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Sociologia della comunicazione e dei new media

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Ci sono tante parole di cui le persone pensano di saperne un po’, ma in realtà non è vero. Questi argomenti
sono stati spesso affrontati in ambiti differenti. Manca però una conoscenza più approfondita su questi
aspetti.

Parole chiave che vengono in mente parlando dei new media: Digitalizzazione, interattività, velocità, limiti
spazio, temporali, formati (i new media forniscono più formati, audio video testo). Alcune di queste
caratteristiche le fornivano anche i siti web degli anni 80. Spesso si danno per scontato aspetti che sono
tuttaltro che scontati. Rimediazione: un nuovo media rimedia e innova un media precedente. Convergenza:
i media convergono tra di loro e tutto fruisce nelle menti di coloro che utilizzano i media.

Definizione di Bateson sull’informazione: “una differenza che produce una differenza”. L’informazione è
comunicare qualcosa diversa dal giorno prima, nel caso dei telegiornali per esempio (nuovo numero contagi
coronavirus). Coppia di valori (C’era un valore A ieri e un valore B oggi), di una qualche variabile (tempo,
ieri e oggi). Esempio delle sfere ( è bastato cambiare il colore delle sfere, per creare delle differenze e farci
reinterpretare il disegno). Tutti gli organi di senso percepiscono delle differenze. Anche le macchine
riescono a percepire le differenze (termostato,). Questa definizione di informazione come percezione di
differenza è molto utile perché è possibile misurare la differenza tra due stati A e B. Se l’informazione è
differenza possiamo quantificarla, possiamo misurare tutte le possibili differenze. È una definizione valida
sia per gli animali che per le macchine. Alla base dell’informatica c’è il bit che è una variabile che può avere
due valori, due possibilità.

Il sistema delle ridondanze fa si che noi ci aspettiamo qualcosa anche da una mancanza, riusciamo a capire
il significato di un messaggio anche se in parte incompleto.

Comunicazione come trasmissione di informazione. Significa intendere il processo comunicativo come


lineare (da A, a B) e deterministico (che ha un obiettivo preciso che verrà raggiunto)

Gli obiettivi del “pacco postale”: selezione del canale con meno rumore e con maggiore larghezza di banda.
Codice il più possibile condiviso e robusto (esempio della relazione o di quando uno ci prova con una
ragazza. Spesso l’amore non è condiviso, quindi io non vengo corrisposto; in questo caso il codice non è
condiviso). Codifica del messaggio ridondante (ripetizioni e sistemi di controllo e verifica in grado di
mantenere integro il messaggio.
Le questioni fondamentali.
Il concetto di informazione è centrale per la comprensione della società contemporanea.
Le definizioni di “informazioni” sono molte e spesso imprecise: manca una condizione
condivisa.
Con Bateson (1972) definiamo l'informazione come “percezione di una differenza”. Perché ci
sia informazione ci devono essere:
- due (o più) entità diverse e fra loro confrontabili;
- un attore (umano o artificiale) che percepisce la differenza sia a livello fisiologico (es.
sfregare il polpastrello per percepire la superficie) che cognitivo (la crescita del Pil, la notizia
dello scoppio di una guerra ).
L'unità di misura dell'informazione è il bit che rappresenta la quantità di informazione
contenuta in un evento o un oggetto con soli due stati possibili.
L'informazione è, per sua natura, neutra e priva di significato. Con l'attribuzione di un
significato l'informazione diventa comunicazione ovvero fatto sociale e quindi può essere
studiata con gli strumenti della sociologia della comunicazione.
Studiare la comunicazione umana significa anche studiare la società: ed è questo che
giustifica l'esistenza di una sociologia della comunicazione.
Per la “teoria matematica” di Shannon e Weaver del 1949, la comunicazione è “trasmissione
di informazioni”.
I componenti fondamentali della comunicazione per Shannon e Weaver sono:
1. una sorgente (fonte), che elabora il messaggio;
2. un apparato trasmittente, che codifica il messaggio secondo le regole de mezzo di
comunicazione;
3. un canale, lungo il quale il messaggio passa;
4. un apparato ricevente, che ri-trasforma il messaggio;
5. un destinatario, che riceve il messaggio decodificato;
6. le sorgenti di rumore (volontario o involontario) che possono modificare o distorcere il
messaggio.
Il modello del pacco postale tratta le informazioni come oggetti fisici, “pacchetti” che
viaggiano da un luogo a un altro, senza attenzioni per il significato veicolato (semantica), né
per gli effetti sul destinatario (pragmatica). Il punto è far arrivare il messaggio ( telegramma e
impiegato postale).
La teoria matematica della comunicazione (TMC) presuppone che la comunicazione abbia
sempre un inizio e una fine, una parte attiva e una passiva, e che entrambe raggiungano il loro
obiettivo nel momento in cui il messaggio giunge integro a destinazione. Inoltre la mancanza
di attenzione per il significato (dimensione semantica) e per gli effetti (dimensione
pragmatica) rende la teoria matematica assai inadatta a spiegare la complessità della
comunicazione umana.
Dal punto di vista di un sociologo interessato alla comunicazione tra esseri umani, il modello
matematico di Shannon presenta grossi limiti. Shannon è interessato alla sintassi del codice, e
ignora la semantica e la pragmatica.
Sintassi: è lo studio dei singoli elementi di un codice e delle loro possibili combinazioni
valide (es. il semaforo ha luci rosse, gialli e verdi: queste si alternano non sono mai accese
tutte insieme).
Semantica: è lo studio delle relazioni tra il codice e gli oggetti\ comportamenti ( es del
semaforo: le luci indicano comportamenti diversi: rosso= ci si ferma; verde= si passa; giallo=
si sgombra).
Pragmatica: è lo studio delle relazioni tra il codice, coloro che lo usano e il comportamento
conseguente all'uso.
A partire dalla metà del 900 scienze come la cibernetica (Comunicazione come sistema di relazioni tra i suoi
elementi. Introduce il concetto di feedback nella comunicazione; effetto retroattivo di un messaggio o di
un'azione su chi li ha promossi. Cibernetica intende la comunicazione in senso completo, tutto quello che la
circonda.) e la semiotica (comunicazione come processo di trasformazione) spingono per una
visione della comunicazione meno lineare, più circolare e olistica, fondata sulla reciprocità e
la relazione fra i suoi elementi. La comunicazione viene vista come un processo di
trasformazione, piuttosto che un processo di trasferimento.
La parola comunicazione deriva dal latino communis (comune), evoluzione di cum ( insieme)
e munis (obbligazione). Questa definizione richiama la reciprocità, il vincolo collettivo, il
fondamento collettivo del vivere sociale. La comunicazione può essere considerata come uno
dei rituali attraverso i qual riproduciamo costantemente il collante della società. Comunicazione: un processo
di costruzione collettiva e condivisa del significato, processo dotato di livelli diversi di formalizzazione,
consapevolezza e intenzionalità.
Gli assiomi della Scuola di Palo Alto sono:
• è impossibile non comunicare (comunicazione verbale e non verbale);
• ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto (trasmette i dati) e uno di relazione (il
modo in cui deve assumere tale comunicazione) di modo che il secondo classifica il
primo ed è quindi meta comunicazione (es. incontro in ascensore);
• la comunicazione è un processo relazionale circolare (azione-retroazione) e la natura di
una relazione comunicativa dipende dalla punteggiatura delle sequenze di
comunicazione tra i comunicanti. (es. coniugi in crisi)
La comunicazione è uno scambio interattivo osservabile tra due o più partecipanti, dotato di
intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza, in grado di far coincidere un
determinato significato sulla base dei sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di
segnalazione. (Anolli).
La comunicazione è una forma di interazione ovvero di una relazione nella quale ogni
partecipante orienta la propria azione sulla base dei comportamenti, delle azioni o delle
interazioni osservate o attribuite ai propri interlocutori. I partecipanti devono essere due o più
(non necessariamente umani) prefigurando l'esistenza di un contesto in cui a comunicazione
prende forma. Ci deve essere l'interazione e la consapevolezza.
Il significato è condiviso (e non semplicemente trasmesso) grazie ai sistemi simbolici che
prendono la forma di codici o linguaggi più o meno articolati.
Il soggetto che percepisce le differenze, naturalmente, non è per forza un essere umano: può
essere una macchina o un animale. Vi è un certo accordo sul fatto che gli animali
comunichino tra loro.
Storicamente l'atteggiamento nei confronti della comunicazione animale è oscillato tra
antropocentrismo, ovvero l'uomo come unico destinatario del “dono” della comunicazione
(es. chiesa cattolica) e antropomorfismo, ovvero attribuire agli animali dinamiche
comunicative tipiche della nostra specie (es. Charles Darwin).
La risposta, naturalmente, sta nel mezzo: gli animali comunicano, ma su un piano
completamente diverso da quello dell'uomo, e diverso anche fra di loro. Principalmente la
loro comunicazione non si riferisce a dati fattuali, bensì al tipo di relazione esistente tra gli
interlocutori (es. amicizia). Se la comunicazione umana è di tipo referenziale, quella animale
è invece di tipo relazionale.
Gli studi più recenti dimostrano che la comunicazione animale presenta caratteristiche
estremamente diverse da specie a specie. Ad esempio, alcuni ti comunicano in maniera
referenziale, comunicando ai compagni la presenza di predatori specificando anche di che
natura fa parte, oppure comunicano la presenza di cibo, esattamente come le api attraverso la
loro “danza”.
La comunicazione interpersonale.
Quando due uomini che non hanno nulla in comune si incontrano, la comunicazione si riduce
inizialmente ai suoi livelli più semplici. La prima ancora di salvezza è fornita da quella che si
definisce linguaggio gestuale naif: quel linguaggio che permette di ricorrere a segni, gesti,
espressioni del viso ritenuti universali (sorriso, sguardo, comportamenti). Tutti questi segni
possono essere utili per affrontare delle situazioni di emergenza, ma si dimostrano
estremamente limitati se confrontati con il linguaggio verbale. Il linguaggio verbale permette
di comunicare eventi accaduti lontano nel tempo e nello spazio, argomenti complessi come
dubbi, speranze, sentimenti.
La superiorità del linguaggio verbale non proviene dall'uso della voce: esistono linguaggi
gestuali molto evoluti, come la Lingua dei segni (LIS), che si dimostrano altrettanto potenti.
Paragonando Lingua dei segni e Linguaggio gestuale naif possiamo giungere a un'importante
riflessione: entrambi non prevedono l'uso delle parole, eppure uno è equivalente al linguaggio
orale, l'altro è agli antipodi. La differenza sta nella convenzionalità.
Proprio questa caratteristica permette di distinguere i linguaggi in digitali e analogico.
-digitale: es. per riferirmi all'animale peloso a quattro zampe, amico dell'uomo userò la parola
convenzionale “cane”.
-analogico: es. per riferirmi al “cane” userò il ringhio, mi metterò a quattro zampe.
Il linguaggio digitale è anche detto discreto, quello analogico invece è anche detto continuo.
Ad esempio la parola “dolore” non ci dice l'intensità di questo; invece il volume di voce del
mio grido è proporzionale all'intensità del dolore.
In sostanza, quindi il linguaggio digitale consiste in parole o gesti dal significato
convenzionale. Il linguaggio analogico, invece, consiste in suoni, gesti, movimenti dal
significato intuitivo.
“Analogico” e “digitale” è uno dei diversi modi in cui possiamo suddividere i sistemi per la
comunicazione. In linguistica si è soliti distinguere tra: significante e significato.
