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MASTER ITALS

INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO L2 IN
PROSPETTIVA INTERCULTURALE
di Francesca Della Puppa

rielaborazione e integrazioni a cura di Beatrice Zenobi

LABORATORIO ITALS

UNIVERSITA’ "CA’ FOSCARI" – VENEZIA

1
0. Struttura del modulo

In questo modulo presentiamo in undici paragrafi la sintesi di alcuni nodi cruciali


del dibattito interculturale in corso.
I primi quattro paragrafi rendono conto della riflessione teorica che elabora
proposte educative per l’attuale scenario educativo. Costituiscono la base di
riferimento dei successivi.
Il paragrafo 5 riepiloga i filoni pedagogici desumibili da esperienze educative
realizzate in Europa, in risposta alla presenza di studenti stranieri; al filone della
pedagogia linguistica - particolarmente significativa per i nostri studi - è riservato
il paragrafo 6.
I principali tratti della riflessione pedagogica interculturale in Italia sono
sintetizzati nel paragrafo 7, a cui segue una trattazione più specifica delle
questioni che caratterizzano l'attuale dibattito: la ridefinizione di parole-concetto
che servono a ri-orientare e tematizzare la riflessione (paragrafo 8), le modalità
di presentazione dei contenuti (paragrafo 9), alcuni cenni alla revisione delle
discipline in prospettiva interculturale (paragrafo 10).
Conclude la trattazione il paragrafo 11 che evidenzia possibili rischi ed errori nel
pensare e nel fare intercultura.
I suggerimenti operativi che proponiamo a supporto della trattazione teorica sono
di natura eterogenea: discussione basata su incidenti critici, situazioni di caso,
proposte di attività in classe e discussione, giochi, ecc.
Gli spunti per l’approfondimento e per la pratica, pur associati a specifiche parti
della trattazione, possono essere utilizzati per altri aspetti del modulo o per
svilupparne di nuovi, come ci auguriamo avvenga attraverso il dibattito del forum.
Le parole in verde nella trattazione rimandano al glossario.
Come si può notare, la sitografia rispetto alla bibliografia risulta molto meno
cospicua: la scelta di riferirci principalmente a testi risente del fatto che i
contenuti della rete sono molto dinamici, oltre che facilmente reperibili.

1. Alcune considerazioni iniziali: multiculturalità, interculturalità,


transculturalità

Da anni ormai studiosi, ricercatori, insegnanti e altri attori del contesto educativo
si interrogano sul significato dell'educazione interculturale, sulle modalità e
possibilità di attuare modelli teorici e pratici in grado di far fronte agli attuali
cambiamenti, beneficiando delle potenzialità dell'interazione di molteplici etnie,
culture, lingue, religioni.
Per cominciare, occorre una distinzione terminologica per definire le diverse
modalità di intendere i rapporti che si instaurano nei contesti di pluralità.
Si parla di multiculturalità quando individui che appartengono a diverse culture
convivono nello stesso contesto territoriale senza avere rapporti significativi: le
relazioni sono lasciate al caso, oppure all'iniziativa personale.
La conoscenza dell'altro e della sua cultura è concepita come esplorazione di un
oggetto di studio, come approfondimento delle differenze, rispetto alle abitudini
del proprio gruppo culturale. A quelle differenze, ci si adatta, ci si 'giustappone'.

2
Si parla invece di interculturalità quando, in alternativa al riconoscimento della
situazione di fatto, ci si impegna a cercare un confronto interattivo con altri punti
di vista.
L'educazione interculturale si attua con l'intenzione di superare la tolleranza, insita
nella multiculturalità, per cercare forme di educazione che possano interferire con
i nostri schemi mentali, con le nostre categorie antropologiche:

il prefisso inter sta appunto a indicare la matrice fondativa della «reciprocità»


interculturale, il suo essere terreno fecondo di negoziazione e di scambio, facendo
risaltare la ricchezza e la produttività del confronto 1.

Si possono schematizzare i due termini e i relativi orientamenti come segue2:

Multiculturalità Interculturalità
Sfondo quantitativo Sfondo qualitativo
Un dato di fatto Una risposta educativa
Il risultato di un processo Il risultato di un processo e di un progetto
Una spinta della storia Una scelta intenzionale
Impostazione oggettuale, cumulativa, Impostazione interattiva, epistemica,
enciclopedica del rapporto fra culture transcognitiva del rapporto tra le culture
È sufficiente la tolleranza Si vuole oltrepassare la tolleranza

La compresenza di varie etnie in un determinato territorio non significa


automaticamente contatto: spesso ogni gruppo vive nel suo ambiente, marcato da
separazioni fisiche e culturali, come luoghi diversi per il culto o per incontrarsi, e
presenta un etnocentrismo più o meno marcato.
La scelta interculturale vuole andare oltre le barriere fisiche e simboliche per
implicare una serie di azioni politiche e pedagogiche fondate sulla necessità di
favorire lo scambio e la relazione in preparazione dei futuri cittadini della società
planetaria.
Un altro termine che spesso ricorre accanto ai precedenti è 'transculturale'.
L'aggettivo rinvia alla ricerca di temi, processi, tratti universali o elementi comuni
che travalicano le culture, come la ricerca di eroi comuni nelle favole,
l'individuazione di bisogni collettivi quale 'tutti hanno bisogno di pregare', ecc.
Questo tipo di ricerca può presentare dei rischi, in particolare quando:

la definizione si attua «per sottrazione» progressiva delle caratteristiche che sono proprie
di uomini appartenenti a diverse categorie e culture, depurandoli dei particolarismi
originari per andare a disegnare l'uomo 'essenziale'. In questo modo si ritiene che il
profilo così tratteggiato possa valere come termine di riferimento generale per far
convergere tutte le culture verso un ideale di 'uomo planetario'3.

L'educazione interculturale è in contrasto con la prospettiva descritta nella


citazione, poiché ritiene necessario non separare il soggetto dalla situazione di
vita concreta, dai riferimenti culturali o dai legami interpersonali; per di più,

1
Pinto Minerva, 2002: 13.
2
Lo schema è riportato da Nanni 1998: 35.
3
Damiano, 1998b: 24.

3
rimuovere o ignorare le differenze può comportare il rischio "dell'etnocentrismo e
del giudizio di valore espresso sugli altri a partire da valori e riferimenti ritenuti
validi per tutti"4.
Una diversa e dirompente accezione del termine transculturalità è data da
Armando Gnisci, il quale propone di superare le criticità di senso e di valore
contenute secondo lui nelle parole 'multiculturalismo' e 'interculturalità', per
cercare un percorso di contatto autentico, attraverso la rimozione degli
etnocentrismi, la decolonizzazione delle menti europee, le trasformazioni
imprevedibili date dalla creolizzazione, per giungere senza preconcetti o regole
prestabilite, alla co-costruzione di una società nuova:

la Transculturazione è una delle vie per riconoscere e comprendere per bene, à propos, i
fenomeni migratori e sociali del nostro tempo, e per proporre e costruire insieme con le
moltitudini delle nazioni nuovi statuti del benessere individuale e comunitario in Europa e
ovunque. Attraverso le pratiche della «convivenza nella sana umanità» e della
«coevoluzione creativa», intendiamo fare ricerca e sperimentare le revisioni della
disposizione e della consistenza dei nuovi saperi messi in moto dalla transculturazione.
Intendiamo mettere in pratica la riscrittura condivisa degli scopi e dei programmi
formativi delle nostre scuole e proporre l'invenzione di pratiche comunitarie diverse,
attraverso la cura e l'addestramento di una nuova creatività condivisa. Intendiamo
imparare a stare a nostro agio nel mondo con tutte le sue nazioni, bonificando il disagio
della nostra civiltà per poter uscire, un giorno, non solo noi, ma tutti insieme proprio
dall'incubo del disagio che la nostra civiltà ha rovesciato preliminarmente su tutte le
altre5.

Utilizzando la parola 'transculturalità', Armando Gnisci evidenzia dunque il


processo di co-evoluzione e creolizzazione dei saperi, quali patrimonio
dell'intera specie umana, non identificabili dunque con determinate culture, non
collegabili ad etnie distinte: qui intendiamo fare riferimento all'orizzonte
prospettato dalle sue considerazioni, anche se, per immediatezza comunicativa,
continueremo ad usare termini come 'intercultura', 'educazione interculturale', ecc.

1.1. Spunti per alcune riflessioni iniziali

- Proviamo a cercare i termini 'multicultura', 'intercultura' 'transcultura' nella


normativa vigente: quali significati ne ricaviamo? Quali conseguenze nel
sistema sociale, culturale e scolastico essi prefigurano?
- Cerchiamo in Internet esempi di comunità multiculturali: quali sono i
rapporti fra i diversi gruppi etnici in esse? Come sono regolamentati i
rapporti? Quali sono gli aspetti della vita sociale gestiti separatamente e/o
congiuntamente? Come si articola la convivenza quotidiana?
- Analizziamo progetti scolastici dedicati all'educazione interculturale,
reperibili in Internet o altrove: quali ideali di fondo li ispirano? La
convivenza civile e la tolleranza? La progettualità dell'incontro? La ricerca
di elementi in comune? Ecc.

4
Favaro, 2004: 23.
5
Gnisci - Tozzo, 2016: 46-47. Per la ricerca e sperimentazione di cui scrive Armando Gnisci nella
citazione, si veda Gnisci - Cipollari, 2012.

4
2. Gli obiettivi fondamentali

Le società sono diventate rapidamente multietniche: la coabitazione nei 'nostri'


spazi con immigrati, le cui pratiche culturali ci possono risultare estranee, è uno
dei tanti segni di cambiamento, una delle tante sfide globali che dobbiamo
affrontare.
Si pone dunque una questione sul piano culturale ed educativo, riconoscendo
e auspicando il raggiungimento di vari obiettivi:
- il primo obiettivo è quello di favorire la comunicazione con l'altro: lo sviluppo
delle capacità relazionali è utile per porre le basi a un cambiamento reciproco
negli atteggiamenti, per incontrare l'alterità, attraverso il dialogo.
- il secondo obiettivo è quello di padroneggiare il decentramento cognitivo,
ossia la capacità di uscire dal proprio egocentrismo e dalla propria ottica
monoculturale, per riconoscere il punto di vista altrui, per imparare a codificare la
realtà e ad elaborare la conoscenza secondo modalità derivanti dalla sintesi di
sistemi culturali diversi, ma anche dalla capacità di interrogarsi sul
funzionamento, sui dispositivi, le difficoltà, le propensioni all'errore e all'illusione
della conoscenza stessa6.
- il terzo obiettivo è quello di elaborare, attraverso la pluralità di
rappresentazioni, nuove categorie e modalità di pensiero. Sono molteplici le
sfide che ci impone il mondo contemporaneo, dal momento in cui i processi di
globalizzazione accentuano e radicalizzano gli squilibri esistenti: affrontare le
emergenze ecologiche, le questioni etiche prospettate dalle biotecnologie,
esplorare le aumentate possibilità di comunicare e interagire, trovare soluzioni per
gestire i flussi migratori, ecc.
I nuovi scenari che si prospettano ci conducono a formulare e affrontare nuovi
problemi, per i quali i modi consolidati di pensare ed agire non sono più
adeguati7: perciò l'educazione interculturale interroga i saperi e ne ricerca un
nuovo orientamento, una nuova organizzazione che renda conto della
processualità, dell'intertestualità, di un pensiero non più lineare e causale, ma
reticolare, dinamico, processuale.

2.1. Riflessioni sugli obiettivi

Diamo un'occhiata alle iniziative che vengono attuate nelle scuole (per esempio,
esaminando quanto prospettano i POFT), ma anche da altre agenzie (in)formative:
- Come sono presentate le finalità interculturali?
- Quali dei tre obiettivi descritti nel paragrafo precedente sono
interessati?
- Le azioni educative/formative enunciate e/o realizzate sono coerenti
con tali obiettivi? In che modo?

6
Cfr. Morin, 2001: 17-33.
7
Cfr. Di Gregorio - Di Sapio - Martinenghi, 2003: 155-156.

5
3. Il cambiamento nella scuola

La scuola, come parte integrante del tessuto sociale è fortemente implicata nei
processi di rinnovamento connessi ai mutamenti in atto, ma può avere un ruolo
ambivalente.
Se da una parte è vista come l'istituzione creata nella modernità per unificare la
società, conservarne e trasmetterne i saperi, in quanto "istituzione che si considera
a presidio dei valori socialmente condivisi"8, sorge il dubbio che essa non sia il
luogo più adeguato per revisionare quei saperi tradizionali e monoculturali - basati
su una visione etnocentrica - su cui si fonda.
Tuttavia, la scuola è anche deputata alla preparazione degli alunni per la società
del futuro, quella in cui vivranno da adulti: perciò non può esimersi dal
considerare i grandi problemi del mondo contemporaneo.
In una scuola che comincia a riflettere sulle sue finalità interculturali, lo spazio
'parla' a tutti gli studenti, autoctoni e non: prevede avvisi e comunicazioni in
vari codici e lingue, legittima la presenza delle varie culture con l’arredo di
materiali informativi alle pareti, offre la possibilità di scegliere fra testi e materiali
disciplinari relativi a diversi aspetti culturali e in varie lingue, ecc.
Similmente, cambiano i tempi, sia perché la presenza di alunni stranieri implica
la riformulazione delle pratiche di accoglienza e la rielaborazione del progetto
formativo, sia perché l’attenzione al clima relazionale induce alla gestione della
comunicazione, con tempi più lunghi rispetto alla didattica frontale.
Si registrano, inoltre, iniziative di vario tipo per inserire l'educazione
interculturale nei curricoli: si organizzano feste interetniche, mostre relative alle
espressioni culturali dei paesi d'origine degli studenti stranieri (soluzione
estemporanea); si attivano corsi di recupero linguistico o sostegno allo studio,
oppure corsi di lingua e cultura d'origine (soluzione specifica), si affrontano
percorsi tematici, utilizzando l'apporto delle discipline già presenti nel curricolo
(soluzione delle materie ospitanti).
Tutte queste attività - per quanto utili e doverose - non mettono però
completamente in atto l'intenzionalità dell'intercultura, che, come già accennato,
comporta l'avvicinamento reciproco, lo scambio, l'intervalorizzazione e la
contaminazione.
Si rende allora necessario attuare una soluzione diffusa9, in cui si concretizzano
cospicui cambiamenti nella proposta formativa della scuola, coinvolgendo i
contenuti, gli strumenti e le metodologie di lavoro, l'organizzazione
dell'istituzione.
Ricordiamo comunque che, per agire in maniera efficace ed incisiva, la scuola
dovrebbe poter lavorare in sinergia con le altre istituzioni deputate alla
(in)formazione, nella consapevolezza che gli effetti del suo lavoro sono valutabili
nel lungo termine.

8
Damiano, 1998b: 15.
9
Cfr. Damiano, 1998b: 20-21.

6
3.1. Proposte per ulteriori considerazioni

- Cerchiamo in Internet o nelle scuole di riferimento materiali predisposti


per la comunicazione multilingue con la famiglia, fra scuola e alunni che
la frequentano. Confrontiamo e analizziamo i diversi documenti trovati.
- Analizziamo le diverse modalità organizzative scelte nelle scuole per
gestire la fase d'emergenza, la fase ponte e le fasi successive. Quali sono le
differenze? Quali i punti di forza e le criticità di ogni soluzione progettata
e praticata?
- Riflettiamo sulle diverse soluzioni attuate per 'fare intercultura', nelle
scuole o nelle istituzioni di nostro riferimento: estemporanea, specifica,
delle materie ospitanti, diffusa. Qual è quella più frequente? Quale quella
meno usuale? Perché?

