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Psicologia dell’adolescenza tra sfide e compiti evolutivi

Tutti gli individui sono stati adolescenti, tutti hanno vissuto il periodo dell’adolescenza. Gli studi
sull’adolescenza hanno comportato la formazione di pregiudizi, ovvero il fatto che l’adolescenza sia:
• Una patologia;
• Una fase di rottura;
• Una fase della vita vissuta fuori dalla famiglia, un allontanamento dalla famiglia;
• Qualcosa di uguale per tutti;
• Un periodo pericoloso.
Per diverse famiglie l’adolescenza è fonte di ansia e preoccupazioni, poiché secondo alcuni
pregiudizi, in questa fase molti adolescenti vanno fuori di testa, possono frequentare cattive
compagnie e mettere in atto comportamenti a rischio.
Durante l’adolescenza aumenta la trasgressività che è una forma di manifestazione della ricerca
dell’autonomia dall’adulto e possono aumentare anche i comportamenti a rischio, un bambino a
differenza di un adolescente esce quando vogliono i genitori, viene controllato, mentre
l’adolescente esce da solo e non è possibile controllarlo fino in fondo, questo potrebbe essere una
fonte di pericolo, ma non per questo bisogno impedire ad un ragazzo di cambiare, crescere, infatti
se il sistema-famiglia non consente il cambiamento si verifica una cristallizzazione negativa.
Inoltre, si sostiene che l’adolescenza sia una fase di rottura, una seconda nascita, poiché in questa
fase, la linearità dello sviluppo che aveva avuto fino a quel momento si perde e questo viene
bloccato, si rompono gli equilibri e quindi è come se nascesse una nuova persona. Durante
l’adolescenza si verificano dei cambiamenti e dei processi evolutivi, anche nel corpo e comportano
una rottura dell’equilibrio, anche coni genitori.
Gli studi hanno dimostrato che non si tratta di un’età di rottura, ma l’adolescenza è un’età di
transizione, caratterizzata da cambiamenti che avvengono in modo graduale, attraverso continue
negoziazioni. Nella cultura di oggi, le famiglie sono protettive e meno espulsive e tendono a
contenere i cambiamenti.
Tutti i pregiudizi hanno una base teorica, ovvero:
1. Anna Freud definì l’adolescenza come una patologia;
2. Stanley Hall, introdusse il concetto di seconda nascita, come una fase di cambiamento
radicale. L’adolescenza viene vista come una fase di rottura che comporta un
allontanamento dalla famiglia, in realtà non lasciano la famiglia, continuano a conviverci ma
rivendicando autonomia e indipendenza. Oggi gli adolescenti ed anche i giovani adulti
continuano a vivere nella famiglia che accetta i loro bisogni di autonomia. Dunque, anche se
c’è un bisogno di distanziamento dalla famiglia, questo processo avviene all’interno della
famiglia.
È necessario prendere in considerazione i cambiamenti sociali e culturale, poiché ai tempi di
Stanley Hall e Anna Freud, le famiglie erano espulsive e favorivano il distanziamento dei figli.
Successivamente tra la prima metà e la seconda metà del 20 secolo, le famiglie sono diventate più
accoglienti, affettive, sempre meno autoritarie, formando così degli ambienti protettivi per gli
adolescenti.
Se i cambiamenti della cultura e della società hanno un impatto sui processi dell’adolescenza, allora
è possibile affermare che l’adolescenza non è uguale per tutti. Secondo Stanley Hall l'adolescenza è
un fenomeno universale secondo Stanley Hall. Quest’idea venne messa in crisi da Margaret Mead,
la quale realizzò uno dei primi studi con il metodo etnografico, sulle isole di Samoa, affermando che
su queste isole gli adolescenti vivevano questa fase in modo molto diverso. Dunque, l’autrice
descrive l’adolescenza come un fenomeno culturalmente e socialmente determinato.
Adolescenza o adolescente
Esistono tanti tipi di adolescenze, che variano in base alle differenze interindividuali ed al
significato che i cambiamenti hanno per ogni adolescente. Le adolescenze differiscono da
individuo a individuo, da cultura a cultura e da società a società, da generazione in generazione.
Dunque, l’adolescenza:
1. Non è una patologia, ma si verificano diverse perturbazioni che possono anche diventare delle
patologie, se il processo di rimentalizzazione del corpo non avviene correttamente;
2. non è una seconda nascita ma è un’età di transazione in cui i cambiamenti avvengono in modo
graduale;
3. È una fase in cui l’adolescente deve trovare equilibrio tra dipendenza e autonomia dalla famiglia,
dal momento che il bisogno di autonomia e dipendenza sono compresenti;
4. Non è un qualcosa di uguale per tutti, non è un percorso universale ma individuale e che risente
molto dell’influenza della cultura, società.
5. Non è corretto dire che l’adolescenza è pericolosa, l’adolescenza implica delle perturbazioni che
possono essere un rischio per il piano psico-sociale, perché possono dare luogo a patologie o
comportamenti violenti e trasgressivi.
Adolescenza o adolescente
Esistono tanti tipi di adolescenze, che variano in base alle differenze interindividuali ed al
significato che i cambiamenti hanno per ogni adolescente. Le adolescenze differiscono da
individuo a individuo, da cultura a cultura e da società a società, da generazione in generazione.
Lo studio scientifico dell’adolescenza ha avuto inizio verso la fine dell’800 ed afferma che:
• Bisogna parlare di adolescenze data la pluralità di manifestazioni di questa fase;
• L’adolescenza è una categoria a sé, ma per molto tempo si faceva riferimento a due categorie:
infanzia e età adulta. L’interesse nei confronti di questa fase della vita nasce alla fine dell’800 con
Stanley Hall. Dal punto di vista sociale l’attenzione nei confronti dell’adolescenza è emersa
quando si è verificato il passaggio tra le società, più semplici, meno organizzate dal punto di vista
lavorativo, ovvero dalle società contadino a società più organizzate, ovvero le prime società in cui
il lavoro era diventato più complesso. Questo ha posto l’attenzione su una fase preparatoria al
diventare adulti, che inizialmente riguardava solamente il mondo del lavoro, poi anche diverse
aree della vita.
• Per quanto riguarda la durata dell’adolescenza:
− questa iniziava con la pubertà verso i 10-11-12 anni;
− mentre riguardo la fine dell’adolescenza:
1. secondo Freud finiva quando vi era l’amore e lavoro;
2. secondo Erikson, questa ha fine quando l’individuo dopo l’esplorazione si impegna nella
relazione di tipo affettivo e in un’attività;
3. Secondo Palmonari, questa finiva quando i gruppi dei pari perdono d’interesse, ma non significa
che l’individuo non abbia più amici, continua ad avere amici, ma coltiva l’amicizia in modo
diverso;
4. È stato detto che l’adolescenza finisce nel momento in cui l’individuo raggiunge l’autonomia nei
confronti degli adulti.
Non è possibile definire la fine dell’adolescenza poichè vi sono delle differenze tra individuo e
individuo. Dunque, bisogna tener conto dei diversi criteri, come: l’autonomia, un modo diverso di
vivere le relazioni con i pari.
Riguardo l’età con il verificarsi dei cambiamenti nelle famiglie, nelle società, si è verificata una
dilatazione del periodo dell’adolescenza, fino a parlare di adolescenza anche nei giovani adulti 20-
21-22, inoltre si è formato anche il concetto di Emerging adulthood, che descrive una fascia di età
in cui si è giovani, non si è adolescenti e né del tutto adulti e secondo questo concetto l'aumento
del periodo di adolescenza si è verificato perché si è allungato il percorso formativo, quando si
tratta di ragazzi che studiano all’università non si parla di adolescenza ma di adultità emergente o
adolescenza lunga del giovane adulto.
L’adolescenza si sta dilatando anche verso il basso, ovvero non ha più inizio con la pubertà, poiché
alcuni atteggiamenti sono già presenti in bambini e questo è dovuto all’impatto che la società
costumistica, che pur di ampliare le vendite, molti oggetti tipicamente legati al mondo
adolescenziale vengono promossi in età precoce.
I modelli di studio dell’adolescenza:
1. Il modello psicobiologico di Stanley Hall, il quale ha elaborato un manuale che ha trattato diversi
aspetti dell’adolescenza, utilizzando questionari. Questo modello venne elaborato in epoca
positivista, caratterizzata dall’entusiasmo nei confronti delle scienze i cui metodi potevano essere
applicate anche alle scienze umane. Secondo questo modello la pubertà è fondamentale poichè
consente la nascita dell’adolescenza. Si chiama modello psicobiologico perché è un approccio
evoluzionistico, poiché nel suo manuale Hall sostiene che l’adolescenza è:
• una fase dello sviluppo, che si verifica tra l’infanzia e l’età adulta. L'adolescenza iniziava dopo la
pubertà, definita come una fase di rottura, ovvero una rinascita, poiché comportava un
rinnovamento totale dell’individuo da tutti i punti di vita.
• caratterizzata dall’ontogenesi ovvero lo sviluppo del singolo individuo;
• Un periodo drammatico caratterizzato da tensioni, conflitti, che hanno origine dai cambiamenti
che avvenivano sul piano biologico, ovvero dai cambiamenti del corpo;
• un fenomeno universale, qualcosa di uguale per tutti che gli individui vivevano allo stesso modo.
2. Il modello socio-antropologico di Margaret Mead, secondo il quale l’adolescenza sia è un
fenomeno culturalmente determinato. Margaret Mead era un’antropologa ed il suo libro di
riferimento è Adolescenza a Samoa, l’autrice ha utilizzato una nuova metodologia ovvero
dell’osservazione partecipante, definito come il metodo etnografico che consiste nel descrivere una
cultura osservandola dall’interno, infatti l’autrice si trasferì in queste isole e viveva in casa con
queste persone ed osservava i comportamenti e notò che in quella comunità l’adolescenza era
meno conflittuale rispetto a quella della società degli Stati Uniti dell’epoca, poiché nei confronti
degli adolescenti vi era una maggiore apertura, accettazione dei cambiamenti. Secondo Mead
questo modo diverso di vivere l’adolescenza dei ragazzi è dovuto all’organizzazione di vita più
semplice, più naturale e ad un atteggiamento meno autoritario delle famiglie, infatti anche se vi
erano dei conflitti con i genitori, c’erano ma in maniera minore, inoltre la famiglia era organizzata in
comunità, dunque, gli adolescenti svolgevano la loro vita anche all’interno di altre famiglie. L’opera
di Mead venne criticata poiché si credeva che le due società non potevano essere paragonate
poiché avevano due organizzazioni di lavoro differenti, ma questo dimostra come anche questo
aspetto sociale ha un certo impatto sull’adolescenza.
3. Il Modello cognitivo di Bruner, il quale attribuisce importanza alla dimensione del pensiero ed al
pensiero narrativo. Questo modello è caratterizzato dai concetti di Piaget, Bruner e Berzonski, i
quali hanno sottolineato alcuni aspetti del pensiero significativi per l’adolescenza:
• Piaget nella teoria dello sviluppo cognitivo, si verifica il passaggio:
− dal pensiero operatorio concreto si focalizza sui dati della realtà, dai quali ricava diverse
informazioni;
− A quello ipotetico-deduttivo è in grado di operare sulla realtà ma anche sulle possibilità, ovvero
ricava informazioni dalla realtà e da ipotesi. Questo pensiero comporta dei cambiamenti a livello
cognitivo e comportamentale sull’adolescenza:
→ atteggiamento speculativo/introduttivo;
→ ragionamento rivolto al possibile;
→ smarrimento epistemologico, perché l’adolescente ipotizzando mille possibilità, potrebbe
smarrirsi, perdere i confini, sentirsi solp;
→ egocentrismo intellettuale, ovvero una tendenza a considerarsi al centro delle discussioni;
→ propensione alla discussione e al pensiero critico, alcuni adolescenti appaiono più oppositivi
perché vogliono capire meglio;
→ Idealismo;
→ interesse per discipline astratte;
Questo pensiero permette all’individuo di proiettarsi in situazioni diverse, poiché ha la capacità di
ragionare su ciò che non si è ancora realizzato, ma che potrebbe realizzarsi.
• Bruner ha descritto le caratteristiche del pensiero narrativo, il quale è:
− Sintagmatico
− Sequenziale
− Organizzatore dei significati.
Quando l’individuo acquisisce il linguaggio tende a organizzare a dare un significato a tutti gli eventi
ed organizzarli in sequenza, dandogli un significato, anche sulla base della cultura di riferimento e
questi rappresentano i processi della narrazione. Il pensiero narrativo è fondamentale per
l’adolescenza, perché questo si attiva soprattutto quando si verifica qualcosa di non abituale,
quando ci sono dei cambiamenti. Questo pensiero permette agli adolescenti di capire i processi che
avvengono e in che modo l’individuo da senso a ciò che lo riguarda e questo gli permette di definire
la propria identità. Bruner aveva descritto anche gli indicatori del sé, ovvero delle parole che ci
dicono qualcosa sul sé della persona che le ha scritte o pronunciate.
• Berzonski ha analizzato i processi di costruzione dell’identità, e su come lo stile cognitivo, ovvero il
pensiero, lo influenza. Secondo l’autore l’identità ci definisce ed è caratterizzata da diverse
componenti: sociali, emotive, relazionali, anche cognitive.
L’identità dipende anche dallo stile cognitivo di ognuno, quindi:
− Stile cognitivo informativo, l’individuo tenderà a cercare informazioni, a esplorare il più possibile;
− Stile normativo, l’individuo tenderà ad esplorare di meno e ad adeguarsi alle possibilità che gli
vengono proposte dal suo ambiente;
− Stile diffuso/evitante l’individuo esplora in superficie ed evita l’impegno.
4. Modello psicoanalitico di Freud e Modello psico-sociale di Erikson:
• l’approccio psicodinamico ha consentito di capire alcuni atteggiamenti, comportamenti
caratteristici degli adolescenti;
• l’approccio psicoanalitico classico è focalizzato sulle problematiche connesse al corpo e sulla
dimensione della relazionalità e sull’individuazione e soggettivazione dell’identità.
L’adolescenza è stata descritta come una fase critica della formazione del carattere, perché
durante l’adolescenza, con la pubertà dopo il periodo di latenza si verifica un riemergere
tumultuoso delle istanze dell’Es e si riattiva il conflitto tra Es, Io e Super-io, se io e super-io trovano
un equilibrio e riescono a contrastare le istanze dell’Es, l’individuo si mostra orientato o alla
formazione del carattere, ovvero del’identità, ma se questo non accade, l’individuo va incontro ad
una nevrosi.
Vi sono due autori fondamentali:
• Anna Freud ha descritto l’adolescenza come una patologia e le modalità con cui l’io reagisce al
riemergere dell’Es, attraverso i meccanismi di difesa e sono:
1. Meccanismo della rimozione, caratterizzato dal sentimento di isolamento, di solitudine, poiché
vengono rimossi i contenuti relativi al modo di concepirsi quando si era bambini. Con il
riemergere dell’es, riemergono anche contenuti legati alla situazione edipica e questi devono
essere riportati ad un piano intellettuale o devono essere rimossi, poiché possono essere
pericolosi, dal momento che il complesso di Edipo è caratterizzato dalla fantasia di
accoppiamento con il genitore dell’altro sesso o di violenza verso il genitore dello stesso sesso;
2. Narcisismo, caratterizzato da una concentrazione su di sé;
3. Intellettualizzazione, questo meccanismo compare durante l’adolescenza, poiché il pensiero è
diventato ipotetico-deduttivo. Questo meccanismo è utile per i contenuti inconsci che creano
ansia e angoscia che vengono trasferiti su un piano intellettuale e trasformati in riflessioni;
4. Ascetismo, nuovo meccanismo che compare durante l’adolescenza, rappresenta la tendenza a
rinunciare ai bisogni di base fondamentali, anche ai bisogni corporei, si tratta dei bisogni che
vengono dal corpo, ovvero i bisogni primari, che creano ansia e angoscia e l’individuo si
comporta rinunciando alla soddisfazione di questi bisogni;
5. Disinvestimento affettivo, si tratta di ritirare l’energia libidica positiva che era stata rivolta nei
confronti dell’oggetto, quando parliamo di adolescenti l’oggetto è quello genitoriale, dunque, i
genitori che venivano percepiti come onnipotenti, onniscenti, vengono deidealizzati, ritirando
l’investimento affettivo, creando un distacco. Secondo Charmet l’adolescente si allontana dai
genitori perché con la pubertà l’adolescente scopre di avere un corpo capace di avere rapporti
sessuali o di uccidere;
6. Spostamento quando l’individuo ritira l’energia libidica che era rivolta verso i genitori e la può
rivolgere:
♦ verso di sé e si verifica il narcisismo;
♦ verso gli altri e quindi investe nelle relazioni con i pari o con un partner;
♦ verso le figure adulte che diventano dei sostituti genitoriali, che possono essere delle figure
reali: insegnanti, allenatore; oppure possono essere dei personaggi reali, famosi.
• Peter Blos, ha elaborato la teoria del secondo processo di separazione/individuazione. L’autore
è stato influenzato da Erikson il quale elaborò la teoria degli 8 stadi e dalla teoria del doppio
esito di Anna Freud che riguarda il riemergere le istanze dell’es. Erikson elaborò la sua teoria degli
8 stadi, riprendendo la teoria dello sviluppo psicosessuale di Freud e la trasforma in una teoria
dello sviluppo psico-sociale, dove vi sono fasi che corrispondono a quelle di Freud, che Erikson
considera come fasi psico-sociali, poiché attribuisce importanza:
− nel capire quale sarà l’esito positivo o negativo delle varie fasi;
− alla risposta che il contesto di riferimento dà all’emergere di bisogni.
Erikson descrive l’aspetto della sfida, in cui l’individuo viene sfidato e a seconda di come
l’individuo reagisce al contesto si può ottenere un esito positivo o uno negativo.
Dunque, Blos mantiene:
− l’idea di formazione del carattere di Anna Freud;
− ma sostiene che questa avviene attraverso l’affronto di alcune sfide.
L’autore infatti individua 4 sfide riguardanti la formazione del carattere:
1. Secondo processo di separazione/individuazione;
2. La rielaborazione dei traumi infantili;
3. La costruzione della continuità dell’io;
4. Costruzione di un’identità sessuale.
L’autore si focalizza sul secondo processo di separazione/individuazione caratterizzato dalla
necessità di separarsi dai genitori, però introduce alla separazione anche l’individuazione, ovvero
mentre ci si separa dai genitori, parallelamente ci si individua, si definisce se stessi.
Il disinvestimento affettivo secondo Blos, ha egli effetti sull’adolescente e determina un senso di
vuoto, di isolamento e comporta la deidealizzazione delle immagini dei genitori e l’immagine di sé
come bambino e quindi bisogna ridefinirsi.
Oltre al disinvestimento affettivo si verifica anche un meccanismo di regressione, ovvero quello
di tornare indietro, poiché è utile per difendersi dal senso di vuoto. Alcuni atteggiamenti
caratteristici del meccanismo di regressione sono:
− tendenza ad agire piuttosto che riflettere, perché l’azione è un qualcosa di più infantile;
− l’ammirazione verso altri adulti, poiché l’adolescente cerca di trovare quell’amore
incondizionato verso i genitori a cui ha rinunciato;
Il secondo processo di separazione/individuazione è un processo che permette di raggiungere
una condizione di autonomia sul piano emotivo, dai genitori.
Blos ha suddiviso l’adolescenza in sottofasi:
1. Preadolescenza, fase in cui ha inizio la pubertà;
2. Prima adolescenza, in cui si compie la formazione del carattere, oltre alla separazione avviene
un’individuazione;
3. Adolescenza;
4. Tarda adolescenza.
• Meltzer e Winnicot sostengono che l’adolescenza è caratterizzata dall’essere in una condizione
di incertezza dovuto al processo di deidealizzazione dei genitori, ovvero accettare l’idea che i
genitori sono persone normali e non onnipotenti e quindi non hanno riferimenti che li
sostengano.
Meltzer afferma che a seconda delle reazioni a questa condizione vi sono diverse tipologie:
1. Alcuni sono in grado di accettare questa condizione di incertezza, di far parte di una società
confusa e che la crescita comporta sofferenza. Questi vivono l’adolescenza in modo più sano;
2. Alcuni tendono ad accettare passivamente tutto quello che riguarda il mondo adulto senza
metterlo in discussione;
3. Altri tentano di bruciare le tappe e di superare i genitori e vanno incontro ad un’adolescenza
precoce che può essere fonte di malessere.
• Gustavo Pietropolli Charmet fu un allievo di Franco Fornari e fondò a Milano il Minotauro,
ovvero un centro che lavora con gli adolescenti e dove gli psicologi incontrano molti adolescenti
ed affrontano tematiche contemporanee. Charmet viene ricordato per la sua visione dei nuovi
adolescenti cresciuti nelle nuove famiglie. L'autore ha distinto:
− la famiglia delle regole
− dalle famiglie degli affetti che si concentrano sulla dimensione dell’affettività piuttosto che
sulla dimensione del controllo.
Gli adolescenti di oggi vengono chiamati i nativi digitali, adolescenti 3.0.
L’autore parte da una concezione di inconscio, ovvero da quella di Fornari che lo descrive come
quel contenitore dove sono compresi i vari contenuti rimossi che non è costituito solo dai
contenuti rimossi, ma anche delle tracce di sapere trasmesse geneticamente che hanno
l’obiettivo di sostenere l’individuo nei momenti fondamentali della vita. Queste tracce di sapere
sono legate agli istinti, ovvero un qualcosa di biologico che rimangono inconsce. In alcuni
momenti, tendono ad attivarsi e ad emergere come unità minime di significazione, come
sensazioni, percezioni e emergendo dall’inconscio possono essere destabilizzanti e richiedono di
essere mentalizzate ovvero che gli venga attribuito un significato. Quindi l’individuo deve
diventarne consapevole ed attribuirvi un significato, ovvero deve prendere questo significato
all’interno del proprio sistema di valore della propria cultura e la cultura di oggi e la famiglia
aiutano gli adolescenti ad accettare questi significati. Quando queste tracce di sapere emergono
attivano dei processi:
 Mentalizzazione ovvero assunzione di consapevolezza;
 Significazione ovvero l’attribuzione dei significati;
 Soggettivazione ovvero l’individuo integra questi risultati nelle costruzioni di nuove
rappresentazioni del sé.
Questo modello è:
1. Semiotico, ovvero va alla ricerca dei significati che i ragazzi devono attribuire ai propri
cambiamenti;
2. Evolutivo, perché i processi di mentalizzazione, significazione e soggettivazione hanno
l’obiettivo di garantire la crescita, questo significa che se un adolescente non riesce ad
attribuire dei significati e ad inglobarli nella nuova rappresentazione di sé non riesce ad andare
avanti ed il suo percorso evolutivo si arresta, ovvero si verifica il break-down evolutivo e
questo può sviluppare dei disturbi del comportamento, sintomi isterici, tentativi di distruzione
del corpo;
3. Contestualista poiché i ragazzi vanno a prendere i loro significati all’interno delle loro storie
personali, dai contesti di appartenenza.
Le difficoltà e i blocchi a cui gli adolescenti vanno incontro, sono originati non tanto dai traumi del
passato che riemergono, ma dall’incapacità di potersi proiettare nel futuro causato
dall’impossibilità di dare un significato a sé nel presente.
Durante l’adolescenza vi sono compiti evolutivi importanti:
1. La rimentalizzazione del corpo, ovvero il corpo da infantile diventa un corpo adulto e quindi è
fondamentale attribuirgli dei nuovi significati, prendere consapevolezza dei cambiamenti e
integrarlo all’interno della propria identità;
2. La soggettivazione, ovvero il processo di costruzione dell’identità;
3. La costruzione di nuovi legami affettivi e sociali e la ridefinizione di quelli precedenti.
Questi compiti sono legati tra loro, ovvero rimentalizzare il corpo implica ridefinire le relazioni
con i genitori e costruire nuove relazioni.
Non c’è una contrapposizione netta tra il modello psicodinamico e psico-sociale:
• quello psicodinamico analizza i processi che avvengono in profondità, ovvero le dinamiche
interne;
• quello psico-sociale riguarda i significati nei contesti sociali.
Vi è una continuità tra i due modelli, poiché il modello psico-sociale si è sviluppato a partire da
Erikson, il quale ha rimodulato alcuni modelli psicodinamici in un’ottica più sociale, ha rivisto la
teoria dello psico-sessuale formato da Freud, e l’ha ricollocata in un’ottica sociale e di intero ciclo di
vita ed ha elaborato la teoria della duplicità di esito, ovvero in ogni fase può esservi un esito
positivo o negativo, ogni fase è caratterizzata da una sfida, ovvero da un momento in cui ogni
individuo entra in crisi. Dunque, vi sono diversi compiti di sviluppo caratterizzati da sfide che
possono essere superati attraverso le strategie di coping .
Havighurst ha sostiene che i compiti di sviluppo sono delle sfide:
• Di tipo biologico/fisico, come imparare a camminare;
• Di tipo culturale/sociale, come imparare a costruire delle relazioni.
I diversi compiti di sviluppo possono essere ricorrenti o non ricorrenti, poiché in diverse fasi della
vita possono ripresentarsi diversi compiti.
La visione di Havighurst è quella degli adolescenti degli anni ‘50 ed alcuni compiti di sviluppo non
sono comparabili a quelli di oggi e sono:
1. Instaurare relazioni nuove e più mature;
2. Acquisire un ruolo sociale connesso al proprio genere sessuale;
3. Accettare le trasformazioni del proprio corpo;
4. Rendersi indipendenti affettivamente ed economicamente dai genitori;
5. Prepararsi per una professione;
6. Orientarsi verso una relazione sessuale e affettivamente stabile;
7. Assumere un comportamento socialmente responsabile;
8. Acquisire un sistema di valori.
Secondo Palmonari i compiti evolutivi dell’adolescenza mirano a 3 obiettivi:
• Ridefinire l’immagine del corpo che è cambiato ed è sessuato;
• Ridefinire le relazioni con gli altri significativi, ovvero genitori e gruppo dei pari;
• Pervenire ad una nuova identità stabile, coerente rispetto al passato e orientata al futuro.
Pubertà e rimentalizzazione del corpo
I punti base della pubertà sono:
1. Variabilità inter e intra individuale riguarda la preoccupazione per il timing puberale ed è
importante perché i giovani si confrontano tra di loro, poiché affrontano tutti lo stesso fenomeno
e questo ha dei punti positivi, ma può essere negativo poiché l’evento viene vissuto in modo
diverso e le differenze tra i diversi individui comportano delle preoccupazioni;
2. Il timing puberale, ovvero il momento in cui ha inizio la pubertà e riguarda anche l’essere in
tempo o fuori tempo, dal momento che la pubertà ha inizio in tempi diversi:
• per le femmine intorno ai 10 anni e si conclude intorno ai 12, la conclusione della pubertà è
caratterizzato dal menarca, ovvero l’arrivo delle mestruazioni. Alcune ragazze possono avere le
mestruazioni già verso i 10 anni, altre verso i 14;
• per i maschi intorno agli 11-12 e si conclude verso i 13-14 anni.
Le femmine hanno una pubertà più anticipata rispetto ai maschi.
Il timing puberale è collegato con la variabilità inter-individuale, infatti questo può avere degli
effetti diversi:
• a seconda del ritardo o dell’anticipo puberale, ovvero di essere on time o off time;
• A seconda di come vengono attribuiti significati diversi;
• A seconda delle diverse emozioni.
L’anticipo puberale nelle ragazze e il ritardo nei maschi, è fonte di maggiore disagio questo per
motivi fisiologici, ma anche per motivi legati ai modelli culturali, ai modelli di corpo, perché la
pubertà comporta dei cambiamenti nel corpo, che:
• nelle ragazze implica l’accumulo di grasso, l’allargamento dei fianchi, perché con la pubertà e le
mestruazioni il corpo diventa capace di procreare. Questo cambiamento del corpo non si adatta
ai modelli culturali tipici della società;
• i ragazzi che hanno modelli culturali che sono modelli di viralità, questi aspetti compaiono con
la pubertà, dunque, una pubertà ritardata suscita nei maschi un senso di disagio.
3. La tendenza secolare che si è verificata nel 20 secolo, 1900, ovvero un progressivo
abbassamento dell’età del menarca e in generale un abbassamento dell’età di inizio della
pubertà ed è un fenomeno biologico, ma anche sociale ed economico, poichè questo si è
verificato parallelamente al miglioramento delle condizioni economiche e sociali che ha
comportato un maggiore benessere del corpo;
4. La consapevolezza dei cambiamenti, ovvero i cambiamenti che si verificano in questi periodi
sono repentini come quelli che si verificano nei primi anni di vita, con la differenza che
l’adolescenza prende consapevolezza di questi cambiamenti, prova emozioni, si hanno dei
pensieri, desideri.
5. Scatto della crescita ovvero durante la pubertà quindi mentre la crescita avviene in modo
lineare, ad un certo punto si verifica uno scatto della crescita. Essendo un cambiamento
radicale, non si ha il tempo di affrontarlo e deve essere affrontato in modo immediato e questo
può rendere la mentalizzazione del corpo molto più complicato.
I cambiamenti che avvengono durante la pubertà:
1. Di tipo fisico/somatico, ovvero i cambiamenti a livello dei tessuti, delle ossa e dei muscoli, ovvero
le ossa si allungano, questo porta allo scatto della crescita. Il Body Mass Index è importante nel
caso dei disturbi del comportamento alimentare ed è un valore al quale riferirsi per confermare
delle diagnosi;
2. Di tipo organico/funzionale, ovvero si conclude la maturazione del sistema respiratorio,
circolatorio, endocrino e riproduttivo e questo comporta un raggiungimento di una condizione
ottimale del corpo. Questi cambiamenti rendono il corpo più forte che è in grado di riprodursi;
3. Legati alla funzionalità sessuale, con la pubertà si completa la maturazione dei caratteri sessuali
primari e si sviluppa quella dei caratteri sessuali secondari:
− Nei maschi si assiste all’aumento delle dimensioni dei testicoli e del pene, la pelosità pubica,
ascellare, barba e baffi, il cambiamento della voce e l’ingrossamento del seno e questo suscita
molta preoccupazione;
− Nelle femmine compare l’ingrossamento del seno, pelosità pubica, l’ingrossamento del bacino e
il menarca, questo sviluppo può avere una durata di 2 anni.
Questi cambiamenti comportano:
• Confronto interindividuale o con i modelli culturali, ovvero il confronto tra ragazzi e ragazze, con
i loro pari dal quale emergono differenze tra sé e gli altri o uguaglianze. Rilevare delle differenze:
− aumenta il senso di preoccupazione;
− diminuisce l’accettazione dei cambiamenti che si sono verificati.
Inoltre, i modelli culturali non sempre vanno nella direzione dei cambiamenti caratteristici della
pubertà, perché:
− alle ragazze vengono proposti modelli di corpi snelli, alti, conformi, quindi le ragazze faticano ad
accettare questi cambiamenti. Molto spesso le ragazze ricorrono a degli interventi per
modificare determinate parti del corpo o a seguire diete dimagranti e questo potrebbe
trasformarsi in ipermentalizzazione del corpo, ovvero ad un’ossessione che potrebbe
comportare disturbi del comportamento alimentare o a richiedere degli interventi di chirurgia
estetica;
− Ai ragazzi vengono proposti modelli di ragazzi muscolosi. (confalonieri, dati di chirurgia
estetica);
• Dismorfofobia evolutiva è una preoccupazione forte nei confronti delle disarmonie dello
sviluppo, ovvero la paura che il proprio corpo cambiando sia diventato deforme. Questo è un
evento normale, poiché tutti gli adolescenti in alcuni momenti mostrano preoccupazione nei
confronti di alcuni cambiamenti, ma questo diventa patologico quando queste disarmonie
diventano un pensiero fisso tale da distogliere il ragazzo da tutte le altre attività e diventano
motivo di ritiro dagli altri, arrivando ad una dismorfofobia patologica che si verifica quando una
parte del corpo non è stata accettata all’interno della propria identità corporea;
• Preoccupazioni per il ritardo/anticipo puberale ovvero i cambiamenti possono avvenire on time
o off time.
Tutti questi cambiamenti del corpo comportano la necessità di ridefinire l’identità corporea,
ovvero di attribuire dei nuovi significati ai cambiamenti che avvengono e prenderne consapevolezza
e accettarli all’interno della rappresentazione di sé. Ogni ragazzo attribuisce in modo personale i
significati ai cambiamenti del corpo e varia in base a diversi fattori:
• Fattori interni ovvero quelli:
1. di tipo biologico, ovvero fattori legati al genere o al timing puberale, questi sono aspetti che
influenzano il significato che si attribuisce al proprio corpo:
− le femmine sono preoccupate per l’anticipo della pubertà, che comporta rischio di gravidanza
precoce perché l’anticipo puberale porta le ragazze a frequentare ragazzi più grandi e a
sperimentare attività di sesso non protetto e questo comporta anche l’appartenenza a gruppi
devianti, maggiore controllo da parte dei genitori che crea dei conflitti;
− i ragazzi sono preoccupati per il ritardo puberali che li fa sentire inadeguati ai modelli culturali
maschili di forza e virilità;
2. La storia evolutiva, che interviene nell’attribuzione dei significati al proprio corpo;
3. le capacità acquisite su altri piani, ovvero un adolescente arriva a iniziare la pubertà avendo
costruito un bagaglio di competenze di tipo affettivo, di coping che aiutano l’individuo ad
affrontare i cambiamenti e attribuirgli dei significati;
• Fattori esterni riguardano l’ambiente familiare, sociale e culturale e le risposte che possono dare ai
cambiamenti che i ragazzi stanno vivendo:
1. Genitori, i quali possono reagire negativamente alla pubertà, possono vedere con preoccupazione
i cambiamenti del corpo e possono mettere in atto un maggiore controllo. Queste emozioni
arrivano ai ragazzi e possono influenzarli ed avere dei genitori che negano questi cambiamenti,
questo può avere un impatto negativo;
2. Pari, avviene un confronto tra i pari, i quali stanno vivendo lo stesso evento e può essere:
− rassicurante, poiché sono cambiamenti che avvengono anche negli altri;
− fonte di ulteriore preoccupazione.
Nelle ragazze la percezione negativa del proprio corpo è correlata ad una povertà di relazione con
persone dello stesso sesso, mentre per i ragazzi questa percezione negative diminuisce le relazioni
con persone del sesso opposto;
3. Modelli culturali, che vanno in una direzione opposta rispetto allo sviluppo biologico delle
ragazze e dei ragazzi;
Alcune condizioni associate alla pubertà sono:
1. Conflitto e ambivalenza tra il desiderio di crescere e la paura di rimanere piccoli, in seguito alla
pubertà ed ai cambiamenti, i ragazzi possono andare incontro ad atteggiamenti ambivalenti che
sono espressione di conflitti interni;
2. Decremento nel rendimento scolastico, ovvero si possono alternare negli adolescenti delle fasi di
iperattività di grande energia o di grande apatia e anche riguardo al contesto scolastico e questo
si può tradurre in un’alternanza di momenti di impegno per le attività scolastiche o momenti di
abbandono e di disinteresse. Inoltre, molte energie dell’adolescente sono implicate
nell’accettazione dei cambiamenti del corpo, quindi la mente nei ragazzi può essere concentrata
su questi aspetti e distogliersi dagli altri;
3. Relazione tra i cambiamenti ormonali, ovvero l’alternanza di umori differenti: depressione che si
alterna in euforia, ci possono essere momenti di aggressività, dunque, tanti sbalzi d’umore.
Tutti questi processi di attribuzioni di significati e cambiamenti del corpo comporta una nuova
definizione dell’identità corporea, perché l’immagine come di sé infantile non si adatta al nuovo
corpo, che è un corpo adulto e quindi deve essere ridefinita.