-il significante è l'insieme dei suoni che compongono la parola “cane”; è il mezzo che usiamo
per rappresentare il significato, è “l'immagine acustica”.
-il significato è l'idea del mammifero a quattro zampe amico dell'uomo, è il “concetto”.
La semiotica suddivide i segni in indice, icone e simboli.
Indice: quando esiste una relazione di continuità fisica tra significante e significato. L'altezza
raggiunta della colonnina di mercurio nel termometro (significante) è un indice della
temperatura (significato).
Icona: quando esiste una relazione di similitudine tra significante e significato. La figura
stilizzata di una donna sul bagno pubblico (significante) è un icona della riservatezza del
bagno al genere femminile (significato).
Simbolo: quando esiste una relazione convenzionale tra significante e significato. La parola
“cane” (significante) è un simbolo del mammifero a quattro zampe amico dell'uomo
(significato).
Segnale. Il significato è una quantità finita e precisa con poche possibilità di equivoci (cartello stradale)
Simbolo: significato dai contorni imprecisati, ambigui, non interamente esplicitati e formalizzati. (colomba).
Comunicazione verbale: Il linguaggio verbale distingue l'uomo rispetto a tutte le altre specie
animali.
La parola rappresenta l'universo della nostra conoscenza, delimitando le cose di cui possiamo
parlare e che possiamo comunicare ai nostri simili. L'idea di un rapporto causale tra
linguaggio e conoscenza, dove il primo determina il secondo, è stata formalizzata nella
controversa “ipotesi della relatività linguistica” di Saphir-Whorf.
La lingua determina non solo il modo in cui parliamo del mondo che ci circonda, ma anche
ciò che di questo mondo conosciamo. I pensieri formulati nella nostra testa sono espressi in
una lingua, e non riusciamo a pensare a cose per le quali non abbiamo parole a disposizione.
La sociologia si è occupata fin dalle sue origini delle relazioni che esistono tra linguaggio,
conoscenza e struttura sociale; il linguaggio costituisce il materiale base con cui la
conoscenza viene edificata. Le parole con cui la conoscenza viene espressa possiedono un
valore politico: dietro ogni definizione, dietro ogni scelta lessicale, è nascosta la costruzione
sociale di ciò che è comunicato. Decidere come nominare le cose rappresenta una forma di
“gestione del potere”.
La teoria degli atti linguistici, formulata negli anni 50 da John Austin e John Roger Searle,
riassume i propri principi nell'idea che dire è sempre anche fare. Tale teoria distingue tre
livelli di atti linguistici:
-gli atti locutori, sono rappresentati dalla semplice azione di pronunciare qualcosa, seguendo
le regole del linguaggio usato;
- gli atti perlocutori comprendono le conseguenze dell'atto linguistico nei confronti degli
ascoltatori (spavento, intimidazione, persuasione ecc..);
-gli atti illocutori costituiscono azioni che si compiono per il fatto stesso di pronunciare
determinate parole (promesse, ordini, giuramenti ecc..). Le azioni coinvolgono persone
socialmente situate con i loro sentimenti, paure, speranze, obiettivi e soprattutto con le loro
reazioni con le altre persone e collettività.
Il rinnovamento del linguaggio avviene, oltre che sulla spinta delle grandi e continue
trasformazioni sociali, anche attraverso il semplice utilizzo quotidiano individuale. Saussure
ha identificato nella coppia di concetti langue e parole lo scambio che avviene tra la forma
codificata di una lingua e le sue molteplici esecuzioni individuali. La langue è la lingua
ufficiale che viene insegnato nelle scuole, la parola invece è la lingua parlata.
Comunicazione non verbale: L'uomo, oltre alle parole utilizza varie forme di comunicazione
non verbale. Il senso comune considera la comunicazione non verbale qualcosa di più
spontaneo, “semplice” rispetto alle parole, considerandola come una specie di linguaggio
innato e comprensibile. Per comprendere l'inaspettata ricchezza della comunicazione non
verbale si può iniziare a studiarla nelle sue componenti:
-il sistema paralinguistico;
-il sistema cinesico;
-la prossemica;
-l'aptica.
Il sistema paralinguistico, o sistema vocale non verbale: sono tutti i suoni che emettiamo, a
prescindere dal significato delle parole che comunichiamo. Il tono e il ritmo di voce, infatti,
mutano a seconda dei fattori fisiologici (uomo, donna, bambino hanno tono e timbri di voce
diversi), dalla posizione sociale, velocità delle frasi, impiego delle pause (vuote-silenzio,
piene- mmhh, beh...).
Il sistema cinesico: il movimento degli occhi, del volto, degli arti e del corpo.
Il contatto oculare aumenta l'attivazione nervosa sia in situazioni appaganti sia in situazioni di
pericolo. Guardare qualcuno negli occhi viene interpretato come la volontà di iniziare
un'interazione.
La mimica facciale è una seconda componente importante. Le espressioni del nostro viso
possono essere involontarie (arrossiamo, impallidiamo), oppure volontarie (occhiolino,
sorriso di circostanza).
Questa risulta particolarmente legata la contesto in cui avviene. Una stessa espressione po'
essere interpretata in maniera differente da persone appartenenti a culture diverse. E ancora
una particolare mimica può essere compresa solamente da chi conosce l'interlocutore,
risultando incomprensibile a un osservatore esterno. I gesti, in primo luogo delle mani,
vengono spesso utilizzati per enfatizzare quanto si dice con le parole, ma in alcuni casi
possono sostituirsi da queste ultime. Quando sono utilizzati insieme al discorso verbale, i
gesti devono essere considerati parte integrante della comunicazione, e non come un
accessorio e limitabile senza alterare il senso della comunicazione stessa. La postura, infine, è
anch'essa veicolo di comunicazione. Può essere codificata (sull'attenti di un soldato), oppure
può essere involontaria e comunicare qualcosa.
Con la Prossemica: entriamo nel mondo della gestione dello spazio e del territorio. L'analisi
sistemica della prossemica ha portato a identificare 4 zone principali in cui suddividiamo lo
spazio che ci circonda:
-zona intima: dalla nostra pelle a 50 cm. In questa zona accettiamo solo poche persone strette.
Un'invasione di questa zona provoca imbarazzo.
-zona personale: da 50 cm a 1 metro. Sono ammessi amici, colleghi abituali. È la zona in cui
si svolgono le conversazioni rilassate e informali.
-zona sociale: da 1 a 4 metri. È la distanza a cui ci manteniamo rispetto gli interlocutori più o
meno casuali. Da questa distanza è possibile osservare l'intera figura dell'interlocutore e dei
suoi movimenti. Questa è la zona degli incontri professionali e formali.
-zona pubblica: oltre i 4 metri. È la distanza delle conferenze, comizi, lezioni universitarie.
Questa distanza separa colui che parla e intrattiene coloro che ascoltano.
Aptica: le diverse forme di contatto fisico. È la forma di comunicazione meno studiata. Il
contatto fisico può essere codificato in maniera formale (stretta di mano, bacio sulla guancia
ecc..). Oppure può essere lasciato alla spontaneità degli interlocutori (un abbraccio, una pacca
sulla spalla ecc..).
La sinfonia comunicativa umana: Sappiamo che la comunicazione verbale è di tipo numerico
e la comunicazione non verbale di tipo analogico, ma esistono molti altri casi importanti in
cui le due tipologie non coincidono. Incrociando tra loro le due variabili dicotomiche
verbale\non verbale e numerico\non numerico, otteniamo 4 possibili situazioni comunicative
diverse:
1.Comunicazione verbale di tipo numerico: possiamo trovare un esempio in una lezione
universitaria di tipo tradizionale, senza supporti multimediali, dove la componente più
importante è rappresentata da ciò che dice il docente, indipendentemente da “come” lo dice.
2.Comunicazione non verbale di tipo numerico: la LIS utilizzata dai sordi è un esempio di
comunicazione gestuale costituita attraverso un complesso sistemico linguistico
convenzionale. Questo sistema deve essere appreso, perché nella maggior parte dei casi i gesti
utilizzati non hanno nulla che richiami direttamente il significato a cui viene attribuito.
3.Comunicazione verbale di tipo analogico: la poesia, versi come “M'illumino d'immenso”
trovano il loro senso nella sonorità delle parole, nella loro armonia o in quello che sono in
grado di evocare, non certo nel significato letterale dei singoli termini.
4.Comunicazione non verbale di tipo analogico: la comunicazione di una madre con il
neonato. Il bambino non ha ancora imparato l'uso convenzionale delle parole e della madre
coglie la tonalità di voce, i movimenti, lo sguardo.
La comunicazione come sistema relazionale: La sociologia della comunicazione privilegia lo
studio di come il “comunicare” rappresenti uno dei principali motori per lo sviluppo e il
mutamento dei legami fra le persone che finiscono col diventare ciò che chiamiamo “società”.
Una delle migliori analisi del rapporto fra comunicazione e relazione è quella elaborata dalla
Scuola di Palo Alto.
Uno degli assiomi proposti da questa scuola sulla comunicazione dice:
1.Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione, in modo che il
secondo classifica il primo ed è quindi meta comunicazione (che significa una comunicazione
sulla comunicazione). es. di un litigio tra amici e uno invita l'altro a pesca per ripristinare il
rapporto di amicizia.
2.Un ulteriore assioma della comunicazione dice che “la natura di una relazione dipende dalla
punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti”. Per punteggiatura qui non
si intende esattamente la nozione grammaticale di questo termine ovvero una punteggiatura
che si sviluppi tra gli interlocutori e che non faccia in modo ce ciò che per uno è causa per
l'altro è una conseguenza.
L'adozione di determinate punteggiature finisce con il provocare un'inversione della
successione temporale percepita da alcuni fenomeni; è il caso delle “profezie che ti auto
avverano” come magie comunicative.
Comunicazione come rappresentazione: il ruolo sociale è l'insieme delle norme e delle
aspettative che convengono su un individuo in quanto occupa una determinata posizione
all'interno di un sistema sociale.
La sociologia si interessa dello studio dei rapporti di ruolo, delle relazioni interattive e dei
processi comunicativi tra gli individui nella vita comune di tutti i giorni.
Uno dei più importanti sociologi che si siano occupati di questi argomenti è Goffman. Questi
dice che le strategie degli individui negli incontri con i propri simili, sono tese a cercare di
controllare la definizione della situazione circa ciò che sta accadendo, perseguendo due scopi
principali :
a)farsi un'impressione sugli altri;
b)controllare e influenzare le impressioni che gli altri hanno su di noi.
Secondo Goffman il sostegno alla propria definizione della situazione avviene attraverso la
costruzione di una facciata personale, con la quale l'individuo mostra agli altri quello che
ritiene essere il meglio di sé. Questa facciata personale è composta dalle caratteristiche
biologiche e ascritte e da comportamenti ed espressioni che possono essere assunti
intenzionalmente oppure lasciati trasparire. La definizione della situazione deriva da
quell'insieme di etichette, modelli interpretativi e schemi di punteggiatura che portano ognuno
di noi a riconoscere una certa situazione all'interno di un insieme molto ampio di situazioni
possibili e plausibili, applicandovi le configurazioni complementari adeguate.
Per descrivere l'interazione sociale Goffman utilizza una metafora drammaturgica, i soggetti
comunicano collocandosi in una cornice d'interazione costituita da una ribalta e da un
retroscena:
-ribalta: è il luogo in cui avviene la rappresentazione in senso stretto della propria facciata;
-retroscena: è il luogo in cui viene preparata e provata la rappresentazione e in cui gli attori
possono riposare tra una rappresentazione e la successiva.
