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OSSERVARE, VALUTARE E SOSTENERE LA RELAZIONE GENITORI-FIGLI

1.OSSERVARE E VALUTARE LE RELAZIONI FAMILIARI


1.1.Questioni teoriche
Negli ultimi vent’anni gli studiosi hanno dato sempre più rilievo al contesto relazionale per comprendere lo sviluppo del bambino, cominciando
a studiare la dinamica del gruppo familiare a livello molto personale. E’ possibile distinguere gli studi sull’influenza del contesto familiare in:
1.Studi che hanno osservato i modelli di interazione a livello comportamentale, individuando così i processi di regolazione delle relazioni;
2.Studi che hanno tentato di individuare i processi di interiorizzazione delle relazioni (immagini mentali dell’esperienza relazionale).
Tale classificazione è coerente con quella di Ross, che ha indicato come “practicing family” i processi di regolazione delle relazioni valutati con
l’osservazione diretta dai ricercatori, e come “represented family” i processi di costruzione di immagini mentali dell’esperienza relazionale,
rilevate dai ricercatore attraverso la narrazione degli individui.
Nella ricerca in psicologia dello sviluppo, gli studi che hanno osservato i processi di regolazione nel sistema caregiver-bambino si sono focalizzati
sulla codifica degli indicatori comportamentali che influiscono sui modelli comunicativi; tali ricerche sono state stimolate dall’osservazione delle
competenze precoci del bambino nel partecipare all’esperienza relazionale. Attualmente, si considera il neonato come una persona inclusa in
un sistema regolatore del sé in cui egli ha meno influenza dell’adulto, ma pari opportunità di condizionare quest’ultimo partecipando a modelli
di interazione caratterizzati da circolarità.
Sono stati formulati dei costrutti rilevanti per definire l’influenza della relazione adulto-bambino sullo sviluppo umano, fra questi ricordiamo:
la responsività dell’adulto nel cogliere i segnali del figlio,
la capacità di riparazione dell’adulto quando compie un errore interattivo,
la promozione dell’attenzione focale come precursore della costruzione di una teoria della mente nel bambino,
il riferimento sociale, favorito dall’espressione di affetti positivi, che orienta il bambino verso i suoi obiettivi,
la sintonizzazione affettiva e l’intersoggettività primaria e secondaria.
Anche le ricerche sulle relazioni familiari interessate ai modelli di regolazione si sono focalizzate sullo studio della “famiglia come insieme”, con
l’obiettivo di andare oltre il rapporto diadico tra caregiver e bambino e di esplorare i processi relazionali nell’arco delle varie fasi del ciclo vitale.
E’ stata così osservata l’influenza che la famiglia esercita definendo i propri stili affettivi e comunicativi che si esprimono nelle strategie di
problem solving e nell’organizzazione della famiglia.
Il comportamento del bambino è stato osservato e compreso nel più ampio contesto delle relazioni familiari, per cui sono stat i focalizzati i
pattern ricorrenti, stabili e sistematici nei quali egli è incluso, come le coalizioni familiari, le alleanze e le triangolazioni. Si è osservato il gruppo
familiare come un sistema gerarchicamente strutturato in sottosistemi definiti in base a funzioni come: la coniugalità (rapporto tra genitori
come partner), la genitorialità (rapporto di ciascun genitore con il figlio) o la cogenitorialitá (rapporto dei partner come genitori).
In questa prospettiva sono stati studiati gli effetti del conflitto coniugale sui figli.
McHale ha classificato i processi familiari in:
- disadattivi (ostilità, competizione nel sistema coparentale, coinvolgimento genitoriale sbilanciato) ;
- costruttivi (calore e cooperazione).
Ciò ha portato alla definizione di una teoria della cogenitorialità, che ha stimolato nuove ricerche le quali hanno individuato alcuni indicatori
riguardanti le modalità interattive tra partner durante la gravidanza (calore, intimità, autonomia, potere, conflitto, strategie di problem solving)
per connetterle con i processi della cogenitorialità dopo la nascita, e anche con gli esiti dell’adattamento del figlio.

Per lungo tempo il modello più utilizzato per studiare le relazioni è stato quello diadico, che però rischia una perdita del s enso totale delle
relazioni, riducendo la complessità del sistema a una semplice somma delle diadi. Per i terapisti della famiglia il “triangolo” è stato da sempre
l’unità minima di osservazione, concezione sviluppata all’interno del paradigma sistemico relazionale. Gli studi dei terapeuti familiari sulla
triangolazione erano centrati sull’osservazione di campioni clinici caratterizzati a volte da gravi psicopatologie: essi hann o fornito importanti
contributi per l’identificazione di modelli relazionali disfunzionali nella coordinazione triangolare.

Bowen considera il triangolo come la configurazione relazionale alla base di ogni sistema emotivo della famiglia nucleare: nel periodo di
calma due componenti del triangolo formano un’alleanza, mentre il terzo cerca di conquistare l’attenzione dell’uno o dell’altro.
In situazioni di tensione, il terzo occupa una posizione privilegiata, ma anche stressante in quanto gli altri due cercheranno di coinvolgerlo nel
conflitto. In terapia familiare Bowen lavora con la coppia genitoriale cercando di “detriangolare” il figlio, utilizzando la persona del terapeut a,
che diventa l’elemento del triangolo attraverso cui si scarica la tensione della diade coniugale.

Haley, osservando le triadi, ha individuato al loro interno le “coalizioni”, che sono di solito formate da due persone di generazioni diverse, a
danno di una terza, e ha denominato questo modello triangolo perverso (un genitore si coalizza con il figli contro l’altro genitore).
Analizzando questa struttura triadica, ha osservato che correla con la violenza, il comportamento sintomatico in uno o più membri della
famiglia, e la dissoluzione del sistema. L’esistenza di una coalizione all’interno di una famiglia può favorire l’emergere di “conflitti di lealtà” nei
suoi membri, e in alcuni casi la manifestazione di un comportamento bizzarro può rappresentare un tentativo di non scegliere, non prendere
posizione in un sistema in conflitto.
Minuchin definisce la famiglia come un sistema interpersonale con una struttura definita. Per struttura familiare l’autore intende “l’invisibile
insieme di richieste funzionali che determina i modi in cui i componenti della famiglia interagiscono ”. Le dimensioni strutturali fondamentali
sono:
- la gerarchia: l’esistenza di differenze generazionali e il fatto che la struttura organizzativa della famiglia si differenzia in sottosistemi;
- i confini: le regole che determinano il passaggio delle informazioni da un sottosistema all’altro;
-gli schieramenti: le configurazioni relazionali triadiche (triadi o triangoli).
In quest’ottica la famiglia è un sistema allevante la cui funzione è quella di guidare le giovani generazioni nello sviluppo, e fa ciò grazie ai
sottosistemi che lo compongono. Ciascun individuo appartiene a diversi sottosistemi in cui ha differenti gradi di potere e dove acquista capacità
differenziate.
Il sottosistema coniugale modella per il bambino la natura dei rapporti intimi;
il sottosistema genitoriale, che può comprendere nonni o cugini, assolve alle funzioni familiari di allevamento dei figli, di guida e di controllo;
il sottosistema di fratelli/sorelle è il contesto in cui i bambini sviluppano modelli di contrattazione, di cooperazione e di competizione.
Per Minuchin la stima della funzionalità dei confini è un parametro fondamentale nella valutazione del funzionamento di una famiglia.
Definire un confine significa osservare regole che stabiliscono i tempi, gli spazi e le modalità di partecipazione alle relazioni, e la funzione dei
confini è salvaguardare la differenziazione nei vari sottosistemi che compongo la famiglia. Si parla di confini chiari quando passano informazioni
adeguate per quantità e pertinenza rispetto alla relazione e alla fase del ciclo vitale, e di confini diffusi se il passaggio delle informazioni è o
eccessivo o non pertinente rispetto alla relazione e alla fase del ciclo vitale. Si parla di confini rigidi se invece una persona riceve una quantità
insufficiente di informazioni che gli competono. Sia confini rigidi sia diffusi sono disfunzionali, e si fa riferimento a questi due situazioni
classificando la famiglia in riferimento al criterio dell’invischiamento e del disimpegno.
In un sistema ben funzionante la flessibilità dei confini può permettere che, occasionalmente, tensioni esistenti all’interno di un sottosistema
possano “passare” attraverso altri sottosistemi in modo da ridursi. Tuttavia, se questa modalità diventa abituale, si ha la formazione della
“triade rigida”, struttura nella quale il confine tra il sottosistema genitoriale e il figlio è diffuso, mentre il confine intorno alla triade genitori-figli
è eccessivamente rigido. Minuchin ha classificato le triadi rigide in:
-triangolazione: i genitori in conflitto tentano di procacciarsi la simpatia del figlio contro l’altro genitore determinando in lui un conflitto di
lealtà;
-coalizione genitore-figlio: espressione più aperta del conflitto genitoriale, in cui un genitore starà dalla parte del bambino contro l’altro;
-deviazione-attacco: i genitori fanno del figlio il capro espiatorio. I genitori mascherano le loro differenze concentrandosi su un bambino che
viene definito “malato” o “cattivo” e questo movimento relazionale li avvicina reciprocamente.
1.2 L’osservazione diretta della famiglia: questioni metodologiche e sistemi di codifica
1.2.1.Linee guida per l’osservazione diretta delle relazioni familiari
Questione cruciale nella costruzione di sistemi di valutazione per le dimensioni relazionali è la procedura di rilevazione dei dati.
Molti sistemi di valutazione si basano sull’intervista ai caregiver, ma le procedure self-report e le interviste, confrontate con i risultati ottenuti
tramite l’osservazione diretta, evidenziano forti discrepanze. L’osservazione diretta delle relazioni familiari permette di “dar voce” ai bambini
molto piccoli e di rilevare le caratteristiche del funzionamento della famiglia come insie me.
Tra i diversi metodi di osservazione diretta, le procedure basate su compiti strutturati, se scelti in modo da garantire la validità ecologica (cioè
la famiglia ha una percezione del contesto coerente con le intenzioni del ricercatore) , permettono di utilizzare il processo stesso della
valutazione come strategia per un cambiamento e di coinvolgere la famiglia nel processo di valutazione promuovendo la consapevolezza.
I ricercatori hanno diretto sempre più attenzione verso le misure basate sull’osservazione diretta di modelli interattivi: quando si parla di
modelli interattivi ci si riferisce alla possibilità dell’osservatore di individuare una regola che la famiglia inconsapevolmente sembra rispettare.
L’osservazione diretta sembra dunque essere la tecnica ideale per studiare la famiglia come insieme mentre si attivano i modelli interattivi
che più la caratterizzano.

L’osservazione delle diadi cambia quando si aggiunge un terzo o un quarto componente; in questi casi si è osservato che le due relazioni
genitore-figlio (relazione parentale) sono influenzate dai comportamenti di ciascun genitore, ma anche dalla qualità d ella relazione fra partner
adulti (relazione co-parentale). Si distingue la relazione coniugale da quella genitoriale, ed è necessario osservare i processi di mediazione, cioè
l’influenza della relazione coniugale su quella genitoriale, e quindi sulla qualità dell’interazione triadica, per p oi comprendere gli effetti sullo
sviluppo del figlio.

Secondo Kerig, quando si osserva la famiglia è necessario fare una distinzione tra tre concetti:
-la famiglia come insieme, che descrive le caratteristiche globali, astratte e di difficile accesso della famiglia;
-i livelli familiari, che descrivono i processi in atto quando la famiglia è insieme come gruppo, più specifici e operazionalizzabili;
-i processi dinamici-familiari, che includono le interazioni che hanno implicazioni sul funzionamento dei livelli familiari anche quando essi non
si verificano in presenza di tutti i membri della famiglia.

1.2.1.1 Livelli di analisi delle osservazioni inferenza teorica


E’ necessario tenere conto del livello di inferenza teorica che caratterizza le categorie prese in considerazione nel sistema di codifica.
Se si decide di osservare determinati comportamenti per tutta la durata della sequenza presa in considerazione (es.calcolo la frequenza con cui
una madre si rivolge al bambino per aiutarlo e la frequenza con cui il padre gli sorride per incoraggiarlo) , parliamo di bassa inferenza teorica; se
al contrario gli osservatori stabiliscono che una serie di comportamenti possono essere riferiti a una categoria (es.distinguo un genitore che
fornisce supporto da uno ipercritico), parliamo di alta inferenza teorica, perché è l’osservatore a operare un giudizio globale su una serie di
comportamenti osservati.
Possono essere distinti diversi livelli di analisi in base ai sistemi di codifica utilizzati:
-Sistema microanalitico: utilizzato quando i risultati di ricerche precedenti consentono di formulare ipotesi concernenti modelli interattivi
specifici. Questa modalità ha alti costi in termini di tempo richiesto per la codifica e complessità del numero di osservazioni.
- Sistema macroanalitico: basato sull’applicazione di un giudizio globale sui modelli interattivi osservati. Richiede un tempo minore per la
codifica e prende in considerazione contesti più ampi. Esempi di codifica macroanalitica sono: la coordinazione triangolare, le coalizioni alle
alleanze, la risoluzione di conflitti, la competizione, in cui le categorie vengono operazionalizzate in base a considerazioni teoriche: sono gli
osservatori a decidere quali comportamenti indicano ciascuna categoria.
- Sistema mesoanalitico: combina fra loro i precedenti.