L’identità corporea è la rappresentazione che l’individuo ha di sé, del proprio corpo, che secondo
Palmonari è l’insieme delle caratteristiche, delle conoscenze e delle qualità che si attribuiscono al
proprio corpo.
Charmet parla di immagine mentale del proprio corpo, ovvero si focalizza sulla rappresentazione
mentale e simbolica del proprio corpo visto come un oggetto di investimento affettivo, ovvero è un
corpo che può essere amato o odiato, utilizzato come mezzo di comunicazione e di relazione con gli
altri.
Il processo di attribuzione dei significati e di investimento affettivo nei confronti del corpo è
caratterizzato da 3 conflitti:
1. Bisogna rinunciare accudimenti fisici dei genitori, per farlo gli adolescenti si mostrano infastiditi o
esercitano un maggiore controllo del proprio corpo, decidendo come vestirti, ovvero
manipolando il proprio corpo in modo autonomo;
2. Bisogna pensare al proprio corpo come un corpo complementare a quello dell’altro sesso dello
stesso sesso, per poter fare ciò , l’adolescente deve pensare al proprio corpo come un corpo che
può accoppiarsi con un altro corpo e per farlo deve rinunciare di pensare al proprio corpo come
un corpo che basta a sé stesso e deve mettere in atto dei comportamenti che abbiano un senso,
diventare capace di corteggiamento, di avvicinamento rispettando anche le regole sociali e
relazionali;
3. La vulnerabilità del corpo, quando si era bambini si aveva la concezione di avere un corpo
immortale, che non si ammala mai, bisogna rinunciare a questa idea di invulnerabilità, tenendo
conto che il corpo si può modificare anche in peggio, può ammalarsi.
Superare questi conflitti porta ad accettare il proprio corpo adulto e può essere inserito all’interno
della rappresentazione che si ha di sé in generale, la maggior parte dei ragazzi affrontano questi
conflitti adeguatamente, ma la mancata risoluzione di questi conflitti può portare a delle patologie
come:
• Ipocondria, la lettura dei nuovi segnali che vengono dal corpo in termini di malattia;
• Dismorfofobia patologica, che si verifica quando i ragazzi si concentrano su una parte del proprio
corpo che viene vissuta come sgradevole e diventa l’elemento centrale della propria vita ed
impedisce di fare qualsiasi altra cosa;
• Non accettare il proprio corpo può comportare il fare male al proprio corpo, attraverso il
suicidio, dunque, il corpo non accettato può essere percepito come un nemico da combattere;
• Anoressia, che può essere vista come un tentativo di eliminare quelle forme caratteristiche che il
corpo assume e viene amplificata la dimensione dell’intelligenza;
• Isteria, di un’esibizione esasperata del corpo sessuato.
Mentalizzazione del corpo sessuato è un processo attraverso il quale bisogna dare significato
agli eventi oggettivi o soggettivi che riguardano la sessualità, come avere consapevolezza di come si
manifesta il desiderio sessuale, capire quando bisogna controllarlo e quando bisogna lasciarsi
andare, assumere comportamenti socialmente adeguati rispetto alla propria appartenenza
sessuale. Parallelamente alla costruzione della propria identità corporea avviene anche un processo
di definizione dell’identità di genere, in termini di identità sessuale. Bisogna distinguere i percorsi
maschili e da quelli femminili riguardo il processo di mentalizzazione del corpo.
Secondo Bruna Zani, i cambiamenti di tipo fisiologico sono diversi tra ragazzi e ragazze:
• i ragazzi attribuiscono in modo diverso i significati al cambiamento del corpo ed anche alla
sessualità, la pubertà viene vissuta con minore consapevolezza dei cambiamenti, inoltre tendono
ad apprendere le caratteristiche del proprio corpo sperimentando il proprio corpo nel
movimento, nello sport;
• le ragazze mostrano più interesse verso ciò che accade durante la pubertà, ricordano i momenti
salienti, ne parlano con le amiche e in famiglia, inoltre le ragazze cercano di conoscere le
caratteristiche del proprio corpo guardandosi attraverso lo sguardo altrui, confrontandosi con le
altre ragazze.
Mi disegno Confalonieri
Vi sono diversi strumenti di valutazione della body image, ovvero della percezione del proprio
corpo da parte degli adolescenti:
1. BIS, Body Image Satisfaction, è un questionario che valuta il grado di soddisfazione verso il
proprio corpo, focalizzandosi sul volto;
2. BES, Body Esteem Scale, è un questionario di 14 item, su scala Likert (grado di accordo, da molto
in disaccordo a molto d’accordo o da mai a abbastanza spesso). Questo valuta l’autostima che i
ragazzi hanno del proprio corpo focalizzandosi su: apparenza, attribuzione e soddisfazione per il
peso.
3. Pubertal Developmental Scale studia lo stadio dello sviluppo puberale in cui i ragazzi ritengono di
essere al momento della compilazione, esiste una versione maschile e femminile, poiché vi sono
degli item specifici. Questi questionari propongono delle affermazioni rispetto alle quali i ragazzi
devono esprimere un certo grado di accordo.
Vi sono alcuni strumenti che analizzano le competenze che i ragazzi non sono consapevoli di
possedere e che a parole non emergono. Uno di questi strumenti è il disegno, come il ‘Mi disegno’
che prevede un’analisi dettagliata del contenuto del disegno che è una rappresentazione del corpo.
L’obiettivo è quello di misurare il processo di mentalizzazione delle diverse parti del corpo
attraverso il disegno. Più i disegni sono caratterizzati da particolari aspetti, più si potrà fare una
riflessione sul livello di mentalizzazione del corpo. Se questo strumento viene utilizzato con uno
scopo di ricerca bisogna mettere tutti i partecipanti nelle stesse condizioni.
Le dimensioni che vengono valutate in questo disegno sono valutati attraverso le scale:
• Dimensione formale, riguarda la forma, le proporzioni delle parti;
• Dimensione dei dettagli riguarda il corpo, il volto e l’abbigliamento;
• Caratterizzazione sessuale riguarda il corpo, il volto e l’abbigliamento.
Per ogni sottoscala bisogna attribuire un punteggio che può essere:
• Livello basso 1
• Livello medio 2
• Livello alto 3
Quando si realizza questa ricerca ci sono sempre due giudici, che procedono all’analisi
individualmente e poi si confrontano.
Per attribuire i punteggi bisogna considerare:
• Nella dimensione formale bisogna:
1. chiedersi quanto la forma del corpo disegnato è simile ad un corpo umano;
2. quanto sono integrate le diverse parti del corpo;
3. Se sono rispettate le dimensioni del corpo, se la testa è troppo piccola o troppo grande.
Un livello basso vi è quando vi sono delle forme geometriche, vi è poca integrazione tra le parti;
• Nella dimensione dei dettagli bisogna valutare:
1. quante parti del corpo sono presenti;
2. quante parti del volto sono presenti;
3. quanto è ben dettagliato l’abbigliamento, ovvero se vi è la cintura, i bottoni;
• Nella dimensione della caratterizzazione sessuale, bisogna valutare se vi sono abiti o accessori
che definiscono l’appartenenza di genere della figura, se è disegnato il seno.
Oltre a queste scale, l’analisi dei disegni prevede anche di prendere in considerazione alcune
categorie:
1. Stile;
2. Griffe, abiti firmati;
3. Elementi simbolici, cuoricini;
4. Oggetti;
5. Contesto, se viene collocata in un contesto;
6. Attività, ovvero se sta svolgendo un’attività o se è ferma;
7. Espressione del volto.