Gli attori negoziano e ridefiniscono le situazioni comunicative individuando le cornici o
frames d'interazione entro cui si collocano. Ogni frame è ancorato al mondo circostante: ad
ogni sua parte attribuiamo status di realtà diversi. Il frame corrisponde al modo in cui è
organizzato un aspetto dell'attività che implichi attori sociali. L'attore sociale utilizza grazie ai
frame delle attività che gli permettono di attribuire un senso alla sua stessa soggettività in quel
contesto specifico di azione.
L'abilità di osservare l'ordine quotidiano accomuna Goffman ad altre correnti sociologiche
come la fenomenologia sociale, l'interazionismo simbolico o l'etnometodologia. Nel suo
complesso, questa sociologia tende a considerare la comunicazione come un fenomeno
sociale totale ovvero come un momento in cui sono implicati aspetti relativi a tutte le sfere
della vita sociale.
La comunicazione tra culture: la comunicazione interculturale (CI) è una disciplina di origine
statunitense (anni 60). L'oggetto di studio della CI è la comunicazione faccia a faccia tra le
persone di differenti culture nazionali.
La disciplina ha origine grazie gli studi condotti dall'antropologo Edward Hall quando faceva
parte del Foreign Service Institute, ovvero una divisione del Dipartimento di Stato americano
creata con l'obiettivo di formare diplomatici e personale civile per l'estero.
Una prima distinzione importante è quella tra Comunicazione internazionale (CI) e
Comunicazione cross-culturale (Ccc).
La CI si occupa della comunicazione fra persone di diversa cultura.
La Ccc si occupa di comparare modelli comunicativi di diverse culture.
A sua volta, poi la Ccc ha distinto due diverse culture: culture individualistiche e culture
collettiviste.
Il collettivismo è un modello sociale basato su individui strettamente legati fra loro, disposti a
dare la priorità agli obiettivi della collettività rispetto ai propri.
L'individualismo è invece un modello sociale basato su persone debolmente collegate,
motivate dalle proprie preferenze e dai propri bisogni, che danno priorità ai propri obiettivi
piuttosto che a quelli della collettività.
Geert Hofstede, uno studioso olandese, ha aggiunto altre 4 distinzioni tra culture, oltre alla
dimensione individualismo\collettivismo:
-distanza rispetto al potere: misura l'accettazione delle disuguaglianze da parte di chi è nella
posizione sociale più debole;
-mascolinità: indica come si caratterizzano le differenze di genere;
-evitamento dell'incertezza: misura quanto le società accettino degli eventi, e di dimostrino
aperte alle novità;
-orientamento al futuro: progettualità sociale in termini di breve e lungo termine.
L'insieme di queste 5 dimensioni consentirebbe, secondo Hofstede, di individuare ree
culturali differenti. L'obiettivo dichiarato di molti studiosi della CI è quello di elaborare teorie
e modelli che aumentino l'efficacia della comunicazione fra comunità diverse.
A questo proposito, il concetto principale è quello di competenza comunicativa, intesa come
il possesso di “sensibilità”, conoscenze necessarie per poter interagire efficacemente con
persone di culture differenti.
Strettamente collegato a questa “abilità” è il tema dell'incertezza. L'incertezza è considerata il
principale agente di ostacolo della comunicazione fra “estranei”, siano essi “culturali” (cioè
stranieri) o “relazionali” (cioè sconosciuti).
Superare l'incertezza diventa quindi uno dei tratti fondamentali, per cui si rende necessaria
una competenza comunicativa.
A questo proposito, per superare i casi di miscommunication , ovvero di fraintendimento,
indichiamo due approcci differenti:
-Modello dinamico di sensibilità interculturale: modello elaborato da Milton Bennet. Questo
modello è più incentrato sull'estraneo inteso in senso culturale, ovvero lo “straniero”. Le
competenze interculturali comunicative si acquistano nel tempo, in funzione dell'esposizione
dell'individuo ad esperienze di alterità culturale. Le diverse persone attraverso l'iniziale fase
etnocentrica, per poi giungere alla fase etnorelativa.
-Anxiety\Uncertainty Management (AUM): modello elaborato da William Gudykunst. Questo
modello sostiene che l'incertezza è il processo cognitivo che caratterizza il nostro rapporto
con gli stranieri, siano essi “culturali” o “relazionali”.
Il modo per addestrare la nostra mente a ridurre i margini dell'incertezza e ansia è quello di
acquistare maggiore consapevolezza, ovvero imparare ad essere aperti agli elementi di novità,
saper leggere le diverse situazioni, essere sensibili a più contesti possibili, saper assumere
diverse prospettive.
Altro elemento centrale di questi due approcci è che assumono l'esistenza di in-group e outgroup,
ovvero di gruppi di cui si è membri e gruppi dai quali si è esclusi.
Personal media e comunicazione mobile: Con il nuovo millennio la CI si è arricchita di nuove
modalità che affiancano e integrano quelle tradizionali, facendo uso di alcuni strumenti
definiti personal media.
Il telefono mobile è uno strumento tutt'altro che “naturale” nei suoi aspetti tecnologici, ma
tutto sommato piuttosto “naturale” nel suo uso pratico, infatti richiede un bagaglio di
competenze limitato.
Grazie a questo strumento è possibile conversare come se ci trovasse in una situazione d
compresenza fisica, con l'unica ovvia accortezza di enfatizzare gli aspetti paralinguistici
piuttosto che quelli cinesici.
Nel caso del telefono mobile la categoria di utilizzatori maggiore sono gli adolescenti,
laddove ci si sarebbe potuti aspettare un'adozione da parte di persone soggette a vincoli di
reperibilità. Ancora più interessante da osservare è il fatto che gli adolescenti hanno un uso
del telefono mobile che tendenzialmente esclude le telefonate.
A questo proposito possiamo individuare due principali strumenti di questa categoria: gli sms
e gli squilli.
Lo squillo è una pratica inventata dagli utenti. È una forma di comunicazione non verbale,
filtrata dall'estensione tecnologica, alla quale possono essere attribuiti numerosi significati.
Lo sms (short massage service) è un messaggio testuale di lunghezza limitata a 160 caratteri.
Se ne parla come di una pratica non telefonica perché: -il contenuto viene scritto, invece che
espresso con la voce; - è una forma di comunicazione asincrona, ovvero non è necessario che
entrambi gli interlocutori siano presenti e disponibili nello stesso istante.
Gli usi sincroni, invece, più strettamente telefonici, si prestano a essere analizzati sulla scorta
della sociologia drammaturgica di Goffman, con un particolare rifermento agli effetti di
rimescolamento dei confini tra ribalta e retroscena.
L'uomo che discute ad alta voce al telefono mobile camminando lungo la strada si immerge in
una sorta di spazio privato interno, al quale, tuttavia, ha parziale accesso anche chi si trova a
camminargli vicino.
La comunicazione di massa.
Con l'inizio del 900, nel panorama degli studi sulla comunicazione si affaccia un nuovo
termine: media. Si tratta del plurale del latino medium, ovvero “mezzo”, “strumento”.
Con i successivi sviluppi il termine media verrà preceduto dalla parola mass: i mass media,
ovvero i mezzi di comunicazione di massa.
I media si sovrappongono alle pratiche comunicative “comuni”.
La scrittura: la società umana è cambiata molto grazie l'introduzione della scrittura, rispetto
alle comunità di homo sapiens.
“La scrittura è un sistema codificato per mezzo del quale lo scrivente può determinare le
parole esatte che il lettore produce”. In questo modo, la scrittura permette:-l'accumulazione
delle informazioni;- la reciprocità dei testi;- la comunicazione a distanza di tempo e spazio.
-Intorno al 4000 a.C compaiono le prime forme di scrittura, in Egitto e in Mesopotamia. Sono
sistemi ideografici codificati, icone e pittogrammi con un preciso significato. I cosiddetti
ideogrammi si pongono a metà strada fra linguaggio analogico e linguaggio numerico: sono
codificati, ma rimandano direttamente a un significato.
-Intorno al 1300 a.C compare la prima scrittura di tipo alfabetico, attribuita ai fenici, grandi
mercanti che iniziano a tenere traccia dei propri traffici. La sostanziale differenza è che un
segno non corrisponde più a un significato, ma a un suono, ovvero un fonema. A ogni segno
corrisponde una sillaba, e non vi sono vocali: un insieme di segni può corrispondere a diverse
parole, la lettura corretta avviene grazie a una buona conoscenza della lingua e del contesto in
cui è posta la parola.
-Nel 600 a.C i greci introducono le vocali, riducendo l'ambiguità della scrittura fenicia, e
presentando un alfabeto molto simile a quello latino attuale.
L'alfabeto semplifica l'apprendimento, riducendo i caratteri a poco più di una ventina, e in
questo modo favorisce la diffusione della scrittura, accompagnando mutamenti molto
profondi nella struttura della società.
La prima funzione della scrittura- prima ancora di diventare uno strumento di conoscenza
della popolazione- era sostenere gli apparati burocratici, economisti e repressivi delle
istituzioni, come nell'impero romano.
“Prima di diventare uno strumento di liberazione, la scrittura è stata, per millenni, uno
strumento di costrizione per le masse che non ne avevano accesso” dice Godart.
Il passaggio all'uso della scrittura segnò un cambiamento sostanziale nella società del tempo.
La scrittura ha avuto anche i suoi critici. Su tutti, Socrate e Platone, nel Fedro, dove si
sostiene che la scrittura non rafforzi la memoria, che il lettore non è sapiente, ma saccente.
La stampa: La stampa era conosciuta già intorno al 1300. ai tempi si utilizzava il metodo
della xilografia, ovvero una tavoletta incisa dove veniva posto dell'inchiostro, per poi passarla
contro pergamene o tessuti, imprimendo il testo o l'immagine incisa sulla tavoletta.
Tuttavia, quando si parla di stampa è inevitabile pensare alla “rivoluzione della stampa” nel
1456, ad opera dell'orafo tedesco Johann Gutemberg: la stampa a caratteri mobili.
Ciò che rende questa tecnica di stampa così importante è il fatto che i singoli caratteri son
riposizionabili e riutilizzabili a piacere, in modo semplice e rapido, permettendo la
produzione di opere su vasta scala e iniziando l'avvicinamento, seppure appena accennato, a
mezzi di comunicazione di massa.
La novità si diffuse molto velocemente in Europa, affiancandosi in un primo momento alla
secolare tradizione di ricopiatura a mano, per poi soppiantarla definitivamente.
A questo seguirono l'introduzione di :- impaginazione;- margini;- numerazione delle pagine;-
indice;- sommario.
Per molti versi, la stampa rappresenta il preludio epocale: il passaggio dal Medioevo all'età
industriale. Il libro stampato è la prima merce uniforme e ripetibile.
Questo può essere infatti prodotto in serie attraverso un procedimento rapido e sempre uguale,
che garantisce risultati omogenei e numerosi.
Il libro si trasforma così da sacro a oggetto di consumo.
Alla diffusione della stampa a caratteri mobili si accompagna una trasformazione del sistema
culturale.
Il primo libro stampato è la Bibbia.
La diffusione popolare del più antico e simbolico testo dell'uomo rappresentava il primo caso
di generalizzazione della mediazione del cero, e presto avrebbe potuto leggerla nella propria
lingua. La Riforma Protestante del 1517 estese le implicazioni religiose di questa profonda
innovazione, ma la stampa diede una grossa spinta a una riforma culturale generale, oltre che,
religiosa.
