INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO L2 IN
PROSPETTIVA INTERCULTURALE
di Francesca Della Puppa
LABORATORIO ITALS
1
0. Struttura del modulo
Da anni ormai studiosi, ricercatori, insegnanti e altri attori del contesto educativo
si interrogano sul significato dell'educazione interculturale, sulle modalità e
possibilità di attuare modelli teorici e pratici in grado di far fronte agli attuali
cambiamenti, beneficiando delle potenzialità dell'interazione di molteplici etnie,
culture, lingue, religioni.
Per cominciare, occorre una distinzione terminologica per definire le diverse
modalità di intendere i rapporti che si instaurano nei contesti di pluralità.
Si parla di multiculturalità quando individui che appartengono a diverse culture
convivono nello stesso contesto territoriale senza avere rapporti significativi: le
relazioni sono lasciate al caso, oppure all'iniziativa personale.
La conoscenza dell'altro e della sua cultura è concepita come esplorazione di un
oggetto di studio, come approfondimento delle differenze, rispetto alle abitudini
del proprio gruppo culturale. A quelle differenze, ci si adatta, ci si 'giustappone'.
2
Si parla invece di interculturalità quando, in alternativa al riconoscimento della
situazione di fatto, ci si impegna a cercare un confronto interattivo con altri punti
di vista.
L'educazione interculturale si attua con l'intenzione di superare la tolleranza, insita
nella multiculturalità, per cercare forme di educazione che possano interferire con
i nostri schemi mentali, con le nostre categorie antropologiche:
Multiculturalità Interculturalità
Sfondo quantitativo Sfondo qualitativo
Un dato di fatto Una risposta educativa
Il risultato di un processo Il risultato di un processo e di un progetto
Una spinta della storia Una scelta intenzionale
Impostazione oggettuale, cumulativa, Impostazione interattiva, epistemica,
enciclopedica del rapporto fra culture transcognitiva del rapporto tra le culture
È sufficiente la tolleranza Si vuole oltrepassare la tolleranza
la definizione si attua «per sottrazione» progressiva delle caratteristiche che sono proprie
di uomini appartenenti a diverse categorie e culture, depurandoli dei particolarismi
originari per andare a disegnare l'uomo 'essenziale'. In questo modo si ritiene che il
profilo così tratteggiato possa valere come termine di riferimento generale per far
convergere tutte le culture verso un ideale di 'uomo planetario'3.
1
Pinto Minerva, 2002: 13.
2
Lo schema è riportato da Nanni 1998: 35.
3
Damiano, 1998b: 24.
3
rimuovere o ignorare le differenze può comportare il rischio "dell'etnocentrismo e
del giudizio di valore espresso sugli altri a partire da valori e riferimenti ritenuti
validi per tutti"4.
Una diversa e dirompente accezione del termine transculturalità è data da
Armando Gnisci, il quale propone di superare le criticità di senso e di valore
contenute secondo lui nelle parole 'multiculturalismo' e 'interculturalità', per
cercare un percorso di contatto autentico, attraverso la rimozione degli
etnocentrismi, la decolonizzazione delle menti europee, le trasformazioni
imprevedibili date dalla creolizzazione, per giungere senza preconcetti o regole
prestabilite, alla co-costruzione di una società nuova:
la Transculturazione è una delle vie per riconoscere e comprendere per bene, à propos, i
fenomeni migratori e sociali del nostro tempo, e per proporre e costruire insieme con le
moltitudini delle nazioni nuovi statuti del benessere individuale e comunitario in Europa e
ovunque. Attraverso le pratiche della «convivenza nella sana umanità» e della
«coevoluzione creativa», intendiamo fare ricerca e sperimentare le revisioni della
disposizione e della consistenza dei nuovi saperi messi in moto dalla transculturazione.
Intendiamo mettere in pratica la riscrittura condivisa degli scopi e dei programmi
formativi delle nostre scuole e proporre l'invenzione di pratiche comunitarie diverse,
attraverso la cura e l'addestramento di una nuova creatività condivisa. Intendiamo
imparare a stare a nostro agio nel mondo con tutte le sue nazioni, bonificando il disagio
della nostra civiltà per poter uscire, un giorno, non solo noi, ma tutti insieme proprio
dall'incubo del disagio che la nostra civiltà ha rovesciato preliminarmente su tutte le
altre5.
4
Favaro, 2004: 23.
5
Gnisci - Tozzo, 2016: 46-47. Per la ricerca e sperimentazione di cui scrive Armando Gnisci nella
citazione, si veda Gnisci - Cipollari, 2012.
4
2. Gli obiettivi fondamentali
Diamo un'occhiata alle iniziative che vengono attuate nelle scuole (per esempio,
esaminando quanto prospettano i POFT), ma anche da altre agenzie (in)formative:
- Come sono presentate le finalità interculturali?
- Quali dei tre obiettivi descritti nel paragrafo precedente sono
interessati?
- Le azioni educative/formative enunciate e/o realizzate sono coerenti
con tali obiettivi? In che modo?
6
Cfr. Morin, 2001: 17-33.
7
Cfr. Di Gregorio - Di Sapio - Martinenghi, 2003: 155-156.
5
3. Il cambiamento nella scuola
La scuola, come parte integrante del tessuto sociale è fortemente implicata nei
processi di rinnovamento connessi ai mutamenti in atto, ma può avere un ruolo
ambivalente.
