazioni. L’ansia generalmente influisce negativamente
inibendo l’apprendente, studi hanno dimostrato che i + ansiosi sono però quelli che
ottengono risultati migliori in L2. Alpert e Harber distinguono tra:
● ANSIA FACILITANTE: quando rimane sotto una certa soglia, l’apprendente è attento
e concentrato e dunque apprende piu agevolmente.
● ANSIA DEBILITANTE: penalizza l’apprendente limitandone le possibilità di progredire
nell’appr.
Tra i fattori affettivi rientra anche la PERSONALITÀ di un individuo, è diffusa la convinzione
che le persone estroverse siano quelle che apprendono con più facilità una L2.
Ellis definisce così il buon apprendente: sa rispondere alle dinamiche di un gruppo senza
sviluppare ansietà o inibizioni, approfitta di tutte le occasioni per utilizzare la L2, sfrutta le
occasioni di comunicazione in L2, ha una forte motivazione ad imparare e si adatta a tutte le
situazioni di apprendimento.

FATTORI ESTERNI
Fattori sociali- per fattori sociali si intendono le caratteristiche dell’ambiente in cui vive
l’apprendente ed il suo stile di vita che si correlano con l’esito del processo di apprendimento
di L2. Per quanto riguarda l’ambiente in classe è fondamentale il lavoro dell'insegnante nel
motivare gli allievi al perseguimento degli obiettivi, rispettarne i bisogni formativi, lavorare
tenendo conto delle caratteristiche di ogni singolo allievo → tutti devono avere le stesse
opportunità di usufruire dell’Input. Nel caso in cui l’apprendente impari la lingua nel paese
nativo occorre tenere conto anche del tempo che passa fuori dalla classe, fortemente
correlato con i successi o gli insuccessi che si ottengono in classe. è importante che
l’insegnante accompagni la sua valutazione degli allievi con una descrizione della situazione
ambientale dove maturano i loro risultati. L’obiettivo è quello di rapportae gli esiti della
competenza linguistica con indicatori socio-culturali, per una lettura piu adeguata dei risultati
ottenuti.
RAPPORTO TRA AMBIENTE SOCIALE ED APPRENDENTE → ES. di un immigrato per
lavoro → è logico che un apprendente con una condizione sociale soddisfacente dal punto
di vista economico avrà minori difficoltà ad apprendere una lingua straniera. Il rapporto non
è però di causa-effetto, piuttosto è ipotizzabile che molte delle difficoltà nell’apprendimento
siano dovute ad un DISAGIO SOCIALE degli apprendenti.

MODELLO MULTIDIMENSIONALE (Prog. Zisa)


Fine anni ‘70 - formulato per analizzare l’acquisizione del tedesco L2 da parte di lavoratori
immigrati italiani e spagnoli in Germania. Questo modello prevede due dimensioni nelle
tappe di acquisizione del tedesco → la prima EVOLUTIVA è determinata da FATTORI
COGNITIVI UNIVERSALI, mentre quella VARIABILE è frutto dei fattori socio-psicologici
legati al rapporto che l’apprendente ha con la comunità ospite. Dunque, nelle tappe di
acquisizione si hanno regole immutabili legate a fattori cognitivi universali ed apprese da
tutti, e regole che variano, frutto della dimensione psico-sociale dell’apprendimento. E’
emerso che gli apprendenti piu normativi e con i risultati migliori erano coloro che avevano
intenzione di restare piu a lungo in Germania, che utilizzavano la L2 anche in famiglia e che
mostravano piu apertura e voglia di integrazione verso la comunità ospite. Modello simile per
l’italiano→ GLOTTOKIT PER STRANIERI, si compone di una prima parte dove attraverso gli
indicatori selezionati è possibile stabilire il livello socio-culturale dell’apprendente, nella
seconda parte invece attraverso una serie di prove linguistiche viene stabilito il suo livello
linguistico. L’analisi dello stadio di apprendimento linguistico viene fatta quindi incrociando
VARIABILI CULTURALI e VARIABILI LINGUISTICHE.
L’INPUT LINGUISTICO
è tutto il materiale linguistico a disposizione dell’apprendente, non si progredisce nella L2 se
non si è esposti ad input. Non tutto l’input diventa INTAKE (regole della L2 apprese ed
utilizzate correttamente). L’input nell’apprendimento spontaneo → correlazione tra la
ricchezza dell’input e la dimensione ed il numero delle regole strutturate all’interno
dell’interlingua di un apprendente. Avere a disposizione un input ricco permette di progredire
piu velocemente, un input povero di forme e contenuti invece rende difficile lo sviluppo della
competenza.
2 aspetti da cui nasce l’input: 1- le caratteristiche strutturali dell’input, come la qualità e la
salienza dei tratti fonetici, il tipo e la quantità di lessico, le regole sintattiche e l’adeguatezza
delle corrispondenze implicite del messaggio linguistico con le informazioni comunicative. 2-
l’attività metalinguistica dell’apprendente compie per segmentare, analizzare e selezionare i
tratti linguistici in entrata. Nel COMPITO DI ANALISI l’apprendente deve trasformare una
massa informe di suoni in unità aventi un significato, veicolato dall’interlocutore, per fare ciò
egli si avvale da un lato di tutta la competenza linguistica in L2 e delle conoscenze acquisite
in L1 e dall’altro di quella NON LINGUISTICA comprendente le conoscenze enciclopediche
derivate dalla conoscenza degli usi e costumi della società ospite. Sulla base dei dati ricavati
dall’input l’apprendente costruisce le regole della sua interlingua. Un input troppo complesso
è un ostacolo ai fini dell’apprendimento, può portare a blocchi nella competenza ed a
fossilizzazione di regole devianti.

FOREIGN TALK → INPUT SEMPLIFICATO


1) eloquio più enfatico e rallentato
2) utilizzo di vocaboli piu brevi, piu comuni, piu elementari
3) utilizzo di frasi della struttura sintattica piana e trasparente
4) tendenza a privilegiare i concetti basilari
Il FT è un registro universale e le caratteristiche non variano al variare della lingua. Utilizzare
il FT è di solito una forma di cortesia nei confronti dell’apprendente e può favorire il
passaggio di informazioni. Il rischio dell’uso prolungato del FT è fossilizzare le conoscenze
dell’apprendente sulle poche regole utilizzate.

L’Input nell’apprendimento guidato→ da un punto di vista quantitativo l’input deve essere si


ricco, ma in maniera controllata ed adatta al livello di lingua degli apprendenti. L’insegnante
deve giudicare anche qualitativamente l’input da proporre, ovvero parliamo di contenuti dei
testi proposti agli allievi che dovranno essere rappresentativi della ricchezza strutturale e
funzionale dei testi che circolano nella comunicazione extradidattica. L’input non deve
essere né troppo ricco né troppo povero rispetto alle capacità linguistiche degli allievi a cui è
rivolto. Il problema dell’ADEGUATEZZA DELL’INPUT è stato affrontato soprattutto d krashen
che ha posto la COMPRENSIBILITA dell’input al centro dell’acquisizione. Egli definisce
INPUT COMPRENSIBILE il linguaggio che è ad un livello di difficoltà i+I, dove i sta per il
livello di competenza raggiunto in quel momento. L’input comprensibile è quindi costituito da
quei discorsi che riusciamo a comprendere nella parte dei contenuti generali o nella
maggioranza del lessico, ma che contengono parte del lessico e di strutture che sono ad un
livello leggermente superiore a quello in cui ci troviamo.
L’insegnante deve dunque tarare il livello di difficoltà dell’input da proporre ai suoi
apprendenti. Ai fini del processo di apprendimento è preferibile un input piu controllato, piu
efficace di un input ricco che potrebbe risultare difficile da gestire.

BISOGNI, METE E OBIETTIVI

I BISOGNI COMUNICATIVI DEGLI APPRENDENTI

Nel processo di insegnamento e apprendimento ci sono tre elementi dinamici:

1. soggetto (apprendente)
2. agente (insegnante, processi, mezzi)
3. oggetto dell'insegnamento: la lingua

L’apprendente o destinatario del processo di insegnamento deve essere considerato nella


sua dimensione soggettiva di apprendente, infatti solo vedendo la realtà dal suo punto di
vista, analizzando cioè i suoi bisogni comunicativi, le sue motivazioni all’apprendimento della
lingua stranitera, le sue aspettative in termini di metodologie e contenuti, è possibile
individuare le mete e gli obiettivi glottodidattici alla base della progettazione del curricolo
piùadatto alle sue esigenze. Quindi il punto di partenza del percorso è proprio
l'identificazione dei bisogni dell'apprendente. Questi concetti di bisogni, motivazione,
aspettative, estranei all’approccio grammaticale-traduttivo ed anche a quelllo
strutturale-meccanicistico, sono stati introdotti dalla didattica comunicativa che pone il
discente al centro dei processi di apprendimento/insegnamento, cambiando i modi di
disegnare ed affrontare tali percorsi.

Il progetto “ Lingue moderne del Consiglio d'Europa” tra la fine degli anni settanta e ottanta
ha lavorato sulle misure di insegnamento. Il soggetto, l'apprendente, viene posto al centro,
questo significa ricordare al docente che ogni percorso di insegnamento va rimodulato,
ricalibrato sulla base dei soggetti con cui si troverà a lavorare.

I bisogni sono:

1. dinamici, e non statici: vanno sempre rimodulati perché nell'arco di un percorso di


formazione, i bisogni dell'apprendente potrebbero cambiare.
2. I bisogni, a volte, non sono espressione della libertà individuale del soggetto: il
soggetto esprime dei bisogni che sono condizionati dal contesto in cui vive o dagli
obiettivi che vuole raggiungere ( ambito professionale…). Non sempre la scelta è
autonoma.

Se dunque si pone l'apprendente al centro delle scelte che determineranno gli obiettivi
glottodidattici, la prima fase operativa consisterà nell'identificazione dei suoi bisogni
comunicativi in L2, a livello globale e grammaticale-retorico.

Il livello di ANALISI GLOBALE si basa sulle seguenti variabili:

1. le situazioni comunicative in cui apprendenti si troveranno ad agire in L2 (spazio,


tempo e ruoli degli interlocutori )
2. gli atti linguistici relativi alle funzioni comunicative che dovranno svolgere in L2
3. le motivazioni allo studio della L2 ( professionali o culturali)
4. le abilità linguistiche che saranno loro più utili
5. i tipi di testo che dovranno produrre o decodificare ( leggere, scrivere o ascoltare)
6. i contenuti con cui dovranno confrontarsi
7. le loro aspettative e le loro abitudini di studio ( cosa pensano di ottenere)
8. i loro stili di apprendimento e le loro preferenze in termini di metodologia didattica:
dipendono da soggetto a soggetto ed allo stile di apprendimento. Bisogna evitare la
ripetitività dell'offerta didattica per poter venire incontro a stili di apprendenti
diversi e soddisfare i bisogni dell'apprendente.