In questo contesto iniziarono a prendere forma le varie letterature nazionali, e le stesse lingue
volgari conobbero una standardizzazione tale che le condusse a proporsi come collante capace
di unificare un intero popolo. Si tratta dell'alba del concetto moderno di stato-nazione e del
sentimento nazionalista.
Anche la scienza prese un nuovo slancio. Divenne possibile avere un archivio della
conoscenza, e da questo si rafforzò l'idea di un'accumulazione e un progresso della
conoscenza. Tutto questo, sommato alla crescente alfabetizzazione, permise la nascita della
scienza moderna, ben separata dalle magia e dalla religione.
Il libro stampato introduce un concetto del tutto nuovo: quello dell'autore. Nel 400 la
maggior parte de testi scritti consisteva in almanacchi, testi religiosi, opere di autori classici.
Non esisteva la figura di colui che scrive un libro ex novo. Accanto al concetto di autore
nasce quello di proprietà intellettuale: copiare un libro, a lungo attività meritoria, diventa un
abuso, modificare un testo diventa esecrabile.
Anche l'informazione ricevette un grande impulso dall'introduzione della stampa. Alla fine del
500 apparve il primo periodico, a Venezia, venduto al prezzo di una gazzetta. Tra il 600 e il
700 si diffondono ovunque giornali, quotidiani, riviste, periodici. Questi riportano notizie da
paesi lontani, idee e programmi politici.
Alla fine del 700 si può iniziare a parlare di sistema dei media, inteso come l'insieme di
giornali, libri, riviste, luoghi, rete di distribuzione. Questo sistema rappresenta l'atto di nascita
dell'opinione pubblica, intesa come dibattito liberale e critico della società civile
indipendentemente dall'autorità statale.
La nozione sfera pubblica come “luogo intermedio” fra società e stato costituisce il punto di
partenza della società occidentale moderna; tale nozione è indissolubilmente legata alla
diffusione della nuova tecnologia di comunicazione rappresentata dalla stampa.
La telecomunicazione:Agli inizi del 800 il sistema delle comunicazioni era garantito da
corrieri a cavallo e navigazione fluviale e marittima, un servizio efficiente ma molto lento.
Soprattutto la diffusione di notizie su lunghe distanze subiva abissali ritardi rispetto ad oggi:
una lettera spedita dall'Inghilterra impiegava tra i 5 e gli 8 mesi per arrivare in India.
La storia della comunicazione umana vede diversi tentativi di superare il pesante vincolo delle
distanze fisiche. Un evento ad esempio povere rimanere sconosciuto per interi mesi.
Un primo fondamentale passo verso la moderna comunicazione avvenne con lo sviluppo delle
reti ferroviarie, in quanto permisero 'installazione di un nuovo importante strumento di
comunicazione: il telegrafo.
Erette lungo le linee ferroviarie, le linee telegrafiche resero possibile la separazione tra il
mondo dei trasporti fisici e quello della comunicazione. Grazie all'uso del telegrafo il
messaggio partito dall'Inghilterra poteva raggiungere l'india in poche ore.
Il telegrafo fu brevettato in Inghilterra nel 1838 da William Cooke e Charles Wheatsone
Nello stesso anno fu brevettato in Francia da Samuel Morse, che lo esportò due anni più tardi
negli Stati Uniti. Morse inviò, nel maggio del 1844, il primo messaggio ufficiale, un verso
della Bibbia trasmesso da Washington a Baltimora. Nel 1866 il primo messaggio viaggia
attraverso l'Oceano Atlantico lungo un cavo sottomarino, collegando Vecchio e Nuovo
Mondo.
Da questo momento in poi, il mondo della comunicazione cambia sempre più rapidamente,
conoscendo numerosi strumenti basati sull'elettricità, il primo dei quali è il telefono.
Realizzato nel 1856 da Antonio Meucci, fu brevettato da Graham Bell, in quanto Meucci era
troppo povero, a cui la Storia attribuì la paternità. Rispetto a telegrafo, l'uso del telefono è più
facile e intuitivo.
Nel loro complesso le reti ferroviarie, telegrafiche e telefoniche sviluppate nel 800 hanno
comportato una diminuzione delle distanze geografiche.
Il passo successivo fu l'invenzione del “telegrafo senza fili”, ovvero la radio, proposta agli
inizi del 900 da Guglielmo Marconi. Inizialmente fu utilizzata per la comunicazione militare,
la radio divenne un mezzo di comunicazione di massa dopo la prima guerra mondiale.
Questa nuova modalità comunicativa fu indicata adottando un termine dell'agricoltura:
broadcast, ovvero seminare semi in modo casuale intorno a sé. La comunicazione broadcast,
analogamente, getta il messaggio nell'ambiente circostante, senza avere un destinatario
preciso. Le emittenti radiofoniche si sviluppano negli Stati Uniti. In Europa si afferma il
modello delle emittenti pubbliche sostenute dal canone. Si può dire che la radio rappresenta il
primo vero mass medium: la sua pervasività la fa entrare in tutte le case a qualsiasi ora, si
rivolge a persone di qualsiasi estrazione sociale, il suo ascolto non impegna eccessivamente e
non è incompatibile con i normali lavori quotidiani.
È un ulteriore tassello nel nascente panorama dei mass media.
Il passaggio alla televisione fu inevitabile. Le prime trasmissioni televisive sperimentali
ebbero inizio negli Stati Uniti nel 1929.
Dopo l'interruzione della guerra, negli anni 50 presero il via le trasmissioni pubbliche regolari
(Rai1- 1954; Rai2- 1961; Rai3- 1979).
Il sistema televisivo conobbe una crescita rapidissima. In America, nel 1948 il 4% delle
famiglie possedeva un televisore, nel 1960 era aumentato fino al 89%.
Le grandi prospettive teoriche:I mass media costituiscono una presenza così importante nella
nostra vita quotidiana inevitabilmente chiunque si pone delle domande sui loro effetti, i loro
obiettivi, le loro modalità.
Alcune tra le principale prospettive teoriche con cui i sociologi hanno affrontato lo studio
scientifico della comunicazione di massa sono:
1.l'ago ipodermico: modalità di lettura dei media molto intuitiva e immediata, molto vicina al
sentire della gente comune. Risale ai primi decenni del 900, quando i mass media, in
particolar modo la radio, raggiungono una fruizione di massa.
L'uso massiccio dei media da parte dei regimi totalitari suggerivano una visione dei mezzi d
comunicazione di massa n grado di “inoculare” sotto la pelle delle persone (da cui
l'espressione “ago ipodermico”) qualsiasi tipo di messaggio. Questa teoria si basa sul modello
stimolo-risposta (S-R), a ogni stimolo corrisponde necessariamente una risposta (modello
che rimanda a quello matematico di Shannon). Ogni messaggio è destinato a provocare un
preciso comportamento nel soggetto colpito.
Il principale sostegno a questa ipotesi è il panico di massa che seguì o sceneggiato radiofonico
La guerra dei mondi, diretto da Orson Wells nel 1938.
Questa teoria è importante perché costituisce il primo approccio sistematico di studio di mezzi
di comunicazione di massa. Inoltre vi è un importante studioso, Harld Lasswell, che formulò
il modello delle cinque W, molto importante ancora oggi, seppure formulato negli anni 30:
-chi comunica (Who?)= fonte: studio degli emittenti;
-cosa comunica (What?)= messaggio: analisi dei contenuti dei messaggi;
-a chi comunica (Whom)= ricevente: analisi dell'audience;
-come comunica, attraverso quale mezzo (Where?)= canale: analisi dei mezzi tecnici;
-con quali effetti (What effects)= effetti: analisi degli effetti.
I principali limiti d questa teoria sono:
-la comunicazione è concepita esclusivamente come volontaria e consapevole, non sono
considerati imprevisti;
-risente troppo del modello Shannon, con i limiti che questo comporta;
-fortemente asimmetrico: tutto il potere è nelle mani dell'emittente, e il pubblico non ha
nessun potere;
-il pubblico appare isolato da ogni contesto sociale; appare solo e indifeso di fronte all'effetto
dei media.
2.flusso di comunicazione a due stadi: Questo modello confuta il modello Stimolo-Risposta:
-qualunque messaggio, per risultare efficace, deve essere costruito attorno ad una figura ideale
di destinatario;
-persone diverse reagiscono in maniera diversa a uno stesso stimolo.
Al modello S-R, viene contrapposto il modello S-IV-R, ovvero Stimolo- Variabili
Intervenienti-Risposta. Le variabili intervenienti mediano l'impatto del messaggio-stimolo e
spiegano le varietà delle risposte individuali. La principale variabile interveniente è
individuata nella selettività, ovvero nella possibilità di scelta che ha il ricevente: questi può
scegliere a quali messaggi esporsi, e di questi messaggi percepire solo determinati aspetti.
Il secondo pilastro della teoria dell'ago ipodermico, ovvero una società di massa di individui
soli esposti ai messaggi degli emittenti, viene confutato con la teoria del flusso di
comunicazione a due stadi, in base al quale il pubblico percepisce il contenuto dei mass
media filtrato all'aiuto di persone-chiave, i leader d'opinione, che filtrano, interpretano e
rielaborano i messaggi, diffondendo quindi in un secondo momento il risultato alle persone
“comuni”. Nella scelta del leader d'opinione si può ritrovare quella selettività di cui si è
parlato. Ognuno sceglie di rivolgersi a una persona in cui si riconosce nel pensiero e
nell'analisi del fatto. In questo modo è data molta importanza al rapporto tra leader d'opinione
e gente comune, piuttosto che ai contenuti mediali in sé.
Inoltre s conclude che i media risultano molto efficaci ne rafforzare e convinzioni che la gente
già possiede, mentre si dimostrano impotenti nel farle cambiare idea.
3.usi e gratificazioni: A partire dal secondo dopoguerra gli studi sulla comunicazione di
massa entrano in una fase più matura. Si smette di studiare gli effetti dei mass media sulla
società, e si valuta invece il loro ruolo all'interno della società. Al fronte di questo cambio di
prospettiva, la ricerca statunitense si evolve all'interno di una correte sociologica chiamata
struttural-funzionalismo.
La sociologia funzionalista “legge” i media alla luce delle loro funzioni, ovvero di quanto e
come riescono a soddisfare i bisogni dei vari sistemi della società.
In questo quadro nasce un particolare approccio alla comunicazione di massa: la prospettiva
“usi e gratificazioni”. Questo approccio considera la funzione dei mass media per i singoli
individui. Secondo questa prospettiva, il pubblico fa un uso strumentale dei mass media, al
fine di soddisfare i propri bisogni, e ricevere così gratificazioni. Il problema non è capire
“cosa fanno i media alle persone”, ma “cosa fanno le persone ai media”.
Ci si può rivolgere ai media per: -passare il tempo, per intrattenersi;
-bisogni di relazione;
-tenersi informati su cosa succede nel mondo;
-trarre ispirazione da modelli di vita proposti dalle fiction....
Il pubblico è quindi visto come soggetto attivo, che utilizza i media per la propria
gratificazione, piuttosto che essere utilizzati da questi.
4.teoria critica e l'industria culturale: Mentre la prospettiva “usi e gratificazioni” può
essere eletta ambasciatrice della ricerca statunitense, la sociologia della comunicazione di
stampo europeo segue percorsi ben diversi e molto meno accomodanti (nei confronti dei
media). La principale istituzione della “teoria critica” è la Scuola di Francoforte, i cui
membri lavoravano principalmente negli Stati Uniti, a causa delle persecuzioni naziste cui
vennero sottoposti.