Se da una parte è vista come l'istituzione creata nella modernità per unificare la
società, conservarne e trasmetterne i saperi, in quanto "istituzione che si considera
a presidio dei valori socialmente condivisi"8, sorge il dubbio che essa non sia il
luogo più adeguato per revisionare quei saperi tradizionali e monoculturali - basati
su una visione etnocentrica - su cui si fonda.
Tuttavia, la scuola è anche deputata alla preparazione degli alunni per la società
del futuro, quella in cui vivranno da adulti: perciò non può esimersi dal
considerare i grandi problemi del mondo contemporaneo.
In una scuola che comincia a riflettere sulle sue finalità interculturali, lo spazio
'parla' a tutti gli studenti, autoctoni e non: prevede avvisi e comunicazioni in
vari codici e lingue, legittima la presenza delle varie culture con l’arredo di
materiali informativi alle pareti, offre la possibilità di scegliere fra testi e materiali
disciplinari relativi a diversi aspetti culturali e in varie lingue, ecc.
Similmente, cambiano i tempi, sia perché la presenza di alunni stranieri implica
la riformulazione delle pratiche di accoglienza e la rielaborazione del progetto
formativo, sia perché l’attenzione al clima relazionale induce alla gestione della
comunicazione, con tempi più lunghi rispetto alla didattica frontale.
Si registrano, inoltre, iniziative di vario tipo per inserire l'educazione
interculturale nei curricoli: si organizzano feste interetniche, mostre relative alle
espressioni culturali dei paesi d'origine degli studenti stranieri (soluzione
estemporanea); si attivano corsi di recupero linguistico o sostegno allo studio,
oppure corsi di lingua e cultura d'origine (soluzione specifica), si affrontano
percorsi tematici, utilizzando l'apporto delle discipline già presenti nel curricolo
(soluzione delle materie ospitanti).
Tutte queste attività - per quanto utili e doverose - non mettono però
completamente in atto l'intenzionalità dell'intercultura, che, come già accennato,
comporta l'avvicinamento reciproco, lo scambio, l'intervalorizzazione e la
contaminazione.
Si rende allora necessario attuare una soluzione diffusa9, in cui si concretizzano
cospicui cambiamenti nella proposta formativa della scuola, coinvolgendo i
contenuti, gli strumenti e le metodologie di lavoro, l'organizzazione
dell'istituzione.
Ricordiamo comunque che, per agire in maniera efficace ed incisiva, la scuola
dovrebbe poter lavorare in sinergia con le altre istituzioni deputate alla
(in)formazione, nella consapevolezza che gli effetti del suo lavoro sono valutabili
nel lungo termine.
8
Damiano, 1998b: 15.
9
Cfr. Damiano, 1998b: 20-21.
6
3.1. Proposte per ulteriori considerazioni
10
Cfr. Ziglio, 2004: 159-161.
11
Cfr. Rodari, 2010: 11.
12
Cfr. Giornelli - Maioli, 2003: 23.
13
Cfr. Cipollari, 2007: 86.
14
Cfr. Fornaro 2005: 106-108.
15
Cfr. Invernizzi, 2004: 128
16
Cfr. Balboni - Caon, 2015.
7
Per osservare e migliorare le prassi didattiche, nonché gestire problematiche e
disagi, l'insegnante potrà avvalersi della ricerca-azione, utile anche per
documentare e divulgare il patrimonio prezioso delle buone pratiche.
La formazione degli insegnanti si dovrà arricchire di informazioni
antropologiche di base ed includere conoscenze relative alla gestione del
conflitto e della mediazione.
Per concludere, i saperi disciplinari vanno integrati con una riflessione
epistemologica orientata ad analizzare le origini e la struttura delle discipline, per
comprendere il canone di riferimento e per ri-orientare contenuti e finalità,
evitando impliciti culturali e contenuti etnocentrici.
17
Hermann, 2009: 222.
8
5. I filoni pedagogici come modelli per l'educazione e l'insegnamento
della L2
18
Per una trattazione dei diversi tipi di risposta al fenomeno migratorio, si può fare riferimento a:
Campani (2000): 29-65, Damiano, 1998b: 21-39, Aluffi Pentini, 2002: 15-16.
19
Damiano, 1998b: 26-28, Caputo 1999.
20
Cfr. Giromini, 1999.
9
comportare segregazione e discriminazione, specie se i programmi
nazionali (e i modelli dominanti) rimangono invariati e sono assunti come
standard per raffrontare le competenze di tutti, autoctoni e stranieri21.
Si può riflettere:
- sull'"affaire des foulards", incidente critico emblematico:
21
Cfr. Wallnöfer, 2000: 29, Bombardelli, 1999: 199.
22
Damiano, 1999b: 20-21.
10
- Sul documento Official Guidelines on Meeting the Religious and Cultural
Needs of Muslim Children23, diffuso in Gran Bretagna: il testo è il risultato
delle modifiche nella gestione dei servizi scolastici, ottenute a seguito
delle richieste di genitori musulmani; se ne possono leggere alcuni passi e
porsi alcune domande per la riflessione, come: quali sono gli aspetti critici
delle richieste dei genitori musulmani? Come mai le autorità inglesi
accolsero le loro richieste? Quale tipo di 'contrattazione' è in discussione?