Il livello di ANALISI GRAMMATICALE-RETORICA si basa invece su:

1. Le caratteristiche linguistiche e retoriche dei testi che gli apprendenti dovranno


produrre o decodificare
2. le forme linguistiche più frequenti nelle situazioni in cui si troveranno a interagire.

La rilevazione dei bisogni dell'apprendente, se gli apprendenti sono in grado, può essere
fatta attraverso la somministrazione di un QUESTIONARIO. Diversamente saranno
sottoposti ad un'intervista ( per motivi di età, se non si conosce la lingua…)
ES: Questionario ideato dall’università: Fondo Europeo per l’integrazione di cittadini di Paesi
Terzi. Un questionario che permetteva agli apprendenti di accedere ad un corso per saper
gestire la lingua e accedere ai servizi sanitari territoriali e conoscere i propri diritti e doveri
sulla sicurezza sul lavoro. (BISOGNI)

I “LIVELLI SOGLIA”

Per livello soglia si intende un livello minimo di competenza linguistica, grazie al quale
i discenti saranno in grado di sopravvivere, dal punto di vista linguistico, in un paese
straniero e di stabilire e mantenere i contatti sociali con parlanti nativi.

Sono il frutto del lavoro di alcuni gruppi di ricercatori che si sono concentrati verso la fine
degli anni ‘70 e gli inizi degli anni ‘80 sulla redazione dei contenuti di un SILLABO che
potesse essere il più adeguato possibile. Sono gli anni in cui forte è l'idea di lingua come
comunicazione, azione e funzione.

Un esempio può essere il “ livello soglia” elaborato per l'italiano L2 da Nora Galli de Paratesi
nel 1981. Il gruppo di riferimento, formato da apprendenti adulti che intendono trascorrere
periodi più o meno lunghi in, è ulteriormente suddiviso in 6 sottogruppi:

1. visitatori senza scopo di lavoro


2. studenti di italiano in università estere o italiane
3. studenti di altre materie presso università italiane
4. tecnici venuti in Italia per corsi di addestramento professionale
5. commercianti che vengono in Italia per affari
6. studiosi che vengono in Italia per scopo di ricerca
7. Oggi potremmo aggiungere gli immigrati

Dati questi destinatari, viene fatta l'analisi dei loro bisogni comunicativi sulla base delle
componenti delle interazioni che si troveranno ad affrontare in L2. In base ai bisogni quindi si
struttura L’OFFERTA FORMATIVA.

- argomenti ( lessico di base o lessico specialistico?)

- ruoli sociali e psicologici degli interlocutori (interazione fra pari o superiore-


Inferiore?)

- situazionI ambientali ( Dove si svolge l'interazione?)

- attività linguistiche ( orali o scritte? ricettive o produttive?)

METE EDUCATIVE

Durante il percorso formativo l'apprendente raggiungerà una serie di stati successivi, non
solo trasformando la propria competenza linguistica in L2 ma anche la propria personalità. Il
docente di lingua ha il compito di guidare il percorso di apprendimento e potenziare le
capacità individuali dei propri studenti. Le finalità dell'apprendimento, chiamate METE, non
sono verificabili in maniera diretta ma sostanziali nel percorso di apprendimento, quindi
nell'organizzazione bisogna avere degli OBIETTIVI, che possono essere GENERALI o
SPECIFICI.

Le mete educative sono quei processi che permettono al apprendente di avvicinarsi


ad altri aspetti della lingua stessa:

1. Socializzazione: La socializzazione rappresenta la prima meta educativa fin


dall'infanzia. Noi tutti siamo inseriti in un contesto sociale: e l'interazione con gli altri
che ci spinge ad usare le lingue. Bisogna quindi sollecitare l'apprendimento della
lingua straniera come veicolo di socializzazione ed integrazione;
2. Autopromozione: L'autopromozione è la gratificazione che l'apprendente ha nel
momento in cui vede che la lingua migliora e osserva un processo di crescita
personale che porta ad un miglioramento lavorativo e/o sociale;
3. Culturizzazione: Apprendere significa anche entrare in un mondo culturale nuovo.
La lingua è un veicolo di interazione e scoperta di una visione del mondo;
4. Relativismo culturale: Conoscere nei suoi vari aspetti non solo la lingua e la cultura
ma anche il modo di vivere e di pensare di un popolo diverso dal proprio può avere
effetti profondi sulla personalità dell'individuo. Dietro ogni parola un modo di dire c'è
un modo di vedere la realtà che l'insegnante dovrebbe proporre come STIMOLO.

METE GLOTTODIDATTICHE

Sono le mete specifiche dell'educazione linguistica che si rifanno alle valenze fondamentali
della lingua e alle funzioni linguistiche che le realizzano.

VALENZE

Secondo Freddi la lingua ha 4 proprietà specifiche che si traducono in altrettante mete


glottodidattiche generali a lungo termine:

a) Valenza comunicativa: corrisponde alla proprietà originaria della lingua;

b) Valenza pragmatica: rimanda al concetto di lingua come azione sociale, nella


comunicazione linguistica non soltanto vi è una trasmissione di messaggi ma un
AGIRE; La lingua non è una semplice verbalizzazione di concetti e
significati che devono essere comunicati ma nel comunicare si agisce
sull'ambiente circostante;

c) Valenza matetica: proprietà della lingua di trasmettere cultura;

d) Valenza espressiva: permette di esprimere le proprie idee, sensazioni, emozioni


( gestualità, voce, modulazione)

Le valenze non sono isolabili, ma si combinano variamente tra loro e possono essere
riconosciute in quelle che sono le funzioni comunicative, ovvero gli scopi di azione sociale
ed espressione personale. (Balboni). Freddi colloca le funzioni della lingua fra le mete
specifiche dell’educazione linguistica, piuttosto che fra gli obiettivi, siccome le
valenze sono copresenti in ogni funzione in misura diversa e quindi il raggiungimento
di queste mete si può riscontrare nel comportamento globale del soggetto ma non è
misurabile tramite prove oggettive di controllo di language testing.

MODELLO FUNZIONALE DI JAKOBSON (‘60)

Jakobson analizza le componenti della comunicazione: Un EMITTENTE che deve trasferire


un messaggio a qualcuno, il DESTINATARIO. Questo messaggio fa riferimento a qualcosa
(REFERENTE) e per essere codificato bisogna scegliere il CANALE da utilizzare (orale,
visivo o scritto)

Partendo da queste componenti della comunicazione, Jakobson rileva la realizzazione di


diverse funzioni comunicative, scopi della comunicazione legati a quella particolare
componente.

EMITTENTE: FUNZIONE EMOTIVA

DESTINATARIO: FUNZIONE CONATIVA, ATTRATTIVA

CANALE: FATICA ( Si realizza quando l'emittente verifica durante la produzione, se ci sono


problemi. ES: “mi senti?)

CODICE: FUNZIONE METALINGUISTICA

REFERENTE: FUNZIONE REFERENZIALE (orientata sul soggetto della comunicazione)

MESSAGGIO: FUNZIONE POETICA

Nella sociolinguistica degli anni ‘70, Hymes ha rielaborato e integrato il modello di Jakobson
dopo un’attenta riflessione sulle componenti della comunicazione.

MODELLO SPEAKING di Hymes

Mentre nel modello di Jakobson vi sono solo emittente e destinatario, hymes individua vari
partecipanti: parlante, e emittente, ascoltatore, pubblico o destinatario. Secondo Hymes
bisogna distinguere tra l'emittente, colui che formula il messaggio e il parlante cioè colui che
lo annuncia. Si può essere ascoltatori anche senza essere il destinatario nella
comunicazione.

S: situation: situazione composta dalla localizzazione e dalla scena

P: participants: il parlante e l’ascoltatore, emittente e pubblico

E: ends : obiettivi raggiunti (risultati) e obiettivi in vista (mete)

A: act sequence: forma e contenuto del messaggio


K: key: chiave, cioè il tono, l’espressività con cui si parla, grazie al quale codifichiamo il
messaggio, lo interpretiamo

I: instrumentalities: canale e codice

N: norms: nome di interazione e di interpretazione

G: genres: genere testuale

OBIETTIVI GLOTTODIDATTICI

Se le mete costituiscono finalità lungo termine non direttamente verificabili legate


all'attivazione di processi e strategie mentali, gli obiettivi oltre ad essere specifici
dell'Istruzione linguistica, sono più circoscritti e direttamente verificabili, costituendo lo
scopo di un preciso atto di istruzione. Ogni obiettivo glottodidattico è finalizzato allo
sviluppo della capacità di esecuzione di abilità, operazioni linguistico- comunicative e
competenze.

ABILITà

Il primo degli obiettivi glottodidattici consiste nel mettere in grado lo studente di fare lingua
attraverso lo sviluppo delle sue abilità linguistiche (skills)

ABILITà DI BASE:

1. Produzione orale
2. produzione scritta
3. Comprensione orale
4. comprensione scritta

Se si tiene conto dei canali comunicativi, del coinvolgimento di emittente e ricevente, dei
diversi sistemi linguistici e degli interlocutori che entrano in gioco nelle abilità linguistiche vi
sono altre quattro abilità:

1. Abilità orali, scritte, scritte-orali: Le abilità orali sono quelli che riguardano i canali
uditivo e fonatorio, mentre per le abilità scritte si intendono le abilità legate alla lettura
e alla scrittura.
2. Abilità ricettive, produttive: Il percorso parte dallo sviluppare prima una
competenza ricettiva, che va stimolata e verificata, e poi un competenza produttiva.
Vi sono però delle abilità dove si combinano produzione e ricezione: ad esempio
RIASSUMERE che richiede le capacità di lettura e comprensione e poi anche
scrittura e produzione.
3. Abilità manipolative e interattive: Le abilità manipolative permettono
all'apprendente di agire sulle strutture di superficie di un testo in lingua straniera ad
esempio come trasformare i verbi al passato o volgere i nomi al plurale; le abilità
interattive coinvolgono due o più interlocutori ad esempio attraverso un dialogo.
4. Abilità intralinguistiche e interlinguistiche: Le abilità intralinguistiche riguardano
una sola lingua ( la L1 o L2) e interlinguistiche in cui interagiscono più lingue.
(traduzione o interpretariato)

Un ulteriore obiettivo glottodidattico consiste nel “saper fare con la lingua”: bisogna
rapportare le conoscenze grammaticali e lessicali di cui si dispone a un reale uso
contestualizzato. Quindi conoscere come il contesto e gli interlocutori condizionino la
selezione di una determinata forma.

ES: imperativo di cortesia in italiano. “Le dispiacerebbe venire qui?” - È una forma che lascia
la possibilità al parlante e all'ascoltatore di preservare la propria faccia positiva o negativa.
L'uso del registro formale permette all'apertura di una risposta negativa quindi si lascia
all’interlocutore il margine di rispondere negativamente.