L'impianto teorico fondamentale è il pensiero di Karl Marx, opportunamente riveduto e
adattato (si parlerà infatti di marxismo critico).
L'attenzione nei confronti dei media rispecchia l'esigenza di comprendere il funzionamento
del sistema sociale, in quanto i media occupano un posto sempre più importante.
A denuncia dell'utilizzo strumentale della scienza da parte del potere si accompagna a un
simile atteggiamento critico anche rispetto alla cultura generale, considerata sempre più vuota
di contenuti e sostanzialmente asservita alle necessità del capitalismo.
Da qui prende forma l'analisi critica dei mass media, considerati il principale organo
dell'industria culturale.
L'industria culturale è rappresentato dal complesso dei mezzi di comunicazione di massa
(cinema, radio, stampa, televisione); i suoi prodotti sono standardizzati e omologati alle
necessità di un consumo culturale di massa, cioè esteso a tutta la popolazione.
L'industria culturale di mass è profondamente diversa dalle forme di cultura popolare dei
secoli passati (seppure si rivolga ugualmente alle classi meno abbienti) in quanto produce
“merci” culturali che non nascono dal basso, dal popolo, ma sono invece pianificate e
organizzate dall'alto, dal sistema capitalistico del quale i media costituiscono una costola
importante.
I destinatari della comunicazione di massa sono concepiti come consumatori di prodotti
preconfezionati. A loro non rimane più nemmeno la scelta, perché i prodotti dell'industria
culturale sono omologati, tutti sostanzialmente simili. I mass media americani sono mossi
esplicitamente dalla pubblicità: il loro scopo non è quello di produrre cultura, bensì consumo.
Oltre a rispondere a esigenze direttamente economiche, l'industria culturale svolge una
fondamentale azione politica di legittimazione dell'ideologia dominante. Il pubblico risulta
non solo indotto a consumare il più possibile ma viene anche manipolato allo scopo di far
sembrare giuste le contraddizioni e le disuguaglianze del sistema capitalista. La sostanziale
omogeneità dell'offerta mediale si riflette n un'omogeneità dei comportamenti e dei modi di
pensare della gente. È l'uomo a una dimensione, come dice Marcuse, narcotizzato dai media,
indotto a soddisfare i falsi bisogni creati dai media stessi e offuscato da una falsa coscienza
che gli impedisce di liberarsi dalle sue catene.
In definitiva, secondo la teoria critica, “i media, in quanto posseduti dalla classe dominante,
tendono ad essere conservatori e a riprodurre i valori sociali dominanti; il sistema dei media
persegue come proprio fine naturale il consenso, scoraggia la devianza, premia il
conformismo, e costituisce uno degli elementi determinanti dell'immobilismo sociale”.
5.i cultural studies: si sviluppano in Inghilterra negli anni 50. I cultural studies intendono la
cultura non come un patrimonio sviluppato da intellettuali o scienziati, ma come un insieme
di processi storici e sociali, attraverso i quali le persone comuni attribuiscono un senso alla
realtà. La cultura che viene presa in considerazione è quindi quella “quotidiana” e “popolare”,
ed è per questo che i Cultural Studies vengono annoverati tra le tradizioni di ricerca sulla
comunicazione di massa.
La teoria di riferimento è quella marxista, ma questa viene riletta, attingendo anche ad altre
grandi riflessioni come quelle di Max Weber, Walter Benjamin, Antonio Gramsci.
La conclusione a cui si giunge è che la cultura dominante non è incontrovertibile.
Le classi subalterne sono viste come un “soggetto attivo” che può rifiutare, mediare,
modificare e rielaborare ciò che viene loro proposto.
Nell'ambito della comunicazione: i stesti mediali (programmi televisivi, articoli di giornale,
produzione radiofoniche, etc..) sono sì veicoli più o meno diretti dall'ideologia dominante;
tuttavia, il pubblico ricevente (le classi subalterne) applicano a queste proposte dei
meccanismi differenziati di interpretazione, e questa è considerata la lotta delle classi
subalterne per l'affermazione della propria identità.
Il modello proposto da Stuart Hall viene definito modello encoding-decoding.
La fase encoding è svolta dal cosiddetto “autore” dei vari programmi etc, e tenta di proporre
una visione del mondo conservatrice e favorevole alle posizioni delle classi dominanti.
La fase decoding è invece svolta dal “pubblico”, e si articola nella lettura e interpretazione
della proposta ricevuta.
La lettura può essere egemonica-dominante, se va a coincidere con le aspettative dell'autore.
Negoziata, quando, accanto alla comprensione del codice vi si affiancano interpretazioni
autonome. Oppositiva, quando, seppure comprendendo il codice, il messaggio viene letto in
modo antagonista.
Interessante, infine, è la visione del pubblico che hanno i Cultural Studies.
I C.S sono infatti interessati ai pubblici al plurale, per sottolineare l'eterogeneità presente nelle
classi subalterne. Uno stesso encoding può subire decoding differenti a seconda del diverso
pubblico che lo riceve.
6.La Scuola di Toronto: Questa scuola risulta poco considerata all'interno della comunità
scientifica, mentre ha ricevuto diversi apprezzamenti presso il pubblico dei “non addetti al
lavoro”. I principali autori sono il maestro Harold Innis e l'allievo Marshall McLuhan.
Questi autori si distinguono per un approccio fortemente interdisciplinare, m soprattutto per
una decisa tendenza a considerare la tecnologia (in particolare della comunicazione) come il
motore del mutamento, una forza autonoma capace di spingere la società in una direzione
piuttosto che in un'altra.
Innis studia l'evoluzione storica della civiltà umana collegandola allo sviluppo delle diverse
tecnologie della comunicazione. Ogni tecnologia porta con sé un bias, ovvero una “tendenza”
verso una specifica organizzazione delle forme trasmissive del sapere, che a loro volta
condizionano le strutture politiche ed economiche della società.
McLuhan è invece conosciuto per le sue espressioni ermetiche.
Secondo McLuhan, i media elettronici innescano cambiamenti che portano alla fine delle
grandi ideologie, nella riduzione della vita sociale del pianeta a quella di un unico grande
villaggio: il villaggio globale. Altra suddivisione ermetica è quella tra media caldi e media
freddi. I media caldi= sono quelli che saturano un solo senso con informazioni molto
dettagliate, lasciando poco spazi alla libertà di percezione del fruitore (es. radio e cinema).
I media freddi= sono quelli che colpiscono più sensi, ma richiedono maggiore partecipazione
e coinvolgimento per dare un senso (es. internet e televisione).
Ma l'espressione più famosa di McLuhan è “il medium è messaggio”, ovvero: il vero
messaggio di un medium è nel mutamento che questi produce, indipendentemente dal suo
contenuto. Radio, televisione e Internet, per esempio, stanno modificando la società in un
modo che non dipende dal loro contenuto.
7.La produzione delle notizie: Fin dalla loro nascita i mass media hanno svolto una funzione
fondamentale: informare il proprio pubblico di ciò che accade nel mondo.
Tuttavia il giornalismo non è un'attività di semplice registrazione e diffusione degli eventi: le
notizie vengono costruite sulla base di un complesso insieme di fattori- organizzativi,-
tecnici,- culturali,- economici,- politici. Si può quindi parlare di produzione delle notizie,
ovvero newsmaking.
Innanzitutto, non tutto ciò che accade di trasforma in notizia. I vari fatti che accadono sono
filtrati dai gatekeepers,ovvero i giornalisti, che selezionano quali fatti possono diventare
notizia. I criteri sono diversi, il più importante è la notiziabilità, ovvero l'interesse e il
contenuto di un particolare evento.
Un giornalista deve essere iscritto a un albo nazionale (L'Ordine dei giornalisti).
Il lavoro di giornalista, oggigiorno, si svolge in scrivania, davanti al computer, all'interno
delle redazioni. Le redazioni sono organizzazioni produttive che trasformano il dato “grezzo”
(gli accadimenti) in un prodotto confezionato (le notizie).
Organigramma delle redazioni:
-editore: proprietario dell'azienda, si occupa degli introiti pubblicitari e del bacino
dell'azienda;
-direttore responsabile: gode di grande autonomia, riguardo ai contenuti e alla linea
editoriale del giornale. È colui che dialoga con i vertici e con il resto della redazione;
-vicedirettore e capo direttore: si occupa della gestione organizzativa e del coordinamento
delle singole sezioni tematiche;
-capo servizio: è capo di una delle varie sezioni tematiche, ne dirige la struttura, affida gli
argomenti ai giornalisti, decide a rilevanza dei servizi, revisiona i pezzi pronti, e li prepara per
l'impaginazione;
-giornalista:può essere redattore o collaboratore esterno, si occupa di scrivere il pezzo da
pubblicare.
La figura del giornalista si suddivide in diverse tipologie:
-giornalista professionista: svolge la professione in modo esclusivo e continuativo, ed è
iscritto a un albo a parte, cui si accede dopo una prova di idoneità a Roma. I giornalisti
professionisti si suddividono in: -specifici,- generici,- inviati,- corrispondenti;
-giornalista pubblicista: svolge la professione di giornalista retribuito, pur esercitando altre
professioni;
-giornalista praticante: svolgono il praticantato, ovvero 18 mesi in redazione, propedeutici
all'esame di stato per diventare giornalista professionista;
-giornalista freelance: battitori liberi e indipendenti.
Il lavoro al desk del giornalista si basa su relazioni stabili e di fiducia reciproca che legano la
redazione con soggetti istituzionali, uffici di relazioni pubbliche e agenzie di stampa: questi
rapporti sono funzionali ad ambe le parti. Da un lato i soggetti forniscono ai giornalisti
informazioni quotidiane, garantendo pertinenza e autorevolezza; dall'altro, i giornalisti
assicurano a questi soggetti la presenza sui media e la possibilità di essere visibili al grande
pubblico. Il mezzo principale di comunicazione fra organizzazioni e i giornalisti è il
comunicativo stampa: un testo sintetico, che risponde alle regole di concinnitas e brevitas,
strutturato in paragrafi, caratterizzato da un titolo e da un sommario. Normalmente questo
contiene notizie di una certa rilevanza che si intende far sapere al maggior numero di pubblico
La realtà organizzativa di cui si è detto rappresentano le fonti di primo livello, dette anche
fonti ufficiali o fonti primarie. Si caratterizzano per autorevolezza istituzionale e competenza
specifica. Possono comprendere figure politiche, della magistratura, dell'università, della
pubblica amministrazione.
Rientrano nelle fonti primarie anche i prodotti di determinate assemblee\sedute: i verbali di
un consiglio di amministrazione, gli atti processuali, i verbali parlamentari. Le font primarie
si dotano normalmente di un ufficio stampa, incaricando di curare i rapporti con i giornalisti,
stipulando rapporti di fiducia reciproca.
Le fonti di secondo livello sono invece quelle la cui attendibilità è affidata ad giornalista che
decide di utilizzarle: l'uomo testimone di un evento, ad esempio.
Tra le fonti primarie e secondarie vi è una sostanziale differenza di credibilità: le fonti
secondarie devono sempre essere verificate, e diventano efficaci per la notiziabilità solo se
messe in relazione con un evento; le fonti primarie, invece, non hanno bisogno di essere
verificate, e possono di per sé costruire una notizia.
Le fonti di dividono anche in dirette e indirette. Le fonti dirette sono quelle grezze, il
materiale su cui lavorare, il fatto su cui costruire la notizia. Le fonti indirette, al contrario,
sono un prodotto già “confezionato”, con un taglio e una linea ben marcati. Le fonti indirette
per eccellenza sono e agenzie di stampa, ovvero organizzazioni che raccolgono, elaborano e
distribuiscono (a pagamento) informazioni generali e settoriali.