1.2.1.2. Affidabilità
La maggior parte delle misurazioni che vengono effettuate si basano sulla misurazione dell’errore e l’affidabilità è uno degli strumenti per
calcolare la percentuale di errore e mostrare la consistenza e la stabilità dei punteggi rispetto al comportamento stimato. Tutti i metodi per
calcolarla partono dall’esistenza di diversi giudizi indipendenti, effettuati da più di un osservatore che descrivono lo stesso fenomeno. Il
coefficiente di affidabilità dimostra che osservatori diversi avranno lo stesso risultato. Altre procedure statistiche per ca lcolare la percentuale di
accordo sono la Kappa di Cohen e le correlazioni.

1.2.1.3. Validità
L’affidabilità è un presupposto necessario, ma non sufficiente ed è necessario stimare anche la validità: si dice che la procedura è valida se
misura ciò che dichiara di misurare. Vengono distinti diversi tipi di validità:
- Validità di contenuto: validità con cui una misura riflette il dominio teorico preso in considerazione ,
- Validità di costrutto: implica di riunire evidenze per mostrare come un sistema di codifica rifletta il costrutto teorico preso in esame viene
valutato attraverso la correlazione dei punteggi con altre misure dello stesso costrutto (validità convergente) o verificando i punteggi osservati
non siano correlati con costrutti differenti (validità discriminante),
- Validità di criterio: valuta il modo in cui viene ottenuto un set di punteggi rispetto a un criterio di riferimento,
- Validità ecologica: valuta la generalizzabilità delle osservazioni al mondo reale.
Può essere viziata dalla reattività dei partecipanti, quando essi, sentendosi osservati, tentano di produrre un’impressione favorevole di sé,
dalla generalizzabilità tra contesti, per cui è necessario distinguere il setting e il compito che sono gli aspetti centrali del contesto, e dalla
generalizzabilità tra diversi campioni, per esempio se ci si riferisce a campioni clinici, campioni di famiglie normo-funzionali, all’età dei bambini
coinvolti, che influenza il tipo di comportamento genitoriale, alla differenza etnica, alla diversità delle forme familiari…
1.2.1.4.Procedure
Per quanto riguarda la procedura di registrazione dei dati, deve essere stabilita con riferimento al sistema di codifica che si vuole adottare.
Quando i sistemi di codifica sono complessi, l’uso di una registrazione video o audio è essenziale, in modo da poter disporre delle osservazioni
in tempi successivi a quello durante il quale è applicata la procedura. Inoltre la videoregistrazione permette spesso agli osservatori di studiare
le famiglie nel loro setting naturale.
La videoregistrazione, inoltre, permette un utilizzo a livello clinico con il video-replay, che consente di coinvolgere i genitori favorendo la
consapevolezza interazionale, permettendo al clinico di evidenziare le sequenze in cui comportamento è efficace e quelle in cui è presente un
errore interattivo.
Tra le più importanti decisioni da prendere per l’osservazione c’è quella di quale compito fare eseguire alla famiglia. Quando la struttura del
compito è connessa ai comportamenti osservati (es.un compito per esaminare le caratteristiche di risoluzione del conflitto all’interno della
famiglia), l’aumento della strutturazione del compito corrisponde a un aumento della probabilità che possano essere osservate differenze tra i
campioni; quindi quanto più il compito è strutturato, tanto più le diversità riscontrate tra le famiglie osservate potranno essere utilizzate per
ipotizzare una spiegazione.
Un’altra importante considerazione da fare è quella relativa al setting, per cui l’osservazione si può svolgere o in laboratorio o in un contesto
naturale. Le informazioni ottenute in contesti artificiali sono state giudicate negativamente a causa della mancanza della validità ecolog ica,
tuttavia in questo contesto il ricercatore ha più possibilità di controllare l’ambiente.
Nelle osservazioni in un contesto naturale i vantaggi sono una maggiore validità ecologica, una più facile programmazione delle vis ite e la
possibilità di ottenere un campione più rappresentativo, mentre gli svantaggi riguardano il fatto che l’osservazione è più costosa in termini di
numero di visite e tempo richiesto per completare l’osservazione.
La decisione di quali membri della famiglia includere nel compito varia a seconda di ciò che si vuole osservare: le opzioni includono
l’osservazione di diadi, triadi o di un’unità più grande.

1.2.2 strumenti per l’osservazione della relazione genitori-figli


Due sono gli aspetti cruciali da focalizzare nell’analisi degli studi che dimostrano l’utilità di diversi schemi di osservazione diretta:
le procedure proposte alla famiglia (cioè che tipo di situazione o compito la famiglia deve sostenere) e i sistemi di codifica adottati (con
particolare riferimento alle dimensioni psicologiche e relazionali prescelte dai ricercatori per differenziare le famiglie funzionali da quelle
disfunzionali.
Nell’ultimo ventennio è stato attuato un grosso sforzo per operazionalizzare costrutti teorici che dal punto di vista clinico si sono rivelati già
validi, permettendo ai terapeuti familiari di favorire il cambiamento della famiglia e di superare gravi situazioni di disagio.
I nuovi orientamenti della ricerca cercano di cogliere la complessità della famiglia vista come insieme piuttosto che come un sistema regolato
dalla combinazione di diversi sottosistemi, e ciò ha portato alla formulazione di nuovi metodi di osservazione.
Di seguito elencheremo alcune ricerche che hanno rappresentato un punto di riferimento per arrivare a definire procedure semp re più
articolate per lo studio della famiglia come insieme, fino alla formulazione del LTPc, lo strumento di osservazione e di codifica più avanzato per
l’osservazione delle relazioni nella famiglia.

1.2.2.1.Il sistema di osservazione di Beavers


La procedura prevede che la famiglia interagisca per 10-15 minuti discutendo su ciò che si vorrebbe vedere cambiato nella propria famiglia: si
tratta di un compito strutturato di problem solving.
Osservando la videoregistrazione, dopo la procedura, giudici indipendenti valutano la posizio ne della famiglia su 13 subscale: si tratta di una
valutazione globale (livello macroanalitico) con alta inferenza teorica.
Il primo strumento proposto è stato il Beavers-Timberlawn Family Evaluation Scale (ora Beavers Interactional Scale) che prevede 13 criteri di
valutazione (esplicitazione del potere, coalizione genitoriale, vicinanza, mitologia, negoziazione diretta a un obiettivo, chiarezza
dell’espressività, responsabilità, permeabilità, range dei sentimenti, affettivo, conflitti risolti, empatia e salute-competenza globale) in base ai
quali la famiglia viene valutata tra due estremi che vanno dalla disfunzionalità alla funzionalità.
La stessa registrazione viene usata da altri giudici per valutare lo stile delle interazioni familiari in base a 8 dimensioni (bisogni di dipendenza,
stile del conflitto fra adulti, prossimità, presentazione sociale, espressione verbale di vicinanza, comportamenti aggressivi/assertivi, espressione
di sentimenti positivi/negativi, stile familiare globale).
Queste scale forniscono la possibilità di formulare attraverso una combinazione di punteggi una valutazione globale della com petenza familiare
e dello stile di interazione.
Recentemente è stato costruito il Self-Report Family Inventory (SFI), che prevede 36 item per valutare la percezione di ciascun membro della
famiglia rispetto alla famiglia come insieme. I risultati sono congrui con quelli del sistema di codifica nell’osservazione d iretta.
Il costrutto definito da Beavers è quello della competenza familiare, che rappresenta il livello di funzionalità del gruppo nell’accompagnare gli
individui nel loro sviluppo e nel definire una buona qualità dell’organizzazione del gruppo stesso. Le dimensioni co nsiderate si riferiscono
all’affettività, alla gestione del potere nelle relazioni e all’organizzazione (distinzione dei ruoli e assunzione di respons abilità).
1.2.2.2. Il Providence Family Study (PFS)
Valorizza il modello di McMaster, che considera sei criteri di valutazione (problem solving, comunicazione, ruoli, responsività affettiva,
coinvolgimento affettivo, controllo dei comportamenti) e prevede una scala (McMaster Clinical Rating Scale) in base alla quale l’osservatore
esterno valuta il modo in cui la famiglia svolge un compito che rientra nella vita quotidiana.
Le premesse del gruppo che ha condotto il PFS sono state:
1) studiare la famiglia considerando diversi sottosistemi;
2) studiare il funzionamento della famiglia tenendo conto dei sei livelli funzionali indicati nel modello McMaster;
3) considerare indicatori e contesti diversi dell’organizzazione della famiglia.
Si tratta di una ricerca multimetodo che integra una procedura di osservazione diretta delle interazioni familiari con un’intervista e uno
strumento self-report, e che quindi tende ad analizzare la famiglia nel rispetto della complessità del suo funzionamento.
Per l’osservazione diretta il gruppo ha adottato il Meal Time Interaction Coding System (MICS) del modello McMaster con alcune modifiche; a
ogni famiglia i ricercatori hanno chiesto di scegliere un pasto in cui tutti i familiari fossero disponibili a mangiare insie me, il ricercatore
sistemava una telecamera in modo che tutti membri fossero visibili, e la famiglia era incaricata di azionala.
I criteri di valutazione utilizzati da giudici indipendenti sono stati: la realizzazione del compito, la gestione degli affet ti, il coinvolgimento
interpersonale, il controllo del comportamento, la comunicazione e i ruoli.
Con la stessa videoregistrazione, altri giudici avevano il compito di codificare le osservazioni delle diadi madre -figlio e padre-figlio (attraverso un
adattamento della Parent/Caregiver Involvement Scale), valutando 10 aspetti della genitorialità (coinvolgimento fisico, coinvolgimento verbale,
responsività nei confronti del bambino, interazione giocosa, commenti negativi, relazione tra le attività).
Per la valutazione sono state utilizzate due misure globali per indicare la qualità dell’interazione genitore -bambino: il coinvolgimento (che
comprende i primi 4 indicatori) e l’interazione strumentale (che comprende i successivi 6 indicatori).
I ricercatori hanno analizzato i dati definendo per le diverse misure il limite (cut off) per differenziare le famiglie funzionali da quelle
disfunzionali.

1.2.2.3.L’osservazione longitudinale della transizione dalla coppia coniugale alla genitorialità


Lewis ha attuato una ricerca longitudinale sull’influenza della qualità della relazione coniugale nella transizione alla genitorialità, cioè sul
processo di incorporazione del bambino nella famiglia. Un aspetto da sottolineare è la distinzione tra soddisfazione coniugale e competenza
coniugale.
Il costrutto di competenza coniugale si riferisce al grado in cui la struttura della relazione facilita la salute psichica e lo sviluppo dei coniugi e
dei loro figli; per la valutazione di questa competenza Lewis ha utilizzato registrazioni delle interazioni coniugali e due interviste
semistrutturate, una individuale per ciascun coniuge e una alla coppia. In base a tutti i dati vengono qualificati i punteggi su scale che
differenziano diversi livelli di impegno, vicinanza, intimità psicologica, autonomia e potere, e quindi attribuiscono un punteggio globale del
livello di competenza coniugale da 1 a 10. Lewis fa riferimento a una scala continua divisa in cinque livelli di competenza: altamente
competente (1 e 2), competente ma sofferta (3 e 4), complementarità disfunzionale dominanza-sottomissione (5 e 6), gravemente conflittuale
(7 e 8) e gravemente disfunzionale (9 e 10).
Questo studio ha permesso di osservare l’influenza della relazione coniugale sulla salute psichica individuale, sui cambiamen ti nella relazione
coniugale e sul processo di incorporazione del figlio della famiglia. I ricercatori per arrivare a un costrutto globale e triadico hanno combinato i
risultati ottenuti nella scala di attività della triade con quelli dell’intensità affettiva, definendo il costrutto di competenza interattiva triadica.
Lewin attua quindi uno dei primi tentativi di osservare i processi familiari combinando strumenti diverse e misure individuali e diadiche a quelle
triadiche.

