Nel 1975 De Mauro e altri formularono 10 tesi come base per un’educazione democratica,
creando ed esplicitando una serie di strumenti e di strategie che creino un gruppo classe
inclusivo, e che permettano all’insegnante di adattarsi alle diverse capacità e risorse
differenti degli allievi.
Le tesi si fondano sulla centralità del linguaggio verbale, come elemento fondamentale per
la capacità comunicativa degli esseri umani. Il radicamento del linguaggio verbale nella vita
dell’individuo e nella vita della società sono alla base della socializzazione e maturazione
intellettuale.
1. La centralità del linguaggio verbale: la lingua come parte di uno sviluppo più
ampio. La lingua è lo strumento che permette all’individuo di essere un “attore
sociale”
2. La lingua nella vita biologica, emozionale, intellettuale e sociale: le lingue sono
una condizione necessaria affinché l’individuo possa partecipare alla vita sociale
3. La sollecitazione delle capacità linguistiche attraverso aggiunte e ampliamenti
graduali: le capacità di produrre parole o frasi, capacità di conversare, interrogare e
rispondere
4. I diritti linguistici nella Costituzione: la pedagogia linguistica efficace è
democratica solo se accoglie e realizza i principi linguistici esposti nella costituzione
(ART.3: uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzioni di lingua) e propone tale
uguaglianza rimuovendo gli ostacoli che vi si frappongono
5. Occorre tenere d’occhio non solo le capacità produttive ma anche quelle
ricettive, verificando la comprensione di testi scritti o registrati
6. Inefficacia della pedagogia linguistica tradizionale: un test per verificare la
comprensione di un testo non dovrebbe costringere l’allievo ad usare la scrittura
perché potrebbero essere limitate le capacità di scrittura
7. Limiti della pedagogia linguistica tradizionale: si sofferma molto sulla produzione
scritta piuttosto che su quella orale (se non ho lessico, non ho lingua), ma l’una non
deve prevaricare l’altra.
8. L'insegnante deve addestrare alla conoscenza e all’uso e alla varietà spaziale e
temporale, geografica, sociale, storica, che caratterizza il patrimonio linguistico dei
componenti di una stessa società: imparare a capire e apprezzare tale varietà è il
primo passo per imparare a viverci in mezzo senza esserne succubi e senza
calpestarla.
9. Nuovo curriculum per gli insegnanti: bisogna integrare nella loro complessiva
formazione competenze sul linguaggio e sulle lingue di ordine teorico, sociologico,
psicologico e storico.
10. Il salto di qualità e quantità delle conoscenze di scienze linguistiche richiesto agli
insegnanti è impensabile senza l’organizzazione di adeguati centri locali e
regionali di formazione e informazione linguistica e educativa.
IPOTESI COMPORTAMENTISTA
L’ipotesi comportamentista parte dall’assunto che l’apprendimento del linguaggio sia una
questione di imitazione e formazione di abitudini.
L’apprendimento viene considerato come risultato di una condizione ambientale: il bambino
impara attraverso le realizzazioni di certe comportamenti (abitudini), attraverso l’imitazione
ed il rinforzo. Il focus è incentrato sulla pronuncia e sull’uso delle parole piuttosto che
sull’acquisizione della grammatica. Lo sviluppo della grammatica per il bambino è, dunque,
l'apprendimento di una serie di associazioni tra parole che conducono ad una classe di
parole.
L’ipotesi comportamentista afferma dunque che l'apprendimento di una lingua da parte di
bambini si basa su un processo imitativo, una sorta di processo ricostruttivo in cui i bambini
fanno uso della conoscenza sintattica che possiedono già e dunque costruire uno strumento
di sviluppo della loro competenza linguistica. La routine è una ripetizione costante di schemi
o di etichette offerte dalla madre che permettono al bambino di assumere un ruolo attivo
nella conversazione ed hanno modo di esibire le capacità linguistiche nel corso del loro
sviluppo.
CRITICA: L'ipotesi comportamentista spiega solo come i bambini imparano alcuni aspetti
regolari e routinari del linguaggio ma non tiene conto dell'aspetto creativo e produttivo del
linguaggio. (“le macchine pistose”)
PAVLOV nel 1903 individua il “riflesso condizionato”: Pavlov aveva studiato il rapporto tra un
comportamento naturale e spontaneo e la possibilità di condizionare questo comportamento
utilizzando degli stimoli particolari.
ESPERIMENTO DI PAVLOV
Un cane inizia a salivare in maniera non volontaria nel momento in cui esposto allo stimolo
del cibo, senza poter soddisfare la fame.
Il cibo e la salivazione sono stimoli non condizionati e una risposta non condizionata.
Se suona una campanella, ciò non provoca nulla nel cane ma se il cane viene esposto
contemporaneamente ad uno stimolo non condizionato ( cibo) che provoca una risposta ( la
salivazione) e al suono della campanella ( suona associato alla visione del cibo) ciò fa sì
che lo stimolo neutro, cioè la campanella, diventi uno stimolo condizionato.
SKINNER in Verbal Behaviour (1957) cerca di spiegare l’acquisizione della sintassi tramite
l’elaborazione delle nozioni di STIMOLO -RISPOSTA- RINFORZO e di associazione.
Nella visione di Skinner ci si allontana dal condizionamento classico basato sullo sviluppo
della competenza ricettiva. Skinner parla di CONDIZIONAMENTO OPERATIVO.
-PRODUZIONE
-RINFORZO: Il rinforzo serve a premiare una situazione in cui il bambino deve imparare un
comportamento verbale non solo ricettivo ma anche produttivo. (Avviene da parte dell'adulto
la richiesta di imitazione dell'input.Con l'imitazione ottimale, l'adulto rinforza la gratificazione)
-PUNIZIONE: è il non ricevere una gratificazione di quello che ci aspettiamo.
-AGENTI AMBIENTALI: ad es i genitori che intervengono sul soggetto
-PRODUZIONE CON IMITAZIONE
ESPERIMENTO DI SKINNER CON I PICCIONI
Skinner rinchiude in una gabbia un piccione e nota che il comportamento istintivo del
piccione è o girare su se stesso o beccare. Ogni volta che girava su se stesso otteneva cibo
quindi Skinner gli dava il “rinforzo”. Dopo molte volte il piccione capì che girare su se stesso
gli permetteva di ottenere cibo e quindi ogni volta che aveva fame girava su se stesso.
IPOTESI INNATISTA
Nel 1959 Chomsky pubblica una terribile recensione a “Verbal Behaviour” di Skinner in cui
distrugge l'impianto teorico del comportamentismo.
Chomsky parte dall'ipotesi che gli esseri umani siano programmati biologicamente per
il linguaggio, esso si sviluppa come si sviluppano altri funzioni e organi del nostro corpo.
Secondo questo modello “io” non imparo perché sono esposto ad un input (ipotesi
comportamentista), ma l'input mi serve solo per innescare ciò che già proprio della mia
mente. Una delle prove che sostengono l'ipotesi innatista è che gli animali che ricevono un
training intensivo non imparano a manipolare un sistema simbolico complesso quale il
linguaggio naturale, come è in grado di fare un bambino di tre o quattro anni.
Centrale nel modello innatista e la grammatica: essa è innata e permette al bambino di
produrre elementi grammaticalmente corretti anche essendo esposto ad input non corretti.
L'input che gli adulti forniscono ai bambini infatti non è sempre perfetto e adeguato,
morfologicamente o grammaticalmente precisi eppure i bambini riescono ad imparare bene.
La forma di ogni lingua possibile risiede nella Grammatica Universale i cui principi sono
innati e parte di un programma genetico.
Il principio della dipendenza dalla struttura: La conoscenza del linguaggio si basa
sulle relazioni strutturali che esistono nella frase e non sulle sequenze lineari delle
parole. È necessario operare un'analisi strutturale della frase per applicarlo.
ES. a. The man who is tall is in the room
b. Is the man who is tall in the room?
c. Is the man who tall is in the room?
Chomsky sostiene che il bambino non produrrà mai frasi del tipo c perché egli possiede il
principio della dipendenza dalla struttura, che non viene appreso ma che fa parte delle
condizioni per l'apprendimento del linguaggio, quindi è innato.
In realtà Ingram, osservando i bambini, ha mostrato che i bambini più piccoli hanno la
tendenza ad accordare il verbo con la parola che viene immediatamente prima ( principio di
indipendenza dalla struttura) è solo crescendo questa regola dell'Indipendenza scompare e
viene sostituita da quella della dipendenza dalla struttura.
Il parametro del soggetto nullo: si può presentare attivo in alcune lingue come l'italiano o
lo spagnolo dove il soggetto può non essere espresso e disattivato in altre come l’inglese o
il tedesco dove il soggetto è obbligatorio.
LA GRAMMATICA UNIVERSALE
La GU trascura tutto quello che è attorno all’apprendente: ambiente esterno, metodologia,
contesto, caratteristiche dell’individuo. L’acquisizione della L2 è intesa come un processo di
riposizionamento dei parametri attraverso l’Input → i parametri possono essere attivati o
disattivati (es del parametro del soggetto nullo). La GU gioca un ruolo fondamentale nel
filone innatista, senza una conoscenza innata di principi universali specificamente linguistici
sarebbe impossibile imparare una lingua, in quanto l’Input sarebbe quantitativamente e
qualitativamente insufficiente, mancando indicazioni su ciò che è grammaticale.
L’acquisizione conseguirebbe allo sviluppo dell’organo mentale del linguaggio, del cosiddetto
dispositivo di acquisizione della lingua, innato, sviluppo guidato dalla GU. Entrerebbero in
gioco i cosiddetti UNIVERSALI LINGUISTICI (principi innati invarianti), distinti in universali
sostanziali (tratti fonologici, categorie sintattiche ricorrenti) e universali formali comprendenti
principi e parametri. I principi varrebbero per tutte le lingue umane, i parametri invece
renderebbero conto delle differenze sintattiche tra le lingue.
Secondo tale modello imparare una lingua consisterebbe essenzialmente nel fissare il valore
dei parametri di GU (parameter setting) in base alle caratteristiche della lingua dell’Input
ambientale. L’operazione di fissazione dei parametri concernente l’acquisizione della
grammatica, andrebbe integrata con l’acquisizione del lessico, della fonologia, della
semantica e della pragmatica, tendenzialmente non soggetti a parametrizzazione.
Inizialmente il riferimento alla GU valeva per l’acquisizione della L materna,
successivamente, i generativisti l’hanno proposto anche per la L2. In tale ottica,
l’acquisizione di una L2 consisterebbe nel riposizionamento dei parametri di GU.
Il parere degli studiosi non è concorde nell’apprendimento della L2. Varie posizioni:
1. La GU come modulo innato sarebbe la responsabile dello sviluppo della L1, ma tutte
le L2 verrebbero apprese utilizzando altri processi e meccanismi di apprendimento
(INACCESSIBILITÀ)
2. Il modulo innato e mentale della GU agisce sempre ed esattamente alla stessa
maniera sia in L1 che in L2 (PIENA ACCESSIBILITÀ)
3. La GU ha generato la L1 e quando si impara la L2 si passa sempre attraverso la L1 e
tramite la lingua materna si ha accesso a principi e parametri della GU per
rimodulare la L2 (ACCESSIBILITÀ INDIRETTA)
4. La GU pienamente presente nella L1 con i principi e parametri ma mette in dubbio il
modo di agire dei parametri della L2. I principi universali continuano ad operare
mentre i parametri sono indeboliti (ACCESSIBILITÀ PARZIALE)
Chomsky ha continuamente rielaborato la sua teoria.
IPOTESI COSTRUTTIVISTA
Secondo questo modello si fa riferimento a strutture cognitive per rapportarsi alla realtà
esterna, conoscendola attraverso l'esperienza e grazie a questa ricavare una serie di
informazioni che vanno a sistematizzararsi all'interno del sistema cognitivo e diventano
sempre più articolati.