Quali legami possono intercorrere tra la pedagogia culturalista e le tensioni
etniche che caratterizzano l'Inghilterra di oggi?
- Sul mito del melting pot americano: in prima istanza, il multiculturalismo
statunitense sottolinea le diverse appartenenze culturali, etniche, religiose,
ecc. delle varie minoranze, favorendo primariamente una logica della
separazione, piuttosto che l'adeguamento alla cultura di maggioranza24.
Quali sono le ragioni di questo orientamento filosofico e pedagogico?
Quali le sue criticità? Quali gli effetti positivi?
6. La pedagogia linguistica
23
Disponibile online al link http://www.religionlaw.co.uk/MCBschoolsreport07.pdf.
24
Cfr. Gobbo, 2004: 45-46.
25
Cfr. Damiano, 1998b: 38.
26
Glissant, 1998: 36.
27
Damiano, 2000: 76.
11
A supporto di ulteriori riflessioni, ci sono i tanti rimandi al complesso rapporto
lingua/cultura, fra cui in particolare l'ipotesi Sapir-Whorf che spiega come ogni
lingua influenzi la cultura, categorizzando l'esperienza in modo diverso28, come
anche il legame che si instaura tra lingua/lingue e persona, nella strutturazione
identitaria e nella realizzazione del proprio progetto di vita29: se imparare un'altra
lingua significa anche acquisire un nuovo punto di vista, il plurilinguismo (quale
valore in sé, non in funzione delle lingue che costituiscono il profilo del parlante)
può essere una valida soluzione per fare esperienza diretta di intercultura.
Un insegnamento linguistico che tenga in considerazione le sollecitazioni
interculturali, considererà la manifestazione nell'uso reale delle lingue, privilegerà
contesti che sollecitino l'uso di tutta la gamma di possibilità linguistiche che
garantiscano il continuo adeguamento alle esigenze comunicative: perciò nella
classe multiculturale e multietnica non c'è la sola distinzione italiano lingua
madre/L2, ma sono presenti varietà di registri comunicativi, molteplici codici e
linguaggi, è valorizzata la creatività comunicativa30.
Si possono:
- vagliare percorsi di analisi della letteratura migrante, considerando in
particolare le modalità con cui si esprimono scrittori che utilizzano una
lingua diversa dalla loro lingua madre31;
- considerare autori che scrivono opere rilevanti in lingue diverse da
quella madre, talvolta adottando anche nomi diversi: questo è il
fenomeno del translinguismo, sempre esistito, ma affermatosi in modo
consistente nel XX secolo, anche a seguito delle migrazioni32;
- valutare l'intercomprensione, come plurilinguismo ricettivo di più
lingue grazie a strategie che consentono il trasferimento di conoscenze,
abilità, competenze da una lingua all'altra, poiché l'apprendimento
linguistico non è un processo per sovrapposizione e accumulo, ma
avviene mediante la costruzione di reti, di contatti e interazione33;
- considerare espressioni idiomatiche e modi di dire per indagare le
ragioni storico-culturali che le hanno prodotte, per constatare come
traduzioni letterali simili possono rimandare a pratiche culturali
diverse, per analizzare stereotipi sedimentati, da cambiare;
- considerare termini ed espressioni in relazione ai periodi storici in cui
sono utilizzati34 per attivare la comprensione del corso storico delle
parole, a livello sociale e psicologico: che tipo di funzione ha avuto la
28
Per possibili approfondimenti, cfr. Anolli, 2004: 178-179.
29
Cfr. Caon - Spaliviero, 2015: 75-76.
30
Cfr. Cipollari, 2007: 68. Inoltre, su queste tematiche, cfr. Coruzzi - Ramazzotti, 2007.
31
Cfr. Di Sapio, 2006.
32
Cfr. Di Sapio, 2008.
33
Cfr. Balboni 2011.
34
Cfr. Marongiu, 2000.
12
parola? Quali conoscenze ha generato? Con quali altre parole si
associa? Come viene tradotta? Che influenza esercita sulla società?
- confrontare sotto vari aspetti il funzionamento della lingua: suffissi e
radici, le forme di cortesia, l'articolazione dei tempi verbali, ecc. per
rendersi conto dell'arbitrarietà di ogni diverso modo di codificare la
realtà, ma anche per cercare l'arricchimento cognitivo derivante dalle
considerazioni che scaturiscono dal confronto35.
35
Cfr. Corno, 2000: 220.
36
Cfr. Nanni, 2006a: 23-24.
13
Ecco alcune riflessioni attorno a parole-concetto ritenute particolarmente
significative nel discorso interculturale37.
Si possono considerare:
- percorsi di approfondimento sulle somiglianze e sulle differenze con
l'altro, che può essere lo straniero, il disabile, le persone segnate da un
passato più o meno difficile/facile, ecc.42;
37
Per ulteriori riflessioni legate anche ad altre parole, si può fare riferimento al glossario a pag. 41,
oltre che ai glossari disponibili online; si veda anche Gennai 2005.
38
Cfr. Santipolo, 2008: 148.
39
Anolli, 2011: 28-29.
40
Cfr. Demetrio - Favaro, 1992: XII.
41
Cfr. Cambi, 2001: 86 .
42
Cfr. Di Gregorio - Di Sapio - Martinenghi, 2003: 201.