4. Il ruolo degli insegnanti

I primi a doversi ripensare in una scuola interculturale sono gli insegnanti in


relazione al loro ruolo.
In una scuola che vuole valorizzare la ricchezza insita nelle differenze e che vuole
rendere gli studenti responsabili e competenti, l’insegnante che trasmette saperi
dalla cattedra cede il posto ad un facilitatore dell’apprendimento: questi guida
gli studenti prima a diventare consapevoli di ciò che già sanno, del loro punto di
vista, poi li aiuta a costruire nuove conoscenze interrelate con quelle già
possedute.
L'insegnante dovrà privilegiare le metodologie attive10 utili a considerare
l'apporto di ognuno e a favorire la partecipazione e la responsabilizzazione di tutti,
dovrà interrogarsi sul potenziale interculturale di strategie, tecniche e attività
che propone, in relazione allo specifico contesto situazionale in cui agisce: ad
esempio, la parola sporgente11, il brainstorming o il circle-time12, la
conversazione clinica13, il dibattito animato o i giochi interattivi14, l'uso di
immagini come icebreaker o la discussione visualizzata attraverso il metaplan15,
ecc. oltre alle modalità presentati nel paragrafo 9.
L’attenzione alle relazioni implica la consapevolezza delle modalità di gestione
dei tempi e degli spazi della prassi didattica, come già specificato nel paragrafo 3.
Inoltre, l’insegnante dovrà essere consapevole delle variabili della
comunicazione in contesto multiculturale: l’insieme di regole, comportamenti,
codici verbali e non verbali, valori, ecc. possono essere diversi da cultura a
cultura, perciò è necessario esplicitare e chiarire ciò che è implicito per non
incorrere in errori comunicativi16.

10
Cfr. Ziglio, 2004: 159-161.
11
Cfr. Rodari, 2010: 11.
12
Cfr. Giornelli - Maioli, 2003: 23.
13
Cfr. Cipollari, 2007: 86.
14
Cfr. Fornaro 2005: 106-108.
15
Cfr. Invernizzi, 2004: 128
16
Cfr. Balboni - Caon, 2015.

7
Per osservare e migliorare le prassi didattiche, nonché gestire problematiche e
disagi, l'insegnante potrà avvalersi della ricerca-azione, utile anche per
documentare e divulgare il patrimonio prezioso delle buone pratiche.
La formazione degli insegnanti si dovrà arricchire di informazioni
antropologiche di base ed includere conoscenze relative alla gestione del
conflitto e della mediazione.
Per concludere, i saperi disciplinari vanno integrati con una riflessione
epistemologica orientata ad analizzare le origini e la struttura delle discipline, per
comprendere il canone di riferimento e per ri-orientare contenuti e finalità,
evitando impliciti culturali e contenuti etnocentrici.

4.1. I bisogni formativi

Una delle vie obbligate dell’educazione interculturale è quella di cercare nuovi


percorsi di apprendimento per formatori e per attori dei molteplici contesti
educativi.
A tal fine può essere utile interrogarsi sui propri bisogni formativi e comprendere
le aspettative sulla propria figura professionale.
Ecco alcune domande che possono contribuire ad una possibile metacognizione,
necessaria per insegnanti e formatori:
- Quali sono le modalità di formazione che riteniamo più utili per gli
insegnanti: seminari di studi, corsi di aggiornamento, ricerca-azione,
supervisione dell’operato da parte di un esperto esterno, ecc.?
- Quale motivazione spinge alla nostra formazione: il cambiamento socio-
culturale, la riqualificazione personale, la sfera della crescita relazionale,
la ricerca di trasparenza nei codici linguistici professionali, ecc.?
- Quali competenze vogliamo acquisire: metodologico/didattiche,
progettuali, organizzativo/operative, relazionali, cognitive
disciplinari/generali/interdisciplinari, ecc.?
- Quali modalità o procedure riteniamo più efficaci per l'insegnamento e
perché: trasmissivo/narrativa, euristica/problematica, gruppi di
simulazione, tirocini guidati, incidenti critici, ecc. ?
- Come cambia nell'ottica dell'educazione interculturale l'insegnamento
della mia materia, ossia "quello che tutti i giorni io ho portato in classe
prima di questa scelta?"17
- Quali altre domande dovremmo porci come formatori, insegnanti,
educatori che ripensano la propria professionalità in chiave interculturale?

17
Hermann, 2009: 222.

8
5. I filoni pedagogici come modelli per l'educazione e l'insegnamento
della L2

È noto che in Italia il fenomeno dell'immigrazione è iniziato in ritardo rispetto ad


altre nazioni europee, ma il confronto con le esperienze realizzate in altri paesi
può essere utile a comprendere come elaborare una propria specifica via
all'interculturalità.
Seppure sia complesso paragonare le diverse strategie adottate, le scelte politiche
effettuate, i diversi contesti di immigrazione18, una semplificazione sistematica
consente di individuare nelle varie modalità con cui è stato gestito il fenomeno
migratorio alcuni filoni pedagogici per classificare i curricoli - e l'insegnamento
della L2, in particolare - in senso interculturale.
- la pedagogia compensativa considera lo studente in relazione al suo
svantaggio socio-culturale, al suo disagio scolastico, per cui se egli non
conosce la lingua e la cultura del paese d'accoglienza, gli interventi
educativi sono volti a colmare queste sue lacune; in questa prospettiva
sono possibili solo processi di assimilazione alla cultura di accoglienza
e, di conseguenza, un occultamento e un appiattimento delle differenze19,
mentre l'insegnamento della lingua seconda diventa il mezzo per
realizzare un'integrazione che è adattamento, ai comportamenti, ai
valori, alle conoscenze e competenze della cultura ospitante.
- la pedagogia culturalista è in linea con quel relativismo che considera
ogni cultura auto-referenziale, tanto da escludere ogni giudizio non
formulato e situato in seno alla cultura stessa, e considera necessario
diversificare l'offerta educativa al fine di fornire risposte adeguate ad ogni
gruppo culturale (ad esempio, regole speciali per le mense, corsi e lingue
d'origine per consolidare l'identità culturale, costituzione di scuole che
accettano gli studenti in base alla provenienza etnica e/o religiosa) 20; la
tolleranza e il rispetto della diversità risultano in questa ottica più
importanti della coesione sociale, mentre la percezione dell'altro può
scadere in esotismo o folklore, se non addirittura in forme di
neorazzismo (basato, cioè, su distinzioni culturali), processi di
assimilazione sono messi in atto come unica alternativa all'emarginazione;
in tale contesto l'insegnamento della lingua seconda è necessario per
gestire il contatto nella quotidianità, viste le ridotte occasioni di dialogo
e di negoziazione sociale.
- la pedagogia per stranieri considera le caratteristiche e i bisogni veri (o
presunti) degli stranieri per elaborare proposte educative diversificate,
forte anche della specializzazione degli insegnanti: l'offerta formativa
rivolta agli stranieri si focalizza sulle carenze linguistiche in L2 e
include corsi di mantenimento della lingua e della cultura d'origine,
nella prospettiva di un futuro rientro in patria; questa differenziazione può

18
Per una trattazione dei diversi tipi di risposta al fenomeno migratorio, si può fare riferimento a:
Campani (2000): 29-65, Damiano, 1998b: 21-39, Aluffi Pentini, 2002: 15-16.
19
Damiano, 1998b: 26-28, Caputo 1999.
20
Cfr. Giromini, 1999.

9
comportare segregazione e discriminazione, specie se i programmi
nazionali (e i modelli dominanti) rimangono invariati e sono assunti come
standard per raffrontare le competenze di tutti, autoctoni e stranieri21.

5.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi

Si può riflettere:
- sull'"affaire des foulards", incidente critico emblematico:

All'inizio dell'anno scolastico 1989, al Collège Gabriel-Havez di Creuil, alcune ragazze


arrivano in classe con il volto coperto dallo chador, il velo musulmano. Il preside
considera la mise una provocazione grave e la proibisce in nome della libertà e della
laicità; le ragazze si rifiutano di obbedire; il preside chiede l'intervento del Ministro, il
quale interpella al riguardo il Consiglio di Stato, che a sua volta – comunque in nome
della libertà e della laicità – arriva a conclusioni opposte a quelle dell'autorità scolastica.
Per comprendere fino in fondo l'episodio è opportuno tenere presente che le ragazze di
Creuil […] invocavano, a difesa delle loro scelte, fin dall'inizio e non strumentalmente –
proprio i valori di «libertà» della costituzione francese; e si trattava di giovani – per
quanto riguarda lingua e pratiche sociali (e il resto dell'abbigliamento compreso)
perfettamente assimilati ai loro coetanei francesi «d'origine». Infine per completare
l'informazione ed evitare equivoci, i movimenti islamici francesi […] non si collocano
nemmeno alla lontana nella prospettiva dell'integralismo, ma addirittura propendono
dichiaratamente per un'interpretazione «laica» della loro religione originaria. 22.

Nel discutere questo episodio, ci si possono porre domande come, ad


esempio: perché le ragazze musulmane si sono presentate con il capo
coperto? Per quali ragione il Preside le ha allontanate? Quali sono le attuali
disposizioni legislative in Francia?
- Sulla polemica nata nel 2005 relativamente alla scuola di via Quaranta a
Milano: essa fu istituita circa un decennio prima come scuola consolare
che potesse offrire un titolo egiziano equipollente in Italia, soprattutto in
vista di un rientro in patria; i programmi scolastici sono egiziani e si
insegnano in lingua araba; col tempo le richieste dell'utenza sono
cambiate, è stato attuato una sorta di 'processo di italianizzazione', perché
molti bambini e ragazzi che studiavano in questa scuola si presentavano
poi presso le scuole pubbliche italiane da privatisti.
Dopo aver cercato notizie per approfondire la questione, ci si può
domandare: quali sono state le ragioni che hanno indotto le famiglie a
cercare una formazione alternativa a quella pubblica italiana per gli
studenti di via Quaranta? Quali sono i punti forti e i punti deboli delle idee
di chi – politici, genitori, intellettuali, ecc. – si è dichiarato d'accordo con
la chiusura della scuola? Quali sono le ragioni e i limiti delle
argomentazioni di chi, invece, ha ritenuto opportuno che la scuola
proseguisse la sua attività?

21
Cfr. Wallnöfer, 2000: 29, Bombardelli, 1999: 199.
22
Damiano, 1999b: 20-21.

10
- Sul documento Official Guidelines on Meeting the Religious and Cultural
Needs of Muslim Children23, diffuso in Gran Bretagna: il testo è il risultato
delle modifiche nella gestione dei servizi scolastici, ottenute a seguito
delle richieste di genitori musulmani; se ne possono leggere alcuni passi e
porsi alcune domande per la riflessione, come: quali sono gli aspetti critici
delle richieste dei genitori musulmani? Come mai le autorità inglesi
accolsero le loro richieste? Quale tipo di 'contrattazione' è in discussione?
Quali legami possono intercorrere tra la pedagogia culturalista e le tensioni
etniche che caratterizzano l'Inghilterra di oggi?
- Sul mito del melting pot americano: in prima istanza, il multiculturalismo
statunitense sottolinea le diverse appartenenze culturali, etniche, religiose,
ecc. delle varie minoranze, favorendo primariamente una logica della
separazione, piuttosto che l'adeguamento alla cultura di maggioranza24.
Quali sono le ragioni di questo orientamento filosofico e pedagogico?
Quali le sue criticità? Quali gli effetti positivi?

6. La pedagogia linguistica

Oltre ai filoni pedagogici indicati nel paragrafo 5, la pedagogia linguistica merita


una riflessione a parte, nel nostro indirizzo di studi.
Seppure l'orientamento cognitivista evidenzi come il linguaggio non rappresenti
interamente e completamente l'esperienza della cultura25, risalta la riflessione
legata all'insegnamento e all'apprendimento delle lingue per varie ragioni:
- la lingua è il codice che pervade ogni esperienza culturale;
- è il principale veicolo per il dialogo nella comunicazione interculturale;
- l'esercizio della traduzione consente di fare esperienza di scambio e
negoziazione di significati, di conoscere le modalità di passaggio da
un'identità culturale all'altra, con il superamento di inevitabili impliciti,
ostacoli, quando, ad esempio, si incontrano le cosiddette 'espressioni
intraducibili', attraverso una sorta di mediazione che è anche la creazione
di "una lingua necessaria a un'altra, un linguaggio comune a tutte e due,
ma in qualche modo imprevedibile rispetto a ognuna di loro"26;
- la sua funzione metalinguistica permette di usare la lingua non solo per
parlare e interpretare, ma anche per interrogare se stessa e gli altri codici:
"la lingua trasforma anche gli altri mediatori in oggetti del mondo reale,
«cose» materiali da manipolare a volontà"27.
Per queste motivazioni, la 'via linguistica' appare come la privilegiata per
l'educazione interculturale, poiché maggiormente si avvicina alla sua tensione
progettuale: fra lingue diverse si possono individuare relazioni, si possono
valutare i pericoli insiti nella standardizzazione, come si possono evidenziare le
contaminazioni, le diversità d'uso.

23
Disponibile online al link http://www.religionlaw.co.uk/MCBschoolsreport07.pdf.
24
Cfr. Gobbo, 2004: 45-46.
25
Cfr. Damiano, 1998b: 38.
26
Glissant, 1998: 36.
27
Damiano, 2000: 76.

11
A supporto di ulteriori riflessioni, ci sono i tanti rimandi al complesso rapporto
lingua/cultura, fra cui in particolare l'ipotesi Sapir-Whorf che spiega come ogni
lingua influenzi la cultura, categorizzando l'esperienza in modo diverso28, come
anche il legame che si instaura tra lingua/lingue e persona, nella strutturazione
identitaria e nella realizzazione del proprio progetto di vita29: se imparare un'altra
lingua significa anche acquisire un nuovo punto di vista, il plurilinguismo (quale
valore in sé, non in funzione delle lingue che costituiscono il profilo del parlante)
può essere una valida soluzione per fare esperienza diretta di intercultura.
Un insegnamento linguistico che tenga in considerazione le sollecitazioni
interculturali, considererà la manifestazione nell'uso reale delle lingue, privilegerà
contesti che sollecitino l'uso di tutta la gamma di possibilità linguistiche che
garantiscano il continuo adeguamento alle esigenze comunicative: perciò nella
classe multiculturale e multietnica non c'è la sola distinzione italiano lingua
madre/L2, ma sono presenti varietà di registri comunicativi, molteplici codici e
linguaggi, è valorizzata la creatività comunicativa30.

6.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi

Si possono:
- vagliare percorsi di analisi della letteratura migrante, considerando in
particolare le modalità con cui si esprimono scrittori che utilizzano una
lingua diversa dalla loro lingua madre31;
- considerare autori che scrivono opere rilevanti in lingue diverse da
quella madre, talvolta adottando anche nomi diversi: questo è il
fenomeno del translinguismo, sempre esistito, ma affermatosi in modo
consistente nel XX secolo, anche a seguito delle migrazioni32;
- valutare l'intercomprensione, come plurilinguismo ricettivo di più
lingue grazie a strategie che consentono il trasferimento di conoscenze,
abilità, competenze da una lingua all'altra, poiché l'apprendimento
linguistico non è un processo per sovrapposizione e accumulo, ma
avviene mediante la costruzione di reti, di contatti e interazione33;
- considerare espressioni idiomatiche e modi di dire per indagare le
ragioni storico-culturali che le hanno prodotte, per constatare come
traduzioni letterali simili possono rimandare a pratiche culturali
diverse, per analizzare stereotipi sedimentati, da cambiare;
- considerare termini ed espressioni in relazione ai periodi storici in cui
sono utilizzati34 per attivare la comprensione del corso storico delle
parole, a livello sociale e psicologico: che tipo di funzione ha avuto la

28
Per possibili approfondimenti, cfr. Anolli, 2004: 178-179.
29
Cfr. Caon - Spaliviero, 2015: 75-76.
30
Cfr. Cipollari, 2007: 68. Inoltre, su queste tematiche, cfr. Coruzzi - Ramazzotti, 2007.
31
Cfr. Di Sapio, 2006.
32
Cfr. Di Sapio, 2008.
33
Cfr. Balboni 2011.
34
Cfr. Marongiu, 2000.

