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Per lungo tempo il modello più utilizzato per studiare le relazioni è stato quello diadico, che però rischia una perdita del s enso totale delle
relazioni, riducendo la complessità del sistema a una semplice somma delle diadi. Per i terapisti della famiglia il “triangolo” è stato da sempre
l’unità minima di osservazione, concezione sviluppata all’interno del paradigma sistemico relazionale. Gli studi dei terapeuti familiari sulla
triangolazione erano centrati sull’osservazione di campioni clinici caratterizzati a volte da gravi psicopatologie: essi hann o fornito importanti
contributi per l’identificazione di modelli relazionali disfunzionali nella coordinazione triangolare.
Bowen considera il triangolo come la configurazione relazionale alla base di ogni sistema emotivo della famiglia nucleare: nel periodo di
calma due componenti del triangolo formano un’alleanza, mentre il terzo cerca di conquistare l’attenzione dell’uno o dell’altro.
In situazioni di tensione, il terzo occupa una posizione privilegiata, ma anche stressante in quanto gli altri due cercheranno di coinvolgerlo nel
conflitto. In terapia familiare Bowen lavora con la coppia genitoriale cercando di “detriangolare” il figlio, utilizzando la persona del terapeut a,
che diventa l’elemento del triangolo attraverso cui si scarica la tensione della diade coniugale.
Haley, osservando le triadi, ha individuato al loro interno le “coalizioni”, che sono di solito formate da due persone di generazioni diverse, a
danno di una terza, e ha denominato questo modello triangolo perverso (un genitore si coalizza con il figli contro l’altro genitore).
Analizzando questa struttura triadica, ha osservato che correla con la violenza, il comportamento sintomatico in uno o più membri della
famiglia, e la dissoluzione del sistema. L’esistenza di una coalizione all’interno di una famiglia può favorire l’emergere di “conflitti di lealtà” nei
suoi membri, e in alcuni casi la manifestazione di un comportamento bizzarro può rappresentare un tentativo di non scegliere, non prendere
posizione in un sistema in conflitto.
Minuchin definisce la famiglia come un sistema interpersonale con una struttura definita. Per struttura familiare l’autore intende “l’invisibile
insieme di richieste funzionali che determina i modi in cui i componenti della famiglia interagiscono ”. Le dimensioni strutturali fondamentali
sono:
- la gerarchia: l’esistenza di differenze generazionali e il fatto che la struttura organizzativa della famiglia si differenzia in sottosistemi;
- i confini: le regole che determinano il passaggio delle informazioni da un sottosistema all’altro;
-gli schieramenti: le configurazioni relazionali triadiche (triadi o triangoli).
In quest’ottica la famiglia è un sistema allevante la cui funzione è quella di guidare le giovani generazioni nello sviluppo, e fa ciò grazie ai
sottosistemi che lo compongono. Ciascun individuo appartiene a diversi sottosistemi in cui ha differenti gradi di potere e dove acquista capacità
differenziate.
Il sottosistema coniugale modella per il bambino la natura dei rapporti intimi;
il sottosistema genitoriale, che può comprendere nonni o cugini, assolve alle funzioni familiari di allevamento dei figli, di guida e di controllo;
il sottosistema di fratelli/sorelle è il contesto in cui i bambini sviluppano modelli di contrattazione, di cooperazione e di competizione.
Per Minuchin la stima della funzionalità dei confini è un parametro fondamentale nella valutazione del funzionamento di una famiglia.
Definire un confine significa osservare regole che stabiliscono i tempi, gli spazi e le modalità di partecipazione alle relazioni, e la funzione dei
confini è salvaguardare la differenziazione nei vari sottosistemi che compongo la famiglia. Si parla di confini chiari quando passano informazioni
adeguate per quantità e pertinenza rispetto alla relazione e alla fase del ciclo vitale, e di confini diffusi se il passaggio delle informazioni è o
eccessivo o non pertinente rispetto alla relazione e alla fase del ciclo vitale. Si parla di confini rigidi se invece una persona riceve una quantità
insufficiente di informazioni che gli competono. Sia confini rigidi sia diffusi sono disfunzionali, e si fa riferimento a questi due situazioni
classificando la famiglia in riferimento al criterio dell’invischiamento e del disimpegno.
In un sistema ben funzionante la flessibilità dei confini può permettere che, occasionalmente, tensioni esistenti all’interno di un sottosistema
possano “passare” attraverso altri sottosistemi in modo da ridursi. Tuttavia, se questa modalità diventa abituale, si ha la formazione della
“triade rigida”, struttura nella quale il confine tra il sottosistema genitoriale e il figlio è diffuso, mentre il confine intorno alla triade genitori-figli
è eccessivamente rigido. Minuchin ha classificato le triadi rigide in:
-triangolazione: i genitori in conflitto tentano di procacciarsi la simpatia del figlio contro l’altro genitore determinando in lui un conflitto di
lealtà;
-coalizione genitore-figlio: espressione più aperta del conflitto genitoriale, in cui un genitore starà dalla parte del bambino contro l’altro;
-deviazione-attacco: i genitori fanno del figlio il capro espiatorio. I genitori mascherano le loro differenze concentrandosi su un bambino che
viene definito “malato” o “cattivo” e questo movimento relazionale li avvicina reciprocamente.
1.2 L’osservazione diretta della famiglia: questioni metodologiche e sistemi di codifica
1.2.1.Linee guida per l’osservazione diretta delle relazioni familiari
Questione cruciale nella costruzione di sistemi di valutazione per le dimensioni relazionali è la procedura di rilevazione dei dati.
Molti sistemi di valutazione si basano sull’intervista ai caregiver, ma le procedure self-report e le interviste, confrontate con i risultati ottenuti
tramite l’osservazione diretta, evidenziano forti discrepanze. L’osservazione diretta delle relazioni familiari permette di “dar voce” ai bambini
molto piccoli e di rilevare le caratteristiche del funzionamento della famiglia come insie me.
Tra i diversi metodi di osservazione diretta, le procedure basate su compiti strutturati, se scelti in modo da garantire la validità ecologica (cioè
la famiglia ha una percezione del contesto coerente con le intenzioni del ricercatore) , permettono di utilizzare il processo stesso della
valutazione come strategia per un cambiamento e di coinvolgere la famiglia nel processo di valutazione promuovendo la consapevolezza.
I ricercatori hanno diretto sempre più attenzione verso le misure basate sull’osservazione diretta di modelli interattivi: quando si parla di
modelli interattivi ci si riferisce alla possibilità dell’osservatore di individuare una regola che la famiglia inconsapevolmente sembra rispettare.
L’osservazione diretta sembra dunque essere la tecnica ideale per studiare la famiglia come insieme mentre si attivano i modelli interattivi
che più la caratterizzano.