1.2.2.4.La coordinazione triangolare: il ruolo del genitore quando è nella posizione di terzo
Westerman ha voluto studiare il processo attraverso il quale i figli vengono inclusi nel conflitto fra genitori. Egli critica Lewis poiché ritiene
necessario osservare l’interazione a tre per comprendere i principi regolatori e i diversi tipi di coordinazione disfunzionale. L’autore si riferisce al
costrutto di coordinazione triadica (come il contributo di una persona, in un’interazione a tre vie, si correla a come un altro partecipante si
comporta nei confronti di una terza persona).
Il disegno di ricerca prevede l’organizzazione di un gioco strutturato a cui partecipano genitori e figli: per una durata di 15 minuti, ai genitori
di bambini fra i 4 e i 12 anni viene chiesto di condurre un gioco educativo aiutando il figlio a copiare un modello per una costruzione con
mattoncini Lego. Le sedute vengono videoregistrate e giudici indipendenti analizzano il video codificandolo con una griglia a 14 item da
valutare su scala Likert; vengono differenziati gli episodi in cui un genitore è in posizione attiva con il figlio e l’altro è nel ruolo di terzo.
Viene codificato il livello di partecipazione del primo genitore nel guidare il figlio, e i tentativi del secondo di far partecipare il primo se non è
coinvolto. Successivamente si analizza quanto il secondo è stato coinvolto, in accordo oppure disaccordo.
La ricerca di Westerman è utile per lo studio di come madre e padre lavorano insieme nell’interazione con il figlio, o di come lo intrappolano nel
loro conflitto se la coordinazione è disfunzionale.
1.2.2.5.Coparenting and Family Rating System: modelli di collaborazione genitoriale
Per la valutazione dei processi familiari si rileva interessante l’osservazione dei modelli che caratterizzano l’esercizio co niugale della funzione
genitoriale (co-genitorialitá/co-parenting). McHale ha creato lo strumento Coparenting and Family Rating System (CFRS), il cui presupposto è
che il processo familiare che sostanzia il senso della famiglia è connesso alla funzione genitoriale. Dunque lo studio di processi inerenti la
genitorialità ci fornisce indicatori per ciascuna famiglia e ci permette di distinguere quelle funzionali da quelle disfunzionali.
MchHale ha lavorato con famiglie non cliniche: ai genitori di bambini tra gli 8 e gli 11 mesi o tra i 2 anni e mezzo e i 4 anni e mezzo veniva
chiesto di guidare i figli in giochi che comportavano l’esplorazione di oggetti, in un tempo di 15 minuti.
Le sedute venivano registrate e valutate attraverso due sistemi di codifica:
-Punteggi globali (macroanalitici): contengono scale che riguardano il comportamento della famiglia osservata come insieme, anche se si
riferiscono prevalentemente alla relazione co-genitoriale. Troviamo la scala della cooperazione, della competizione, dell’aggressività verbale,
del calore fra genitori e della centralità del bambino;
-Punteggi combinati: vengono presentate due scale che derivano dall’osservazione differenziata dei comportamenti genitore -bambino nel
contesto dell’interazione familiare. I giudici che realizzano tale codifica sono diversi da quelli che valutano i punteggi globali.
Per definire lo stile genitoriale positivo l’interazione viene valutata tenendo conto di calore e investimento, stabilità e s incronia degli interventi,
e bassa negatività.
Successivamente vengono valutate le scale di discrepanza genitoriale (differenza nello stile genitoriale) e calore familiare (combinando i
punteggi del calore nella relazione di ciascun genitore con il figlio con quelli relativi al calore della relazione tra genitori).
McHale suggerisce che per comprendere i processi familiari sia necessario conoscere da una parte la natura del coinvolgimento paterno nella
transizione alla genitorialità e dall’altra la risposta materna a tale coinvolgimento.
Si possono osservare situazioni diverse, per esempio un padre che è intenzionato a coinvolgersi E una madre che non accetta la collaborazione;
un padre che si defila per timore di dover sostituire la madre; oppure un padre che vorrebbe coinvolgersi in modo limitato e che invece viene
reclamato dalla partner.
Secondo l’autore il ruolo della donna è centrale nel definire lo spazio che il padre potrà occupare nel processo familiare, tanto da ipotizzare
che vi sia una “custodia materna della co-genitorialità”.
Usando una check-list compilata dei genitori e degli insegnanti dei bambini quando i bambini che avevano partecipato alla ricerca a 8-11 mesi
avevano raggiunto i 3 anni, McHale ha rilevato relazioni tra ostilità e competitività, basso livello di calore familiare e alta discrepanza genitoriale
con gli esiti nello sviluppo dei figli e con la qualità della relazione co-parentale.
L’evoluzione della ricerca di McHale comprende oggi l’interesse a studiare la costruzione della relazione co -genitoriale nella fase pre-natale, in
quanto si rivela utile per individuare i fattori di rischio e di protezione predittivi della funzionalità del processo familiare . L’autore ha portato
avanti una ricerca multimetodo e ha valutato prima della nascita sia la qualità della relazione coniugale, sia le rappresentazioni individuali e le
aspettative relative al processo familiare e alla co-genitorialità; essi hanno rilevato che tali fattori influiscono sulla relazione co-genitoriale a tre
mesi e a un anno di vita del bambino, ma anche che le caratteristiche reali del bambino rappresentano un fattore che interagisce con la
relazione coniugale e co-genitoriale.
1.3.Lo sviluppo dell’intersoggettività nella famiglia: un’introduzione al Lausanne Trilogue Play
L’intersoggettività nella famiglia viene intesa come capacità dei componenti di comunicare e di comprendere le intenzioni, le motivazioni e
significati dell’altro. Questa capacità è alla base del raggiungimento della coordinazione di comportamenti che caratterizza le alleanze familiari
collaborative, che favoriscono il contatto affettivo e il raggiungimento di obiettivi.
Il tema dell’intersoggettività è stato stimolato dalla premessa che per un soggetto umano gli altri non sono semplicemente og getti, ma altri
soggetti con i quali, nell’esperienza interpersonale, ci si può rispecchiare. La nostra vita mentale è co -creata, e questo continuo dialogo co-
creativo con le menti altrui è definito da Stern “matrice intersoggettiva”.
Attraverso l’osservazione dei neonati con i loro caregiver è stato possibile individuare una forma di intersoggettività primaria che si esprime con
la coordinazione dei movimenti di genitore e figlio, l’imitazione precoce dell’adulto da parte del noenato, e la sintonizzazione affettiva.
Dai 7-9 mesi emerge l’intersoggettività secondaria, nel momento in cui il bambino inizia condividere gli stati mentali degli adulti, includendo le
intenzioni dirette a uno scopo, la focalizzazione dell’attenzione, gli affetti e la valutazione dell’esperien za in termini di
soddisfazione/insoddisfazione. Questa apre la strada per lo sviluppo dell’empatia fino all’acquisizione, verso i 5 anni, della teoria della mente
dell’altro.
Stern ha ipotizzato anche l’esistenza di un sistema motivazionale dell’intersoggettività, che si basa su programmi predisposti a livello biologico e
garantisce la sopravvivenza della specie contribuendo alla formazione di gruppi, alla loro funzionalità e alla loro coesione. Lo sviluppo
dell’individuo, quindi, sembra emergere dall’interazione che egli stabilisce fin dalla nascita con gli altri esseri umani.
In questo quadro hanno assunto una grande rilevanza le ricerche del Gruppo di Losanna, condotte attraverso una procedura sperimentale
basata sull’osservazione diretta della famiglia mentre i genitori guidano il figlio in un gioco a tre. Viene studiata in questo modo l’alleanza co-
parentale e lo sviluppo del bambino nel triangolo primario. Il Lausanne Trilogue Play (LTP) permette di studiare lo sviluppo della
comunicazione familiare fin dalla nascita e anche nella fase pre-natale.
I risultati delle ricerche stanno permettendo di descrivere come si costruisce la comunicazione familiare prima del linguaggio verbale,
sottolineando l’importanza dell’intersoggettività, dell’alleanza co-parentale e della competenza del neonato a interagire nell’ambito di una
triade fin dalla nascita. Il lavoro del Gruppo di Losanna rappresenta lo sforzo di fornire ai clinici un punto di riferimento per la comprensione
dello sviluppo della relazione triadica come unità rilevante per l’evoluzione del bambino fin dai primissimi mesi di vita.

1.4.La funzionalità nelle relazioni familiari: criteri di valutazione del Lausanne Trilogue Play
Questione rilevante per la valutazione dei processi relazionali nella famiglia è il definire quali livelli funzionali (dimensioni) osservare.
In generale si può considerare che nella famiglia, per ciascun individuo, si declinano due tendenze primarie: quella di entra re in relazione con
gli altri e quella di sviluppare un’identità personale. Nelle famiglie dove emergono disfunzionalità si osserva sia una difficoltà a favorire la
differenziazione, sia una difficoltà a definire l’intimità del gruppo che motiva l’affiliazione.
Al contrario, le famiglie funzionali mostrano la capacità di coniugare coesione e adattabilità al cambiamento.
Dal punto di vista comportamentale si potrebbe definire la funzionalità della famiglia in base ad alcune aree:
- la struttura organizzativa delle relazioni,
- la comunicazione che permette di condividere i significati dell’esperienza,
- il riconoscimento e la negoziazione dei conflitti che emergono nella relazione,
- l’affettività che rende l’interazione familiare piacevole.
Per spiegare come si raggiunge l’intimità che differenzia i legami familiari da quelli con gli estranei, Wynne formula l’ipotesi del modello
evolutivo epigenetico, per cui c’è uno sviluppo progressivo nel gruppo familiare di diversi processi relazionali che hanno una rilevanza primaria
in fasi successive del ciclo evolutivo della famiglia:
1.attaccamento e affiliazione,
2.comunicazione,
3.soluzione congiunta dei problemi,
4.mutualità,
5.intimità.
L’ipotesi centrale in tale modello è che “i processi relazionali centrali” in una certa fase dello sviluppo saranno condizionati dal modo in cui si
sono realizzati i processi centrali della fase precedente.
L’aspetto più rilevante ed attuale dell’ipotesi di Wynne è di aver indicato come esito dell’evoluzione di un gruppo familiare il processo
relazionale dell’intimità, fornendo una definizione che è vicina a quella dell’intersoggettività. C’è una convergenza tra la sequenza di pro cessi
relazionali indicata da Wynne per lo sviluppo dell’intimità nella famiglia e quella indicata per lo sviluppo del bambino nel sistema regolatore de l
Sé che si stabilisce con la figura allevante.
Anche qui viene infatti riconosciuto che la funzione di base, l’attaccamento, è quella che garantisce il livello di prossimità, sicurezza e
complementarità di una relazione. Wynne parla di attaccamento in un senso più ampio, facendo riferimento a ciò che Hall ha definito copione
dell’attaccamento nella famiglia. A partire da questo livello i componenti della famiglia possono arrivare a condividere un focus di attenzione
che garantisca la condivisione di significati e quindi una modalità comunicativa funzionale. Su questa base il gruppo può riconoscere attività,
obiettivi, compiti e interessi condivisi, e impegnarsi nella risoluzione dei problemi, che può garantire la soddisfazione di bisogni individuali e di
gruppo. Diviene quindi rilevante il raggiungimento di una consapevolezza interazionale che faccia riconoscere il momento in cui è necessario
apportare cambiamenti agli abituali modelli di regolazione delle relazioni, perché essi non sono più adatti.
A questo punto si può raggiungere un livello ottimale di intimità, intesa come condivisione affettiva e sintonizzazione derivata dalla conoscenza
e dal riconoscimento reciproco.
E’ possibile utilizzare la classificazione dei processi relazionali proposti da Wyrne a un livello sovraordinato, e considera rla come riferimento per
valutare la validità di contenuto e di costrutto dell’LTP.
1.4.1. I livelli funzionali nella lettura strutturale del Lausanne Trilogue Play
Il livello ottimale di intimità è stato indagato dal gruppo di Losanna, che ha sviluppato una procedura di assesment per famiglie con figli nella
prima infanzia. Si tratta di un compito strutturato il cui obiettivo è coinvolgere la famiglia in un gioco condiviso (compito con alta validità
ecologica perché riprende elementi di vita quotidiana). L’ipotesi è che tale compito strutturato in laboratorio abbia una validità ecologica
elevata, nel senso che può essere percepito dalla famiglia in modo coerente alle intenzioni dei ricercatori, in quanto riprod uce una situazione
tipica nelle relazioni familiari con un bambino piccolo.
Si tiene conto anche delle transizioni, ovvero delle modalità con cui si passa da una fase del gioco ad un’altra, considerando che nella consegna
viene chiesto ai genitori di giocare realizzando 4 diverse configurazioni:
1.un genitore è attivo nel gioco con il figlio e l’altro è osservatore partecipante;
2.i genitori scambiano il ruolo,
3.i tre partecipanti sono tutti attivi nel gioco;
4.il figlio è osservatore partecipante mentre i genitori parlano fra loro.
Per effettuare una transazione tra una parte e l’altra del gioco, una famiglia ben coordinata riuscirà a effettuare una decostruzione della parte di
gioco in corso che indicherà ai partecipanti la necessità di costruire una nuova configurazione relazionale e passare così alla fase successiva del
gioco. Si tratta dunque di un’interazione che indica le risorse della famiglia necessarie a comprendere quando e come ci si d eve disporre a un
cambiamento nella relazione.

Sono stati scelti 4 livelli funzionali per la codifica delle interazioni comportamentali e comunicative in cui l’osservatore descrive il modo in cui
la famiglia ha affrontato un gioco condiviso rispondendo a 4 domande fondamentali. Quando le risposte alle domande sono tutte affermative si
avrà uno schema di alleanza familiare collaborativa. Le domande sono:
1. Sono tutti inclusi? Si tratta del livello funzionale della partecipazione, la disponibilità di tutti i componenti della famiglia a includersi in un
gioco di squadra. Tale disponibilità si dovrà basare sui comportamenti parentali intuitivi degli adulti, visto che il compito comporta il guidare un
bambino a condividere una situazione di gioco.
2. Sono tutti nel loro ruolo? Assicurata la partecipazione di tutti, la famiglia esprime propri modelli di regolazione nell’organizzazione dei ruoli
sia tra generazioni diverse sia nella stessa generazione: per raggiungere un obiettivo condiviso è necessario negoziare la naturale tendenza
dell’individuo alla competizione.
3. Prestano tutti attenzione al compito? È possibile che un gruppo definisca un’attenzione congiunta condividendo il focus in modo da
raggiungere l’obiettivo, costruendo il gioco comune.
4. Sono tutti in contatto affettivo? Quando il gruppo arriva un coinvolgimento pieno e funzionale nell’attività in corso, si sviluppa un contatto
affettivo che avrà connotazione positiva se tutti sono consapevoli che la collaborazione porta al raggiungimento dell’obiettivo.