12
parola? Quali conoscenze ha generato? Con quali altre parole si
associa? Come viene tradotta? Che influenza esercita sulla società?
- confrontare sotto vari aspetti il funzionamento della lingua: suffissi e
radici, le forme di cortesia, l'articolazione dei tempi verbali, ecc. per
rendersi conto dell'arbitrarietà di ogni diverso modo di codificare la
realtà, ma anche per cercare l'arricchimento cognitivo derivante dalle
considerazioni che scaturiscono dal confronto35.

7. L'esperienza italiana: la fase 1 e la fase 2

La via italiana all'educazione interculturale beneficia del confronto con le diverse


esperienze europee per sviluppare risposte adeguate alle proprie specificità.
Nel nostro paese l'attenzione si è concentrata inizialmente sulla presenza di alunni
stranieri a scuola, che ha evidenziato la perdita di omogeneità (vera o presunta)
nel gruppo degli studenti rispetto al passato, in termini di patrimonio linguistico e
culturale.
Le attività legate alla risoluzione di tale situazione di emergenza afferiscono,
secondo Antonio Nanni, alla 'fase 1' dell'intercultura e sono state:
- la definizione e l'attuazione di pratiche di accoglienza;
- l'insegnamento dell'italiano e di altri apprendimenti linguistici;
- la collaborazione con mediatori linguistici e culturali.
Tali attività sono state propedeutiche allo sviluppo della 'fase 2'36 in cui la
riflessione pedagogica ha evidenziato che occorre sviluppare un pensiero critico
verso l'esistente e i valori dominanti; in questa fase si mira a:
- attuare la revisione di categorie concettuali, attraverso l'individuazione
e la ridefinizione di parole-concetto;
- selezionare i metodi didattici e le pratiche educative più consoni alle
finalità interculturali;
- riformare i saperi e i curricoli disciplinari in chiave interculturale;
Nel passaggio dalla fase 1 alla fase 2 ci si dovrebbe spostare da questioni
riguardanti l'educazione speciale per determinate minoranze etniche e
linguistiche all'educazione come servizio rivolto a tutti i cittadini in relazione
dinamica fra loro, che compongono una società differenziata.
Nei contenuti che seguono dedichiamo ad ognuna delle attività della fase 2 uno
specifico paragrafo, per una trattazione esemplificativa delle tendenze attuali.

8. La revisione e la ricerca di nuove definizioni

Il dibattito interculturale ha evidenziato alcune parole-concetto sulle quali si è


articolata una stimolante riflessione, che ci fa prendere coscienza di come sia
necessario superare logiche autoreferenziali e di separazione, per mettere in luce il
paradigma della congiunzione e dell'interdipendenza.

35
Cfr. Corno, 2000: 220.
36
Cfr. Nanni, 2006a: 23-24.

13
Ecco alcune riflessioni attorno a parole-concetto ritenute particolarmente
significative nel discorso interculturale37.

8.1. Identità e intercultura

Nel processo di costruzione identitaria possiamo ravvisare l'interazione di due


componenti fondamentali:
- la componente individuale, quale espressione dell'irripetibilità di ogni
essere, diverso da tutti gli altri, considerando aspetti biologici,
progettualità, intenzioni, bagaglio di conoscenze ed esperienze, ecc.;
- la componente sociale, ovvero i modelli culturali attivi nella mente delle
persone (come nei processi sociali e nelle istituzioni), che esprimono
l'esigenza di appartenenza e condivisione, dal punto di vista culturale (e, in
particolare, linguistico38).
Nello snodarsi del percorso esistenziale e nel maturare delle esperienze, le identità
si moltiplicano, diventano plurime, poiché nel percorso della vita impariamo ad
essere figli, genitori, mariti o mogli, lavoratori, amici, italiani (o inglesi, tedeschi,
marocchini, ecc.), autoctoni o stranieri e tanto altro.
L'identità non può dunque essere considerata una struttura immodificabile e data
una volta per tutte, ma è un processo in continuo divenire, con alterazioni,
continuità e discontinuità che si avvicendano, un divenire

generato dall'interdipendenza intrinseca fra aspetti esterni (provenienti da altri) e aspetti


interni (attivati in proprio). I primi influenzano i secondi nello stesso momento in cui i
secondi influenzano i primi39.

Se considerata con atteggiamento interculturale, l'identità è dunque relazionale,


aperta al cambiamento, alla molteplicità dei punti di riferimento40.
Secondo Franco Cambi, la rivoluzione antropologica attuale investe il concetto di
identità, che deve divenire libera, plurale, creativa, dunque più adatta alle
necessità del presente41: i valori e i sistemi di riferimento non si affermano a spese
degli altri, ma vanno considerati come provvisori, pronti al confronto per un loro
continuo miglioramento.

8.1.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi

Si possono considerare:
- percorsi di approfondimento sulle somiglianze e sulle differenze con
l'altro, che può essere lo straniero, il disabile, le persone segnate da un
passato più o meno difficile/facile, ecc.42;

37
Per ulteriori riflessioni legate anche ad altre parole, si può fare riferimento al glossario a pag. 41,
oltre che ai glossari disponibili online; si veda anche Gennai 2005.
38
Cfr. Santipolo, 2008: 148.
39
Anolli, 2011: 28-29.
40
Cfr. Demetrio - Favaro, 1992: XII.
41
Cfr. Cambi, 2001: 86 .
42
Cfr. Di Gregorio - Di Sapio - Martinenghi, 2003: 201.

14
- le declinazioni di identità nel vissuto reale e nell'interiorità in letteratura,
attraverso brani scritti da Tahar Ben Jelloun, Toni Morrison, Édouard
Glissant, ecc.43;
- la riflessione sulle identità che ognuno di noi possiede: ripercorrendo, ad
esempio, la nostra biografia dal punto di vista linguistico, possiamo
renderci conto che ci esprimiamo attraverso il dialetto, la lingua nazionale,
le lingue che abbiamo studiato, ecc. muovendoci tra un sistema e l'altro
utilizzando competenze interconnesse, che si formano nel tempo e nello
scambio attraverso eredità, scambi, prestiti, calchi, ecc.;

8.2. Cultura e intercultura

Non possiamo parlare di intercultura prescindendo dal significato che si


attribuisce al concetto di cultura.
La cultura è l'ambiente in cui viviamo e ci avvolge costantemente, è un'esperienza
totale e continua, determina il nostro modo di essere e pensare: nella cultura siamo
immersi, come i pesci nell'acqua.
Ogni cultura costituisce per gli individui che vi fanno riferimento un universo di
discorso necessario per interpretare le proprie esperienze, per condividerle con gli
altri. Questi universi di discorso costituiscono reti di significato, che i diversi
gruppi umani hanno tessuto nel tempo, secondo peculiari dinamiche e regole.
Probabilmente se rimanessimo sempre all'interno del nostro orizzonte culturale
non potremmo neanche immaginare altri modi di vivere: ecco che il confronto con
persone provenienti da altre culture ci consente di attuare processi di
consapevolizzazione e di approfondimento; nell'ottica interculturale risalta
l'incompletezza connaturata in ogni cultura e l'impossibilità di tracciarne i
confini; inoltre, dal punto di vista storico, si nota come la cultura sia un insieme
di processi diversificati che si sono sedimentati, sovrapposti, affiancati in modo
convergente, anche rapsodico e casuale, funzionali al prosperare dei gruppi
umani.
Secondo Édouard Glissant bisogna guardare ai Caraibi, uno dei luoghi del mondo
in cui 'ci si muove' per immaginare altre forme e modi di identità culturale; lì,
culture eterogenee si sono incontrate e creolizzate, a seguito della
colonizzazione, e hanno prodotto le culture composite, in cui elementi dissimili -
anche i più lontani - si intervalorizzano, in un reciproco mescolarsi: è così, ad
esempio, che è nata la musica jazz, dalle tracce di memoria dei ritmi fondamentali
africani mescolati alle sonorità di strumenti musicali delle culture occidentali44.
A seguito degli imponenti fenomeni migratori e dei processi sottesi alla
globalizzazione attuali risalta dunque come le visioni monoculturali siano parziali
e limitate, foriere di etnocentrismi e radicalizzazioni, mentre per gestire la
complessità delle relazioni interculturali in modo efficace e strategico occorre una
rete flessibile di modelli mentali45 prodotti e condivisi all'interno di più comunità
da utilizzare secondo la situazione; infatti:
43
Si veda, ad esempio, Fucecchi - Nanni, 2004.
44
Cfr. Glissant, 1998.
45
Cfr. Anolli, 2011: 7-54.

15
[la triade] che emerge attraverso i processi attuali di immigrazione, di mondializzazione
della società e della cultura, attraverso la edificazione del mcluhaniano «villaggio
globale» è caratterizzata da valori non di chiusura ma di apertura, non di difesa ma di
collaborazione, meno arcaicizzanti e più postmoderni, pur con tutta la carica di
problematicità di tensione e anche di crisi che contengono valori quali quelli […] del
pluralismo, della differenza e del dialogo46.

La nuova triade di cui parla Cambi comporta il continuo contatto, per cui non ha
più senso parlare di culture come tante tessere di un mosaico, ma di un unico,
grande e prezioso tesoro che si arricchisce continuamente: la cultura umana quale
patrimonio dell'intera nostra specie47.
Di qui, il limite del termine stesso 'intercultura' che semantizza un incontro tra
culture nell'accezione che ognuna sia una monade a se stante.

8.2.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi

Si potrebbe:
- pur nell'incompletezza delle metafore, tentare di visualizzare il concetto di
cultura come un albero con le radici, come una stanza con tre sole pareti,
come una spugna che assorbe, come una specie di casa o ancora come
l'atmosfera che circonda la Terra; ci si può poi chiedere che messaggio
veicolano le diverse immagini;
- considerare l'analogia fra il termine cultura e l'immagine della radice a
fittone o a rizoma, per chiedersi quali riflessioni rimandi nel discorso
interculturale;
- cercare altre metafore ed analogie che possono servire ad investigare il
concetto di cultura e intercultura e a fornire nuovi percorsi esplorativi per
risignificare l'immaginario;
- chiedere di mimare il saluto, per scoprire che anch'esso appartiene al
contesto culturale e che ognuno lo esegue a modo suo;
- confrontarsi sulle diverse modalità di intendere determinati valori culturali
come il tempo, le gerarchie, i concetti di onesta, di famiglia, 48 i vari modi
di gestire, codificare, manifestare le emozioni49, ecc.
- suddividere gli studenti in sottogruppi a seconda di diversi criteri:
maschi/femmine, occhi chiari/occhi scuri, iniziale del cognome, ecc. per
evidenziare che esistono tanti tipi di divisioni possibili e che ogni criterio
può avere una sua validità50 e arbitrarietà.

46
Cambi, 2001: 16.
47
Cfr. Brusa, 2004
48
Cfr. Balboni - Caon, 2015: 93-131.
49
Cfr. Anolli, 2011: 321-416.
50
Cfr. Aluffi Pentini, 2002: 87-88.

16
8.3. Cittadinanza e Diritti Umani

In ottica occidentale, la normativa stabilisce per gli individui quei diritti e quei
doveri che sono alla base della convivenza civile, presupponendo che coincidano:
Stato-nazione, popolo e territorio di riferimento.
Nel momento in cui le persone si uniscono e si separano secondo logiche inedite:

la cittadinanza diviene […] uno dei luoghi principali di conflitto sulla sovranità e
sull'identità, include domande di riconoscimento delle differenze collettive e, più in
generale, veicola istanze di trasformazione delle regole di gestione dello spazio pubblico e
di quello politico51.

Anche secondo Matilde Callari Galli, il legame a comunità identificate con spazi
localizzati e realtà radicate non risponde più ai mutamenti attuali nella
spazializzazione e temporalizzazione: l'appartenenza deve essere segnata da una
visione dinamica e fluida, quella di un permanente (ri)orientamento, un progetto
condiviso fra gruppi che si scelgono e si confermano continuamente man mano
che i loro progetti vengono attuati52.
Di conseguenza, il concetto di cittadinanza appare pregnante, aperto a molteplici
interpretazioni rispetto al pluralismo culturale di oggi; in ambito educativo, si apre
a vari collegamenti interdisciplinari: interrogarsi sul significato di questa parola
significa riflettere sulla sua doppia valenza, sul fatto che include ed esclude allo
stesso tempo53, ma anche sulla dimensione etico-valoriale che può rivestire.
Infatti, se la cittadinanza ci rimanda al senso di appartenenza, si può subito
creare la dicotomia cittadino/clandestino, con la separazione fra chi appartiene
allo Stato-Nazione, tutelato nelle sue esigenze, e chi vive al di fuori della
regolarità prevista dalle leggi, per ragioni che possono essere le più svariate.
Cittadinanza può anche essere intesa come partecipazione, ossia come attenzione
responsabile alla collettività, alle problematiche della realtà in cui si vive, cura
attiva dei patrimoni e dei beni comuni54.
La tensione all'universalismo che può ispirare l'educazione interculturale ci
conduce a considerare la cittadinanza anche in relazione alla portata dei
Diritti Umani.
In Occidente i giusnaturalisti hanno ritenuto a lungo che il loro fondamento
assoluto derivasse dalla natura dell'uomo; tuttavia, nel tempo, l'elenco dei diritti
ha perso la sua staticità e si è modificato con il variare del contesto storico e
culturale. Per questo occorre pensare ai Diritti Umani come ad un insieme di
regole, diritti, libertà sempre passibili di nuove definizioni, piuttosto che
fondati in modo assoluto una volta per tutte55.
Occorre dunque interrogarsi sulle motivazioni che condussero all'approvazione
nel 1948 della Dichiarazione dei Diritti Umani e alle successive Carta Africana
dei Diritti dell'Uomo e dei Popoli (1981), Dichiarazione Islamica Universale dei

51
Colombo - Domaneschi - Marchetti, 2009: 10.
52
Cfr. Callari Galli, 2008: 18-19.
53
Cfr. Hermann, 2007: 15.
54
Cfr. Rodotà, 2012: 14-15.
55
Cfr. Harrison, 1998: 214-244.

17
Diritti dell'Uomo (1981), Dichiarazione dei Doveri Fondamentali dei Popoli degli
Stati Asiatici (1983), ma anche della Convenzione Internazionale sui Diritti del
Fanciullo (1990) e sui modi di recepire e rispettare i loro contenuti nei vari Stati,
anche in relazione ai principi di sovranità nazionale e ad interessi di varia natura:
politici, economici, religiosi, ecc.
La riflessione può riguardare anche i sistemi internazionali di promozione e
protezione dei diritti umani (ONU, Consiglio D'Europa, Unione Africana, ecc.)
che agiscono tramite una serie di organi, comitati, convenzioni, procedure a
livello globale o locale, e includere anche gli approfondimenti sui diritti oggetto di
dibattito più recente56, come il diritto allo sviluppo e il diritto all'ambiente.
Questi ultimi, che riguardano sia il singolo che la collettività si presentano di
notevole pregnanza rispetto al discorso interculturale: il primo evidenzia la
necessità di definire il concetto di benessere e di promozione della condizione
umana in base a parametri alternativi a quelli economici; il secondo tutela il luogo
in cui si vive in dimensione individuale e sociale e dove si intrecciano i bisogni
delle generazioni presenti e future.
In ambito educativo, l'educazione alla cittadinanza e ai Diritti Umani può essere
articolata attraverso diversi percorsi ed avere finalità multiple: l'alfabetizzazione
al linguaggio delle istituzioni e alle problematiche politiche e giuridiche, lo studio
del testo costituzionale, l'individuazione di forme di partecipazione e
coinvolgimento del singolo, come della collettività, ecc.57; la stessa educazione
linguistica avrà un valore sensibilmente diverso se si insegna la lingua con intenti
assimilatori, rispetto a quelli di favorire la partecipazione, lo scambio, la
formazione di un pensiero critico.

