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Ci sono molte altre possibilità e un individuo potrebbe seguire modelli molto più
complessi e diversificati, legati alle fluttuazioni nella sua capacità di resilienza e
alla natura delle esposizioni nel corso della vita.
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Dalla teoria dei sistemi e dal modello ecologico di Bronfenbrenner, la
resilienza deriva da processi di interazione tra più livelli di funzionamento e per
mantenersi in equilibrio, la persona deve costantemente adattarsi all’ambiente
circostante e alle richieste sempre nuove del contesto, lo sviluppo umano è
concepito come processo di interazione reciproca tra un organismo umano attivo
e in evoluzione, e le persone, gli oggetti, i simboli che si trovano nel suo ambiente
immediatamente esperibile.
Sono molti i modelli lavorati per spiegare come le traiettorie resilienti
attraversano i diversi sistemi umani: quello di Masten e Obradovic descrive un
complesso sistema multi-livello che interagisce top-down e bottom-up (all’interno
di ogni bambino agiscono il sistema nervoso centrale e il sistema immunitario in
modo interconnesso, ciascuno ulteriormente differenziato a livello cellulare. Il
bambino è inserito in tre microsistemi: famiglia, gruppo dei pari e scuola.
All’interno del sistema, chiamato ecosistema, rientrano anche ambiti non
esperibili direttamente dal soggetto (es.contesto lavorativo dei genitori). I tre
microsistemi sono a loro volta integrati in un sistema più ampio: il
macrosistema costituito dalle strutture istituzionali sovrastanti della cultura o
della sottocultura. Questi sistemi sono integrati, interdipendenti e in costante
interazione e portano implicazioni nel delinearsi delle traiettorie resilienti in
seguito ad un evento critico: ha un impatto trasversale e perturbano, in vario
modo, il funzionamento di sistemi diversi sia interni al sistema uomo sia
esterni.
Per individuare se una traiettoria di risposta è resiliente oppure no bisogna
prima giudicare le minacce o le sfide a cui è sottoposto un sistema e poi
verificarne l’adattamento: quindi una traiettoria è resiliente se la persona o il
sistema funziona in modo efficace e si comporta come si suppone si debba
comportare).
Negli ultimi quarant’anni è stato svolto un ampio lavoro empirico sulla
resilienza in bambini e giovani esposti a diversi tipi di eventi critici in diverse
parti del mondo.
Su ogni potenziale turbamento dell’equilibrio e del benessere personale, a volte
eccedendo in fantasia e creatività. (?)
La maggior parte degli studi ha assunto come livello di analisi quello
individuale, familiare e scolastico. Più di recente, c’è stato un crescente
aumento di ricerche sugli aspetti biologici o neurali.
4. La resilienza nel ciclo di vita
Studiare la resilienza secondo la prospettiva del ciclo di vita
non è un’impresa semplice. Studia una o più fasi del ciclo di
vita come punto di partenza di traiettorie evolutive.
Il focus iniziale delle ricerche sulla resilienza si concentrava sull’infanzia e
sull’adolescenza e sul legame tra alcuni tratti e/o eventi e le fasi successive di
vita.
Negli anni 2000 alcune ricerche hanno iniziato ad applicare il costrutto della
resilienza all’età adulta e anziana (studi sul lutto e sulla perdita, attacco
terroristico 11 settembre 2001): la resilienza negli adulti è un fenomeno comune,
anche se la natura e le caratteristiche delle traiettorie sono ancora poco
conosciute. I fattori protettivi sono concentrati soprattutto sulle variabili person-
centered.
La resilienza in età avanzata è meno sotto i riflettori, è stata concettualizzata da
diversi punti di vista: individuale, processo, prodotto/esito delle esperienze della
vita. In questa fase oltre alle proprie esperienze di vita e caratteristiche personali
ha un enorme peso la rete di relazioni intorno all’anziano che funziona come
scaffolding. Studiare la resilienza lungo il ciclo di vita significa riconoscere i
momenti di svolta, spesso caratterizzati da una nuova opportunità o da un
nuovo rapporto, che hanno fornito uno stimolo propulsore e suscitato la
determinazione necessaria per un cambiamento di traiettoria, questo
momento di svolta può anche risultare da un processo di autoriflessione.