La scelta di osservare gli indicatori del livello funzionale definito partecipazione come base di partenza nell’interazione della famiglia durante il
compito strutturato è coerente con il costrutto dell’attaccamento-affiliazione. Sono i genitori a favorire la partecipazione nel gioco a tre, a
partire dall’espressione di comportamenti parentali intuitivi che favoriscono il coinvolgimento del figlio nello svolgimento del compito.
La famiglia che manifesta buoni livelli di partecipazione indica sia la possibilità di coinvolgersi in uno stesso spazio interattivo dove si svolgerà il
gioco, sia la familiarità con situazioni che richiedono prossimità, sia il bisogno di questa vicinanza rispetto al fatto che partecipare a un gioco al
di fuori del proprio ambiente è uno stress. Altro concetto rilevante nel livello funzionale della partecipazione è quello che è definito accesso
libero e aperto di ciascun familiare a entrare in relazione con gli altri componenti della famiglia.
Anche gli indicatori comportamentali scelti per il livello funzionale definito organizzazione sono coerenti con il costrutto teorico
dell’attaccamento/affiliazione, poiché i ruoli che devono essere rispettati nel gioco sono quelli necessari nel rapporto complementare fra adulto
e bambino e fra partner. Tale forma di rapporto non si evidenzia sempre, e si alterna a forme di competizione, ma di fronte un compito si può
ipotizzare che si attivi maggiormente il modello di regolazione che la famiglia segue quando ci deve prendere cura dell’altro per guidare verso
un obiettivo.
Il livello funzionale denominato attenzione focale, indicatore comportamentale osservabile durante l’attività di gioco, è presupposto di base di
processi relazionali e mentali più complessi implicati nell’intersoggettività e nella possibilità che un gruppo condivida attività significative,
compiti e obiettivi.
L’osservazione nell’interazione a tre del livello funzionale definito contatto affettivo (che si esprime attraverso espressioni facciali, toni della
voce ed espressioni linguistiche) è particolarmente adatta a individuare le modalità con cui la percezione soggettiva di intimità nel gruppo
favorisce un clima affettivo generale caratterizzato da positività, empatia, piacere, soddisfazione.
2.IL LAUSANNE TRILOGUE PLAY CLINICO (LTPc)
2.1.Caratteristiche generali della procedura
La procedura di osservazione diretta consiste in una metodologia per la valutazione dell’interazione familiare triadica, centrata su un compito
strutturato. Essa è ispirata al Lausanne Trilogue Play, sebbene sia progettata per la partecipazione di figli fra i 2 e i 17 anni in un setting
clinico. Alla famiglia viene proposto un gioco strutturato composto di quattro parti, seguendo due differenti consegne.
L’obiettivo è quello di giocare tutti insieme come una squadra; ai genitori (subunità strutturante) si chiede di cooperare e coordinarsi per
aiutare il bambino nel portare avanti il compito, e al bambino (subunità evolutiva) si chiede di giocare lasciandosi guidare.
Il gioco è suddiviso in quattro parti:
• Parte 1: due+uno. Uno dei due genitori inizia a giocare con il bambino, mentre l’altro è in posizione di osservatore partecipante, vale a dire
che ha un ruolo più periferico ma mantiene un atteggiamento empatico, pur senza interferire. È importante osservare come il genitore attivo
gestisce il proprio ruolo, come il bambino gestisce questo scambio interattivo con il genitore attivo, e se accetta la posizione più periferica
dell’altro. Per valutare coordinazione e cooperazione si deve porre attenzione anche a come si comporta l’altro genitore, se rispetta la propria
posizione o se si intromette.
• Parte 2: due+uno. La struttura dell’interazione rimane la stessa ma i genitori si scambiano i ruoli.
• Parte 3: tre insieme. Si chiede a tutti membri di giocare insieme per osservare il grado di coordinazione dei partecipanti che devono co -
regolare i propri interventi con quelli degli altri. Questa osservazione permette di valutare la qualità dei modelli interattivi implicati nella
coordinazione triangolare.
• Parte 4: due+uno. Si chiede ai genitori di discutere dell’attività svolta, mentre il bambino ricopre il ruolo di osservatore partecipante.
Questa configurazione dà informazioni sulla capacità del bambino di accettare l’esclusione dall’interazione e sulla capacità dei genitori di
consentire questa esclusione.

La successione delle quattro parti è segnata dalle transizioni che costituiscono un momento delicato e informativo; una segnalazione chiara
della transizione rappresenta non solo la corretta comprensione della consegna, ma anche l’accettazione dell’alternanza di ru oli.
Il passaggio ottimale tra una parte all’altra del gioco è quella che avviene in modo chiaro e coordinato, senza interrompere il flusso
dell’interazione, e implica un buon grado di coordinazione e cooperazione tra i partecipanti.
Per quanto riguarda l’attività di gioco sono presentate due consegne a seconda dell’età del figlio maggiore.
Nella prima consegna si chiede di costruire insieme un gioco utilizzando i lego e pupazzi che rappresentano persone e animali (fino ai 10 anni).
La seconda consegna rimanda a un compito narrativo, si chiede quindi di scrivere una storia su un fine settimana immaginario in cui i genitori si
allontanano da casa e il figlio rimane solo e deve organizzarsi, seguendo le quattro parti (dagli 11 anni in su).
In entrambe le consegne viene specificato che la procedura dovrà durare tra i 15 e 20 minuti, e che l’obiettivo è quello di aiutare il figlio nello
svolgimento del compito. I genitori sono liberi di decidere chi inizia e dovranno fare cenno all’osservatore quando avranno finito.

2.1.1.Obiettivo della procedura: individuare l’alleanza familiare


Il gioco familiare consente di valutare la qualità della coordinazione triangolare mostrata dai membri durante l’interazione triadica.
Attraverso l’applicazione di due sistemi di codifica, utilizzando le due letture (funzionale/clinica e strutturale) di cui si avvale, è possibile
individuare l’alleanza familiare, cioè lo schema familiare tipico di ogni triangolo primario che regola i rapporti tra la subunità strutturante e
quella evolutiva di cui è composta la triade padre-madre-bambino.
Distinguiamo quattro tipologie di alleanze familiari:
• Alleanza cooperativa: rappresenta il maggior grado di funzionalità ed è caratteristica delle famiglie che mostrano un buon livello di
cooperazione e coordinazione giocando insieme come una squadra. I genitori sono d’accordo tra loro e si coordinano per facilitare il bambino,
le configurazioni si succedono in modo naturale senza scatti e interruzioni, in un clima disteso e di divertimento. Nel caso di passi falsi i genitori
riescono a riparare efficacemente ristabilendo un clima positivo.
• Alleanza in tensione: madre, padre e bambino giocano insieme, ma incontrano degli ostacoli nella loro interazione che creano tensione.
La coordinazione in alcuni momenti del gioco viene meno, ma nonostante alti e bassi queste famiglie sono caratterizzate da un buon livello di
coordinazione e l’alleanza è comunque funzionale.
• Alleanza collusiva: per collusione si intende una divisione della subunità genitoriale, finalizzata alla deviazione del conflitto della coppia.
Queste famiglie non riescono a raggiungere l’obiettivo di gioco e divertimento condiviso, ed è evidente la difficoltà della componente
genitoriale nel fornire aiuto al bambino: piuttosto si osserva una competizione tra genitori. Il gioco non decolla e il clima affettivo non è
rilassato ma percorso da una tensione costante.
• Alleanza disturbata: la famiglia non riesce a portare avanti il compito perché i ruoli non sono ben definiti e subiscono continue interferenze,
le parti del gioco sono confuse e sovrapposte, e questo genera tensione e ambiguità, in alcuni casi anche l’esclusione di un membro della
triade. Il clima affettivo è negativo anche se può presentarsi come una pseudopositività.
2.1.2.Le due letture
La codifica dell’interazione avviene tramite due distinte modalità:
• La lettura funzionale e clinica, che comporta un resoconto narrativo del gioco e della sua preparazione, del setting, delle modalità con cui è
data la consegna, delle quattro parti del gioco, degli avvenimenti, dei comportamenti non verbali e delle sequenze di scambi verbali.
La narrazione permette di distinguere non solo tra famiglie con alleanza di tipo differente, ma anche tra famiglie che hanno la stessa alleanza
ma pattern interattivi diversi, le cui peculiarità devono essere presi in considerazione per un eventuale intervento.
• La lettura strutturale si avvale di sette schede che richiedono una valutazione riassunta del comportamento di ogni partner in ciascuna
parte del gioco e rispetto alle quattro funzioni: partecipazione, organizzazione, attenzione focale e contatto affettivo.
Le qualità delle funzioni vengono differenziate con indicatori a tre livelli qualitativi (0= non è appropriato, 1= parzialmente appropriato, 2=
appropriato). In particolare:
- Il livello funzionale della partecipazione valuta l’inclusione nel gioco di tutti i componenti del triangolo, mancando il quale interazione non
parte; fornisce informazioni solo sull’inclusione dei membri nell’attività. Dovendo questa funzione restare costante in tutta l’attività, le schede
della valutazione della partecipazione sono identiche in ogni parte.
- Il livello funzionale dell’organizzazione valuta il rispetto dei ruoli previsti per ciascun soggetto nelle quattro parti. Il rispetto dell’alternanza
delle parti presuppone un comportamento differente a seconda della configurazione , e la lettura strutturale prevede l’utilizzo di schede diverse
per le quattro parti.
- Il livello funzionale dell’attenzione focale valuta che tutti siano attenti all’attività in corso in ogni parte del gioco e indipendentemente dal
ruolo che ricoprono. La scheda di indicatori per la valutazione è uguale per tutte le parti. Il mantenimento di un focus attentivo comune è
importante per la condivisione dei significati, e presupposto indispensabile per la condivisione degli affetti.
- Il livello funzionale del contatto affettivo osserva se ogni membro della famiglia è disponibile a divertirsi durante l’interazione , incoraggiando
e apprezzando il contributo degli altri e contribuendo all’attività. La scheda di indicatori per la valutazione è uguale per tu tte le parti.

I livelli funzionali sono disposti secondo una complessità crescente, per cui le funzioni più complesse necessitano di un numero maggiore di
coordinazioni; le prime due funzioni forniscono una valutazione più globale nei termini di inclusione/esclusione e rispetto/non rispetto del
ruolo, mentre il terzo e il quarto livello rilevano aspetti più dettagliati e sono quindi più soggetti a errori interattivi.
La capacità delle famiglie di riparare a queste coordinazioni errate differenzia le interazioni familiari funzionali da quelle problematiche.
È importante codificare tutti livelli funzionali anche quando cade uno dei primi, perché la valutazione della compromissione dei livelli seguenti
può essere importante per valutare le risorse della famiglia.
All’interno di ogni scala i codici relativi al comportamento di ogni membro del triangolo sono mutualmente escludentisi, ma non esaustivi,
perché vengono riportati i comportamenti collegati solo alle quattro funzioni. Pertanto la lettura funzionale clinica fornisce un supporto
narrativo alla lettura strutturale, perché permette di registrare più elementi che illustrano la codifica, precisando quali comportamenti hanno
fatto propendere l’osservatore per la scelta di classificare un soggetto secondo un determinato indicatore .
L’utilizzo di entrambe le modalità fornisce una diagnosi di alleanza attraverso criteri standardizzati, senza però tralasciare le peculiarità di ogni
famiglia.

2.1.3.Contesti di applicazione
Lo strumento è stato costruito per essere utilizzato in differenti contesti. Le norme di osservazione rimangono invariate indipendentemente dal
contesto, ma alcuni aspetti dell’interazioni possono avere significati differenti che il clinico deve considerare nell’utilizzare la diagnosi di
alleanza per la progettazione di un intervento o per la valutazione più ampia delle risorse della famiglia. La differenza di contesto comporta
anche una differenza nella relazione tra famiglia e somministratore, ed è quindi importante che questo mantenga un atteggiamento aderente
alle regole di applicazione e codifica.
Attualmente lo strumento è stato applicato a interazioni avvenute in due distinti contesti di intervento:
il primo è un contesto di terapia familiare, in cui i soggetti pervengono prevalentemente in modo spontaneo,
il secondo è un contesto di Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) a cui la famiglia perviene su invio del Tribunale.
I risultati raccolti nei due contesti sono simili, ma si è notato che nelle CTU accade più spesso che la famiglia non riesca ad attuare la quarta
parte. Questo dato, che denota la difficoltà dei genitori di avere un dialogo riguardante i figli, è risultato attribuibile alla forte conflittualità che
ha impedito loro di trovare un accordo autonomo senza ricorrere al Tribunale.
Deve, quindi, sempre essere considerato il contesto in cui avviene l’interazione per interpretare i risultati della diagnosi di alleanza fa miliare.
2.2.Istruzioni per la somministrazione
Lo strumento può essere utilizzato per analizzare l’interazione di famiglie con uno o più figli di età compresa tra i 2 e i 17 anni.
Nella codificazione si dovrà tenere presente che l’interazione con più figli sarà più complessa e gli errori interattivi potrebbero essere più
frequenti. Ci si aspetta che il comportamento di ogni genitore nel ruolo attivo sia appropriato per tutte le funzioni verso tutti i figli. Per ese mpio
a livello dell’organizzazione il genitore nel ruolo attivo deve facilitare e sostenere tutti i figli. Quando ciò non avviene perché gioca attivamente
con un figlio ma trascura l’altro, si attribuisce la codifica relativa al comportamento peggiore, non per penalizzare la famiglia, ma perché tale
comportamento non è funzionale al raggiungimento dell’obiettivo del gioco, cioè giocare come una squadra. A ogni figlio viene attribuito un
punteggio individuale riportato in colonne separate, utilizzando la tabella per la codifica dell’interazione della fratria.