Una guida per l'organizzazione delle operazioni linguistico-comunicative in classe può venire
dai sillabi nozionali-funzionali, come i “livelli soglia”. La prima sezione del livello soglia per
l'italiano intitolata “atti comunicativi” per esempio è suddivisa in 6 capitoli (macroaree):

1. Convenzioni sociali
2. tecniche della comunicazione
3. stati emotivi, sentimenti
4. progetti di azione
5. comunicazioni e opinioni
6. atti di risposta non specifici

Il capitolo “convenzioni sociali” contiene una serie di atti comunicativi che riguardano
l'interazione sociale:

1. Iniziare un contatto
2. chiudere un contatto
3. Ringraziare
4. congratularsi
5. augurare
6. fare le condoglianze
7. scusarsi
8. Brindare

Ogni atto comunicativo viene espresso con una o più espressioni ( esponenti linguistici).

COMPETENZE

Le competenze sono legate all'uso della lingua, quindi una competenza che ci guida nel
saper utilizzare la lingua in modo adeguato secondo il contesto e gli interlocutorI.

1. COMPETENZA D’USO: consiste nel sapere la lingua e saperla integrare con altri
codici disponibili per la comunicazione.La competenza d'uso va dalla competenza
linguistica (struttura del sistema) alla competenza paralinguistica (saper gestire tono
e intonazione) alla competenza extralinguistica (legato a elementi come il movimento
del corpo, prossemica: contatto o distanza nell’interazione) fino a quella
socio-pragmatica (strategica, culturale).
2. COMPETENZA SULL’USO: È la conoscenza degli usi della lingua a livello implicito e
esplicito
3. COMPETENZA MICROLINGUSTICA: Legata all'uso e alla competenza specifica di
alcune varietà di lingua settoriali che presentano lessici peculiari E talvolta
predilezione per alcune strutture morfosintattiche rispetto ad altre
4. COMPETENZA TRADUTTIVA: Competenza interlinguistica
5. COMPETENZA CROSS-CULTURALE: Capacità dell'insegnante di lingua di aprire gli
orizzonti dal punto di vista culturale. Esiste un rapporto di convenzionalità tra fatti
culturali e il modo in cui vengono gestiti all'interno della comunità linguistica.

PROGRAMMAZIONE DIDATTICA

La programmazione didattica può essere definita come la costruzione di un itinerario che, in


di determinati obiettivi, individui il metodo, le tecniche, e i materiali didattici più adeguati per
raggiungerli. I medesimi obiettivi possono essere conseguiti nei modi più diversi, né è
possibile decidere in astratto quali siano i percorsi migliori da mettere in atto nella
programmazione.

Non ci si può accostare alla programmazione didattica se non si è prima condotto un lavoro
di verifica dei bisogni dell'apprendente e l'identificazione degli obiettivi; poi si passa a
individuare il modo per raggiungerli. Programmare significa quindi selezionare dei
contenuti da produrre nel corso e selezionare uno o più metodi, tecniche, materiali e
strumenti.

L'insegnante deve tenere conto:

1. dell'età degli allievi e dunque del loro sviluppo cognitivo


2. del tempo a disposizione e la sua distribuzione o concentrazione in un periodo
di durata più o meno ampia
3. delle risorse utilizzabili: strumentazione tecnica disposizione, biblioteche,
possibilità di utilizzare materiale fotocopiato, Fino allo stesso ambiente fisico
in cui si svolgerà l'attività didattica ( l'aula con le sue caratteristiche, che si
possono rivelare più o meno adeguate per determinate attività)

SILLABO

Non è facile per l'insegnante scegliere cosa fare e contenuti da selezionare ( cioè Il Sillabo)
per un corso di lingua. Infatti in questa scelta bisogna tenere conto:

- delle condizioni di partenza degli allievi, la loro età e il livello del corso
Anche nell'insegnamento di una lingua straniera l'allievo non parte mai da zero, gli allievi
hanno sempre un'immagine un'idea dell' oggetto di insegnamento.

a) l'apprendimento di qualunque lingua diversa da quella materna si innesta su quel


dispositivo mentale innato che consente l'acquisizione della lingua materna e
l'apprendimento di altri codici

b) le lingue sono sempre meno Straniere le une rispetto alle altre: strutturate
secondo principi largamente affini

c) ogni parlante può avere già un'idea della lingua chi si appresta a studiare: pur
senza capirla, può averla sentita parlare per caso ho averne percepito
visivamente testi scritti.

- degli obiettivi del corso, che possono essere di tipo generale oppure specifici
cioè destinati a sviluppare competenze abilità di determinati ambiti lavorativi o
settori professionali e quindi possono richiedere l’insegnamento di un lessico
specifico, ad esempio linguaggio economico o linguaggio della moda ecc

- del tempo a disposizione per la realizzazione del corso, cioè il monte ore
complessivo previsto per la realizzazione del corso

L'insegnamento linguistico tradizionale dava spazio quasi esclusivamente a sillabi centrati


sulle strutture linguistiche, cioè a SILLABI definiti FORMALI, aventi come obiettivo la sola
acquisizione di regole grammaticali (infatti anche definiti SILLABI GRAMMATICALI).

Bisogna però tenere conto del fatto che oltre ad una competenza linguistica bisogna
sviluppare anche una competenza comunicativa: quindi questo ha portato alla nascita dei
cosiddetti SILLABI FUNZIONALI, organizzati tenendo conto delle principali funzioni
pragmatiche. I sillabi funzionali sono spesso definiti nozionali-funzionali: in ogni lingua infatti
vi sono delle costanti nozionali ad esempio i modi per esprimere il tempo o la durata delle
azioni, per esprimere l'atteggiamento dei locutori nei confronti del contenuto dei propri
enunciati. Sono stati proposti anche SILLABI PROCESSUALI centrati su particolari attività e
compiti, per esempio saper leggere e utilizzare una mappa, costruire itinerari ecc.

In linea generale, anche in pedagogia, per quanto riguarda la gradazione dei contenuti si è
soliti partire da ciò che è piùsemplice per poi arrivare a ciò che è piùcomplicato, in modo
che le conoscenze nuove si innestino su quelle gia possedute dagli apprendenti.

Un’altra distinzione che possiamo fare è quella tra SILLABO LINEARE che è un programma
che individua una serie di contenuti della formazione e li organizza graduandoli e
disponendoli in modo che una volta trattato quell'argomento non si torni più indietro. Questo
programma è pessimo per l'acquisizione delle lingue, sono Infatti difficilmente praticabili e
poco funzionali a un buon insegnamento linguistico.

e poi il SILLABO DALLA STRUTTURA CICLICA: permette di graduare i contenuti,


ritornando più volte sugli stessi argomenti, recuperandoli e approfondendoli.

SELEZIONE DEI CONTENUTI


Un insegnamento di tipo nozionale tende ad imporsi, ma va comunque integrato con
considerazioni di tipo formale e con la presentazione di forme linguistiche particolari che
permetta di presentare contrastivamente quelle zone in cui il funzionamento strutturale della
lingua straniera differisce da quello della lingua materna, così si ottiene un rafforzamento
nella competenza linguistica anche di questa. Inoltre un approccio contrastivo può essere
utile per presentare le differenze tra le due lingue e le due culture, che si manifestano sia nel
lessico che negli usi linguistici concreti. Quindi occorrerebbe presentare inizialmente le
forme e le strutture corrispondenti alle nozioni che esprimono tutte le lingue per poi mostrare
le differenze con quelle della L1 utilizzate per esprimere le stesse funzioni.

Nella letteratura sull’apprendimento si pensa che si dovrebbe forse rispettare l’ordine


naturale dell’apprendimento anche nella organizzazione dei contenuti, infatti si
imparerebbero tendenzialmente le singole parole, statisticamente più frequenti e
piùsemplici. Perciò inizialmente è opportuno presentare un grande quantitativo di lessico
quotidiano per poi passare alla grammatica ed a strutture più complesse. Quindi è
opportuno concentrarsi sulle varietà di lingua standard e sulle forme più frequenti.

VARIETÀ LINGUISTICHE

Parlare semplicemente di sistema linguistico o struttura di una lingua significa comunque


non tenere conto del funzionamento reale della lingua stessa, quindi non coglierne le varianti
ma solo le regolarità di tipo generale badando soltanto alle forme più ‘normali’, cioè più
comuni o standard. I sistemi linguistici invece si rilevano differenziati in sottoinsiemi ciascuno
dei quali è caratterizzato da strutture e regole ricorrenti in una determinata varietà di lingua.
L'insegnante quindi dovrà badare alle forme più comuni o standard.

Le varietà di una medesima lingua sono individuabili secondo la variazione:

1. del mezzo o canale usato come supporto del messaggio e della sua trasmissione. è
la variazione DIAMESICA, che permette di distinguere tra lingua parlata, lingua
scritta e lingua trasmessa (ES: finlandese)
2. delle caratteristiche sociali dei parlati, cioè del loro livello di culturale, di
scolarizzazione, età ecc. Variazione DIASTRATICA, quindi collegata alla
stratificazione sociale, in questo caso possiamo parlare di linguaggi infantili, gerghi,
linguaggi popolari.
3. dalle situazioni comunicative e del tipo di interazione più o meno formale che in esse
si realizza. è la variazione DIAFASICA In cui vengono fatti rientrare sia i registri, cioè
gli stili nel parlare, sia i sottocodici.
4. dalle zone geografiche: ogni lingua è soggetta a variazioni DIATOPICHE O
REGIONALI, più o meno marcate. (ES: inglese e americano)

CARATTERISTICHE DEL PARLATO

In tutte le lingue il parlato:


a) è più immediatamente legato al contesto extralinguistico in cui viene prodotto. Ciò
comporta una maggiore occorrenza dei deittici, inclusi quelli che rinviano al
soggetto dell'enunciazione, cioè ad un locutore che dice “io”

b) è più frammentario e più ripetitivo: nel parlato è centrale la processualità del farsi
del discorso piuttosto che della correttezza grammaticale

c) è meno preciso anche quanto a vocaboli usati: si usano Infatti vocaboli dal
significato più generico

d) e meno denso informativamente: Il significato è come “ diluito” entro un cumulo


di parole spesso prive di significato

e) è soggetto a fenomeni di topicalizzazione e sull'adozione di costrutti frasali che


non spesso vengono usati nella scrittura

f) può essere caratterizzato da un certo numero di vocaboli o di espressioni


idiomatiche che non vengono usate nella scrittura

TECNICHE DIDATTICHE (CAP 6)

Il ruolo delle tecniche didattiche è quello di essere strumenti agili cui ricorrere nella
progressione didattica, sia nella fase di costruzione dell’apprendimento stesso, sia nella fase
di reimpiego e fissazione delle abilità acquisite. Le tecniche didattiche sono proposte in
funzione di dinamiche di apprendimento che stimolino gli studenti a pensare in modo
creativo, mettendo in relazione idee e informazioni e aprendo alla ricerca di soluzioni e di
risposte ai problemi della comunicazione. La loro scelta dovrà essere strettamente correlata
al modello di apprendimento e orientata verso gli aspetti cognitivo e metacognitivo. La scelta
di una tecnica, o la messa in atto di procedimenti con ricorso a tecnologie, sono spesso fatte
in funzione di rinforzo e recupero - se non addirittura organizzate ai fini di una possibilità
valutativa delle abilità esercitate. Nel discorso glottodidattico o nella pratica adottata dal
docente, è proprio la linea che considera la tecnica come momento di reimpiego e di
fissazione delle abilità acquisite ad essere privilegiata: in questo caso infatti prevale l’uso
delle tecniche come soluzione ai problemi della distribuzione del corso e come modalità
logistica. Si devono distinguere due livelli a seconda della realtà in cui il docente si trova ad
operare: impiego in ambito istituzionale e in quello non-istituzionale.