L'ipotesi costruttivista si pone come mediazione tra le due ipotesi precedenti: il bambino non
ha tutto già nel patrimonio genetico (ipotesi innatista) e nemmeno l'acquisizione dipende
soltanto dall'esposizione alla lingua degli adulti (ipotesi comportamentista). Le strutture del
linguaggio del bambino dipendono dalla struttura delle abilità cognitive e
socio-cognitive, che non sono già complete alla nascita, ma si devono sviluppare
grazie all'esperienza e all'interazione.
L'input diviene fondamentale: la ricorrenza di segnali in momenti significativi nella vita del
bambino nel corso di routine quotidiane come pasti, momenti di gioco, facilita l'acquisizione
del linguaggio e la segmentazione degli input linguistici.
E' importante quindi che vi siano delle routine, schemi conversazionali standardizzati e
ripetuti.
Il paradigma costruttivista ha cercato di indagare sulle differenze che i bambini mostrano nel
processo di acquisizione del linguaggio. molti studi hanno evidenziato che i bambini non
apprendono tutti allo stesso modo e che seguono, almeno per le prime fasi, percorsi
acquisizionali differenti.
I PATTERN (strutture di base) più frequenti e trasparenti nella lingua sono i primi ad
essere acquisiti. la tipologia più frequente e quella su base morfologica che etichetta e
raggruppa le lingue a partire dal modo in cui costruiscono le parole. quindi è possibile
prevedere percorsi che i bambini compiono nell'acquisizione dei sistemi linguistici sulla base
della loro complessità linguistica. (lingue flessive, isolanti, agglutinanti)
Il bambino mostra un interesse maggiore per quelle parti di enunciato che sono interpretabili
al suo livello di competenza linguistica e che presta attenzione in modo selettivo al
linguaggio dell'adulto diretto da lui.
Il primo principio proposto da SLOBIN è quello secondo cui i bambini prestano attenzione
alla fine delle parole. Tale principio prevede, ad esempio, che i suffissi vengono acquisiti
prima dei prefissi.
Secondo questa teoria la lingua viene utilizzata per esprimere le cognizioni del
bambino dell'ambiente fisico e sociale, per cui un bambino non può iniziare ad usare
una forma in maniera significativa fino a che non sia capace di riconoscere cosa
significa.
BABY TALK O CHILD DIRECTED SPEECH
Numerosi studi hanno indagato sugli effetti dell’input sul processo di apprendimento, nel
caso del bambino ovviamente ci riferiamo all’esperienza che fa della lingua, se gli input sono
totalmente casuali non genereranno apprendimento, infatti è importante che l’input venga
fornito in momenti significativi nella vita del bambino nel corso di routine quotidiane come
pasti, momenti di gioco, perché così si facilita l'acquisizione del linguaggio
(Video “motherese sample”: Esperimento per capire se una volta scoperto, per caso, che
girando la testa verso sinistra si produce la voce di una madre, il bambino sottoposto
all’esperimento possa essere indotto a guardare sempre verso sinistra. Dopo otto volte però
il bambino inizia a compiere una preferenza, quindi ha una possibilità di scelta cioè girarsi
verso sinistra. Questo esperimento indica come la routine non annoia il bambino). La
semplicità del linguaggio rivolto ai bambini facilita la scoperta delle strutture.
Le PECULIARITà DEL BABY TALK: (fino a 16 mesi) riguardano sia la Componente
linguistica che la Componente affettiva: infatti l'adulto si pone come supporto e
sostentamento del bambino. Per quanto riguarda le caratteristiche fonologiche vi è una
semplicità fonologica, quindi una combinazioni di vocali e consonanti ben distinta, anche la
sintassi è semplificata, ci sono minori trasformazioni, pochi verbi per ogni enunciato, piu
parole contenuto, piu imperativi e piu domande soprattutto nelle prime fasi. A livello
semantico invece c’è un lessico piu ristretto ed un utilizzo di termini unici riferiti ad un solo
oggetto, quindi si evita la polisemia, poi c’è un riferimento costante al luogo ed al momento
dell’enunciazione. Per quanto riguarda la pragmatica si utilizza un linguaggio molto
espressivo, con affissi diminutivi o vezzeggiativi.
1. Livello prosodico: volume alto della voce, modulazione della voce, lenta e accurata
delle sillabe, molta enfasi intonativa
2. Vi sono anche molti elementi deittici: l'indicazione verso qualcosa per attirare
l'attenzione del bambino.
Il Baby Talk è stato associato ad una serie di varietà di lingua che gli adulti nativi utilizzano
con gli stranieri per superare le incomprensioni derivanti dalla diversa padronanza del codice
linguistico.
FOREIGN TALK →
è una varietà linguistica (varietà diafasica) vi è una modificazione nella lingua quando si
parla con i non nativi. Queste modificazioni sono istintive, per comunicare si semplifica, si
rallenta la produzione, si riduce la complessità morfologica e sintattica. pronuncia enfatizzata
(volume amplificato, allargamento delle pause;
selezione di un vocabolario basico;
utilizzo di una sintassi semplificata (con rinuncia all'ipotassi o ad alcuni elementi connettivi);
rinuncia alla trasmissione di concetti troppo articolati (ad esempio, i concetti astratti);
ricorso a parafrasi in sostituzione di termini ritenuti difficili;
ricorso alla gestualità;
uso di riferimenti deittici;
ricorso a onomatopee;
L'adozione del foreigner talk, nello sforzo di rendere il parlato massimamente comunicativo, può
facilmente comportare la produzione di enunciati agrammaticali. In qualche caso, può anche
denotare l'assunzione di un atteggiamento di superiorità o comunque la scelta per un registro
meno formale. L’uso prolungato del foreigner talk poi può inibire la progressione dell’apprendente
nel processo di acquisizione delle competenze in L2 o comunque potrebbe portare anche alla
fossilizzazione di alcune forme gramamticalmente scorrette.
TEACHER TALK → particolare varietà di lingua che utilizza il docente in classe: ridondanza,
parlato innaturale e lento - deve essere una lingua comprensibile e formalmente corretta.
INTERLANGUAGE TALK → varietà di L2 utilizzata dagli apprendenti.
APPRENDIMENTO
SPONTANEO: L'acquisizione della lingua avviene soltanto tramite il contatto con la
popolazione locale. Infatti l'input linguistico riguarda una grande parte della vita quotidiana e
rimane in buona parte costante. Però l'input viene fornito a velocità normale proprio perché
parlanti del posto parlano normalmente e da numerosi parlanti perché l'apprendente è a
contatto con modelli linguistici diversi. L'input però non si presenta sempre in modo netto e
chiaro, ma può essere disturbato da rumori esterni. Inoltre non è formulato in funzione dello
sviluppo linguistico dell'apprendimento ma coinvolge l'aspetto comunicativo del linguaggio .
GUIDATO: L'apprendimento avviene di solito in luoghi chiusi e tempi ben precisi ( ore di
lezione). L'input dato dall'insegnante prevede solo una scelta limitata di situazioni
comunicative che si trovano inglobate in un in un insegnamento che mira alla correttezza
degli enunciati. Si tratta dunque di un insegnamento esplicito, con lo scopo di trasmettere
delle regole e delle frasi modello che servono a l'apprendente come base per formare i suoi
discorsi. Inoltre nell'apprendimento della L2 si incontrano delle interferenze da L1 .
MISTO: Coinvolge sia l'acquisizione spontaneo che quella guidata. vi è la combinazione dei
processi imitativi e deduttivi che migliora l'efficacia delle strategie di apprendimento
esplicito. Ad esempio vi sono momenti in cui l'insegnamento non si concentra sulla
trasmissione solo di regole, ma sono momenti in cui la lingua da imparare diventa veicolare
per la comunicazione, come durante la proiezione di un film in lingua originale, l'ascolto di
un telegiornale.
INTERLINGUA:
sistema linguistico in formazione.
Il concetto di Interlingua teorizzato alla fine degli anni sessanta, ha stravolto completamente
la visione della natura degli errori. Esso di fatti, era considerato un indicatore di un
comportamento linguistico imperfetto e di una conoscenza insufficiente delle regole
morfosintattiche. Con gli studi sull’acquisizione della lingua da parte di un bambino (condotti
da Chomsky) e di quelli sull’Interlingua (Selinker) ci si è resi conto che l’errore è parte del
processo dell’apprendimento di una lingua. L’interlingua è una lingua non pienamente
acquisita dall’apprendente che persevera caratteristiche della lingua nativa. L’interlingua,
secondo Selinker, è un sistema a sé stante, una lingua vera e propria che obbedisce a
regole come tutte le altre lingue ed è il prodotto di una grammatica mentale derivante dalla
lingua nativa, quella straniera e da alcuni elementi innati ed inconsci. L’interlingua è soggetta
ad un meccanismo di
sistematizzazione: quando un apprendente acquisisce una nuova regola, si possono
verificare fenomeni di regressione in quanto egli non riesce a trovare una collocazione nella
grammatica acquisita. Grazie al fenomeno di sistematizzazione, l’apprendente riuscirà a
collocare la regola nel sistema
Negli anni ‘50 si credeva che la lingua venisse appresa tramite meccanismi di
stimolo-risposta-rinforzo e imitazione. Il filone piu praticato era l’ANALISI
CONTRASTIVA. L’analisi contrastiva (Lodo, 1957 - Linguistics across cultures) considera
i due sistemi linguistici come due elementi che nel momento in cui ci accingiamo ad
apprendere una L2 entreranno in contatto. Il contatto è fra SISTEMI (fonologici, linguistici,
morfologici, sintattici e lessicali). I sistemi linguistici venivano confrontati nelle loro strutture
al fine di determinare i potenziali errori dell’apprendente, ritenendo difficoltà ed errori
altamente probabili laddove vi erano differenze fra le due lingue → dal contatto si generano
forme errate che se individuate aiutano ad anticipare i potenziali errori dell’apprendente.
Nell’insegnamento bisogna dunque insistere soprattutto sulle strutture di L2 diverse da
quelle della lingua materna.
Gli individui tendono a ‘trasferire’ (transfer) forme e significati (suoni, morfemi) Es. del verbo
processare-elaborare (dall’inglese to process) → prestito semantico.
TRANSFER (fonte dell’errore) → secondo questo filone l’errore era la manifestazione dei
punti di difficoltà che l’apprendente incontrava e questi punti venivano risolti con il
trasferimento di elementi della propria lingua materna alla L2. Gli errori dunque non possono
essere tollerati perché rischiano di ‘fissarsi’, il docente deve utilizzare l’analisi contrastiva per
prepararsi a prevedere gli errori, mettendo a confronto due lingue per volta. Gli elementi più
simili saranno piu facili da apprendere, viceversa quelli più diversi genereranno errori (Lodo).
Alla fine degli anni ‘60-70 la error analysis divenne più importante, gli errori degli apprendenti
aumentavano e dunque i dati empirici smentirono l’ipotesi contrastiva. Risultò chiaro che altri
fattori incidevano sul processo e sull’esito dell’apprendimento oltre alle differenze tra L1 ed
L2 → impossibilità di prevedere in maniera precisa i punti di difficoltà. Gli errori non sono
immediati. Saggio di Pitt Corder ‘The significance of learners errors’ → propose di
interpretare gli errori non in un’ottica comportamentista, ovvero come frutto di imitazione o
abitudini legate alla L1, ma come indizio di un sistema linguistico in formazione. La natura
creativa e regolare dell’apprendimento ascritta al bambino nella lingua materna venne
riconosciuta anche nell’apprendimento della L2, sfociando in una COMPETENZA
LINGUISTICA interiorizzata che Cordere definì COMPETENZA TRANSITORIA o
grammatica dell’interlingua. Corder fece una distinzione tra:
● ERRORS - errori legati alla competence - dimostrano la non conoscenza di un
elemento ma sono la finestra per iniziare a capirlo.
● MISTAKES - errori di esecuzione, performance - errori di distrazione o stanchezza,
lapsus, spesso autocorretti.
Corder evidenziò dunque il carattere in progress dei sistemi linguistici degli apprendenti.