L’autoefficacia che deriva dal controllo di una nuova situazione o dal
superamento di un ostacolo può contribuire a sviluppare, dal bambino
all’anziano, la fiducia di diventare un agente attivo nel proprio processo di
sviluppo.
I momenti di svolta sono determinati anche nell’ambito delle situazioni di
resilienza tardiva, cioè situazioni nelle quali un adulto non resiliente diventa ad
un certo punto della vita un giovane anziano generativo e in grado di
riprogettarsi.
5. Strumenti per misurare la resilienza
La resilienza messa in atto dai soggetti a protezione e difesa dalle difficoltà o dai
traumi, rivendica legittimamente la necessità di strumenti che permettano di
identificare delle costanti.
Strumenti utilizzati in ambito nazionale e internazionale per misurare i riscontri
oggettivi della sua presenza.
o Resilience Scale (RS) di Wagnild e Young, 1993: resilienza come
caratteristica personale che modera gli effetti negative dello stress e
promuove l’adattamento,caratteristica innata che si può potenziare in base a
come si affrontano e si superano gli eventi della vita. 10 o 15 item, due
sottoscale:competenza personale e accettazione di sé, scala Likert a 7
passi.
o Dispositional Resilience Scale di Bartone (1989): resilienza come
resistenza psicologica, come stile di funzionamento generale che
include qualità emotive, cognitive e comportamentali. Tre dimensioni:
commitment, controllo, sfida.
o Dispositional Resilience Scale II (DRS-II) di Sinclair et al. 2003: 18 item che
indagano il cambiamento, i legami e il livello di controllo. Resilienza ancora
come concetto personale e individualistico delle capacità di far fronte a
traumi. Inesplorato il sistema relazionale e comunitario.
o Connor-Davidson Resilience Scale (CD-RISC) di Connor, Jonathan e
Davidson 2003: resilienza come capacità personale di prosperare anche di
fronte alle difficoltà e come una misura della capacità di gestire lo stress.
Obiettivo di stabilire i valori di riferimento nella popolazione generale e nei
campioni clinici e per misurare nella popolazione clinica le modificazioni nei
livelli di resilienza in risposta a trattamenti farmacologici e psicoterapeutici
per la gestione dell’ansia e la capacità di reagire agli stress. 25 item su 5
fattori: competenza personale e tenacia, self confidence e gestione delle
emozioni negative, accetazione positiva del cambiamento e relazioni
sicure, controllo, influenze spirituali.Scala Likert a 5 passi.
o Resilience Scale for Adult (RSA) di Friborg 2003: resilienza con
caratteristiche psicologiche disposizionali ma anche sottoscale che
misurano il supporto famigliare ed esterno.
o Resilience Scale for Adolescent (READ): 5 dimensioni: competenza
sociale, stile strutturato, support esterno, coesione famigliare e
competenze personali.
o Altri strumenti sono in fase di perfezionamento e validazione: la Baruth
Protective Factors Inventory (BPFI) di Baruth e Carroll 2002: resilienza
attraverso quattro fattori di protezione e la Resilience Proces Questionnaire
(RPQ) di Laudadio, Fiz Perez e Mazzocchetti.
E’ necessario affiancare ai questionari validati e già esistenti degli strumenti
informali che dovrebbero privilegiare linguaggi diversi e aprire nuovi canali di
espressività e comunicazione.
o Test del Villaggio di Arthus 1968: costruzione di un vero e proprio villaggio in
miniatura, il soggetto viene posto di fronte ad elementi che gli richiamano
cose familiari e lo svolgersi quotidiano e reale della vita ed p invitato a
disporli secondo la propria inclinazione. Nell’organizzazione del caos il
soggetto esprime oggettivamente il livello ed il tipo della propria attività
creatrice o riproduttrice. Questo test tende ad evidenziare a quali
sollecitazioni del mondo esterno la persona è più sensibile e come le
percepisce, qual è il modo in cui assimila questi dati e li trasforma in una
sua realtà propria ed originale, come prende coscienza del suo Io e come le
sue energie sono accumulate e come vengono liberate in occasione di
determinate attività.