2.2.1.Setting e materiali
La stanza in cui avviene l’interazione dovrebbe essere ben illuminata, priva di rumori e distrazioni. È necessaria almeno una telecamera che
inquadri tutti i membri della famiglia e registri l’interazione, ed è inoltre opportuno che il somministratore possa osservare l’interazione mentre
essa avviene, tramite uno specchio unidirezionale.
I soggetti devono essere informati della presenza di cinepresa e dello specchio, ed è consigliabile dare ai figli alcuni minuti per familiarizzare
con l’ambiente. L’arredamento della stanza deve comprendere tre o più sedie, a seconda dei membri della famiglia, e un tavolo rotondo su cui
la famiglia possa attuare il compito.
I materiali a disposizione sono differenti a seconda del compito: nel caso in cui si giochi con le costruzioni, dovranno essere fornite una scatola
di lego di vari colori e forme con mattoncini di misure differenti a seconda dell’età dei bambini, e pupazzi che rappresentino personaggi e
animali.
Nel caso in cui si chieda di inventare una storia, si fornirà semplicemente penna e fogli di carta.

2.2.La consegna
È importante che le istruzioni siano standard, per escludere che le differenze di prestazione tra le famiglie siano dovute a una consegna poco
chiara. La scelta del compito da eseguire deve essere presa in anticipo, in modo da organizzare il setting, e oltre all’età dei figli, anche altre
particolari caratteristiche della famiglia, quali handicap, possono portare a scegliere un compito piuttosto che l’altro.
I membri della famiglia devono essere avvertiti che verranno osservati.
Il ricercatore dà la consegna standard e al termine di eventuali domande esce dalla stanza spiegando che osserverà, però non interverrà.
La sua assenza è importante perché la famiglia si senta a suo agio. Nel testo della consegna si fa riferimento a una durata complessiva
dell’interazione di 15-20 minuti; è indicativo per la diagnosi di alleanza familiare se la famiglia si attiene a questi parametri e soprattutto come
gestisce il tempo a disposizione nelle quattro parti. Per questo l’osservatore non deve intervenire, ma attendere che sia la famiglia a segnare il
termine dell’interazione; se la consegna è stata data correttamente, infatti, l’omissione di una qualunque parte è indicativa di una scelta della
famiglia e va pertanto valutata. È possibile, dopo aver osservato la difficoltà della famiglia, ricordare la consegna o proporre di effettu are le
parti mancanti, e se la famiglia accetta il suggerimento si codificherà anche questo.

2.3.Lettura funzionale e clinica


2.3.1.Resoconto narrativo
La lettura funzionale e clinica ha lo scopo di individuare il tipo di alleanza della famiglia sulla base delle qualità emerse dall’interazione; è
importante per dare una descrizione completa del gioco e la valutazione che ne emerge viene poi sostenuta dai dati raccolti attraverso la
lettura strutturale, meno soggettiva e più standardizzata.
Questo livello di lettura si avvale quindi di un resoconto narrativo del gioco e della sua preparazione. La descrizione narrativa distingue
l’interazione in eventi interattivi. Per ciascun evento l’osservatore esprime un giudizio sul raggiungimento dell’obiettivo considerando i
comportamenti verbali, non verbali e riferendosi al setting; si descrivono i dialoghi, i comportamenti non verbali, gli affetti, il risultato delle
azioni dei partecipanti, gli errori interattivi e le riparazioni seguendo i criteri della thick description di Ryle (modalità di descrizione dei fatti
che contestualizza l’azione, ne chiarisce il significato e ne traccia l’evoluzione).
La scheda per la lettura funzionale prevede una descrizione sintetica del setting e del materiale fornito per lo svolgimento del compito; è poi
prevista una descrizione sintetica dell’interazione stessa che richiede che vengano individuate le varie parti, la loro durata e le transizioni
dall’una all’altra.
La valutazione delle riparazioni (cioè la capacità dei partner di rimediare agli errori e adattarsi agli imprevisti) è un elemento importante della
descrizione narrativa dell’interazione.
Si chiede di descrivere l’errore e gli eventuali tentativi di riparazione messi in atto. Nella lettura strutturale viene poi riportato solo l’esito del
tentativo di riparazione, codificando il livello a cui si è arrivati. I criteri delle modalità di riparazione dell’LTPc sono:
-l’efficacia della riparazione,
-il numero di tentativi per effettuare la riparazione,
-quale sottosistema effettua la riparazione,
-il clima affettivo alla proposta di riparazione.
2.4.Lettura strutturale
In questa lettura la codifica avviene al termine di ogni parte del gioco, attraverso schede che richiedono una valutazione riassuntiva del
comportamento di ogni membro della famiglia rispetto alle quattro funzioni: partecipazione, organizzazione, attenzione focale e contatto
affettivo.
In ogni scheda i codici di comportamento per ogni soggetto sono mutualmente escludentisi poiché è possibile utilizzarne uno solo per
codificare il comportamento dell’individuo.
Le modalità di comportamento che ogni membro della famiglia può assumere sono state ordinate in una sequenza che va dal comportamento
più disfunzionale a quello più adatto per il raggiungimento della funzione. La codifica di ogni funzione rispecchia la valutazione del
comportamento di ciascun partner nella fase del gioco esaminata; è importante considerare che il fallimento di un membro in una funzione
può essere riparato nel corso della stessa parte di gioco, infatti la descrizione dell’errore la modalità di riparazione vengono riportati nella
lettura funzionale e clinica.

2.4.1.Partecipazione: sono tutti inclusi?


Implica la disponibilità di tutti i membri a prendere parte all’interazione, ma non si riferisce alla qualità dell’interazion e stessa.
La partecipazione non deve mutare con le transizioni tra le parti, ma deve essere mantenuta per tutta la durata dell’interazione; anche se
un’interruzione della coordinazione efficacemente riparata non compromette il raggiungimento di questa funzione.
L’indicatore più utile per questo livello è la posizione che ogni individuo assume rispetto agli altri: la prossemica è un comportamento non
verbale ritenuto indicativo perché deriva da regole socialmente condivise.
Non è però sufficiente osservare la disposizione nella stanza, ma è necessario anche fissare punti di riferimento derivanti dalla natura del
compito e della consegna; questi due fattori definiscono il campo interattivo in cui soggetto deve rimanere per partecipare all’attività condivisa.
Nel setting richiesto dal gioco congiunto il campo interattivo è costituito dal tavolo e dal cerchio di sedie e il punto di riferimento è il centro del
tavolo stesso.

2.4.2.Organizzazione: sono tutti nel proprio ruolo?


Il raggiungimento dell’organizzazione si basa sull’assunzione da parte di tutti i partecipanti di un ruolo coerente con:
a) il sottosistema a cui appartengono (strutturante o evolutivo),
b) le esigenze evolutive della fase che sta attraversando il nucleo familiare,
c) la consegna e le diverse parti del gioco.
É importante osservare la capacità dei singoli di assumere sia il ruolo attivo sia quello di osservatore, nel rispetto dei ruoli degli altri e dei propri
compiti. Questo livello deve essere mantenuto costante per ogni parte, tenendo presente che la transizione implica una ridefinizione
dell’organizzazione e quindi un cambiamento dei ruoli.
A questo livello è possibile rilevare una cooperazione tra i genitori, infatti le difficoltà nella coordinazione familiare sono spesso conseguenza di
un conflitto non negoziato nel sottosistema coniugale.
A questo livello gli item rispecchiano i comportamenti previsti a seconda del ruolo assunto da ciascun membro della famiglia nelle varie parti
del gioco, per cui è utilizzata una scheda differente per ogni parte, che comprende, oltre alle varie opzioni di codifica, la sintetica descrizione
dei ruoli attesi.
Quando sono presenti più figli ci si aspetta che il comportamento del genitore sia appropriato verso tutti i figli, nel caso in cui sia appropriato
verso un figlio e inappropriato verso l’altro, si attribuisce al genitore il punteggio più basso.
Il comportamento del genitore osservatore può essere codificato in quattro modi:
essere d’accordo e sostenere,
essere positivo e manifestare disaccordo,
sostituirsi all’altro genitore,
non essere coinvolto.
2.4.3.Attenzione focale: prestano tutti attenzione all’attività di gioco?
Il mantenimento di un focus comune è importante per la condivisione dei significati e degli affetti. La funzione dell’attenzione focale quindi
richiede una maggiore coordinazione alla famiglia, rispetto alle funzioni precedenti; non è importante solo che ognuno presti attenzione al
gioco, ma anche che l’attenzione di tutti sia focalizzata contemporaneamente sugli stessi elementi dell’interazione.
Per mantenimento del focus attentivo si intende non solo l’attenzione all’attività in corso, ma anche agli interventi degli altri, la coerenza dei
propri interventi con quelli altrui. Riguarda quindi la co-costruzione di una trama che mantenga una continuità.
Questa funzione è difficile da mantenere per tutta l’interazione, per cui non ci si aspetta che i membri della triade condividano l’attenzione
costantemente, ma che si presentino invece diversi episodi di focalizzazione intervallati da momenti di focus non coordinato.
Pertanto a questo livello è importante osservare se e come la famiglia riesce a fronteggiare e riparare ad errori interattivi.
È inoltre possibile che la famiglia presenti alti livelli di attenzione apparentemente focalizzata anche in casi in cui si osserva un alto livello di
competitività tra i genitori. Mantenere e catturare l’attenzione dei partecipanti, e soprattutto del figlio, è infatti indispensabile per ottenere la
direzione dell’attività. La differenza tra l’attenzione alla realizzazione di un gioco piacevole e quella rivolta al mantenimento del potere è dato
dalla condivisione del contenuto e della trama del gioco. Poiché non sempre è facile distinguere questi due tipi di attenzione, è importante far
riferimento al livello precedente dell’organizzazione, nel quale si codifica l’eventuale competizione genitoriale e tenere presente la consegna
data alla famiglia.
Sono considerati indicatori utili per stabilire l’attenzione del soggetto: la direzione dello sguardo, i contenuti della verbalizzazione e le azioni.
La coerenza tra questi elementi si verifica quando lo sguardo è diretto a un oggetto, o a una parte dello spazio in cui si svolge un’attività, o a
uno dei partecipanti; le verbalizzazioni riguardano l’oggetto o l’attività in corso; e le azioni sono volte a portare avanti l’attività.

2.4.4.Contatto affettivo: sono tutti in contatto?


Il contatto affettivo è la funzione che varia più nel tempo, perché richiede coordinazioni molto complesse. Non ci si aspetta dunque che la
famiglia dimostri per tutta la durata dell’interazione una costante sincronia emotiva, poiché gli episodi di sincronia sono di solito rari, ma, se i
membri della famiglia giocano realmente tutti insieme, emergeranno facilmente momenti di divertimento e soddisfazione condivisa che
testimoniano una certa intimità emotiva.
Per il raggiungimento di un appropriato calore emotivo è importante che ogni partner sia intenzionato a condividere le proprie emozioni
positive con tutti gli altri partecipanti al gioco, infatti nelle misure di codifica il livello approvato della funzione è raggiunto solo se i componenti
di condivisione emotiva sono reciproci tra tutti i partner.
È importante ricordare che la famiglia, soprattutto in un contesto clinico o di CTU, spesso ha un’aspettativa di valutazione che può ostacolare la
possibilità di divertirsi e potrebbe indurre un comportamento forzato.
A questo livello l’osservazione si concentra sulle espressioni del volto e sulla tonalità della voce, prestando attenzione allo scambio degli sguardi
e a comportamenti non verbali e verbali che veicolano la comunicazione degli affetti.
L’indicatore più importante di questo livello è la condivisione emotiva, che può avvenire tramite lo scambio di uno sguardo accompagnato da
un sorriso o da una smorfia sul volto di tutti i soggetti, in coincidenza di un particolare evento. Un altro tipo di condivisione emotiva può aversi
di fronte a un evento che uno dei partecipanti non riesce ad interpretare, rivolgendosi quindi a uno dei membri della famiglia per leggerne
l’espressione e utilizzarla per comprendere l’accaduto; tale comportamento viene chiamato riferimento sociale quando viene attuato dal
bambino verso il genitore.
Tra i coniugi possono esserci, indipendentemente dal ruolo che ciascuno ricopre nella parte in atto, sguardi e sorrisi che tes timoniano
complicità e condivisione dell’emozione e dei significati.
2.5.Procedura di codifica
La procedura di codifica si basa sulla visione della registrazione dell’interazione familiare da parte di un gruppo di giudici indipendenti (o 2
psicologi senior o 4 psicologi junior).
In un primo momento si osserva una volta l’interazione familiare nel suo insieme per delineare la durata di ogni parte e le transizioni,
successivamente si osserva almeno due volte l’interazione parte per parte e si procede alla codifica della lettura strutturale utilizzando le
tabelle differenziate per ogni parte del gioco e per ogni funzione.
Infine si osserva una volta l’interazione nel suo insieme per la codifica della lettura funzionale e clinica.
Per la lettura strutturale i giudici codificano indipendentemente e viene calcolato poi il grado di accordo; la lettura funzionale e clinica, cioè il
resoconto narrativo, viene compilata collegialmente dal gruppo di giudici.
Una volta terminata la procedura di osservazione e la codifica dei livelli di lettura, si procede alla diagnosi dell’alleanza familiare secondo una
serie di criteri.
Quando si utilizza questa procedura di codifica in un contesto clinico è preferibile che almeno alcuni osservatori non abbiano avuto contatti con
la famiglia, per non essere influenzati nella codifica da informazioni di altro tipo.