L’osservazione delle diadi cambia quando si aggiunge un terzo o un quarto componente; in questi casi si è osservato che le due relazioni
genitore-figlio (relazione parentale) sono influenzate dai comportamenti di ciascun genitore, ma anche dalla qualità d ella relazione fra partner
adulti (relazione co-parentale). Si distingue la relazione coniugale da quella genitoriale, ed è necessario osservare i processi di mediazione, cioè
l’influenza della relazione coniugale su quella genitoriale, e quindi sulla qualità dell’interazione triadica, per p oi comprendere gli effetti sullo
sviluppo del figlio.
Secondo Kerig, quando si osserva la famiglia è necessario fare una distinzione tra tre concetti:
-la famiglia come insieme, che descrive le caratteristiche globali, astratte e di difficile accesso della famiglia;
-i livelli familiari, che descrivono i processi in atto quando la famiglia è insieme come gruppo, più specifici e operazionalizzabili;
-i processi dinamici-familiari, che includono le interazioni che hanno implicazioni sul funzionamento dei livelli familiari anche quando essi non
si verificano in presenza di tutti i membri della famiglia.
1.2.1.2. Affidabilità
La maggior parte delle misurazioni che vengono effettuate si basano sulla misurazione dell’errore e l’affidabilità è uno degli strumenti per
calcolare la percentuale di errore e mostrare la consistenza e la stabilità dei punteggi rispetto al comportamento stimato. Tutti i metodi per
calcolarla partono dall’esistenza di diversi giudizi indipendenti, effettuati da più di un osservatore che descrivono lo stesso fenomeno. Il
coefficiente di affidabilità dimostra che osservatori diversi avranno lo stesso risultato. Altre procedure statistiche per ca lcolare la percentuale di
accordo sono la Kappa di Cohen e le correlazioni.
1.2.1.3. Validità
L’affidabilità è un presupposto necessario, ma non sufficiente ed è necessario stimare anche la validità: si dice che la procedura è valida se
misura ciò che dichiara di misurare. Vengono distinti diversi tipi di validità:
- Validità di contenuto: validità con cui una misura riflette il dominio teorico preso in considerazione ,
- Validità di costrutto: implica di riunire evidenze per mostrare come un sistema di codifica rifletta il costrutto teorico preso in esame viene
valutato attraverso la correlazione dei punteggi con altre misure dello stesso costrutto (validità convergente) o verificando i punteggi osservati
non siano correlati con costrutti differenti (validità discriminante),
- Validità di criterio: valuta il modo in cui viene ottenuto un set di punteggi rispetto a un criterio di riferimento,
- Validità ecologica: valuta la generalizzabilità delle osservazioni al mondo reale.
Può essere viziata dalla reattività dei partecipanti, quando essi, sentendosi osservati, tentano di produrre un’impressione favorevole di sé,
dalla generalizzabilità tra contesti, per cui è necessario distinguere il setting e il compito che sono gli aspetti centrali del contesto, e dalla
generalizzabilità tra diversi campioni, per esempio se ci si riferisce a campioni clinici, campioni di famiglie normo-funzionali, all’età dei bambini
coinvolti, che influenza il tipo di comportamento genitoriale, alla differenza etnica, alla diversità delle forme familiari…
1.2.1.4.Procedure
Per quanto riguarda la procedura di registrazione dei dati, deve essere stabilita con riferimento al sistema di codifica che si vuole adottare.
Quando i sistemi di codifica sono complessi, l’uso di una registrazione video o audio è essenziale, in modo da poter disporre delle osservazioni
in tempi successivi a quello durante il quale è applicata la procedura. Inoltre la videoregistrazione permette spesso agli osservatori di studiare
le famiglie nel loro setting naturale.
La videoregistrazione, inoltre, permette un utilizzo a livello clinico con il video-replay, che consente di coinvolgere i genitori favorendo la
consapevolezza interazionale, permettendo al clinico di evidenziare le sequenze in cui comportamento è efficace e quelle in cui è presente un
errore interattivo.
Tra le più importanti decisioni da prendere per l’osservazione c’è quella di quale compito fare eseguire alla famiglia. Quando la struttura del
compito è connessa ai comportamenti osservati (es.un compito per esaminare le caratteristiche di risoluzione del conflitto all’interno della
famiglia), l’aumento della strutturazione del compito corrisponde a un aumento della probabilità che possano essere osservate differenze tra i
campioni; quindi quanto più il compito è strutturato, tanto più le diversità riscontrate tra le famiglie osservate potranno essere utilizzate per
ipotizzare una spiegazione.
Un’altra importante considerazione da fare è quella relativa al setting, per cui l’osservazione si può svolgere o in laboratorio o in un contesto
naturale. Le informazioni ottenute in contesti artificiali sono state giudicate negativamente a causa della mancanza della validità ecolog ica,
tuttavia in questo contesto il ricercatore ha più possibilità di controllare l’ambiente.
Nelle osservazioni in un contesto naturale i vantaggi sono una maggiore validità ecologica, una più facile programmazione delle vis ite e la
possibilità di ottenere un campione più rappresentativo, mentre gli svantaggi riguardano il fatto che l’osservazione è più costosa in termini di
numero di visite e tempo richiesto per completare l’osservazione.
La decisione di quali membri della famiglia includere nel compito varia a seconda di ciò che si vuole osservare: le opzioni includono
l’osservazione di diadi, triadi o di un’unità più grande.
1.2.2.4.La coordinazione triangolare: il ruolo del genitore quando è nella posizione di terzo
Westerman ha voluto studiare il processo attraverso il quale i figli vengono inclusi nel conflitto fra genitori. Egli critica Lewis poiché ritiene
necessario osservare l’interazione a tre per comprendere i principi regolatori e i diversi tipi di coordinazione disfunzionale. L’autore si riferisce al
costrutto di coordinazione triadica (come il contributo di una persona, in un’interazione a tre vie, si correla a come un altro partecipante si
comporta nei confronti di una terza persona).
Il disegno di ricerca prevede l’organizzazione di un gioco strutturato a cui partecipano genitori e figli: per una durata di 15 minuti, ai genitori
di bambini fra i 4 e i 12 anni viene chiesto di condurre un gioco educativo aiutando il figlio a copiare un modello per una costruzione con
mattoncini Lego. Le sedute vengono videoregistrate e giudici indipendenti analizzano il video codificandolo con una griglia a 14 item da
valutare su scala Likert; vengono differenziati gli episodi in cui un genitore è in posizione attiva con il figlio e l’altro è nel ruolo di terzo.
Viene codificato il livello di partecipazione del primo genitore nel guidare il figlio, e i tentativi del secondo di far partecipare il primo se non è
coinvolto. Successivamente si analizza quanto il secondo è stato coinvolto, in accordo oppure disaccordo.
La ricerca di Westerman è utile per lo studio di come madre e padre lavorano insieme nell’interazione con il figlio, o di come lo intrappolano nel
loro conflitto se la coordinazione è disfunzionale.