o Gioco della Sabbia e Test della sabbia: la sabbia e le figure che il
soggetto andrà a comporre sono dei tramiti attraverso i quali il mondo
interno ha la possibilità di esprimersi e prendere una forma osservabile e
concreta. Ha il privilegio de permettere l’espressione di contenuti
difficilmente verbalizzabili o troppo faticosi da esprimere a parole. Attività
espressiva più diretta e immediata.
Ci sono difficoltà nella definizione e misurazione della resilienza però sta
avvenendo un progressivo cambiamento di prospettiva.
Le variabili che permettono ad un individuo di resistere alle situazioni
stressanti e di evolvere positivamente nonostante i traumi sono un nuovo
terreno di ricerca per gli psicologi.
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La creatività che fa da supporto alla resilienza è una creatività che riguarda
sia gli aspetti pratici della vita sia i significati esistenziali.
La resilienza si collega alla capacità di costruirsi strumenti direttamente
non disponibili o di trovare stratagemmi per cavarsela in situazioni
intricate. Questa ingegnosità di tipo pratico non riguarda solo la
produzione di oggetti materiali e strumenti, ma anche la sfera sociale e
relazionale.
Un diverso genere di creatività entra in gioco quando essere resilienti significa
soprattutto reinterpretare la situazione in cui ci si trova, ossia dare ad essa un
diverso significato che non conduca alla disperazione e alla rassegnazione ma
mobiliti le risorse residue dell’individuo. Meccanismi di pensiero che stanno alla
base dell’atto creativo sono gli stessi della creatività a carattere pratico:
ristrutturare la situazione, cercare nuovi significati, collegare ambiti di esperienza
lontani tra di loro.
Legami sul piano operativo: riconoscere come delle pratiche di intervento
che sostengono la resilienza sono ritenute anche possibili supporti allo
sviluppo della creatività.
Difficilmente una persona è creativa in tutti gli
aspetti della propria vita. 2.Creatività e patologia
Non sempre i meccanismi di pensiero alla base della creatività sono funzionali.
Il rapporto creatività-salute mentale nel passato si è presentato come rapporto in
contrapposizione, c’era la constatazione di somiglianze tra i processi creativi e i
processi mentali collegati a certe figure psicopatologiche, ma nello stesso tempo,
nascondono una diversità che sussiste tra creatività e patologia.
I processi creativi, pur assomigliando in parte a processi psicopatologici, da
questi si differenziano in quanto sono finalizzati ad uno scopo (che tiene
conto dei vincoli della realtà), sono sotto il controllo dell’individuo e sono
inter-soggettivamente condivisibili. Anzi, lo sviluppo della creatività può
presentare un aspetto “terapeutico”, orientando in senso produttivo quei
processi e quelle dinamiche, avvicinabili alla creatività, che altrimenti si
piegherebbero in senso patologico.
Il pensiero creativo si presenta come una forma di pensiero flessibile e duttile,
che si avvale di meccanismi non logici, ma non per questo disancorato dalla
realtà o delirante. In esso convive un gioco di liberi rimandi e di accostamenti
intuitivi, inseriti in una prospettiva di adattamento all’ambiente e di scambio
relazionale che ne evita gli sbocchi sterili o “autistici”.
Lo sviluppo della creatività si caratterizza come stimolo al superamento di due
opposte tendenze disfunzionali: stereotipie e rigidità e destrutturazione del
pensiero.
3.I falsi miti della creatività
Stabilito quale sia il tipo di creatività che può volgere un ruolo funzionale
positivo della vita mentale di individui e nelle situazioni di resilienza, bisogna
evitare che aleggino miti fuorvianti.
-La creatività è prerogativa di individui particolari.
-C’è un’età della vita particolare per la creatività.