Una ricerca ha utilizzato lo strumento del ‘mi disegno’ con ragazzi affetti da disturbi alimentari.
Vi erano due gruppi di soggetti, un gruppo clinico da 30 soggetti con DCI e un gruppo di controllo di
30 soggetti. I punteggi più alti che indicano una rappresentazione del proprio corpo più completa
sono stati ottenuti dal gruppo di controllo. I disegni degli adolescenti con DCI sono:
1. Disegni infantili, poiché queste ragazze percepiscono un’immagine del proprio corpo ancora
infantile, inoltre, non vi è una caratterizzazione sessuale;
2. Disegni con tentativi diversi, ovvero i ragazzi cercano di disegnarsi più volte dopo vari tentativi,
giustificandosi dicendo che non sanno disegnare, ma in realtà fanno fatica a disegnarsi;
3. Disegni indefiniti, dove non viene disegnato il volto, oppure gli occhi sono vuoti, mancano le
mani, sono disegni a cui manca qualcosa;
4. Disegni neganti, sono disegni caratterizzati dal corpo sessualizzato, ovvero il corpo viene
rappresentato con un tentativo di negare il proprio problema.
Sessualità e relazioni con un partner
L'emergere della sessualità comporta il presentarsi di un compito di sviluppo che riguarda la
dimensione relazionale, ovvero il costruire nuove relazioni con i pari o di tipo sentimentale e di
ridefinire quello con i propri genitori.
Il riemergere della sessualità, dopo il periodo di latenza viene espressa in diversi modi:
1. Come un aumento di interesse, desiderio, attrazione fisica nei confronti degli altri coetanei. Si
tratta di un’attrazione fisica ma anche psicologica;
2. Come manifestazione di affettivi bisogni sessuali che possono essere stimolati:
− all’interno, da pensieri, immaginazioni;
− dall’esterno invece dall’avere con i contatti fisici con i pari;
3. La sessualità può essere:
− autocentrata, ovvero nel caso della masturbazione;
− Eterocentrata, l’inizio di questa si verifica dopo i 14 anni, se i rapporti sessuali avvengono
prima dei 14 anni si parla di sessualità precoce;
4. Costruzione di relazioni.

La sessualità ha diverse funzioni che nel periodo della prima adolescenza non sono di tipo
riproduttivo, ma svolge la funzione di:
1. Affermare la propria identità sessuale;
2. Verificare le proprie capacità, prevalentemente maschile;
3. Presa di consapevolezza dei cambiamenti che sono avvenuti a livello fisico e sessuale e questo è
prevalentemente femminile;
4. Confermare un legame affettivo, ovvero dare valore a un legame affettivo che si è venuto a
creare con una relazione con un partner.

I fattori che influenzano l’inizio e la qualità dell’attività sessuale sono:


1. Biologici, ovvero se la pubertà è anticipata è più facile che l’attività sessuale inizi prima, non solo
perché emerge prima la sessualità, ma anche perché saranno orientati a frequentare dei ragazzi
più grandi;
2. Fattori individuali biologici
3. Familiari che possono essere più tolleranti o controllanti, il fatto che ci siano fratelli o sorelle
maggiori può comportare che ci si approcci prima alla sessualità
4. Socio-culturali che dipendono dalla cultura di riferimento, la nostra è una cultura che non
controlla e consente all’individuo di esprimersi e di vivere in diversi modi la sessualità, rispetto a
quella delle generazioni precedenti che era una cultura molto controllante rispetto alla sessualità.
In questo caso c’è anche il timore di contrarre delle malattie di tipo sessuale.

Le funzioni della relazione con un partner sono:


1. Favorisce l’autonomia ed il distaccamento dalla famiglia, poiché una relazione con un partner
implica un investimento affettivo nei confronti di un’altra persona al di fuori della famiglia.
Favorisce sostegno in quella fase in cui gli adolescenti tendono a provare un sentimento di
solitudine di tipo affettivo;
2. Favorisce anche i processi di individuazione ovvero la conferma dell’identità. Avere una persona
che ci ama ci fa capire che siamo delle persone che possiamo essere apprezzate dagli altri anche
dal punto di vista fisico;
3. Favorisce l’integrazione dei bisogni fisici e affettivi, ovvero l’adolescente ha già sperimentato i
bisogni affettivi all’interno della famiglia ed inizia a provare dei bisogni di tipo sessuale e con la
relazione con un partner può integrare questi bisogni;
4. Aiuta a soddisfare diversi tipi di bisogni, che in un primo momento dopo la pubertà sono dei
bisogni autocentrati, ovvero centrati su di sé, non sono dei bisogni di reciprocità, ma al desiderio
di sentirsi sostenuti affettivamente, di autostima.

Gli aspetti che devono essere presenti per poter vivere un’esperienza sessuale e sentimentale
secondo Maggiolini sono:
1. Avere un’identità sessuale biologica, ovvero percepirsi come maschi o femmine;
2. Avere un’identità di genere nucleare;
3. Acquisire un’identità di genere sessuale, ovvero assumere atteggiamenti tipici del proprio ruolo
sessuale;
4. Avere un orientamento dominante;
5. Sviluppare intimità sessuale e sentimentale;
6. Assumere impegni nella relazione, impegnarsi ad essere leali, fedeli.
I bisogni che devono essere presenti ed integrati tra loro per vivere una relazione sentimentale:
1. Affiliativo legati allo stare insieme;
2. Sessuale/riproduttivo;
3. Accuditivo/affettivo bisogno di attaccamento, paura della separazione;
4. Maturativo, che fanno riferimento alla realizzazione di sé, di impegnarsi.
Per poter soddisfare tutti questi bisogni è importante ridefinire le relazioni con:
I. I genitori, poiché è la relazione affettiva principale e per poter vivere una relazione sentimentale
con un partner che sia soddisfacente è necessario ridefinire la relazione con i genitori;
II. I pari, in adolescenza il gruppo di aggregazione, gruppo informale e il contesto sociale
rappresentano le prime esplorazioni delle relazioni sentimentali. Il gruppo può essere:
− qualcosa di positivo, ovvero un contenitore affettivo e protettivo, dove poter svolgere le
sperimentazioni amorose;
− qualcosa di fastidioso, poiché nei gruppi nascono le prime relazioni sentimentali e per un certo
periodo di tempo queste vengono accolte, ma a volte il gruppo tende ad allontanare queste
coppie che sentono il bisogno di passare del tempo al di fuori del gruppo;
III. L'amico/a del cuore è un’esperienza tipica della fanciullezza, questo amico/a diventa come una
prima esperienza di una relazione affettiva oltre a quella dei genitori.
IV. Relazioni tra fratelli e sorelle.
Queste esperienze influenzano la vita amorosa, ovvero i ragazzi potranno riproporre nelle loro
relazioni sentimentali le stesse dinamiche di coppia che hanno vissuto con i fratelli, con l’amico del
cuore o all’interno del gruppo.
Secondo Brown la capacità di gestire una relazione sessuale/sentimentale è un processo formato da
diverse fasi:
1. Fase dell’iniziazione, una fase di sperimentazione dei sistemi accuditivi, sessuale ed è una fase in
cui le prime relazioni con un partner soddisfano i bisogni autocentrati e servono all’individuo per
sperimentare una nuova funzionalità;
2. Fase dello status, secondo il quale avere una relazione consente di acquisire uno status sociale;
3. Fase dell’affetto, quella in cui compare la dimensione della reciprocità, ovvero si prende in
considerazione ciò che si può dare all’altro, affetto, sentimenti;
4. Fase del legame, ovvero una volta acquisita la reciprocità ci può essere un impegno nella
relazione che si basa anche sulla fiducia reciproca.
Queste fasi, possono essere interpretate come degli stati, ovvero come delle modalità
caratteristiche di vivere le relazioni sentimentali, non solo negli adolescenti, ma anche negli adulti,
ovvero ci sono degli adulti che vivono le relazioni sempre nella fase dell’iniziazione ovvero sempre
sperimentando, esplorando e vivendo le relazioni come un qualcosa che soddisfano i propri bisogni.
Possono esservi anche adolescenti giovani che vivono le prime relazioni sentimentali non nelle fasi
iniziative ma nelle fasi di impegno.

Le fasi di acquisizione delle capacità di gestire una relazione sessuale/sentimentale sono state
distinte in:
a. Attrazione romantica e affiliazione, la prima fase, in cui c’è un’attrazione, un desiderio di stare
vicini. Questa è una fase in cui non ci sono delle relazioni, ma vivono delle infatuazioni senza
realizzarle;
b. Esplorazione di relazioni amorose, casual dating e dating group, ovvero le relazioni casuali,
ovvero relazioni sentimentali vissuti all’interno del gruppo;
c. Legami diadici, ovvero la fase in cui si consolidano le relazioni che diventano affettive strette e
sono anche fonte di sostegno e supporto emotivo.

La competenza romantica è un costrutto che può essere valutato da un questionario ed essere


competenti dal punto di vista romantico vuol dire:
1. Pensare alle relazioni in termini di reciprocità, che non soddisfa solo i bisogni autocentrati,
trovando un equilibrio tra l’intimità e l’individualità, condividere degli spazi, ma mantenere degli
spazi per sé;
2. Essere capaci di prendere delle decisioni per raggiungere degli obiettivi, ad esempio in merito
alla contraccezione;
3. Regolare le emozioni, è importante saper regolare le emozioni, tollerare dei momenti di
separazione, tollerare i rifiuti;
4. Apprendere dall’esperienza, ovvero essere capaci di imparare dall’esperienza, attribuendogli
significato;
5. Riflettere sulla relazione, ovvero comprendere che si sta vivendo una relazione e che relazione è.
Possedere questi aspetti significa possedere una competenza romantica, ovvero la capacità di
vivere positivamente le relazioni sentimentali, comportando benessere e di adattamento perchè:
• Ci si percepisce come un partner attraente;
• Si percepisce di essere compresi e accettati dal partner;
• Comporta l’avere autostima.

La relazione con un partner può comportare anche dei rischi, poiché facilmente si va incontro a
delle rotture. I fattori di rischio di tipo internalizzante delle relazioni con un partner:
• Vissuti depressivi causati dalla conclusione della relazione e poiché vi è una dipendenza dal
partner. Vi sono anche situazioni di fragilità dovute ad un attaccamento insicuro nell’infanzia che
si propongono nelle relazioni di coppia;
• Ansia e stress, comporta essere sensibili al rifiuto, avere scarse competenze di regolazione
emotiva, temere i conflitti, non riuscire a comunicare i propri bisogni al partner, oppure nei casi in
cui si vive una pressione da parte del partner nel fare cose che non si vogliono.
I fattori di rischio esternalizzanti sono:
• Dating violence, violenza di coppia;
• L’essere condotti in condotte devianti, il partner potrebbe fare oppressione nel mettere in atto
condotte devianti e la persona per paura di non essere più amata decide di accettare;
• Sexting, l’invio tramite social di video, foto a contenuto sessuale, che può essere:
− gradito, ovvero può essere una modalità che la coppia può utilizzare per approfondire la
propria intimità;
− se non c’è l’accettazione da parte di entrambi può essere fastidioso;
• Gravidanze precoci.

Secondo Charmet i nuovi adolescenti vivono in modo diverso le relazioni sentimentali, infatti, gli
adolescenti di oggi riscontrano difficoltà nella costruzione e nel mantenimento di relazioni con un
partner e questo a causa dei modelli accuditivi delle famiglie, dunque le difficoltà sono:
1. Amore narcisistico, l’amore narcisistico comporta un’idealizza di sé stessi, se il partner non ama
più l’individuo, si verifica la distruzione dell’Io e questo non tollera una rottura;
2. Paura della dipendenza e del dolore mentale, gli adolescenti di oggi fanno più fatica a tollerare le
situazioni di incertezza legate all’innamoramento e le difficoltà del corteggiamento;
3. Difficoltà a separarsi dai genitori, ovvero i ragazzi incontrano delle difficoltà nel realizzare il
processo di separazione/individuazione e questo comporta una difficoltà nel costruire una
relazione sentimentale.

Oggi vi è un nuovo modo di vivere le relazioni sentimentali, ovvero attraverso l’utilizzo dei social
network. Sono stati individuati 3 momenti significativi delle storie sentimentali online e sono:
1. Stabilirsi della relazione, caratterizzato da corteggiamento:
• Incontro in chat;
• Progressivo auto-disvelamento;
• Costruzione di intimità;
• Incontro concreto/fisico;
Il corteggiamento è caratterizzato da:
• Richiesta di amicizia;
• Danza di like reciproci sulle proprie pagine;
• Se il riscontro è positivo si passa ad una messaggistica privata.
2. Il mantenimento della relazione, ovvero il momento in cui la relazione viene vissuta.
L’identità di coppia in rete riguarda se e come la coppia si presenta in rete, attraverso foto
insieme, attraverso delle frasi, dei contenuti in cui viene sottolineato un noi. Secondo le ricerche
le coppie che usano spesso il noi reciprocamente, sono quelle che presentano un maggiore
benessere.
Un altro tema è quello della gelosia, presente anche nelle relazioni online e si manifesta
attraverso:
− un controllo dell’uso che l’altro fa dei social;
− del tempo che passa sui social;
− dell’interesse che viene mostrato verso il proprio partner attraverso i like;
− se vi sono contatti con partner precedenti.
Più si è gelosi più si controlla, più si controlla più si trovano motivi per essere gelosi.
3. La fine della relazione, viene esplicitata sui social da parte di uno dei due partner che si dichiara
single. Alcuni studi hanno evidenziato come uno dei due partner possa esercitare una sorta di
controllo compulsivo del profilo dell’altro, che può portare ad una sorta di stalking.
Uno studio ha dimostrato come nella vita online, le relazioni sentimentali vengono consumate più
velocemente, soprattutto quelle vissute esclusivamente online.
Alcuni adolescenti non vivono le relazioni online e offline come due ambiti separati e questo vale
anche per la relazione con i pari, ovvero vi è una complementarità tra la vita sociale online e la vita
sociale offline, ovvero gli adolescenti considerano i social come un luogo in più dove incontrarsi.
Le ricerche che riguardano i social trovano difficoltà, perché i tempi della ricerca sono più lunghi
rispetto ai tempi con cui le nuove mode si evolvono.
Relazioni tra pari in adolescenza
Palmonari, si è occupato delle relazioni tra i pari e sostiene che durante l’adolescenza l’individuo
avverte l’esigenza di intensificare le relazioni con i pari, perché aumentano gli interessi di tutto ciò
che è esterno alla famiglia, dal momento che vi è l’esigenza di separarsi dalla famiglia.
Diversi dati sostengono che:
• per il 90% degli adolescenti il punto di riferimento non sono più genitori, ma gli amici;
• Il 10% degli adolescenti hanno difficoltà ad instaurare rapporti con i pari e provano sentimenti di
solitudine e di malessere.
I gruppi di aggregazione spontanea vengono spesso associati a situazioni di devianza, poiché nel
gruppo diventa più facile esprimere quella tendenza alla trasgressività, tipica degli adolescenti.

Oltre al gruppo di aggregazione spontanea vi sono altre modalità di vivere le relazioni tra pari:
• Legami di amicizia, che si formano anche all’interno dei gruppi e sono relazioni più strette e
soddisfano determinati bisogni:
1. Di affiliazione/ appartenenza, ovvero la soddisfazione del bisogno di appartenenza aiuta nel
processo di costruzione dell’identità;
2. Bisogno di sicurezza, di essere sostenuti e questo è importante in tutte le fasi della vita,
soprattutto in adolescenza perchè si verifica la separazione dai genitori;
3. Bisogni di introspezione, il bisogno di guardarsi dentro e prendere consapevolezza dei
cambiamenti che si stanno verificando;
4. Soddisfa i bisogni di intimità, condividere emozioni ed esperienze, svelarsi, ovvero a raccontare
all’altro qualcosa di sé;
5. Bisogni di rispecchiamento utile per il processo di individuazione, trovando nell’altro qualcosa
che possa essere utile per comprendere sé stessi, infatti si tende a cercare amici che sono simili a
sé. Se le relazioni di amicizia si stabiliscono con persone simili, la dimensione del rispecchiamento
acquista maggior importanza.
Le relazioni amicali svolgono determinate funzioni:
1. Sostegno e supporto sociale;
2. Costruzione della consapevolezza di sé e dell’identità personale;
3. Sperimentazione di comportamenti relazionali, utili per crescere come la condivisione, l’intimità
ma anche il conflitto;
4. Apprendimento di norme, le norme si acquisiscono primariamente nella famiglia, ma attraverso
relazioni al di fuori della famiglia si conoscono regole diverse;
La relazione amicale è buona quando vi sono:
1. Alti livelli di condivisione e intimità;
2. Basso livello di conflitto;
3. Reciprocità;
4. Condizione di adattamento psicosociale del partner;

Una ricerca ha indagato la relazione tra qualità dell’amicizia e benessere psicosociale e sono state
individuate 4 tipologie di relazioni amicali:
1. Supportive, caratterizzate dal supporto e comportano un maggiore benessere psicosociale e
minori condizioni di rischio;
2. Conflittuali, domina la dimensione del conflitto e sono associate ad una minore percezione di
benessere e a una maggiore implicazione nelle condotte di rischio;
3. Partecipi, in cui sono presenti sia sostegno che conflittualità;
4. Distaccate caratterizzate da bassi livelli di condivisione e intimità;
Inoltre, le relazioni reciproche danno maggior benessere, rispetto a quelle unilaterali che sono
associate a malessere.