8.3.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi

Consideriamo:
- il gioco come modo per scoprire la necessità di regole da rispettare: perché
si possa giocare, infatti, è necessario condividerle ed osservarle;
- la vita scolastica per valutarne le regole esistenti, distinguendo ciò che è
deciso dall'alto – dal Preside o dagli insegnanti – e ciò che è
spontaneamente osservato dagli studenti, che possono proporre nuove
regole, utili anche a un possibile contesto multiculturale. Il quadro delle
differenze culturali può essere arricchito dal confronto con le regole del
passato: quelle dei genitori o di altri adulti che ricordano il loro passato da
studenti58;
- le consuetudini e le norme di altri popoli per confrontarsi anche con quelle
che possono suscitare sconcerto: riflettiamo sul suttee nella cultura indiana
o sul misconoscimento di una donna incinta non sposata nella cultura
islamica; sarà possibile scoprire la tensione fra norme e rispetto delle
differenze nell'ambito dei Diritti Umani, oltre che maturare il diritto alla

56
Cfr. Harrison, 1998: 227-228.
57
Cfr. Mattei, 2007: 13-19.
58
Cfr. Aluffi Pentini, 2002: 110-111.

18
riserva, ovvero la possibilità di non accettare determinati aspetti della
cultura altra;
- quali siano i Diritti Umani ritenuti fondamentali per ogni uomo e ogni
donna per dare agli studenti l'opportunità di scrivere una propria 'carta dei
diritti', da confrontare poi con il testo delle diverse Dichiarazioni
menzionate nel paragrafo precedente;
- la testimonianza offerta da organismi internazionali come Amnesty
International, che intervengono nelle situazioni in cui i Diritti Umani non
sono rispettati o sono addirittura negati;
- la possibilità di indagare il cambiamento della cittadinanza nel tempo e
nello spazio59: dalla democrazia imperfetta della Grecia, che escludeva
donne, stranieri e schiavi, alle visioni giuridiche dell'appartenenza
genealogica o di nascita (ius sanguinis/ius solis), che ispirano le attuali
carte costituzionali, fino a possibili proposte che tengano conto degli
attuali scenari politici, ecc.;
- il confronto delle pratiche europee in fatto di naturalizzazione, per
riflettere sulle modalità migliori di elaborare nuove idee di cittadinanza
post-nazionale60;
- la messa in atto di processi partecipativi dei/per i giovani: le esperienze
locali, come i Consigli Comunali dei Ragazzi, possono essere raffrontate al
Consiglio dei Giovani di Barra Mansa (Brasile), al Parlamento dei
Bambini di Tirlonia (India), per analizzare somiglianze e differenze fra le
diverse esperienze; si possono anche considerare le esperienze di
dimensione internazionale, come il Children's forum o il Congresso
Mondiale dei Bambini contro lo Sfruttamento del Lavoro Minorile, ecc.61;
- le rivendicazioni di cittadinanza delle seconde generazioni, i giovani figli
di immigrati62.

8.4. Stereotipi, pregiudizi e altri procedimenti cognitivi di semplificazione

Nei processi di trasformazione e revisione culturale, è necessario rendersi


consapevoli dei processi cognitivi che ci servono per categorizzare e quindi
conoscere.
Per cominciare, possiamo fornire una sintetica definizione di stereotipi e
pregiudizi:
- Stereotipo: dall'etimologia greca: stereòs = rigido, stabile, fisso; týpos =
modello, si evidenzia l'immutabilità di una concettualizzazione, costruita
su una conoscenza parziale e generica, lo stereotipo è una sorta di
'concetto pigro', che si propone come sintesi semplificatoria della
complessità della realtà.
Alcuni esempi: 'i meridionali sono tutti bassi e scuri', 'i tedeschi sono tutti
alti e biondi', ecc.

59
Cfr. Colombo - Domaneschi - Marchetti, 2009: 29-45.
60
Cfr. Surian, 2008: 35.
61
Cfr. Invernizzi, 2004: 71-104.
62
Cfr. Colombo - Domaneschi - Marchetti, 2009: 99-134.

19
- Pregiudizio: può essere visto come l'insieme di una componente cognitiva
- la generalizzazione connessa con lo stereotipo - ed una emotiva.
Si tratta di un giudizio dato a priori che prescinde dalla conoscenza diretta
e, in quanto tale, non valido. Quando conduce ad atteggiamenti di rifiuto o
di ostilità è particolarmente pericoloso, sia se è espressione di un
comportamento individuale, sia soprattutto di quello sociale, poiché può
diventare anche causa di discriminazione63.
Riprendendo le teorie di Gardner, Duccio Demetrio sottolinea che la formazione
degli stereotipi segue il processo attribuzionale o labeling, ovvero il processo di
ordinamento e categorizzazione della realtà tramite un lavoro socio-cognitivo: le
mappe e alle etichette che elaboriamo risentono del lavoro individuale e di quello
sociale, cioè noi
ci nutriamo crescendo (da piccoli e da adulti) di rappresentazioni sociali, prevalenti in un
dato contesto di sviluppo e di processi rappresentazionali. Due fattori che, nel linguaggio
della formazione, siamo soliti definire contenuti e apprendimento64.

Alcune teorie sociobiologiche affermano la naturalità di stereotipi e pregiudizi,


riconducendoli a spontanee diffidenze verso ciò che non si conosce, sviluppatesi
come conseguenza della lotta per la sopravvivenza, che premierebbe la capacità di
solidarietà verso i membri dello stesso gruppo.
Per quanto suggestive possano essere queste spiegazioni, esse però non danno
conto del pregiudizio come fenomeno culturale e sociale: determinati
comportamenti discriminanti sono distaccabili dalla presunta naturalità degli
stereotipi, perciò sono decostruibili e contrastabili65.
Fra i tanti studi che si occupano di stereotipi e pregiudizi, l'approccio discorsivo
serve a chiarire i diversi aspetti, talvolta contradditori, della stereotipizzazione.
In questa prospettiva, stereotipi e pregiudizi sono prodotti del/nel discorso che è
sempre situazionato66, fanno parte di un repertorio interpretativo della realtà che il
parlante modifica in funzione dei propri scopi: pensiamo a quante volte gli
stranieri sono definiti come scansafatiche, ma anche come opportunisti arrivati per
rubarci il lavoro!
Nell'educazione interculturale, la tendenza all'uso degli stereotipi andrebbe messa
in relazione all'ambito culturale e valoriale, in cui gli stessi sono stati elaborati
rispetto ad altri gruppi umani67, bisognerebbe ripercorrere la nostra cultura per
individuare questi sistemi di credenze collegati con atteggiamenti negativi nei
confronti dei componenti di altri gruppi culturali per diventarne consapevoli,
rileggerli e decostruirli, cercando di usare differenti stili espressivi per esprimere
la propria opinione sul comportamento degli altri68.

63
Cfr. Gennai, 2005: 125, 137-138.
64
Demetrio – Favaro, 1992: 19.
65
Cfr. Morselli, 2007: 23-26.
66
Cfr. Caronia, 1996: 169.
67
Cfr. Mantovani, 2005: 68-74.
68
Cfr. Anolli, 2011: 436.

20
Accanto alla disamina di stereotipi e pregiudizi, è opportuno considerare alcune
operazioni di categorizzazione cognitiva; ne vediamo di seguito alcune
significative per il discorso interculturale:
- nella revisione di parole e concetti, è opportuno avere consapevolezza del
cosiddetto 'effetto cornice': se le nostre decisioni dipendono dalla
prospettiva in cui inquadriamo il problema, al fine di evitare inopportuni
irrigidimenti di pensiero, bisogna comprendere che la nostra visione non
è l'unica possibile e che le metafore e le analogie che utilizziamo
influenzano la nostra percezione e valutazione69;
- l'essenzializzazione trasforma concetti analitici, scientificamente rigorosi,
in concetti realistici, concreti: in questo passaggio i concetti astratti
vengono 'declassati' e delimitati da confini spaziali e simbolici70:
pensiamo, ad esempio, a quando la cultura, esperienza fondamentale
quanto inafferrabile della vita umana, viene immaginata come un oggetto
reale, visibile, tangibile, ecc.
- la disgiunzione, tipica dei paradigmi monoculturali, mira a creare
contrapposizioni, secondo la logica dell'esclusione esclusione reciproca
fra due elementi che si contrappongono, ad esempio: noi/loro,
natura/cultura, Occidente/Oriente, cultura scientifica/cultura umanistico-
letteraria, cittadino/clandestino, ecc.
Tali antinomie vanno ricomposte per creare nuovi paradigmi complessi di
implicazione/congiunzione, che siano più rispondenti alla logica di un
pensiero policentrico71.

8.4.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi

- Se gli stereotipi e i pregiudizi possono essere fonte di pratiche


discriminatorie, di intolleranza e di razzismo, un percorso di
approfondimento potrebbe analizzare:
a) dove e quando essi nascono: quali sono i luoghi della formazione e
della socializzazione in cui avviene l'interiorizzazione di valori di
rifiuto e ostilità, oppure di accettazione e simpatia;
b) attraverso quali canali si trasmettono e consolidano: la famiglia, la
scuola, i mezzi di informazione come la televisione, possono
contribuire a confermarli;
c) come affrontarli e neutralizzarli: per mettere in crisi la validità dei
pregiudizi, è fondamentale giungere ad esserne consapevoli e
dimostrarne la fragilità72;
- Ci potremmo inoltre confrontare con i seguenti obiettivi:
a) saper raccogliere informazioni adeguate rispetto ad altre culture;

69
Cfr. Mantovani, 2005: 87-98; si vedano anche le voci 'metafora' ed 'analogia' nel glossario a pag.
41.
70
Cfr. Mantovani, 2004:36.
71
Cfr. Morin, 2001: 40-42
72
Cfr. Pinto Minerva, 2002: 8-9.

21
b) saper prendere l'iniziativa di esplorare aspetti poco conosciuti della
propria cultura;
c) assumere atteggiamenti di fiducia, disponibilità, cooperazione;
d) promuovere il riconoscimento della diversità73.
- Mappare stereotipi e pregiudizi conosciuti per comprendere come tutti ne
creino e come tutti ne siano vittime.
- Confrontare affermazioni tratte da articoli di giornale, da stralci di
telegiornale, o da vignette satiriche e fumetti, ecc. per renderci conto che,
come Italiani siamo stati oggetto di pregiudizi (e spesso lo siamo tuttora),
da parte di chi sostiene la nostra inferiorità; eppure nei nostri discorsi si
ritrovano gli stessi meccanismi di separazione e discriminazione, che nel
caso specifico comportano l'equazione: straniero = delinquente.
- Si possono selezionare brani da opere di scrittori come Dickens, Goethe,
Ruskin, Leopardi che viaggiarono in Italia e ci descrissero attraverso
immagini negative, alcune vere alcune false: gli stereotipi formulati da chi
accolse in maniera ostile, spesso anche violenta, gli Italiani emigranti nelle
colonie anglosassoni dei secoli scorsi erano frutto dell'accumulazione di
tali immagini74.
- Come già suggerito nel paragrafo 8.2.1., si può pensare al ruolo delle
metafore e delle analogie applicate a parole-concetto come 'patrimonio',
'tradizione', 'eredità', 'origini'75, provando a inquadrarle secondo diversi
domini di realtà.
- Proviamo ad analizzare le dicotomie menzionate nel paragrafo precedente
per tentare una loro sintesi in relazione all'intenzionalità interculturale.

8.5. Le migrazioni

Alcuni studi confermano che i processi migratori sono presenti in ogni epoca e
che non esiste gruppo umano che nella propria storia non abbia conosciuto
migrazioni, "anzi, è possibile individuare proprio nelle radici migratorie
l'elemento comune a tutti i popoli e costruire su questo una storia solidale"76.
Occorre dunque riflettere sulla relazione tra tendenza alla mobilità e
stanzialità, sulla migrazione quale fattore endemico della specie umana e sulle
sue ragioni: la propensione alla mobilità, che sembra accompagnare l'essere
umano in tutte le fasi della sua storia, va messa in relazione con le cause
generalmente significative che portano ad abbandonare insediamenti abituali ed
accettare i rischi connessi con lo spostamento e il cambiamento77.
Ad una visione che privilegia l'appartenenza ad uno specifico territorio,
collegandovi la costruzione dell'immaginario personale e sociale, oltre che la
realizzazione materiale dell'individuo e della società, è opportuno dunque
accostare i valori legati al movimento, che fanno dell'essere umano

73
Cfr. Surian – Miltenburg, 2002: 15.
74
Cfr. Stella, 2003: 55-59.
75
Cfr. Brusa, 2004: 20-29.
76
Pinto Minerva, 2002: 100.
77
Cfr. Carlini, 1995: 21.

22
l'essere vivente più mobile perché meno dipendente dall'ambiente, capace di adattarsi agli
ambienti più disparati, declinando il cambiamento a carico dell'ambiente stesso, fino a
creare ambienti su misura dei suoi bisogni e progetti 78.

La conoscenza delle migrazioni consente dunque di ripensare la cultura e


l'esperienza umana come processi in continua evoluzione e non come
conseguenza unica e scontata dell'urbanizzazione79.
Inoltre il tema delle migrazioni si presta ad un approccio multidisciplinare o
interdisciplinare, coinvolgendo:
- la storia, nel ricercare le cause del fenomeno e nel rileggere i movimenti
migratori più importanti, del passato e del presente;
- la geografia, nell'individuare le motivazioni politiche, economiche e sociali
degli ambienti che spingono/accolgono le migrazioni, nonché le
problematiche culturali che insorgono nell'adeguamento culturale delle
culture/società ospitanti;
- le discipline sociali nell'indagare le implicazioni sociali e psicologiche del
fenomeno (ad esempio, le conseguenze legislative in educazione civica);
- la matematica, le lingue, le scienze, la musica nell'analizzare e valutare
prestiti/debiti culturali.

8.5.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi

Possiamo riflettere su:


- l'immigrazione che l'Italia e l'Europa stanno vivendo è un aspetto
dell'interdipendenza dei processi economici, sociali e culturali relativi alla
globalizzazione: si possono analizzare cause e conseguenze, le relazioni
che si instaurano, le difficoltà e i problemi degli immigrati e degli
autoctoni, oltre che le occasioni in cui si manifesta la ricchezza e
dell'incontro;
- l'emigrazione che in un recente passato ha interessato il nostro paese per
destinazioni lontane o anche i consistenti fenomeni migratori interni, in
special modo dal Sud verso il Nord, per cogliere somiglianze e differenze
con le condizioni dei migranti di oggi e per le pratiche di accoglienza ed
integrazione da attuare nella nostra società;
- lo sviluppo spaziale e temporale delle attuali migrazioni, utilizzando fonti
informative alternative ai libri di testo, come lettere, canzoni, cartoline,
testimonianze orali e scritte, ecc.
- gli odori, i sapori, i colori, i suoni: i segni della presenza multiculturale in
Italia80.