La più importante agenzia di stampa è l'ANSA (Agenzia Nazionale Stampa Associata), al
tempo stesso una testata giornalistica e una banca dati.
Oltre alle agenzie di stampa “vere e proprie”. Come l'ANSA, vi sono agenzie di stampa dette
di “terza pagina”, che si occupano di cultura e letteratura, e le agenzie di stampa “politiche”,
porta voci di partiti e figure politiche.
Oltre al mantenimento del rapporto con le fonti, la fase di raccolta dei dati prevede altre
attività. Fra queste il “giro” o “recall”, ovvero un contatto continuativo con i centri nevralgici
di ogni realtà sociale, economica, politica. Questi sono i luoghi “elettivi” per la ricerca
dell'informazione, insieme a conferenze stampa, fiere, convegni.
Una redazione giornalistica compie le suddette operazioni di routine, al fine di mettere
insieme le informazioni che andranno a costruire il format finito.
Ogni giorno in una redazione si raccolgono centinaia di fatti, ma solo il 20% diventa notizia e
trova spazio nel prodotto.
Come detto i fatti subiscono un filtraggio da parte dei giornalisti. Questo filtro è orientato dai
cosiddetti “criteri notizia” o “valori notizia”,che oltre a stabilire cosa vada selezionato,
servono anche come linee guida per la presentazione del materiale, sottolineando cosa va
enfatizzato, cosa messo, etc.
I valori notizia sono espressione della volontà di soddisfare il pubblico, e corrispondono
generalmente a:
-freschezza: eventi recenti;
-prossimità: eventi vicini geograficamente;
-livello gerarchico: riguardante istituzioni governative e politiche;
-prestigio sociale: riguardante persone famose;
-dimensione: eventi che coinvolgono molte persone;
-solidarietà;
-conflitto;
-inaspettato;
-drammaticità: “bad news is good news”.
Per concludere, anche la concorrenza diventa un valore notizia, in quanto la preoccupazione
di non bucare un evento porta a una omologazione dell'informazione, e a un innalzamento
degli standard professionali.
Il buco nel gergo giornalistico è il contrario di scoop, ovvero quella notizia trattata da una sola
redazione e trascurata da tutte le altre.
8.La pubblicità: La nascita della moderna comunicazione pubblicitaria coincide con
l'avvento del sistema produttivo industriale.
La pubblicità s sviluppa a partire dall'800, quando l'affermazione della produzione di massa
comportò la necessità di adottare nuovi strumenti per far conoscere i prodotti e indurre a
consumarli.
Le distanze fra luogo di produzione e luogo di acquisto aumentavano, così come la
disponibilità delle merci, grazie a un deciso aumento della capacità produttiva: la pubblicità
emerse come strumento capace di gestire questi due nuovi aspetti.
-I primi esempi di pubblicità si avevano in Grecia, quando i commercianti apposero insegne
alle loro botteghe interne, una volta abbandonati i mercati di piazza.
-Durante il Rinascimento si introdusse l'usanza di illustrare e valorizzare le virtù dei prodotti,
decantando a livello orale le qualità di un particolare prodotto.
-Nel 1630 a Parigi nacque la prima agenzia pubblicitaria, il Bureau d'Adresse, che curava la
pubblicazione di inserzioni su riviste.
-Nel 1936, sempre in Francia vanno registrate le prime inserzioni pubblicitarie nei quotidiani.
Emile de Girardin, fondatore de “La Presse”, può essere considerato principale innovatore, in
quanto fu il primo a sfruttare gli introiti pubblicitari per sostenere l'abbassamento dei costi di
produzione. In questi stessi anni prese piede anche l fenomeno dei manifesti murali,
presentando una grafica più articolata, con immagini e illustrazioni a colori, corredate dai
primi slogan ad effetto.
-Alla fine del 800 la grafica pubblicitaria delle riviste e quotidiani iniziò ad avvicinarsi a
quella dei manifesti, e in questo periodo venne a formarsi un connubi tra arte e pubblicità,
artisti come D'Annunzio vennero assoldati per creare slogan, e al tempo stesso alcune correnti
artistiche (come il Futurismo) adottarono stili, linguaggi e tecniche della comunicazione
pubblicitaria.
-Nel corso del 900 la pubblicità si costituì come vera e propria industria. Fondamentali furono
le invenzioni di radio e televisione, che si prestarono particolarmente a ospitare messaggi
pubblicitari: con la massiccia diffusione di questi mezzi, la pubblicità divenne ancora più
pervasiva e invadente nella quotidianità di milioni di persone.
Oggi la pubblicità televisiva rappresenta indubbiamente il fenomeno più rilevante.
-In Italia la pubblicità televisiva apparve tre anni dopo il lancio del servizio pubblico, ovvero
nel 1957, collocata all'interno della celebre trasmissione Carosello.
Nel Carosello, il contenuto pubblicitario poteva durare massimo 35 secondi, da visionare
dopo un filmato di 100 secondi nei quali il nome del prodotto non poteva essere menzionato.
-Alla fine degli anni 70 vi fu un'importante svolta nel mercato della televisione, e di
conseguenza in quello pubblicitario: l'introduzione della televisione privata.
Le televisioni private permisero il proliferarsi di nuovi canali televisivi, e di conseguenza di
nuovi spazi pubblicitari, che vennero utilizzati dalle realtà commerciali che non potevano
permettersi una pubblicità nazionale.
In secondo luogo, venne meno il rigido controllo politico sulla televisione, e la pubblicità poté
farsi più aggressiva, allineandosi con quella delle carta stampata.
-Negli anni 90 l'affollamento pubblicitario televisivo aumentò notevolmente, producendo
anche effetti di rigetto: divenne sempre più difficile distinguere un singolo messaggio
pubblicitario dall'inseme di spot trasmessi; inoltre molti programmi accentuarono la loro
vocazione generalista, rivolgendosi a un pubblico più ampio e eterogeneo, un obiettivo
dissonante con le esigenze pubblicitarie che intendono rivolgersi a un particolare pubblico.
-Tra gli anni 90 e gli anni 2000, si assistette dunque a uno spostamento di investimenti
pubblicitari sul terreno di Internet, nel quale la pubblicità assume un carattere fortemente
interattivo. Tuttavia la pubblicità sulla rete risulta ancora con parecchi limiti, e il medium
“preferito” continua a rimanere la televisione.
Come detto la pubblicità si articola attraverso molteplici media, e le caratteristiche del
medium incidono sulla struttura e la forma del messaggio pubblicitario. Queste sono le
caratteristiche della pubblicità televisiva:
-ritmo accelerato, a causa dello spazio di tempo ristretto e delle diverse informazioni da dare
-una sempre maggiore attenzione alla dimensione emotiva, piuttosto al contenuto
informativo;
-carattere persuasivo, con messaggi ricchi di suggestioni, che paradossalmente pongono in
secondo piano le caratteristiche del prodotto;
-proposta di stili di vita, più che di prodotti;
-autoreferenzialità.
Infine, ricordiamo come il linguaggio pubblicitario sia stato assorbito e riprodotto in molti
ambiti della vita sociale. Un esempio è la politica, il cui linguaggio attinge per impostare i
programmi elettorali o anche per organizzare un partito.
9.Il pubblico e la fruizione mediale: Chiunque si occupi di comunicazione è interessato a
conoscere a chi e come giungerà il messaggio.
Le diverse emittenti investono ingenti risorse umane ed economiche nell'analisi dei soggetti a
cui la comunicazione è rivolta.
Il pubblico risulta fondamentale per la buona continuazione di un programma, e per ottenere i
finanziamenti della pubblicità. Come dice Danil McQuail, “Il pubblico sembra detenere la
chiave della stessa sopravvivenza della comunicazione di massa”.
Parlare di pubblico risulta però ambiguo. Come già notato nei Cultural Studies oggi è
doveroso parlare di pubblici, a plurale, caratterizzati da posizione sociale e culturale, e da
preferenza di media e di generi.
Il pubblico è l'insieme di coloro che possono essere raggiunti dai messaggi di un medium. Si
tratta di un gruppo potenziale, indefinibile in termini precisi.
L'audience (traduzione: ascolto) è invece il pubblico reale, quantificato e numericamente
rilevato.
Il target invece è il “bersaglio” cui indirizzare il prodotto, programma o pubblicità che sia.
Il primo esempio di pubblico si registra nell'Antica Roma, al Colosseo, durante gli spettacoli.
La platea di queste manifestazioni anticipa in qualche modo il pubblico di massa, anch'essa è
infatti sottoposta a uno spettacolo pianificato e organizzato, finalizzato al divertimento,
all'istruzione, all'emozione, e funzionale a offrire un'immagine positiva dell'impero.
L'importanza di conoscere l'audience per le istituzioni mediali è dettata dal fatto che i membri
del pubblico sono due volte consumatori potenziali, in quanto consumano i programmi
televisivi e in quanto acquistano i prodotti pubblicizzati.
Risulta palese che si problematizza la questione della mercificazione degli spettatori, ridotti a
indici di ascolto, ed è questa la critica a tutta l'industria mediale.
Proprio per mantenere alto il livello dell'audience, per “ingannare” l'audience, comunque,
vengono attuate diverse strategie. Le principali sono: il traino, l'ascolto ripetuto,la fedeltà.
-il traino è il trasferimento del pubblico da un programma a quello immediatamente
successivo. Questa modalità trova una spiegazione alla sua efficacia nell'inerzia dello
spettatore;
-l'ascolto ripetuto è il caso delle serie tv. Questo prodotto nasconde una strategia a lungo
termine, che crea forme di fidelizzazione;
-la fedeltà si riferisce a un canale specifico, ed evidenzia la fedeltà di un telespettatore al
determinato canale. Questa strategia si basa sul profilo del telespettatore, rivolgendosi a un
determinato target. È il caso, per esempio, di Italia 1.
Vi sono poi strategie minori, come l'hammocking, ovvero collocare un programma di poco
successo in mezzo a due di successo; oppure il tentpoling, ovvero collocare un programma di
grande successo in mezzo a due deboli.
10.Gli studi audiometrici sul pubblico: Le ricerche audiometriche nascono per soddisfare i
bisogni commerciali: i creatori dei programmi sono interessati per farsi un'idea su cosa piace
al pubblico, così da riproporlo; chi investe in pubblicità è interessato che questa raggiunga il
maggior numero di pubblico possibile.
Nel panorama italiano gli esempi di tale ricerca sono:- Auditel, -Audiradio,- Audipress,-
Audiweb,- Audicinema.
-Auditel: fondata nel 1986, misura gli ascolti televisivi a livello nazionale e ragionale, minuto
per minuto, soprattutto per fissare le fasce di prezzo delle inserzioni pubblicitarie.
Lo strumento di rilevazione è il meter, una piccola scatoletta collegata agli apparecchi
televisivi. Le principali misurazioni fornite riguardano:
• ascolto medio: numero medio di telespettatori della trasmissione;
• share: rapporto percentuale tra ascolto medio di una trasmissione e ascolto medio del
totale;
• penetrazione: misura quanti vedono la trasmissione rispetto al totale della popolazione.
-Audipress: prevede due indagini distinte: quotidiani e periodici. Si tratta di indagini
campionarie atte a stimolare il numero e le caratteristiche socio demografiche dei lettori.
Lo strumento di rivelazione è un questionario face to face con l'intervista.