Vi sono due ipotesi per spiegare i criteri di scelta degli amici:


1. Ipotesi della percezione della similarità, ovvero si tende a diventare amici con persone che sono
simili a noi. La percezione di similarità:
− nei fanciulli si basa su quella esteriore;
− in adolescenza si basa sugli aspetti interiori, come valori, carattere, pensieri.
In realtà la similarità si sviluppa dopo, ovvero frequentandosi si diventa sempre più simili.
Inoltre, la similarità viene interpretata anche in senso di territorialità, ovvero si tende a
frequentare coloro che condividono lo stesso contesto sociale;
2. Ipotesi della complementarità, come in tutte le relazioni strette anche nell’amicizia ci possono
essere dei bisogni di autonomia, di differenziazione, se questi diventano prevalenti, si tende a
cercare non un amico nel quale rispecchiarsi, ma una persona completamente diversa.
Questi due processi sono importanti per la costruzione dell’identità:
• poiché la similarità permette di specchiarsi nell’altro;
• la differenziazione consente di individuarsi.

Sono state individuate delle differenze di genere:


1. Le amicizie maschili sono triadiche o di gruppo, sono orientate al fare delle cose insieme,
all’esplorazione del mondo esterno;
2. Le amicizie femminili sono tipicamente diadiche, sono orientate all’esplorazione del mondo
interno, condividendo opinioni e sono orientate a parlare del terzo assente;

Vi sono i gruppi formali e gruppi informali:


1. I gruppi formali sono caratteristici della prima adolescenza:
• Mirano alla realizzazione di compiti specifici, come un gruppo sportivo, quindi, la funzione di
quel gruppo è quella di imparare a giocare a calcio;
• Hanno delle regole;
• Condividono dei valori di riferimento;
• Sono governati da figure adulte, ovvero da un moderatore del gruppo, che si assicura che
vengono rispettate le regole e ci sia impegno in quell’attività.
2. I gruppi informali, ovvero i gruppi di aggregazione spontanea:
• non hanno un obiettivo specifico, si ritrovano per stare insieme;
• sono dei gruppi misti di genere;
• non vi è un adulto di riferimento, ma un ragazzo o una ragazza svolgono la funzione di leader;
• non vi sono delle regole e dei valori espliciti, ma delle regole implicite.

Vi sono diversi stili di appartenenza al gruppo:


1. Gruppi evasivi/trasgressivi, ovvero i gruppi informali caratterizzati da individui con difficoltà con i
genitori, scarso interesse per lo studio e che pensano solo al divertimento;
2. Gruppi formali di tipo sportivo, gli individui esprimono la loro socialità in questo tipo di gruppi;
3. Gruppi formativi di tipo culturale, religioso e politico, ovvero gruppi formativi;
4. Gruppi di solidarietà orientati all’impegno sociale, al volontariato, questi più che gruppi sono
delle associazioni.
Gli adolescenti fanno parte anche di altri gruppi: Facebook, Whatsapp.
Le funzioni del gruppo rispetto ai compiti evolutivi dell’adolescenza e rispetto alla costruzione
dell’identità sono:
1. Conoscenza di sé, ovvero aiutano a conoscersi meglio, conoscere le proprie caratteristiche,
attraverso l’identificazione con un gruppo e differenziandosi dagli altri;
2. L'appartenere ad un gruppo soddisfa il bisogno di appartenenza e di sicurezza emotiva, poiché il
gruppo è un contenitore psichico, dove gli adolescenti ripongono i loro pensieri, le loro emozioni;
3. All'interno del gruppo si può riuscire a colmare il vuoto, quel sentimento di isolamento legato al
processo di disinvestimento affettivo dai genitori;
4. Promuove uno sviluppo dell’autostima;
5. Confrontare e di verificare le proprie esplorazioni;
6. Fornisce modelli valoriali e culturali che a volte sono diversi da quelli acquisiti in famiglia.

Il gruppo è un laboratorio sociale, dove si fanno degli esperimenti riguardo alla vita sociale al di
fuori del controllo dell’adulto ed è un luogo dove si apprendono delle competenze sociali, dove si
può chiedere o fornire aiuto.

Vi sono altri gruppi come:


• Gruppi istituzionali come la scuola, la classe;
• Gruppi sociali allargati, nei quali non ci si conosce tutti direttamente ma esprimono
appartenenza;
• Gruppi di culture giovanili, ovvero gruppi nei quali ci si riconosce.

Spesso vi è l’appartenenza a diversi gruppi, alcune di queste appartenenze sono tipiche di alcune
fasi evolutive, ad esempio l’appartenenza ai gruppi formali è soprattutto presente nella fanciullezza
o nella prima adolescenza, ma si può continuare a far parte di questi gruppi formali prendendo
parte anche in gruppi informali.
Amicizie online
Da sempre gli studiosi si sono chiesti se internet sia una risorsa o un vincolo alla costruzione di una
rete sociale e amicale. Vi sono diverse ipotesi:
1. Disimpegno, sostiene che la possibilità di costruire relazioni e di interagire online tra coetanei
incide negativamente sul benessere psicologico e sulla socializzazione, poiché sottrae tempo che
potrebbe essere investito nel vivere faccia a faccia le relazioni e stimola i ragazzi ad intrattenere
relazioni solamente online con sconosciuti, relazioni di breve durata;
2. Stimolazione, sostiene che la comunicazione online permette un arricchimento del contesto
relazionale del soggetto e favorisce nuove opportunità;
3. Compensazione, secondo la quale gli adolescenti che hanno difficoltà nell’intrattenere relazioni
faccia a faccia, le relazioni online possono compensare queste difficoltà, ma una totale
sostituzione delle relazioni sociali dirette con quelle online, diventa una sorta di rifugio che in
quel momento fa stare meglio;
4. Rich-get-richer, secondo la quale la comunicazione online può essere una risorsa per coloro che
hanno buone doti sociali, poiché attraverso questa aumentano le loro opportunità sociali.

Le diverse modalità di utilizzo delle tecnologie nella relazione tra i pari:


1. I ragazzi utilizzano la comunicazione online come una normale modalità di comunicazione con gli
amici reali;
2. L'amicizia online viene utilizzata per sperimentare delle nuove opportunità di socializzazione;
3. Per sfuggire da relazione offline problematiche;
4. Per cercare di costruire nuove relazioni di poco durata o idealizzate.
Le ricerche sostengono che le relazioni offline e online sono complementari, ovvero gli adolescenti
vivono la loro socialità su questi due canali.
Alcuni studi hanno dimostrato che la dipendenza dai social network è in crescita, infatti, gli
adolescenti passano molte ore su questi e si sentono a disagio se non possono utilizzarli.
L’uso problematico dei social comporta malessere, come la solitudine nei confronti dei pari e dei
genitori e comporta problemi a livello identitario.
Insieme agli altri a scuola
La scuola è il principale contesto di socializzazione degli adolescenti ed è un luogo di vita, dove i
ragazzi passano 5/6 ore al giorno per 10 mesi all’anno e gran parte della giornata viene organizzata
in base ai compiti e alle richieste della scuola.
La scuola, soprattutto la classe è un gruppo ed è:
• Un luogo dove si frequentano coetanei, che vivono gli stessi eventi e problemi;
• Un luogo per rispecchiarsi negli altri;
• Importante per i processi di costruzione dell’identità e di mentalizzazione del corpo;
• È un contenitore psichico di affetti ed emozioni.

A scuola i ragazzi devono affrontare alcuni compiti evolutivi:


1. devono sviluppare delle competenze intellettuali;
2. devono acquisire delle conoscenze, che gli permettano di prepararsi verso una professione;
3. costruire relazioni mature;
4. costruire un pensiero critico;
5. imparare ad autoregolarsi rispetto allo studio;
6. costruire una percezione positiva della propria autoefficacia;
7. inglobare all’interno della propria identità la competenza scolastica.

Gli esiti scolastici hanno un impatto sull’identità e sui sistemi di valorizzazione del sé. Per questo
motivo si parla di benessere o malessere scolastico.
Il benessere a scuola è dovuto al fatto che questa trasmette un senso di comunità, ovvero mostra
coesione, si mostra capace di affrontare i problemi degli adolescenti, mette a disposizione delle
risorse.
Il malessere a scuola è causato dal disagio scolastico e dalla dispersione scolastica.
La dispersione scolastica è una conseguenza del malessere a scuola e consiste nell’abbandono della
scuola. Alcuni lasciano la scuola per poter lavorare, ma nel contesto scolastico gli individui
apprendono le life skills sono la capacità di pensare criticamente, di risolvere i problemi, di
prendere decisioni, utili per affrontare le difficoltà della vita degli adulti.

Nel contesto sociale alcuni adolescenti tendono ad isolarsi manifestando:


1. Il sentimento di solitudine è qualcosa di fisiologico nell’adolescenza, perché ci si allontana dai
genitori. In alcuni casi la scuola amplifica questo senso di solitudine, poiché la classe è formata da
numerosi compagni con il quale instaurare relazioni e prevede che ci si inserisca nella classe.
Inoltre, la scuola di affrontare comporta compiti in solitudine, ad esempio quando bisogna
studiare, ma non tutti gli adolescenti si sentono capaci, poiché non vogliono stare soli;
2. Il bullismo, alcune situazioni di prevaricazioni possono portare l’adolescente a rinunciare agli
studi.
Negli ultimi anni si è diffuso il fenomeno del ritiro sociale estremo, paragonato a quello degli
hikikomori, fenomeno giapponese che:
1. ha inizio tipicamente a scuola, perché si manifesta con l’abbandono scolastico;
2. comporta un ritiro dal gruppo dei pari;
3. fino ad arrivare alla chiusura in casa e in casi estremi nella propria camera ed è accompagnato da
un uso compulsivo di internet.
In Italia questa forma estrema di ritiro dalla scuola viene associata alla:
1. difficoltà di affrontare una realtà sociale esterna alla famiglia, come la scuola;
2. difficoltà a rispondere alle aspettative alte della famiglia;
3. difficoltà nei processi di rimentalizzazione del corpo, ovvero i ragazzi non riescono ad accettare il
proprio corpo, temendo il confronto con gli altri.
Fluidità di genere
Vi è differenza tra:
• Identità, riguarda la percezione di sé;
• orientamento, ovvero da chi è attratto.
Per molto l’identità è stata vista in modo binario, o maschio o femmina anche dal punto di vista
linguistico nel linguaggio italiano abbiamo solo il maschile e femminile, non abbiamo il neutro.
In realtà esiste una terza categoria di intersessualità, ovvero vi sono delle persone che quando
nascono hanno un apparato genitale non definibile e questi individui vengono operati facendo una
scelta che andava in una direzione o nell’altra. In passato non venivano operate e acquisivano una
collocazione sociale particolare.
Questa forma dicotomizzante del genere si verifica investimento genitoriale che tende a trattare il
neonato in un determinato modo e a costruire delle aspettative di carattere, che acquistano una
connotazione naturalistica.
Oggi i presupposti culturali del maschile e del femminile, soprattutto attraverso il movimento
femminista, sono stati criticati. In adolescenza:
• le ragazze hanno una grande confidenza con i temi dell'identità e dell’orientamento;
• Mentre i ragazzi i quali sono legati a delle tematiche più tradizionali.
Secondo l’aspetto della fluidità, bisogna abbandonare la visione dicotomica di come devono essere
i maschi e le femmine, attraverso la messa in atto aspetti di carattere, di abbigliamento che
tradizionalmente appartengono maggiormente all’altro genere.
L'identità di genere non è un qualcosa che ci viene dato e al quale bisogna aderire, ma ad un
qualcosa che bisogna costruire.
Fino a qualche decennio fa non vi era la possibilità tecnologica di incedere sulla propria corporeità,
mentre oggi, che permette di effettuare interventi sulla propria corporeità o interventi più
consistenti, adeguandolo all’idea di come lo vorremmo. Oggi c’è la possibilità di diventare ciò che si
vuole.
La fluidità identitaria a volte inizia molto presto, già verso i 4-5 anni e le risposte genitoriali sono
diverse, possono essere contrastanti o possono lasciar sperimentare il bambino. In questo caso
bisogna distinguere:
• Desisters, i quali dopo l’esplorazione di abbigliamenti, comportamenti dell’altro genere, il
bambino crescendo elabora un’identità sessuale corrispondente al suo sesso biologico;
• Persisters, i quali continuano questa esplorazione anche in adolescenza e arrivano al loro sviluppo
puberale, vivendo dei cambiamenti fisici discordanti con la loro identità di genere.
Adolescenti e famiglia
Per quanto riguarda la relazione tra adolescenti e famiglia consente di prendere in considerazione 2
compiti evolutivi:
1. Relazionale, ridefinire il rapporto con i genitori;
2. Identitario, ovvero il processo di separazione e individuazione.
I processi di separazione e di individuazione riguardano anche i genitori, i quali devono separarsi
dalle immagini dei loro figli e devono costruirne nuove e per farlo devono imparare a definirsi in un
modo nuovo. Infatti, la ridefinizione dei rapporti avviene in un contesto di reciprocità, ovvero
questo processo viene affrontato sia dai genitori che dai figli.
La ridefinizione dei rapporti richiede di risolvere reciprocamente 2 conflitti:
1. autonomia/dipendenza, vissuti da entrambi;
2. cura/controllo, caratterizzato dai genitori che hanno il desiderio di continuare ad accudire gli
adolescenti e la necessità ad esercitare una qualche forma di controllo, mentre i figli fanno fatica
ad accettare le forme di controllo e di cura, però alternano il rifiuto con l’espressione di essere
ancora accuditi o controllati.
Il rapporto tra adolescenti e genitori viene descritto da diverse prospettive:
• Prospettiva psicodinamica caratterizzata dai temi principali che sono:
1. Il secondo processo di separazione/individuazione affrontato da Anna Freud e Peter Blos;
2. La separazione della famiglia degli affetti analizzato da Charmet.
Per quanto riguarda il secondo processo di separazione/individuazione deve essere messo in atto
dai figli ed anche dai genitori e questo avviene attraverso:
1. Disinvestimento affettivo degli oggetti primari: i figli mettono in atto:
 attacchi svalutativi che possono diventare attacchi aggressivi dal punto di vista verbale;
 atteggiamenti che esprimono la ricerca di una separazione;
 atteggiamenti di apatia;
 Narcisismo, ovvero l’energia psichica affettiva viene tolta dai genitori e rivolta verso sé stessi;
 investimento sui pari, un partner o altre figure adulte che diventano figure significative come
persone adulte o persone famose;
2. Rinuncia della rappresentazione idealizzata dei genitori, i quali durante la fanciullezza venivano
rappresentati come perfetti, onnipotenti, onniscienti e durante l’adolescenza si allontanano da
questa rappresentazione idealizzata e questo comporta un lutto e sentimenti di tipo depressivo
ed i genitori iniziano ad essere visti come persone normali che hanno delle proprie identità al di là
del ruolo genitoriale.
Alcuni studiosi cercarono di operazionalizzare questa teoria di Blos, attraverso lo strumento EAS;
3. Rinuncia delle identità infantili, ovvero la rinuncia dell’identità di sé che si aveva quando si era
bambini, anche rispetto al corpo, accettando l’idea di un corpo che si sottrae agli accudimenti
genitoriali. Anche questo comporta un lutto, una condizione di isolamento, sentimenti depressivi.

Dal punto di vista dei genitori il secondo processo di separazione è stato descritto da Lutte ed è
caratterizzato da:
1. Riattivazione dei propri conflitti adolescenziali, ovvero molti genitori si rispecchiano nei figli e
vedere i propri figli oppositivi, svalutativi, conflittuali, riattiva i conflitti che loro stessi hanno
vissuto da adolescenti in un contesto culturale diverso;
2. Sindrome del nido vuoto, che indica diversi sentimenti di malinconia, di vuoto, di perdita, che il
genitore prova nel momento in cui i figli si allontanano dal nido. Oggi questa sindrome viene
spostata più avanti rispetto all’adolescenza;
3. Identificazione col proprio figlio, vedere quello che accade ai propri figli porta:
− da un lato a far riemergere quello che loro stessi hanno vissuto da adolescenti;
− ma porta anche a tornare indietro nella propria adolescenza e fare dei confronti tra come si è
ora, ovvero genitore e come si era prima.
Spesso l’adolescenza dei figli corrisponde alla mezza età dei genitori ed i genitori possono provare
una sorta di invidia verso i figli e può suscitare anche dei meccanismi di competizione con i propri
figli che sono seguiti da sensi di colpa;
4. Ridefinizione della propria identità genitoriale e di coppia ovvero capire come bisogna
comportarsi, quale stile educativo diventa più adeguato, come posso gestire la dialettica tra i
bisogni di autonomia del figlio e il dovere da genitore di esercitare un controllo, e tra la cura e il
controllo.

Pietropolli Charmet affronta il tema della trasformazione delle famiglie dalla famiglia delle regole
alla famiglia degli affetti:
− Per quanto riguarda la famiglia delle regole è presente negli anni ‘70 e l’obiettivo educativo di
queste famiglie era la trasmissione di norme, valori, regole. In queste famiglie vi era l’affetto, ma i
genitori dovevano far rispettare le regole, ed il ruolo materno e paterno erano ben distinti:
 Il padre occupava una posizione di superiorità e doveva far rispettare le regole, trasmettere i
valori e allontanare nel momento giusto il bambino dalla dimensione affettiva;
 Il ruolo materno era più affettivo.
Nella famiglia tradizionale, lo stile educativo principale è quello autoritario ed autorevole, in cui
si dà maggior importanza al controllo e non alla manifestazione dell’affetto.
− La famiglia degli affetti si è costruita con la messa in discussione della famiglia normativa, dagli
anni 70’ in poi. I genitori in queste famiglie danno sostegno e conforto nell’esplorazione di altri
aspetti, ma possono essere anche delle figure ingombranti.
Ci sono:
 aspetti positivi come l’abbandono dell’atteggiamento autoritario;
 aspetti negativi.
Nella famiglia degli affetti l’obiettivo non è la trasmissione di regole e di valori, ma la
manifestazione dell’affetto e di far crescere un adulto che sta bene psicologicamente, con diverse
relazioni.
Nella famiglia tradizionale i figli obbedivano ai genitori per paura di essere puniti, mentre nella
famiglia degli affetti ubbidiscono per non far un torto ai genitori, perché sono legati a loro da una
relazione affettiva.
I cambiamenti nella famiglia:
• Diminuzione degli eventi frustranti;
• Diminuzione regole;
• Negoziazione continua;
• Venir meno dei confini tra i membri della famiglia, sovrapporsi di ruoli tra madre e padre;
• Indebolimento del ruolo paterno;
• La messa in atto di processi di mantenimento dei figli nella famiglia.
Nei figli, questi cambiamenti hanno comportato:
1. Diminuzione dell’esperienza di frustrazione, della rinuncia, della mancanza, questo può essere
negativo, perché il pensiero nasce dall’assenza, quando qualcosa non c’è nasce il bisogno di
pensarla, per crescere bisogna superare il principio di piacere e affrontare il principio di realtà;
2. Intolleranza al dolore mentale, ovvero essendo abituati ad ottenere amore incondizionatamente,
si diventa incapaci di accettare il dolore mentale che si incontra nella vita, fuori dalla famiglia;
3. Difficoltà a separarsi e individuarsi;
4. L'assenza di limiti, ovvero dei NO, blocca l’esperienza trasgressiva e oppositiva.