Selinker - INTERLINGUA → designa la lingua imperfettamente posseduta dall’apprendente,
un sistema linguistico a sé stante che risulta dal tentativo di produzione da parte
dell'apprendente di una norma della lingua obiettivo. Individua 5 processi:
1. Transfer linguistico: influsso della lingua materna sull’interlingua
2. Transfer di insegnamento: risultato di elementi identificabili delle procedure di
insegnamento
3. Strategie di acquisizione della L2: risultato del modo in cui l’apprendente affronta il
materiale da imparare.
4. Strategie di comunicazione in L2: risultato del modo in cui l’apprendente affronta la
comunicazione con i parlanti nativi
5. Ipergeneralizzazione del materiale linguistico di L2 (ad esempio la doppia marca di
passato in: What did he intended to say?)
CONTATTO LINGUISTICO
• Una definizione classica di contatto linguistico si trova nell’opera di Uriel Weinreich,
Languages in Contact, 1953 • La compresenza di più lingue negli usi dei parlanti dà luogo a
una situazione di contatto linguistico. • Il contatto di lingue è strettamente associato al
bilinguismo anche se due lingue possono trovarsi a interagire senza che si debba
necessariamente presupporre che i parlanti o le comunità siano bilingui
In ogni situazione di contatto una lingua influisce in qualche modo sull’altra.
• Rapporto unidirezionale = una delle due lingue in contatto accoglie influssi dall’altra
• Rapporto bidirezionale = le due lingue si influenzano a vicenda e si scambiano
reciprocamente materiali linguistici
• Contatto orizzontale (eguale prestigio) • Contatto verticale (una lingua ha prestigio
maggiore)
Contatto verticale prolungato fra due lingue in una comunità parlante = progressiva perdita di
vitalità e decadenza e morte di una delle due lingue • sostituzione di lingua • riduzione della
trasmissione intergenerazionale • in Italia molte lingue minoritarie e in parte i dialetti
Contatto: fenomeni linguistici • Fenomeni linguistici tipici : • prestito / calco • interferenza
delle strutture grammaticali, fonologiche, lessicali, semantico-pragmatiche • code-switching
MORPHEME STUDIES
Questo filone accentuò molto l’aspetto creativo dell’interlingua e formulò l’ipotesi dell’identità
fra acquisizione di L2 e di L1→ presenza di regolarità nelle sequenze di acquisizione; i due
processi sarebbero ascrivibili agli stessi dispositivi mentali innati. Venne oscurato il ruolo
della lingua madre il cui influsso sarebbe un semplice fenomeno di performance e non di
competence. Il paradigma teorico di riferimento è quello innatista e mentalista di matrice
Chomskiana.
Il filtro (socio-affettivo) filtrerebbe l’Input linguistico in base a fattori emotivi: solo su quanto
passa attraverso il filtro ed arriva all’organizzatore (INTAKE) si costruisce la competenza in
L2. Dopo il filtro, l’organizzatore elaborerebbe i dati e li organizzerebbe in un SISTEMA. Il
MONITOR sarebbe il responsabile dell’elaborazione linguistica consapevole derivante dallo
studio della grammatica e visibile nelle autocorrezioni. Il grado della sua utilizzazione
dipenderebbe da vari fattori extralinguistici.
Il soggetto preso in considerazione è l’adulto, per Krashen l’acquisizione è un processo
generato attraverso l’uso della lingua in contesti comunicativi reali → trasmissione di
significati e uso della lingua, sviluppo inconscio delle abilità linguistiche. Non è importante la
forma ma il messaggio. L’acquisizione mette quindi in moto gli stessi meccanismi che utilizza
il bambino quando sta sviluppando la sua lingua materna. Sono processi NON CONSCI: non
si è coscienti delle forme, delle strutture, delle regole, eppure le elaboro e fisso → quindi il
processo di acquisizione può avvenire solo in un contesto di immersione nella lingua.
Krashen invita gli insegnanti a creare in classe condizioni di comunicazione reale che si
avvicinino a quella che è poi la condizione della L2, per generare un un uso spontaneo della
lingua e mettere in moto i processi subconsci dell’elaborazione.
Risultato → acquisizione del linguaggio → competenza linguistica acquisita (subconscia)
“feel for correctness” → sensazione della correttezza → manifestazione della corretta
competenza (conoscenza della regola interiorizzata) che è in grado di permettere al
soggetto di esprimere giudizi di grammaticalità MA non è in grado di spiegarne la regola, di
fomalizzarla.
L2 “language learning” → apprendimento caratterizzato dal fatto di avere una conoscenza
formale metalinguistica ESPLICITA (conscia) della lingua.
Krashen partendo dagli studi di Brown afferma che l’insegnamento non è un processo che
facilita l’acquisizione. Non agevola il meccanismo subconscio dell’analisi dell’INPUT,
dell’identificazione delle regolarità e fissazione. Correggere gli errori non aiuta. Gli adulti
(parents) non correggono tutto ciò che devia nella performance di comunicazione con il
bambino nell’acquisizione della L1 inglese. Agli adulti non interessa la forma, piuttosto il
messaggio trasmesso, dunque quello che si va a correggere è ciò che crea problemi nella
comunicazione.
A partire dal modello del monitor Krashen ha elaborato la Teoria del Monitor, di tipo
deduttivistico, i cui 5 assunti di base sono:
3. Ipotesi del Monitor o Editor: divergenza tra l’acquisizione del bambino L1 e quella
dell’adulto L2. L’ipotesi afferma che l’apprendimento conscio ha una funzione limitata
nell’esecuzione linguistica di un adulto. L’apprendimento conscio non porta
all’acquisizione PROFONDA ma è usato come MONITOR→ qualcosa che verifica ciò
che è stato detto o scritto e corregge applicando delle regole. Quando un parlante
produce un enunciato in L2 secondo Krashen l’enunciato è avviato dal sistema
acquisito, cioè da quello che c’è in profondità. Il MONITOR serve a cambiare gli
enunciati solo dopo che questi sono stati generati dal sistema acquisito. Si possono
cambiare o prima di parlare/scrivere→ momento di riflessione in cui il soggetto
controlla con attenzione ciò che sta per dire, o dopo→ correzione post enunciato
(autocorrezione). La COMPETENZA PROFONDA acquisita genera l’enunciato.
L’uso del monitor è molto limitato, vi devono essere 3 fattori per farlo scattare: - il
parlante deve avere abbastanza tempo, il parlante deve essere spinto, sollecitato a
prestare attenzione alla forma (contesto particolare, formale) è il contesto che fa
scattare il monitor, in ultimo il Monitor non può agire se non si conosce la regola. Il
Monitor non lavora bene su ogni parte della grammatica: ci sono delle cose più
semplici - regole che non prevedono movimenti all’interno della frase, spostamenti di
posizione.
FOREIGN TALK →
è una varietà linguistica (varietà diafasica) vi è una modificazione nella lingua quando
si parla con i non nativi. Queste modificazioni sono istintive, per comunicare si
semplifica, si rallenta la produzione, si riduce la complessità morfologica e sintattica.
TEACHER TALK → particolare varietà di lingua che utilizza il docente in classe:
ridondanza, parlato innaturale e lento - deve essere una lingua comprensibile e
formalmente corretta.
INTERLANGUAGE TALK → varietà di L2 utilizzata dagli apprendenti.
5. Ipotesi del FILTRO AFFETTIVO: perché l’INPUT venga rielaborato ed interiorizzato è
necessario che il filtro affettivo non sia bloccato, che non vi sia ansia, che non
manchino motivazione o autostima. Il filtro ha un ruolo di
FACILITAZIONE/INIBIZIONE, non di causa dell’acquisizione. Il filtro affettivo è legato
ad una variabile dell’individuo e può essere determinante rispetto alla capacità di
essere un buon comunicatore in L2. Krashen richiama gli studi di Dulay e Burt: il filtro
affettivo è un fattore attitudinale, legato alla personalità, non determinato da nessun
insegnamento. E’ una barriera che si può istintivamente alzare tra l’INPUT e la sua
elaborazione per motivi di ansia, di paura. I migliori apprendenti sono quelli che
hanno il filtro affettivo basso, le persone che non si lasciano condizionare dalle
proprie sensazioni. Sono quindi disposti a comunicare con i nativi senza
preoccupazioni, con serenità. L’insegnante in classe dovrebbe incoraggiare attività
che abbassano il filtro affettivo. Secondo il modello c’è necessità di strutturare
competenza acquisizionale. Nella prima fase l’ascolto e l’elaborazione dell’INPUT
accompagnato dalla contestualizzazione e in contesti sereni portano ad una migliore
acquisizione.
SILENT PERIOD → importante nello sviluppo di una L2. Per molti mesi anche i bambini
dopo la prima esposizione dicono pochissimo.
La teoria del Monitor è stata criticata perché carente→ scarsa documentabilità della
differenza tra acquisition e learning, inoltre trascura il processo e gli stadi intermedi
dell’acquisizione.
TEORIE AMBIENTALISTE
(Contesto comunicativo) Queste teorie pongono l’accento sui fattori esterni all’acquisizione,
in senso lato ‘ambientali’, da quelli di tipo socio-culturale alle caratteristiche dell’input
linguistico.
Schumann - MODELLO DELL’ACCULTURAZIONE: interpreta l’apprendimento di L2 come
processo di acculturazione, di graduale appropriazione della L2 e della cultura ad essa
associata. Sono determinanti due fattori: la distanza psicologica e la distanza sociale
dell’apprendente nei confronti della lingua e della cultura. Maggiore è la distanza, più limitata
sarà l’acquisizione → se la distanza non si riduce si resta a forme di interlingua elementari
senza progredire verso la creolizzazione. La distanza sociale è caratterizzata da diversi
fattori (es degli immigrati: due gruppi a contatto forzato):
- dominanza: rapporti di dominanza e subordinazione (politici, storici)
- integrazione: legato all’identità culturale di un gruppo (conservare la propria identità o
assimilarsi al gruppo con cui si entra in contatto) → permeabilità o impermeabilità del
gruppo.
- chiusura (Schumann non parla di singoli ma si riferisce a gruppi): il gruppo che esalta la
propria L1 e cultura di partenza è impermeabile.
- coesione del gruppo: se i legami sono stretti, utilizzano la loro L1, i gruppi non
permettono il contatto.
- dimensioni: il gruppo può essere numericamente piccolo o esteso (es. cinesi in italia)
- atteggiamento: ad es. pregiudizi
- intenzione (progetto migratorio) la durata del soggiorno prevista nel paese straniero
- congruenza (tra L1 e L2 simili) riduce la distanza sociale.
La distanza sociale è in grado di incidere sullo sviluppo di una lingua.
LINGUE PIDGIN: casi di acquisizione ridotta per la forte distanza. Sono lingue semplificate
formatesi in contesto coloniale (contatto della lingua autoctona con quella del colonizzatore),
ma anche le interlingue elementari di immigrati ghettizzati o poco inseriti → si crea un
rapporto verticale, una dominante e l’altra dominata. Sono varietà imperfette con una
utilizzabilità limitata → pidginizzazione
LINGUE CREOLE: se l’integrazione nell’ambiente ospite aumenta, la distanza si riduce, le
varietà si complessificano per un processo di creolizzazione. Le lingue creole sono lingue
complete, autonome. ES. Creolo giamaicano: dopo la situazione iniziale di contatto le nuove
generazioni del gruppo dominato iniziano ad usare il “pidgin” come lingua materna e avviene
la creolizzazione, queste lingue diventano autonome e complete sintatticamente.
Critiche al moodello: che cosa sono gli aspetti culturali? Nel modello di schuman si parla di
perdita o mantenimento dell'identità culturale, gli elementi culturali molto spesso non sono
descrivibili e vi sono casi in cui degli individui possono mostrare un successo maggiore
nell’apprendimento della L2 (stili cognitivi di apprendimento). Le condizioni sociali non
sembrano essere determinanti perché l’individuo con le sue caratteristiche può riuscire ad
ottenere dei risultati che il modello non prevederebbe. Il modello non prende in esame i
fattori cognitivi, cioè lo sviluppo di processi interni all’apprendente e fattori legati
all’insegnamento.