-Audiradio: consente di stimare il numero e il profilo degli ascoltatori e la composizione
dell'ascolto. Lo strumento di rivelazione è un questionario, articolato in tre aree:- ascolto al
giorno prima (rappresenta il giorno medio),- ascolto nei sette giorni,- profilo dell'ascoltatore.
Inoltre, con l'indagine integrativa Panel-Diari, si rileva:- il giorno della settimana in cui si
ascolta di più;- emittente radiofonica ascoltata;- durata dell'ascolto;- apparecchio radiofonico
usato.
-Audiweb: rivela e fornisce informazioni di carattere quantitativo e qualitativo.
Si interessa al profilo socio demografico dell'utente.
Si interessa alle visualizzazione dei siti, attraverso il catalogo dei diversi siti e un software
meter connesso al pc;
-Audicinema: raccoglie informazioni e pareri da chi va al cinema.
Lo strumento utilizzato è un questionario spedito online, attraverso cui si chiede una
valutazione, da 1 a 9, dei film visti negli ultimi 30 giorni.
I risultati di tale ricerca servono alle aziende dello spettacolo, per orientare la produzione e
soddisfare le esigenze dei diversi target di riferimento.
11.Gli effetti dei media: Abbiamo già visto le diverse teorie nei confronti degli effetti dei
media sul pubblica. Anche Umberto Eco è entrato nel merito della questione, occupandosi,
più che dei media, della percezione che di questi si ha. La celebre opposizione proposta da
Eco è quella tra apocalittici e integrati.
Sostanzialmente si può dire che:
gli apocalittici sono coloro che si rifanno alla “teoria ipodermica”, che attribuisce ai mezzi di
comunicazione di massa il potere di manipolare la mente delle persone;
gli integrati, al contrario, sono color che si rifanno alla teoria “usi e gratificazioni”, che
celebrano l'utilità sociale dei media e i loro meriti nell'informare, educare e intrattenere. Un
simile entusiasmo finisce però col negare qualsiasi responsabilità carico dei media o di chi li
gestisce. Entrambe le posizioni, naturalmente, sono tipi ideali sociologici, ovvero descrizioni
volutamente esagerate. Nel mezzo, fra queste due ipotesi antitetiche, si collocano nuove
visioni e teorie, che intendono l'effetto dei media reale, ma non immediato come suggeriva la
“teoria ipodermica”. La ricerca si muove ora in direzione degli effetti su scala collettiva nel
medio e lungo termine. Gli effetti dei media si verificherebbero in molti anni di fruizione
costante del sistema mediale.
La teoria dei “differenziali di conoscenza” accusa i media e la crescente di accentuare i
divari sociali e culturali all'interno della società. La teoria si oppone allo slogan
“l'informazione è potere”, sostenendo due principali motivazioni:
– il generale accrescimento delle conoscenze avviene su velocità diverse, a seconda della
posizione di partenza;
– i media a grande diffusione (accessibili alle classi subalterne) non trattano temi
complessi di economia o scientifiche. In sostanza la conoscenza si muove su due pini
diversi, oltre che a due velocità diverse.
La teoria de “la spirale del silenzio” proposta da Elisabeth Noelle-Neumann, si concentra
prevalentemente sugli effetti della televisione. La principale critica è che la televisione ha
neutralizzato il potere del pubblico di fruire selettivamente, per due principali motivi: la
consonanza, e la cumulatività:
– la consonanza costituisce la rappresentazione omogenea delle varie emittenti;
– la cumulatività rappresenta le caratteristiche pervasive, e sempre più onnipresenti, del
mezzo, oltre che al carattere ripetitivo dei suoi contenuti.
Il pubblico non può più quindi esercitare il suo potere di scelta, perché non ci sono alternative
fra cui scegliere.
Secondo punto della teoria: la paura dell'isolamento sociale, che spinge al conformismo.
Gli individui esprimono ciò che pensano solo se ritengono che i tratti di opinioni
maggioritarie. L'opinione pubblica diventa quindi l'opinione dominante, che riduce al silenzio
tutte le altre. In sostanza, le opinioni presentate come maggioritarie vengono esposte con
ancora più veemenza dai propri sostenitori; viene quindi a crearsi un circolo vizioso, appunto
una “spirale del silenzio”.
Due esempi pratici: gli exit poll sono vietati quando i seggi sono ancora aperti, perché questo
potrebbe, appunto, influenzare le intenzioni di volo, andandosi a uniformare con il partito
virtualmente maggioritario.
Lo scoppio improvviso di certe mode, da un momento all'altro; in realtà queste erano già
apprezzate privatamente, ma l'opinione pubblica non le riconosceva e quindi venivano
ostentate.
Il modello della spirale del silenzio presenza certe debolezze: non tiene conto delle minoranze
attive. L'omogeneità della proposta televisiva è esageratamente generalizzante.
La teoria della coltivazione televisiva si rivolge principalmente al mezzo televisivo,
considerato come “più potente”.
La “coltivazione” si riferisce alla costruzione di realtà cumulativa, frutto di una fruizione
televisiva prolungata nel tempo: il pubblico assorbe le concezioni della realtà presentate in
televisione, andando a sostituire la realtà vissuta. Questa “sostituzione di realtà” avviene in
misura proporzionale al consumo televisivo.
L'esempio per eccellenza sono le fiction, in quanto propongono un mondo fatto di ruoli,
emozioni, comportamenti stereotipati. Questi vengono “coltivati” dagli spettatori che
finiscono per applicare questi modelli nella loro vita quotidiana.
La teoria della coltivazione televisiva ha il merito di spostare l'attenzione degli effetti, a breve
termine, di singoli programmi, all'azione complessiva dei media come agenti di
socializzazione e costruttori di realtà a lungo termine.
Tuttavia bisogna tenere conto che il pubblico non è passivo. Come abbiamo già visto questi
sottopone i contenuti a processi di interpretazione e mediazione, filtrando i contenuti che
ritiene validi. Infine vi è il tradizionale problema di imputare una direzione al nesso fra
consumo televisivo e “sostituzione di realtà”: è la televisione a provocare una sostituzione di
realtà, o sono le persone a voler cercare di alienarsi?
La nuova industria culturale: Negli ultimi decenni il sistema mediatico è stato soggetto a
trasformazioni di tipo tecnologico ed economico che hanno ridefinito le relazioni tra
produttori e consumatori.
Il tradizionale modello broadcast è stato sostituito da strategie di comunicazione rivolte a
specifici pubblici. È possibile far risalire l'origine di questa evoluzione agli anni 70, con le
prime piattaforme multicanale, dall'era della scarsità all'era della disponibilità.
Nell'era della disponibilità , con l'aumento della concorrenza, diverse emittenti hanno deciso
di differenziarsi, prediligendo un target preciso, e applicando un modello di business basato
sul pagamento diretto, chiamato narrowcast.
Nella trasformazione del modello televisivo ha avuto un ruolo rilevante il processo di
accentramento proprietario. Un esempio è il gruppo Murdoch, la News Corporation, fondata
nel 1979 dall'australiano Rupert Murdoch. La tv narrowcast si afferma in Italia proprio grazie
a Murdoch, che, acquisendo Telepiù e Stream, fonda nel 2003 Sky Italia, che propone un
abbonamento a bouquet di canali (tematici, come cinema e sport, e “a discorso”, rivolto a
specifiche nicchie di pubblico, come Disney Channel o Gay TV).
Nel primo decennio degli anni 2000 il sistema è stato soggetto ad un altro tipo di innovazione
tecnologica, ovvero la digitalizzazione, che ha determinato il passaggio dall'era della
disponibilità all'era dell'abbondanza. Da un lato, infatti, Internet si è evoluta a piattaforma
multimediale attraverso la banda larga. Dall'altro, le reti di trasmissione televisiva hanno
avviato la propria conversione da analogico a digitale. Attraverso offerte, accorgimenti
tecnici, “alleanze” si è venuto a creare un sistema profondamente intrecciato tra internet e
televisione, ma non solo. Tramite internet si sono intrecciati anche tutti gli altri media.
A tutto questo si è accompagnato uno sviluppo tecnologico e informatico senza precedenti,
che hanno dotato il consumatore\pubblico di mezzi e soluzioni sempre più efficaci,
coinvolgimenti e agevoli. Anche in questo caso si assiste a un intreccio fra le diverse
tecnologie, che vanno a supportarsi e ad integrarsi l'una con l'altra, attraversando la quasi
totalità del panorama tecnologico, un esempio è la Apple Inc. In sostanza, si può affermare
che nell'era dell'abbondanza il sistema è crossmediale, sia dal punto di vista degli strumenti,
sia dal punto di vista delle tematiche, sia dal punto di vista dei contenuti.
La comunicazione mediata dal computer.
A partire dagli ultimi decenni del 900, ai mass media tradizionali si sono aggiunti strumenti di
comunicazione, i cosiddetti nuovi media.
Ma qual'è il confine tra i vecchi e i nuovi media?
Le principali caratteristiche che inducono a parlare di novità sono:
– il formato digitale: digitalizzare un'informazione significa rappresentare attraverso una
sequenza di cifre binarie (ovvero il bit); una volta digitalizzata, l'informazione può
essere elaborata con estrema facilità; inoltre l'informazione digitale è facilmente
archiviabile, conservabile, trasportabile;
– la multimedialità, ovvero l'articolazione del contenuto attraverso diversi canali
sensoriali ed espressivi: suoni, grafici, immagini, video, testi. Il nuovo multimedia si
caratterizza per un'integrazione molto spinta fra i diversi codici (anche video sonori e
riviste illustrate sono multimediali, ma in modo diverso);
– la interattività: “la misura della potenziale capacità di un medium di lasciare che
l'utente eserciti un'influenza sul contenuto”. Vi sono tre livelli di interattività:
1)possibilità di scelta fra i contenuti (televideo); 2)possibilità di comunicare la scelta dei
contenuti (web); 3)possibilità di produrre i contenuti (web forum);
– la ipertestualità: ovvero la possibilità di seguire un percorso logico fra i diversi
elementi scelto dal consumatore, piuttosto che imposto dall'offerente. Si intende un
insieme di informazioni collegate tra loro in forma non lineare. Un ipertesto tenta di
riprodurre la rete di collegamenti logici tra concetti e tematiche, in modo da rispettare la
natura non sequenziale del pensiero umano;
– cyberspazio: seppure limitato al contesto delle reti telematiche, è un elemento di forte
novità non trascurabile. Il cyberspazio è inteso come “rete in quanto luogo”, ovvero
incontrare e conoscere persone nuove, tramite la rete. Con questo termine si intende
sottolineare l'evoluzione delle reti in senso sociale e comunicativo, in grado di svolgere
sia le funzioni normalmente attribuite ai mass media, sia quelle tipiche dei mezzi di
comunicazione interpersonale.
L'origine delle reti telematiche è da collocare durante la Guerra Fredda, quando la
concorrenza con l'URSS spinse gli Stati Uniti a grossi investimenti nei progetti di ricerca più
vari. La prima rete telematica, avviata nel 1969, comprendeva quattro laboratori elettronici
situati in altrettanti centri universitari statunitensi. Questa rete, alternata dell'odierna Internet,
si chiama Arpanet.
Le caratteristiche tecniche principali di questo sistema sono:
– la ridondanza, ovvero due punti qualsiasi della rete possono essere messi in
comunicazione attraverso percorsi diversi;
– la struttura policefala, ovvero una struttura priva di un unico nodo centrale.
Il risultato fu una rete estremamente robusta e versatile, in grado di funzionare anche in
presenza di guasti presso uno o più dei suoi nodi. Ridondanza e struttura policefala sono state
interpretate spesso come richieste dei militari, per assicurare la sopravvivenza della rete in
occasione di catastrofi naturali o di attacchi bellici.