In queste famiglie si è verificato un indebolimento del ruolo genitoriale, attraverso:


1. Rifiuto del modello autoritario, ma questo non ha comportato una definizione del ruolo
genitoriale al di là di quello di dare affetto;
2. Indebolimento del modello maieutico, aspetto educativo di tirare fuori le potenzialità;
Questo ha portato i genitori a non capire come bisogna comportarsi, quali stili educativi devono
mettere in atto e oscillano tra l’imposizione di regole e il patteggiamento delle regole, dunque, si
mostrano contraddittori ed ha una conseguenza negativa sui figli.

Secondo Charmet e collaboratori il passaggio dalla famiglia delle regole alla famiglia degli affetti ha
avuto ripercussioni sul ruolo paterno, a causa del rifiuto dell’identificazione in modelli paterni forti
e autoritari e si sono formate 3 forme estreme di paternità:
− Il padre disertore è quello che ha accettato il desiderio di maternità della partner, senza
impegnarsi nel ruolo e accettando di essere escluso e non svolge il suo ruolo;
− Il padre debole è debole perché non si fa valere ed in alcuni momenti, quando si rende conto
della sua debolezza mostra la sua autorità, dopo si sente in colpa, quindi, mette in atto dei
comportamenti contraddittori;
− Il padre geloso il quale si è identificato in modelli maschili di virilità e non accuditivi. Questi sono i
padri che si pongono nei confronti dei figli come se fossero dei loro amici, dei loro pari, quindi
anche in modo competitivo:
✓ cercando di prevalere nei confronti dei figli maschi;
✓ Vedendo le figlie come delle prede.
Questo viene considerata come una forma di paternità pericolosa.

Gli atteggiamenti delle madri nei confronti dei figli adolescenti, nei diversi momenti
dell’adolescenza sono:
1. Nella pre-adolescenza, pubertà, riguardo:
− al cambiamento del corpo, la madre vive le stesse preoccupazioni che viveva durante la
gravidanza, creando un’angoscia genetica, che in questa fase diventa un’angoscia sociale,
poiché la madre è preoccupata riguardo l’inserimento del figlio in contesti sociali nuovi dove vi
sono:
1. Valori diversi;
2. Amici non conosciuti;
3. Impossibilità di esercitare un controllo;
4. Riconoscimento del valore del figlio da parte degli altri.
− ai primi tentativi di autonomia, di allontanamento dei figli dai genitori, la madre prova una
mortificazione narcisistica, sente attaccata la sua immagine di una madre accuditiva e comporta
sentimenti depressivi, di perdita, di lutto.
La madre di fronte a questi vissuti può reagire in modi diversi:
− Cerca di trovare un compromesso tra il bisogno di controllo, di accudimento e il favorire la
crescita;
− Esercitare un controllo restrittivo nei confronti dei cambiamenti dei figli, anche rispetto al corpo;
− Potrebbe esercitare una negazione dei cambiamenti;
− Rinuncia al ruolo genitoriale, disinteressandosi a ciò che succede.

Per quanto riguarda la madre del giovane adulto, la preoccupazione materna è relativa al figlio
come partner di coppia, poiché si verifica la nascita di una relazione affettiva con una persona che
non è lei, questo deve essere rielaborato da parte della madre. Le nuove madri tendono a mostrarsi
accoglienti nei confronti della nuova coppia amorosa, favorendo il fenomeno della
familiarizzazione della coppia.
• Prospettiva psico-sociale e sistemica, le quali hanno analizzato le stesse tematiche:
1. Famiglia come sistema, formato elementi che sono interdipendenti;
2. Ciclo di vita della famiglia, ovvero la famiglia ha una storia, ovvero un ciclo di vita, all’interno del
quale vi sono diverse fasi, una fase significativa è quella dell’adolescenza di un figlio;
3. Adolescenza di un figlio come evento critico che apre una crisi che richiede al contesto di
affrontare questa crisi e di cambiare;
4. Prospettiva della reciprocità, la famiglia e l’adolescente si influenzano reciprocamente in una
sorta di impresa evolutiva congiunta.

La famiglia ha un ciclo di vita e quindi deve modificarsi e affrontare i compiti di sviluppo e durante
l’adolescenza i compiti di sviluppo sono:
1. Gestire la dialettica tra autonomia e dipendenza, da parte dei genitori e anche dei figli e per
farlo bisogna:
− Rinegoziare le relazioni in termini di parità e reciprocità;
− Sostenere l’autonomia e continuare a porsi come base sicura e quindi garantire dei legami di
attaccamento e un sostegno;
− Accettare e superare le oscillazioni, tra:
✓ il bisogno di autonomia e il bisogno di protezione verso il figlio;
✓ orgoglio e paura della perdita;
✓ controllo e la concessione della libertà;
✓ sindrome del nido vuoto e la riscoperta di un NOI di coppia;
2. Sviluppare delle nuove modalità di comunicazione, tra tutti i membri. Bisogna considerare le
modalità di comunicazione tra genitori e figli, ma anche all’interno della coppia genitoriale, la
quale deve ritrovare una dimensione più di coppia.
Vi sono studi che distinguono la comunicazione tra:
− madri e figli adolescenti, è più aperta;
− mentre vi è una minore comunicazione tra i padri e i figli.
Vi è inoltre il tema della segretezza, mantenere dei segreti nei confronti dei genitori è
un’espressione di autonomia, quindi coloro che mantengono dei segreti, mostrano livelli più alti
di autonomia, però comporta malessere psicologico, sentimenti di solitudine e depressivi.
3. Sviluppare nuovi stili educativi, che siano adeguati rispetto alle esigenze dei figli;
4. Gestire i conflitti, se la famiglia non riesce a risolvere questo compito, si distrugge. Il conflitto non
è un elemento negativo perché aiuta a crescere. Non è importante la quantità di conflitti, ma ciò
che rende un conflitto distruttivo dipende dal contesto in cui avviene il conflitto:
− Non è distruttivo se avviene in un contesto di coesione;
− se avviene in una famiglia in cui i membri sono distanziati, il conflitto diventa distruttivo.

Per quanto riguarda gli stili educativi dei genitori con figli adolescenti sono:
• Sostegno all’autonomia, tollerare i bisogni di autonomia dei figli, senza frustrarli, facendo
percepire al figlio di essere approvato;
• Il parental monitoring èlo stile più adeguato per dare benessere ai propri figli caratterizzato:
✓ dalla supervisione del genitore non in maniera intrusiva;
✓ Dalla conoscenza di gran parte di quello che riguarda la vita dei loro figli, ma non perché
controllano i loro figli, ma perché sono i figli stessi a mostrare un atteggiamento di apertura nei
confronti dei genitori. Questo può realizzarsi se i genitori sono capaci di mostrare:
1. Il parental solicitation, ovvero i genitori mostrano interesse per i comportamenti dei figli e li
sollecitano a parlarne;
2. Il parental control, i genitori esercitano un controllo affettivo e pongono delle regole;
3. In famiglia c’è un clima comunicativo, per cui i figli raccontano ciò che fanno ai genitori.
Questa condizione comporta benessere nei figli, mostrano successo sociale, una buona vita
relazionale, minoranza di condotte a rischio.
• Prospettiva dell’attaccamento, portata avanti da Massimo Ammaniti, secondo il quale un buon
legame di attaccamento anche nell’adolescenza porta a sviluppare la funzione riflessiva, ovvero la
mentalizzazione, l’autore propone l’idea di un processo non di distanziamento ma di ridefinizione
dell’attaccamento. Vi sono delle fasi in cui i legami di attaccamento tornano ad essere importanti,
ovvero:
− come il bambino piccolo per poter esplorare un ambiente nuovo ha bisogno di percepire nel
contesto una sicurezza che è data dall’attaccamento forte con una figura di riferimento;
− allo stesso modo l’adolescente per poter esplorare ciò che è al di fuori della famiglia, nuove
relazioni ha bisogno di autonomia, ma allo stesso tempo ha bisogno di sentirsi sicuro rispetto ai
legami principali ovvero con i genitori e con i pari.

Si è diffusa questa idea della necessità di offrire un sostegno alla genitorialità, perché
l’adolescenza è la fase del ciclo della famiglia in cui i compiti evolutivi sono complessi. Quindi non
soltanto gli adolescenti hanno bisogno di aiuto per affrontare i compiti di sviluppo, ma anche le
famiglie possono avere bisogno di sostegno.
Le iniziative di aiuto alle famiglie condividevano degli obiettivi:
• Dare ai genitori delle competenze educative e comunicative;
• Potenziare queste competenze;
• Aiutarli a definire meglio il proprio ruolo genitoriale.
Il sostegno alla genitorialità deve essere garantito soprattutto in alcune situazioni, ovvero:
− Nelle famiglie vulnerabili, caratterizzate da povertà economica, culturale, ovvero famiglia con
problemi sociali;
− Famiglie con figli disabili, che richiedono un maggior impegno ai genitori, i quali devono
comprendere le caratteristiche dell’autismo ed imparare ad interagire ed interpretare il
comportamento dei figli;
− Famiglia con adolescenti in difficoltà, ovvero con problemi comportamentali, abuso di sostanze.

Vi sono diverse modalità di sostegno alla genitorialità:


• Interventi strutturati in gruppi ampi;
• Incontri di counseling individuale;
• Gruppi di scambio e di comunicazione.
Il sostegno alla genitorialità, dal momento che ha diverse forme può essere svolto da diverse figure,
a seconda del tipo di necessità richiesta come: pedagogisti, educatori, ASL, scuole, reparti
ospedalieri, associazioni.

Vi sono dei modelli di riferimento per gestire il sostegno alla genitorialità:


• Modello tecnico, fornisce un training su competenze specifiche, finalizzato a modificare il
comportamento dei genitori. Questo modello è orientato all’approccio cognitivo-
comportamentale;
• Modello accademico, di tipo informativo, finalizzato a trasmettere delle conoscenze;
• Modello esperienziale, modello psicodinamico, che riunisce piccoli gruppi di genitori che vengono
invitati a riflettere insieme sulle loro esperienze.

Lavorare con adolescenti in contesti diversi:


La modalità di concepire, organizzare e utilizzare il setting nell’intervengo psicologico-clinico è
collegato all’approccio teorico e alle metodologie che il clinico utilizza nel proprio lavoro.
Per quanto riguarda il contratto:
• A scuola stipula un contratto, ovvero tutto ciò che andremo a fare. Nel contratto vi è il nome del
progetto, i destinatari di questo progetto ed inoltre bisogna verificare che le famiglie vengano
informate riguardo un determinato progetto che si sta intrattenendo in una scuola;
• In studio il contratto bisogna stipularlo ugualmente, attraverso dei moduli dove vi è indicato tutto
ciò che lo psicologo andrà a fare con l’adolescente.
È fondamentale sia nella scuola che nello studio privato, concordare prima dell’inizio del progetto o
della consulenza, chi parteciperà all’incontro e spiegare il significato della sua presenza ed il ruolo
che avrà all’interno del progetto.
Riguardo gli spazi:
• la scuola ha degli spazi definiti, come le aule che hanno diversi vincoli: banchi, sedie, lavagna.
Bisogna entrare in classe e non mettersi alla lavagna, perché non dobbiamo fare lezione, ma
bisogna togliere i banchi e mettere le sedie a cerchio, perché anche com’è disposto un
arredamento fa la differenza nel modo di comunicare. Bisogna sedersi in mezzo a loro, per
favorire un clima di comunicazione, questo non significa che gli permettiamo di fare confusione,
ma bisogna mantenere delle regole. Quando si entra in una classe bisogna concordare delle
regole e se loro sono disposti ad accettarle. Bisogna formare un gruppo che ascolta e che se non è
d’accordo esprima il proprio pensiero, ma nel rispetto dell’altro;
• Anche nello studio bisogna dare gli strumenti agli altri per capire come ci muoveremo, quanti
incontri vogliamo fare, come ci si comporta rispetto al segreto professionale. Bisogna spiegare ai
genitori che non andremo a raccontare i dettagli di ciò che il ragazzino ci racconta, ma nel caso in
cui emergono situazioni importanti i genitori devono sapere.
Un'altra differenza tra la scuola e lo studio è che:
• a scuola il lavoro di gruppo viene privilegiato anche se all’interno della scuola vi sono degli
interventi individuali;
• in studio è difficile lavorare in gruppo perché è difficile trovare ragazzini che stanno affrontando
la stessa tematica e che possano confrontarsi.
La scuola è un osservatorio privilegiato, poiché si entra in contatto con diversi ragazzi e si assiste ai
cambiamenti tra adolescenti di diversi contesti.
Le emozioni che i ragazzi esprimono relativamente alla propria crescita e alla relazione con gli altri
sono: insicurezza, tristezza, timore e paura, imbarazzo, confusione, gioia e amore, eccitazione,
coraggio. Le due modalità in cui uno psicologo è a scuola:
• Figura istituzionale, ovvero fa parte della scuola e può fare sportello di ascolto, progetti di
accoglienza, orientamento, incontri genitori, formazione agli insegnanti;
• Figura non istituzionale, ovvero un esperto che collabora con la scuola, fa progetti ed è chiamato
a specifiche situazioni; oppure può seguire un ragazzo nel suo studio privato, venga coinvolto dai
genitori per aver un confronto con la scuola e con alcuni insegnanti.
Gli ambiti di intervento:
• Continuità scolastica, ovvero supportare il passaggio tra gli ordini di grado di una scuola;
• Orientamento scolastico, si lavora con i ragazzini individualmente per aiutarli a comprendere
quale possa essere la scuola migliore per loro;
• Difficoltà di apprendimento;
• Educazione alla salute;
• Situazioni di disabilità;
• Supporto per situazioni specifiche all’interno della scuola, ma anche dedicato agli insegnanti;
• Dispersione scolastica, cercare di comprendere quali sono le difficoltà che rendono difficile ad un
ragazzino l’accesso a scuola e l’investimento nello studio;
• Formazione e aggiornamento dedicato agli insegnanti, ma anche ai genitori.
Per realizzare un progetto bisogna attenersi ad un codice deontologico che prevede:
• Linguaggio chiaro e semplice e comprensibile a tutti;
• Progetti sintetici e schematici, non troppo lunghi, senza entrare nei dettagli;
• Prevedete tempi e costi realistici, ovvero la scuola non ha tanto tempo da dedicare o fondi da
investire;
• Scegliete un tema che vi appassioni e di cui siete competenti;
• Appoggiarsi ad associazioni o colleghi che già collaborano nella scuola.
Schema di riferimento su come realizzare un progetto:
• Bisogna scegliere un titolo ed un sottotitolo;
• Una premessa, ovvero ciò che si vuole portare all’interno della scuola, sintetici, chiari;
• Gli obiettivi del progetto, specificare 3-4 obiettivi;
• Chi sono i destinatari;
• Le metodologie che verranno utilizzare, senza entrare nel dettaglio ed indicare i tempi;
• I contenuti che verranno affrontati;
• La verifica, ovvero bisogna pensare ad uno strumento che possa verificare com’è andato un
determinato intervento. Chiedere all’inizio cosa si aspettano e chiedere alla fine se le aspettative
sono state realizzate;
• I costi, non devono essere esagerati.
Le abilità dello psicologo richieste per lavorare a scuola sono:
• Saper lavorare con il gruppo di classe, ovvero riuscire a tenere un gruppo, a farsi rispettare;
• Capacità di ascolto e di osservazione delle dinamiche, è importante avere l’idea di ciò che accade
all’interno del gruppo;
• Flessibilità, ma non troppa, si possono assecondare alcune esigenze che nascono all’interno del
gruppo, ma non bisogna far decidere agli alunni ciò bisogna fare all’interno della classe.
Non bisogna permettere agli altri di snaturare il progetto.
Le aspettative che gli insegnanti hanno sull’entrata dello psicologo a scuola sono irrealistiche. Vi
sono anche delle resistenze da parte degli insegnanti, come:
• la paura di essere controllati e giudicati;
• Hanno avuto esperienze negative;
• Fanno fatica ad accogliere ciò che diciamo;
• Hanno bisogno di rassicurazioni sul loro lavoro.
I ragazzi si aspettano:
• un adulto che li ascolti e che dia voce ai loro pensieri;
• fare esperienza di una modalità di lavoro attiva, non una lezione frontale;
• di poter avere risposte alle loro domande.
Un obiettivo importante è quello di lasciare una traccia, potrebbe essere che sia la prima volta che i
ragazzi si confrontano con uno psicologo, avendo avuto un’esperienza positiva, in futuro, se
avranno un momento negativo, tenderanno a rivolgersi allo psicologo.
NELLO STUDIO PROFESSIONALE
Ogni seduta è unica, ogni terapeuta ha il suo stile, ma vi sono alcuni ingredienti che devono essere
garantiti. Bisogna esplicitare il proprio modello, condividere le regole di lavoro e creare delle
alleanze. L'incontro con i genitori, il primo contatto arriva tramite: E-mail; Telefonata; Sms.
La telefonata ci permette di avere informazioni in più.
Lo psicologo:
• osserva, come si guardano i genitori;
• ascolta, cosa si dicono;
• Chiede, bisogna fare delle domande, poche, efficaci;
• Sente, se c’è tensione, partecipazione;
• Prende appunti, non sempre è utile perché potrebbe dar fastidio, non si può osservare.
Non bisogna essere convinti di avere già le risposte dopo il primo colloquio, inoltre se mancano
degli elementi si potrebbe richiede un altro incontro.
Dopo aver fatto firmare il consenso ai genitori, si potrà accogliere il ragazzo.
Gli adolescenti sono abbastanza autonomi, capita che i genitori vogliano rimanere fuori, ma
l’adolescente non si sente libero di parlare. Quando il ragazzino arriva, bisogna farlo sentire a
proprio agio. Il focus del primo incontro non è quello di analizzare il problema che lo ha portato lì,
ma conoscerlo, aiutandolo a descriversi.
Gli strumenti
Per quanto riguarda il colloquio, bisogna prestare attenzione al ritmo dell’eloquio, alle parole usate
a quelle più ricorrenti, i silenzi, le emozioni, i comportamenti che accompagnano il parlato o i silenzi
e tutto ciò che a che fare con la comunicazione non verbale.
Le informazioni che raccogliamo durante il primo colloquio ci fanno capire quali strumenti possiamo
utilizzare come il disegno, la musica, le serie, i sogni ed eventuali test. Quando usiamo uno
strumento dobbiamo capire il perché lo utilizziamo, cosa vogliamo analizzare ed ottenere. Bisogna
usare solo strumenti che conosciamo.
La musica, capire che musica ascoltano, magari ascoltano un gruppo, bisogna farsi spiegare,
descrivere i testi e dobbiamo anche noi informarci su questo gruppo. Alcuni ragazzi scrivono
musica.
I sogni sono un altro strumento molto utile.
I disegni, bisogna tenere conto dove viene disegnato, da che parte si inizia se da destra, da sinistra,
come nell’albero ad esempio, il tempo che ci si impiega.
Il test del villaggio, si chiede ai ragazzi di costruire un villaggio, attraverso i vari procedimenti, il
ragazzo descrive le proprie tappe dello sviluppo e le situazioni che in quel momento lo mettono in
difficoltà. Dopo bisogna fare delle domande, di chiedere di narrarci.
Per quanto riguarda la restituzione deve essere preparata con il ragazzo, bisogna rassicurarlo che
manterrete il segreto professionale e concorderete con lui le cose importanti su ci i genitori devono
essere informati. La restituzione è la conclusione della consulenza con l’adolescente.
Vi sono due ingredienti fondamentali per fare lo psicologo sono:
• la supervisione
• l’analisi personale, ovvero è necessario aver risolto le proprie questioni personali.
Autonomia emotiva
Il raggiungimento dell’autonomia significa diventare adulti, ovvero una condizione di
autoregolazione. Il bisogno di autonomia nasce:
• con la pubertà e il raggiungimento di un corpo adulto, la separazione dai genitori diventa una
necessità;
• dai cambiamenti a livello cognitivo, ovvero la trasformazione del pensiero che da operatorio
concreto diventa ipotetico-deduttivo porta l’adolescente a guardarsi dentro, sviluppando la
capacità di regolarsi dall’interno;
• dai cambiamenti che avvengono dal punto di vista sociale, ovvero un progressivo spostamento di
focus dalla famiglia verso i coetanei.
L'autonomia è un costrutto complesso e vi sono diverse dimensioni di autonomia riguardano:
• Livello cognitivo, fa riferimento al pensiero che è un pensiero indipendente enon subisce la
pressione del pensiero degli altri e riguarda gli aspetti mentali;
• Livello comportamentale fa riferimento al controllo delle azioni, dei comportamenti;
• Livello affettivo fa riferimento alle emozioni e agli affetti, ai sentimenti.
Vi sono 3 livelli di autonomie secondo che tendono ad intrecciarsi:
1. Autonomia comportamentale, essere capaci di prendere delle decisioni, di perseguire i propri
obiettivi in modo autonomo, essere in grado di assumersi la responsabilità delle proprie azioni. I
ragazzi vorrebbero più autonomia dal punto di vista comportamentale, rispetto a quanto i genitori
sono disposti a concedere. L'autonomia comportamentale porta a maggiori conflitti all’interno
delle famiglie, perché riguarda le decisioni riguardo le uscite, l’abbigliamento, gli amici.
L'esplorazione esterna che avviene durante l’adolescenza porta a venire a conoscenza di abitudini
diverse nelle altre famiglie ed a rivendicare nella propria famiglia delle nuove forme di autonomia.
Un individuo può considerarsi autonomo dal punto di vista comportamentale quando è in grado di
non subire la pressione dei pari.
2. Autonomia valoriale, fa riferimento ai valori, ai principi e anche questa è una conseguenza
dell’allontanamento dall’ambito familiare e dalla conoscenza di altri ambiti, dove si viene a contatto
con valori diversi rispetto a quelli trasmessi all’interno della famiglia. L’adolescente rivendica la
possibilità di pensare in modo autonomo, di farsi guidare da pensieri, principi e valori diversi da
quelli acquisiti nella famiglia. In questo caso il livello cognitivo si intreccia con quello
comportamentale, perché i valori, i principi guidano il comportamento.
Il raggiungimento dell’autonomia valoriale dipende dallo sviluppo morale, ovvero il passaggio da:
• una moralità di tipo convenzionale, legata al pensiero degli altri;
• ad una moralità post-convenzionale, che è basata un ragionamento che esula dal confronto con
gli altri e che agisce liberamente.
Questa viene acquisita durante l’adolescenza, ma non è detto che tutti gli individui acquisiscano
questo livello, ovvero sono in grado di mettere in discussione i valori della propria comunità, per
proporre dei valori nuovi.
L'autonomia valoriale riguarda anche gli ambiti identitari, perché facendo propri alcuni valori,
l’individuo si definisce nell’ambito della politica, della religione.
Vi sono diverse ricerche importanti:
• Quella di Goosens e Marcoen in cui è emerso che quando gli adolescenti e i giovani adulti
esplorano l’ambito identitario dei valori, hanno punteggi più alti per quanto riguarda la solitudine
nei confronti dei genitori. Dunque, l’esplorazione identitaria dei valori è correlata
all’allontanamento dei genitori;
• Questo risultato è emerso anche in una ricerca che ha analizzato l’esplorazione e l’impegno dei
ragazzi nei confronti di alcuni ambiti identitari in relazione con il sentimento di solitudine e la
ricerca di solitudine, attraverso lo strumento di Goosens. Ed è emerso che riguardo all’ambito di
esplorazione dei valori, si osservava una maggiore correlazione con la ricerca della solitudine, ma
anche del sentimento di solitudine nei confronti dei genitori;
3. Autonomia emotiva, Steinberg e Silverberg hanno definito l’autonomia emotiva come la capacità
di regolare e definire la relazione affettiva con i genitori.
L’autonomia emotiva esprime la dialettica tra autonomia e connessione.
Gli autori cercano di operazionalizzare la teoria di Blos del secondo processo di
separazione/individuazione ed hanno affermato che l’acquisizione dell’autonomia emotiva
comporta il fatto che i ragazzi tendono ad abbandonare le concezioni idealizzate dei genitori e
cercano dei nuovi modelli di identificazione.
Nella letteratura scientifica possiamo individuare due posizioni distinte:
• Una prospettiva di Steinberg e Silverberg che hanno voluto operazionalizzare la teoria di Blos,
cercando di realizzare uno strumento capace di studiare questo processo ed hanno avviato un
dibattito DETACHMENT DEBATE, dibattito sul distacco;
• Secondo la nuova prospettiva, l’autonomia emotiva è un processo continuo di negoziazione, in
cui tra adolescenti e genitori diventa importante trovare un equilibrio tra bisogni di esplorazione
e autonomia e di mantenimento della relazione.
In queste due prospettive la dialettica tra autonomia e connessione si esprime diversamente:
• Nella prima prospettiva il focus è sulla separazione ovvero sul disinvestimento affettivo e la
relazione con i genitori può essere definita solo dopo aver messo in atto il distacco ed avere
costruito nuove relazioni esterne;
• Nella seconda prospettiva la conquista dell’autonomia emotiva avviene attraverso una
negoziazione reciproca, ovvero entrambi, adolescenti e genitori, devono impegnarsi per
mantenere un equilibrio, ovvero:
− da una parte riuscire a rendersi autonomi;
− dall’altra parte continuare a percepire supporto dai propri genitori.
Questo è possibile attraverso impresa evolutiva congiunta e di protezione flessibile, ovvero i
genitori devono adattarsi alle esigenze che vengono mostrate dai figli che possono essere:
− esigenze di autonomia;
− O bisogni di connessione, di continuare a percepire il supporto dei genitori.