1.2.2.5.Coparenting and Family Rating System: modelli di collaborazione genitoriale
Per la valutazione dei processi familiari si rileva interessante l’osservazione dei modelli che caratterizzano l’esercizio co niugale della funzione
genitoriale (co-genitorialitá/co-parenting). McHale ha creato lo strumento Coparenting and Family Rating System (CFRS), il cui presupposto è
che il processo familiare che sostanzia il senso della famiglia è connesso alla funzione genitoriale. Dunque lo studio di processi inerenti la
genitorialità ci fornisce indicatori per ciascuna famiglia e ci permette di distinguere quelle funzionali da quelle disfunzionali.
MchHale ha lavorato con famiglie non cliniche: ai genitori di bambini tra gli 8 e gli 11 mesi o tra i 2 anni e mezzo e i 4 anni e mezzo veniva
chiesto di guidare i figli in giochi che comportavano l’esplorazione di oggetti, in un tempo di 15 minuti.
Le sedute venivano registrate e valutate attraverso due sistemi di codifica:
-Punteggi globali (macroanalitici): contengono scale che riguardano il comportamento della famiglia osservata come insieme, anche se si
riferiscono prevalentemente alla relazione co-genitoriale. Troviamo la scala della cooperazione, della competizione, dell’aggressività verbale,
del calore fra genitori e della centralità del bambino;
-Punteggi combinati: vengono presentate due scale che derivano dall’osservazione differenziata dei comportamenti genitore -bambino nel
contesto dell’interazione familiare. I giudici che realizzano tale codifica sono diversi da quelli che valutano i punteggi globali.
Per definire lo stile genitoriale positivo l’interazione viene valutata tenendo conto di calore e investimento, stabilità e s incronia degli interventi,
e bassa negatività.
Successivamente vengono valutate le scale di discrepanza genitoriale (differenza nello stile genitoriale) e calore familiare (combinando i
punteggi del calore nella relazione di ciascun genitore con il figlio con quelli relativi al calore della relazione tra genitori).
McHale suggerisce che per comprendere i processi familiari sia necessario conoscere da una parte la natura del coinvolgimento paterno nella
transizione alla genitorialità e dall’altra la risposta materna a tale coinvolgimento.
Si possono osservare situazioni diverse, per esempio un padre che è intenzionato a coinvolgersi E una madre che non accetta la collaborazione;
un padre che si defila per timore di dover sostituire la madre; oppure un padre che vorrebbe coinvolgersi in modo limitato e che invece viene
reclamato dalla partner.
Secondo l’autore il ruolo della donna è centrale nel definire lo spazio che il padre potrà occupare nel processo familiare, tanto da ipotizzare
che vi sia una “custodia materna della co-genitorialità”.
Usando una check-list compilata dei genitori e degli insegnanti dei bambini quando i bambini che avevano partecipato alla ricerca a 8-11 mesi
avevano raggiunto i 3 anni, McHale ha rilevato relazioni tra ostilità e competitività, basso livello di calore familiare e alta discrepanza genitoriale
con gli esiti nello sviluppo dei figli e con la qualità della relazione co-parentale.
L’evoluzione della ricerca di McHale comprende oggi l’interesse a studiare la costruzione della relazione co -genitoriale nella fase pre-natale, in
quanto si rivela utile per individuare i fattori di rischio e di protezione predittivi della funzionalità del processo familiare . L’autore ha portato
avanti una ricerca multimetodo e ha valutato prima della nascita sia la qualità della relazione coniugale, sia le rappresentazioni individuali e le
aspettative relative al processo familiare e alla co-genitorialità; essi hanno rilevato che tali fattori influiscono sulla relazione co-genitoriale a tre
mesi e a un anno di vita del bambino, ma anche che le caratteristiche reali del bambino rappresentano un fattore che interagisce con la
relazione coniugale e co-genitoriale.
1.3.Lo sviluppo dell’intersoggettività nella famiglia: un’introduzione al Lausanne Trilogue Play
L’intersoggettività nella famiglia viene intesa come capacità dei componenti di comunicare e di comprendere le intenzioni, le motivazioni e
significati dell’altro. Questa capacità è alla base del raggiungimento della coordinazione di comportamenti che caratterizza le alleanze familiari
collaborative, che favoriscono il contatto affettivo e il raggiungimento di obiettivi.
Il tema dell’intersoggettività è stato stimolato dalla premessa che per un soggetto umano gli altri non sono semplicemente og getti, ma altri
soggetti con i quali, nell’esperienza interpersonale, ci si può rispecchiare. La nostra vita mentale è co -creata, e questo continuo dialogo co-
creativo con le menti altrui è definito da Stern “matrice intersoggettiva”.
Attraverso l’osservazione dei neonati con i loro caregiver è stato possibile individuare una forma di intersoggettività primaria che si esprime con
la coordinazione dei movimenti di genitore e figlio, l’imitazione precoce dell’adulto da parte del noenato, e la sintonizzazione affettiva.
Dai 7-9 mesi emerge l’intersoggettività secondaria, nel momento in cui il bambino inizia condividere gli stati mentali degli adulti, includendo le
intenzioni dirette a uno scopo, la focalizzazione dell’attenzione, gli affetti e la valutazione dell’esperien za in termini di
soddisfazione/insoddisfazione. Questa apre la strada per lo sviluppo dell’empatia fino all’acquisizione, verso i 5 anni, della teoria della mente
dell’altro.
Stern ha ipotizzato anche l’esistenza di un sistema motivazionale dell’intersoggettività, che si basa su programmi predisposti a livello biologico e
garantisce la sopravvivenza della specie contribuendo alla formazione di gruppi, alla loro funzionalità e alla loro coesione. Lo sviluppo
dell’individuo, quindi, sembra emergere dall’interazione che egli stabilisce fin dalla nascita con gli altri esseri umani.
In questo quadro hanno assunto una grande rilevanza le ricerche del Gruppo di Losanna, condotte attraverso una procedura sperimentale
basata sull’osservazione diretta della famiglia mentre i genitori guidano il figlio in un gioco a tre. Viene studiata in questo modo l’alleanza co-
parentale e lo sviluppo del bambino nel triangolo primario. Il Lausanne Trilogue Play (LTP) permette di studiare lo sviluppo della
comunicazione familiare fin dalla nascita e anche nella fase pre-natale.
I risultati delle ricerche stanno permettendo di descrivere come si costruisce la comunicazione familiare prima del linguaggio verbale,
sottolineando l’importanza dell’intersoggettività, dell’alleanza co-parentale e della competenza del neonato a interagire nell’ambito di una
triade fin dalla nascita. Il lavoro del Gruppo di Losanna rappresenta lo sforzo di fornire ai clinici un punto di riferimento per la comprensione
dello sviluppo della relazione triadica come unità rilevante per l’evoluzione del bambino fin dai primissimi mesi di vita.
1.4.La funzionalità nelle relazioni familiari: criteri di valutazione del Lausanne Trilogue Play
Questione rilevante per la valutazione dei processi relazionali nella famiglia è il definire quali livelli funzionali (dimensioni) osservare.
In generale si può considerare che nella famiglia, per ciascun individuo, si declinano due tendenze primarie: quella di entra re in relazione con
gli altri e quella di sviluppare un’identità personale. Nelle famiglie dove emergono disfunzionalità si osserva sia una difficoltà a favorire la
differenziazione, sia una difficoltà a definire l’intimità del gruppo che motiva l’affiliazione.