Un primo modello cognitivo scaturisce dalla teoria dell’interlingua, che legge l’acquisizione
della L2 come un processo mentale di costruzione di regole, sistematiche, ma provvisorie,
tramite formazione e verifica di ipotesi. Un altro gruppo di teorie fa riferimento alla differenza
fra conoscenza esplicita, verbalizzabile, affiorante nelle rappresentazioni consapevoli
dell’apprendente, e conoscenza implicita, non verbalizzabile, intuitiva e latente →
CONOSCENZA DICHIARATIVA (Know that) e CONOSCENZA PROCEDURALE (Know
how). L’acquisizione avverrebbe tramite un’automatizzazione e ristrutturazione delle
conoscenze, e sarebbe fortemente condizionata dalle capacità di elaborazione mentale. La
conoscenza esplicita fungerebbe da facilitatore acquisizionale, aiutando l’apprendente a
notare alcuni tratti dell’Input e favorendone l’elaborazione: lo dimostrerebbero studi relativi
agli effetti dell’insegnamento sull’acquisizione, cioè sullo sviluppo della conoscenza implicita
di L2, oltre che sull’incremento di quella esplicita.
COMPETITION MODEL
Puntano molto su fattori cognitivi anche approcci funzionalisti, che correlano l'acquisizione
della lingua con la sua funzione comunicativa, sottolineando i principi che guidano la
scoperta del rapporto forma-funzione delle interlingue, indagano su quali sono i rapporti tra
strutture e forme con specifiche funzioni.
Il competition model utilizza una sorta di metafora di competizione, di sfida: l’apprendente
deve mettere in relazione un determinato elemento formale con una funzione. Secondo
questo modello l’apprendente so basa su INDIZI, formali, più o meno univoci e affidabili,
talvolta in competizione fra loro. L’apprendente, che deve riconoscerne il valore e assegnare
loro il giusto peso, spesso si lascia guidare da criteri di frequenza e salienza.
Es.: agente→ colui che realizza l’azione; / paziente→ colui che la subisce. Ma l’agente è
sempre il soggetto della frase?
Se si fa un’analisi della frase andando a guardare le relazioni logiche tra il verbo e gli
elementi che rappresentano il soggetto e l’oggetto della frase, ovvero MARIO e LA MELA.
Le lingue hanno manifestazioni superficiali di relazioni profonde di tipo semantico-funzionale
e queste relazioni ci permettono di comprendere il significato della frase.
Secondo questo modello non si lavora con le categorie logiche del sogg., compl. ogg. ecc.,
l’apprendente cerca di collegare le categorie semantiche-funzionali profonde, agli elementi
della superficie che li realizzano.
-LA MELA MANGIA MARIO → L’apprendente cerca di elaborare l’input che gli viene offerto
utilizzando una serie di ‘indizi’ per capire in che maniera o con quali forme si presenta in
superficie una determinata categoria.
Gli indizi sono condivisi da tutte le lingue (universali) MA l'importanza che un indizio può
avere dipende da lingua a lingua (limitatezza).
SEQUENZE ACQUISIZIONALI
Modello teorico dell’interlingua → l’interlingua viene definita in una prima fase con il termine
PREBASICA, poi BASICA, e infine POST BASICA. Queste fasi sono state elaborate su una
serie di dati di apprendenti non solo di L2. Questi studi hanno dimostrato che le tre fasi sono
uguali x tutti.
1) PREBASICA: in questa fase iniziale l’apprendente è essenzialmente concentrato
sull’input e la sua analisi, comunica con poche parole in L2 a lui note, facendo molto
leva sul contesto discorsivo e situazionale, sulle conoscenze condivise, aiutandosi
con i gesti (indicando → deissi). Le sue frasi, prive di verbi, preposizioni ed articoli
hanno una struttura essenzialmente nominale, ruotante attorno a poche
parole-chiave (keyword strategy). Domina quello che Givon chiama il MODO
PRAGMATICO.
2) FASE BASICA: Le frasi cominciano ad organizzarsi attorno ad un verbo, spesso non
flesso, in forma di inf. o pres.. La grammatica è ancora (quasi) assente, si osservano
stile telegrafico, scarsità di preposizioni e congiunzioni, paratassi, predominio di
forme non marcate (ad esempio il MS usato per tutti gli agg.). la marcatezza in
linguistica è un concetto differenziale, viene da un’opposizione → forma definita
marcata per opposizione ad un’altra forma non marcata. L’elemento marcato
compare in minore frequenza perché la lingua crea delle situazioni nelle quali le
opposizioni possono determinarsi in alcuni contesti. ES. opposizione morfologica tra
il maschile ed il femminile. Un elemento può essere marcato per i contesti limitati di
uso che può avere → ES. Mal di testa (elemento non marcato, di uso generale) /
Emicrania (elemento marcato, indica un tipo particolare di dolore). In questa fase a
livello semantico-lessicale ci può essere un uso sovresteso o sottesteso delle parole
(termini specifici per generici e viceversa). La distanza sociale in questi casi può
portare ad una fossilizzazione di tale varietà basica (quasi un pidgin).
3) Fase POSTBASICA: ogni progressione nell’interlingua rappresenta una forma di
questa varietà post-basica e un avvicinamento alla L2. In questa ultima fase si
producono frasi con un verbo flesso e compare una morfologia piu regolare, sono piu
presenti articoli, ausiliari, desinenze nominali e verbali, forme di accordo sintattico.
Anche a livello sintattico si ha una complessificazione, compaiono subordinate, fra le
ultime acquisizioni sembrano esservi i vari mezzi per rendere coeso e ben strutturato
un testo.
STRATEGIE DI ACQUISIZIONE
Tecniche e comportamenti che contribuiscono allo sviluppo della competenza in L2 →
procedure per formulare delle ipotesi sulla struttura della L2 e per stabilire le regole della
interlingua sulla base di queste ipotesi. Tra le procedure di acquisizione vi è il TRANSFER.
Esso è un meccanismo che ha delle condizioni che lo facilitano ed altre che lo rendono
meno praticabile. Il transfer dipende dal livello di competenza dell’apprendente, più questo è
basso e più è probabile che faccia ricorso al transfer. Dipende anche dal livello di analisi
della lingua in cui l’apprendente trova il problema, il transfer avviene infatti molto
frequentemente a livello fonetico e lessicale. Un’altra strategia è l’ESTENSIONE
ANALOGICA per cui appresa una regola essa viene sopraestesa a contesti in cui non va
applicata → es. futuro in italiano o passato in inglese → estendere la regola generale porta a
degli errori per le forme irregolari. Il confronto con l’input standard o eventuali correzioni
fanno poi rientrare le sovrestensioni.
Altra strategia è quella in cui l’apprendente evita una struttura che non è capace di utilizzare
(evitamento).
Strategia analitica→ l’apprendente non usa la forma corretta che gli risulta complessa, non
evita la forma ma crea una struttura che sostituisce quella originale in un modo piu
semplificato → ES. se il futuro (aiuterà) è molto complesso, lo può sostituire con una forma
di tipo analitico (sarà aiuto).
Nelle fasi iniziali sono state individuate istanze di SEMPLIFICAZIONE LINGUISTICA,
corrispondenti ad una graduale complessificazione e passaggio da regole generali a regole
più grammaticali. Questi studi però mascherano la realtà del processo che è in realtà molto
complesso e l’apprendente in tutta l’evoluzione va piano piano d acquisire le complessità.
STRATEGIA TOPIC-COMMENT → topic - elemento principale / comment: elemento
aggiunto rispetto ad un topic dato, che precede il comment. Quando nascono le prime
combinazioni (topic-comment), l’apprendente sta utilizzando strategie pragmatiche -
semantiche e non sintattiche.
SEQUENZE DI ACQUISIZIONE
Riguardano alcuni ambiti particolari delle lingue, in particolare la morfologia delle lingue
flessive e la sintassi. Ordini precisi nei quali si susseguono le conoscenze di un determinato
ambito → A>B>C>D (D implica C, C implica B ecc.) Il primo a comparire è A e solo dopo
che A si è formato comparirà B e cosi via. Per tutti gli apprendenti e per tutte le lingue vi
sono le stesse sequenze di acquisizione, qualunque siano la lingua di arrivo e di partenza.
Questi ordini hanno una natura implicazionale, quindi un elemento prevede che ce ne sia
uno che lo precede prima di formarsi. Queste sequenze spesso coincideranno con universali
statistici delle lingue umane.
LA LINGUA MATERNA
Il concetto di TRANSFER(T) nell’ambito dell’acquisizione designa l’influsso che la L1 o altre
lingue note esercitano sul sistema di L2 in formazione. Dopo il superamento dell’Ipotesi
contrastiva, che esaltava il peso di L1 nel ritardare l’acquisizione o causare errori di
interferenza (transfer negativo) in caso di differenze con la L1, il ruolo della lingua materna è
stato ridimensionato, se non negato, dai sostenitori dell’IPOTESI DELL'IDENTITÀ, smentiti
poi da dati empirici. E stato rinnovato l’interessa per il transfer in chiave cognitiva ed è stato
proposto il termine di INFLUSSO INTERLINGUISTICO. Le nuove definizioni proposte
riconoscono il transfer un meccanismo cognitivo basilare, uno strumento euristico nella
scoperta delle proprietà formali della nuova lingua, un filtro che determina la percezione e la
ritenzione di certi tratti della L2 da parte dell’apprendente, una serie di restrizioni imposte
dalle conoscenze preesistenti sui domini da cui si selezionano le ipotesi sui nuovi dati. I
transfer finora analizzati si situano a tutti i livelli linguistici, specialmente in fonologia e nel
lessico. Il transfer si manifesta in modo palese con il trasferimento in L2 di tratti della L1, o
più sotterraneamente con evitamento o ritardo nell’acquisizione di tratti molto divergenti.
Normalmente il transfer non sconvolge le sequenze acquisizionali. Diversamente da quanto
prevede l’approccio contrastivo,l’influsso della L1 è piu frequente laddove è ridotta la sua
distanza da L2.
L’ATTITUDINE
Attitudine personale di un individuo allo studio delle lingue. Una predisposizione legata al
carattere, ad abilità piu linguistiche (discriminazione dei suoni), spiccata sensibilità
grammaticale, ecc.. L’attitudine è composta da piu attitudini specializzate, ognuna
corrispondente ai livelli fonetico, lessicale, sintattico e stilistico di una lingua. L’attitudine allo
studio delle lingue è qualcosa di INNATO e di acquisito allo stesso tempo. Dal punto di vista
della didattica delle lingue non è possibile addebitare gli insuccessi dell’apprendente
semplicemente all’attitudine all’apprendimento. → PREDISPOSIZIONE INNATA +
AMBIENTE CHE FAVORISCE L’APPRENDIMENTO
LA MOTIVAZIONE
Vi sono due categorie: motivazione culturale / motivazione strumentale. Le motivazioni
culturali muovono l’apprendente verso la L2 sulla base di interessi genericamente culturali,
in questo ambito rientra la MOTIVAZIONE INTEGRATIVA → spinta dell’apprendente verso
un inserimento nella società ospite (es. un immigrato), o chi vuole imparare una lingua di
cultura per motivi di lavoro. MOTIVAZIONE INTRINSECA→ spinte intrinseche alla lingua
che si vuole apprendere (ad es. il francese perché suona bene). Si ha motivazione intrinseca
anche quando si impara una lingua per poterne leggere i testi (es. la letteratura russa). Un
altro tipo di mot. intrinseca è quella legata alle diverse situazioni di apprendimento: ad es.
metodologie didattiche piu interessanti o stimolanti.
MOTIVAZIONI STRUMENTALI→ legate al desiderio di un apprendente di raggiungere
specifici obiettivi. Si ha motivazione strumentale generale quando l’apprendente è motivato
dalla necessità di trovare lavoro, per conseguire un titolo di studio, per migliorare la propria
condizione sociale, obiettivi che richiedono un certo periodo di tempo per essere raggiunti.
Es tipico: immigrato x esigenze lavorative.
Un secondo tipo di motivazione strumentale è quello che spinge l’apprendente a migliorare
le competenze in L2 per superare un ostacolo, un test o un’interrogazione.