Steinberg e Silverberg promuovono il costrutto di Emotional Autonomy e lo strumento Emotional


Autonomy Scale che serve a valutare l’autonomia emotiva ed hanno individuato 4 dimensioni
dell’autonomia emotiva che sono le quattro sottoscale dello strumento:
1. La non-dipendenza dai genitori si riferisce alla capacità di fare affidamento sulle proprie risorse,
non su quelle dei genitori nella soluzione di un problema;
2. L'individuazione, ovvero la capacità di percepirsi come persone autonome;
3. La percezione dei genitori come persone è la conseguenza della deidealizzazione;
4. La deidealizzazione, consiste nell’abbandonare la percezione che si aveva nell’infanzia dei genitori
che era idealizzata, fino ad arrivare a percepire i genitori come persone comuni.
Questo strumento è formato da 20 item divisi in 4 sottoscale, rispetto alle quali i ragazzi devono
esprimere un grado di accordo:
1. Nella scala della deidealizzazione genitoriale e chi ottiene dei punteggi alti, ovvero esprime un
alto grado di accordo, non ha ancora deidealizzato i genitori;
2. Nella scala della percezione dei genitori come persone, un alto grado di accordo con questi item
comporta l’aver compreso che i genitori possono essere diversi al di là del loro ruolo genitoriale.
3. Nella scala della non dipendenza, un alto grado di accordo con questi item, dimostra come i
ragazzi non sono ancora indipendenti dai genitori.
4. Nella scala dell'individuazione, un alto grado di accordo dimostra che il ragazzo non si è
identificato.
I risultati ottenuti da diverse ricerche sono risultati controversi, perché:
• in alcune ricerche i punteggi alti di autonomia emotiva risultavano essere correlati a variabili di
benessere, ovvero i ragazzi avevano una buona stima di sé, una buona relazione con gli altri,
assenza di condotte a rischio;
• nella maggior parte delle ricerche risultava che quelli che avevano punteggi più alti di autonomia
emotiva, erano quelli con malessere psicologico, bassa stima di sé, difficoltà nelle relazioni con gli
altri, condotte a rischio.
Si è creato un dibattito in cui i ricercatori cercavano di comprendere perché si verificava ciò e come
si poteva risolvere. Successivamente è stato dimostrato che i ragazzi con alta autonomia emotiva
mostravano:
• problemi di internalizzazione come: depressione; ansia; solitudine;
• problemi di esternalizzazione come: uso di sostanze; comportamenti aggressivi; consumo di alcol;
disadattamento psicosociale.
Successivamente attraverso ricerche, si è capito che vi era una variabile discriminante ovvero quella
della percezione di sostegno dei genitori:
• Quando gli adolescenti continuavano a percepire di essere sostenuti con i genitori ed avevano
punteggi alti di autonomia emotiva, vi erano punteggi alti di benessere;
• Quando gli adolescenti non percepivano questo supporto, la conquista dell’autonomia emotiva
comportava un distacco e non una separazione e questo comporta malessere.
Dunque, bisogna trovare un equilibrio tra queste due istanze, ovvero il bisogno di autonomia e il
bisogno di mantenimento di un legame, che non sono istanze opposte ma sono due facce della
stessa medaglia.

Alcuni ricercatori hanno provato ad utilizzare questo strumento, con gli stessi item, ma dandogli
una struttura diversa, ovvero hanno individuato 7 sottoscale, riorganizzate in due dimensioni di
separazione e distacco, dunque, sono state formate 2 scale formate da 2 sottoscale:
• Una formata di item che presentano la separazione in modo positivo. Alti punteggi indicano che il
processo di separazione è in atto e comporta la formazione di una rappresentazione di sé e dei
genitori come individui separati;
• Dall'altra item che riguardano il distacco dai genitori.
Questa struttura permette di distinguere coloro che avevano raggiunto l’autonomia emotiva in
termini di separazione o di distacco.

In una ricerca di Corsano e collaboratori sono stati confrontati 24 ragazzi con abuso di sostanze tra i
17 e 20 anni, con un gruppo di coetanei con sviluppo tipico, utilizzando:
• l’Emotional Autonomy Scale;
• per indagare l’aspetto di solitudine la Louvain Loneliness Scale for Children and Adolescents.
Da questa ricerca è emerso che gli adolescenti con abuso di sostanze presentavano punteggi più
elevati di distacco e anche sentimenti di solitudine nei confronti dei pari:
• È nella norma che si provi solitudine nei confronti dei genitori;
• non lo è quando la solitudine viene provata nei confronti dei pari.

Per quanto riguarda la nuova prospettiva dell’autonomia emotiva come negoziazione, descrive la
sana autonomia come risultato di un contesto familiare che riesce a soddisfare entrambi i bisogni
degli adolescenti, ovvero quello di separazione e di mantenimento di un legame. Sia l’autonomia
che la connessione sono due bisogni evolutivi fondamentali:
• Bisogno di autonomia: separazione, individuazione;
• Bisogno di connessione: relazione, supporto, attaccamento.
Questi due bisogni emergono in tutte le fasi evolutive, ma diventano centrali nel periodo
dell’adolescenza, poiché vi è la necessità di trovare un equilibrio tra queste due istanze.
Sonia Ingoglia e Allen hanno individuato 4 profili di autonomia e connessione:
1. Profilo degli individuati, sono coloro che mostrano alti punteggi di autonomia emotiva e alti
punteggi di percezione del sostegno genitoriale. Questi soggetti hanno superato il processo di
separazione/individuazione nel modo migliore e non presentato sintomi di internalizzazione o
esternalizzazione o solitudine;
2. Profilo dei connessi, questi mostrano un’alta percezione di supporto genitoriale, ma hanno
punteggi più bassi di autonomia, poiché avendo un’alta percezione del supporto genitoriale non
hanno dei bisogni forti di autonomia. Questi mostrano benessere psicologico e corrispondono alla
categoria degli adolescenti di oggi;
3. Profilo dei distaccati, caratterizzati da alti livelli di autonomia, ma una bassa percezione del
supporto genitoriale e mostrano una condizione di malessere;
4. Profilo degli ambivalenti, rappresenta una categoria difficile da definire.
Secondo questa ricerca gli individuati e gli ambivalenti sono la minoranza, mentre prevalgono i
connessi e i distaccati.

Il processo di costruzione dell’autonomia riguarda tutta la famiglia e avviene grazie all’alternarsi


tra i diversi membri di comportamenti verbali e non. Vi sono dei sistemi che codificano la
comunicazione tra genitori e figli adolescenti con l’obiettivo di individuare degli stralci di
comunicazione da cui emerga o l’autonomia o la connessione, e come si reagisce se contrastando
o promuovendo o l’autonomia o la connessione.
Vi sono 2 sistemi, in cui vengono proposte delle sedute dove la famiglia deve discutere:
1. Il Family Interaction Coding System viene chiesto alla famiglia di parlare insieme per venti minuti,
avendo come oggetto della conversazione la programmazione di una vacanza;
2. Sistema di Codifica di Autonomia e Connessione riguarda un genitore con un figlio ed è
caratterizzato da una discussione di 8 minuti, su alcuni temi spinosi che recentemente sono stati
affrontati dalla diade.
Sono state individuate delle categorie che permettono di codificare la conversazione in termini di
autonomia di connessione:
• Secondo Grotevant e Cooper:
Quelle che riguardano l’autonomia sono:
− Autoaffermazione, quando genitore o figlio, dice qualcosa mostrando di avere consapevolezza
del proprio punto di vista e di assumersi la responsabilità;
− Separatezza, quando il comportamento di un individuo esprime la distinzione del proprio sé
dall’altro, tu la pensi così io la penso in un altro modo.
Quelle che riguardano la connessione:
− Permeabilità, quando l’individuo manifesta di essere responsivo verso le idee degli altri, ovvero
da una risposta che fa capire di avere colto ciò che l’altro ha detto;
− Mutualità, riguarda il cogliere ciò che dice l’altro mostrando rispetto e sensibilità verso le idee
dell’altro, manifestando il voler mantenere una connessione con i membri della famiglia, anche
se si tratta di un tema spinoso.
• Secondo Ingoglia e Allen vi sono 4 macrocategorie che fanno riferimento all’autonomia e
alla connessione:
1. Favorire l’autonomia avere sicurezza nell’affermare pensieri e opinioni;
2. Inibire l’autonomia, ritrattare una posizione, un membro della famiglia può inibire l’autonomia
dell’altro, fare pressione sull’altra finché sia d’accordo;
3. Favorire la connessione, domande rivolte all’altro ovvero la ricerca di informazioni, essere
d’accordo con l’altro;
4. Inibire la connessione, affermazioni svalutanti verso l’altro esplicite o implicite.

Secondo gli autori a seconda della frequenza di determinati comportamenti comunicativi è possibile
distingue 3 stili di dialettica tra autonomia e connessione:
• Stile di inibizione alla connessione, non riconoscere il bisogno di connessione e comporta
difficoltà nello sviluppo dell’Io e sintomi di esternalizzazione;
• Stile di inibizione all’autonomia, il non riconoscere il bisogno di autonomia e comporta
depressione, scarso sviluppo dell’io;
• Connessione autonoma, caratterizzato dalla promozione della connessione e dell’autonomia e
dal benessere psicologico e comporta: un’autostima elevata; uno sviluppo dell’Io, una buona
costruzione dell’identità; una minoranza di depressione e sintomi di esternalizzazione;

Nell'età adulta, gli individui con uno stile:


• di connessione autonoma nel contesto relazionale avranno: soddisfazione nelle relazioni; intimità
e vicinanza con i pari e con il partner;
• di inibizione dell’autonomia e della connessione avranno: una percezione di distacco con i pari e
con il partner; insoddisfazione nelle relazioni.

Adolescenza e vissuto di malattia: sfide e cambiamenti


Un bambino pensa che la malattia sia una conseguenza alle sue biricchinate, quindi lo vive come
una punizione, mentre l’adolescente con capacità cognitive ed emotive diverse, comincia ad avere
una consapevolezza diversa sia dell’ospedalizzazione che della malattia.
Quando si parla di malattia, in alcuni casi vi è un accesso all’ospedale, con conseguente
ospedalizzazione.
La psicologia clinica distingue l’evento traumatico e non traumatico. Un evento traumatico è un
evento per il quale l’individuo teme per la propria vita o per quella del proprio caro.
La condizione di malattia di un bambino o di un adolescente comporta una sofferenza
multicomponenziale che comporta la modificazione di molte aree di vita, anche il loro rapporto con
i genitori, l’adolescente si trova nel secondo processo di separazione/individuazione e dal momento
che l’ospedalizzazione bisogna farla con la madre o con il padre, dunque, si ritrova con il genitore
affianco e l’aspetto di privacy viene filtrato dal genitore.
Il paziente adolescente è nella fase in cui sta affrontando le tappe evolutive e quindi potrebbe
avere diverse reazioni alla malattia, anche estreme, ma bisogna comprenderle.
La malattia e l’ospedalizzazione implicano:
• Coinvolgimento della sfera corporea, un corpo che stava bene ad un certo punto esperisce dei
sintomi che hanno suscitato la preoccupazione del ragazzo. Il corpo sul quale l’équipe
infermieristica agisce continuamente attraverso prelievi, flebo. Il corpo viene limitato, poiché i
bambini e gli adolescenti hanno un corpo attivo, ma quando si verifica un problema questi sono
costretti a stare in un letto, inoltre possono esservi delle limitazioni funzionali causate da
interventi medico-sanitari;
• La sfera affettivo-emotiva, poichè si provano emozioni come paura, preoccupazione, ansia;
• La sfera sociale, ovvero quando vi è una malattia con conseguente ospedalizzazione, le routine
quotidiane dell’adolescente vengono stravolte vengono modificate e alcune volte compromesse.

Le caratteristiche della malattia sono:


• Livello di gravità, vi sono patologie più gravi e meno gravi;
• Durata, che può essere:
− acuta, a rapida insorgenza, a rapida remissione;
− Prolungata, che dura diverso tempo;
− Cronica, ovvero quelle patologie che non hanno possibilità di remissione, ma potrebbe esservi
una remissione dei sintomi, ma la malattia non va via;
• Visibilità, ovvero vi sono malattie visibili agli occhi;
• Esiti e menomazioni fisiche, come le amputazioni e queste possono avere delle complicazioni dal
punto di vista psicologico del paziente;
• Dolore, ovvero vi sono malattie che comportano un dolore cronico;
• Incertezza e imprevedibilità della sintomatologia, ad esempio un adolescente epilettico o
asmatico che non sanno quando si verificherà una crisi.
Quando si parla di malattia acuta, è un processo a rapida insorgenza e spesso a rapida evoluzione
e remissione. La guarigione può essere veloce e l’adattamento a questo tipo di malattia comporta
un cambiamento delle routine familiari in un tempo breve. Nel caso di ospedalizzazione, la famiglia
si trova moderatamente destabilizzata dal cambio repentino delle abitudini e dai vissuti emotivi, ma
saprà adattarsi a questo nuovo contesto dal momento che questo tipo di malattie comportano un
ritorno a casa non tardivo, infatti, queste malattie comportano un’ospedalizzazione da 24h ad
alcune settimane.
La malattia cronica è caratterizzata da sintomi dai quali non è possibile guarire. Nella malattia
cronica sono presenti periodi di:
• Remissione nei quali i sintomi diminuiscono o sono maggiormente sopportati;
• Riacutizzazione in cui la malattia diviene più difficile da gestire.
Sono malattie in cui si curano i sintomi, ma non è prospettata una guarigione definitiva.
L'ospedalizzazione è frequente ed i periodi di ricovero sono medio-lunghi e richiedono
un’assistenza a lunga durata. I genitori quando vi è una malattia cronica reagiscono diversamente
rispetto ad una malattia acuta, poiché si tratta di una malattia difficile da trattare ed hanno a che
fare con sentimenti di impotenza ed accettazione.