Al contrario, le famiglie funzionali mostrano la capacità di coniugare coesione e adattabilità al cambiamento.
Dal punto di vista comportamentale si potrebbe definire la funzionalità della famiglia in base ad alcune aree:
- la struttura organizzativa delle relazioni,
- la comunicazione che permette di condividere i significati dell’esperienza,
- il riconoscimento e la negoziazione dei conflitti che emergono nella relazione,
- l’affettività che rende l’interazione familiare piacevole.
Per spiegare come si raggiunge l’intimità che differenzia i legami familiari da quelli con gli estranei, Wynne formula l’ipotesi del modello
evolutivo epigenetico, per cui c’è uno sviluppo progressivo nel gruppo familiare di diversi processi relazionali che hanno una rilevanza primaria
in fasi successive del ciclo evolutivo della famiglia:
1.attaccamento e affiliazione,
2.comunicazione,
3.soluzione congiunta dei problemi,
4.mutualità,
5.intimità.
L’ipotesi centrale in tale modello è che “i processi relazionali centrali” in una certa fase dello sviluppo saranno condizionati dal modo in cui si
sono realizzati i processi centrali della fase precedente.
L’aspetto più rilevante ed attuale dell’ipotesi di Wynne è di aver indicato come esito dell’evoluzione di un gruppo familiare il processo
relazionale dell’intimità, fornendo una definizione che è vicina a quella dell’intersoggettività. C’è una convergenza tra la sequenza di pro cessi
relazionali indicata da Wynne per lo sviluppo dell’intimità nella famiglia e quella indicata per lo sviluppo del bambino nel sistema regolatore de l
Sé che si stabilisce con la figura allevante.
Anche qui viene infatti riconosciuto che la funzione di base, l’attaccamento, è quella che garantisce il livello di prossimità, sicurezza e
complementarità di una relazione. Wynne parla di attaccamento in un senso più ampio, facendo riferimento a ciò che Hall ha definito copione
dell’attaccamento nella famiglia. A partire da questo livello i componenti della famiglia possono arrivare a condividere un focus di attenzione
che garantisca la condivisione di significati e quindi una modalità comunicativa funzionale. Su questa base il gruppo può riconoscere attività,
obiettivi, compiti e interessi condivisi, e impegnarsi nella risoluzione dei problemi, che può garantire la soddisfazione di bisogni individuali e di
gruppo. Diviene quindi rilevante il raggiungimento di una consapevolezza interazionale che faccia riconoscere il momento in cui è necessario
apportare cambiamenti agli abituali modelli di regolazione delle relazioni, perché essi non sono più adatti.
A questo punto si può raggiungere un livello ottimale di intimità, intesa come condivisione affettiva e sintonizzazione derivata dalla conoscenza
e dal riconoscimento reciproco.
E’ possibile utilizzare la classificazione dei processi relazionali proposti da Wyrne a un livello sovraordinato, e considera rla come riferimento per
valutare la validità di contenuto e di costrutto dell’LTP.
1.4.1. I livelli funzionali nella lettura strutturale del Lausanne Trilogue Play
Il livello ottimale di intimità è stato indagato dal gruppo di Losanna, che ha sviluppato una procedura di assesment per famiglie con figli nella
prima infanzia. Si tratta di un compito strutturato il cui obiettivo è coinvolgere la famiglia in un gioco condiviso (compito con alta validità
ecologica perché riprende elementi di vita quotidiana). L’ipotesi è che tale compito strutturato in laboratorio abbia una validità ecologica
elevata, nel senso che può essere percepito dalla famiglia in modo coerente alle intenzioni dei ricercatori, in quanto riprod uce una situazione
tipica nelle relazioni familiari con un bambino piccolo.
Si tiene conto anche delle transizioni, ovvero delle modalità con cui si passa da una fase del gioco ad un’altra, considerando che nella consegna
viene chiesto ai genitori di giocare realizzando 4 diverse configurazioni:
1.un genitore è attivo nel gioco con il figlio e l’altro è osservatore partecipante;
2.i genitori scambiano il ruolo,
3.i tre partecipanti sono tutti attivi nel gioco;
4.il figlio è osservatore partecipante mentre i genitori parlano fra loro.
Per effettuare una transazione tra una parte e l’altra del gioco, una famiglia ben coordinata riuscirà a effettuare una decostruzione della parte di
gioco in corso che indicherà ai partecipanti la necessità di costruire una nuova configurazione relazionale e passare così alla fase successiva del
gioco. Si tratta dunque di un’interazione che indica le risorse della famiglia necessarie a comprendere quando e come ci si d eve disporre a un
cambiamento nella relazione.
Sono stati scelti 4 livelli funzionali per la codifica delle interazioni comportamentali e comunicative in cui l’osservatore descrive il modo in cui
la famiglia ha affrontato un gioco condiviso rispondendo a 4 domande fondamentali. Quando le risposte alle domande sono tutte affermative si
avrà uno schema di alleanza familiare collaborativa. Le domande sono:
1. Sono tutti inclusi? Si tratta del livello funzionale della partecipazione, la disponibilità di tutti i componenti della famiglia a includersi in un
gioco di squadra. Tale disponibilità si dovrà basare sui comportamenti parentali intuitivi degli adulti, visto che il compito comporta il guidare un
bambino a condividere una situazione di gioco.
2. Sono tutti nel loro ruolo? Assicurata la partecipazione di tutti, la famiglia esprime propri modelli di regolazione nell’organizzazione dei ruoli
sia tra generazioni diverse sia nella stessa generazione: per raggiungere un obiettivo condiviso è necessario negoziare la naturale tendenza
dell’individuo alla competizione.
3. Prestano tutti attenzione al compito? È possibile che un gruppo definisca un’attenzione congiunta condividendo il focus in modo da
raggiungere l’obiettivo, costruendo il gioco comune.
4. Sono tutti in contatto affettivo? Quando il gruppo arriva un coinvolgimento pieno e funzionale nell’attività in corso, si sviluppa un contatto
affettivo che avrà connotazione positiva se tutti sono consapevoli che la collaborazione porta al raggiungimento dell’obiettivo.
La scelta di osservare gli indicatori del livello funzionale definito partecipazione come base di partenza nell’interazione della famiglia durante il
compito strutturato è coerente con il costrutto dell’attaccamento-affiliazione. Sono i genitori a favorire la partecipazione nel gioco a tre, a
partire dall’espressione di comportamenti parentali intuitivi che favoriscono il coinvolgimento del figlio nello svolgimento del compito.
La famiglia che manifesta buoni livelli di partecipazione indica sia la possibilità di coinvolgersi in uno stesso spazio interattivo dove si svolgerà il
gioco, sia la familiarità con situazioni che richiedono prossimità, sia il bisogno di questa vicinanza rispetto al fatto che partecipare a un gioco al
di fuori del proprio ambiente è uno stress. Altro concetto rilevante nel livello funzionale della partecipazione è quello che è definito accesso
libero e aperto di ciascun familiare a entrare in relazione con gli altri componenti della famiglia.