La spinta alla ricerca di un lavoro o quella di riuscire a superare un ostacolo sembrano
motivazioni piu forti, però tendono a durare meno a lungo. Le motivazioni strumentali sono
molto piu forti nel breve periodo, ma tendono a cedere il passo a quelle culturali se si
considerano lassi di tempo piu lunghi.
STILI COGNITIVI
Strategie e operazioni mentali che l’apprendente mette in atto, piu o meno
consapevolmente.
DICOTOMIA → STILE COGNITIVO DIPENDENTE DAL CAMPO / INDIPENDENTE DAL
CAMPO. Gli individui con stile cognitivo dipendente dal campo sono portati ad elaborare le
informazioni tenendo conto del contesto (fattori contestuali) e riescono ad isolare con
difficoltà i fenomeni dal loro contesto. Gli individui indioendenti dal campo invece riescono ad
elaborare le informazioni in modo analitico isolandole facilmente una alla volta dal contesto
in cui esse appaiono. Lo stile cognitivo si rivela attraverso un test centrato sul
riconoscimento di una figura geometrica presente in un disegno in cui sono sovrapposte
altre figure.
Vari studi hanno rilevato una correlazione → successo nell’apprendimento → indipendente
dal campo → INTELLIGENZA FLUIDA → successo nell’apprendimento linguistico →
capacità di elaborare le strategie alternative al momento → competenza comunicativa.
FATTORI AFFETTIVI
Sono un FILTRO che si attiva o disattiva lasciando passare maggiori o minori quantità di
informazione. Tra questi fattori rientra il livello di ANSIETA - si parla di ANSIA LINGUISTICA
ogni qualvolta un individuo reagisce nervosamente nelle situazioni che richiedono l’utilizzo di
una L2. Individui + attenti alla forma → ansia per le regole / individui + attenti al contenuto →
ansia per il passaggio di informazioni. L’ansia generalmente influisce negativamente
inibendo l’apprendente, studi hanno dimostrato che i + ansiosi sono però quelli che
ottengono risultati migliori in L2. Alpert e Harber distinguono tra:
● ANSIA FACILITANTE: quando rimane sotto una certa soglia, l’apprendente è attento
e concentrato e dunque apprende piu agevolmente.
● ANSIA DEBILITANTE: penalizza l’apprendente limitandone le possibilità di progredire
nell’appr.
Tra i fattori affettivi rientra anche la PERSONALITÀ di un individuo, è diffusa la convinzione
che le persone estroverse siano quelle che apprendono con più facilità una L2.
Ellis definisce così il buon apprendente: sa rispondere alle dinamiche di un gruppo senza
sviluppare ansietà o inibizioni, approfitta di tutte le occasioni per utilizzare la L2, sfrutta le
occasioni di comunicazione in L2, ha una forte motivazione ad imparare e si adatta a tutte le
situazioni di apprendimento.
FATTORI ESTERNI
Fattori sociali- per fattori sociali si intendono le caratteristiche dell’ambiente in cui vive
l’apprendente ed il suo stile di vita che si correlano con l’esito del processo di apprendimento
di L2. Per quanto riguarda l’ambiente in classe è fondamentale il lavoro dell'insegnante nel
motivare gli allievi al perseguimento degli obiettivi, rispettarne i bisogni formativi, lavorare
tenendo conto delle caratteristiche di ogni singolo allievo → tutti devono avere le stesse
opportunità di usufruire dell’Input. Nel caso in cui l’apprendente impari la lingua nel paese
nativo occorre tenere conto anche del tempo che passa fuori dalla classe, fortemente
correlato con i successi o gli insuccessi che si ottengono in classe. è importante che
l’insegnante accompagni la sua valutazione degli allievi con una descrizione della situazione
ambientale dove maturano i loro risultati. L’obiettivo è quello di rapportae gli esiti della
competenza linguistica con indicatori socio-culturali, per una lettura piu adeguata dei risultati
ottenuti.
RAPPORTO TRA AMBIENTE SOCIALE ED APPRENDENTE → ES. di un immigrato per
lavoro → è logico che un apprendente con una condizione sociale soddisfacente dal punto
di vista economico avrà minori difficoltà ad apprendere una lingua straniera. Il rapporto non
è però di causa-effetto, piuttosto è ipotizzabile che molte delle difficoltà nell’apprendimento
siano dovute ad un DISAGIO SOCIALE degli apprendenti.
1. soggetto (apprendente)
2. agente (insegnante, processi, mezzi)
3. oggetto dell'insegnamento: la lingua
Il progetto “ Lingue moderne del Consiglio d'Europa” tra la fine degli anni settanta e ottanta
ha lavorato sulle misure di insegnamento. Il soggetto, l'apprendente, viene posto al centro,
questo significa ricordare al docente che ogni percorso di insegnamento va rimodulato,
ricalibrato sulla base dei soggetti con cui si troverà a lavorare.
I bisogni sono:
Se dunque si pone l'apprendente al centro delle scelte che determineranno gli obiettivi
glottodidattici, la prima fase operativa consisterà nell'identificazione dei suoi bisogni
comunicativi in L2, a livello globale e grammaticale-retorico.
La rilevazione dei bisogni dell'apprendente, se gli apprendenti sono in grado, può essere
fatta attraverso la somministrazione di un QUESTIONARIO. Diversamente saranno
sottoposti ad un'intervista ( per motivi di età, se non si conosce la lingua…)
ES: Questionario ideato dall’università: Fondo Europeo per l’integrazione di cittadini di Paesi
Terzi. Un questionario che permetteva agli apprendenti di accedere ad un corso per saper
gestire la lingua e accedere ai servizi sanitari territoriali e conoscere i propri diritti e doveri
sulla sicurezza sul lavoro. (BISOGNI)
I “LIVELLI SOGLIA”
Per livello soglia si intende un livello minimo di competenza linguistica, grazie al quale
i discenti saranno in grado di sopravvivere, dal punto di vista linguistico, in un paese
straniero e di stabilire e mantenere i contatti sociali con parlanti nativi.
Sono il frutto del lavoro di alcuni gruppi di ricercatori che si sono concentrati verso la fine
degli anni ‘70 e gli inizi degli anni ‘80 sulla redazione dei contenuti di un SILLABO che
potesse essere il più adeguato possibile. Sono gli anni in cui forte è l'idea di lingua come
comunicazione, azione e funzione.
Un esempio può essere il “ livello soglia” elaborato per l'italiano L2 da Nora Galli de Paratesi
nel 1981. Il gruppo di riferimento, formato da apprendenti adulti che intendono trascorrere
periodi più o meno lunghi in, è ulteriormente suddiviso in 6 sottogruppi:
Dati questi destinatari, viene fatta l'analisi dei loro bisogni comunicativi sulla base delle
componenti delle interazioni che si troveranno ad affrontare in L2. In base ai bisogni quindi si
struttura L’OFFERTA FORMATIVA.
METE EDUCATIVE
Durante il percorso formativo l'apprendente raggiungerà una serie di stati successivi, non
solo trasformando la propria competenza linguistica in L2 ma anche la propria personalità. Il
docente di lingua ha il compito di guidare il percorso di apprendimento e potenziare le
capacità individuali dei propri studenti. Le finalità dell'apprendimento, chiamate METE, non
sono verificabili in maniera diretta ma sostanziali nel percorso di apprendimento, quindi
nell'organizzazione bisogna avere degli OBIETTIVI, che possono essere GENERALI o
SPECIFICI.
METE GLOTTODIDATTICHE
Sono le mete specifiche dell'educazione linguistica che si rifanno alle valenze fondamentali
della lingua e alle funzioni linguistiche che le realizzano.
VALENZE
Le valenze non sono isolabili, ma si combinano variamente tra loro e possono essere
riconosciute in quelle che sono le funzioni comunicative, ovvero gli scopi di azione sociale
ed espressione personale. (Balboni). Freddi colloca le funzioni della lingua fra le mete
specifiche dell’educazione linguistica, piuttosto che fra gli obiettivi, siccome le
valenze sono copresenti in ogni funzione in misura diversa e quindi il raggiungimento
di queste mete si può riscontrare nel comportamento globale del soggetto ma non è
misurabile tramite prove oggettive di controllo di language testing.
Nella sociolinguistica degli anni ‘70, Hymes ha rielaborato e integrato il modello di Jakobson
dopo un’attenta riflessione sulle componenti della comunicazione.
Mentre nel modello di Jakobson vi sono solo emittente e destinatario, hymes individua vari
partecipanti: parlante, e emittente, ascoltatore, pubblico o destinatario. Secondo Hymes
bisogna distinguere tra l'emittente, colui che formula il messaggio e il parlante cioè colui che
lo annuncia. Si può essere ascoltatori anche senza essere il destinatario nella
comunicazione.
OBIETTIVI GLOTTODIDATTICI
ABILITà
Il primo degli obiettivi glottodidattici consiste nel mettere in grado lo studente di fare lingua
attraverso lo sviluppo delle sue abilità linguistiche (skills)
ABILITà DI BASE:
1. Produzione orale
2. produzione scritta
3. Comprensione orale
4. comprensione scritta
Se si tiene conto dei canali comunicativi, del coinvolgimento di emittente e ricevente, dei
diversi sistemi linguistici e degli interlocutori che entrano in gioco nelle abilità linguistiche vi
sono altre quattro abilità:
1. Abilità orali, scritte, scritte-orali: Le abilità orali sono quelli che riguardano i canali
uditivo e fonatorio, mentre per le abilità scritte si intendono le abilità legate alla lettura
e alla scrittura.
2. Abilità ricettive, produttive: Il percorso parte dallo sviluppare prima una
competenza ricettiva, che va stimolata e verificata, e poi un competenza produttiva.
Vi sono però delle abilità dove si combinano produzione e ricezione: ad esempio
RIASSUMERE che richiede le capacità di lettura e comprensione e poi anche
scrittura e produzione.
3. Abilità manipolative e interattive: Le abilità manipolative permettono
all'apprendente di agire sulle strutture di superficie di un testo in lingua straniera ad
esempio come trasformare i verbi al passato o volgere i nomi al plurale; le abilità
interattive coinvolgono due o più interlocutori ad esempio attraverso un dialogo.
4. Abilità intralinguistiche e interlinguistiche: Le abilità intralinguistiche riguardano
una sola lingua ( la L1 o L2) e interlinguistiche in cui interagiscono più lingue.
(traduzione o interpretariato)
Un ulteriore obiettivo glottodidattico consiste nel “saper fare con la lingua”: bisogna
rapportare le conoscenze grammaticali e lessicali di cui si dispone a un reale uso
contestualizzato. Quindi conoscere come il contesto e gli interlocutori condizionino la
selezione di una determinata forma.
ES: imperativo di cortesia in italiano. “Le dispiacerebbe venire qui?” - È una forma che lascia
la possibilità al parlante e all'ascoltatore di preservare la propria faccia positiva o negativa.
L'uso del registro formale permette all'apertura di una risposta negativa quindi si lascia
all’interlocutore il margine di rispondere negativamente.
Una guida per l'organizzazione delle operazioni linguistico-comunicative in classe può venire
dai sillabi nozionali-funzionali, come i “livelli soglia”. La prima sezione del livello soglia per
l'italiano intitolata “atti comunicativi” per esempio è suddivisa in 6 capitoli (macroaree):
1. Convenzioni sociali
2. tecniche della comunicazione
3. stati emotivi, sentimenti
4. progetti di azione
5. comunicazioni e opinioni
6. atti di risposta non specifici
Il capitolo “convenzioni sociali” contiene una serie di atti comunicativi che riguardano
l'interazione sociale:
1. Iniziare un contatto
2. chiudere un contatto
3. Ringraziare
4. congratularsi
5. augurare
6. fare le condoglianze
7. scusarsi
8. Brindare
Ogni atto comunicativo viene espresso con una o più espressioni ( esponenti linguistici).
COMPETENZE
Le competenze sono legate all'uso della lingua, quindi una competenza che ci guida nel
saper utilizzare la lingua in modo adeguato secondo il contesto e gli interlocutorI.