La malattia comporta vissuti psicologici ed emotivi che si differenziano tra gli individui dai 0 ai 18
anni. Nei ragazzi con una malattia si verifica una modifica delle relazioni, prima riguardavano i pari,
ora riguardano le relazioni con l’équipe, inoltre vi è una condizione di solitudine che non è ricercata.

L'adolescenza è un periodo di rapide trasformazioni sul piano fisico, psicologico e relazionale:


• È una fase delicata dello sviluppo;
• L'adolescente deve rispondere a diversi compiti evolutivi finalizzati alla conquista dell’autonomia
e di un’identità, anche corporea. A causa dei normali cambiamenti fisiologici, l’immagine
corporea si modifica rapidamente e richiede continui adattamenti nella ricerca di una nuova
identità.
Ed i ragazzi che stanno vivendo questi cambiamenti, sono portati a vivere ulteriori cambiamenti
dovuti alla patologia e l’obiettivo del lavoro psicologico è quello di far si che queste esperienze non
diventino traumatiche.
L'ospedalizzazione e le restrizioni imposte dai trattamenti, riducono le opportunità di sviluppo
tipiche del periodo adolescenziale.
Nell'adolescente la crisi dovuta alla malattia si inserisce in un momento di fisiologici cambiamenti:
• I cambiamenti fisici sono vissuti con maggiore difficoltà;
• L'immagine corporea e l’identità personale vengono minacciate;
• Senso di diversità dai pari;
• Il processo di separazione/individuazione dai genitori viene interrotto;
• Viene minacciato il senso di autonomia;
• Si interrompe la possibilità di frequentare scuola e amici;
• Si interrompe la possibilità di avere un lavoro;
• La maturazione sessuale si modifica.
Dunque, la malattia è problematica per l’adolescente perché:
• Contrasta il processo di autonomia;
• Può creare il timore di sentirsi diverso dagli altri;
• Può compromettere i risultati scolastici e stabilire relazioni con i pari.
Quando vi è una malattia si verificano aspetti di regressione, ma anche di evoluzione, ovvero si
verifica una crescita dal punto di vista emotivo e psicologico, l’adolescente diventa più
responsabile.

Le fasi del processo di elaborazione della malattia da parte dell’adolescente e della famiglia parte
da un adattamento fisiologico:
• La risposta emotiva della persona che si ammala può differenziarsi;
• L'adattamento emotivo e psicologico alla malattia è un processo lungo e complesso;
Nel processo di elaborazione vi sono 4 fasi:
1. Fase di shock, si verifica un accertamento diagnostico, che comporta ansia e paura.
Successivamente la comunicazione della diagnosi crea:
− una reazione psicologica ed emotiva intensa;
− uno stato di shock;
− sentimenti di incredulità e diniego che creano una paralisi emotiva nella persona.
Per affrontare gli stati emotivi dolorosi provati nelle fasi iniziali, la persona tende a difendersi
adottando il meccanismo di difesa della negazione, che permette di distanziarsi da una realtà
dolorosa e di metabolizzare in modo graduale.
2. Fase di reazione, in cui la persona comincia a prendere consapevolezza della realtà che sta
vivendo attraverso strategie adattive e funzionali di fronteggiamento della situazione stressante.
Vi sono meccanismi di difesa che aiutano a gestire la sofferenza come:
• Regressione, ovvero il paziente manifesta l’esigenza di essere accudito, sostenuto;
• Proiezione, ovvero il paziente esprime sentimenti di rabbia e ostilità verso i medici ed i familiari,
attribuendo a loro la causa della propria malattia;
• L'isolamento d’affetto, ovvero il paziente parla della propria malattia con indifferenza, come se
non lo riguardasse direttamente.
3. Fase di elaborazione il paziente deve affrontare una situazione di vita mutuata rispetto a quella
che era la sua vita prima dell’insorgenza della patologia. In questa fase i pazienti tendono a
parlare della vita prima e dopo la malattia, come se l’insorgenza della malattia avesse creato una
frattura con la loro vita precedente. In questa fase la persona tende a dare un senso a quanto
accaduto, ricercando un nuovo livello di adattamento e concentrando le energie in
comportamenti mirati alla tutela della propria salute.
4. Fase di ri-orientamento, comporta l’attribuzione di nuovi significati alla propria esistenza,
includendo il vissuto di malattia. In questa fase le visite di controllo o la comparsa di sintomi lievi,
possono riacutizzare problematiche esistenziali esperite durante la malattia.
Inoltre vi è la crescita post-traumatica, vi sono diversi studi che indagano:
− quanto la malattia ha inciso nel percorso di vita successivo;
− quanto l’individuo ha la percezione di essere diventato una persona migliore.

Per quanto riguarda le conseguenze psicologiche della malattia:


• Le patologia organica comportano stress per il paziente e per i familiari;
• Comportano vissuti emotivi, come: ansia, paura, tristezza;
• La malattia e il ricovero possono comportare un disagio psicologico o un trauma.
Le emozioni dell’adolescente di fronte alla malattia sono:
• rabbia, per la scoperta della malattia, per le rinunce che questa comporta. Questa comporta
comportamenti rischiosi, disfunzionali, come uso di alcol e droghe, rischio di non aderenza al
trattamento;
• paura, di mostrarsi debole e di manifestare reazioni infantili a causa di procedure mediche
dolorose; paura di essere sfigurato; paura di morire; paura e ansia nei confronti dei farmaci e dei
loro effetti a breve e lungo termine;
• Tristezza;
• ansia e vergogna di spogliarsi, di mostrare il loro corpo, nei confronti dei pari e dell’équipe
medica;
• Depressione che si manifesta attraverso un ridotto funzionamento sociale, come isolamento e
ritiro sociale;
• forte instabilità emotiva.

Tra i fattori di rischio vi sono:


1. Pregressa esposizione ad eventi stressanti e traumatici, come lutti di familiari con la stessa
patologia, malattie di familiari;
2. Pregressi stati di disagio psico-emotivo, ovvero ragazzi che in passato hanno vissuto ansia e
depressione;
3. Convinzioni distorte, come non guarirò mai;
4. Abilità di coping poco funzionali, ovvero ragazzi abituati ad affrontare situazioni stressanti
attraverso comportamenti di evitamento o aggressivi;
5. Isolamento rispetto alla rete familiare e amicale;
6. Impossibilità di mantenere le proprie abitudini.
I fattori protettivi sono:
1. Ricevere informazioni sulla patologia e sui trattamenti;
2. Avere la possibilità di fare domande e poter ricevere risposte chiare;
3. Poter esprimere liberamente sentimenti e paure;
4. Avere genitori in grado di non sovraccaricare il giovane con le proprie paure;
5. Sapere che il personale medico è disponibile ad un confronto diretto e sincero;
6. Mantenere le proprie abitudini e disporre di momenti di svago finalizzati a distogliere l’attenzione
della malattia;
7. Precoce identificazione dello stato di sofferenza psico-emotiva.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come uno stato di completo benessere
fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia.
Durante il percorso della malattia il binomio fisico-mentale ha acquistato importanza grazie al
modello bio-psico-sociale, questo garantisce un approccio globale al paziente.
È utile che i pazienti vengano supportati dal punto di vista psicologico nel loro percorso di cura,
affinché lo stato di guarizione fisica si affianchi a quella psicologica.

La psicologia ospedaliera si occupa:


− di rilevare il distress, valutare le strategie di coping del sistema familiare, sostenere l’adattamento
psicoemotivo, fisiologico;
− di integrare gli aspetti emotivi nella cura clinica.
Gli obiettivi della psicologia in ospedale sono:
• Migliorare la qualità del percorso di cura e di assistenza;
• Potte attenzione al vissuto dei malati e dei loro familiari e degli operatori sanitari;
• Integrare il binomio mente-corpo per migliorare la prestazione assistenziale.

La psicologia pediatrica si occupa:


• degli aspetti psicologici, emotivi e comportamentali del bambino/adolescente malato e della sua
famiglia;
• di offrire sostegno al bambino/adolescente malato e alla sua famiglia.
Lo psicologo pediatrico effettua degli interventi di supporto psicologico tenendo conto:
• Delle esigenze del singolo e della famiglia;
• dell’età evolutiva, ovvero prende in considerazione le tappe di sviluppo tipiche.
Lo psicologo pediatrico:
• Individua i bisogni del bambino e della famiglia in tutte le fasi del percorso di cura;
• Supporta dal punto psicologico ed emotivo il bambino/adolescente e la sua famiglia;
• Previene eventuali disordini dello sviluppo che possono emergere durante la malattia.
Lo psicologo è presente nella fase di:
• valutazione diagnostica, si inizia a conoscere la famiglia;
• Comunicazione della diagnosi, ovvero quando la sintomatologia presentata ha un nome;
• Fase di trattamento e terapie, fase in cui gli adolescenti e la famiglia si sentono proattivi poiché
capiscono che vi è una strada da poter percorrere;
• Fase di follow-up, sono quelle situazioni in cui il paziente torna in reparto per effettuare dei
controlli. Lo psicologo cerca di contenere l’ansia e la paura che la malattia possa ripresentarsi;
• Fase del fine vita ed elaborazione del lutto, vi sono delle situazioni in cui le cure non portano alla
guarigione e si arriva a fasi del fine della vita. Per gli adolescenti è maggiormente difficile rispetto
ai bambini.

Lo psicologo si occupa di valutare:


• il distress psico-emotivo che può interferire con le abilità di coping, ovvero di fronteggiamento
della situazione stressante di malattia;
• Valuta le strategie di coping che vengono messe in atto dal paziente e dalla famiglia:
1. Strategie di coping attive di fronteggiamento della situazione stressante;
2. Strategie improntate all’aggressività;
3. Strategie improntate all’evitamento.
• Fornisce sostegno psicologico ed emotivo;
• Valutare i bisogni del paziente e della sua famiglia;
• Favorire l’adattamento psico-emotivo fisiologico;
• Valutare l’adattamenti disfunzionale;
• Organizzare attività con i volontari, gli insegnanti;
• Effettua interventi di formazione del personale;
Vi sono diversi livelli dell’assistenza:
1. Primo livello a carattere preventivo, fornito anche alle famiglie che non richiedono un intervento
specifico ed una valutazione periodica delle risorse di coping e dei bisogni della famiglia, ogni tre
mesi. I pazienti che si fermano a questo livello sono caratterizzato da un basso rischio psico-
sociale.
2. Un secondo livello a carattere di presa in carico diagnostica e di contenimento emotivo riguarda
gli interventi rivolti a pazienti e familiari che richiedono un aiuto individuale o su segnalazione di
altri operatori. I pazienti che accedono a questo livello sono considerati a medio rischio psico-
sociale.
3. Terzo livello rivolto ai pazienti e familiari caratterizzato da componenti psicopatologiche, si tratta
di un intervento di sostegno psicologico, psicoterapia individuale o familiare, attivazione del
servizio sociale. A questo livello d’intervento accedono casi considerati ad alto rischio psico-
sociale.
Lo psicologo con il bambino o l’adolescente:
1. Lo conosce;
2. Effettua una valutazione riguardo a come era il bambino prima e quali difficoltà ha ora;
3. Analisi dei bisogni;
4. Sostegno in tutte le fasi di malattia per favorire l’adattamento;
5. Stimola l’attuazione di strategie di coping proattive;
6. Favorisce l’espressione delle emozioni e di riconoscerle;
7. Favorisce e supporta le comunicazioni con l’équipe;
Lo psicologo con la famiglia:
1. Conosce i genitori;
2. Colloquio riguardo la storia di vita del nucleo;
3. Rilevazione dei bisogni;
4. Stimola le strategie di coping adattive;
5. Sostiene il genitore alla cura di sé;
6. Supporto alla genitorialità;
7. Individua delle strategie cognitive, emotive, comportamentali e relazionali efficaci nella gestione
del bambino;
8. Attenzione sui vissuti psico-emotivi dei fratelli;
9. Favorisce le comunicazioni e il dialogo con l’équipe.
Quando le cure finiscono si verifica:
• la ripresa del processo di separazione/individuazione tra genitori e figli e anche tra genitori e
l’équipe e la ripresa dell’autonomia dei figli;
• il re-inserimento in una quotidianità da parte del giovane.
Lo psicologo con l’équipe:
1. Offre un sostengo agli operatori sanitari;
2. Partecipa alle riunioni di équipe;
3. Condivide informazioni riguardanti la famiglia e il bambino nel rispetto della privacy;
4. Favorisce comunicazione con il bambino/adolescente e la famiglia;
5. Integra gli aspetti psicologici ed emotivi nella cura clinica;
6. Favorisce il dialogo e il confronto tra gli operatori a diversi livelli.
Ogni operatore ha un ruolo relazionale e psicologico, ma non è uno psicologo/psicoterapeuta, lo
Autodeterminazione
Un aspetto dell’autonomia è l’autodeterminazione ovvero un costrutto che è stato introdotto
attraverso il modello Self Determination Theory, secondo il quale un individuo ha una percezione di
sé positiva, quando riesce a raggiungere l’autodeterminazione, ovvero un livello di
autoregolazione, sente di essere motivato dall’interno.
L’autodeterminazione rappresenta la componente motivazionale dell’autonomia.
Vi sono 2 concetti fondamentali di questa teoria:
• I bisogni di base, gli individui possiedono dei bisogni di base che quando vengono soddisfatti
l’individuo accede all’autoregolazione interna che lo porta a sentirsi autodeterminato. I bisogni di
base sono 3:
− Competenza, questo bisogno risulta soddisfatto quando l’individuo sperimenta di essere capace
e di produrre un effetto voluto o un esito positivo e di evitare gli esiti negativi. Il
soddisfacimento di questo bisogno avviene attraverso 2 processi:
1. la conoscenza delle proprie abilità;
2. la consapevolezza delle strategie utili al saper fare.
Il soddisfacimento di questo bisogno comporta la messa in atto di forme di controllo
dall’interno, sull’azione e sulla realtà esterna ed essere capaci di esercitare un effetto
sull’ambiente, comporta il sentirsi autoregolati e autonomi.
− Connessione, riguarda la necessità di avvertire di essere parte di un tutto, di sperimentarsi
come capaci e degni di essere amati e di amare. Il bisogno di relazione appare soddisfatto
quando:
1. l’individuo realizza il contatto con gli individui;
2. le proprie richieste vengono accolte;
3. percepisce un senso di connessione con il mondo esterno.
I processi che comportano il soddisfacimento di questo bisogno sono quelli relativi alla
costruzione di schemi relazionali, dai quali emerge:
− un’idea di sé come individuo separato;
− Un'idea della relazione in termini di sicurezza, di amore, di connessione.
− Autonomia, bisogno di separazione, ovvero avere l’esigenza di percepirsi come separati dagli
altri, di esistere come individui che hanno un’identità propria e distinta. L’individuo soddisfa
questo bisogno quando sperimenta sé stesso come regolatore delle proprie azioni. I processi
legati a questo bisogno sono quelli di autoregolazione.
Competenza, connessione e autonomia sono le dimensioni principali del sistema del sé, poiché i
processi attraverso i quali queste istanze vengono soddisfatte permettono all’individuo di costruire
le caratteristiche del proprio modo di essere nelle varie situazioni.
• Il continuum motivazionale fa riferimento all’idea che ci sia un continuum della motivazione,
da un estremo di motivazione esterna, ad un estremo di motivazione interna, quando:
− un individuo può essere mosso da qualcosa di esterno, si tratta di motivazione esterna;
− l'autodeterminazione si colloca alla motivazione interna.
I contesti possono favorire o meno il soddisfacimento dei bisogni attraverso 3 caratteristiche:
• Struttura, si intende la dimensione della definizione dei confini e dei limiti, quindi un contesto
può essere più strutturato o meno. Una relazione strutturata è coerente e stabile, al contrario in
assenza di struttura l’individuo percepisce incoerenza, instabilità;
• Sostegno all’autonomia, fa riferimento al bisogno di autonomia. Il sostegno all’autonomia viene
percepito all’interno di una relazione come il bisogno di separazione e di controllo interno delle
proprie azioni;
• Coinvolgimento, fa riferimento al bisogno di connessione e riguarda una relazione o un contesto
socio-culturale in cui l’individuo percepisce di essere accettato e partecipe di un tutto e
sperimenta un senso di appartenenza. Al contrario egli percepirà un senso di isolamento e un
sentimento di solitudine.
Le caratteristiche del contesto sono legate anche alla cultura di riferimento che può essere:
• Di tipo colletivistico darà più importanza al coinvolgimento;
• Di tipo individualistico darà più importanza al supporto all’autonomia;
Le caratteristiche del contesto possono avere significato diverso, maggiore o minore salienza
rispetto a:
• Dominio di vita, ovvero la casa, la scuola, gruppo dei pari.
• Fase evolutiva dell’individuo, ovvero le caratteristiche dei contesti hanno un diverso effetto
anche in base all’età.
Il continuum motivazionale
A seconda di quanto un individuo sente che i propri bisogni di base sono soddisfatti, sviluppa delle
modalità di autoregolazione nelle varie situazioni che lo porteranno a sentirsi più o meno
autodeterminato e questo si trova su una linea:
• ad un estremo abbiamo l’essere autodeterminato;
• all’altro vi è l’assenza di motivazione, in cui l’individuo non percepisce alcun tipo di controllo sulle
proprie azioni.
L’autodeterminazione si sviluppa quando l’individuo comprende di essere motivato dall’interno e
quando ha interiorizzato valori, norme e comportamenti attraverso regolazioni interne o esterne.
Il continuum è rappresentato dal passaggio da:
1. Amotivazione, ovvero assenza di intenzione ad agire;
2. Motivazione esterna, regolata da meccanismi di ricompense e punizioni;
3. Motivazione introiettata, ovvero meccanismi di approvazione/disapprovazione anche interni, si
tratta di un controllo esterno che è stato introiettato;
4. Motivazione identificata, ovvero meccanismi riferiti a valori personali;
5. Motivazione integrata, in cui i valori personali vengono integrati nel sistema del sé;
6. Motivazione intrinseca, muove un’azione piacevole e soddisfacente.
Quanto più un individuo sente di essere intrinsecamente motivato tanto più sperimenta autonomia,
autoefficacia.

Le ricerche sugli adolescenti hanno preso in considerazione:


• Il soddisfacimento dei bisogni di base:
− In adolescenza percepire di aver soddisfatto i bisogni di autonomia e connessione è correlato
con benessere fisico, emotivo e sociale.
− Se il bisogno competenza se non viene soddisfatto negli adolescenti comporta depressione.
− Gli adolescenti che manifestano maggiore esplorazione e impegno e si trovano in uno stato di
acquisizione dell’identità, mostrano di avere soddisfatti i tre bisogni di base.
• Le dimensioni del contesto che sono struttura, coinvolgimento e sostegno all’autonomia. Molte
ricerche hanno dimostrato che quando la scuola e la famiglia presentano il sostegno
all’autonomia, questo favorisce negli adolescenti:
− L'impegno nello studio
− La stima di sé
− Adattamento psicologico e sociale
− Diminuzione dello stress scolastico
• Le ricerche hanno dimostrato come l’autodeterminazione, è correlato:
− Impegno scolastico;
− Impegno nella ricerca del lavoro;
− Capacità di coping;
− Competenza sociale coi coetanei.

Le ricerche riguardanti la relazione tra autodeterminazione e solitudine in adolescenza, analizzano


come la conquista dell’autonomia è accompagnata da un incremento dell’esperienza di solitudine.
Uno studio importante con 108 soggetti adolescenti ha valutato:
• Frequenza comportamento solitario;
• Autonomia della motivazione attraverso 3 item;
• Sentimento di solitudine, attraverso strumento UCLA;
• Benessere, attraverso un questionario che valutava gli aspetti di soddisfazione per la vita.
Da questa ricerca è emerso che la frequenza di comportamento solitario è correlata a un
sentimento di solitudine e malessere, ma solo se la motivazione a stare soli è esterna, mentre se la
motivazione a stare da soli è interna, il malessere diminuiva.