Anche gli indicatori comportamentali scelti per il livello funzionale definito organizzazione sono coerenti con il costrutto teorico
dell’attaccamento/affiliazione, poiché i ruoli che devono essere rispettati nel gioco sono quelli necessari nel rapporto complementare fra adulto
e bambino e fra partner. Tale forma di rapporto non si evidenzia sempre, e si alterna a forme di competizione, ma di fronte un compito si può
ipotizzare che si attivi maggiormente il modello di regolazione che la famiglia segue quando ci deve prendere cura dell’altro per guidare verso
un obiettivo.
Il livello funzionale denominato attenzione focale, indicatore comportamentale osservabile durante l’attività di gioco, è presupposto di base di
processi relazionali e mentali più complessi implicati nell’intersoggettività e nella possibilità che un gruppo condivida attività significative,
compiti e obiettivi.
L’osservazione nell’interazione a tre del livello funzionale definito contatto affettivo (che si esprime attraverso espressioni facciali, toni della
voce ed espressioni linguistiche) è particolarmente adatta a individuare le modalità con cui la percezione soggettiva di intimità nel gruppo
favorisce un clima affettivo generale caratterizzato da positività, empatia, piacere, soddisfazione.
2.IL LAUSANNE TRILOGUE PLAY CLINICO (LTPc)
2.1.Caratteristiche generali della procedura
La procedura di osservazione diretta consiste in una metodologia per la valutazione dell’interazione familiare triadica, centrata su un compito
strutturato. Essa è ispirata al Lausanne Trilogue Play, sebbene sia progettata per la partecipazione di figli fra i 2 e i 17 anni in un setting
clinico. Alla famiglia viene proposto un gioco strutturato composto di quattro parti, seguendo due differenti consegne.
L’obiettivo è quello di giocare tutti insieme come una squadra; ai genitori (subunità strutturante) si chiede di cooperare e coordinarsi per
aiutare il bambino nel portare avanti il compito, e al bambino (subunità evolutiva) si chiede di giocare lasciandosi guidare.
Il gioco è suddiviso in quattro parti:
• Parte 1: due+uno. Uno dei due genitori inizia a giocare con il bambino, mentre l’altro è in posizione di osservatore partecipante, vale a dire
che ha un ruolo più periferico ma mantiene un atteggiamento empatico, pur senza interferire. È importante osservare come il genitore attivo
gestisce il proprio ruolo, come il bambino gestisce questo scambio interattivo con il genitore attivo, e se accetta la posizione più periferica
dell’altro. Per valutare coordinazione e cooperazione si deve porre attenzione anche a come si comporta l’altro genitore, se rispetta la propria
posizione o se si intromette.
• Parte 2: due+uno. La struttura dell’interazione rimane la stessa ma i genitori si scambiano i ruoli.
• Parte 3: tre insieme. Si chiede a tutti membri di giocare insieme per osservare il grado di coordinazione dei partecipanti che devono co -
regolare i propri interventi con quelli degli altri. Questa osservazione permette di valutare la qualità dei modelli interattivi implicati nella
coordinazione triangolare.
• Parte 4: due+uno. Si chiede ai genitori di discutere dell’attività svolta, mentre il bambino ricopre il ruolo di osservatore partecipante.
Questa configurazione dà informazioni sulla capacità del bambino di accettare l’esclusione dall’interazione e sulla capacità dei genitori di
consentire questa esclusione.
La successione delle quattro parti è segnata dalle transizioni che costituiscono un momento delicato e informativo; una segnalazione chiara
della transizione rappresenta non solo la corretta comprensione della consegna, ma anche l’accettazione dell’alternanza di ru oli.
Il passaggio ottimale tra una parte all’altra del gioco è quella che avviene in modo chiaro e coordinato, senza interrompere il flusso
dell’interazione, e implica un buon grado di coordinazione e cooperazione tra i partecipanti.
Per quanto riguarda l’attività di gioco sono presentate due consegne a seconda dell’età del figlio maggiore.
Nella prima consegna si chiede di costruire insieme un gioco utilizzando i lego e pupazzi che rappresentano persone e animali (fino ai 10 anni).
La seconda consegna rimanda a un compito narrativo, si chiede quindi di scrivere una storia su un fine settimana immaginario in cui i genitori si
allontanano da casa e il figlio rimane solo e deve organizzarsi, seguendo le quattro parti (dagli 11 anni in su).
In entrambe le consegne viene specificato che la procedura dovrà durare tra i 15 e 20 minuti, e che l’obiettivo è quello di aiutare il figlio nello
svolgimento del compito. I genitori sono liberi di decidere chi inizia e dovranno fare cenno all’osservatore quando avranno finito.
I livelli funzionali sono disposti secondo una complessità crescente, per cui le funzioni più complesse necessitano di un numero maggiore di
coordinazioni; le prime due funzioni forniscono una valutazione più globale nei termini di inclusione/esclusione e rispetto/non rispetto del
ruolo, mentre il terzo e il quarto livello rilevano aspetti più dettagliati e sono quindi più soggetti a errori interattivi.
La capacità delle famiglie di riparare a queste coordinazioni errate differenzia le interazioni familiari funzionali da quelle problematiche.
È importante codificare tutti livelli funzionali anche quando cade uno dei primi, perché la valutazione della compromissione dei livelli seguenti
può essere importante per valutare le risorse della famiglia.
All’interno di ogni scala i codici relativi al comportamento di ogni membro del triangolo sono mutualmente escludentisi, ma non esaustivi,
perché vengono riportati i comportamenti collegati solo alle quattro funzioni. Pertanto la lettura funzionale clinica fornisce un supporto
narrativo alla lettura strutturale, perché permette di registrare più elementi che illustrano la codifica, precisando quali comportamenti hanno
fatto propendere l’osservatore per la scelta di classificare un soggetto secondo un determinato indicatore .
L’utilizzo di entrambe le modalità fornisce una diagnosi di alleanza attraverso criteri standardizzati, senza però tralasciare le peculiarità di ogni
famiglia.
2.1.3.Contesti di applicazione
Lo strumento è stato costruito per essere utilizzato in differenti contesti. Le norme di osservazione rimangono invariate indipendentemente dal
contesto, ma alcuni aspetti dell’interazioni possono avere significati differenti che il clinico deve considerare nell’utilizzare la diagnosi di
alleanza per la progettazione di un intervento o per la valutazione più ampia delle risorse della famiglia. La differenza di contesto comporta
anche una differenza nella relazione tra famiglia e somministratore, ed è quindi importante che questo mantenga un atteggiamento aderente
alle regole di applicazione e codifica.
Attualmente lo strumento è stato applicato a interazioni avvenute in due distinti contesti di intervento:
il primo è un contesto di terapia familiare, in cui i soggetti pervengono prevalentemente in modo spontaneo,
il secondo è un contesto di Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) a cui la famiglia perviene su invio del Tribunale.