1) In ambito istituzionale, la tecnica didattica sarà attivata in funzione del proprio


obiettivo psicopedagogico, all’interno dell’approccio scelto dal docente, facendo
riferimenti a bisogni e limitazioni di un curriculum prefissato. All’interno di un
approccio integrato all’insegnamento delle lingue straniere, il docente dovrà in
primo luogo conoscere per scegliere, e in secondo luogo scegliere per ben
operare didatticamente.

2) In una situazione non-istituzionale, tutto il raggio di applicazione delle tecniche è


ampliato dato che non vi è l’obbligo di controlli o valutazioni conclusive. Saranno
favoriti gli aspetti di ricerca autonoma, di libera organizzazione rispetto alle attività
linguistiche consigliate o richieste dal discente stesso.

Danesi sottolinea tre componenti dell’insegnamento integrato, a cui ascrivere una diversa
opzione d’uso delle tecniche:

- la componente ATTIVA, in cui l’insegnante, facilitatore di apprendimento che


conosce le diverse tecniche didattiche, renderà la presentazione della materia e
l’esercitazione più efficaci: selezionerà e darà progressione in funzione del
curriculum, della pianificazione didattica e dei bisogni dell’apprendente.

- la componente PASSIVA, in cui l’insegnante si limiterà ad osservare i


comportamenti linguistici del discente, ad intervenire per dare chiarimenti rispetto
alle esercitazioni proposte dal discente, è il discente ad agire attivamente
nell’esercitazione autonoma.

- la componente di VERIFICA, in cui l’utente della tecnica - docente o discente -


ne controllerà l’efficacia a livello applicativo e teorico.

Tecniche e modalità di apprendimento

Il ricorso a strumentazioni multimediali avrà un’importanza rilevante nella formazione


all’autonomia dell’apprendimento, all’autodeterminazione del discente. L’insegnante sarà
portato a strutturare il percorso di insegnamento delle lingue in funzione delle caratteristiche
dell’apprendimento predisposto per i propri discenti, offrendo saperi diversi in funzione dei
diversi bisogni. Per utilizzare in modo pedagogicamente appropriato i mezzi multimediali il
docente dovrà sperimentare in prima persona un modo di lavorare comunicativo e
interattivo: acquisirà abitudini strumentali quali la comunicazione via posta elettronica, la
creazione di file HTML, che possono essere letti e modificati da qualunque editore di testo. Il
docente deve porsi come iniziatore e guida alle attività linguistiche - soprattutto se con
supporto multimediale - e il discente si trova in una situazione in cui è chiamato a risolvere
problemi al fine di raggiungere la competenza e il saper fare che si è proposto. L’apertura
tecnologica e mediatica porta anche il docente a non poter controllare più il contenuto dei
documenti in mano al discente e può trovarsi a dover far fronte a richieste e domande che
non domina immediatamente. Il docente è sempre più iniziatore di apprendimento, guida e
referente pedagogico, formatore nel senso più completo del processo educativo del
discente.

Tecniche per lo sviluppo delle abilità e delle competenze linguistiche

Occorre distinguere tra tecniche relative alle abilità di COMPRENSIONE (ascolto e lettura) e
di PRODUZIONE ORALE E SCRITTA. Fra le tecniche di fissazione, rinforzo e
consolidamento delle abilità di comprensione figurano principalmente:

- la procedura cloze, che consiste nell’eliminazione di una parola ogni x; nel vuoto
l’allievo deve inserire la parola mancante o una soluzione accettabile.
- le attività di riordino di materiale linguistico dato in disordine: unità lessicali,
sintemi, complementi, enunciati, paragrafi ecc.

- le domande aperte e chiuse, a scelta multipla, le griglie.

Le tecniche saranno scelte e variate in funzione degli obiettivi generali e specifici


dell’insegnamento: saper leggere e saper capire qualunque documento, sper comprendere
conversazioni e interazioni su argomenti noti o meno noti. Relativamente alle abilità di
produzione, le attività si incentreranno soprattutto sulla progettazione di testi, con
applicazioni ai diversi generi comunicativi: dalla lettera al curriculum vitae ecc.

Queste abilità si interrelano e manifestano nel:

- saper dialogare (role play)

- saper parafrasare

- prendere appunti

- saper riassumere

- saper scrivere sotto dettatura

fino alle abilità interlinguistiche della traduzione e dell’interpretariato. Dunque, se sarà in


questione l’abilità ricettiva, si ricorrerà alla procedura cloze, al questionario, alla griglia, al
riordino di un testo ecc; se saranno in questione le abilità integrate, si sceglierà fra il dialogo,
la presa di appunti, il riassunto, la parafrasi, il dettato, la scrittura guidata.

Le tecniche didattiche varieranno in funzione della visione di grammatica che il docente


trasmetterà nel suo insegnamento: se ha una visione della grammatica come morfosintassi,
privilegerà esercizi strutturali, drills ed esercizi di completamento, se ha una visione della
grammatica come testo, guiderà le fasi esercitative attraverso attività di consultazione di
tavole e schede riassuntive, attività di strutturazione linguistico-comunicativa.

Distinguiamo tra TECNICHE STRUTTURALI, che mirano allo sviluppo della competenza
linguistica e comunicativa, TECNICHE VISIVE, TECNICHE LUDICHE e UMORISTICHE. Se
si fa riferimento a TECNICHE VISIVE e si fa ricorso ai media, si dovrà considerare che ciò
implica la dotazione efficiente degli strumenti da parte dell’istituzione in cui si opera (sala
multimediale, lettori CD-ROM ecc).

LE GLOTTOTECNOLOGIE

Per Bell le tecnologie didattiche sono: l’hardware e il software utilizzato nell’insegnamento e


nell’apprendimento [...] è un campo che attiene e attraversa trasversalmente molte discipline
e che ricorre alla psicologia, alla sociologia, alla teoria della comunicazione, alle teorie
dell’apprendimento, alla ricerca sui media, all'antropologia, alla statistica e a molti altri
campi. è un approccio razionale di tipo problem-solving per rispondere ai bisogni ed alle
esigenze dell’educazione; un modo critico e sistematico di pensarla.
-Midoro: le tecnologie didattiche riguardano la definizione e lo sviluppo di modelli teorici e la
messa a punto di metodologie e di sistemi tecnologici per risolvere problemi riguardanti
l’apprendimento umano in situazioni finalizzate e controllate → risorse per l’apprendimento
che coinvolgono tecnologie, materiali didattici, strutture e persone.

Caratteristiche delle tecnologie didattiche:

- possono coinvolgere strumenti tipici del mondo della comunicazione (computer,


radio, cinema, fotografia)

- possono richiedere l’applicazione delle tecnologie della comunicazione a


situazioni didattiche

- ogni tecnologia è costituita da processi e sistemi volti alla produzione di ambienti


di apprendimento

Le tecnologie didattiche espongono ad un carattere interdisciplinare il settore della ricerca


pedagogica ed educativa. Le glottotecnologie si propongono come aiuto alla cooperazione
nell’attività di progettazione didattica → risorse → software: tramite le vie telematiche si avrà
accesso a banche di risorse per la progettazione didattica (riusabilità del software). Il
ministero della Pubblica Istruzione ha posto attenzione al Programma di sviluppo delle
tecnologie didattiche, con finalità di “porre tutte le istituzioni scolastiche in condizione di
elevare la qualità dei processi formativi attraverso l’uso generalizzato delle tecniche e delle
tecnologie multimediali” → 2 obiettivi: creazione di postazioni multimediali di lavoro riservate
ai docenti, espandere l’utilizzo della multimedialità nell’insegnamento di tutte le discipline.

I sistemi multimediali

Il multimediale presenta informazioni diverse e molteplici, obbligando a forme di


apprendimento specifiche. Dato il ruolo centrale dell’utilizzatore del media, egli sarà costretto
a creare legami, a stabilire associazioni, ad organizzare l’informazione e a ricostruirne la
globalità, mentre i discenti sono chiamati a collaborare fra loro. Il multimediale è
l’integrazione numerica di diversi supporti che di solito sarebbero separati: televisione,
CD-ROM, videogiochi, internet ecc. Il problema frequente è la scelta dei materiali quando si
fa ricorso alla multimedialità, bisogna costruire una rete di informazioni tra docenti esperti,
nonché ricorrere alle informazioni riassuntive delle riviste di LS.

Osserviamo il mondo dei CD-ROM. Nella loro scelta, si dovranno valutare in una prima fase
alcuni dati specifici, quali le caratteristiche generali del CD-ROM, le caratteristiche dei media
relativamente alle immagini, ai testi, ai canali audio, e agli obiettivi di apprendimento. In
seguito, prima di scegliere, bisognerà conoscerne la tipologia, che, per i CD-ROM prevede 4
possibilità:

1. CD-ROM di tipo enciclopedico


2. CD legati ai musei
3. CD ludici ed educativi, con varietà di dati e di discorsi che aprono ad attività di
simulazione
4. CD di fumetti

Se i CD-ROM ludici ed educativi si rivelano i piùinteressanti nei corsi di lingue, questi


possono essere utilizzati in situazioni diverse, come quella in cui l’apprendente è
piùautonomo oppure quella in cui tutto un gruppo lavora con le macchine. Nel primo caso, il
CD-ROM immerge il discente nella realtà linguistica e culturale, e gli si potrà chiedere di
attivare le proprie abilità di comprensione o di prod. orale. Nel secondo caso, si potrà
pensare ad un confronto orale di opinioni su sequenze e domande, cui fa seguito una
valutazione. I vantaggi del multimediale sono la possibilità di immersione e di interazione,
per cui l’utente è direttamente coinvolto nelle attività proposte. E’ il discente a stabilire
legami, ad organizzare l’informazione. Questo lo spinge a collaborare con gli altri discenti e
far scambio dei propri risultati. Poichè il multimediale è essenzialmente visuale, l’input passa
tramite l’immagine, il discente è così direttamente coinvolto nel processo di apprendimento,
dal momento che pone da solo la domanda di come costruire il proprio percorso di
apprendimento. Inoltre, la nozione di comprensione si estende: non bisogna solo capire quel
che si dice, ma anche come e perché lo si dice e che cosa si vuole dire. Le parole sono
legate alle immagini, quindi stretto è il rapporto fra lingua e cultura, fra lingua e trasmissione
dei valori culturali. La lingua non è più un fine a sé, ma un punto di ingresso in un mondo
straniero multidimensionale. Si parla di IPERMEDIA - modi di consultazione piùintuitivi - e di
IPERTESTO, l’insieme di testi associati da un sistema di links e visualizzati parzialmente
sullo schermo cliccando su un segno verbale o iconico. sarà piùfacile che il discente
conosca e ricorra con frequenza ad una strumentazione che sarà difficilmente acquisibile
dall’istituzione scolastica.