1. COMPETENZA D’USO: consiste nel sapere la lingua e saperla integrare con altri
codici disponibili per la comunicazione.La competenza d'uso va dalla competenza
linguistica (struttura del sistema) alla competenza paralinguistica (saper gestire tono
e intonazione) alla competenza extralinguistica (legato a elementi come il movimento
del corpo, prossemica: contatto o distanza nell’interazione) fino a quella
socio-pragmatica (strategica, culturale).
2. COMPETENZA SULL’USO: È la conoscenza degli usi della lingua a livello implicito e
esplicito
3. COMPETENZA MICROLINGUSTICA: Legata all'uso e alla competenza specifica di
alcune varietà di lingua settoriali che presentano lessici peculiari E talvolta
predilezione per alcune strutture morfosintattiche rispetto ad altre
4. COMPETENZA TRADUTTIVA: Competenza interlinguistica
5. COMPETENZA CROSS-CULTURALE: Capacità dell'insegnante di lingua di aprire gli
orizzonti dal punto di vista culturale. Esiste un rapporto di convenzionalità tra fatti
culturali e il modo in cui vengono gestiti all'interno della comunità linguistica.
PROGRAMMAZIONE DIDATTICA
Non ci si può accostare alla programmazione didattica se non si è prima condotto un lavoro
di verifica dei bisogni dell'apprendente e l'identificazione degli obiettivi; poi si passa a
individuare il modo per raggiungerli. Programmare significa quindi selezionare dei
contenuti da produrre nel corso e selezionare uno o più metodi, tecniche, materiali e
strumenti.
SILLABO
Non è facile per l'insegnante scegliere cosa fare e contenuti da selezionare ( cioè Il Sillabo)
per un corso di lingua. Infatti in questa scelta bisogna tenere conto:
- delle condizioni di partenza degli allievi, la loro età e il livello del corso
Anche nell'insegnamento di una lingua straniera l'allievo non parte mai da zero, gli allievi
hanno sempre un'immagine un'idea dell' oggetto di insegnamento.
b) le lingue sono sempre meno Straniere le une rispetto alle altre: strutturate
secondo principi largamente affini
c) ogni parlante può avere già un'idea della lingua chi si appresta a studiare: pur
senza capirla, può averla sentita parlare per caso ho averne percepito
visivamente testi scritti.
- degli obiettivi del corso, che possono essere di tipo generale oppure specifici
cioè destinati a sviluppare competenze abilità di determinati ambiti lavorativi o
settori professionali e quindi possono richiedere l’insegnamento di un lessico
specifico, ad esempio linguaggio economico o linguaggio della moda ecc
- del tempo a disposizione per la realizzazione del corso, cioè il monte ore
complessivo previsto per la realizzazione del corso
Bisogna però tenere conto del fatto che oltre ad una competenza linguistica bisogna
sviluppare anche una competenza comunicativa: quindi questo ha portato alla nascita dei
cosiddetti SILLABI FUNZIONALI, organizzati tenendo conto delle principali funzioni
pragmatiche. I sillabi funzionali sono spesso definiti nozionali-funzionali: in ogni lingua infatti
vi sono delle costanti nozionali ad esempio i modi per esprimere il tempo o la durata delle
azioni, per esprimere l'atteggiamento dei locutori nei confronti del contenuto dei propri
enunciati. Sono stati proposti anche SILLABI PROCESSUALI centrati su particolari attività e
compiti, per esempio saper leggere e utilizzare una mappa, costruire itinerari ecc.
In linea generale, anche in pedagogia, per quanto riguarda la gradazione dei contenuti si è
soliti partire da ciò che è piùsemplice per poi arrivare a ciò che è piùcomplicato, in modo
che le conoscenze nuove si innestino su quelle gia possedute dagli apprendenti.
Un’altra distinzione che possiamo fare è quella tra SILLABO LINEARE che è un programma
che individua una serie di contenuti della formazione e li organizza graduandoli e
disponendoli in modo che una volta trattato quell'argomento non si torni più indietro. Questo
programma è pessimo per l'acquisizione delle lingue, sono Infatti difficilmente praticabili e
poco funzionali a un buon insegnamento linguistico.
VARIETÀ LINGUISTICHE
1. del mezzo o canale usato come supporto del messaggio e della sua trasmissione. è
la variazione DIAMESICA, che permette di distinguere tra lingua parlata, lingua
scritta e lingua trasmessa (ES: finlandese)
2. delle caratteristiche sociali dei parlati, cioè del loro livello di culturale, di
scolarizzazione, età ecc. Variazione DIASTRATICA, quindi collegata alla
stratificazione sociale, in questo caso possiamo parlare di linguaggi infantili, gerghi,
linguaggi popolari.
3. dalle situazioni comunicative e del tipo di interazione più o meno formale che in esse
si realizza. è la variazione DIAFASICA In cui vengono fatti rientrare sia i registri, cioè
gli stili nel parlare, sia i sottocodici.
4. dalle zone geografiche: ogni lingua è soggetta a variazioni DIATOPICHE O
REGIONALI, più o meno marcate. (ES: inglese e americano)
b) è più frammentario e più ripetitivo: nel parlato è centrale la processualità del farsi
del discorso piuttosto che della correttezza grammaticale
c) è meno preciso anche quanto a vocaboli usati: si usano Infatti vocaboli dal
significato più generico
Il ruolo delle tecniche didattiche è quello di essere strumenti agili cui ricorrere nella
progressione didattica, sia nella fase di costruzione dell’apprendimento stesso, sia nella fase
di reimpiego e fissazione delle abilità acquisite. Le tecniche didattiche sono proposte in
funzione di dinamiche di apprendimento che stimolino gli studenti a pensare in modo
creativo, mettendo in relazione idee e informazioni e aprendo alla ricerca di soluzioni e di
risposte ai problemi della comunicazione. La loro scelta dovrà essere strettamente correlata
al modello di apprendimento e orientata verso gli aspetti cognitivo e metacognitivo. La scelta
di una tecnica, o la messa in atto di procedimenti con ricorso a tecnologie, sono spesso fatte
in funzione di rinforzo e recupero - se non addirittura organizzate ai fini di una possibilità
valutativa delle abilità esercitate. Nel discorso glottodidattico o nella pratica adottata dal
docente, è proprio la linea che considera la tecnica come momento di reimpiego e di
fissazione delle abilità acquisite ad essere privilegiata: in questo caso infatti prevale l’uso
delle tecniche come soluzione ai problemi della distribuzione del corso e come modalità
logistica. Si devono distinguere due livelli a seconda della realtà in cui il docente si trova ad
operare: impiego in ambito istituzionale e in quello non-istituzionale.
Danesi sottolinea tre componenti dell’insegnamento integrato, a cui ascrivere una diversa
opzione d’uso delle tecniche:
Occorre distinguere tra tecniche relative alle abilità di COMPRENSIONE (ascolto e lettura) e
di PRODUZIONE ORALE E SCRITTA. Fra le tecniche di fissazione, rinforzo e
consolidamento delle abilità di comprensione figurano principalmente:
- la procedura cloze, che consiste nell’eliminazione di una parola ogni x; nel vuoto
l’allievo deve inserire la parola mancante o una soluzione accettabile.
- le attività di riordino di materiale linguistico dato in disordine: unità lessicali,
sintemi, complementi, enunciati, paragrafi ecc.
- saper parafrasare
- prendere appunti
- saper riassumere
Distinguiamo tra TECNICHE STRUTTURALI, che mirano allo sviluppo della competenza
linguistica e comunicativa, TECNICHE VISIVE, TECNICHE LUDICHE e UMORISTICHE. Se
si fa riferimento a TECNICHE VISIVE e si fa ricorso ai media, si dovrà considerare che ciò
implica la dotazione efficiente degli strumenti da parte dell’istituzione in cui si opera (sala
multimediale, lettori CD-ROM ecc).
LE GLOTTOTECNOLOGIE
I sistemi multimediali
Osserviamo il mondo dei CD-ROM. Nella loro scelta, si dovranno valutare in una prima fase
alcuni dati specifici, quali le caratteristiche generali del CD-ROM, le caratteristiche dei media
relativamente alle immagini, ai testi, ai canali audio, e agli obiettivi di apprendimento. In
seguito, prima di scegliere, bisognerà conoscerne la tipologia, che, per i CD-ROM prevede 4
possibilità:
L’uso di internet può privilegiare alcune abilità, quelle orali di comprensione e produzione di
messaggi orali, e quelle scritte di comprensione e produzione di testi. Internet apre ad
attività di scoperta, con o senza insegnante, attività di navigazione e di multireferenzialità.
Per usare Internet non occorrono certo profonde conoscenze di informatica. Per ogni lingua
straniera sono ormai disponibili decine e decine di siti web, alcuni dedicati all’insegnamento
della LS, altri disponibili ad offrire risorse tematiche e interdisciplinari di ogni genere.
dati generali, indicatori che offrono un’analisi dettagliata del prodotto, dati relativi ai contenuti
ed ai raccordi interdisciplinari, caratteristiche pedagogiche come obiettivi, courseware,
contesto di utilizzo, field testing. Nella seconda scheda figureranno i tratti salienti della
valutazione del software come:
1. osservazioni esperienziali dell’utente sulla verifica delle qualità o dei difetti tecnici,
qualità della grafica, del suono, della dizione, del colore, della pagina video.
2. La verifica delle difficoltà incontrate nell’utilizzo, interattività, leggibilità, navigabilità,
ipertestualità, autonomia operativa.
3. La verifica delle qualità didattiche: interazione lingua scritta/orale, analisi della
risposta, valutazione dei risultati.
4. La pertinenza del software rispetto alle finalità pedagogiche della Ls, adeguatezza
degli obiettivi, gestione del feedback, livello di motivazione.
VERIFICA E VALUTAZIONE
La verifica e la valutazione sono operazioni complesse a causa dei fenomeni che sono
coinvolti, cioè i modelli teorici di lingua, di competenza, di misurazione che ne
costituiscono i punti di partenza. Un test di lingua è una misura dell’abilità linguistica e i due
aspetti di lingua e misurazione insieme danno luogo all’abilità linguistica (Davies). Ma
siccome la lingua è dinamica e variabile, un sistema aperto, la misurazione è imprecisa o
comunque inesatta, perché applicata a qualcosa di indeterminato come il linguaggio. Anche
l’abilità linguistica è indeterminata, sia dal punto di vista del significato (può riferirsi alla
conoscenza o alla capacità d’uso della lingua) poi dal punto di vista del criterio rispetto al
quale viene misurata e poi dalla fissazione dei livelli di adeguatezza e di accettabilità stabiliti
per gli apprendenti, perchè comunque non esistono livelli assoluti visto che gli apprendenti
hanno bisogni diversi a seconda dei contesti. L’altra indeterminatezza riguarda la
competenza nell’uso concreto della lingua in situazioni comunicative reali, perché il test è
comunque una situazione particolare e parziale di verifica, mentre la competenza che si
esprime in contesti reali è comunque di tipo globale. Infatti con un test è impossibile testare
la competenza globale, ma si può solo generalizzare attraverso una serie di performance
ottenute con i test
Il LT è importante sia per il docente che per l’apprendente, l’insegnante comprende il livello
di interlingua che hanno sviluppato i suoi allievi e rapportandolo agli obiettivi che si è posto
può decidere se è opportuno migliorarli, quindi ottiene un feedback sul processo di
insegnamento-apprendimento), i test possono portare a calibrare le attività in base al livello
con l’intenzione di ottenere gli obiettivi formativi stabiliti. Tra l’insegnamento ed il testing
dovrebbe esserci quindi un rapporto di partnership, ma ci possono essere casi in cui
l’insegnamento è stato buono ma il testing meno e viceversa, perciò l'uno deve e può essere
utile all’altro.
Ma la verifica serve anche allo studente, perché attraverso il risultato ottenuto nei test
comprende quanto è riuscito ad apprendere e riceve anche una spinta motivazionale per
continuare con lo studio.
Uno dei problemi del LT è la scarsa attenzione per la costruzione delle prove, perché è una
pratica che richiede tempo: la prova di verifica va calibrata e organizzata in maniera che i
risultati del test abbiano una significatività per l’insegnante.