I risultati raccolti nei due contesti sono simili, ma si è notato che nelle CTU accade più spesso che la famiglia non riesca ad attuare la quarta
parte. Questo dato, che denota la difficoltà dei genitori di avere un dialogo riguardante i figli, è risultato attribuibile alla forte conflittualità che
ha impedito loro di trovare un accordo autonomo senza ricorrere al Tribunale.
Deve, quindi, sempre essere considerato il contesto in cui avviene l’interazione per interpretare i risultati della diagnosi di alleanza fa miliare.
2.2.Istruzioni per la somministrazione
Lo strumento può essere utilizzato per analizzare l’interazione di famiglie con uno o più figli di età compresa tra i 2 e i 17 anni.
Nella codificazione si dovrà tenere presente che l’interazione con più figli sarà più complessa e gli errori interattivi potrebbero essere più
frequenti. Ci si aspetta che il comportamento di ogni genitore nel ruolo attivo sia appropriato per tutte le funzioni verso tutti i figli. Per ese mpio
a livello dell’organizzazione il genitore nel ruolo attivo deve facilitare e sostenere tutti i figli. Quando ciò non avviene perché gioca attivamente
con un figlio ma trascura l’altro, si attribuisce la codifica relativa al comportamento peggiore, non per penalizzare la famiglia, ma perché tale
comportamento non è funzionale al raggiungimento dell’obiettivo del gioco, cioè giocare come una squadra. A ogni figlio viene attribuito un
punteggio individuale riportato in colonne separate, utilizzando la tabella per la codifica dell’interazione della fratria.
2.2.1.Setting e materiali
La stanza in cui avviene l’interazione dovrebbe essere ben illuminata, priva di rumori e distrazioni. È necessaria almeno una telecamera che
inquadri tutti i membri della famiglia e registri l’interazione, ed è inoltre opportuno che il somministratore possa osservare l’interazione mentre
essa avviene, tramite uno specchio unidirezionale.
I soggetti devono essere informati della presenza di cinepresa e dello specchio, ed è consigliabile dare ai figli alcuni minuti per familiarizzare
con l’ambiente. L’arredamento della stanza deve comprendere tre o più sedie, a seconda dei membri della famiglia, e un tavolo rotondo su cui
la famiglia possa attuare il compito.
I materiali a disposizione sono differenti a seconda del compito: nel caso in cui si giochi con le costruzioni, dovranno essere fornite una scatola
di lego di vari colori e forme con mattoncini di misure differenti a seconda dell’età dei bambini, e pupazzi che rappresentino personaggi e
animali.
Nel caso in cui si chieda di inventare una storia, si fornirà semplicemente penna e fogli di carta.
2.2.La consegna
È importante che le istruzioni siano standard, per escludere che le differenze di prestazione tra le famiglie siano dovute a una consegna poco
chiara. La scelta del compito da eseguire deve essere presa in anticipo, in modo da organizzare il setting, e oltre all’età dei figli, anche altre
particolari caratteristiche della famiglia, quali handicap, possono portare a scegliere un compito piuttosto che l’altro.
I membri della famiglia devono essere avvertiti che verranno osservati.
Il ricercatore dà la consegna standard e al termine di eventuali domande esce dalla stanza spiegando che osserverà, però non interverrà.
La sua assenza è importante perché la famiglia si senta a suo agio. Nel testo della consegna si fa riferimento a una durata complessiva
dell’interazione di 15-20 minuti; è indicativo per la diagnosi di alleanza familiare se la famiglia si attiene a questi parametri e soprattutto come
gestisce il tempo a disposizione nelle quattro parti. Per questo l’osservatore non deve intervenire, ma attendere che sia la famiglia a segnare il
termine dell’interazione; se la consegna è stata data correttamente, infatti, l’omissione di una qualunque parte è indicativa di una scelta della
famiglia e va pertanto valutata. È possibile, dopo aver osservato la difficoltà della famiglia, ricordare la consegna o proporre di effettu are le
parti mancanti, e se la famiglia accetta il suggerimento si codificherà anche questo.
1. La prima tabella serve per analizzare ogni parte separatamente, valutando il contributo individuale di ogni membro e la coordinazione dei
tre in ciascuna parte e per ogni funzione. Questa tabella viene compilata da tutti i giudici insieme aggiungendo il valore dell’accordo per ogni
punteggio.
2. La seconda tabella serve per analizzare ogni parte separatamente, ma attribuendo un punteggio globale alla triade rispetto a ogni
funzione. Viene compilata collegialmente sulla base dell’accordo precedente, commutando i punteggi individuali della prima tabella nel
seguente modo:
-se a uno o più membri viene attribuito punteggio 0 la funzione viene considerata non appropriata e il punteggio triadico finale sarà 0,
-se a uno dei membri viene attribuito punteggio 1 la funzione viene considerata parzialmente appropriata e il punteggio triadico finale sarà 1,
-se a tutti viene attribuito punteggio 2 la funzione viene considerata appropriata e il punteggio triadico finale sarà 2.
Oltre alla valutazione di ogni funzione, in questa tabella viene valutata l’appropriatezza della durata di ogni parte nel seguente modo:
-se la parte dura meno di 2 minuti o più di 10 viene valutata non appropriata (0),
-se la parte dura da 2 a 4 minuti o da 7 a 10 minuti viene valutata parzialmente appropriata (1) ,
-se la parte dura fra 4 e 7 minuti viene valutata appropriata (2).
3. Nella terza tabella si riassume la valutazione di ciascun livello funzionale e di ciascuna parte. Questa fornisce pertanto un giudizio sintetico
per ogni funzione e per ogni fase del gioco. Il punteggio totale finale è dato dalla somma dei quattro punteggi triadici ottenuti nelle quattro
parti.
2.6 Diagnosi di alleanza familiare
La diagnosi dell’alleanza familiare avviene al termine della procedura di codifica e dopo che è stato raggiunto un accordo tra gli osservatori;
deve essere fatta da uno psicologo esperto che sia in grado di integrare la codifica della lettura strutturale con i dati descrittivi della lettura
funzionale e clinica. La diagnosi finale, quindi, è composta da una valutazione categoriale dell’alleanza completata da una valutazione clinica
e descrittiva che sottolinei punti di forza e debolezza della famiglia.
Dalla codifica della procedura si ottiene un quadro di funzionalità/disfunzionalità dell’alleanza familiare.
Tenendo conto delle due letture, è possibile differenziare quattro tipologie di alleanza familiare lungo un continuum:
• Alleanza disturbata: quando cade la funzione della partecipazione, la trama narrativa è confusa e frammentata, le parti si susseguono
nell’ordine sbagliato o alcune non vengono affatto presentate, le transizioni sono caotiche;
• Alleanza collusiva: quando cade la funzione dell’organizzazione, c’è una trama narrativa poco chiara e frammentata in cui le transizioni
richiedono una lunga contrattazione oppure sono estremamente rigide;
• Alleanza in tensione: quando cade l’attenzione focale o il contatto affettivo ma la trama è nel complesso abbastanza chiara con transizioni
concordate dai partecipanti;
• Alleanza cooperativa: quando tutti livelli funzionali sono soddisfatti, la trama narrativa è chiara e il clima affettivo è positivo.