78
Damiano, 1998b: 42.
79
Cfr. Damiano, 1998b: 39-44.
80
Cfr. Medi, 2007: 51.

23
8.6. Informazione, media e multimedialità

Il percorso di costruzione di una società interculturale include l'attivazione di


qualsiasi forma di comunicazione, che può così essere considerata strumento e
ambito di riflessione - nei contenuti che può veicolare.
Fra educazione e media possono esistere rapporti conflittuali, ma è opportuno
invece immaginare zone di scambio, considerando alcune questioni: innanzitutto
la grande mole di informazioni che strumenti audiovisivi e informatici consentono
di ottenere, fornendo anche la possibilità di mostrare aspetti non visibili della
realtà (ad esempio, si può simulare un viaggio sulla superficie della Luna, o la
ricostruzione del volto di una mummia); i nuovi media risultano accattivanti,
vicini alla sensibilità dei più giovani e contribuiscono a motivare verso i saperi,
che possono essere rivisitati attraverso forme creative di invenzione linguistica, di
comunicazione verbale e non, tramite il confronto fra varie rappresentazioni e
punti di vista diversi.
Se consideriamo poi la pervasività e diffusione, ci rendiamo conto di come i nuovi
media possano influenzare profondamente la nostra percezione della realtà81.
In questa prospettiva, possiamo considerare il progresso tecnologico e scientifico
nella cultura occidentale e come esso abbia influito anche sullo sviluppo della
comunicazione, per significare in alcuni casi omogeneizzazione e occultamento
delle differenze; possiamo sfruttare l'attuale livello di sviluppo nelle
comunicazioni per eliminare barriere e confini – reali e simbolici – per cercare
una cultura cosmopolita di segno nuovo, che sia rispettosa e curiosa dell'alterità.
Un possibile rapporto fra educazione e mezzi di comunicazione è quello in cui
ci si avvale di questi ultimi come artefatti, ossia prolungamenti percettivi e
cognitivi, strumenti che favoriscono la partecipazione attiva di lettori, spettatori,
ascoltatori, per imparare a trasformare, selezionare e manipolare la conoscenza e,
allo stesso tempo, come strumenti di strutturazione della realtà e
dell'immaginario82.
I contenuti dei media possono essere contemporaneamente espressione del
presente e strumenti del suo mutamento: occorre dunque promuovere una lettura
critica dei mezzi di informazione (giornali, telegiornali, giornali radio, social
media, ecc.) che si possono legare a logiche di natura diversa83, diventando anche
strumenti di manipolazione, al di là dei miti di trasparenza e oggettività:

Come nel caso dell'alfabetizzazione linguistica, si tratta di far riflettere su strumenti


[…] che tutti utilizzano in modo spontaneo per conoscerne e dominarne le caratteristiche,
le regole e le modalità d'uso.
L'alfabetizzazione e l'educazione linguistica infatti non possono essere considerate
compiute se non comprendono anche l'educazione ai media84.

81
Cfr. Medi, 2007: 9-11.
82
Cfr. Galliani, 1996a: 12-17.
83
Cfr. Costa, 1996: 41.
84
Medi, 2007:12.

24
Il cinema, come esperienza complessa, che integra i codici lineari con quelli
analogici delle immagini, offre l'opportunità di allargare i confini della propria
esperienza, consentendo di avvicinarsi ad altre realtà, ambiti spaziali e temporali.
La sua fruizione avviene a livello emotivo e cognitivo – l'identificazione e il
coinvolgimento con le storie raccontate apre percorsi conoscitivi inediti, nei quali
è fondamentale riconoscere anche le rappresentazioni stereotipate – e a livello
critico ed estetico – la conoscenza del linguaggio cinematografico serve a
coglierne la dimensione poetica85, serve inoltre a comprendere le modalità di
attribuzione e negoziazione dei significati del testo filmico da parte dello
spettatore86.
La multimedialità e Internet si offrono come reti di comunicazione e di senso in
virtù dell'ipertestualità, ovvero quell'insieme di processi

di interazione percettiva, linguistica e cognitiva, attraverso i quali non solo si viaggia in


ambienti definiti, ma si costruisce attivamente la conoscenza all'interno di specifici
contesti socio-culturali. La rete di comunicazione è, allo stesso tempo metafora e
condizione di realtà dell'interdipendenza economica, politica, sociale e culturale degli
individui e dei popoli e dunque anche di una qualunque pedagogia dell'intercultura87.

Per l'educazione interculturale l'ipertesto può essere infatti metafora della


costruzione attiva di senso e della negoziazione di significati, muovendo da
diverse prospettive e angolature88, mentre la navigazione è esperienza educativa,
poiché permette di maturare abilità e competenze, che implicano l'attuazione e la
condivisione di strategie euristiche89.

8.6.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi

Sarebbe utile:
- raccogliere documentazione sulla diverse modalità di fare pubblicità in
televisione, sui giornali, per strada, ecc. Ciò può servire ad analizzare le
modalità di comunicazione e cogliere anche quanto non viene
esplicitamente rappresentato/detto90;
- poiché i mass-media influiscono notevolmente sulla percezione collettiva,
sulla formazione dell'identità e dell'immaginario, contribuendo alla
perpetuazione degli stereotipi, analizzare articoli di giornale per ricavare
spunti di riflessione sul sensazionalismo, sui tentativi di manipolazione e
sulla possibile mancanza di approfondimenti e sui processi interpretativi
degli avvenimenti;
- ricercare e confrontare fonti di informazione alternative a quelle più
diffuse: si possono affrontare percorsi tematici cercando versioni diverse
di fatti ed eventi proposti da telegiornali, cinema, Internet, ecc.

85
Cfr. Pinto Minerva, 1996.
86
Cfr. Triolo, 2004: 9-12.
87
Galliani, 1996b: 58.
88
Cfr. Calvani, 2004: 20-29.
89
Cfr. Calvani – Rotta, 1999: 13-17.
90
Cfr. Aluffi Pentini, 2002: 114-115.

25
- progettare ipertesti per sviluppare la capacità di individuare e creare nessi,
legami, relazioni;
- esplorare Internet per sviluppare connessioni e conoscere la pluralità delle
esperienze e delle identità; la navigazione come esperienza di
apprendimento si basa sulla capacità di cercare e valutare contenuti, ma
anche di elaborare le informazioni e di padroneggiare gli strumenti che
consentono l'interazione;
- stimolare la visione consapevole e critica dei film, oltre che la sensibilità
estetica, attraverso percorsi che mirino a scoprire i linguaggi nascosti (ad
esempio: riconoscendo i vari tipi di immagini, individuando le strutture
narrative, analizzando la colonna sonora, il montaggio, ecc.), per maturare
una propria opinione su quanto visto91;
- selezionare percorsi tematici esplorabili attraverso la visione di film di
vario tipo sull'immigrazione e sull'interculturalità92.

9. L'educazione interculturale e la prassi didattica

L'educazione interculturale investe anche le modalità di presentazione e


trattamento dei contenuti e quelle di gestione della classe, come già
scrivevamo nel paragrafo 4.
Si tratta dunque di rivedere quelle già conosciute alla luce del discorso
interculturale e di recuperarne altre da ambiti esperienziali e/o disciplinari diversi.

9.1. La comunicazione

Una comunicazione corretta consente di stabilire e sviluppare relazioni in modo


efficace. È dunque fondamentale che per gli stranieri sia curato il percorso di
acquisizione dell'italiano L2, ma che tutti gli alunni – compresi gli autoctoni -
siano stimolati verso il plurilinguismo come

strumento per immergersi in modi di pensare diversi dal proprio, in una logica aperta al
contagio linguistico e culturale, in cui ciascuno prende dagli altri le parole, i modelli
culturali, i valori che trova migliori93

e all'acquisizione di una competenza interculturale, quale forma di apertura e di


disponibilità, che si rende necessaria quando i parlanti non condividono gli stessi
sfondi culturali94.
Nel discorso interculturale l'impasse comunicativa perde la connotazione
negativa, per apparire come una delle caratteristiche nodali del processo
comunicativo, poiché evidenzia:

91
Cfr. Medi 2007: 38-39.
92
Cfr. Triolo, 2004.
93
Balboni, 2002: 4.
94
Infantino, 1996: 217.

26
- la reciprocità della relazione: gli interlocutori devono collaborare per
poter essere efficaci nell'evento comunicativo95 e, se si verificano casi di
incomprensione, vi è una comune responsabilità riguardo gli esiti;
- la dinamicità della situazione, data dal continuo intersecarsi di
componenti comunicative, per cui ogni evento comunicativo è da
considerarsi un caso particolare.
In ambito educativo l'insegnante offre l'esempio di come si debbano mediare le
difficoltà comunicative e favorire l'acquisizione di abilità relazionali, quali:

- saper osservare (decentrarsi e straniarsi),


- saper relativizzare,
- saper sospendere il giudizio,
- saper ascoltare attivamente,
- saper comprendere emotivamente (empatizzare ed exotopizzare),
- saper negoziare i significati96.

L'accento si sposta dall'educazione alla comunicazione in senso lato alla


disponibilità comunicativa di parlanti che non condividono lo stesso patrimonio
culturale e devono essere disposti ad adattarsi, ad attribuire e negoziare i
significati che ogni lingua veicola97, senza che nessuno dei sistemi culturali
prevalga sull'altro, ma cercando un terreno comune su cui far scorrere
efficacemente l'interazione.
Del resto, afferma Paolo Balboni, la competenza comunicativa interculturale
non può essere insegnata, visto che la comunicazione evolve continuamente e
non è possibile studiare tutti i problemi interculturali; essa può essere però
appresa, grazie ad abilità relazionali e ad un modello di competenza
comunicativa interculturale, in base al quale ognuno può costruire la propria
specifica competenza, grazie alle proprie esperienze interculturali, da classificare
in base a:
- il suono della lingua, la scelta di parole o argomenti),
- i linguaggi non verbali (ad esempio: la gestualità e la mimica facciale, la
prossemica),
- i valori culturali (ad esempio, la concezione del tempo o dello spazio o
delle gerarchie),
- gli eventi comunicativi (ad esempio: il dialogo, la telefonata, la riunione
formale, la festa) 98.
Le problematiche comunicative interculturali che possono verificarsi vanno
gestite con umorismo, oltre alla capacità di trasformare le nostre emozioni per
facilitare l'ascolto attivo: afferma Marianella Sclavi che il modello di persona
matura non è più 'l'uomo che sa', che ha sempre sotto controllo la situazione, ma la
'persona gentilmente goffa' (si noti la scomparsa del maschile), che sa gestire
imbarazzi, conflitti, malintesi, equivoci99.

95
Cfr. D'Ignazi, 205: 55-68.
96
Balboni - Caon, 2015: 147.
97
Cfr. D’Ignazi, 2005: 68.
98
Cfr. Balboni - Caon, 2015: 32-37.
99
Cfr. Sclavi, 2004: 185-193.

27
Evidenziare il valore positivo di tali questioni significa riconoscere che il rapporto
fra sapere e comunicazione non è stabilito univocamente, ma che si può realizzare
in modalità eterogenee.
È infatti necessario raccontarsi, confrontarsi, imparare ad argomentare.
A tale scopo può essere valido l'utilizzo dell'indagine autobiografica, basando le
lezioni su un impianto narrativo/dialogico che consente di esplicitare - anche
attraverso e durante l'apprendimento linguistico - il proprio sistema di valori ed
avviare attività di metacognizione e riflessione100; in questo senso, oltre alla
funzione di testimonianza, i racconti avranno un valore autenticamente educativo
ed emancipatorio:

con la scrittura di se stessi ci si pone delle domande, ci si interroga, si sviluppano capacità


e facoltà definite interiori, a loro volta generatrici di virtù senza frontiere come la
ponderazione, la riflessione, la meditazione101.

9.1.1. Alcuni suggerimenti operativi

Può risultare utile:


- discutere situazioni di caso, per analizzare difficoltà e problemi relativi a
blocchi comunicativi/relazionali, al fine di individuare e condividere
possibili linee d'azione;
- tematizzare alcuni elementi dello sfondo culturale per scoprirne insieme le
caratteristiche e il funzionamento, come: la concezione del tempo, la
relazione fra corpo e spazio, le espressioni del viso, la gestualità, ecc.;
- realizzare attività e giochi che prevedano l'utilizzo di codici non verbali:
disegni, immagini, musica, movimenti, mimica, ecc. in modo da stimolare
creativamente la collaborazione, il confronto e la riflessione su diversi
modi di esprimersi;
- redigere una lista di regole e atteggiamenti di buona educazione per
discutere insieme se e quando vanno rispettati e per capire se si tratta di
convenzioni universalmente valide o legate a specifiche culture102;
- provare a raccontare un evento utilizzando stili diversi, seguendo l'esempio
di Raymond Queneau103;
- esplorare la comunicazione come evoluzione, considerando la
comunicazione animale, quella non verbale, quella mimico-gestuale,
quella orale e scritta104, per riflettere sull'aspetto strutturale della
comunicazione stessa;
- studiare come una lingua cambia nel tempo (ad esempio, facendo
riferimento a leggende e miti sull'origine delle lingue) e nello spazio (una
lingua esiste quando le persone che la parlano si incontrano, le lingue sono
o diventano diverse fra loro quando i parlanti sono lontani).

100
Cfr. Farello - Bianchi, 2001.
101
Demetrio, 2002: 72.
102
Cfr. Aluffi Pentini, 2002: 96-97.
103
L'autore di Esercizi di stile.
104
Cfr. Giornelli - Maioli, 2003.

28
9.2. La comparazione

La consapevolezza dell'esistenza di ipotesi interpretative alternative ci propone


un'immagine articolata e multidimensionale della realtà.
La via per educare all'interculturalità proposta può basarsi sul confronto fra due o
più narrazioni/versioni di uno stesso oggetto, al fine di allargare il proprio
orizzonte e il proprio immaginario e rendere la mente più flessibile.

9.2.1. Alcuni suggerimenti operativi

Si possono:
- confrontare varie modalità di giochi in diverse culture per cogliere la loro
specificità legata al contesto;
- analizzare diverse rappresentazioni cartografiche per comprendere come il
mondo possa essere immaginato in modi diversi: alla mappa eurocentrica
di Mercatore e alle carte sinocentriche, è possibile affiancare quella di
Peters che realizza nella trasposizione grafica il rapporto corretto fra
superfici o altre proiezioni meno note;
- valutare le diverse soluzioni ad un problema, senza formulare giudizi di
valore, ma confrontando soltanto i percorsi e i motivi che hanno condotto
a trovarle.

9.3. Il decentramento

Uno degli obiettivi fondamentali dell'educazione interculturale evidenziato nel


paragrafo 4, è quello di imparare il decentramento cognitivo e padroneggiarlo.
Si tratta della capacità distanziarsi dal proprio modo di pensare per interpretare la
realtà anche con gli 'occhi degli altri' e ritornare poi a rileggerla nell'ottica del
confronto e della relativizzazione, nella consapevolezza che il proprio modo di
pensare non è l'unico possibile, bensì uno fra tanti altri, tutti ugualmente
legittimi105. Ciò può essere fatto attraverso tecniche ed attività che agiscono a
diversi livelli di conoscenza e consapevolezza.
Il decentramento ha forti valenze educative poiché consente di uscire da
egocentrismo ed etnocentrismo, essendo basato sull'accettazione della parzialità
del proprio punto di vista106.