Insegnare le lingue straniere con Internet

L’uso di internet può privilegiare alcune abilità, quelle orali di comprensione e produzione di
messaggi orali, e quelle scritte di comprensione e produzione di testi. Internet apre ad
attività di scoperta, con o senza insegnante, attività di navigazione e di multireferenzialità.
Per usare Internet non occorrono certo profonde conoscenze di informatica. Per ogni lingua
straniera sono ormai disponibili decine e decine di siti web, alcuni dedicati all’insegnamento
della LS, altri disponibili ad offrire risorse tematiche e interdisciplinari di ogni genere.

Parametri di valutazione del software didattico

I software linguistici proposti dall'editoria elettronica sono numerosissimi e spesso i prodotti


disponibili sul mercato sono di qualità eterogenea. Solo la centralità del discente ci aiuterà a
selezionare quello che veramente fa per noi, per la situazione educativa e formativa nella
quale concretamente operiamo. Spesso la sorpresa della novità dello strumento tecnologico
è tale per l’adulto ma non per il discente che interfaccia con grande frequenza con il
materiale multimediale.

Gli elementi che caratterizzano un software


Per valutare un software didattiche usiamo due schede: una di tipo descrittivo e una di tipo
valutativo, nella prima figureranno gli elementi che lo caratterizzano:

dati generali, indicatori che offrono un’analisi dettagliata del prodotto, dati relativi ai contenuti
ed ai raccordi interdisciplinari, caratteristiche pedagogiche come obiettivi, courseware,
contesto di utilizzo, field testing. Nella seconda scheda figureranno i tratti salienti della
valutazione del software come:

1. osservazioni esperienziali dell’utente sulla verifica delle qualità o dei difetti tecnici,
qualità della grafica, del suono, della dizione, del colore, della pagina video.
2. La verifica delle difficoltà incontrate nell’utilizzo, interattività, leggibilità, navigabilità,
ipertestualità, autonomia operativa.
3. La verifica delle qualità didattiche: interazione lingua scritta/orale, analisi della
risposta, valutazione dei risultati.
4. La pertinenza del software rispetto alle finalità pedagogiche della Ls, adeguatezza
degli obiettivi, gestione del feedback, livello di motivazione.

VERIFICA E VALUTAZIONE

La verifica e la valutazione sono operazioni complesse a causa dei fenomeni che sono
coinvolti, cioè i modelli teorici di lingua, di competenza, di misurazione che ne
costituiscono i punti di partenza. Un test di lingua è una misura dell’abilità linguistica e i due
aspetti di lingua e misurazione insieme danno luogo all’abilità linguistica (Davies). Ma
siccome la lingua è dinamica e variabile, un sistema aperto, la misurazione è imprecisa o
comunque inesatta, perché applicata a qualcosa di indeterminato come il linguaggio. Anche
l’abilità linguistica è indeterminata, sia dal punto di vista del significato (può riferirsi alla
conoscenza o alla capacità d’uso della lingua) poi dal punto di vista del criterio rispetto al
quale viene misurata e poi dalla fissazione dei livelli di adeguatezza e di accettabilità stabiliti
per gli apprendenti, perchè comunque non esistono livelli assoluti visto che gli apprendenti
hanno bisogni diversi a seconda dei contesti. L’altra indeterminatezza riguarda la
competenza nell’uso concreto della lingua in situazioni comunicative reali, perché il test è
comunque una situazione particolare e parziale di verifica, mentre la competenza che si
esprime in contesti reali è comunque di tipo globale. Infatti con un test è impossibile testare
la competenza globale, ma si può solo generalizzare attraverso una serie di performance
ottenute con i test

Il LANGUAGE TESTING richiede quindi esplicitezza e precisione riguardo alla lingua,


all’apprendimento linguistico, all’insegnamento linguistico e alla capacità di usare la lingua.
L’obiettivo è trovare un equilibrio tra l’indeterminatezza e l’esplicitezza tenendo presente che
non è possibile ottenere una misurazione precisa in assoluto. L’equilibrio ricercato dal
language testing può essere ottenuto attraverso la ricerca di esplicitezza e dell’accuratezza
della lingua e della comunicazione poste a verifica, e nella realizzazione delle prove di
competenza e dei criteri utilizzati per valutarle e attraverso il controllo dell’indeterminatezza
attraverso una validazione statistica delle prove e dei risultati ottenuti.

Il LT è importante sia per il docente che per l’apprendente, l’insegnante comprende il livello
di interlingua che hanno sviluppato i suoi allievi e rapportandolo agli obiettivi che si è posto
può decidere se è opportuno migliorarli, quindi ottiene un feedback sul processo di
insegnamento-apprendimento), i test possono portare a calibrare le attività in base al livello
con l’intenzione di ottenere gli obiettivi formativi stabiliti. Tra l’insegnamento ed il testing
dovrebbe esserci quindi un rapporto di partnership, ma ci possono essere casi in cui
l’insegnamento è stato buono ma il testing meno e viceversa, perciò l'uno deve e può essere
utile all’altro.

Ma la verifica serve anche allo studente, perché attraverso il risultato ottenuto nei test
comprende quanto è riuscito ad apprendere e riceve anche una spinta motivazionale per
continuare con lo studio.

Uno dei problemi del LT è la scarsa attenzione per la costruzione delle prove, perché è una
pratica che richiede tempo: la prova di verifica va calibrata e organizzata in maniera che i
risultati del test abbiano una significatività per l’insegnante.

Spesso l’attenzione si focalizza sull’attribuzione del punteggio piuttosto che sulla


preparazione della prova. Dunque l’attenzione è spostata sul prodotto piuttosto che sul
processo, comunemente molti pensano che le abilità degli apprendenti non si evidenzino
con i test, perciò molti non li utilizzano perché non ritenuti validi.

Altro problema è che testing e valutazione vengono confusi, in questo caso il superamento
dell'esame rischia di essere considerato l’obiettivo primario del processo di
apprendimento-insegnamento. Alcuni insegnanti rifiutano il testing anche perché
condividono la sensazione di ansia e paura con gli allievi → risultati negativi possono
coincidere con metodi di insegnamento sbagliati (da parte dei genitori o enti esterni).

Per valutare ed autovalutarsi bisogna essere il meno soggettivi è possibile: la valutazione ha


senso se fornisce informazioni OGGETTIVE sul livello di competenza dell’allievo.

FRAMEWORK E PORTFOLIO

Negli ultimi anni la valutazione e la formulazione di giudizi sulla competenza in una lingua
straniera stanno assumendo importanza fondamentale → imparare una lingua x motivi
strumentali: lavoro, studio, integrazione sociale. Sono necessari strumenti che siano in
grado di dichiarare in modo TRASPARENTE e COMPARABILE la competenza in L2. Il
Consiglio d’Europa ha promosso dunque lo sviluppo di un quadro di riferimento globale,
trasparente e coerente per la descrizione dell’insegnamento e dell’apprendimento delle
lingue europee a tutti i livelli (Common European Framework of Reference). Inoltre, per
favorire la mobilità il Consiglio ha stabilito che ogni cittadino europeo dovrà avere una sorta
di passaporto linguistico - PORTFOLIO - dove sono specificate in modo trasparente e
comparabile le competenze nelle lingue straniere imparate. Trasparenza e coerenza
rendono possibile la paragonabilità.

REQUISITI DI UN TEST

Un test per essere definito ‘buono’ deve innanzitutto rispondere a due criteri fondamentali:
VALIDITÀ e AFFIDABILITÀ (o attendibilità). Il primo criterio corrisponde al bisogno di
esplicitezza, chiarezza e precisione, il secondo criterio riguarda il controllo della
indeterminatezza. Un test è valido se verifica accuratamente quello che va verificato, se ad
esempio un test di ascolto che vuole misurare la capacità di capire un testo parlato misura
solo le capacità di memoria dell’apprendente non è valido, inoltre test inadeguati alla
competenza che intendiamo misurare non saranno validi perché non danno informazioni
attendibili sulle reali capacità degli studenti.

Per quanto riguarda l’affidabilità un test è ritenuto affidabile o attendibile se fornisce i risultati
il più possibile uguali se viene somministrato in momenti diversi o valutato da valutatori
differenti. Nel primo caso l’affidabilità dipende dalla forma del test, dal suo aspetto grafico o
dalle condizioni di somministrazione del test (aula rumorosa ad es.). Nel secondo caso
dipende tutto dal valutatore, chiaramente un item che ammette un’unica risposta sarà
valutato sempre in modo uguale, il problema sorge quando vi è la risposta libera o sono
ammesse più risposte. Occorre fornire in questi casi strumenti che riducano al massimo
l’inaffidabilità, come fornire un elenco dettagliato delle risposte possibili, punteggi diversi per
ciascuna di queste risposte, oppure formare bene i valutatori nel compito. Dunque chi
costruisce test linguistici dovrà cercare di realizzare prove il più possibile valide ed affidabili.

Valutare significa attribuire un GIUDIZIO di qualità, quindi non soltanto descrivere la


condizione di un processo acquisizionale, ma attribuire un giudizio che può essere espresso
tramite numeri, aggettivi, lettere (secondo una scala ben precisa).

TIPI DI TEST

I test devono fornire informazioni sulla competenza linguistica di chi si sottopone ad essi, in
base agli scopi della valutazione si possono distinguere tre tipologie di test: di livello
(placement test), test di profitto (achievement test) e test di competenza (proficiency tests).