All’interno delle singole parti ogni livello funzionale è considerato soddisfatto quando tutti i componenti della famiglia ot tengono il punteggio
superiore della scheda. Trattandosi di una misura dell’interazione della triade intesa come sistema, è sufficiente che uno solo dei membri non
ottenga il punteggio superiore perché la funzione sia da considerarsi caduta per tutto il triangolo.
Il raggiungimento o meno di ogni livello funzionale è riportato nell’ultima tabella di codifica, e da essa si trae un punteggio relativo a ciascuna
funzione nell’intero gioco, che contribuisce alla formulazione della diagnosi insieme ai dati ricavati dalla lettura funzionale e clinica.
Infatti la caduta di un livello funzionale in una sola parte può avere un peso differente nella diagnosi finale a seconda che sia accompagnata da
una trama più o meno positiva nel gioco (per esempio la caduta del livello dell’organizzazione nella quarta parte potrebbe fa r propendere per
un’alleanza in tensione piuttosto che una collusiva, qualora la trama fosse chiara e il clima buono nelle precedenti parti).
È evidente, quindi, che a valutare l’alleanza familiare debba essere un clinico in grado di attribuire agli elementi raccolti con le due modalità di
lettura il giusto peso in considerazione del quadro globale emerso dalla somministrazione dello strumento. I livelli funziona li, come già detto,
seguono un ordine gerarchico, ma possono presentarsi eccezioni; in tali casi un’ipotesi esplicativa deve essere ricercata nella lettura clinica
dell’interazione.
3.APPLICAZIONI DEL LAUSANNE TRILOGUE PLAY CLINICO IN TERAPIA FAMILIARE
3.1.Introduzione
Nella terapia familiare l’inclusione di tutti i membri consente ai terapisti di osservare come ciascun membro contribuisce ai problemi e alla
crescita della famiglia. In questa prospettiva l’inclusione dei bambini risulta fondamentale per un processo di cambiamento n el sistema
familiare, e la tecnica più efficace per procedere su questa strada è il gioco.
Attraverso il gioco, sia nei bambini sia negli adulti, le difese diminuiscono e si raggiungono livelli più profondi di intera zione in cui la fantasia, la
metafora e i simboli possono emergere. Il gioco fornisce un mezzo di comunicazione sia diretta che indiretta che può comportare una
diminuzione dell’ansia relativa al setting terapeutico, un’interazione più spontanea, e che può attivare la creatività innata della famiglia.
Ciononostante, alcuni adulti possono mostrarsi resistenti a giocare; per questo è importante creare un periodo di “riscaldamento” per
consentire maggiore spontaneità.
Il gioco, pur essendo la prima modalità naturale di comunicazione usata dall’uomo, può mettere in dif ficoltà anche molti terapeuti, infatti,
quando il terapeuta sistemico utilizza il gioco, non deve necessariamente prendere in considerazione il significato simbolico emerso nel gioco,
bensì osservare le interazioni, i pattern relazionali e il contesto. Il processo del gioco richiede sensibilità allo spazio, intensità e timing,
cooperazione e una valutazione ragionevole della capacità del bambino. Per questo osservare un gioco familiare può fornire nu merose
indicazioni sulle modalità di funzionamento della famiglia stessa.
Il LTPc, così come è strutturato, consente di descrivere il funzionamento dell’unità familiare in base al grado di coordinazione ottenuto nel
lavorare insieme verso un obiettivo condiviso. La tecnica del video-replay permette inoltre un maggiore coinvolgimento emotivo della famiglia
stessa, e ha una doppia valenza poiché assolve alla funzione osservativa e alla funzione clinica della consultazione, permettendo alla famiglia di
condividere la valutazione dell’esperto, ma anche assolvendo alla funzione di risorsa evolutiva per la famiglia.
3.2.Ambiti di applicazione
Lo strumento risponde a diverse esigenze; è valido per una metodologia standardizzata di assessment in terapia familiare, e può essere
applicato in diversi ambiti che vanno al di là della terapia.
L’enfasi che il metodo di codifica pone non solo sui punti di rischio, ma soprattutto sulle risorse a livello familiare , ha importanti implicazioni per
l’utilizzo dell’LTPc nell’ambito della prevenzione.
Per esempio esistono casi in cui non è una patologia familiare a causare disagio, bensì situazioni peculiari, come la disabilità di un figlio.
In questo caso la possibilità di osservare e far osservare alla famiglia le qualità dell’interazione e le modalità di risoluzione congiunta dei compiti
può fornire uno strumento per mettere in risalto aspetti trascurati e non riconosciuti delle potenzialità del bambino.
Inoltre dove esistono situazioni di rischio in relazione all’assunzione del ruolo genitoriale (nel particolare gravidanze in cui il caregiver sia affetto
da malattia mentale), osservare i pattern relazionali e gli stati emotivi che con molta probabilità la famiglia metterà in atto una volta nato il
bambino, può aiutare i futuri genitori: a questo scopo si somministra il LTP prenatale, in cui tramite un gioco triadico con una bambola, si riesce
a comunicare a livello esperienziale ed emotivo con i futuri genitori e ad assisterli empaticamente nel consolidamento delle competenze
genitoriali. Questa metodologia potrebbe essere estesa a tutti coloro che affrontano il momento della nascita, ed in particolare potrebbe
essere rilevante l’adozione della procedura nei servizi per le persone che richiedono la procreazione assistita.
Infine va ricordata l’importanza che il LTPc può assumere nell’ambito del training professionale, poiché potenzia le abilità osservative e
aumenta la complessità della prospettiva di esame di una problematica tramite l’utilizzo dei due sistemi di codifica.
3.3.La ricerca con il LTPc nell’ambito della terapia familiare
Considerando l’importanza delle premesse teoriche relative alla terapia familiare, e all’inclusione dei bambini nella psicoterapia, e tenendo
conto dell’impatto che il LTP ha avuto sulla psicoterapia familiare, è nata l’esigenza di analizzare e sistematizzare tale tecnica in ambiti clinici
(terapia e CTU) e con diverse tipologie di famiglia, attraverso una procedura di ricerca.
Gli obiettivi generali della ricerca sono stati:
-Fornire un contributo alla definizione di procedure di osservazione diretta delle relazioni familiari, e alla definizione dei sistemi di codifica;
-Studiare una popolazione clinica rilevando la corrispondenza tra alleanze familiari e diverse forme di disturbi funzionali e psicopatologici;
-Promuovere la consulenza e la terapia familiare a orientamento sistemico-evolutivo per la prevenzione e la cura di diverse forme di
psicopatologia;
-Fornire un contributo agli studi sull’efficacia della psicoterapia con particolare attenzione all’alleanza terapeutica tra famiglia e psicoterapeuta.