9.3.1. Alcuni suggerimenti operativi

Può essere utile:


- provare ad 'indossare i panni altrui', immedesimandosi in un compagno di
classe per raccontare un evento particolare, ad esempio il primo giorno di
scuola individuando un oggetto nell'aula e descrivendo l'ambiente dalla

105
Cfr. Nanni – Curci, 2005: 86.
106
Cfr Grillo, 1996: 8.

29
sua prospettiva, raccontando una fiaba da più punti di vista (ad esempio
Cappuccetto Rosso dal punto di vista del lupo o della nonna o del
cacciatore o Cenerentola dal punto di vista del principe o delle sorellastre
o della matrigna107);
- identificarsi con un essere vivente – un animale, un albero, una persona,
un essere inventato, ecc. – per descrivere, mimare, disegnare, ecc., ciò che
quell'essere vivente vedrebbe/farebbe/penserebbe. Ciò al fine di valutare la
funzionalità delle diversità rispetto all'ambiente;
- confrontare diverse modalità di risolvere problemi e valorizzare le diverse
soluzioni;
- conoscere visioni diverse sul mondo occidentale, perché può essere utile
per capire meglio noi stessi: le crociate cristiane furono chiamate invasioni
franche dagli Arabi, per i quali rappresentarono un drammatico arresto del
progresso culturale maturato a partire dal VII secolo; la scoperta/conquista
dell'America fu anche la tragica scoperta del mondo europeo per i popoli
amerindi, che videro arrivare gli stranieri da Oriente e a loro si
sottomisero, considerandoli degli 'esseri divini'; attualmente è lo sguardo
degli immigrati stranieri che rivela le ambiguità della nostra cultura e la
straordinarietà di aspetti per noi ovvi108.

9.4. Il riconoscimento dei debiti culturali e la valorizzazione della contaminazione

Il riconoscimento dei debiti culturali e la valorizzazione della contaminazione


portano alla consapevolezza dell'interdipendenza fra le culture, intese non
come universi statici e chiusi, bensì come realtà collegate in continuo movimento.
Partendo dalle motivazioni che inducono a valorizzare, o ad accettare
parzialmente o addirittura a rifiutare i debiti e prestiti come momenti fecondi di
scambi culturali, è utile notare come nel corso della storia e nei diversi luoghi le
culture si sono incontrate/si incontrano avviando dei cambiamenti importanti.
Si tratta di quei casi in cui il meticciamento culturale, l'incontro e lo scambio
hanno dato luogo al plusvalore: per l'architettura possiamo considerare città
quali Palermo e Taormina, per la letteratura gli autori della migrazione che
offrono nuove espressioni alla lingua italiana e nuovi modi di vivere le esperienze,
per la musica le mescolanze fra stili tradizionali e sonorità più attuali, che
permettono di offrire e veicolare nuove sensazioni109, ecc.
Gli scambi hanno generato risultati imprevisti che possono richiedere definizioni
al di fuori dei campi abituali di conoscenza. Come manifestazioni della
complessità, esigono modalità interdisciplinari di lettura: un semplice esempio è il
flamenco – danza, canto e musica insieme – che sfugge a ogni precedente
classificazione.
In quest'ottica, si può cominciare a ricomporre la suddivisione dei saperi,
evidenziando le interdipendenze.

107
Cfr. Nanni – Curci, 2005: 91-92.
108
Per reperire brani antologici e proposte di riflessione sul decentramento, cfr. Fucecchi, 1998.
109
Cfr. Disoteo, 1998: 60-61.

30
9.4.1. Alcuni suggerimenti operativi

Possiamo riflettere su:


- i prestiti linguistici, quale fenomeno di rinnovamento lessicale e
manifestazione delle mescolanze linguistiche che dimostrano l'inesistenza
di lingue pure110;
- i fenomeni di ibridazione e contaminazione, individuando momenti di
contatto avvenuti nella storia, con la consapevolezza che azioni individuali
e collettive hanno conseguenze sul presente e sul futuro: ad esempio, la
cristianità è considerata da molti uno degli elementi costitutivi dell'identità
europea, ma il Cristianesimo nasce dalla cultura mediorientale e recepisce
elementi dalle tradizioni del Nord Europa e Nord America111;
- i sistemi grafici, ideografici o sillabici, paragonandoli per comprenderne la
funzionalità nei rispettivi sistemi culturali di riferimento112;
- la notazione numerica posizionale che è risalente al fecondo momento di
ricerca, revisione, valorizzazione di apporti eterogenei nel mondo arabo
all'indomani della conquista.

9.5. La decostruzione e la decolonizzazione

La via della decostruzione si basa sull'analisi nella propria cultura di categorie


concettuali inaccettabili, poiché inficiate da stereotipi, pregiudizi, luoghi comuni,
che impediscono di cogliere il loro etnocentrismo:
per operare questo cambiamento è necessario «costruire decostruendo». Costruire, cioè,
una nuova memoria aperta all'altro decostruendo la memoria dominante, che è
etnocentrica ma che si spaccia per universale 113.

Il processo di decostruzione consente la loro relativizzazione e storicizzazione,


passaggio propedeutico per poter poi iniziare la costruzione di una cultura
planetaria.
La decostruzione implica anche un processo di decolonizzazione, per potersi
liberare dal desiderio di dominio e di sopraffazione.
Per prepararsi, secondo Armando Gnisci, bisognerebbe promuovere la via della
creolizzazione, cioè l'incrocio e il meticciamento delle lingue, dei tratti culturali,
dei popoli con l'elemento positivo dell'imprevedibilità di ciò che può risultare.
Il percorso della decolonizzazione appare particolarmente significativo per dare
un senso più completo ed autentico all'educazione interculturale, in nome della
transculturalità (paragrafo 1); essa può essere un percorso di conoscenza di
narrazioni e avvenimenti rimossi e dimenticati, che vanno recuperati per restituire
dignità ai popoli sopraffatti politicamente e culturalmente e per ritrovare quelle
possibilità di incontro e di dialogo114 distrutte dalle dinamiche coloniali.

110
Cfr. Fucecchi, 1998: 47-57.
111
Cfr. Crudo, 2006: 29.
112
Cfr. Fucecchi, 1998: 36-44.
113
Nanni - Curci, 2005: 80.
114
Cfr. Gnisci, 2001: 24, 55-58.

31
In tutti i contesti di colonizzazione, il rapporto colonizzatore/colonizzato è una
contrapposizione innescata dai processi di dominio, alimentata dalla violenza e
dal razzismo, particolarmente evidente a livello linguistico: con la sopraffazione,
la lingua autoctona, rimane ancorata allo splendore del passato, spesso ridotta a
folklore, mentre la vita culturale continua nella lingua imposta dai colonizzatori,
lingua che guida un'esperienza cognitiva separata dall'affettività115; il bilinguismo
comporta la partecipazione a settori psichici, culturali, identitari in conflitto fra
loro, con la conseguente interiorizzazione di conflitti e di svalutazione del proprio
universo affettivo116.
La decolonizzazione ci sembra un percorso particolarmente pregnante per noi,
Italiani, che spesso non conosciamo nulla della nostra storia coloniale: le colpe e
le responsabilità dei colonizzatori continuano e si aggravano quando si ritiene
invariato il "ruolo storico della cultura occidentale come civilizzatrice e liberatrice
dalle tenebre"117, quando non si vuol "considerare il punto di vista indigeno"118 e,
nel nostro caso, si liquida l'esperienza coloniale collegandola univocamente al
razzismo fascista119, o, peggio ancora, quando la si qualifica come bonaria,
attraverso

la diffusione di una memoria selettiva ed edulcorata [che crea] un'immagine mitica del
colonialismo nazionale, legata alla rappresentazione degli italiani come «brava gente»,
portatori di un colonialismo «buono», meno razzista e meno crudele di quello di altri
paesi120.

Nel nostro specifico contesto culturale e storico è dunque necessario chiederci


quali sono state le ragioni della mancata conoscenza di una parte importante della
storia italiana121, per cercare poi di affrontare quelle 'zone grigie' e capire quali
conseguenze ci sono oggi a causa del mancato riconoscimento delle nostre
colpe122, impegnandoci ad evitare distorsioni nell'immaginario attuale, oltre che
errori futuri.

9.5.1. Alcuni suggerimenti operativi

Può aiutare il processo di decostruzione:


- analizzare il concetto di 'razze' per concludere che esiste solo la 'razza
umana';
- paragonare il concetto di intelligenza alla teoria delle intelligenze multiple
di Gardner123;
- discutere e relativizzare il concetto di progresso di marca positivista, per
superare l'idea di un procedere lineare e univoco;
115
Cfr. Thiong'o, 2015: 28.
116
Cfr. Memmi, 1979: 93-94, ma anche Fanon, 1962.
117
Dal Fiume, 2005: 143.
118
Stefani, 2007: 18.
119
Rodogno, 2005: 318-321.
120
Stefani, 2007: 26.
121
Cfr. Dal Boca, 2011.
122
Cfr. Focardi, 2005: 333.
123
Cfr. Gardner, 1987.

32
- analizzare fatti storici relativi all'esperienza coloniale italiana in Africa (e
non solo), utilizzando varie fonti (immagini, fumetti, racconti, testi
letterari, ecc.), per decostruire e cambiare l'immagine bonaria degli
Italiani, scoprendo le crudeltà dei lager istituiti nella Sirtica, l'uso di armi
chimiche per accelerare la resa dell'Etiopia, ecc.124;
- analizzare le modalità con cui i libri di testo e i curricoli attuali affrontano
la colonizzazione e la decolonizzazione europea ed italiana125;
- ascoltare la voce di scrittori migranti, che hanno narrato l'esperienza
coloniale126.

9.6. Le metodologie a mediazione sociale: apprendimento cooperativo e peer


tutoring

Le metodologie a mediazione sociale - fra le tante metodologie attive - possono


essere cruciali per valorizzare il plurilinguismo, le differenze, le interdipendenze,
le istanze dell'educazione interculturale: Fabio Caon indica l'apprendimento
cooperativo e il tutoraggio fra pari, quali metodi particolarmente utili ed efficaci
in contesti multiculturali127.
L'apprendimento cooperativo risponde alla necessità di favorire la relazione e
rispettare le differenze, permettendo di:
- esercitare le capacità di dialogo e ascolto per accogliere l'altro in una
dimensione psicologica favorevole,
- confrontarsi e aiutarsi reciprocamente per sviluppare conoscenze
nuove,
- imparare nuove modalità interpretative della realtà,
- scoprire il pensiero creativo,
- apprendere ad argomentare le proprie posizioni, per farne partecipi gli
altri,
- trovare nuove soluzioni concordate e condivise128, lavorando insieme.
La responsabilizzazione del gruppo, come di ogni singolo individuo in esso, può
essere attivata attraverso l'input del Service Learning: partendo dall'evidenza che
l'apprendimento è di natura sociale129, si predispongono situazioni didattiche per
riconoscere problemi sociali, per sviluppare ed affinare competenze (anche
professionali e metodologiche), impegnandosi in un servizio di volontariato legato
alle esigenze reali della collettività, sperimentando logiche partecipative e di
cooperazione130.
Nel tutoraggio fra pari è possibile utilizzare e valorizzare le differenze
individuali e culturali nella pratica didattica quotidiana: in contesti generalmente

124
Cfr. Di Sapio - Medi, 2009: 39-169; Dal Boca, 2011.
125
Cfr. Di Sapio - Medi, 2009: 231-241.
126
Cfr. ad esempio: Gnisci, 2006; Ceola, 2011.
127
Cfr. Caon, 2008: XXI-XXIII.
128
Cfr. Pinto Minerva, 2002: 59-61.
129
Cfr. Fiorin, 2014: cap. 3 par. 1.
130
Cfr. Cipollari 2016b: 41-42.

33
strutturati, alcuni alunni vengono formati per assumere la funzione di educatori
dei compagni131.
A seconda dei diversi obiettivi stabiliti dall'insegnante, si possono considerare le
diverse caratteristiche personali (età, competenze linguistiche, intelligenze
coinvolte, stili cognitivi, ecc.) per affidare i ruoli a rotazione a tutti.
Il tutoraggio fra pari può avere vantaggi sia per il tutor (tutorante) che per il tutee
(tutorato), entrambi possono diventare "agenti di cambiamento"132 positivo: il
primo, infatti, oltre a maturare responsabilità nei confronti del gruppo di
riferimento, dovrà esercitare strategie cognitive di ordine superiore per imparare
ad insegnare contenuti ed abilità al pari, mentre il secondo potrà beneficiare della
maggiore efficacia comunicativa della situazione, per apprendere133.
Ricordiamo, infine, che gli alunni - italofoni e non (a seconda del diverso livello
linguistico) - possono essere impegnati in attività di riscrittura funzionale o
semplificazione dei testi disciplinari, con significative ricadute nella competenza
scritta, oltre che metalinguistica e metatestuale, nell'ottica "di un'educazione
linguistica trasversale che coinvolga, ognuno con la sua specificità, le diverse
discipline e i vari momenti formativi"134 in una prassi didattica di rispetto e
valorizzazione delle abilità differenziate135.

9.6.1. Alcuni suggerimenti operativi mettere altri suggerimenti

- Si può andare sul sito http://www.apprendimentocooperativo.it/alla


sezione 'materiali prodotti', dove sono reperibili varie attività che possono
essere dei validi suggerimenti per il lavoro in classe.
- Si possono impostare progetti di service learning consultando la pagina:
http://www.servicelearning.ch/it/service-learning/ seguendo il percorso
indicato nella sezione 'Strumenti pratici'.
- Si possono organizzare attività (a coppie o in gruppo, ecc.) per analizzare e
manipolare i materiali di studio, per confrontare i punti di vista e mediare
gli apprendimenti.

9.7. La gestione del conflitto e la mediazione

Chi si occupa di intercultura non cerca lo scontro, ma il dialogo, lo scambio, le


regole per una serena ‘con-vivenza’ in una società che di fatto è già
multiculturale.
Siamo però partecipi di una cultura nella quale il conflitto, sia reale (economico e
sociale), sia simbolico (ideologico, religioso, culturale) è percepito come
sinonimo di guerra, di scontro e per questo è spesso rimosso, poiché genera ansia
e tensione.

131
Cfr. Pellai - Rinaldin - Tamborini, 2002: 41.
132
Topping, 2014: 15.
133
Cfr. Caon, 2008: XXIII.
134
Amoruso, 2010: IX.
135
Cfr. Caon, 2006.

34
Per promuovere una visione positiva del conflitto possiamo tenere presente che
ogni giorno dobbiamo gestire tanti tipi di conflitti, quali elementi costitutivi dei
rapporti, dell’esistenza, della contemporaneità.
Ogni conflitto implica dinamicità e relazione, poiché è sempre tra due o più
soggetti che si presentano in posizioni diverse136.
Al centro delle istanze formative possiamo dunque porre:
- l’arte dell’incontro, che comprende il riconoscimento della presenza
dell’altro e la sua piena accettazione, previa la sospensione di ogni
giudizio;
- le competenza relazionali quali ascolto attivo ("interessato alle cornici e
permesse implicite, che considera l'osservatore parte integrante del
fenomeno osservato"137), dialogo, aiuto reciproco, collaborazione, ecc.,
strumenti di alfabetizzazione adeguati per la comunicazione nella società
plurietnica e come modalità di attivazione di spazi adatti agli scambi;
- le competenze di negoziazione per gestire il conflitto e superare l’‘io’ e il
‘tu’, alla ricerca del plusvalore del ‘noi’.
Le modalità per affrontare situazioni conflittuali variano da soggetto a soggetto e
da momento a momento, ma nell’educazione interculturale emerge
l’intenzionalità a risolverle comunque in maniera non violenta e costruttiva.
Evitare di utilizzare la violenza, non significa tuttavia ridurre il ragionamento ad
un generico ‘volersi bene’.
Obiettivo dell’educazione interculturale è proprio far emergere il conflitto,
distanziando la dimensione oggettiva - il problema - da quella emotiva, che vanno
entrambe tenute sempre presenti, superarlo attraverso la mediazione.
Essa infatti implica la ricerca di visioni inedite della situazione di partenza, di
nuove modalità di guardare l’altro, di forme nuove di incentivazione della
cooperazione piuttosto che di competizione, di convergenze verso soluzioni
vantaggiose reciprocamente e non la divisione in termini di vincitori/vinti138.
Inoltre, la gestione del conflitto può essere un valido supporto in ambito
scientifico ed educativo per la maturazione del pensiero plurale e migrante,
che consente di ricomporre le polarità, di superare le dicotomie riduttive che
esistono nelle nostre menti, per creare nuove sfere di significato, ristrutturando
l’immaginario139.