14
- le declinazioni di identità nel vissuto reale e nell'interiorità in letteratura,
attraverso brani scritti da Tahar Ben Jelloun, Toni Morrison, Édouard
Glissant, ecc.43;
- la riflessione sulle identità che ognuno di noi possiede: ripercorrendo, ad
esempio, la nostra biografia dal punto di vista linguistico, possiamo
renderci conto che ci esprimiamo attraverso il dialetto, la lingua nazionale,
le lingue che abbiamo studiato, ecc. muovendoci tra un sistema e l'altro
utilizzando competenze interconnesse, che si formano nel tempo e nello
scambio attraverso eredità, scambi, prestiti, calchi, ecc.;
15
[la triade] che emerge attraverso i processi attuali di immigrazione, di mondializzazione
della società e della cultura, attraverso la edificazione del mcluhaniano «villaggio
globale» è caratterizzata da valori non di chiusura ma di apertura, non di difesa ma di
collaborazione, meno arcaicizzanti e più postmoderni, pur con tutta la carica di
problematicità di tensione e anche di crisi che contengono valori quali quelli […] del
pluralismo, della differenza e del dialogo46.
La nuova triade di cui parla Cambi comporta il continuo contatto, per cui non ha
più senso parlare di culture come tante tessere di un mosaico, ma di un unico,
grande e prezioso tesoro che si arricchisce continuamente: la cultura umana quale
patrimonio dell'intera nostra specie47.
Di qui, il limite del termine stesso 'intercultura' che semantizza un incontro tra
culture nell'accezione che ognuna sia una monade a se stante.
Si potrebbe:
- pur nell'incompletezza delle metafore, tentare di visualizzare il concetto di
cultura come un albero con le radici, come una stanza con tre sole pareti,
come una spugna che assorbe, come una specie di casa o ancora come
l'atmosfera che circonda la Terra; ci si può poi chiedere che messaggio
veicolano le diverse immagini;
- considerare l'analogia fra il termine cultura e l'immagine della radice a
fittone o a rizoma, per chiedersi quali riflessioni rimandi nel discorso
interculturale;
- cercare altre metafore ed analogie che possono servire ad investigare il
concetto di cultura e intercultura e a fornire nuovi percorsi esplorativi per
risignificare l'immaginario;
- chiedere di mimare il saluto, per scoprire che anch'esso appartiene al
contesto culturale e che ognuno lo esegue a modo suo;
- confrontarsi sulle diverse modalità di intendere determinati valori culturali
come il tempo, le gerarchie, i concetti di onesta, di famiglia, 48 i vari modi
di gestire, codificare, manifestare le emozioni49, ecc.
- suddividere gli studenti in sottogruppi a seconda di diversi criteri:
maschi/femmine, occhi chiari/occhi scuri, iniziale del cognome, ecc. per
evidenziare che esistono tanti tipi di divisioni possibili e che ogni criterio
può avere una sua validità50 e arbitrarietà.
46
Cambi, 2001: 16.
47
Cfr. Brusa, 2004
48
Cfr. Balboni - Caon, 2015: 93-131.
49
Cfr. Anolli, 2011: 321-416.
50
Cfr. Aluffi Pentini, 2002: 87-88.
16
8.3. Cittadinanza e Diritti Umani
In ottica occidentale, la normativa stabilisce per gli individui quei diritti e quei
doveri che sono alla base della convivenza civile, presupponendo che coincidano:
Stato-nazione, popolo e territorio di riferimento.
Nel momento in cui le persone si uniscono e si separano secondo logiche inedite:
la cittadinanza diviene […] uno dei luoghi principali di conflitto sulla sovranità e
sull'identità, include domande di riconoscimento delle differenze collettive e, più in
generale, veicola istanze di trasformazione delle regole di gestione dello spazio pubblico e
di quello politico51.
Anche secondo Matilde Callari Galli, il legame a comunità identificate con spazi
localizzati e realtà radicate non risponde più ai mutamenti attuali nella
spazializzazione e temporalizzazione: l'appartenenza deve essere segnata da una
visione dinamica e fluida, quella di un permanente (ri)orientamento, un progetto
condiviso fra gruppi che si scelgono e si confermano continuamente man mano
che i loro progetti vengono attuati52.
Di conseguenza, il concetto di cittadinanza appare pregnante, aperto a molteplici
interpretazioni rispetto al pluralismo culturale di oggi; in ambito educativo, si apre
a vari collegamenti interdisciplinari: interrogarsi sul significato di questa parola
significa riflettere sulla sua doppia valenza, sul fatto che include ed esclude allo
stesso tempo53, ma anche sulla dimensione etico-valoriale che può rivestire.
Infatti, se la cittadinanza ci rimanda al senso di appartenenza, si può subito
creare la dicotomia cittadino/clandestino, con la separazione fra chi appartiene
allo Stato-Nazione, tutelato nelle sue esigenze, e chi vive al di fuori della
regolarità prevista dalle leggi, per ragioni che possono essere le più svariate.
Cittadinanza può anche essere intesa come partecipazione, ossia come attenzione
responsabile alla collettività, alle problematiche della realtà in cui si vive, cura
attiva dei patrimoni e dei beni comuni54.