-Certi ambiti di attività sono “connaturatamente” predisposti alla creatività.
-Il modo in cui si diventa creativi.
Sfatare questi miti non significa negare che la creatività rimanga un processo
particolare.
E’ l’esperienza soggettiva che innanzi tutto ci attesta che quando si
concepisce qualcosa di nuovo ed utile si sta impiegando una forma di
pensiero diversa.
La creatività è qualcosa di particolare, alla portata un po’ di tutti, purchè
si abbia l’adeguata curiosità e disposizione ad immaginare che le cose
possano essere diverse dal solito.
4. Promuovere percorsi di resilienza e di creatività
Resilienza e creatività si sviluppano sulla base di analoghe attenzioni
educative, hanno aspetti comuni, dati da analogie ravvisabili delle pratiche di
crescita e di accadimento che le stimolano.
Resilienza accostata al concetto di empowerment (capacità di padroneggiare
una situazione e percezione di un potere di azione e di controllo sull’ambiente,
possibilità di utilizzare le proprie forze, abilità e competenze per attivare le risorse
interne acquisendo un maggior potere sulla realtà. Aspetti ritenuti importanti
anche nella promozione della creatività).
La creatività può essere incrementata se vengono predisposte le adeguate
condizioni di stimolazione: su questa base sono stati messi a punti vari strumenti,
programmi e corsi per potenziare la creatività ma non si registrano significativi e
durevoli progressi nei bambini coinvolti nelle iniziative volte ad aumentare il loro
potenziale creativo. Interrogarsi sulla maniera con cui le tradizionali proposte di
stimolazione della creatività infantile hanno concepito il processo attraverso cui la
creatività dovrebbe venire appresa.
Le procedure comunemente impiegate per stimolare la creatività non hanno
raggiunto i propri obiettivi. Il soggetto deve scoprire da sé la strategia più adatta e
non basta sapere che cosa occorre fare per essere creativi, si deve anche voler
essere creativi, avere un atteggiamento favorevole alla creatività.
Programmi di sviluppo della creatività efficaci permettono al bambino di attivare
con successo strategie di pensiero innovative e di acquisire una maggior
consapevolezza delle proprie abilità e competenze. Ciò lo porta a sviluppare un
forte senso di sicurezza interna, a cimentarsi in compiti nuovi e sfidanti e a saper
gestire le situazioni frustanti adottando un atteggiamento positivo.
I training devono favorire un percorso di crescita, di empowerment, inteso
sia come processo verso la consapevolezza e lo sviluppo delle potenzialità,
sia come risultato finale di promozione delle risorse, qualità della vita,
benessere e salute emozionale.
Se la creatività può essere sviluppata (anche per la resilienza), ciò avviene
anche in virtù di un appropriato ambiente di sviluppo e di apprendimento
che è stato predisposto attorno al soggetto: non si diventa creativi o
resilienti a forza di esercizi o per merito di ricette e di istruzioni da seguire,
è necessario un coinvolgimento globale dell’individuo che sia
progressivamente condotto a gestire da se stesso la complessa dinamica
mentale della creatività e della resilienza.
5. La rappresentazione narrativa nella resilienza e nella creatività
Nelle situazioni di resilienza gli uomini si creano dei mondi immaginari che vanno
oltre l’esperienza diretta. Questa creazione di un mondo simbolico in cui
ravvisare nuovi significati per la propria vita è svolta dalla narrazione.
Quando una persona racconta a se stessa o ad altri un’esperienza che l’ha fatta
soffrire compie una specie di arringa in proprio favore: ricostruisce e ridefinisce il
proprio passato per rendere comprensibile e accettabile a se stesso quanto è
accaduto. Un racconto è una riconciliazione con la propria storia e un’iniziativa
di liberazione.
Con la narrazione, diamo una rappresentazione di noi stessi che ci aiuta a
mettere ordine e a dare all’esperienza una forma provvisoriamente stabile..