1) TEST DI LIVELLO: test classico dei primi giorni di organizzazione dei corsi di
lingua, permette all’insegnante di collocare i propri allievi in un determinato livello
di competenza linguistica ed individuare il programma di insegnamento piùadatto
a tali competenze. Questi test sono utili soprattutto alle istituzioni (scuole,
università), è bene che siano test brevi, facili e veloci da somministrare e valutare
perché potrebbe essere necessario sottoporvi un gran numero di studenti
nell’arco di un breve periodo di tempo.
2) TEST DI PROFITTO: sono strettamente legati agli obiettivi o ai contenuti di un
corso di insegnamento, sono costruiti allo scopo di verificare se ciò che è stato
imparato corrisponde a ciò che è stato insegnato o a ciò che era contenuto nel
programma. Questi test possono essere somministrati in un determinato
momento del corso e allora si parla di verifica processuale o in itinere, oppure alla
fine → verifica finale. I test di profitto possono essere utilizzati dagli insegnanti
anche a scopo diagnostico, per individuare i punti di forza e di crisi durante il
processo di apprendimento, evidenziare che cosa gli studenti sanno e di
conseguenza cosa è necessario rinforzare con attività di recupero.

3) TEST DI COMPETENZA: lo scopo di questi test è di misurare la competenza


linguistica a prescindere dal tipo di corso di apprendimento, dunque a differenza
del test di profitto questi non possono avere come riferimento un particolare
contenuto o particolari obiettivi di un corso. Lo scopo di questi test è di verificare
se lo studente sa usare la lingua straniera in una determinata situazione
comunicativa. Sono test di questo tipo i test di certificazione, sono realizzati da
centri o istituzioni nazionali, chi riesce a superare questi test riceve un certificato
in cui è descritto il suo grado di competenza rispetto a determinate situazioni
comunicative. Questi test fanno riferimento a due aspetti: la competenza e l’uso
della lingua, di solito esiste una batteria di test per ogni livello di lingua. Chi
prepara questi test non conosce niente dei candidati che vi si sottopongono.

TIPI DI PROVE

Oggetto del testing è dunque la competenza in lingua straniera, gli aspetti di tale
competenza oggetto della verifica possono variare. In base a questo possiamo distinguere
tra prove fattoriali e prove integrate.

- prove fattoriali o a punti discreti: servono per verificare un solo fattore o un solo
elemento alla volta, anche item per item (ad es. una prova per verificare solo la
conoscenza del futuro).

- prove integrate: richiedono al candidato di utilizzare molti elementi per svolgere


un determinato compito. Sono integrate le prove in cui si richiede di prendere
appunti mentre si ascolta una conferenza, oppure di scrivere sotto dettatura o
riempire gli spazi vuoti di un testo. Sono definite anche prove pragmatiche
quando vengono utilizzate per verificare le capacità di uso concreto della lingua
(prove orali in cui si creano delle particolari situazioni comunicative). ES. ROLE
PLAY: prevede la condivisione di tutte le informazioni: tutti in partenza conoscono
la situazione, di cosa si sta parlando, i ruoli. Tutto è già preparato, artificiale, c’è
poco lasciato alla spontaneità.

In base alla loro costruzione le prove possono essere suddivise in prove dirette o indirette.
Una prova si dice diretta quando è possibile verificare direttamente l’abilità del candidato
nell’eseguirla. Ad es. una prova orale in cui si chiede a due studenti di fare una
conversazione su un determinato argomento. Prove di questo tipo si utilizzano solitamente
per verificare le abilità produttive, cioè la scrittura e il parlato, le cui esecuzioni sono
direttamente osservabili. Le abilità ricettive, lettura e ascolto, non possono essere osservate
direttamente: per verificarle è necessario costruire dei test che indirettamente ci aiutano a
capire se quella abilità è posseduta → prove indirette.

Le prove possono essere classificate anche in base al modo di assegnazione dei punteggi:
soggettive e oggettive. Una prova si dice oggettiva se l’assegnazione del punteggio non
richiede alcun tipo di giudizio da parte del valutatore, questo utilizzerà semplicemente il
foglio con le chiavi delle risposte già preparato e seguendo alla lettera i criteri dati decide se
accettare o meno la risposta fornita dallo studente e gli assegna un punteggio. Il valutatore
dovrà semplicemente sommare i punteggi riportati nei singoli item per ottenere il risultato
totale. Ad esempio un test a scelta multipla è un test oggettivo. Per questo tipo di prove
spesso non è necessaria nemmeno la presenza di un valutatore (risposte lette e contate dal
computer). Le prove oggettive più utilizzate sono i quesiti o i completamenti a scelta multipla,
gli abbinamenti e i riordini.

Le prove soggettive sono quelle in cui al momento della assegnazione del punteggio si
richiede un giudizio da parte del valutatore, per decidere il punteggio può fare ricorso alla
propria esperienza o a criteri specifici (griglie o schede). Le prove soggettive vengono
utilizzate soprattutto per verificare le abilità produttive, come la scrittura di un testo su un
determinato argomento oppure la capacità di prendere parte ad una interazione faccia a
faccia. Sono quindi soggettive le prove che verificano in modo diretto la capacità di uso della
lingua. Prove semistrutturate: si richiede all’allievo di realizzare un compito preciso con la
possibilità di eseguirlo in maniera piuttosto libera, ma sempre seguendo vincoli, ad es.
trasformazione di frasi o di testi partendo da elementi dati, riassunti ecc. La valutazione di
queste prove è meno soggettiva.

SOGGETTIVITÀ /OGGETTIVITÀ

Nelle prove oggettive l’oggettività è riservata solo al momento di assegnazione dei punteggi,
infatti l’operazione di preparazione della prova è soggettiva. Il vantaggio delle prove
oggettive risiede nella loro grande affidabilità, infatti vengono spesso preferite ad altre prove.
Il rischio però è che la ricerca dell’affidabilità venga fatta a discapito della validità.

Comunque è necessario che ogni tipo di verifica sia realizzato nel modo piùoggettivo, valido
e affidabile possibile. Occorre controllare l’indeterminatezza per ottenere una valutazione
affidabile, per fare ciò è necessario fissare in modo esplicito e preciso quale grado di
competenza deve essere elicitato attraverso quella prova, poi si deve scegliere una prova
adeguata e rappresentativa del tipo di competenza che si va a valutare. Inoltre, al momento
della valutazione, bisognerà utilizzare dei criteri precisi che descrivano in modo dettagliato
gli aspetti della competenza, le attività comunicative e le strategie che valutiamo. In
appendice al Framework i descrittori della competenza comunicativa, delle strategie e delle
attività comunicative si trovano organizzati in modo scalare.

VALUTAZIONE FRAMEWORK
Il Framework europeo è utile sia per la costruzione delle prove sia al momento della
valutazione per ridurre la soggettività ed aumentare la validità e affidabilità di queste. Infatti il
Framework propone una lista di operazioni che dovrebbero sempre essere eseguite da chi
vuole realizzare un test di qualunque tipo:

- sviluppare una SPECIFICAZIONE DEI CONTENUTI della valutazione


(specificare gli aspetti della competenza che vanno a verificarsi).

- non prendere mai decisioni da soli al momento della selezione dei contenuti e
della scelta delle performances richieste ai candidati ma collaborare con altri.

- adottare delle PROCEDURE STANDARD relative alla somministrazione delle


prove, cioè far si che i candidati siamo messi tutti nelle stesse condizioni per
svolgerlo.

- preparare delle GRIGLIE (chiavi) di correzione precise per le prove indirette, cioè
per le prove oggettive, e basare la valutazione delle prove dirette su dei criteri di
valutazione dettagliatamente definiti.

- non accontentarsi del giudizio di un solo valutatore, ma far valutare la stessa


prova a più valutatori per ridurre il peso della soggettività nel giudizio e utilizzare
nelle prove oggettive una correzione automatica fatta da un pc.

- fornire ai valutatori una FORMAZIONE adeguata sulla base di linee guida relative
alla valutazione

- verificare la qualità, la bontà della valutazione servendosi dell’analisi dei dati


ottenuti.

ANALISI DEI DATI

Tramite i dati si possono ottenere le statistiche sui risultati che ci aiutano ad evidenziare
l’andamento del profitto di una classe, ad esempio attraverso il calcolo della media dei
punteggi ottenuti. Le procedure statistiche ci possono aiutare soprattutto ad identificare
quanto fattori diversi dall’abilità linguistica possono aver condizionato il risultato di una
prova. Sono calcoli che ci aiutano a capire se una prova ho un singolo item hanno
funzionato oppure no, qual è il loro grado di affidabilità e validità. Una prova in cui tutti hanno
fallito o che tutti hanno superato evidentemente non era una prova valida. I calcoli attraverso
i quali si possono ricavare informazioni sulla validità e sulla affidabilità di una prova sono
complessi e si effettuano tramite coefficienti statistici. Le analisi che riguardano i singoli item
di una prova servono a distinguere gli item che hanno funzionato da quelli che non hanno
funzionato e che è quindi necessario modificare o sostituire. Il coefficiente di correlazione
item-test mette in correlazione il risultato totale della prova col risultato del singolo item. Il
coefficiente di facilità di un item serve a determinare il grado di discriminatività dell’item.
L’analisi dei distrattori (cioè le scelte alternative alla scelta esatta nella scelta multipla) ci
permette di capire quali distrattori vanno sostituiti.
Su un altro tipo di analisi, formulata dal matematico danese Rasch si basa la ITEM
RESPONSE THEORY. Questa teoria si fonda sul teorema che la performance di un
individuo in un item dipende sia dal livello di difficoltà dell’item stesso sia dal livello di abilità
dell’individuo. Quindi studiando le correlazioni tra item e performance si riesce a fare
previsioni sulla performance di un individuo in un determinato item, sul suo livello di abilità,
sulle caratteristiche di singoli item.

IL METODO

Nella didattica linguistica l'insegnamento può e deve essere concepito come un processo di
facilitazione dell'apprendimento. Il concetto di metodo è nato dall'esigenza di rispondere alla
complessità che ne deriva attraverso una riflessione teorico-pratica sulle modalità
dell'insegnamento linguistico. I METODI possono essere considerati delle teorie
dell'insegnamento della lingua, che tendono a presentarsi come unitarie e coerenti sia nei
principi generali che ispirano, di ordine linguistico e pedagogico, che nelle linee di intervento
didattico che vanno dalla individuazione dei contenuti alla scelta delle tecniche, a quella dei
materiali, alla condotta dell'insegnante nella classe.

È possibile individuare varie fasi nello sviluppo cronologico dei metodi:

- la prima fase, che dal secolo scorso si estende ai primi decenni del Novecento,
corrisponde all'innovazione didattica dell'insegnamento delle lingue e alla
produzione di una manualistica specifica.

- La seconda fase, che va dagli anni 40 a tutti gli anni sessanta del Novecento, è
caratterizzata da una grande espansione dell'insegnamento delle lingue
straniere.