Altro problema è che testing e valutazione vengono confusi, in questo caso il superamento
dell'esame rischia di essere considerato l’obiettivo primario del processo di
apprendimento-insegnamento. Alcuni insegnanti rifiutano il testing anche perché
condividono la sensazione di ansia e paura con gli allievi → risultati negativi possono
coincidere con metodi di insegnamento sbagliati (da parte dei genitori o enti esterni).
FRAMEWORK E PORTFOLIO
Negli ultimi anni la valutazione e la formulazione di giudizi sulla competenza in una lingua
straniera stanno assumendo importanza fondamentale → imparare una lingua x motivi
strumentali: lavoro, studio, integrazione sociale. Sono necessari strumenti che siano in
grado di dichiarare in modo TRASPARENTE e COMPARABILE la competenza in L2. Il
Consiglio d’Europa ha promosso dunque lo sviluppo di un quadro di riferimento globale,
trasparente e coerente per la descrizione dell’insegnamento e dell’apprendimento delle
lingue europee a tutti i livelli (Common European Framework of Reference). Inoltre, per
favorire la mobilità il Consiglio ha stabilito che ogni cittadino europeo dovrà avere una sorta
di passaporto linguistico - PORTFOLIO - dove sono specificate in modo trasparente e
comparabile le competenze nelle lingue straniere imparate. Trasparenza e coerenza
rendono possibile la paragonabilità.
REQUISITI DI UN TEST
Un test per essere definito ‘buono’ deve innanzitutto rispondere a due criteri fondamentali:
VALIDITÀ e AFFIDABILITÀ (o attendibilità). Il primo criterio corrisponde al bisogno di
esplicitezza, chiarezza e precisione, il secondo criterio riguarda il controllo della
indeterminatezza. Un test è valido se verifica accuratamente quello che va verificato, se ad
esempio un test di ascolto che vuole misurare la capacità di capire un testo parlato misura
solo le capacità di memoria dell’apprendente non è valido, inoltre test inadeguati alla
competenza che intendiamo misurare non saranno validi perché non danno informazioni
attendibili sulle reali capacità degli studenti.
Per quanto riguarda l’affidabilità un test è ritenuto affidabile o attendibile se fornisce i risultati
il più possibile uguali se viene somministrato in momenti diversi o valutato da valutatori
differenti. Nel primo caso l’affidabilità dipende dalla forma del test, dal suo aspetto grafico o
dalle condizioni di somministrazione del test (aula rumorosa ad es.). Nel secondo caso
dipende tutto dal valutatore, chiaramente un item che ammette un’unica risposta sarà
valutato sempre in modo uguale, il problema sorge quando vi è la risposta libera o sono
ammesse più risposte. Occorre fornire in questi casi strumenti che riducano al massimo
l’inaffidabilità, come fornire un elenco dettagliato delle risposte possibili, punteggi diversi per
ciascuna di queste risposte, oppure formare bene i valutatori nel compito. Dunque chi
costruisce test linguistici dovrà cercare di realizzare prove il più possibile valide ed affidabili.
TIPI DI TEST
I test devono fornire informazioni sulla competenza linguistica di chi si sottopone ad essi, in
base agli scopi della valutazione si possono distinguere tre tipologie di test: di livello
(placement test), test di profitto (achievement test) e test di competenza (proficiency tests).
1) TEST DI LIVELLO: test classico dei primi giorni di organizzazione dei corsi di
lingua, permette all’insegnante di collocare i propri allievi in un determinato livello
di competenza linguistica ed individuare il programma di insegnamento piùadatto
a tali competenze. Questi test sono utili soprattutto alle istituzioni (scuole,
università), è bene che siano test brevi, facili e veloci da somministrare e valutare
perché potrebbe essere necessario sottoporvi un gran numero di studenti
nell’arco di un breve periodo di tempo.
2) TEST DI PROFITTO: sono strettamente legati agli obiettivi o ai contenuti di un
corso di insegnamento, sono costruiti allo scopo di verificare se ciò che è stato
imparato corrisponde a ciò che è stato insegnato o a ciò che era contenuto nel
programma. Questi test possono essere somministrati in un determinato
momento del corso e allora si parla di verifica processuale o in itinere, oppure alla
fine → verifica finale. I test di profitto possono essere utilizzati dagli insegnanti
anche a scopo diagnostico, per individuare i punti di forza e di crisi durante il
processo di apprendimento, evidenziare che cosa gli studenti sanno e di
conseguenza cosa è necessario rinforzare con attività di recupero.
TIPI DI PROVE
Oggetto del testing è dunque la competenza in lingua straniera, gli aspetti di tale
competenza oggetto della verifica possono variare. In base a questo possiamo distinguere
tra prove fattoriali e prove integrate.
- prove fattoriali o a punti discreti: servono per verificare un solo fattore o un solo
elemento alla volta, anche item per item (ad es. una prova per verificare solo la
conoscenza del futuro).
In base alla loro costruzione le prove possono essere suddivise in prove dirette o indirette.
Una prova si dice diretta quando è possibile verificare direttamente l’abilità del candidato
nell’eseguirla. Ad es. una prova orale in cui si chiede a due studenti di fare una
conversazione su un determinato argomento. Prove di questo tipo si utilizzano solitamente
per verificare le abilità produttive, cioè la scrittura e il parlato, le cui esecuzioni sono
direttamente osservabili. Le abilità ricettive, lettura e ascolto, non possono essere osservate
direttamente: per verificarle è necessario costruire dei test che indirettamente ci aiutano a
capire se quella abilità è posseduta → prove indirette.
Le prove possono essere classificate anche in base al modo di assegnazione dei punteggi:
soggettive e oggettive. Una prova si dice oggettiva se l’assegnazione del punteggio non
richiede alcun tipo di giudizio da parte del valutatore, questo utilizzerà semplicemente il
foglio con le chiavi delle risposte già preparato e seguendo alla lettera i criteri dati decide se
accettare o meno la risposta fornita dallo studente e gli assegna un punteggio. Il valutatore
dovrà semplicemente sommare i punteggi riportati nei singoli item per ottenere il risultato
totale. Ad esempio un test a scelta multipla è un test oggettivo. Per questo tipo di prove
spesso non è necessaria nemmeno la presenza di un valutatore (risposte lette e contate dal
computer). Le prove oggettive più utilizzate sono i quesiti o i completamenti a scelta multipla,
gli abbinamenti e i riordini.
Le prove soggettive sono quelle in cui al momento della assegnazione del punteggio si
richiede un giudizio da parte del valutatore, per decidere il punteggio può fare ricorso alla
propria esperienza o a criteri specifici (griglie o schede). Le prove soggettive vengono
utilizzate soprattutto per verificare le abilità produttive, come la scrittura di un testo su un
determinato argomento oppure la capacità di prendere parte ad una interazione faccia a
faccia. Sono quindi soggettive le prove che verificano in modo diretto la capacità di uso della
lingua. Prove semistrutturate: si richiede all’allievo di realizzare un compito preciso con la
possibilità di eseguirlo in maniera piuttosto libera, ma sempre seguendo vincoli, ad es.
trasformazione di frasi o di testi partendo da elementi dati, riassunti ecc. La valutazione di
queste prove è meno soggettiva.
SOGGETTIVITÀ /OGGETTIVITÀ
Nelle prove oggettive l’oggettività è riservata solo al momento di assegnazione dei punteggi,
infatti l’operazione di preparazione della prova è soggettiva. Il vantaggio delle prove
oggettive risiede nella loro grande affidabilità, infatti vengono spesso preferite ad altre prove.
Il rischio però è che la ricerca dell’affidabilità venga fatta a discapito della validità.
Comunque è necessario che ogni tipo di verifica sia realizzato nel modo piùoggettivo, valido
e affidabile possibile. Occorre controllare l’indeterminatezza per ottenere una valutazione
affidabile, per fare ciò è necessario fissare in modo esplicito e preciso quale grado di
competenza deve essere elicitato attraverso quella prova, poi si deve scegliere una prova
adeguata e rappresentativa del tipo di competenza che si va a valutare. Inoltre, al momento
della valutazione, bisognerà utilizzare dei criteri precisi che descrivano in modo dettagliato
gli aspetti della competenza, le attività comunicative e le strategie che valutiamo. In
appendice al Framework i descrittori della competenza comunicativa, delle strategie e delle
attività comunicative si trovano organizzati in modo scalare.
VALUTAZIONE FRAMEWORK
Il Framework europeo è utile sia per la costruzione delle prove sia al momento della
valutazione per ridurre la soggettività ed aumentare la validità e affidabilità di queste. Infatti il
Framework propone una lista di operazioni che dovrebbero sempre essere eseguite da chi
vuole realizzare un test di qualunque tipo:
- non prendere mai decisioni da soli al momento della selezione dei contenuti e
della scelta delle performances richieste ai candidati ma collaborare con altri.
- preparare delle GRIGLIE (chiavi) di correzione precise per le prove indirette, cioè
per le prove oggettive, e basare la valutazione delle prove dirette su dei criteri di
valutazione dettagliatamente definiti.
- fornire ai valutatori una FORMAZIONE adeguata sulla base di linee guida relative
alla valutazione
Tramite i dati si possono ottenere le statistiche sui risultati che ci aiutano ad evidenziare
l’andamento del profitto di una classe, ad esempio attraverso il calcolo della media dei
punteggi ottenuti. Le procedure statistiche ci possono aiutare soprattutto ad identificare
quanto fattori diversi dall’abilità linguistica possono aver condizionato il risultato di una
prova. Sono calcoli che ci aiutano a capire se una prova ho un singolo item hanno
funzionato oppure no, qual è il loro grado di affidabilità e validità. Una prova in cui tutti hanno
fallito o che tutti hanno superato evidentemente non era una prova valida. I calcoli attraverso
i quali si possono ricavare informazioni sulla validità e sulla affidabilità di una prova sono
complessi e si effettuano tramite coefficienti statistici. Le analisi che riguardano i singoli item
di una prova servono a distinguere gli item che hanno funzionato da quelli che non hanno
funzionato e che è quindi necessario modificare o sostituire. Il coefficiente di correlazione
item-test mette in correlazione il risultato totale della prova col risultato del singolo item. Il
coefficiente di facilità di un item serve a determinare il grado di discriminatività dell’item.
L’analisi dei distrattori (cioè le scelte alternative alla scelta esatta nella scelta multipla) ci
permette di capire quali distrattori vanno sostituiti.
Su un altro tipo di analisi, formulata dal matematico danese Rasch si basa la ITEM
RESPONSE THEORY. Questa teoria si fonda sul teorema che la performance di un
individuo in un item dipende sia dal livello di difficoltà dell’item stesso sia dal livello di abilità
dell’individuo. Quindi studiando le correlazioni tra item e performance si riesce a fare
previsioni sulla performance di un individuo in un determinato item, sul suo livello di abilità,
sulle caratteristiche di singoli item.
IL METODO
Nella didattica linguistica l'insegnamento può e deve essere concepito come un processo di
facilitazione dell'apprendimento. Il concetto di metodo è nato dall'esigenza di rispondere alla
complessità che ne deriva attraverso una riflessione teorico-pratica sulle modalità
dell'insegnamento linguistico. I METODI possono essere considerati delle teorie
dell'insegnamento della lingua, che tendono a presentarsi come unitarie e coerenti sia nei
principi generali che ispirano, di ordine linguistico e pedagogico, che nelle linee di intervento
didattico che vanno dalla individuazione dei contenuti alla scelta delle tecniche, a quella dei
materiali, alla condotta dell'insegnante nella classe.
- la prima fase, che dal secolo scorso si estende ai primi decenni del Novecento,
corrisponde all'innovazione didattica dell'insegnamento delle lingue e alla
produzione di una manualistica specifica.
- La seconda fase, che va dagli anni 40 a tutti gli anni sessanta del Novecento, è
caratterizzata da una grande espansione dell'insegnamento delle lingue
straniere.