Si ha la possibilità, così, di rappresentare la vita sul piano del racconto:
questa rappresentazione non è una semplice trasposizione dei fatti, ma è una
ri-creazione, una rielaborazione originale dei fatti. Originale perché ciascuno
sceglie la prospettiva da cui guardare i fatti della propria vita.
Qui entra in gioco la creatività: uno stesso evento, una stessa situazione narrata
da individui diversi può assumere molteplici significati e forme a seconda della
chiave di lettura che ciascun autore ci fornisce.
Attraverso la narrazione creiamo dei contesti e all’interno di questi nascono
nuove forme di organizzazione contestuale.
Sei operazioni: la funzione del selezionare, la funzione del mettere dentro una
cornice ciò che deve essere rappresentato, la possibilità di dislocare
differentemente i piani, la possibilità di mettere in forma compiuta la realtà, la
possibilità di introdurre delle distorsioni e dei cambiamenti di rapporto tra le cose,
la proiezione rispetto al futuro. Queste fanno sì che la rappresentazione narrativa
produca l’esperienza della culminazione: fanno sì che io mi trovi davanti qualche
cosa che mi permette di cogliere pienamente il senso di quello che sto vivendo, le
mie domande trovano una risposta perché ciò che io ho di fronte è
completamente allineato con la mia domanda, le operazioni che fanno sì che la
rappresentazione non sia la riedizione della realtà ma sia una ri-trascrizione della
realtà deformata e modificata mi permettono di cogliere il senso di quella realtà
che io ho rappresentato. Io mi trovo perfettamente consonante con ciò che ho
rappresentato.
6. Considerazioni conclusive
Entrambe queste dimensioni psicologiche (resilienza e creatività) sottendono una
pluralità di significati di approcci da costituire entrambe due distinte e connesse
prospettive d’indagini trasversali. Questa caratteristica è riscontrabile negli
approcci teorici e nella ricerca psicologica e nella vita delle persone, che ha
saputo risollevarsi da una situazione critica affrontandola con un atteggiamento
critico e positivo. In alcuni casi, raccogliere le proprie risorse interne per trovare
la soluzione ad un problema ha poi portato molte persone ad avvicinarsi all’arte o
a riscoprirla e reinterpretarla.
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5. Relazioni tra fattori di rischio e fattori protettivi e loro influenza sull’uso
di droghe in adolescenza
La resilienza, durante il periodo adolescenziale, è strettamente connessa al
concetto di empowerment proprio attraverso i fattori protettivi: sono vitali per la
teoria della resilienza perché aiutano a compensare o a proteggere dagli effetti
dei rischi presenti, e al contempo permettono di spiegare perché alcuni bambini
ed adolescenti, esposti ad un alto numero di fattori di rischio, non sviluppano
comportamenti nocivi per se stessi e per gli altri. I fattori protettivi hanno il duplice
ruolo nei confronti dei fattori di rischio: compensatorio (effetto diretto) e/o di
interazione con i fattori di rischio stessi (buffer effect).
L’effetto del processo di resilienza risulta più efficace quando l’esposizione
al rischio è alta, in accordo alla concettualizzazione del costrutto stesso.
6. Prevenzione delle ricadute
I fattori protettivi risultano fondamentali anche per diminuire il rischio che
l’adolescente corre nei confronti della
ricaduta.
Le terapie attuate allo scopo di evitare di ricadere nel fenomeno della
dipendenza, lavorano proprio sul rafforzamento di queste capacità,
ovvero sul rafforzamento della resilienza stessa.
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2. Il processo di resilienza nell’invecchiamento
E’ cambiato il punto di vista delle ricerche che hanno indagato la resilienza nel
ciclo di vita: i primi studi la identificavano come caratteristica esclusivamente
individuale, poi si è riconosciuta l’importanza delle relazioni sociali, oltre allo
sviluppo di conoscenze ed esperienze, per la sua determinazione.
Il comportamento che diverse persone mettono in atto nei confronti degli aspetti
negativi dell’invecchiamento può essere letto in questi termini, cioè come
processo dinamico e multidimensionale che implica un adattamento positivo a
fronte di una situazione potenzialmente sfavorevole.