Diversi fattori vanno presi in considerazione per identificare un metodo:

1. il contesto storico in cui un certo metodo si è affermato


2. l'approccio, ovvero la relazione più o meno diretta, con assunti di ordine teorico
3. la produzione di tecniche

L’APPROCCIO TEORICO è considerato il paradigma teorico di riferimento nel quale ho


metodo si va a creare. Quindi un metodo può avere un approccio teorico di riferimento.
L'insegnante si colloca in un approccio teorico di tipo strutturalista avrà una visione diversa
della lingua (lingua come struttura), rispetto a chi avrà come riferimento un approccio teorico
di tipo funzionalista (lingua come sistema per agire nella società)

METODO GRAMMATICALE-TRADUTTIVO

Sviluppatosi inizialmente per l'insegnamento delle lingue classiche (latino e greco), il metodo
grammaticale traduttivo si diffonde a partire dalla fine del Settecento e per tutto
l'Ottocento.Questo primo approccio identificava la traduzione meccanica come unico metodo
di verifica delle proprie competenze. “Conoscere una lingua” veniva considerata un
equivalente di apprendere le regole grammaticali ed il lessico di una lingua. Le regole
grammaticali Infatti venivano memorizzate: non si va dall'uso all'astrazione.

TECNICHE

La L1 è la lingua attraverso la quale avviene l'insegnamento di L2. la traduzione è utilizzata


come esercizio sistematico, condotta sia su batterie di frasi composte ad hoc che a partire
dai classici della letteratura i L2. In questi primi approcci la TRADUZIONE era il metodo di
verifica. era un esercizio decontestualizzato e si procedeva in maniera quasi meccanica per
dimostrare la propria conoscenza.

Secondo questo approccio la lingua significava grammatica quindi l’attenzione era


rivolta alla forma e non all’adeguatezza funzionale.

ES: La frase relativa. il pronome relativo può svolgere all'interno della frase più funzioni:
soggetto, complemento oggetto, complemento indiretto e potrebbe non coincidere con il
punto di attacco della frase principale; la frase relativa infatti può avere diversi livelli di
incasso. La frase relativa secondo questo metodo non verrà presentata in maniera ciclica o
secondo gli usi ma in maniera esaustive complessa in un'unica volta.

Una vera conoscenza della lingua non veniva stimolata o sollecitata. Le abilità erano
ristrette proprio perché veniva utilizzato un sillabo lineare basato sulla grammatica:
l’allievo mette in atto solo le abilità di memorizzazione di regole che non si
trasformano in competenza.

READING METHOD

Il metodo di sola lettura viene elaborato negli anni ‘20 del 900 in Inghilterra e negli Stati Uniti
come variante del metodo grammaticale-traduttivo. Questo tipo di metodo è concentrato
sullo sviluppo della sola abilità di lettura e comprensione dei testi. Questo relativo
successo glottodidattico continua ad essere utilizzato nell'insegnamento delle lingue per
scopi speciali ( varietà tecniche della lingua)

Rispetto al metodo grammaticale traduttivo non cambia l'idea che la conoscenza linguistica
consista nell'implementazione di conoscenze lessicali e conoscenze grammaticali Tuttavia
l'idea è che sia possibile stringere gli obiettivi dell'insegnamento-apprendimento ad una sola
abilità, quella di lettura e comprensione dei testi in lingua straniera senza mediazioni
traduttive.

Comporta però solo una funzione strumentale minima della competenza linguistica,
cioè essere capace solo di leggere un testo e capirlo.

TECNICHE

Uso della L1 come lingua dell'insegnamento, esercizi di lettura orale in L2: due diversi tipi di
lettura quella rapida ESTENSIVA (il senso generale) e quella INTENSIVA (su cose
specifiche).

METODO DIRETTO

La mutata visione dell'insegnamento scolastico delle lingue straniere, che inizia ad essere
motivato dalle esigenze pratiche della comunicazione tra paesi diversi, e lo sviluppo della
fonetica sperimentale come parte integrante della linguistica descrittiva convergono nel
conferire quell’importanza prioritaria al parlato rispetto allo scritto.

È un metodo che abolisce l'utilizzo della L1 e cerca di calare l'apprendente in una


sorta di immersione nella lingua straniera che valorizzi gli aspetti fonici, udito e
soprattutto la funzionalità della lingua.

Si sottolinea la funzionalità della lingua rispetto agli scopi pratici della comunicazione, con
conseguente abbandono della Dimensione letteraria a favore di usi linguistici fondati sul qui
e ora.

TECNICHE

Presentazione orale di L2 attraverso la lettura, da parte dell'insegnante, di testi prodotti ad


hoc, sui quali si effettuano una serie di attività. con il metodo diretto si lavora molto
sull'oralità ma è un parlato rigido e artificiale: si chiede alla prendente di imitare forme e
strutture che sono all'interno di una frase e quest’imitazione dovrebbe poi far fissare dei
comportamenti linguistici ( E NON DALLA REGOLA ALL’APPLICAZIONE)

ACQUISIZIONE PER IMITAZIONE.

METODO AUDIO-ORALE

Si è sviluppato negli Stati Uniti intorno agli anni ‘50/’60 ed è un metodo che si rifà allo
strutturalismo americano ( BLOOMFIELD) che a sua volta aveva assorbito una visione del
modello di Skinner (MODELLO COMPORTAMENTISTA). Alla base del metodo c’è la
convinzione che sia necessario e possibile fondare l’insegnamento linguistico su basi
scientifiche. Rappresenta una reazione al reading method siccome afferma l’assoluta priorità
dell’oralità e di un insegnamento orientato su obiettivi pratico-funzionali. Negli Stati Uniti
intorno agli anni 50 e 60 divenne il metodo ufficiale per l’insegnamento delle lingue.

Gli assunti teorici di questo metodo ruotano attorno alla teoria dell’apprendimento linguistico
formulata nell’ambito dello strutturalismo comportamentistico prima da Bloomfield e poi da
Skinner e Lado.

Secondo questo metodo la lingua viene vista come un comportamente e l'apprendente deve
acquisire abitudini, il comportamento verbale quindi si integra con i comportamenti non
verbali in un circuito di stimoli e risposte. e per farlo deve esercitarsi al fine di memorizzare
degli schemi (PATTERN) fonetici, morfologici, sintattici e lessicali della lingua oggetto di
apprendimento. L’ apprendimento della L2 è quindi un esercizio di imitazione e
memorizzazione con contrasto e confronto tra i due sistemi linguistici. In questo metodo
l’idea è che l'apprendente commette errori nella L2 quando sta deviando da un
comportamento linguistico che vorrebbe la L2 a causa dell'interferenza della L1. In questo
senso per questo metodo è centrale anche l’analisi contrastiva per prevedere ed evitare
eventuali errori dell’apprendente generati dalle interferenze. Infatti in questo metodo vi è una
continua relazione tra insegnamento somministrato e verifica dell’apprendimento (language
testing)

Quando però i due pattern sono simili sia per la L1 che per la L2, verrà chiesto all'insegnante
di non dedicare molto tempo a questi aspetti, ma di dedicare tempo verso quei punti che
divergono tra le due lingue (PUNTI DI CRITICITÀ) - ERRORI DI TRANSFER DALLA L1.
Inoltre questo metodo distingue quattro diverse abilità (skills) linguistiche: speaking e
listening sull’asse prioritario della produttività e oralità, writing e reading sull’asse
produttivo-ricettivo della scrittura.

La necessità, secondo questo metodo, è di insegnare ad un gruppo classe omogeneo dal


punto di vista della lingua materna e c'è un’attenzione alla pronuncia dell'insegnante e alla
sua capacità di usare la lingua.

Nascono i LABORATORI LINGUISTICI (‘50) Perché vi era necessità di uno strumento per
l'insegnamento che non sia soltanto cartaceo. l'ascolto il parlato erano considerate primarie
rispetto alla scrittura e la lettura rimandate ad uno step successivo.

Si insegna a partire da un enunciato di base strutturale e sono selezionati e costruiti sulla


base dei pattern che propongono (schemi fonetici o morfologici o sintattici o con focus
lessicale). La presentazione dei materiali avviene senza la mediazione della L1 e si evita il
ricorso alla grafia.

ESERCIZI: Ripetizione di uno stesso pattern all'interno di un enunciato in modo da fissarlo e


memorizzarlo. Anche i dialoghi sono costruiti su sequenze che servono per introdurre
specifici pattern, Dialoghi che devono essere memorizzati dall'allievo, poi riproposti e recitati
in classe e quindi questo causa un rigido utilizzo della lingua successivamente.

LA SITUAZIONE ATTUALE
La glottodidattica degli anni ‘70 è una disciplina in grande movimento, intorno alla quale si
muovono interessi di ricerca, progettualità politico-educative ed il variegato mondo delle
scuole, pubbliche o private.

Il contesto muta verso una maggiore consapevolezza nella direzione del


multilinguismo-multiculturalismo.

Verso gli anni ‘50 l’analisi di Mackay evidenzia quattro momenti distinti nell’apprendimento
(selezione,gradazione,presentazione,ripetizione) che costituiscono una griglia adottata nella
programmazione dei corsi di lingua.

Fattori convergenti nella caratterizzazione della lingua dell’apprendente:

1. interferenza o trasferimento inconsapevole di proprietà grammaticali dalla L1 alla L2


2. stadi di sviluppo: l’apprendente di L2 non acquisisce immediatamente tutte le
proprietà della lingua
3. sistematicità latitudinale tra apprendenti di L2: gli stadi di sviluppo sono comuni per
più apprendenti di L2
4. variabilità ai vari stadi di sviluppo di L2
5. incompletezza dello stadio di conoscenza raggiunto in L2

Negli approcci successivi cambia LA FIGURA DEL DOCENTE. Non è più un “leader”
indiscusso ma un FACILITATORE dell’apprendimento. L’insegnante affianca lo studente in
lavori più operativi e non propone più modelli o soluzioni che l’allievo passivamente
recepisce.

“L’INSEGNANTE FACILITATORE” richiede una visione dell’apprendente ATTIVO, partecipe


al processo in atto in classe. All’apprendente è chiesto di lavorare in prima persona, di
costruire e proporre. è un approccio che non valorizza un’abilità rispetto ad un’altra MA una
visione FUNZIONALE E COMUNICATIVA. La correttezza formale non è primaria se non
permette all’apprendente di essere un ATTORE SOCIALE.

L’ANF e il CLT sono determinati a partire dagli anni ‘80 e rappresentano una sorta di
mainstreaming didattico perchè si ha l’adozione generalizzata di strumenti di
programmazione quali il sillabo e l’unità didattica, inoltre si concepisce la didattica come una
forma di agire comunicativo.

APPROCCIO NOZIONALE-FUNZIONALE

Wilkins distingue tra sillabo nozionale e sillabo funzionale.

Sillabo nozionale: la selezione e la sequenza dei materiali linguistici proposti all’apprendente


è determinata da criteri semantici, che includono anche le funzioni comunicative. Risponde
all’esigenza di comunicare correttamente certi contenuti, indipendentemente dalla
complessità delle forme linguistiche.
Sillabo funzionale: si concentra unicamente sulle funzioni comunicative ed è maggiormente
adatto ad apprendenti che, avendo già una prima conoscenza di L2, possono aspirare a
conseguire rapidamente un certo livello di proficiency (competenza).