2.5.1.Calcolo dell’accordo ed elaborazione dei dati


Dopo la codifica indipendente della lettura strutturale e quella collegiale della lettura funzionale e clinica, i giudici procedono alla verifica
dell’accordo tra le codifiche della lettura strutturale fatte individualmente, e alla contrattazione dei disaccordi per giungere a una codifica
condivisa del comportamento di ogni singolo membro.
La valutazione dell’accordo tra i giudici serve per definire l’attendibilità della codifica finale.
Per giungere ad una diagnosi di alleanza familiare è necessario che gli osservatori arrivino ad una codifica unanime, per questo si procede a una
discussione relativa ai disaccordi e se non si arriva a un accordo si riesaminerà l’interazione più volte fino ad un parere condiviso.
Il calcolo dell’accordo viene fatto sulle codifiche indipendenti di tutti i giudici tramite:
a) la formula della percentuale d’accordo→ n. accordi/n.codifiche x 100;
b) l’indice k di Cohen→ k=Po-Pc/(1-Pc); dove Po è la percentuale di accordi osservata e Pc quella di accordi casuali.
Utilizzando l’indice k di Cohen, un valore al di sopra di 0,70 è considerato eccellente, e sotto 0,45 è considerato scarso.
Una volta raggiunto un buon accordo, si procede alla valutazione globale della triade, giudicando l’appropriatezza dell’interazione rispetto ad
ogni livello funzionale in ciascuna parte. La presentazione finale della codifica si avvale di tre tipi di tabelle:

1. La prima tabella serve per analizzare ogni parte separatamente, valutando il contributo individuale di ogni membro e la coordinazione dei
tre in ciascuna parte e per ogni funzione. Questa tabella viene compilata da tutti i giudici insieme aggiungendo il valore dell’accordo per ogni
punteggio.

2. La seconda tabella serve per analizzare ogni parte separatamente, ma attribuendo un punteggio globale alla triade rispetto a ogni
funzione. Viene compilata collegialmente sulla base dell’accordo precedente, commutando i punteggi individuali della prima tabella nel
seguente modo:
-se a uno o più membri viene attribuito punteggio 0 la funzione viene considerata non appropriata e il punteggio triadico finale sarà 0,
-se a uno dei membri viene attribuito punteggio 1 la funzione viene considerata parzialmente appropriata e il punteggio triadico finale sarà 1,
-se a tutti viene attribuito punteggio 2 la funzione viene considerata appropriata e il punteggio triadico finale sarà 2.
Oltre alla valutazione di ogni funzione, in questa tabella viene valutata l’appropriatezza della durata di ogni parte nel seguente modo:
-se la parte dura meno di 2 minuti o più di 10 viene valutata non appropriata (0),
-se la parte dura da 2 a 4 minuti o da 7 a 10 minuti viene valutata parzialmente appropriata (1) ,
-se la parte dura fra 4 e 7 minuti viene valutata appropriata (2).

3. Nella terza tabella si riassume la valutazione di ciascun livello funzionale e di ciascuna parte. Questa fornisce pertanto un giudizio sintetico
per ogni funzione e per ogni fase del gioco. Il punteggio totale finale è dato dalla somma dei quattro punteggi triadici ottenuti nelle quattro
parti.
2.6 Diagnosi di alleanza familiare
La diagnosi dell’alleanza familiare avviene al termine della procedura di codifica e dopo che è stato raggiunto un accordo tra gli osservatori;
deve essere fatta da uno psicologo esperto che sia in grado di integrare la codifica della lettura strutturale con i dati descrittivi della lettura
funzionale e clinica. La diagnosi finale, quindi, è composta da una valutazione categoriale dell’alleanza completata da una valutazione clinica
e descrittiva che sottolinei punti di forza e debolezza della famiglia.
Dalla codifica della procedura si ottiene un quadro di funzionalità/disfunzionalità dell’alleanza familiare.
Tenendo conto delle due letture, è possibile differenziare quattro tipologie di alleanza familiare lungo un continuum:
• Alleanza disturbata: quando cade la funzione della partecipazione, la trama narrativa è confusa e frammentata, le parti si susseguono
nell’ordine sbagliato o alcune non vengono affatto presentate, le transizioni sono caotiche;
• Alleanza collusiva: quando cade la funzione dell’organizzazione, c’è una trama narrativa poco chiara e frammentata in cui le transizioni
richiedono una lunga contrattazione oppure sono estremamente rigide;
• Alleanza in tensione: quando cade l’attenzione focale o il contatto affettivo ma la trama è nel complesso abbastanza chiara con transizioni
concordate dai partecipanti;
• Alleanza cooperativa: quando tutti livelli funzionali sono soddisfatti, la trama narrativa è chiara e il clima affettivo è positivo.

All’interno delle singole parti ogni livello funzionale è considerato soddisfatto quando tutti i componenti della famiglia ot tengono il punteggio
superiore della scheda. Trattandosi di una misura dell’interazione della triade intesa come sistema, è sufficiente che uno solo dei membri non
ottenga il punteggio superiore perché la funzione sia da considerarsi caduta per tutto il triangolo.
Il raggiungimento o meno di ogni livello funzionale è riportato nell’ultima tabella di codifica, e da essa si trae un punteggio relativo a ciascuna
funzione nell’intero gioco, che contribuisce alla formulazione della diagnosi insieme ai dati ricavati dalla lettura funzionale e clinica.
Infatti la caduta di un livello funzionale in una sola parte può avere un peso differente nella diagnosi finale a seconda che sia accompagnata da
una trama più o meno positiva nel gioco (per esempio la caduta del livello dell’organizzazione nella quarta parte potrebbe fa r propendere per
un’alleanza in tensione piuttosto che una collusiva, qualora la trama fosse chiara e il clima buono nelle precedenti parti).
È evidente, quindi, che a valutare l’alleanza familiare debba essere un clinico in grado di attribuire agli elementi raccolti con le due modalità di
lettura il giusto peso in considerazione del quadro globale emerso dalla somministrazione dello strumento. I livelli funziona li, come già detto,
seguono un ordine gerarchico, ma possono presentarsi eccezioni; in tali casi un’ipotesi esplicativa deve essere ricercata nella lettura clinica
dell’interazione.
3.APPLICAZIONI DEL LAUSANNE TRILOGUE PLAY CLINICO IN TERAPIA FAMILIARE
3.1.Introduzione
Nella terapia familiare l’inclusione di tutti i membri consente ai terapisti di osservare come ciascun membro contribuisce ai problemi e alla
crescita della famiglia. In questa prospettiva l’inclusione dei bambini risulta fondamentale per un processo di cambiamento n el sistema
familiare, e la tecnica più efficace per procedere su questa strada è il gioco.
Attraverso il gioco, sia nei bambini sia negli adulti, le difese diminuiscono e si raggiungono livelli più profondi di intera zione in cui la fantasia, la
metafora e i simboli possono emergere. Il gioco fornisce un mezzo di comunicazione sia diretta che indiretta che può comportare una
diminuzione dell’ansia relativa al setting terapeutico, un’interazione più spontanea, e che può attivare la creatività innata della famiglia.
Ciononostante, alcuni adulti possono mostrarsi resistenti a giocare; per questo è importante creare un periodo di “riscaldamento” per
consentire maggiore spontaneità.
Il gioco, pur essendo la prima modalità naturale di comunicazione usata dall’uomo, può mettere in dif ficoltà anche molti terapeuti, infatti,
quando il terapeuta sistemico utilizza il gioco, non deve necessariamente prendere in considerazione il significato simbolico emerso nel gioco,
bensì osservare le interazioni, i pattern relazionali e il contesto. Il processo del gioco richiede sensibilità allo spazio, intensità e timing,
cooperazione e una valutazione ragionevole della capacità del bambino. Per questo osservare un gioco familiare può fornire nu merose
indicazioni sulle modalità di funzionamento della famiglia stessa.
Il LTPc, così come è strutturato, consente di descrivere il funzionamento dell’unità familiare in base al grado di coordinazione ottenuto nel
lavorare insieme verso un obiettivo condiviso. La tecnica del video-replay permette inoltre un maggiore coinvolgimento emotivo della famiglia
stessa, e ha una doppia valenza poiché assolve alla funzione osservativa e alla funzione clinica della consultazione, permettendo alla famiglia di
condividere la valutazione dell’esperto, ma anche assolvendo alla funzione di risorsa evolutiva per la famiglia.

3.2.Ambiti di applicazione
Lo strumento risponde a diverse esigenze; è valido per una metodologia standardizzata di assessment in terapia familiare, e può essere
applicato in diversi ambiti che vanno al di là della terapia.
L’enfasi che il metodo di codifica pone non solo sui punti di rischio, ma soprattutto sulle risorse a livello familiare , ha importanti implicazioni per
l’utilizzo dell’LTPc nell’ambito della prevenzione.
Per esempio esistono casi in cui non è una patologia familiare a causare disagio, bensì situazioni peculiari, come la disabilità di un figlio.
In questo caso la possibilità di osservare e far osservare alla famiglia le qualità dell’interazione e le modalità di risoluzione congiunta dei compiti
può fornire uno strumento per mettere in risalto aspetti trascurati e non riconosciuti delle potenzialità del bambino.
Inoltre dove esistono situazioni di rischio in relazione all’assunzione del ruolo genitoriale (nel particolare gravidanze in cui il caregiver sia affetto
da malattia mentale), osservare i pattern relazionali e gli stati emotivi che con molta probabilità la famiglia metterà in atto una volta nato il
bambino, può aiutare i futuri genitori: a questo scopo si somministra il LTP prenatale, in cui tramite un gioco triadico con una bambola, si riesce
a comunicare a livello esperienziale ed emotivo con i futuri genitori e ad assisterli empaticamente nel consolidamento delle competenze
genitoriali. Questa metodologia potrebbe essere estesa a tutti coloro che affrontano il momento della nascita, ed in particolare potrebbe
essere rilevante l’adozione della procedura nei servizi per le persone che richiedono la procreazione assistita.
Infine va ricordata l’importanza che il LTPc può assumere nell’ambito del training professionale, poiché potenzia le abilità osservative e
aumenta la complessità della prospettiva di esame di una problematica tramite l’utilizzo dei due sistemi di codifica.
3.3.La ricerca con il LTPc nell’ambito della terapia familiare
Considerando l’importanza delle premesse teoriche relative alla terapia familiare, e all’inclusione dei bambini nella psicoterapia, e tenendo
conto dell’impatto che il LTP ha avuto sulla psicoterapia familiare, è nata l’esigenza di analizzare e sistematizzare tale tecnica in ambiti clinici
(terapia e CTU) e con diverse tipologie di famiglia, attraverso una procedura di ricerca.
Gli obiettivi generali della ricerca sono stati:
-Fornire un contributo alla definizione di procedure di osservazione diretta delle relazioni familiari, e alla definizione dei sistemi di codifica;
-Studiare una popolazione clinica rilevando la corrispondenza tra alleanze familiari e diverse forme di disturbi funzionali e psicopatologici;
-Promuovere la consulenza e la terapia familiare a orientamento sistemico-evolutivo per la prevenzione e la cura di diverse forme di
psicopatologia;
-Fornire un contributo agli studi sull’efficacia della psicoterapia con particolare attenzione all’alleanza terapeutica tra famiglia e psicoterapeuta.

3.3.1.Illustrazione di un caso
Nucleo familiare di tre persone composto da padre, madre e figlio di sette anni di nome Marco. La domanda di consulenza è der ivata dal fatto
che Marco ha iniziato a mostrare aggressività, iperattività e a volte si infila le dita in gola. In base alla descrizione fornita dei genitori, il
comportamento del bambino risponde ai criteri diagnostici del DSM-IV per il disturbo oppositivo provocatorio.
L’inserimento scolastico di Marco alla scuola dell’infanzia è stato regolare, ma alla scuola primaria si sono presentati i problemi riguardanti
soprattutto l’alimentazione, poiché il bambino non amava mangiare alla mensa della scuola, ma la maestra lo forzava provocandone spesso il
vomito. Entrambi i genitori affermano di prendersi cura di Marco e di aiutarlo nei compiti, ma la mamma, non lavorando, passa più tempo con il
figlio rispetto al padre.