E’ possibile individuare gli aspetti protettivi o risorse salienti da intendersi quali
strategie di coping durante l’invecchiamento.
Molta importanza alle esperienze passate e presenti e del contesto sociale per
mantenere e praticare resilienza in età anziana.
Visione che considera l’essere umano più di un meccanismo che con l’usura si
consuma, ma un sistema dinamico capace continuamente di modificarsi ed
evolversi anche mediante ripetute organizzazioni.
Una persona può trascorrere le diverse età della vita esplorando, conoscendo,
gustando e apprezzando i momenti piacevoli, allo stesso modo può attraversare,
affrontare, superare o farsi sopraffare dalle difficoltà che incontra: di questi aspetti
può recepirne il valore e farne tesoro per le esperienze future proprie o delle
persone vicine.
3. La musica fa sentire il tempo, non l’età
Sono molteplici i benefici che l’arte musicale apporta all’uomo. Anche oggi la
musica è utilizzata per connotare riti o eventi di passaggio, ed è una delle
principali forme di svago, intrattenimento e rilassamento, nonché un’efficiente
forma di comunicazione e linguaggio.
Potere quasi “magico” della musica, ossia la capacità di far stare bene.
Diversi studi mostrano, in relazione all’età anziana, l’importante ruolo
dell’ascolto sonoro sia per conciliare il riposo o tranquillizzare i soggetti ansiosi o
particolarmente attivi sia l’efficacia nei termini di stimolazione per coloro che si
mostrano demotivati o disinteressati alle attività proposte.
La caratteristica principale della musica è quella che consente di coinvolgere le
persone in risposte ritmiche, vocali, motorie o interpretative ma soprattutto
impreziosisce la relazione e il momento dello stare insieme.
In psicologia del ciclo di vita, per il fatto di essere un’esperienza fortemente
emotiva, assume una connotazione estremamente dinamica e in continua
evoluzione: ciò che può concorrere alla costruzione dell’esperienza musicale è
legato anche all’esperienza di ciascuno, ai vissuti, alle caratteristiche individuali,
al livello di sviluppo cognitivo, all’ambiente storico e culturale di appartenenza.
L’esperienza musicale consente di ricordare, esprimere o condividere un
particolare vissuto.
Per la persona anziana si rivela utile l’ascolto legate alla propria storia, per
ricordare i momenti piacevoli vissuti con le persone care e gli episodi importanti
della propria esistenza: è un supporto per reinterpretare gli eventi passati alla luce
del presente, storicizzare il proprio vissuto, acquisire un senso di identità e
chiarire (quando è possibile) il significato degli avvenimenti, anche avversi.
Altra immagine che collega la musica alla resilienza in età anziana emerge
intendendola come arte del suono organizzato: l’esperienza musicale risulta
funzionale per scoprire, mantenere attive o rafforzare le facoltà di ascolto,
analisi e ragionamento che talvolta durante l’invecchiamento subiscono
rallentamenti.
Durante il processo di invecchiamento, è possibile attuare quale strumento di
stimolazione cognitiva un percorso che consente di ascoltare, scomporre,
accostare contemporaneamente diversi elementi in maniera dinamica.
Strettamente collegata a questo aspetto risulta la possibilità, data
dall’esperienza sonora, di sperimentare la creatività.
Efficacia terapeutica della musica in età anziana al suo aspetto particolarmente
socializzante.
La musica, inserita in programmi di animazione o riabilitazione, consente di
stimolare, creare e rafforzare relazioni suscitate dalla collaborazione, dalla
condivisione di ascolto o dall’affinità di interessi.
Un’altra prospettiva lega il valore della musica all’opportunità che offre di
entrare in contatto con il bello: è la bellezza dei suoni che ha la capacità di
stimolare, aprire i cuori e contribuire a raggiungere l’integrità, poiché
consente di condividere con altri l’esperienza soggettiva di significato e di
bello.
La musica è spesso usata come risorsa per soddisfare importanti bisogni
psicologici e quindi facilitare anche un invecchiamento positivo.