COMPETENZA COMUNICATIVA

“Competenza comunicativa” è un'espressione nata in ambito sociolinguistico dalla critica al


concetto chomskiano “competence”, considerato eccessivamente ristretto poiché si limita
alle conoscenze di tipo formale e strutturale a scapito delle regolarità sociali e funzionali
dell'uso linguistico. “Essa è un costrutto interpersonale che può essere analizzato soltanto
per mezzo delle esecuzioni linguistiche di due o più persone nel corso di un processo di
negoziazione del significato” (Douglas Brown).

Il processo di competenza comunicativa sia che avvenga in un setting naturale, cioè per
immersione nell'ambiente della lingua cultura da apprendere, che in un setting istituzionale
quindi attraverso corsi di insegnamento, deve rispondere ad un'esigenza primaria: quella
dell'effettiva capacità d'uso della lingua in questione a scopi comunicativi ovvero di
socializzazione .

CLT COMMUNICATIVE LANGUAGE TEACHING

La proposta di Savignon prevede cinque aree di attività da svolgere nella classe di lingua,
cioè ci cinque: Un'area di attività e focalizzata sugli aspetti più propriamente formali della
lingua; l'area lingua per uno scopo prevede l'uso di L2 come lingua franca di comunicazione
nella classe; L'aria uso personale di L2 è mirata gli aspetti affettivo-emotivi dell'uso
linguistico; l'area della drammatizzazione è focalizzata sull'importanza dei ruoli nelle
interazione linguistica; oltre la classe prevede il contatto diretto fra le/gli apprendenti e L2.

Ma una glottodidattica finalizzato a contribuire alla competenza comunicativa


dell'apprendente deve tener conto:

a) sul piano dell'apprendente, le motivazioni

b) sul piano dell'approccio didattico, è importante l'utilizzazione del Sillabo come


tecnica di programmazione

c) sul piano delle tecniche l'approccio comunicativo favorisce la tecnica del


cosiddetto taylor made: i materiali vengono selezionati dall'insegnante, grazie
anche all'uso delle nuove tecnologie

d) La classe non deve avere una disposizione frontale ma circolare

e) nella contrapposizione oralità/scrittura, l'oralità è molto curata quindi spazio è


riservato a listening.
METODI OLISTICI

Si tratta di metodi basati su una disciplina diversa che non era linguistica ma la
PSICOLOGIA, in particolare la psicologia dell’apprendimento.

COMMUNITY LANGUAGE LEARNING (CLL)

Allora il cll discende da un modello educativo elaborato da Charles Curran sulla scorta delle
teorie di Carl Rogers (Humanistic Approach to Learning).

È un metodo non legato ad un apprendimento individuale ma ad un apprendimento di


gruppo, in cui le dinamiche del gruppo classe e l'interazione fra i soggetti, sono considerate
fondamentali. le dinamiche sono sia all'interno del gruppo sia nel rapporto fra il gruppo e
l'insegnante. l'insegnante Infatti esercita una funzione di consulenza: la sua attenzione
deve essere rivolta agli interessi espressi dalle/dagli apprendenti. (L'APPRENDENTE
DECIDA E GOVERNA IL LAVORO IN CLASSE)

L'obiettivo primario è quello di diminuire l'ansia, cioè di rendere il contesto di lavoro più
rilassata, creando solidarietà e non competizione nel gruppo e infatti la disposizione degli
apprendenti in classe è in circolo, con l'insegnante fuori dal cerchio. L'INSEGNANTE
DIVENTA UN CONSULENTE.

Il gruppo instaurare relazioni interpersonali utilizzando la L1. L'insegnante funge da


traduttore-interprete in L2; il destinatario del messaggio tenta di riprodurre accuratamente il
messaggio prodotto IN L2 dall'insegnante, un'altra prendente rispondere la propria L1,
l'insegnante traduce e così via.

Alla fine della lezione gli /le apprendenti tentano insieme di puntualizzare informazioni
intorno al funzionamento della lingua da prendere e, se necessario, l'insegnante assume a
questo punto un ruolo direttivo per fornire ulteriori spiegazioni o chiarimenti ma sono gli
apprendenti che da soli cercano di ricavare le regole rispetto alla comunicazione e
alla conversazione fatta in classe.

VANTAGGI: Riduzione delle inibizioni, viene eliminata la figura dell'insegnante onnisciente e


quindi il timore di compiere errori di fronte alla classe.

SVANTAGGI: la figura dell'insegnante-consulente è forse eccessivamente non direttiva


poiché l'insegnante si adatta l'apprendente ma l'apprendimento si muove in maniera troppo
casuale.

SUGGESTOPEDIA

La suggestopedia è un metodo elaborato da uno psicologo, il Gregori Lozanov, con


l'obiettivo di creare intorno a l'apprendente le condizioni ambientali più favorevoli all'
apprendimento, concepito nei termini di capacità mentali di assorbimento dei dati provenienti
dall'esterno.
Ci si pone il problema di quali elementi possano essere introdotti per aiutare l'assorbimento
linguistico: La suggestopedia lavora sulla associazione uditiva tra la musica e il flusso
del parlato in L2 ( La musica è quella barocca, il cui ritmo provocherebbe un aumento delle
onde-alpha, un abbassamento della pressione sanguigna e una diminuzione del battito
cardiaco). L'ambiente diventa confortevole senza cattedre e banchi.

Nella prima fase della lezione l'ascolto si accompagna alla lettura silenziosa, da parte di
ciascun apprendente, della traduzione delle parole del docente; nella seconda parte della
lezione,Il docente ripete il suo testo e gli apprendenti si limitano ad ascoltare; la pendente
dovrà poi ripetere una lettura silenziosa del testo la sera prima di coricarsi e la mattina prima
di alzarsi dal letto. (tecniche di memorizzazione)

SILENT WAY

Il silent way è stato elaborato da Caleb Gattegno. Questo metodo concepisce


l'apprendimento come un processo di “problem solving” attraverso il quale è l'apprendente
stesso che, per via induttiva, scopre da sé i fatti e principi astratti ad essi sottostanti.

L'insegnante deve sollecitare l'allievo ad associare concetti e informazioni ho la visione di


cose ad elementi linguistici.

ES: il movimento di un bastoncino colorato sopra, davanti, a fianco di un altro bastoncino di


colore diverso.

Il metodo di gattegno utilizza due tipi di oggetti:

a) un set di bastoncini colorati, utilizzati per introdurre elementi lessicali


(appartenenti a certe classi: colori, numeri, aggettivi dimensioni, verbi di
movimento) e relazioni sintattiche (Temporalità, modificatori aggettivali, accordo
morfosintattico, ordine delle parole).

b) Un mazzo di carte che introduce momenti di riflessione e consapevolezza


metalinguistica, dalla pronuncia ai paradigmi morfologici, alla dimensione di
riflessione sintattica.

Insegnante quasi sempre in silenzio perché sono importanti le interazioni spontanee con le
gli apprendenti. L'insegnante parla solo attraverso brevi frasi, spesso imperative, relativa agli
oggetti o alle manipolazioni sugli oggetti stessi.

TOTAL PHYSICAL RESPONSE

Questo approccio può essere collegato a livello teorico al natural approach, questo perché
entrambi i metodi sviluppano la problematica relativa all’apprendente a partire
dall’interazione tra conoscenze acquisite e conoscenze apprese nella definizione di quelli
che sono i processi cognitivi. Inoltre entrambi i metodi evidenziano il fatto che la
comprensione della lingua è un momento preliminare e poi successivamente avviene la fase
della produzione con un lieve ritardo. In ogni caso il TPR ha come disciplina fonte possiamo
dire la psicologia, come tutti i metodi olistici, mentre il NA nasce come conseguenza
didattica delle ricerche di Krashen.

Il TPR è stato elaborato da James Asher. È un metodo più adatto ai bambini perché si basa
sul movimento: l'insegnante fornisce input, come nel silent way, che sono perlopiù ordini
(alzati, siediti). All’apprendente quindi viene chiesto di muoversi ecco perché direi
chiesto uno spazio ampio, senza banchi. L'insegnante è in questo metodo la figura che
“dirige il gioco e lo coordina”: i suoi enunciati, perlopiù comandi e richieste, hanno un
risvolto immediatamente operativo nell'esecuzione delle attività richieste, l'attività motoria è
costante nella classe e spesso ludica, in risposta a richieste buffe o paradossali (Cammina
lentamente verso la finestra e fai un salto, metti il tuo spazzolino da denti dentro al tuo libro).

L'insegnante quindi mira a valorizzare il fatto che nei processi di memorizzazione, se si


associa qualcosa di verbale o qualcosa di fisico, l'apprendente riesce a fissarlo più
facilmente. Quando poi l'allievo si sentirà pronto per parlare sarà libero di farlo, NON VIENE
RICHIESTA LA PRODUZIONE LINGUISTICA.

NATURAL APPROACH

Questo metodo è legato al nome di Stephen Krashen, quindi ad una visione della lingua di
tipo cognitivo innatista e si associa ai diversi fattori che possono interferire con il processo di
apprendimento (transfer affettivo, monitor…).

Si valorizzano molto le attività concrete, che richiedono una forte partecipazione fisica dei
l'allievo. Secondo questo metodo infatti l'apprendimento di una L2 procederebbe secondo
una progressione “naturale”, una sorta di legge diacronica dello sviluppo linguistico
individuale. L'acquisizione sarebbe il risultato della processazione spontanea degli input da
parte dell'apprendente,Dunque la fonte delle conoscenze linguistiche tendenzialmente stabili
e produttive; tale processo sarebbe condizionato, in modo positivo o in negativo, dai
valori del filtro affettivo (motivazioni, stili cognitivi…)

Gli input forniti dall'insegnante devono essere calibrati e modulati e distribuiti in maniera
specifica nel tempo. è un metodo che prevede un tempo di silenzio nella fase iniziale e
inoltre non si chiede all’apprendente di parlare subito ma lo si sollecita ad affinare le proprie
abilità di comprensione e poi attraverso una gradualità, comincerà ad usare anche la
lingua.

Krashen e Terrell ipotizzano tre stadi nel percorso di apprendimento:

a) stadio di pre-produzione, nel quale si sviluppano le capacità di ascolto e


comprensione;

b) stadio di produzione iniziale, caratterizzato dalla presenza di numerosi errori negli


enunciati prodotti; in questo stadio, l’insegnante deve focalizzare l’attenzione
unicamente sulla trasmissione del significato, evitando di intervenire con
correzioni (a meno che gli errori non rendano l’enunciato non comprensibile)
c) Estensione della produzione a frammenti di discorso più ampi. In questo stadio,
l'insegnante può intervenire occasionalmente nella correzione di errori.

SVANTAGGI: La ripetizione di un medesimo errore non corretto può produrre la fissazione


dei comportamenti linguistici devianti.

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