136
Cfr. Fucecchi, 2006: 10.
137
Sclavi - Giornelli, 2014: 127.
138
Cfr. Besemer, 1999: 32-35.
139
Cfr. Nanni, 2006b: 19.

35
9.7.1. Possibili approfondimenti e attività pratiche

- Per scoprire la necessità di esplicitare gli interessi e la possibilità di trovare


soluzioni soddisfacenti per tutti, si possono utilizzare dei giochi di ruolo o
situazioni di caso, come la seguente:

Siamo in una classe di scuola media, due alunni senegalesi esprimono un deciso atto di
sottoscrizione all’azione terroristica legata al fondamentalismo islamico e condannano
l’America e l’Occidente. Le loro frasi generano problemi di convivenza in classe e sono
occasione di tensioni fra compagni.

Cosa deve fare l’insegnante? Quali riflessioni e quali attività deve porre in
atto per recuperare la dimensione razionale? Come può aiutare ad
individuare la sfera emozionale legata al conflitto? A quali conclusioni
deve tendere?
- Per rendersi conto che i fatti e la loro interpretazione generalmente non
coincidono, si può imparare ad osservare le figure multistabili: "delle
forme, degli oggetti, che hanno un significato, un senso diverso a seconda
della prospettiva dalla quale li osserviamo"140.
- Per iniziare un percorso di ricomposizione delle dicotomie, oltre a quelle
già presentate nel paragrafo 8.4, possiamo considerare:
a) l’emblematico esempio di Vito Moscarda141 che scopre davanti
allo specchio le differenze nel suo aspetto fisico e poi la sua
identità;
b) la descrizione di persone somiglianti e differenti fra loro, poiché
descrivendo le caratteristiche fisiche delle persone si può
scoprire come ogni paragone ha sempre bisogno di un secondo
termine di confronto per stabilire ciò che è diverso e ciò che è
uguale;
c) la totale accettazione della differenza, elemento fondamentale
per conoscere autenticamente le altre culture: non è possibile
paragonare, ad esempio un Occidentale e un Indios se non
partendo dalle loro specificità culturali, che non possono essere
ricondotte ad uno stesso metro, ad una stessa scala;
d) la ricerca di elementi comuni fra i popoli attraverso storie
similari in luoghi e tempi diversi: il personaggio di Giufà si
incontra in tante tradizioni popolari, ma in ognuna si trasforma e
assume caratteristiche diverse: può essere furbo o sciocco,
povero o ricco, fortunato o sfortunato.

10. La revisione delle discipline in chiave interculturale

In passato si riteneva che i contenuti dell'educazione dovessero coincidere con


quelli disciplinari; dagli anni '70 i bisogni di crescita identitari e la necessità di

140
Sclavi - Giornelli, 2014: 123.
141
È il protagonista di Uno, nessuno, centomila di L. Pirandello.

36
comprendere le trasformazioni del mondo contemporaneo hanno portato ad
individuare nuovi bisogni formativi a cui la scuola ha inizialmente risposto
attraverso la specifica progettualità delle educazioni trasversali: l'educazione allo
sviluppo, alla mondialità, alla pace, ecc. - che possono rappresentare la matrice
storica dell'educazione interculturale - hanno agito come selettori curricolari per
individuare proposte formative che servissero a rispondere ai nuovi bisogni
formativi142.
Per l'intenzionalità che la qualifica e per gli obiettivi che si prefigge (paragrafo 1),
l'educazione interculturale non solo può incentivare letture trasversali delle
discipline, ma si pone come sfondo integratore, "quadro di senso in cui inserire
l'apprendimento"143, per ripensare metodi e strategie di insegnamento (per
esempio, come nel paragrafo 9), ma anche per una trasformazione contenutistica
rispondente all'attualità.
Una prima riflessione riguarda dunque l'organizzazione delle discipline,
strumento di educazione nella nostra società.
Se analizziamo i criteri selettivi utilizzati per determinare i canoni disciplinari, ci
rendiamo conto che il sapere tramandato dalla scuola è stato scelto in relazione a
determinate finalità in un determinato periodo storico: ad esempio, la storia è a
lungo stata insegnata come una narrazione costellata di personaggi illustri e di
eventi volti a celebrare il valore di un popolo, per trasmettere e rafforzare il senso
di identità nazionale e il patriottismo144.
Le nuove esigenze educative conducono a ripensare i canoni in modo di evitare
la marginalizzazione o l'esclusione di alcune parti del mondo, per favorire
narrazioni pluriprospettiche e alternative a quelle conosciute, per valorizzare le
occasioni di incontro e di contatto, le relazioni che si creano145.
Peraltro, "la parcellizzazione delle conoscenze in discipline e sotto-discipline
aggrava l'incultura generalizzata"146, cioè la visione settoriale delle discipline può
comportare distorsioni o errori nella conoscenza: ecco, dunque, che si auspica la
ricomposizione dei saperi - in particolare si vuole superare la disgiunzione fra
quelli umanistici e quelli scientifici - per ottenere una visione olistica e
sistemica147 della conoscenza.
Appare necessario individuare paradigmi e abiti mentali148 che consentano alle
nuove generazioni (e non solo) di maturare il senso d'appartenenza ad un'unica
comunità, quella terrestre, e ad una comune Umanità.
Per cominciare ad individuare e scegliere i saperi scolastici adatti al cittadino
planetario del futuro, si possono compiere alcune operazioni di rilettura delle
discipline e dei loro contenuti attraverso:
- la transcalarità: la lettura e l'interpretazione di fenomeni avviene
attraverso scale diverse, procedendo dal locale al globale e viceversa; ciò

142
Cfr. Medi, 2007: 44-45.
143
Medi, 2007: 48.
144
Cfr. Brusa, 2004: 23 e 29.
145
Cfr. M. Pratissoli, 2007: 21.
146
Morin, 2014: 41.
147
Cfr. Morin, 2014: 73-80.
148
Cfr. Baldacci, 2006: 76-86, 103-118.

37
consente di evidenziare i legami del fenomeno oggetto di studio, con
diversi livelli, nelle narrazioni, negli spazi e nei momenti storici; possiamo
considerare, ad esempio, il processo di ominazione, studiando come è
avvenuto il popolamento del Mondo a partire dalla Rift Valley, in
relazione agli habitat disponibili, raffrontando in ottica laboratoriale le
letture ai reperti disponibili nei musei archeologici locali.
- la trasformazione/processualità: tutto è in trasformazione continua, i
risultati dei cambiamenti sono imprevedibili e reversibili: possiamo
riflettere sui meccanismi che comportano la nascita, la diffusione, il
mutamento delle lingue, considerando quali categorie di persone
comportano i contatti, in quali circostanze avvengono tali contatti, il ruolo
che possono avere i mezzi di comunicazione, ecc.
- la cronospazialità: fenomeni e processi sono colti nella loro evoluzione
nel tempo e nello spazio; le guerre, fenomeno studiato nella geografia
politica, possono essere analizzate raffrontando la loro portata attuale a
quella del passato, possono essere viste come uno strumento di
riorganizzazione dello spazio mondiale149;
- la discontinuità: lo sviluppo dei fenomeni è un processo discontinuo nel
tempo e nello spazio, non necessariamente lineare e/o irreversibile;
pensiamo, ad esempio, al fatto che da molti studiosi il pensiero scientifico
che conosciamo è considerato accidentale e precario: probabilmente nato
in Grecia, sarebbe sopravvissuto grazie alla curiosità degli Arabi, risorto
grazie al recupero durante il Rinascimento di quei testi scritti e tradotti nel
Medioevo, e

alla curiosità di personaggi come Keplero, Galilei e pochi altri, una minoranza
assoluta. Ma avrebbe potuto scomparire se non avesse avuto questi puntelli
occasionali e fortuiti e potrebbe scomparire nuovamente se una «catastrofe»
azzerasse la civiltà attuale150.

- l'assunzione di uno sguardo integrato che beneficia di una pluralità di


punti di vista, a livello cognitivo, socio-affettivo e comportamentale, e che
cerca la sua validazione attraverso il confronto fra le diverse posizioni e
visioni evocate, rispetto al fenomeno in esame; per esempio, possiamo
pensare all'ecologia, quale disciplina che fa appello a competenze settoriali
della zoologia, della botanica, della biologia, della geologia, ecc.151,
- l'interdipendenza: la consapevolezza che le parti sono legate fra loro e
costituiscono un continuo rimando con il tutto, in prospettiva olistica; per
esempio, possiamo guardare alle migrazioni attuali, quali manifestazioni
dei processi di globalizzazione, cominciati con la mondializzazione, con la
migrazione di Europei che si spostarono per conquistare e colonizzare
vaste aree del pianeta, sconvolgendo le realtà politiche, economiche,
culturali, ecc. dei vari luoghi in cui imposero la loro presunta superiorità;

149
Cfr. Brusa - Impellizzeri, 2012: 138-172.
150
Bernardini - De Mauro, 2015: cap. 2.
151
Cfr. Morin, 2014: 79.

38
-la responsabilità: ognuno è responsabile nei confronti degli altri e del
mondo in cui viviamo; accanto alla tecnoscienza - con le sue rassicuranti
promesse di controllo sui sistemi biofisici, la scienza della sostenibilità
considera le responsabilità umane nel rispetto e nella conservazione
biologica (e culturale), affinché sia possibile soddisfare i bisogni di tutti,
considerando i limiti spaziali e funzionali della Terra, senza provocare
perturbazioni irrimediabili152.
L'elenco appena presentato153 riprende alcuni elementi del global learning
(educazione globale), cioè,

un nuovo approccio che prevede sia uno sguardo scolastico allargato alla dimensione
globale, sia un metodo d'insegnamento che favorisca interdisciplinarità, comprensione
delle interconnessioni, didattica attiva 154.

Tale elenco non può considerarsi completo, ma ci consente comunque di pensare


a diverse (ri)letture (inter)disciplinari, adatte a percorrere la conoscenza secondo
tracciati nuovi, utili a costruire le competenze ricercate ed auspicate
nell'educazione interculturale, con la consapevolezza che
è essenziale domandare a noi stessi che programma abbiamo nella testa, chi e cosa lo ha
formato nel tempo e come. I paradigmi culturali poi, non sono sempre gli stessi
evidentemente. Hanno grandi cicli. Soprattutto non si susseguono ordinatamente l'uno
all'altro e, di conseguenza, gli individui sono portatori di paradigmi culturali diversi che
convivono in loro. Alcuni sono per certi versi ormai desueti e lontani, ma pure presenti;
altri invece sono propri della nostra contemporaneità, ma in qualche modo non sono
ancora del tutto operanti. Così dunque noi siamo ancora fortemente modellati da un
paradigma monoculturale (che è quello illuministico, razionalista che abbiamo ereditato
dal nostro passato culturale), ma siamo al tempo stesso portatori, spesso molto più di
quanto non pensiamo noi stessi, del paradigma della complessità (che è il paradigma 'alto'
del sapere contemporaneo) che invece per sua natura - squisitamente interculturale -
comporta una visione olistica, ecologica della realtà, che abbiamo solo in parte
maturato.155

La revisione critica delle discipline è un compito particolarmente arduo,


specialmente per insegnanti e formatori che sono stati educati secondo paradigmi
monoculturali e che sono costretti ad auto-formarsi a logiche inedite, senza averle
prima vissute, sperimentate su se stessi.

11. I rischi

Per concludere vogliamo riepilogare i rischi che si possono correre, anche in


buona fede, quando ci si occupa di educazione interculturale.
Come questo percorso d’avvio all’educazione interculturale non può e non vuole
considerarsi esaustivo, così la lista seguente non può che ritenersi abbozzata: essa

152
Cfr. Camino, 2013: 29-30.
153
Cfr. Cipollari, 2016a: 3-4.
154
Lepratti, 2016: 7.
155
Hermann, 2009: 225.

39
va considerata come uno strumento da integrare con tutte le riflessioni e le
esperienze che vorremo condividere.
- Ritenere che ci si debba occupare di educazione interculturale solo quando
ci sono studenti stranieri in classe.
- Creare la categoria di ‘stranieri’ come contrapposizione al noi, Italiani
autoctoni, dimenticando che le biografie culturali e linguistiche sono
numerosissime, così come le individualità e singolarità.
- Credere di fare educazione interculturale presentando alcuni argomenti in
determinate discipline: ad esempio, studiare alcuni tratti socioculturali di
paesi extraeuropei in geografia.
- Credere di fare educazione interculturale semplicemente organizzando
manifestazioni culinarie o allestendo uno scaffale multiculturale.
- Definire aprioristicamente e rigidamente le differenze culturali e
identificarle con gli allievi stranieri che diventano ostaggi di una cultura
d’origine da preservare.
- Utilizzare libri di testo, immagini, parole che presentino solo alcuni aspetti
delle altre realtà o che confermino pregiudizi, come termini che rimandano
a contrapposizioni: paesi sviluppati/paesi sottosviluppati, parlare
dell’Africa ed usare solo immagini di fame ed indigenza, ecc.
- Fermarsi alla tolleranza, atteggiamento sufficiente quando i fenomeni
migratori non avevano l’attuale consistenza: ricordiamo che essere
tolleranti ci gratifica, essere tollerati ci umilia.
- Considerare l’integrazione come un evento spontaneo: l’educazione
interculturale esige una continua negoziazione dei valori di riferimento ed
intenzionalità nel ricercare i benefici effetti dello scambio osmotico nella
contiguità delle culture.
- Pensare di poter misurare l’efficacia dell’azione educativa nel breve
termine: la scuola non lavora sull’emergenza, ma agisce in tempi lunghi,
necessari per incidere su convinzioni, valori, mentalità.
- Ritenere che la scuola possa essere l'unico agente per un cambiamento in
senso interculturale, quando la progettualità interculturale deve investire la
società tutta.
- Ecc.

40
12. Glossario

Accoglienza: generalmente, si parla di accoglienza facendo riferimento a tutte


quelle pratiche messe in atto quando un alunno straniero viene inserito a scuola,
con la finalità di aiutarlo ad ambientarsi nella nuova realtà. Le pratiche di
accoglienza dunque prevedono attività di facilitazione didattica (valutazione
diagnostica, istituzione di percorsi di insegnamento di L2, adattamento dei
programmi curricolari, ecc.) e di facilitazione relazionale (programmazione di
attività rivolte a tutti gli alunni, predisposizione di materiali in più lingue,
coinvolgimento delle famiglie, ecc.).
Le procedure di accoglienza sono fondamentali per l’educazione interculturale in
quanto servono a predisporre un clima di accettazione e di reciprocità che può
favorire lo scambio e la crescita a livello cognitivo e relazionale: per questa
ragione sono da ritenere una componente fondamentale delle pratiche
pedagogiche. In generale, esse vanno predisposte per tutti e non pensate come un
servizio speciale con una durata limitata per una parte degli studenti156.