METODO GRAMMATICALE-TRADUTTIVO
Sviluppatosi inizialmente per l'insegnamento delle lingue classiche (latino e greco), il metodo
grammaticale traduttivo si diffonde a partire dalla fine del Settecento e per tutto
l'Ottocento.Questo primo approccio identificava la traduzione meccanica come unico metodo
di verifica delle proprie competenze. “Conoscere una lingua” veniva considerata un
equivalente di apprendere le regole grammaticali ed il lessico di una lingua. Le regole
grammaticali Infatti venivano memorizzate: non si va dall'uso all'astrazione.
TECNICHE
ES: La frase relativa. il pronome relativo può svolgere all'interno della frase più funzioni:
soggetto, complemento oggetto, complemento indiretto e potrebbe non coincidere con il
punto di attacco della frase principale; la frase relativa infatti può avere diversi livelli di
incasso. La frase relativa secondo questo metodo non verrà presentata in maniera ciclica o
secondo gli usi ma in maniera esaustive complessa in un'unica volta.
Una vera conoscenza della lingua non veniva stimolata o sollecitata. Le abilità erano
ristrette proprio perché veniva utilizzato un sillabo lineare basato sulla grammatica:
l’allievo mette in atto solo le abilità di memorizzazione di regole che non si
trasformano in competenza.
READING METHOD
Il metodo di sola lettura viene elaborato negli anni ‘20 del 900 in Inghilterra e negli Stati Uniti
come variante del metodo grammaticale-traduttivo. Questo tipo di metodo è concentrato
sullo sviluppo della sola abilità di lettura e comprensione dei testi. Questo relativo
successo glottodidattico continua ad essere utilizzato nell'insegnamento delle lingue per
scopi speciali ( varietà tecniche della lingua)
Rispetto al metodo grammaticale traduttivo non cambia l'idea che la conoscenza linguistica
consista nell'implementazione di conoscenze lessicali e conoscenze grammaticali Tuttavia
l'idea è che sia possibile stringere gli obiettivi dell'insegnamento-apprendimento ad una sola
abilità, quella di lettura e comprensione dei testi in lingua straniera senza mediazioni
traduttive.
Comporta però solo una funzione strumentale minima della competenza linguistica,
cioè essere capace solo di leggere un testo e capirlo.
TECNICHE
Uso della L1 come lingua dell'insegnamento, esercizi di lettura orale in L2: due diversi tipi di
lettura quella rapida ESTENSIVA (il senso generale) e quella INTENSIVA (su cose
specifiche).
METODO DIRETTO
La mutata visione dell'insegnamento scolastico delle lingue straniere, che inizia ad essere
motivato dalle esigenze pratiche della comunicazione tra paesi diversi, e lo sviluppo della
fonetica sperimentale come parte integrante della linguistica descrittiva convergono nel
conferire quell’importanza prioritaria al parlato rispetto allo scritto.
Si sottolinea la funzionalità della lingua rispetto agli scopi pratici della comunicazione, con
conseguente abbandono della Dimensione letteraria a favore di usi linguistici fondati sul qui
e ora.
TECNICHE
METODO AUDIO-ORALE
Si è sviluppato negli Stati Uniti intorno agli anni ‘50/’60 ed è un metodo che si rifà allo
strutturalismo americano ( BLOOMFIELD) che a sua volta aveva assorbito una visione del
modello di Skinner (MODELLO COMPORTAMENTISTA). Alla base del metodo c’è la
convinzione che sia necessario e possibile fondare l’insegnamento linguistico su basi
scientifiche. Rappresenta una reazione al reading method siccome afferma l’assoluta priorità
dell’oralità e di un insegnamento orientato su obiettivi pratico-funzionali. Negli Stati Uniti
intorno agli anni 50 e 60 divenne il metodo ufficiale per l’insegnamento delle lingue.
Gli assunti teorici di questo metodo ruotano attorno alla teoria dell’apprendimento linguistico
formulata nell’ambito dello strutturalismo comportamentistico prima da Bloomfield e poi da
Skinner e Lado.
Secondo questo metodo la lingua viene vista come un comportamente e l'apprendente deve
acquisire abitudini, il comportamento verbale quindi si integra con i comportamenti non
verbali in un circuito di stimoli e risposte. e per farlo deve esercitarsi al fine di memorizzare
degli schemi (PATTERN) fonetici, morfologici, sintattici e lessicali della lingua oggetto di
apprendimento. L’ apprendimento della L2 è quindi un esercizio di imitazione e
memorizzazione con contrasto e confronto tra i due sistemi linguistici. In questo metodo
l’idea è che l'apprendente commette errori nella L2 quando sta deviando da un
comportamento linguistico che vorrebbe la L2 a causa dell'interferenza della L1. In questo
senso per questo metodo è centrale anche l’analisi contrastiva per prevedere ed evitare
eventuali errori dell’apprendente generati dalle interferenze. Infatti in questo metodo vi è una
continua relazione tra insegnamento somministrato e verifica dell’apprendimento (language
testing)
Quando però i due pattern sono simili sia per la L1 che per la L2, verrà chiesto all'insegnante
di non dedicare molto tempo a questi aspetti, ma di dedicare tempo verso quei punti che
divergono tra le due lingue (PUNTI DI CRITICITÀ) - ERRORI DI TRANSFER DALLA L1.
Inoltre questo metodo distingue quattro diverse abilità (skills) linguistiche: speaking e
listening sull’asse prioritario della produttività e oralità, writing e reading sull’asse
produttivo-ricettivo della scrittura.
Nascono i LABORATORI LINGUISTICI (‘50) Perché vi era necessità di uno strumento per
l'insegnamento che non sia soltanto cartaceo. l'ascolto il parlato erano considerate primarie
rispetto alla scrittura e la lettura rimandate ad uno step successivo.
LA SITUAZIONE ATTUALE
La glottodidattica degli anni ‘70 è una disciplina in grande movimento, intorno alla quale si
muovono interessi di ricerca, progettualità politico-educative ed il variegato mondo delle
scuole, pubbliche o private.
Verso gli anni ‘50 l’analisi di Mackay evidenzia quattro momenti distinti nell’apprendimento
(selezione,gradazione,presentazione,ripetizione) che costituiscono una griglia adottata nella
programmazione dei corsi di lingua.
Negli approcci successivi cambia LA FIGURA DEL DOCENTE. Non è più un “leader”
indiscusso ma un FACILITATORE dell’apprendimento. L’insegnante affianca lo studente in
lavori più operativi e non propone più modelli o soluzioni che l’allievo passivamente
recepisce.
L’ANF e il CLT sono determinati a partire dagli anni ‘80 e rappresentano una sorta di
mainstreaming didattico perchè si ha l’adozione generalizzata di strumenti di
programmazione quali il sillabo e l’unità didattica, inoltre si concepisce la didattica come una
forma di agire comunicativo.
APPROCCIO NOZIONALE-FUNZIONALE
COMPETENZA COMUNICATIVA
Il processo di competenza comunicativa sia che avvenga in un setting naturale, cioè per
immersione nell'ambiente della lingua cultura da apprendere, che in un setting istituzionale
quindi attraverso corsi di insegnamento, deve rispondere ad un'esigenza primaria: quella
dell'effettiva capacità d'uso della lingua in questione a scopi comunicativi ovvero di
socializzazione .
La proposta di Savignon prevede cinque aree di attività da svolgere nella classe di lingua,
cioè ci cinque: Un'area di attività e focalizzata sugli aspetti più propriamente formali della
lingua; l'area lingua per uno scopo prevede l'uso di L2 come lingua franca di comunicazione
nella classe; L'aria uso personale di L2 è mirata gli aspetti affettivo-emotivi dell'uso
linguistico; l'area della drammatizzazione è focalizzata sull'importanza dei ruoli nelle
interazione linguistica; oltre la classe prevede il contatto diretto fra le/gli apprendenti e L2.
Si tratta di metodi basati su una disciplina diversa che non era linguistica ma la
PSICOLOGIA, in particolare la psicologia dell’apprendimento.
Allora il cll discende da un modello educativo elaborato da Charles Curran sulla scorta delle
teorie di Carl Rogers (Humanistic Approach to Learning).
L'obiettivo primario è quello di diminuire l'ansia, cioè di rendere il contesto di lavoro più
rilassata, creando solidarietà e non competizione nel gruppo e infatti la disposizione degli
apprendenti in classe è in circolo, con l'insegnante fuori dal cerchio. L'INSEGNANTE
DIVENTA UN CONSULENTE.
Alla fine della lezione gli /le apprendenti tentano insieme di puntualizzare informazioni
intorno al funzionamento della lingua da prendere e, se necessario, l'insegnante assume a
questo punto un ruolo direttivo per fornire ulteriori spiegazioni o chiarimenti ma sono gli
apprendenti che da soli cercano di ricavare le regole rispetto alla comunicazione e
alla conversazione fatta in classe.
SUGGESTOPEDIA
Nella prima fase della lezione l'ascolto si accompagna alla lettura silenziosa, da parte di
ciascun apprendente, della traduzione delle parole del docente; nella seconda parte della
lezione,Il docente ripete il suo testo e gli apprendenti si limitano ad ascoltare; la pendente
dovrà poi ripetere una lettura silenziosa del testo la sera prima di coricarsi e la mattina prima
di alzarsi dal letto. (tecniche di memorizzazione)
SILENT WAY
Insegnante quasi sempre in silenzio perché sono importanti le interazioni spontanee con le
gli apprendenti. L'insegnante parla solo attraverso brevi frasi, spesso imperative, relativa agli
oggetti o alle manipolazioni sugli oggetti stessi.
Questo approccio può essere collegato a livello teorico al natural approach, questo perché
entrambi i metodi sviluppano la problematica relativa all’apprendente a partire
dall’interazione tra conoscenze acquisite e conoscenze apprese nella definizione di quelli
che sono i processi cognitivi. Inoltre entrambi i metodi evidenziano il fatto che la
comprensione della lingua è un momento preliminare e poi successivamente avviene la fase
della produzione con un lieve ritardo. In ogni caso il TPR ha come disciplina fonte possiamo
dire la psicologia, come tutti i metodi olistici, mentre il NA nasce come conseguenza
didattica delle ricerche di Krashen.
Il TPR è stato elaborato da James Asher. È un metodo più adatto ai bambini perché si basa
sul movimento: l'insegnante fornisce input, come nel silent way, che sono perlopiù ordini
(alzati, siediti). All’apprendente quindi viene chiesto di muoversi ecco perché direi
chiesto uno spazio ampio, senza banchi. L'insegnante è in questo metodo la figura che
“dirige il gioco e lo coordina”: i suoi enunciati, perlopiù comandi e richieste, hanno un
risvolto immediatamente operativo nell'esecuzione delle attività richieste, l'attività motoria è
costante nella classe e spesso ludica, in risposta a richieste buffe o paradossali (Cammina
lentamente verso la finestra e fai un salto, metti il tuo spazzolino da denti dentro al tuo libro).
NATURAL APPROACH
Questo metodo è legato al nome di Stephen Krashen, quindi ad una visione della lingua di
tipo cognitivo innatista e si associa ai diversi fattori che possono interferire con il processo di
apprendimento (transfer affettivo, monitor…).
Si valorizzano molto le attività concrete, che richiedono una forte partecipazione fisica dei
l'allievo. Secondo questo metodo infatti l'apprendimento di una L2 procederebbe secondo
una progressione “naturale”, una sorta di legge diacronica dello sviluppo linguistico
individuale. L'acquisizione sarebbe il risultato della processazione spontanea degli input da
parte dell'apprendente,Dunque la fonte delle conoscenze linguistiche tendenzialmente stabili
e produttive; tale processo sarebbe condizionato, in modo positivo o in negativo, dai
valori del filtro affettivo (motivazioni, stili cognitivi…)
Gli input forniti dall'insegnante devono essere calibrati e modulati e distribuiti in maniera
specifica nel tempo. è un metodo che prevede un tempo di silenzio nella fase iniziale e
inoltre non si chiede all’apprendente di parlare subito ma lo si sollecita ad affinare le proprie
abilità di comprensione e poi attraverso una gradualità, comincerà ad usare anche la
lingua.