La tensione all'universalismo che può ispirare l'educazione interculturale ci
conduce a considerare la cittadinanza anche in relazione alla portata dei
Diritti Umani.
In Occidente i giusnaturalisti hanno ritenuto a lungo che il loro fondamento
assoluto derivasse dalla natura dell'uomo; tuttavia, nel tempo, l'elenco dei diritti
ha perso la sua staticità e si è modificato con il variare del contesto storico e
culturale. Per questo occorre pensare ai Diritti Umani come ad un insieme di
regole, diritti, libertà sempre passibili di nuove definizioni, piuttosto che
fondati in modo assoluto una volta per tutte55.
Occorre dunque interrogarsi sulle motivazioni che condussero all'approvazione
nel 1948 della Dichiarazione dei Diritti Umani e alle successive Carta Africana
dei Diritti dell'Uomo e dei Popoli (1981), Dichiarazione Islamica Universale dei
51
Colombo - Domaneschi - Marchetti, 2009: 10.
52
Cfr. Callari Galli, 2008: 18-19.
53
Cfr. Hermann, 2007: 15.
54
Cfr. Rodotà, 2012: 14-15.
55
Cfr. Harrison, 1998: 214-244.
17
Diritti dell'Uomo (1981), Dichiarazione dei Doveri Fondamentali dei Popoli degli
Stati Asiatici (1983), ma anche della Convenzione Internazionale sui Diritti del
Fanciullo (1990) e sui modi di recepire e rispettare i loro contenuti nei vari Stati,
anche in relazione ai principi di sovranità nazionale e ad interessi di varia natura:
politici, economici, religiosi, ecc.
La riflessione può riguardare anche i sistemi internazionali di promozione e
protezione dei diritti umani (ONU, Consiglio D'Europa, Unione Africana, ecc.)
che agiscono tramite una serie di organi, comitati, convenzioni, procedure a
livello globale o locale, e includere anche gli approfondimenti sui diritti oggetto di
dibattito più recente56, come il diritto allo sviluppo e il diritto all'ambiente.
Questi ultimi, che riguardano sia il singolo che la collettività si presentano di
notevole pregnanza rispetto al discorso interculturale: il primo evidenzia la
necessità di definire il concetto di benessere e di promozione della condizione
umana in base a parametri alternativi a quelli economici; il secondo tutela il luogo
in cui si vive in dimensione individuale e sociale e dove si intrecciano i bisogni
delle generazioni presenti e future.
In ambito educativo, l'educazione alla cittadinanza e ai Diritti Umani può essere
articolata attraverso diversi percorsi ed avere finalità multiple: l'alfabetizzazione
al linguaggio delle istituzioni e alle problematiche politiche e giuridiche, lo studio
del testo costituzionale, l'individuazione di forme di partecipazione e
coinvolgimento del singolo, come della collettività, ecc.57; la stessa educazione
linguistica avrà un valore sensibilmente diverso se si insegna la lingua con intenti
assimilatori, rispetto a quelli di favorire la partecipazione, lo scambio, la
formazione di un pensiero critico.
Consideriamo:
- il gioco come modo per scoprire la necessità di regole da rispettare: perché
si possa giocare, infatti, è necessario condividerle ed osservarle;
- la vita scolastica per valutarne le regole esistenti, distinguendo ciò che è
deciso dall'alto – dal Preside o dagli insegnanti – e ciò che è
spontaneamente osservato dagli studenti, che possono proporre nuove
regole, utili anche a un possibile contesto multiculturale. Il quadro delle
differenze culturali può essere arricchito dal confronto con le regole del
passato: quelle dei genitori o di altri adulti che ricordano il loro passato da
studenti58;
- le consuetudini e le norme di altri popoli per confrontarsi anche con quelle
che possono suscitare sconcerto: riflettiamo sul suttee nella cultura indiana
o sul misconoscimento di una donna incinta non sposata nella cultura
islamica; sarà possibile scoprire la tensione fra norme e rispetto delle
differenze nell'ambito dei Diritti Umani, oltre che maturare il diritto alla
56
Cfr. Harrison, 1998: 227-228.
57
Cfr. Mattei, 2007: 13-19.
58
Cfr. Aluffi Pentini, 2002: 110-111.
18
riserva, ovvero la possibilità di non accettare determinati aspetti della
cultura altra;
- quali siano i Diritti Umani ritenuti fondamentali per ogni uomo e ogni
donna per dare agli studenti l'opportunità di scrivere una propria 'carta dei
diritti', da confrontare poi con il testo delle diverse Dichiarazioni
menzionate nel paragrafo precedente;
- la testimonianza offerta da organismi internazionali come Amnesty
International, che intervengono nelle situazioni in cui i Diritti Umani non
sono rispettati o sono addirittura negati;
- la possibilità di indagare il cambiamento della cittadinanza nel tempo e
nello spazio59: dalla democrazia imperfetta della Grecia, che escludeva
donne, stranieri e schiavi, alle visioni giuridiche dell'appartenenza
genealogica o di nascita (ius sanguinis/ius solis), che ispirano le attuali
carte costituzionali, fino a possibili proposte che tengano conto degli
attuali scenari politici, ecc.;
- il confronto delle pratiche europee in fatto di naturalizzazione, per
riflettere sulle modalità migliori di elaborare nuove idee di cittadinanza
post-nazionale60;
- la messa in atto di processi partecipativi dei/per i giovani: le esperienze
locali, come i Consigli Comunali dei Ragazzi, possono essere raffrontate al
Consiglio dei Giovani di Barra Mansa (Brasile), al Parlamento dei
Bambini di Tirlonia (India), per analizzare somiglianze e differenze fra le
diverse esperienze; si possono anche considerare le esperienze di
dimensione internazionale, come il Children's forum o il Congresso
Mondiale dei Bambini contro lo Sfruttamento del Lavoro Minorile, ecc.61;
- le rivendicazioni di cittadinanza delle seconde generazioni, i giovani figli
di immigrati62.