3.3.1.4.Lettura funzionale e clinica


Il setting è costituito dalla stanza di terapia in cui si trovano alcune sedie, tre di esse attorno a un tavolo rotondo e altre quattro poste a cerchio
poco distante. Sul tavolo c’è una scatola di costruzioni lego, personaggi e animali, e dietro il tavolino si trova lo specchio unidirezionale.
Una telecamera collegata un videoregistratore riprende la scena. La consulente fa entrare la famiglia nella stanza, fa accomo dare i genitori sulle
sedie lontane dal tavolo, e avvia un colloquio dove comunica alla famiglia che si intende proporre un gioco per il quale è necessaria la
collaborazione di tutti. A questo punto spiega la consegna del LTPc, e alla conclusione di questa. la consulente chiede alla coppia di spostarsi
sulle sedie che circondano il tavolino.

0.0’: I Parte, 2+1 padre-bambino + madre: il padre aiuta Marco a sistemarsi sulla sedia, e senza consultare la madre inizia a prendere gli animali
dalla scatola. Il bambino chiede di che cosa abbiano parlato i genitori con la dottoressa poco prima, e il padre risponde evasivamente
proponendo di costruire una fattoria. Il genitore è molto attivo, e la madre resta protesa con il busto in avanti, osserva e fa un commento.
Il bambino la guarda ma non le risponde, poi si infila due dita in bocca e il padre gliele allontana (il tutto si ripete due volte).
Il gioco continua con il padre che cerca di attirare l’attenzione del figlio, ma cambiando molto rapidamente stimolo. Marco coglie poche
iniziative e i due non avviano una storia comune. La madre estrae alcuni pezzi della scatola e resta protesa in avanti tentan do una transizione.
(0.3’) Il padre guarda la moglie che fa un intervento verbale tentando di inserirsi e il bambino rivolge lo sguardo alla madre e poi di nuovo al
padre.

0.4’: TRANSIZIONE: II Parte, 2+1 madre-bambino + padre: il padre guarda la madre e la invita a continuare, ma mantiene la posizione delle
spalle protesi in avanti e interviene verbalmente provocando la reazione del figlio che attraverso parolacce prova a ricondurre il padre nel suo
ruolo. L’interazione tra madre e figlio tuttavia si apre bene e il bambino è più coinvolto, il padre osserva il gioco e propone di fare un recinto.
La madre risponde rivolta al figlio proponendo di fare una casetta e il figlio accetta, ma inizia innervosirsi.

0.6’: TRANSIZIONE: III Parte, 3 insieme: la transizione avviene nel momento di crisi, in cui il bambino continua a dire parolacce.
Il padre fa una nuova proposta, ma Marco si rifiuta di continuare a giocare, allora il padre propone di giocare tutti insieme e di fare il recinto
mentre il bambino sceglie gli animali. La madre propone a sua volta di costruire gli ostacoli, ma il bambino contin ua ad innervosirsi.
Il padre accetta la proposta della madre e il gioco di far saltare gli ostacoli agli animali inizia. Marco si orienta verso la madre e la propone di
fare una lotta tra gli animali. Il padre viene escluso dal gioco, ma interviene inserendo un personaggio e chiedendo di fare amicizia, cambiando
così la connotazione affettiva del gioco. Il figlio rifiuta il suo intervento, ma la moglie tenta l’inclusione del marito proponendo che ciascuno
scelga un animale. Il figlio protesta un po’, ma poi sceglie per se alcuni animali e ne concede alcuni anche al padre, iniziando nuovamente una
lotta con la madre. I genitori in questa fase animando il gioco riescono a riparare i fallimenti interattivi.

0.11’ TRANSIZIONE: IV Parte, 2+1 madre-padre + bambino: la madre si volge al padre domandandogli cosa ne pensa del gioco, il marito inizia a
rispondere ma il bambino protesta per ottenere l’attenzione della madre , che si rivolge di nuovo a lui accettando di giocare. Un minuto dopo il
padre si rivolge alla madre proponendo un argomento di gestione della casa, che non interessa il bambino. Marco si mette a urlare, si alza e si
allontana, poi torna e urlando e toccando la madre la fa voltare. Il padre tenta ancora di parlare con la moglie, scatenando di nuovo il
nervosismo del figlio che tira un giocattolo, piagnucola e si allontana. Il figlio mostra difficoltà nel lasciare che il sottosistema genitoriale stia da
solo. Da qui si può ipotizzare che esiste una problematica che fa vivere il bambino in uno stato di continua tensione. Il figlio, nell’esecuzione del
gioco, in particolare in seguito a momenti in cui il papà risultava troppo intrusivo e la mamma disfunzionale nell’interazion e, ha presentato i
sintomi del dire parolacce e mettersi le dita in gola, entrambi superati con contenimento o riparazione da parte dei genitori.
0.23’ la consulenza entra nella stanza e il gioco è interrotto.
3.3.1.5.Lettura strutturale
3.3.1.6.Diagnosi di alleanza familiare
Attraverso l’analisi della struttura del gioco è stato possibile rilevare un’alleanza familiare di tipo collusivo. Diversi elementi a sostegno di questa
diagnosi sono:
-il fatto che il padre cominci il gioco senza consultare la madre,
-a livello di partecipazione tutti orientano il corpo verso gli altri e verso il compito,
-a livello di organizzazione il padre è molto attivo, iperstimolando il figlio che si oppone, la diade non riesce ad avviare u na storia comune e la
madre rimane protesa nel campo interattivo, tentando di inserirsi nel gioco,
-a livello di attenzione focale il padre esprime incongruità tra sguardo, verbalizzazioni e azioni, la madre è maggiormente co ngrua, ma il figlio
non presta attenzione alle attività intraprese dal padre,
-a livello di contatto affettivo si evidenzia espressione di emozioni positive in maniera forzata da parte del padre e una marcata ostilità da parte
del bambino,
-prima transizione, la madre cerca di inserirsi nel gioco, ma solo dopo un altro minuto il marito, pur mantenendosi proteso con le spalle in
avanti, consegna la parte alla moglie,
-nella parte madre-bambino+padre, il bambino è più coinvolto, ma il clima affettivo è comunque caratterizzato da un senso di progressiva
tensione,
-seconda transizione, il padre fa una nuova proposta e interrompe il gioco tra madre e figlio avviando il tre insieme,
-il gioco continua con le stesse caratteristiche di prima: scarsa organizzazione, attenzione focale e contatto affettivo ostile e negativo,
-terza transizione, la madre si rivolge al padre e gli chiede cosa ne pensa del gioco, ha inizio la parte madre -padre+bambino,
-nella quarta parte i genitori non riescono a parlarsi, il figlio non tollera l’esclusione dalla madre, diventando ostile soprattutto contro il padre.

3.3.1.7.Discussione del caso


Tramite l’analisi strutturale è stato possibile evidenziare ridondanze nelle interazioni tra i membri e un’alleanza tra madre e figlio contro il
padre. L’atmosfera emotiva è di forte tensione ma non si manifesta mai esplicitamente a livello verbale, poiché c’è una tendenza ad agire
riducendo al minimo i tempi di attesa. Dalle informazioni emergenti è possibile ipotizzare che le difficoltà di questo sistem a siano riconducibili a
uno stallo di coppia. Dopo il LTPc, è stato possibile intraprendere delle sedute di terapia familiare: dalle informazioni emergenti si è ipotizzato
che i genitori siano incastrati in un gioco relazionale teso all’evitamento dell’escalation e perciò all’impossibilità della separazione o della
risoluzione. A proposito di ciò va ricordato che nella storia della coppia, alla nascita di Marco, di fronte all’insolubilità di una crisi insorta tra le
due famiglie di origine, nessuno dei coniugi ha elaborato la conflittualità, ma entrambi hanno proposto come risoluzione la rottura de i legami
con la famiglia di origine e l’inserimento della coppia in un gruppo cattolico, dirottando l’attenzione dall’intimità all’interno della coppia alla
condivisione di emozioni e attività nella comunità.

3.3.1.8.Il processo terapeutico


Quanto emerso con il LTPc ha consentito di avviare un intervento terapeutico rivolto alla coppia. Il primo passo è stato rivedere insieme il video
(video-replay), che ha permesso ai genitori di concordare con i terapeuti un contratto che prevede alcune sedute alle quali parteciperà sempre
il bambino, con l’obiettivo di lavorare sulla coordinazione tra i genitori per trasformare la competizione escludente in collaborazione.
Gli interventi strutturati hanno rappresentato solo una strategia di entrata nel sistema, che ha permesso ai terapeuti di esplorare il conflitto tra
i genitori. In quarta seduta la moglie decide di sfidare lo stile di evitamento del marito e di raccontare l’evento traumatico del conflitto avvenuto
quando il bambino era piccolo, che aveva coinvolto le famiglie di origine. Da questo momento l’alleanza di lavoro tra genitori e terapeuti è
divenuta collaborativa e Marco ha progressivamente potuto contare sul sostegno dei genitori. In un anno di lavoro Marco ha abbandonato i
sintomi ed è maturato nel rapporto con i pari.

3.3.2.Vantaggi e limiti dello strumento


L’analisi del caso offre la possibilità di mettere in luce i vantaggi dello strumento, fra cui:
-il fatto che in 20 minuti è stato possibile avere una descrizione del funzionamento familiare,
-la possibilità di valutare l’efficacia dell’intervento, essendo il LTPc uno strumento standardizzato,
-la possibilità di rilevare l’accordo tra i giudici indipendenti,
-la possibilità di osservare l’osservazione ludica da diversi punti di vista e fornire, quindi, informazioni sia a livello internazionale sia
rappresentazionale,
-la possibilità di autovalutazione attraverso il video-feedback.
Sono però riscontrabili anche alcuni limiti nella procedura:
-la necessità di un tempo lungo per la codifica,
-la necessità della presenza di almeno due giudici esperti,
-la necessità di un periodo di training per poter applicare lo strumento,
-il fatto che la codifica sia standardizzata solo per i punteggi a livello di comportamenti osservabili, e che quindi non preveda regole per il livello
della rappresentazione dei contenuti nel corso del gioco al di là dell’esperienza clinica.
3.4 Conclusioni
Il LTPc è uno strumento di notevole importanza nel contesto di un approccio teorico e clinico, in quanto le interazioni familiari inf luiscono sulle
dimensioni del carattere di ciascun individuo, per la differenziazione e la costruzione del sé e per lo sviluppo de lla consapevolezza intenzionale
(capacità che consente di essere consapevoli di sé stessi, degli altri e delle relazioni tra sé e gli altri, cioè l’intersoggettività).
L’intersoggettività è indissolubilmente associata all’interazione, perciò la codifica delle osservazioni durante il gioco appare sensibile
nell’individuazione delle configurazioni relazionali più problematiche , e consente una porta di accesso per la valutazione clinica.
Ancora più importante è che la famiglia si renda parte attiva del processo, facilitando la creazione dell’alleanza terapeutica.
Quando si lavora con i bambini è fondamentale partire dal contesto familiare, ai genitori va riconosciuta la propria funzione, per aiutarli a
riscoprire le proprie capacità genitoriali. Attraverso la condivisione delle osservazioni con il terapeuta, i genitori possono riacquisire
autorevolezza e speranza: la co-partecipazione al processo terapeuticoo limita il rischio di designare il bambino come colpevole e rinforza le
competenze genitoriali promuovendo l’alleanza.
4.APPLICAZIONI DEL LAUSANNE TRILOGUE PLAY CLINICO NELLE CONSULENZE TECNICHE D’UFFICIO
4.1.Introduzione
In ambito psicologico è stato evidenziato quanto la famiglia possa assolvere a molteplici ruoli e funzioni per un adeguato sviluppo dei suoi
membri e possa prevenire o amplificare il rischio psicosociale dei soggetti in età evolutiva. La questione diventa ancora più complessa quando
le famiglie entrano in contatto con il sistema giudiziario, come succede per esempio per le famiglie multiproblematiche, ovvero per:
-le famiglie in cui uno o più componenti sono affetti da grave malattia fisica o psichica;
-le famiglie disfunzionali in cui è stata rilevata una non idoneità nel compiere le funzioni di allevamento del minore;
-le famiglie che scelgono di modificare la loro composizione attraverso l’affido etero-familiare, l’adozione o la separazione coniugale.
La necessità di integrare categorie giuridiche e categorie psicologiche per la tutela del minore ha dato origine al tentativo di strutturare
metodologie e procedure di intervento integrate, focalizzate sugli aspetti relazionali delle diverse situazioni.
La LTPc può trovare diverse applicazioni in questo settore di interventi, come nel contesto della selezione delle coppie per i procedimenti
relativi all’adozione.
Altro ambito di applicazione potrebbe essere quello degli spazi neutri, che hanno come obiettivo la ricostruzione della relazione parentale
funzionale, e che vengono proposti nei casi in cui la relazione si è interrotta: in situazioni di separazione gravemente conflittuale, dove c’è il
rifiuto del rapporto con l’altro, e in situazioni in cui è necessario il recupero del rapporto del bambino con i genitori naturali.
Questa procedura potrebbe essere utilizzata anche nelle situazioni di mediazione familiare, definita come un percorso per la riorganizzazione
delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione: in un contesto strutturato il mediatore, come terzo neutrale, si adopera affinché i
genitori elaborino un programma di separazione soddisfacente per sé e per i figli, in cui possono esercitare la comune respon sabilità
genitoriale, dove il conflitto è meno distruttivo. La mediazione familiare è quindi un intervento alternativo al contesto giudiziario, volto a
promuovere le risorse e le competenze dei genitori per prevenire il disagio dei minori.