3.3.1.Illustrazione di un caso
Nucleo familiare di tre persone composto da padre, madre e figlio di sette anni di nome Marco. La domanda di consulenza è der ivata dal fatto
che Marco ha iniziato a mostrare aggressività, iperattività e a volte si infila le dita in gola. In base alla descrizione fornita dei genitori, il
comportamento del bambino risponde ai criteri diagnostici del DSM-IV per il disturbo oppositivo provocatorio.
L’inserimento scolastico di Marco alla scuola dell’infanzia è stato regolare, ma alla scuola primaria si sono presentati i problemi riguardanti
soprattutto l’alimentazione, poiché il bambino non amava mangiare alla mensa della scuola, ma la maestra lo forzava provocandone spesso il
vomito. Entrambi i genitori affermano di prendersi cura di Marco e di aiutarlo nei compiti, ma la mamma, non lavorando, passa più tempo con il
figlio rispetto al padre.
0.0’: I Parte, 2+1 padre-bambino + madre: il padre aiuta Marco a sistemarsi sulla sedia, e senza consultare la madre inizia a prendere gli animali
dalla scatola. Il bambino chiede di che cosa abbiano parlato i genitori con la dottoressa poco prima, e il padre risponde evasivamente
proponendo di costruire una fattoria. Il genitore è molto attivo, e la madre resta protesa con il busto in avanti, osserva e fa un commento.
Il bambino la guarda ma non le risponde, poi si infila due dita in bocca e il padre gliele allontana (il tutto si ripete due volte).
Il gioco continua con il padre che cerca di attirare l’attenzione del figlio, ma cambiando molto rapidamente stimolo. Marco coglie poche
iniziative e i due non avviano una storia comune. La madre estrae alcuni pezzi della scatola e resta protesa in avanti tentan do una transizione.
(0.3’) Il padre guarda la moglie che fa un intervento verbale tentando di inserirsi e il bambino rivolge lo sguardo alla madre e poi di nuovo al
padre.
0.4’: TRANSIZIONE: II Parte, 2+1 madre-bambino + padre: il padre guarda la madre e la invita a continuare, ma mantiene la posizione delle
spalle protesi in avanti e interviene verbalmente provocando la reazione del figlio che attraverso parolacce prova a ricondurre il padre nel suo
ruolo. L’interazione tra madre e figlio tuttavia si apre bene e il bambino è più coinvolto, il padre osserva il gioco e propone di fare un recinto.
La madre risponde rivolta al figlio proponendo di fare una casetta e il figlio accetta, ma inizia innervosirsi.
0.6’: TRANSIZIONE: III Parte, 3 insieme: la transizione avviene nel momento di crisi, in cui il bambino continua a dire parolacce.
Il padre fa una nuova proposta, ma Marco si rifiuta di continuare a giocare, allora il padre propone di giocare tutti insieme e di fare il recinto
mentre il bambino sceglie gli animali. La madre propone a sua volta di costruire gli ostacoli, ma il bambino contin ua ad innervosirsi.
Il padre accetta la proposta della madre e il gioco di far saltare gli ostacoli agli animali inizia. Marco si orienta verso la madre e la propone di
fare una lotta tra gli animali. Il padre viene escluso dal gioco, ma interviene inserendo un personaggio e chiedendo di fare amicizia, cambiando
così la connotazione affettiva del gioco. Il figlio rifiuta il suo intervento, ma la moglie tenta l’inclusione del marito proponendo che ciascuno
scelga un animale. Il figlio protesta un po’, ma poi sceglie per se alcuni animali e ne concede alcuni anche al padre, iniziando nuovamente una
lotta con la madre. I genitori in questa fase animando il gioco riescono a riparare i fallimenti interattivi.
0.11’ TRANSIZIONE: IV Parte, 2+1 madre-padre + bambino: la madre si volge al padre domandandogli cosa ne pensa del gioco, il marito inizia a
rispondere ma il bambino protesta per ottenere l’attenzione della madre , che si rivolge di nuovo a lui accettando di giocare. Un minuto dopo il
padre si rivolge alla madre proponendo un argomento di gestione della casa, che non interessa il bambino. Marco si mette a urlare, si alza e si
allontana, poi torna e urlando e toccando la madre la fa voltare. Il padre tenta ancora di parlare con la moglie, scatenando di nuovo il
nervosismo del figlio che tira un giocattolo, piagnucola e si allontana. Il figlio mostra difficoltà nel lasciare che il sottosistema genitoriale stia da
solo. Da qui si può ipotizzare che esiste una problematica che fa vivere il bambino in uno stato di continua tensione. Il figlio, nell’esecuzione del
gioco, in particolare in seguito a momenti in cui il papà risultava troppo intrusivo e la mamma disfunzionale nell’interazion e, ha presentato i
sintomi del dire parolacce e mettersi le dita in gola, entrambi superati con contenimento o riparazione da parte dei genitori.
0.23’ la consulenza entra nella stanza e il gioco è interrotto.
3.3.1.5.Lettura strutturale
3.3.1.6.Diagnosi di alleanza familiare
Attraverso l’analisi della struttura del gioco è stato possibile rilevare un’alleanza familiare di tipo collusivo. Diversi elementi a sostegno di questa
diagnosi sono:
-il fatto che il padre cominci il gioco senza consultare la madre,
-a livello di partecipazione tutti orientano il corpo verso gli altri e verso il compito,
-a livello di organizzazione il padre è molto attivo, iperstimolando il figlio che si oppone, la diade non riesce ad avviare u na storia comune e la
madre rimane protesa nel campo interattivo, tentando di inserirsi nel gioco,
-a livello di attenzione focale il padre esprime incongruità tra sguardo, verbalizzazioni e azioni, la madre è maggiormente co ngrua, ma il figlio
non presta attenzione alle attività intraprese dal padre,
-a livello di contatto affettivo si evidenzia espressione di emozioni positive in maniera forzata da parte del padre e una marcata ostilità da parte
del bambino,
-prima transizione, la madre cerca di inserirsi nel gioco, ma solo dopo un altro minuto il marito, pur mantenendosi proteso con le spalle in
avanti, consegna la parte alla moglie,
-nella parte madre-bambino+padre, il bambino è più coinvolto, ma il clima affettivo è comunque caratterizzato da un senso di progressiva
tensione,
-seconda transizione, il padre fa una nuova proposta e interrompe il gioco tra madre e figlio avviando il tre insieme,
-il gioco continua con le stesse caratteristiche di prima: scarsa organizzazione, attenzione focale e contatto affettivo ostile e negativo,
-terza transizione, la madre si rivolge al padre e gli chiede cosa ne pensa del gioco, ha inizio la parte madre -padre+bambino,
-nella quarta parte i genitori non riescono a parlarsi, il figlio non tollera l’esclusione dalla madre, diventando ostile soprattutto contro il padre.
Alla codifica strutturale la famiglia ottiene il punteggio 38 su 40, indice di un’alleanza funzionale. Gli errori interattivi sono riparati
efficacemente. Il CTU si conclude con la decisione dei genitori di vivere insieme e di interrompere il processo di separazion e.