59
Cfr. Colombo - Domaneschi - Marchetti, 2009: 29-45.
60
Cfr. Surian, 2008: 35.
61
Cfr. Invernizzi, 2004: 71-104.
62
Cfr. Colombo - Domaneschi - Marchetti, 2009: 99-134.
19
- Pregiudizio: può essere visto come l'insieme di una componente cognitiva
- la generalizzazione connessa con lo stereotipo - ed una emotiva.
Si tratta di un giudizio dato a priori che prescinde dalla conoscenza diretta
e, in quanto tale, non valido. Quando conduce ad atteggiamenti di rifiuto o
di ostilità è particolarmente pericoloso, sia se è espressione di un
comportamento individuale, sia soprattutto di quello sociale, poiché può
diventare anche causa di discriminazione63.
Riprendendo le teorie di Gardner, Duccio Demetrio sottolinea che la formazione
degli stereotipi segue il processo attribuzionale o labeling, ovvero il processo di
ordinamento e categorizzazione della realtà tramite un lavoro socio-cognitivo: le
mappe e alle etichette che elaboriamo risentono del lavoro individuale e di quello
sociale, cioè noi
ci nutriamo crescendo (da piccoli e da adulti) di rappresentazioni sociali, prevalenti in un
dato contesto di sviluppo e di processi rappresentazionali. Due fattori che, nel linguaggio
della formazione, siamo soliti definire contenuti e apprendimento64.
63
Cfr. Gennai, 2005: 125, 137-138.
64
Demetrio – Favaro, 1992: 19.
65
Cfr. Morselli, 2007: 23-26.
66
Cfr. Caronia, 1996: 169.
67
Cfr. Mantovani, 2005: 68-74.
68
Cfr. Anolli, 2011: 436.
20
Accanto alla disamina di stereotipi e pregiudizi, è opportuno considerare alcune
operazioni di categorizzazione cognitiva; ne vediamo di seguito alcune
significative per il discorso interculturale:
- nella revisione di parole e concetti, è opportuno avere consapevolezza del
cosiddetto 'effetto cornice': se le nostre decisioni dipendono dalla
prospettiva in cui inquadriamo il problema, al fine di evitare inopportuni
irrigidimenti di pensiero, bisogna comprendere che la nostra visione non
è l'unica possibile e che le metafore e le analogie che utilizziamo
influenzano la nostra percezione e valutazione69;
- l'essenzializzazione trasforma concetti analitici, scientificamente rigorosi,
in concetti realistici, concreti: in questo passaggio i concetti astratti
vengono 'declassati' e delimitati da confini spaziali e simbolici70:
pensiamo, ad esempio, a quando la cultura, esperienza fondamentale
quanto inafferrabile della vita umana, viene immaginata come un oggetto
reale, visibile, tangibile, ecc.
- la disgiunzione, tipica dei paradigmi monoculturali, mira a creare
contrapposizioni, secondo la logica dell'esclusione esclusione reciproca
fra due elementi che si contrappongono, ad esempio: noi/loro,
natura/cultura, Occidente/Oriente, cultura scientifica/cultura umanistico-
letteraria, cittadino/clandestino, ecc.
Tali antinomie vanno ricomposte per creare nuovi paradigmi complessi di
implicazione/congiunzione, che siano più rispondenti alla logica di un
pensiero policentrico71.
69
Cfr. Mantovani, 2005: 87-98; si vedano anche le voci 'metafora' ed 'analogia' nel glossario a pag.
41.
70
Cfr. Mantovani, 2004:36.
71
Cfr. Morin, 2001: 40-42
72
Cfr. Pinto Minerva, 2002: 8-9.
21
b) saper prendere l'iniziativa di esplorare aspetti poco conosciuti della
propria cultura;
c) assumere atteggiamenti di fiducia, disponibilità, cooperazione;
d) promuovere il riconoscimento della diversità73.
- Mappare stereotipi e pregiudizi conosciuti per comprendere come tutti ne
creino e come tutti ne siano vittime.
- Confrontare affermazioni tratte da articoli di giornale, da stralci di
telegiornale, o da vignette satiriche e fumetti, ecc. per renderci conto che,
come Italiani siamo stati oggetto di pregiudizi (e spesso lo siamo tuttora),
da parte di chi sostiene la nostra inferiorità; eppure nei nostri discorsi si
ritrovano gli stessi meccanismi di separazione e discriminazione, che nel
caso specifico comportano l'equazione: straniero = delinquente.
- Si possono selezionare brani da opere di scrittori come Dickens, Goethe,
Ruskin, Leopardi che viaggiarono in Italia e ci descrissero attraverso
immagini negative, alcune vere alcune false: gli stereotipi formulati da chi
accolse in maniera ostile, spesso anche violenta, gli Italiani emigranti nelle
colonie anglosassoni dei secoli scorsi erano frutto dell'accumulazione di
tali immagini74.