4.2 Le famiglie separate: aspetti psicologici e giuridici


La rottura di un legame affettivo è da collegarsi a stati di profondo disagio e sofferenza sia a livello individuale che relazionale.
Le famiglie separate mostrano in una certa percentuale di casi difficoltà tali nel riorganizzare le relazioni da dover ricorrere al Tribunale.
Nelle separazioni giudiziarie il conflitto è agito e la componente emotiva e affettiva è tale che il giudice può ricorrere ad un esperto psicologico
(psicologo clinico o neuropsichiatra) per una Consulenza Tecnica d’Ufficio. Il consulente è considerato un ausiliario del giudice, che da esperto
assiste il giudice nei suoi compiti di acquisizione e valutazione delle prove. L’obiettivo diagnostico è focalizzato sullo st udio dei rapporti
interpersonali tra i membri della famiglia.
I cambiamenti avvenuti a livello legislativo hanno portato all’affermarsi del principio della tutela del minore, mentre quelli in campo psicologico
hanno determinato un aumento dell’importanza attribuita alla relazione e all’ambiente affettivo del bambino.
La connotazione psicologica clinica assunta dalla Consulenza Tecnica d’Ufficio ha implicato uno spostamento di attenzione dalle caratteristiche
di personalità dei singoli alle relazioni interpersonali e alla salvaguardia dei rapporti del minore con entrambi i genitori.
Il giudice chiede all’esperto di valutare le relazioni tra il minore e ciascuno dei genitori, le caratteristiche di personalità di costoro, e di
individuare le modalità di affidamento per tutelare l’interesse del minore, salvaguardando il principio dell’accesso dei figli a entrambi i genitori.
Diventa dunque essenziale per lo psicologo clinico l’osservazione delle dinamiche relazionali familiari con l’adozione di sistemi di valutazione
che vadano oltre l’analisi delle singole relazioni diadiche genitore-figlio, insufficienti a dare indicazioni sul processo di riorganizzazione delle
relazioni familiari relative alla persistenza di un “noi” familiare anche dopo la separazione.
4.3 La consulenza come metodo clinico: strumenti e procedure di valutazione
Nel caso di famiglie separate, esiste una specifica metodologia semistrutturata per la conduzione della Consulenza Tecnica d’Ufficio.
La CTU inizia con un colloquio congiunto con gli ex coniugi in cui il consulente contestualizza l’intervento cercando di spiegare che l’obiettivo è
quello di non colludere con la logica giudiziaria vincente-perdente. Di fronte a coniugi che esplicitano la propria conflittualità coniugale tramite
il contenzioso sui figli si attua un richiamo alla comune responsabilità genitoriale.
Nel corso del colloquio si raccolgono elementi sulla storia, sui ruoli e sui vissuti familiari relativi alla coppia; si indaga inoltre sull’impegno
genitoriale individuale prima e dopo la separazione; infine si raccolgono informazioni sull’attuale organizzazione della famiglia separata.
In una seconda fase vengono attuati i colloqui individuali per raccogliere informazioni sulla storia dei singoli partner. Il consulente può decidere
di effettuare un’indagine psicodiagnostica con specifici reattivi (test di Rorschach, test grafici, MMPI…), non per effettuare una valutazione
psichiatrica, ma una valutazione clinica di tipo relazionale.
Si procede poi a un incontro con tutta la famiglia, in cui si predispone un setting adeguato per osservare le relazioni familiari, focalizzando
l’attenzione sulle relazioni genitori-figli. E’ in questa che viene utilizzato il LTPc, tramite cui è possibile osservare la capacità di cooperare della
famiglia. La cooperazione e la coordinazione hanno un alto valore predittivo della funzionalità dell’unità familiare.
La funzionalità familiare può essere valutata dai modelli transazionali della famiglia, dalla loro flessibilità e dal modo in cui la famiglia ne
propone di alternativi in caso di difficoltà. Ciò che è importante osservare è come la famiglia propone di riparare i momenti disfunzionali
dell’interazione. Osservare come i partner tentano di ristabilire un clima di cooperazione dopo un fallimento nella regolazione dell’interazione
dà molte informazioni su come la famiglia affronta le difficoltà interattive.
Gli errori e le riparazioni solitamente avvengono nei momenti di transizione; in generale il modo in cui la famiglia si comporta durante una
transizione costituisce una metafora di come la famiglia affronta i momenti di transizione che incontra nel suo ciclo di vita. Nel caso di famiglie
separate, può fornire informazioni relative alla capacità della famiglia in esame di riorganizzarsi in maniera funzionale dopo l’evento separativo.
Dopo questa fase, il consulente ha acquistato un quadro complessivo delle dinamiche della famiglia e del suo livello di funzionalità, che può
essere posizionato lungo un continuum di funzionalità-disfunzionalità.
Se il figlio ha compiuto almeno sei anni, si può effettuare un colloquio individuale con il minore, e per preservare gli spazi fisici e mentali in cui il
minore vive, si può effettuare una visita domiciliare nel suo ambiente.
Nella fase conclusiva si effettua un colloquio congiunto con le parti per individuare strategie e obiettivi educativi condivisi.
Il CTU può inoltre proporre un follow-up dopo sei mesi per verificare l’esito degli accordi stabiliti in merito in merito al regime di affidamento.

4.4.La valutazione della funzionalità della famiglia separata


Il LTPc dando una lettura della complessità delle relazioni co-parentali e intergenerazionali risponde ai quesiti posti dal giudice dando una
lettura della complessità delle relazioni coparentali e intergenerazionali. Il pensiero che ha guidato la costruzione e l’applicazione di questa
procedura nell’ambito della CTU è che gli schemi interattivi messi in atto durante l’osservazione sono gli stessi che la famiglia utilizza nelle varie
forme di contatto, e soprattutto quando i figli “passano” dall’uno all’altro genitore. La modalità scelta dalla famiglia nel gestire la partecip azione
al gioco, la distribuzione dei ruoli, l’attenzione sul gioco e sull’interazione, la condivisione emotiva attraverso lo sguardo, la postura e il
linguaggio verbale, è una metafora delle soluzioni concrete ed emotive che i componenti della famiglia separata hanno trovato per continuare a
rapportarsi in modo più o meno cooperativo.
Uno dei presupposti alla base del LTPc è che attraverso l’osservazione dei comportamenti si possa accedere al livello dell’intersoggettività,
ovvero alle intenzioni, ai sentimenti e ai significati che sono espressi nelle relazioni della famiglia.
Il gioco triadico genitori-figli, in sintesi, ci fornisce la chiave d’accesso alla funzionalità e disfunzionalità della famiglia, che, anche in una
condizione di separazione, può raggiungere l’obiettivo della condivisione e risultare cooperativa.

4.5 Le famiglie osservate in CTU: diversi percorsi di intervento


Rispetto alla tipologia di alleanza, difficilmente il consulente tecnico d’ufficio potrà osservare famiglie con alleanza cooperativa.
Il CTU si troverà frequentemente di fronte a due tipologie familiari disfunzionali:
nel primo caso le famiglie non sono in grado di coordinarsi a livello dell’organizzazione e gli ex-coniugi mostrano difficoltà a stare nel proprio
ruolo e a rispettare quello dell’altro (alleanze collusive). La competizione è la caratteristica peculiare dell’interazione e il figlio viene coinvolto
nel conflitto tra i genitori. In questo caso si dovrà prestare attenzione alle singole fasi del gioco, in modo da capire qual è il sistema privilegiato
su cui attuare l’intervento. Di solito la quarta fase è quella più critica, poiché viene chiesto di interagire direttamente t ra loro ai genitori, che
sono coinvolti a livello coniugale (esplicito) e a livello genitoriale (implicito), senza l’aiuto di un terzo. Un obiettivo della consulenza tecnica
potrebbe essere quindi aiutare le famiglie a ritrovare forme di comunicazione diretta e a riappropriarsi delle proprie competenze decisionali.
In un’altra situazione il CTU potrebbe trovarsi in presenza di una famiglia in cui un genitore occupa tutto lo spazio del gioco, non cedendo mai il
proprio ruolo, oppure di un genitore che compete in modo manifesto con l’altro anche quando dovrebbe fare l’osservatore; spesso si tratta del
genitore affidatario, che sembra avere l’obiettivo di dimostrare la sua abilità come genitore di serie A , a discapito dell’altro genitore ritenuto
incompetente e inadeguato. In questo caso il lavoro è volto a progettare interventi che facilitino un’adeguata organizzazione dei ruoli e
rafforzino il legame tra genitore non affidatario e figlio.
Infine, nel caso di famiglie gravemente disfunzionali, non è garantita neanche la partecipazione di tutti membri alla procedura, e la
disorganizzazione si associa alla presenza di messaggi paradossali (alleanze disturbate). In questi casi la patologia potrebbe manifestarsi a
livello relazionale, ovvero essere legata alla persistenza di forti meccanismi di collusione irrisolti, in cui i figli sono ampiamente coinvolti.
In questi casi il clinico può trovarsi di fronte a situazioni gravi, dove un figlio rifiuta di incontrare uno dei genitori, spesso su sollecitazione
dell’altro, e il genitore rifiutato si ritira perché non tollera la frustrazione. La modalità di triangolazione è sicuramente disfunzionale, e il figlio
appare coinvolto in una coalizione intergenerazionale. Il CTO dovrà quindi lavorare per un recupero del rapporto tra il figlio e il genitore non
affidatario, con interventi di terapia individuale e di spazio neutro genitori-figli prima di una mediazione familiare.
4.6.Esemplificazioni cliniche
La famiglia M. è stata osservata nel corso di una consulenza tecnica d’ufficio stabilita dal giudice per decidere in relazion e al regime di
affidamento e visita del minore. L’intervento è stato chiesto dal marito, Carlo, in quanto la moglie Maria, dopo la nascita del figlio, ha iniziato ad
isolarsi chiudendosi in una relazione simbiotica con il bambino, che non ha lasciato accesso né al padre né ad altri membri della famiglia.
Il signor Carlo non ho più avuto accesso alla moglie e al figlio, in quanto gli veniva impedito di entrare in casa. Dall’anamnesi, appare che Maria
aveva subito un lutto prima della gravidanza, che non è stato elaborato e ha determinato un atteggiamento di chiusura e isolamento che è
perdurato. Il consulente d’ufficio ha deciso di effettuare un trattamento sanitario obbligatorio e la signora è stata ricoverata con diagnosi di
depressione maggiore. A questo punto il signor Carlo ha assunto un ruolo attivo nel supporto e nel sostegno della moglie, anche attraverso
l’attivazione di una rete sociale familiare; dopo il TSO Maria ha continuato a curarsi in una clinica specialistica e in questo periodo il padre si è
preso cura del figlio Giacomo. Entrambi hanno mantenuto contatti con Maria, e terminato il ricovero hanno trascorso un periodo di vacanze
insieme. Al termine delle vacanze la coppia ha ripreso l’iter consulenziale e dopo un incontro congiunto, la consulente ha pr oposto la procedura
LTPc per valutare gli ambiti di competenza e le problematiche della famiglia. La stanza in cui è stata svolta l’osservazione è allestita per la
consegna del gioco con le costruzioni.

4.6.1.Lettura funzionale e clinica


Carlo invita Maria ad iniziare il gioco, lei sembra accettare, ma dopo pochi secondi spinge il marito ad iniziare. Il padre si avvicina e gioca con il
bambino invitandolo ad osservare i lego, la madre rimane con il busto nel campo interattivo sfogliando un opuscolo illustrativo lego.
Il bambino accetta l’invito e si coinvolge, e dopo un po’ la madre sposta alcuni pezzi e fa alcuni commenti inserendosi nel discorso.
Ciononostante padre e figlio continuano nel gioco. Dopo un minuto la madre interviene ricordando un episodio al bambino e insiste nel voler
posizionare dei pezzi. Padre e figlio continuano la loro interazione, ma all’ennesima interruzione della madre il padre si alza, prende la scatola
delle costruzioni e la avvicina a sé definendo il campo interattivo. Dopo 4 minuti e 50, ad un ennesimo intervento, Carlo si sposta cedendo il
ruolo con una transizione fluida. Il clima emotivo è sereno e gli errori interattivi della madre sono riparati in maniera efficace dal padre.
Nella seconda parte Maria diventa attiva e aiuta il bambino. Carlo resta in posizione di osservatore e poi si avv icina e si coinvolge nel gioco.
Anche in questo caso il clima affettivo è sereno e la transizione avviene in modo funzionale dopo 7 minuti e 30 secondi.
Maria cerca di introdurre il marito nel gioco e prendendo spunto da esso rievoca un ricordo comune. I genitori si guardano sorridendo e
coinvolgono Giacomo creando un momento di condivisione affettiva positiva. Nel corso di questa fase i genitori si alternano in modo non
competitivo. Dopo 5 minuti (a 12 minuti dall’inizio della procedura) il padre si sposta col busto e richiama attenzione della moglie invitandola
ad effettuare l’ultima parte. Nei primi momenti il bambino continua a ricercare l’attenzione dei genitori, ma poi continua a giocare da solo
accettando l’esclusione.
4.6.2.Lettura strutturale

Alla codifica strutturale la famiglia ottiene il punteggio 38 su 40, indice di un’alleanza funzionale. Gli errori interattivi sono riparati
efficacemente. Il CTU si conclude con la decisione dei genitori di vivere insieme e di interrompere il processo di separazion e.

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