Uno studio di Beiswenger un campione di 200 adolescenti e giovani adulti, utilizzando uno
strumento chiamato FASIB, ovvero Frequency of and Autonomy for Solitary and Interpersonal
Behavior, che valuta la frequenza e il grado di motivazione rispetto al comportamento solitario e
interpersonale. Questo strumento ha valutato:
• Sentimento di solitudine rispetto ai pari;
• Confort nella solitudine, ovvero quanto l’individuo stava bene o meno da solo;
• Benessere soggettivo;
• Depressione;
• Ansia sociale;
• Social distress.
Questa ricerca hanno dimostrato che:
• la motivazione autonoma interna è correlata al confort nella solitudine, ovvero più una persona è
motivata internamente a stare da sola, più mette in atto comportamenti solitari, stando bene;
• Inoltre vi è una correlazione tra malessere e motivazione controllata esterna a stare soli. Il
malessere associato al comportamento solitario:
− non dipende dalla frequenza dei comportamenti ovvero da aspetti quantitativi;
− ma da aspetti qualitativi, si riferiscono al tipo di motivazione, ovvero se una persona sta da sola
perché ha una motivazione interna difficilmente andrà in contro al malessere, mentre se un
adolescente tende a stare da solo perché mosso da una motivazione esterna, percepirà un
maggiore malessere.

Corsano e colleghi hanno applicato il modello di Beiswenger, con circa 1.000 soggetti di età
compresa tra i 13 e i 20 anni. L'obiettivo era quello di indagare:
• la motivazione al comportamento solitario e interpersonale;
• il sentimento di solitudine e l’attitudine positiva o negativa nei confronti di questa esperienza.
Gli strumenti utilizzati sono:
• FASIB, vi sono 40 item, 20 per il comportamento solitario e 20 per quello interpersonale che
valutano il diverso grado di motivazione, da esterna a intrinseca. Dai risultati sono emerse
differenze per età e per genere:
− rispetto all’età è emerso che la motivazione autonoma, ovvero interna aumenta con il crescere
dell’età, infatti, con il passare degli anni, aumenta anche il livello di autonomia. Inoltre:
 tra i ragazzi più giovani è presente una condizione di amotivazione al comportamento
solitario, ovvero una condizione in cui i ragazzi non sono neanche consapevoli perché stanno
da soli;
 all' aumentare dell’età aumenta la consapevolezza del perché si sta da soli ed anche la
motivazione autonoma, ovvero interna.
− Le differenze di genere sottolineano una motivazione interna al comportamento solitario più
alta nelle ragazze rispetto ai ragazzi.
• LLCA composto da 48 item in 4 sottoscale che valutano il sentimento di solitudine nei confronti
dei genitori e dei pari, l’affinità e l’avversione nei confronti della solitudine. Sono emerse anche
qui delle differenze riguardo l’età e il genere:
− l’affinità alla solitudine è maggiore nei ragazzi più grandi;
− le ragazze mostrano un punteggio più elevato riguardo al sentimento di solitudine nei confronti
dei pari.

Secondo Pearson che vi è una relazione positiva tra:


• Motivazione autonoma al comportamento solitario è correlata ad un'attitudine positiva per la
solitudine;
• Motivazione esterna al comportamento solitario è correlata con il sentimento di solitudine;
• Assenza di motivazione al comportamento solitario è correlata al sentimento di solitudine nei
confronti dei pari, ovvero coloro che non sanno perché stanno da soli.
Riguardo la frequenza è emerso:
• Una relazione positiva tra comportamenti solitari e l’attitudine positiva verso la solitudine;
• Una relazione negativa tra comportamenti interpersonali, e il sentimento di solitudine verso i
pari.
Per quanto riguarda l’autodeterminazione, questi dati dimostrano che è fondamentale distinguere
la motivazione da esterna a interna, poichè si possono avere delle conseguenze diverse di
benessere o malessere.

È stato realizzato un nuovo strumento per indagare la motivazione della solitudine ovvero il
Motivation for Solitude Scale – Short Form, che comprende 14 item suddivisi in 2 sotto-scale:
1. solitudine autodeterminata, motivata dall’interno;
2. solitudine non autodeterminata, motivata da motivazioni esterne.
È stato affermato che:
• La solitudine non autodeterminata:
− è correlata con il sentimento di solitudine, la depressione e l’ansia sociale;
− è negativamente correlata con il benessere e con lo sviluppo dell’identità;
• La solitudine autodeterminata è correlata positivamente con il benessere, l’accettazione di sé;

La costruzione dell’identità in adolescenza


Studiare l’adolescenza in tutte le sue dimensioni, significa studiare un processo di ridefinizione o di
costruzione di una nuova identità, attraverso:
• i cambiamenti del corpo, i processi di rimentalizzazione del corpo contribuiscono a costruire
l’identità del corpo;
• Le relazioni con i pari;
• Relazioni sentimentali con un partner;
• Le relazioni con i genitori.
L’adolescenza è un percorso di costruzione dell’identità adulta:
• Nel ciclo di vita, poiché il processo di costruzione dell’identità dura tutta la vita, ma trova
nell’adolescenza un periodo critico;
• Nei contesti di vita, poiché i contesti rappresentano il contenitore nel quale dare significato alle
proprie esperienze e in cui sperimentarsi.
Parallelamente al processo di costruzione del sé, l’individuo acquisisce un’identità, ovvero un
sentimento coerente e stabile di ciò che l’individuo è, questo non significa che l’individuo non possa
cambiare nel corso della vita, al contrario si attribuisce sempre più qualità, caratteristiche, però il
sentimento di ciò che si è deve rimanere costante:
• Sia in senso diacronico, ovvero attraverso un’integrazione del proprio passato e del futuro;
• Sia sincronico nei diversi contesti di vita.
Dunque nonostante i cambiamenti ed il suo modo di porsi all’interno di contesti di vita diversi, la
persona mantiene un sentimento stabile ovvero l’identità che è composta da vari domini:
Identità corporea; sessuale; relazionale; sociale; culturale; professionale; politica; religiosa.
In ogni dominio la persona costruisce una percezione di sé e queste diverse percezioni devono
integrarsi in un’identità, se questo non accade l’individuo raggiunge la diffusione o confusione,
ovvero vi sono tanti ambiti diversi che vengono esplorati ma non vengono elaborati.

Vi sono diversi approcci riguardo la costruzione dell’identità durante l’adolescenza:


• Prospettiva psicodinamica, in cui lo studio dei processi di costruzione di identità si focalizza sul
secondo processo di separazione/individuazione. Il processo di costruzione dell’identità viene
espresso in termini di individuazione e si ottiene attraverso un percorso di separazione dagli oggetti
di identificazione infantile, ovvero le immagini interiorizzate dei genitori e dei sé infantili.
I processi che favoriscono l’individuazione sono:
− Disinvestimento affettivo;
− Deidealizzazione;
− Nuove identificazioni;
− Rispecchiamento;
− Mentalizzazione.
Gli stati affettivi causati da questo processo di identificazione possono essere:
♦ sentimenti negativi come la solitudine, l’apatia;
♦ Sentimenti positivi, come l’apertura sociale, la ridefinizione dei legami di attaccamento.
• Prospettiva psicosociale analizza gli stati di identità ed il processo di esplorazione e impegno.
Erikson definisce l’identità dell’io come un sentimento di percepire di essere sé stessi anche nel
tempo e nei diversi contesti.
Secondo l’autore:
1. la costruzione dell’identità è un processo che avviene durante tutto il ciclo di vita, che è
fondamentale nell’adolescenza;
2. il tema principale della vita dell’individuo è la continua ricerca dell’identità;
3. la vita umana viene vista è formata da una serie di stadi, ognuno dei quali è caratterizzato da un
dilemma e l’esito del dilemma è il prodotto della:
− dotazione biologica, ovvero la modalità di funzionamento organico;
− l’ambiente socio-culturale, ovvero la risposta che l’ambiente dà all’individuo;
− l’organizzazione dell’esperienza personale.

Il ciclo di vita é formato da 8 stadi ognuno caratterizzato da un dilemma diverso:


1. Fiducia/sfiducia dilemma del primo anno di vita;
2. Autonomia/ vergogna dilemma tra i 2-3 anni;
3. Iniziativa/senso di colpa dilemma della seconda infanzia;
4. Industriosità/inferiorità dilemma della fanciullezza;
5. Identità/diffusione di identità, dilemma dell’adolescenza;
6. Intimità/isolamento dilemma dell’età adulta;
7. Generatività/stagnazione dilemma della medio età;
8. Integrità/disperazione dilemma dell’età anziana.
Tutti questi stadi sono significativi per la ricerca dell’identità.
Erikson si focalizza sul periodo dell’adolescenza, ovvero il primo momento in cui l’individuo cerca di
fare una sintesi ed è necessario considerando le importanti trasformazioni che sono in atto. Il
dilemma in questa fase è tra l’aspetto dell’integrazione e quello della confusione/diffusione.
L'autore oltre a queste due parole, introduce anche l’espressione MORATORIA PSICOSOCIALE, per
definire un periodo di sospensione, ovvero un vuoto tra la sicurezza dell’infanzia e l’incertezza di
quello che dovrà essere raggiunto in futuro, ovvero l’autonomia della vita adulta. Secondo l’autore
la società aiuta gli adolescenti, perché li lasciano liberi dalle responsabilità e liberi di sperimentarsi
in diversi ruoli. Dopo questa fase devono effettuare una scelta per il proprio futuro.
I processi messi in atto sono:
− L'identificazione, ovvero l’abbandono delle identificazioni precedenti e la scelta di nuovi modelli;
− La sperimentazione/esplorazione, ovvero la messa in gioco di sé in diversi ruoli sociali, senza un
impegno preciso, ma attraverso la proiezione. In questa fase si verifica il moratorium, ovvero la
fase in cui gli adolescenti si esplorano;
− La scelta/impegno, ovvero processi di selezione tra i diversi ruoli che hanno sperimentato, di
confronto con gli altri e di integrazione di tutte le identità in una nuova identità;
− La funzione riflessiva, ovvero la capacità di dare significato emotivo-affettivo ai propri stati
mentali.
Il processo di formazione dell’identità può essere:
• Positiva, poiché l’individuo sperimenta diversi ruoli e cerca di scegliere ciò che diventerà;
• dolorosa, poiché comporta una scelta tra le diverse prospettive e può comportare delle rinunce.
L'esito di questo processo di esplorazione e di scelta può essere:
− Positivo ovvero si verifica la costruzione dell’identità dell’Io, caratterizzata da coerenza, di
consapevolezza dei propri limiti e delle proprie possabilità;
− Negativo, comporta la diffusione o confusione dell’identità, l’individuo esplora diversi ruoli, senza
riuscire a rielaborarli per realizzare un’integrazione.

Marcia ha cercato di operazionalizzare la teoria di Erikson, attraverso il modello degli stati di


identità, l’autore per valutare l’esplorazione e la scelta ha utilizzato diversi questionari in cui
venivano valutati i diversi domini dell’identità.
Marcia descrive i processi:
− Esplorazione, ovvero la ricerca e valutazione di diversi elementi identitari;
− Scelta, ovvero l’investimento stabile su obiettivi, ruoli e credenze che caratterizzano la propria
identità.
Dall'articolazione di questi due processi, Marcia individua 4 stati di identità:
1. Identità acquisita/realizzata, ovvero l’esplorazione seguita da impegno;
2. Moratorium, prevalenza dell’esplorazione, motivata dal desiderio di trovare identificazioni
migliori;
3. Blocco o chiusure dell’identità, ovvero impegno senza esplorazione. L'individuo non esplora le
possibilità, ma si impegna in identità che sono adeguate per lui;
4. Diffusione dell’identità, ovvero la prevalenza di esplorazione superficiale.
La prevalenza di impegno è presente nell’acquisizione dell’identità e in quello di blocco, però:
− Nello stato di acquisizione dell’identità l’impegno è preceduto da uno stato di esplorazione;
− Mentre nel blocco, si è verificato un processo di identificazione in valori considerati importanti,
che hanno impedito un’esplorazione.
Prevalenza di esplorazione è presente nello stato di moratorium e nello stato di diffusione:
− Nello stato moratorium, gli individui sono andati in contro ad un’esplorazione profonda, ma non
sono ancora soddisfatti;
− Mentre nello stato di diffusione, comporta un ‘scillazione da un’identificazione ad un’altra senza
impegno.
Vi sono diverse ricerche che hanno studiato la relazione tra gli stati di identità e le variabili psico-
sociali:
− Acquisizione dell’identità comporta un’immagine di sé positiva, coerenza e apertura mentale;
− Moratorium è correlato ad un’immagine positiva, ma anche ad ansia, incertezza per il futuro;
− Blocco, caratterizzato da scarsa stima di sé e scarsa autonomia, però può esservi una sicurezza di
sé, poiché si sa già cosa si vuole essere nei vari domini;
− Diffusione comporta bassa stima di sé, apertura mentale.

L’acquisizione e il moratorium sono stati alti, mentre il blocco e la diffusione sono stati bassi di
benessere. Altre ricerche sostengono che il benessere o il malessere dei diversi stati di identità
dipendono da altre variabili come:
− il genere, per le ragazze uno stato alto è rappresentato anche dallo stato di blocco;
− la cultura, questa amplifica l’adesione ai valori tradizionali, il fatto che un individuo aderisca a
questi valori senza sperimentarne altri, lo fa stare meglio, dunque in alcune culture lo stato di
blocco è associato a benessere.

Alcuni autori hanno provato a credere che questi stati, potessero essere interpretati come degli
stadi: dal moratorium fino ad arrivare all’acquisizione dell’identità.
Secondo Marcia invece, un adolescente può passare da uno stato di esplorazione, a quello
dell’acquisizione di un’identità, ma può rimettere in discussione e ricominciare una nuova
esplorazione. Inoltre, Bosma afferma che l’individuo può trovarsi in stati diversi a seconda del
dominio, non è detto che un individuo abbia acquisito un’identità in tutti i suoi domini.

Il modello di Berzonsky, sostiene che l’identità è una struttura cognitiva che interpreta le
esperienze. Vi sono 3 stili cognitivi di identità:
1. Stile informativo, tipo esplorativo, ricorda il moratorium, di fronte una determinata esperienza,
un individuo cerca delle informazioni;
2. Stile normativo, blocco, la persona cercherà di interpretare un’esperienza facendo riferimento ai
valori, alle credenze delle quali è già in possesso;
3. Stile diffuso/evitante, la diffusione, ovvero di fronte alle diverse esperienze, mantiene un
atteggiamento evitante, tende a rimandare le scelte.

Il modello di Crocetti e Meeus cerca di delineare i processi di esplorazione e impegno ed anche gli
stati e vengono individuati due cicli dinamici per spiegare i processi identitari:
− Formazione dell’identità: esplorazione in profondità, impegno, riconsiderazione impegno;
− Mantenimento dell’identità, impegno, conferma e investimento sull’impegno.
In questo modello non viene tenuto conto solamente dell’esplorazione e dell’impegno ma anche
della riconsiderazione dell’impegno, ovvero l’individuo sperimenta, si impegna, ma può
riconsiderare l’impegno iniziando una nuova esplorazione.
Da questi due cicli si formano diversi stati dell’identità:
− Acquisizione, impegno ed esplorazione e una minore riconsiderazione dell’impegno, alto
benessere;
− Early Closure, vi è un maggiore impegno, una minore esplorazione e una minore riconsiderazione
dell’impegno, comporta benessere;
− Monitorium, minore impegno ed esplorazione, maggiore riconsiderazione, comporta problemi
internalizzanti ed esternalizzanti;
− Searching moratorium, caratterizzato da un maggiore impegno ed esplorazione e una maggiore
riconsiderazione;
− Diffusione, comporta un minore impegno, esplorazione e riconsiderazione, comporta un basso
adattamento.
• Prospettiva culturale vi sono due filoni di studi:
− Lo studio della narrazione di Bruner, secondo il quale le persone attraverso il pensiero narrativo
organizzano gli eventi in sequenza, attribuiscono significati e costruiscono delle memorie
autobiografiche, le quali sono dei nuclei di identità.
L'individuo attraverso la narrazione:
 Costruisce la propria identità, dimensione interna;
 La esprime all’esterno attraverso il linguaggio, dimensione sociale.
Il pensiero narrativo:
 È il processo attraverso il quale si costruisce il sé, l’identità;
 Può svelare diversi aspetti significativi dell’identità.
Secondo Bruner il pensiero narrativo si attiva in presenza di situazioni insolite, ovvero in presenza di
cambiamenti, soprattutto in adolescenza, per dare significato agli eventi e ai cambiamenti e per
rilevare gli indicatori del sé, ovvero delle parole che rimandano a delle modalità dell’individuo di
rappresentarsi. Questi indicatori sono:
1. Azione, sono le azioni in cui il soggetto è coinvolto e possono esprimersi attraverso i verbi;
2. Impegno, sono le adesioni in progetti che si esprimono attraverso verbi modali, come volere,
potere o verbi come scegliere;
3. Risorse, sono le strategie interne o esterne che l’individuo impiega per raggiungere gli obiettivi o
per affrontare delle situazioni difficili;
4. Riferimento sociale, riguarda i legami sociali in cui il soggetto è collocato;
5. Coerenza, sono tentativi di dare coerenza alla presentazione di sé, trovando una logica,
soprattutto temporale, come prima, dopo, poi;
6. Qualità sono degli attributi del sé, attraverso aggettivi, verbi descrittivi;
7. Riflessività, ovvero i tentativi di riflettere su di sé, espressi con verbi come pensare, riflettere;
8. Valutazione, ovvero la volontà di esprimere un giudizio sugli eventi o sul proprio modo di essere;
9. Localizzazione, le modalità con cui il soggetto si colloca nel tempo e nello spazio.

Dietro gli indicatori vi sono diverse dimensioni del sé:


− Il sé psicologico, ovvero stati mentali, emozioni, credenza;
− Il sé sociale, localizzazioni e i riferimenti sociali;
− Il sé agito, si esprime attraverso azioni, impegno;
− il sé categoriale, si esprime attraverso qualità, caratteristiche;
− il sé esteso nel tempo e nei contesti, attraverso le localizzazioni e gli indicatori temporali.

La Confalonieri ha analizzato delle narrazioni di adolescenti per individuare gli indicatori del sé ed è
emerso che:
− gli adolescenti utilizzano tutti gli indicatori ma si descrivono prevalentemente attraverso il
riferimento sociale, gli indicatori di qualità e azione;
− all’aumentare dell’età aumentano gli indicatori di riflessività e diminuiscono quelli di azioni;
− le ragazze utilizzano maggiormente indicatori di qualità, riflessività.

• Prospettiva culturale, analizza l’identità nei contesti digitali e gli adolescenti rappresentano sé
stessi in rete attraverso modalità diverse.
La presenza dei giovani sui social network risponde a diverse esigenze evolutive di tipo identitario:
• Bisogni di appartenenza, di sentirsi parte di un tutto;
• Bisogno di connessione, di avere delle relazioni;
• Bisogno di visibilità che altri si accorgano di lui.
Fornire informazioni su di sé attraverso i diversi canali permette all’individuo di avere un maggior
tempo per selezionare, controllare le informazioni su di sé.
I ragazzi in rete presentano di sé attraverso:
• Informazioni di base: età, genere, scuola;
• Dati personali: mail, status sociale, foto, amici;
• Dati particolari: credo politico/religioso, opinioni, orientamento sessuale.
All’aumentare dell’età gli adolescenti diventano più riservati.
I ragazzi:
1. Presentazioni stereotipate, scelgono foto che possono essere gradite dagli altri;
2. Controllo dei contenuti;
3. Strategia di presentazione che possono essere più oneste o meno oneste, ovvero si tende a dare
un’immagine più positiva di sé;
4. Ricerca della gratificazione sociale.
I ragazzi più introversi, ansiosi tendono a presentarsi in modo più idealizzato.

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