- Come già suggerito nel paragrafo 8.2.1., si può pensare al ruolo delle
metafore e delle analogie applicate a parole-concetto come 'patrimonio',
'tradizione', 'eredità', 'origini'75, provando a inquadrarle secondo diversi
domini di realtà.
- Proviamo ad analizzare le dicotomie menzionate nel paragrafo precedente
per tentare una loro sintesi in relazione all'intenzionalità interculturale.
8.5. Le migrazioni
Alcuni studi confermano che i processi migratori sono presenti in ogni epoca e
che non esiste gruppo umano che nella propria storia non abbia conosciuto
migrazioni, "anzi, è possibile individuare proprio nelle radici migratorie
l'elemento comune a tutti i popoli e costruire su questo una storia solidale"76.
Occorre dunque riflettere sulla relazione tra tendenza alla mobilità e
stanzialità, sulla migrazione quale fattore endemico della specie umana e sulle
sue ragioni: la propensione alla mobilità, che sembra accompagnare l'essere
umano in tutte le fasi della sua storia, va messa in relazione con le cause
generalmente significative che portano ad abbandonare insediamenti abituali ed
accettare i rischi connessi con lo spostamento e il cambiamento77.
Ad una visione che privilegia l'appartenenza ad uno specifico territorio,
collegandovi la costruzione dell'immaginario personale e sociale, oltre che la
realizzazione materiale dell'individuo e della società, è opportuno dunque
accostare i valori legati al movimento, che fanno dell'essere umano
73
Cfr. Surian – Miltenburg, 2002: 15.
74
Cfr. Stella, 2003: 55-59.
75
Cfr. Brusa, 2004: 20-29.
76
Pinto Minerva, 2002: 100.
77
Cfr. Carlini, 1995: 21.
22
l'essere vivente più mobile perché meno dipendente dall'ambiente, capace di adattarsi agli
ambienti più disparati, declinando il cambiamento a carico dell'ambiente stesso, fino a
creare ambienti su misura dei suoi bisogni e progetti 78.
78
Damiano, 1998b: 42.
79
Cfr. Damiano, 1998b: 39-44.
80
Cfr. Medi, 2007: 51.
23
8.6. Informazione, media e multimedialità
81
Cfr. Medi, 2007: 9-11.
82
Cfr. Galliani, 1996a: 12-17.
83
Cfr. Costa, 1996: 41.
84
Medi, 2007:12.
24
Il cinema, come esperienza complessa, che integra i codici lineari con quelli
analogici delle immagini, offre l'opportunità di allargare i confini della propria
esperienza, consentendo di avvicinarsi ad altre realtà, ambiti spaziali e temporali.
La sua fruizione avviene a livello emotivo e cognitivo – l'identificazione e il
coinvolgimento con le storie raccontate apre percorsi conoscitivi inediti, nei quali
è fondamentale riconoscere anche le rappresentazioni stereotipate – e a livello
critico ed estetico – la conoscenza del linguaggio cinematografico serve a
coglierne la dimensione poetica85, serve inoltre a comprendere le modalità di
attribuzione e negoziazione dei significati del testo filmico da parte dello
spettatore86.
La multimedialità e Internet si offrono come reti di comunicazione e di senso in
virtù dell'ipertestualità, ovvero quell'insieme di processi
Sarebbe utile:
- raccogliere documentazione sulla diverse modalità di fare pubblicità in
televisione, sui giornali, per strada, ecc. Ciò può servire ad analizzare le
modalità di comunicazione e cogliere anche quanto non viene
esplicitamente rappresentato/detto90;
- poiché i mass-media influiscono notevolmente sulla percezione collettiva,
sulla formazione dell'identità e dell'immaginario, contribuendo alla
perpetuazione degli stereotipi, analizzare articoli di giornale per ricavare
spunti di riflessione sul sensazionalismo, sui tentativi di manipolazione e
sulla possibile mancanza di approfondimenti e sui processi interpretativi
degli avvenimenti;
- ricercare e confrontare fonti di informazione alternative a quelle più
diffuse: si possono affrontare percorsi tematici cercando versioni diverse
di fatti ed eventi proposti da telegiornali, cinema, Internet, ecc.
85
Cfr. Pinto Minerva, 1996.
86
Cfr. Triolo, 2004: 9-12.
87
Galliani, 1996b: 58.
88
Cfr. Calvani, 2004: 20-29.
89
Cfr. Calvani – Rotta, 1999: 13-17.
90
Cfr. Aluffi Pentini, 2002: 114-115.
25
- progettare ipertesti per sviluppare la capacità di individuare e creare nessi,
legami, relazioni;
- esplorare Internet per sviluppare connessioni e conoscere la pluralità delle
esperienze e delle identità; la navigazione come esperienza di
apprendimento si basa sulla capacità di cercare e valutare contenuti, ma
anche di elaborare le informazioni e di padroneggiare gli strumenti che
consentono l'interazione;
- stimolare la visione consapevole e critica dei film, oltre che la sensibilità
estetica, attraverso percorsi che mirino a scoprire i linguaggi nascosti (ad
esempio: riconoscendo i vari tipi di immagini, individuando le strutture
narrative, analizzando la colonna sonora, il montaggio, ecc.), per maturare
una propria opinione su quanto visto91;
- selezionare percorsi tematici esplorabili attraverso la visione di film di
vario tipo sull'immigrazione e sull'interculturalità92.