Negli anni 70 vi fu una prima svolta:
– fu coniato il nome Internet, per evidenziare la capacità della rete di collegare sistemi
informatici diversi e lontani;
– fu sviluppato il primo sistema di posta elettronica: significava il passaggio dalle reti di
calcolo alle reti di comunicazione. Con l'introduzione della posta elettronica si
manifestava la volontà di collegare fra loro non solo le diverse macchine lontane, ma
anche i diversi esseri umani.
La svolta definitiva verso la rete telematica “di massa” si ha nel 1991, quando il CERN di
Ginevra vengono elaborati i fondamenti del world wide web (www), ragnatela grande quanto
il mondo, ovvero una rete in grado di essere letta da qualsiasi computer.
Con il web si realizza finalmente la visione di un unico immenso ipertesto multimediale a
disposizione dell'umanità, consultabile da chiunque e al quale chiunque può contribuire.
Con gli anni 2000 la rete si orienta sempre più verso un uso popolare (nel 1999 le campagne
offrono pacchetti in cui è contenuta anche la connessione a internet), a cui si accompagna,
come prevedibile, il commercio elettronico e la comunicazione pubblica e istituzionale.
Infine, con l'introduzione dell'ADSL e della connettività mobile è possibile essere collegati in
ogni momento della giornata.
Le caratteristiche della comunicazione mediata dal computer (Cmc) ne fanno uno
strumento ibrido, che non si colloca né sul versante della comunicazione interpersonale
(email), né su quello dei mass media (sito di un quotidiano): esso si presta di volta in volta
all'uno e all'altro uso, rappresentando un interessante superamento della rigida
contrapposizione tra comunicazione uno a uno e comunicazione di massa, che ha
imperversato per tutto il 900. simili caratteristiche necessitano quindi, nel momento di una
loro analisi, di un approccio interdisciplinare.
La comunicazione mediata da computer è una forma di comunicazione ibrida, non
riconducibile né alla comunicazione interpersonale, né ai mass media. Esistono vari filoni di
pensiero sulla Cmc:
Prima generazione- Cmc socialmente povera- anni 80.
Il primo filone di ricerca si è sviluppato negli anni 80: si trattava di studi rivolti a definire
l'apporto della Cmc in ambito organizzativo e per lo sviluppo della comunicazione all'interno
delle aziende.
L'attenzione verso la Cmc è quindi nell'ottica di ottenere il massimo dalle nuove tecnologie,
in termini produttivi.
Ci si domanda: quali sono gli effetti di una comunicazione rapida basata interamente sul testo;
se esistono strategie per compensare la mancanza di codici comunicativi non verbali; se le
persone nella comunicazione via computer avvertono la differenza di potere; se esistono
norme in grado di restituire socialità alla comunicazione online.
A queste domande si rivolge il filone di studi Reduced social cues (Rsc), che risponde
assumendo due caratteristiche di potenza fondamentali:
– scarsità di informazioni relative al contesto sociale;
– scarsità di norme in grado di orientare lo sviluppo della comunicazione.
La Cmc è quindi inevitabilmente povera dal punto di vista sociale.
Le capacità di influenza si livellano perché le informazioni relative al potere e alle differenze
di status rimangono nascoste. Questo filone “democratico”, e “orizzontale”, finisce con
l'ostacolare la produttività, dato il sostanziale disordine di un processo comunicativo privo di
norme capaci di orientare lo sviluppo.
Il filone del Rsc identifica nella limita larghezza di banda la principale caratteristica della
Cmc: non vi sono sufficienti canali comunicativi atti a comprendere la posizione
dell'interlocutore.
La Cmc è quindi efficace quando si tratta di trasmettere informazioni precise, ma è
estremamente povera per quanto riguarda gli aspetti sociali.
Seconda generazione- Cmc socialmente ricca- anni 90.
Diversi studi hanno dimostrato che la Cmc può veicolare la stessa socialità della
comunicazione face-to-face se solo si lascia agli attori il tempo necessario per prendere
dimestichezza con il mezzo.
A partire dagli anni 90 la tecnologia telematica, per lungo tempo confinata agli ambienti di
lavoro, diventa esperienza quotidiana per milioni di utilizzatori.
La diffusione domestica della rete conferma le potenzialità d'uso ricreativo della Cmc.
L'attenzione della ricerca si sposta dagli “effetti” e dall'efficienza della Cmc comparati degli
altri media, ai processi di costruzione di ambienti sociali all'interno della rete.
Vengono a crearsi comunità virtuali, a conferma della sempre maggiore socialità del mezzo.
Terza generazione -Cmc come dimensione quotidiana- anni 2000.
in questa fase i sociologi si occupano di valutare i cambiamenti della società che
accompagnano l'introduzione della Cmc nella vita quotidiana di ogni cittadino.
Fino a qualche tempo fa gli scopi della comunicazione in rete erano suddivise tra: - lavoro,-
socialità fine a se stessa.
Oggi, invece, la Cmc viene usata per gli scopi più disparati, dallo svago al lavoro, passando
per i mille aspetti della vita quotidiana.
Possiamo quindi affermare che la comunicazione mediata dal computer si sta
progressivamente integrando con la vita comune e sta permeando la socialità a tutti i livelli.
Costruzione dell'identità online: Si è detto che l'intenzionalità rappresenta un fattore
importante della comunicazione umana.
Bene, l'intenzionalità rappresenta anche una prima, macroscopica differenza tra Cmc e la
comunicazione interpersonale.
Come è facile immaginare, la componente di involontarietà nella Cmc è praticamente
annullato: è molto difficile che possa “scappare” uno smiley involontario in un messaggio, al
contrario è facile che possa scappare un sorriso involontario in una situazione “reale”.
Che cosa accade allora in un mondo in cui le persone possono presentare vicendevolmente la
propria facciata migliore senza correre il rischio di mostrare involontarie contraddizioni?
La vignetta apparsa sul The New Yorker nel 1993 (“Su internet, nessuno sa che sei un cane”),
sintetizza in modo breve e conciso il duplice aspetto dell'anonimato in rete, al tempo steso
qualità e rischio: - annulla le differenze, anche discriminatorie; - è possibile spacciarsi per una
persona completamente diversa.
La costruzione dell'identità in rete è di grande interesse per i sociologi, in quanto concede
ampi gradi di libertà, senza tuttavia sottrarsi ai vincoli della dimensione sociale.
Il primo passo consiste nella scelta di un nome. Nel cyberspazio, come nelle antiche comunità
tribali, il nome ha una grandissima importanza sociale. Questo è in grado di racchiudere
importanti informazioni sull'individuo che lo porta. Al momento dell'ingresso in rete, un
nuovo utente è una tabula rasa: la scelta del nome costituisce il primo mattone della sua
identità online.
Dunque, se esiste una modalità caratteristica dell'interazione in rete, questa non è data
dall'anonimato, bensì dallo pseudonimato.
Una comunicazione anonima non potrebbe mai dare luogo a relazioni sociali stabili e
significative; al contrario, lo pseudonimato permette di tenere traccia delle interazioni passate
pur lasciando all'individuo ampie libertà.
Al nome, che già può garantire di inquadrare il soggetto, può essere associata una firma, a cui
si associano diverse altre informazioni (lavorative, di interesse, citazioni, etc), che vanno a
definire in maniera più chiara e precisa il soggetto.
La presentazione di sé online può proseguire con la costruzione di un sito web personale, di
un blog, di un profilo su un social network: ovvero di una ribalta, in cui esporre la migliore
immagine che riusciamo a comporre noi stessi.
L'analisi di questi strumenti per la costruzione di una identità online, viene talvolta citata a
sostegno di una visione del sé frammentata e molteplice: un individuo può costruire diverse
identità, diversi profili, ognuna delle quali sarà usata per delineare altrettante persone in
altrettanti contesti.
In questo consiste la concezione postmoderna di identità, ovvero un'identità scomposta in
diversi riquadri.
Tuttavia sarebbe fuorviante pensare che ognuno di questi riquadri possa condurre un'esistenza
indipendente dagli altri. Gli studi più recenti hanno iniziato a sfate il mito delle identità
virtuali come via di fuga dalla realtà. Le costruzioni identitarie in rete non sono qualcosa di
separato dalla vita di tutti i giorni.
La comunicazione in rete deve quindi essere intesa come un'opportunità che si affianca a
quelle tradizionali, senza necessariamente sostituirle.
Comunità virtuali e i social network: La metafora del cyberspazio ha portato a considerare
la rete come la “nuova agorà”; un luogo comune, accanto ai luoghi in cui si vive e di lavora.
La possibilità di sviluppo di comunità virtuali venne ventilata già nel 1968, da un famoso
saggio di due tra gli inventori di internet, Licklider e Taylor: “Saranno comunità caratterizzate
non da una comune collocazione fisica, ma da comuni interessi. La vita sarà più facile online,
perché le persone con le quali interagire saranno selezionati dalla comunanza degli interessi
piuttosto che dall'accidente della prossimità. ”
Vi è da sempre un alone di scettica denigrazione che circonda l'aggettivo “virtuale”, che porta
inevitabilmente anche a diffidare delle “comunità virtuali”, considerate come un mondo a
parte, privo di sbocchi materiali e fisicamente utili. Tuttavia gli studi sulle comunità virtuali
hanno invece dimostrato che le esperienze comunicative condotte in rete sono reali a tutti gli
effetti. Innanzitutto nelle relazioni immediate che queste comportano; in secondo luogo a ciò
che queste conoscenze “virtuali” possono portare: chi utilizza abitualmente internet, infatti,
risulta possedere un maggior numero di amici e anche viaggiare di più (il che sfata il mito
dell'adolescente asociale rinchiuso nella propria camera davanti al computer).
Il limite maggiore di queste comunità, tuttavia, è l'autoreferenzialità. In quanto composte da
individui mossi dalle stesse idee e dalle stesse passioni (proprio perché si sono “scelti” a
vicenda per la comunanza di questi fattori) queste comunità possono risultare prive di un vero
confronto, ma di un semplice supporto alle stesse idee, rischiando un'eccessiva chiusura nei
propri assiomi.
Con l'avvento dei social network è infine cambiato nuovamente il panorama virtuale-sociale.
Da un punto di vista delle caratteristiche funzionali i social network sono un'evoluzione dei
siti web personali e dei blog, in quanto consentono di costruire un profilo di sé , veicolando
informazioni sulla propria persona.
Tuttavia si differenziano dai blog in quanto permettono di creare liste di amici, di comunicare
in modo pubblico e privato.
L'interazione quotidiana tra pari è sempre più mediata da forme di Cmc, tra cui Sns, che
dunque costituiscono nuovi ambienti di interazione definiti pubblici connessi. I pubblici
connessi sono spazi digitali che si affiancano allo spazio geografico, ma le cui azioni hanno
specificità tecniche a differenza che nell'interazione face to face:
– persistenza: sono archiviati nei database,
– ricercabilità: possono essere recuperati a distanza di tempo,
– replicabilità: possono essere duplicati e ridistribuiti,
– scalabilità: possono essere raggiunti da un pubblico molto esteso.
Nei pubblici connessi gli utenti immaginano un pubblico di riferimento con cui intendono
comunicare, costituito da propri pari, tuttavia possono essere visibili anche a pubblici inattesi.
Per limitare questo problema gli utenti hanno la possibilità di limitare la visibilità del proprio
profilo attraverso le opzioni di privacy, andando a selezionare il proprio “pubblico”.

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