Analogia: come la metafora, l’analogia è un procedimento letterario per


creare immagini singolari, ma anche un modo di impostare il pensiero.
L’analogia implica un

«balzo mentale» da un dominio di realtà ad un altro [per] interpretare una situazione dubbia che
abbiamo di fronte facendo appello alla somiglianza che essa potrebbe avere con un’altra situazione,
157
più chiara che abbiamo presente .

Non è possibile stabilire fin dall’inizio se questo 'salto' consenta di comprendere


tutti gli aspetti salienti della porzione di realtà sconosciuta e se possa aiutarci a
giungere a delle soluzioni efficaci e soddisfacenti, in quanto è frutto di
supposizioni.
Per spiegare il funzionamento dell’analogia, Giuseppe Mantovani riporta l’analisi
che venne fatta alla vigilia della prima guerra del Golfo158.
In quel momento storico, lo schieramento politico vide le forze ONU americane
contro il regime totalitario di Saddam Hussein identificato, in base ad una serie di
analogie, con quello di Hitler.
L’identificazione Hussein = Hitler confermò la giustezza di un attacco immediato
per evitare l’espansione politica che Saddam avrebbe potuto tentare dopo
l’invasione del Kuwait, proprio come Hitler aveva fatto dopo l’invasione della
Cecoslovacchia.
Tuttavia l’analogia non tiene conto delle differenze specifiche di tempo, spazio e
cultura.

156
Cfr. Gennai, 2005: 10-11.
157
Mantovani, 2005: 93.
158
Cfr. Mantovani, 2005: 93-95.

41
Le congetture possono servire a semplificare la situazione iniziale e ad
interpretarla159, ma prospettive diverse possono evidenziare altri aspetti che il
salto iniziale ha eliminato.
Per questo è fondamentale essere coscienti dei processi del nostro pensiero e della
necessità di un confronto con altri punti di vista.

Cambiamento: l’incontro tra culture non è occasione di interazione se non


provoca cambiamento. I soggetti che entrano in relazione alla fine del rapporto
non saranno più gli stessi, sarà avvenuta una qualche trasformazione rispetto al
punto di partenza, come due elementi che, posti uno accanto all’altro, subiscono
un’osmosi. L’educazione interculturale aiuta ad affrontare il cambiamento perché
questo non spaventi e suggerisce gli strumenti perché tale cambiamento volga in
positivo, tenda all’arricchimento della persona.

Complessità: la realtà quotidiana si manifesta sotto molteplici e contrastanti


aspetti che non sono facili da separare e ridurre per diventare oggetti di semplice
lettura ed interpretazione.
Come Occidentali, siamo abituati a un paradigma culturale che ha comportato il
progresso nei vari ambiti formalizzati del sapere, ma che ha perso di vista la
visione globale dei problemi e il loro legame con il contesto a causa
dell’iperspecializzazione160.
Considerare la complessità del sapere, significa accettarne il carattere provvisorio
e in continuo divenire: si abbandona dunque la concezione di una conoscenza che
procede per accumulazione lineare, mentre si matura la consapevolezza di una sua
costruzione che procede discontinuamente, per tentativi ed errori, con alternanza
di ordine e disordine.
L’educazione interculturale ha bisogno di poggiarsi su nuove decodificazioni
della cultura basate sullo scambio e la collaborazione fra diversi ambiti di sapere
per arrivare a nuove visioni antropologiche ed educative. Per questo si avverte la
necessità di recuperare la dimensione globale e multiprospettica delle questioni
accanto alla capacità di contestualizzare, collegare, integrare.

Dialogo: comprensione reciproca basata sul parlare, sul desiderio di capire e


farsi capire. Se per dialogare è necessario parlare, è altrettanto necessario educare
all’ascolto, per evitare che si verifichino dei monologhi paralleli.
Essere capaci di ascolto significa applicare un atteggiamento di accoglienza fin
dal primo approccio, essere capaci di creare uno spazio interiore per accogliere le
parole, i gesti, il messaggio dell’interlocutore.

Etnocentrismo: è la tendenza a considerare i criteri e i valori del proprio gruppo


di appartenenza come punto di riferimento e unità di misura per conoscere e
interpretare le altre culture.

159
Cfr. Mantovani, 2005: 164-165.
160
Cfr. Morin, 2000: 5-29 e Morin, 2001: 35-46.

42
Ogni gruppo sociale è etnocentrico e tende ad universalizzare i propri modelli
culturali, considerando la differenza come devianza.
L’educazione interculturale promuove la consapevolezza degli atteggiamenti
etnocentrici, che devono essere decostruiti e relativizzati per poter giungere ad
incontrare le altre culture alla pari e beneficiare degli scambi161.

Integrazione: si tratta di un termine piuttosto abusato nel discorso interculturale e


che si può prestare a varie interpretazioni, alcune delle quali sono riportate di
seguito:
- come 'assimilazione', fa riferimento al movimento unidirezionale che
compie l’immigrato per rendersi il più simile possibile ai modelli offerti
dalla società ospite162;
- come 'interazione', esprime la necessità di stabilire relazioni accettabili con
la società ospitante da parte dello straniero, uscire da definizioni
stereotipate attribuite alla cultura di origine. Implica capacità di mettersi in
gioco anche da parte degli autoctoni: in questo caso integrazione significa
superare le paure, favorire il contatto, garantire la fusione fra mondi
culturali diversi, nel rispetto di sé, delle particolarità e dell’identità
individuale;
- come sinonimo di 'integrità', ci ricorda Giovanna Zincone163, riguarda la
buona percezione della propria vita, delle relazioni stabilite, della tensione
continua verso la crescita personale e professionale.

Intenzionalità: in educazione interculturale non c’è azione senza intenzione: non


ci si può aspettare che l’accoglienza, lo scambio, l’incontro, l’integrazione, ecc.
avvengano spontaneamente, ma devono essere risultati di scelte, di decisioni prese
per giungere a determinati scopi.

Interazione: il prefisso 'inter' indica collegamento, comunanza, esprime un


rapporto di reciprocità. Mentre l’azione può essere riferita ad un solo individuo,
l’interazione coinvolge necessariamente più soggetti.
L’interazione riveste una posizione centrale nel discorso interculturale perché
determina l’incontro fra culture, ad un livello paritario con lo scopo di superare
prospettive unidirezionali164.

Interdisciplinarità: la ricerca di percorsi interdisciplinari si pone come


possibilità di superare i rischi connessi con l’iperspecializzazione delle discipline
ed il sapere parcellizzato che non rendono conto della complessità delle
esperienze e della conoscenza165.
L’educazione interculturale si giova dunque dell’interdisciplinarità per un
approccio globale a tematiche ed argomenti, ma anche perché i collegamenti fra le

161
Cfr. Gennai, 2005: 57-58.
162
Cfr. Wallnöfer, 2000: 44-45.
163
Cfr. http://www.educational.rai.it/corsiformazione/intercultura/scaffale/approf/approf35.htm.
164
Cfr. Gennai, 2005: 80-81.
165
Cfr. Morin, 2000: 111-114.

43
discipline favoriscono l’ampliamento di prospettive e l’approfondimento di
tematiche pregnanti per il discorso interculturale (ad esempio, le migrazioni, il
razzismo, ecc.), l'acquisizione di conoscenze e competenze trasversali e
trasferibili; inoltre, la progettazione interdisciplinare consente di articolare più
approfonditamente finalità e obiettivi, a seguito del confronto fra le diverse
formazioni specialistiche degli insegnanti166.
Nel predisporre dei percorsi interdisciplinari è fondamentale che le stesse
discipline che concorrono ad investigare un determinato aspetto siano vitalizzate
da fonti e strumenti eterogenei, arricchite da diverse vedute e opinioni, per non
correre il pericolo che l’approccio rimanga legato ad una sola visione culturale.

Mediazione: si tratta dell’attività svolta da chi si pone tra due o più parti per
facilitare la relazione. In ambito scolastico, la mediazione è spesso un compito
associato ai mediatori culturali, figure professionali - generalmente stranieri -
che intervengono nei rapporti fra gli studenti immigrati, le loro famiglie e
l’istituzione, con attività di interpretariato e orientamento culturale, ma anche
facendosi rappresentanti della propria cultura d’origine che raccontano agli
autoctoni in qualità di animatori167.
La mediazione culturale è un compito che svolge anche l’insegnante quando si
occupa di gestire il conflitto, creare occasioni di scambio, seguire le dinamiche
della comunicazione, ecc. È comunque l’attività caratterizzante tutto il contesto
educativo.

Metafora: la metafora può essere intesa come 'improprietà verbale', come


similitudine sottintesa, utilizzata per ottenere una qualche finalità artistica. Dal
punto di vista psicologico, il meccanismo di attribuzione di determinate
caratteristiche prese da un altro dominio di realtà, può servire a riflettere su
situazioni che non si sanno interpretare: in questo senso, si può dire che la
metafora è generativa, in quanto rappresenta una griglia interpretativa per
individuare ed impostare il problema (problem setting). Inquadrare la situazione
in una determinata maniera, spesso influenza anche la soluzione del problema
(problem solving): "la decisione incomincia a formarsi nel momento stesso in cui
ci poniamo il problema in un certo modo"168.
A proposito di metafora generativa, Mantovani riporta modi diversi di vedere gli
slums (aree degradate di alcune città) ripresi da un dibattito negli Stati Uniti169.
Alcuni studiosi li paragonano ad una malattia, minaccia per l’intera città e l’intera
società. La metafora ‘medica’ appena impostata, spinge ad ulteriori
considerazioni: la malattia va debellata per una migliore salute di tutti e la
soluzione al problema sembra essere quella di demolire le catapecchie per
ricostruire la zona da capo.
Altri studiosi ritengono di poter considerare gli slums come delle comunità,
composte da abitanti che condividono una loro storia e un loro senso di

166
Cfr. Ziglio, 2004: 158.
167
Cfr. Gennai, 2005: 108-110.
168
Mantovani, 2005: 89.
169
Cfr. Mantovani, 2005: 88-89.

44
appartenenza, ma che hanno dei problemi economici. In questa seconda metafora,
ci si concentra sulle caratteristiche delle persone, le cui potenzialità vanno aiutate,
per prospettare il sostegno sociale come possibile soluzione.
Le metafore utilizzate prospettano la questione in maniera diversa e conducono a
soluzioni differenti: per questo il confronto con altri punti di vista può giovare
all’esplorazione del problema e alla ricerca di soluzioni alternative.

Planetario: l’aggettivo si riferisce alla dimensione dei tempi e alla condizione


dell’umanità, 'uomo planetario', anche in conseguenza dei processi di
globalizzazione nell’economia e nelle comunicazioni.
In educazione interculturale qualifica la tensione verso una nuova creatività
culturale della specie umana che sia rispettosa delle differenze ad ogni latitudine.
Secondo Armando Gnisci, la letteratura, l’ecologia, le arti sono le vie che già si
aprono per fare esperienza concreta della nuova cultura umana, che si afferma
grazie alla mescolanza fra i mondi170.

Processo: il processo è il percorso attraverso il quale si ottiene un prodotto o


un risultato. L’attenzione dell’educazione interculturale è rivolta sia al processo
(come), che al prodotto (cosa). La stessa educazione interculturale è considerata
un processo, quale cambiamento in divenire, che si può attuare laddove vi siano
dinamismo, trasformazione, flessibilità, transitività da un atto cognitivo all'altro,
intenzionalità.

170
Cfr. Gnisci, 2001: 59-60.

45
13. Bibliografia

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Materiali di studio e di approfondimento e schede su attività realizzate con
l’apprendimento cooperativo.

- http://www.educational.rai.it/corsiformazione/intercultura/default.htm
Documentazione relativa alla riflessione teorica e alla mediazione educativa
nell’intercultura. Sono a disposizione proposte e progetti relativi all’educazione
interculturale.

- http://www.religionlaw.co.uk/MCBschoolsreport07.pdf
Link al quale si riporta il testo del documento Official Guidelines on meeting the
Religious and Cultural Needs of Muslim Children.

- http://www.servicelearning.ch/it/service-learning/
Introduzione agli elementi fondamentali del Service Learning con alcune
indicazioni pratiche per impostare progetti in quest'ottica.

54
55
INDICE

0. Premessa ………………………………………………………………………………. 2
1. Alcune considerazioni iniziali: multiculturalità, interculturalità, transculturalità. 2
1.1. 1.1. Spunti per alcune riflessioni iniziali …………………………………………………………… 4
2. Gli obiettivi fondamentali ……………………………………………………………. 5
2.1. 2.1. Riflessioni sugli obiettivi …………………………………………………………………………. 5
3. Il cambiamento nella scuola ………………………………………………………… 6
3.1. 3.1. Proposte per ulteriori considerazioni…………………………………………………………… 7
4. Il ruolo degli insegnanti …………………………………………………………….. 7
4.1. 4.1. I bisogni formativi …………………………………………………………………………………. 8
5. I filoni pedagogici come modelli per l'educazione e l'insegnamento della L2 ……. 9
5.1. 5.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi …………………………………………….. 10
6. La pedagogia linguistica …………………………………………………………….. 11
6.1. 6.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi ……………………………………………… 6.2. 12
7. L'esperienza italiana: la fase 1 e la fase 2 ………………………………………….. 13
8. La revisione e la ricerca di nuove definizioni ………………………………………. 13
8.1. 8.1. Identità e intercultura……………………………………………………………………………… 14
8.1.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi ……………………………. 14
8.2. 8.2. Cultura e intercultura………………………………………………………………………………. 8.3. 15
8.2.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi …………………………….. 16
8.4. 8.3. Cittadinanza e Diritti Umani ……………………………………………………………………... 8.5. 17
8.3.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi ……………………………… 18
8.6. 8.4. Stereotipi, pregiudizi e altri procedimenti cognitivi di semplificazione …………………… 8.7. 19
8.4.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi ……………………………… 21
8.8. 8.5. Le migrazioni …………………………………………………………………………………….... 8.9. 22
8.5.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi ……………………………. 23
8.10. 8.6. Informazione, media e multimedialità …………………………………………………………… 8.11. 24
8.6.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi …………………………….. 25
9. L'educazione interculturale e la prassi didattica …………………………………... 26
9.1. 9.1. La comunicazione …………………………………………………………………………………. 9.2. 26
9.1.1. Alcuni suggerimenti operativi ………………………………………………….. 28
9.3. 9.2. La comparazione …………………………………………………………………………………… 9.4. 29
9.2.1. Alcuni suggerimenti operativi ………………………………………………….. 29
9.5. 9.3. Il decentramento …………………………………………………………………………………… 9.6. 29
9.3.1. Alcuni suggerimenti operativi ……………………………………………………. 29
9.7. 9.4. Il riconoscimento dei debiti culturali e la valorizzazione della contaminazione …………9.8. 30
9.4.1. Alcuni suggerimenti operativi ………………………………………………….. 31
9.9. 9.5. La decostruzione e la decolonizzazione …………………………………………………………. 9.10. 31
9.5.1. Alcuni suggerimenti operativi ……………………………………………………. 32
9.11. 9.6. Le metodologie a mediazione sociale: apprendimento cooperativo e peer tutoring ……. 9.12. 33
9.6.1. Alcuni suggerimenti operativi …………………………………………………… 34
9.13. 9.7. La gestione del conflitto e la mediazione ………………………………………………………. 9.14. 34
9.7.1. Possibili approfondimenti e attività pratiche …………………………………….. 36
10. La revisione delle discipline in chiave interculturale …………………………….. 36
11. I rischi ……………………………………………………………………………….. 39
12. Glossario …………………………………………………………………………….. 41
13. Bibliografia ………………………………………………………………………….. 46
14. Sitografia ............……………………………………………………………………… 54

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