9.1. La comunicazione
strumento per immergersi in modi di pensare diversi dal proprio, in una logica aperta al
contagio linguistico e culturale, in cui ciascuno prende dagli altri le parole, i modelli
culturali, i valori che trova migliori93
91
Cfr. Medi 2007: 38-39.
92
Cfr. Triolo, 2004.
93
Balboni, 2002: 4.
94
Infantino, 1996: 217.
26
- la reciprocità della relazione: gli interlocutori devono collaborare per
poter essere efficaci nell'evento comunicativo95 e, se si verificano casi di
incomprensione, vi è una comune responsabilità riguardo gli esiti;
- la dinamicità della situazione, data dal continuo intersecarsi di
componenti comunicative, per cui ogni evento comunicativo è da
considerarsi un caso particolare.
In ambito educativo l'insegnante offre l'esempio di come si debbano mediare le
difficoltà comunicative e favorire l'acquisizione di abilità relazionali, quali:
95
Cfr. D'Ignazi, 205: 55-68.
96
Balboni - Caon, 2015: 147.
97
Cfr. D’Ignazi, 2005: 68.
98
Cfr. Balboni - Caon, 2015: 32-37.
99
Cfr. Sclavi, 2004: 185-193.
27
Evidenziare il valore positivo di tali questioni significa riconoscere che il rapporto
fra sapere e comunicazione non è stabilito univocamente, ma che si può realizzare
in modalità eterogenee.
È infatti necessario raccontarsi, confrontarsi, imparare ad argomentare.
A tale scopo può essere valido l'utilizzo dell'indagine autobiografica, basando le
lezioni su un impianto narrativo/dialogico che consente di esplicitare - anche
attraverso e durante l'apprendimento linguistico - il proprio sistema di valori ed
avviare attività di metacognizione e riflessione100; in questo senso, oltre alla
funzione di testimonianza, i racconti avranno un valore autenticamente educativo
ed emancipatorio:
100
Cfr. Farello - Bianchi, 2001.
101
Demetrio, 2002: 72.
102
Cfr. Aluffi Pentini, 2002: 96-97.
103
L'autore di Esercizi di stile.
104
Cfr. Giornelli - Maioli, 2003.
28
9.2. La comparazione
Si possono:
- confrontare varie modalità di giochi in diverse culture per cogliere la loro
specificità legata al contesto;
- analizzare diverse rappresentazioni cartografiche per comprendere come il
mondo possa essere immaginato in modi diversi: alla mappa eurocentrica
di Mercatore e alle carte sinocentriche, è possibile affiancare quella di
Peters che realizza nella trasposizione grafica il rapporto corretto fra
superfici o altre proiezioni meno note;
- valutare le diverse soluzioni ad un problema, senza formulare giudizi di
valore, ma confrontando soltanto i percorsi e i motivi che hanno condotto
a trovarle.
9.3. Il decentramento
105
Cfr. Nanni – Curci, 2005: 86.
106
Cfr Grillo, 1996: 8.
29
sua prospettiva, raccontando una fiaba da più punti di vista (ad esempio
Cappuccetto Rosso dal punto di vista del lupo o della nonna o del
cacciatore o Cenerentola dal punto di vista del principe o delle sorellastre
o della matrigna107);
- identificarsi con un essere vivente – un animale, un albero, una persona,
un essere inventato, ecc. – per descrivere, mimare, disegnare, ecc., ciò che
quell'essere vivente vedrebbe/farebbe/penserebbe. Ciò al fine di valutare la
funzionalità delle diversità rispetto all'ambiente;
- confrontare diverse modalità di risolvere problemi e valorizzare le diverse
soluzioni;
- conoscere visioni diverse sul mondo occidentale, perché può essere utile
per capire meglio noi stessi: le crociate cristiane furono chiamate invasioni
franche dagli Arabi, per i quali rappresentarono un drammatico arresto del
progresso culturale maturato a partire dal VII secolo; la scoperta/conquista
dell'America fu anche la tragica scoperta del mondo europeo per i popoli
amerindi, che videro arrivare gli stranieri da Oriente e a loro si
sottomisero, considerandoli degli 'esseri divini'; attualmente è lo sguardo
degli immigrati stranieri che rivela le ambiguità della nostra cultura e la
straordinarietà di aspetti per noi ovvi108.
107
Cfr. Nanni – Curci, 2005: 91-92.
108
Per reperire brani antologici e proposte di riflessione sul decentramento, cfr. Fucecchi, 1998.
109
Cfr. Disoteo, 1998: 60-61.
30
9.4.1. Alcuni suggerimenti operativi
110
Cfr. Fucecchi, 1998: 47-57.
111
Cfr. Crudo, 2006: 29.
112
Cfr. Fucecchi, 1998: 36-44.
113
Nanni - Curci, 2005: 80.
114
Cfr. Gnisci, 2001: 24, 55-58.
31
In tutti i contesti di colonizzazione, il rapporto colonizzatore/colonizzato è una
contrapposizione innescata dai processi di dominio, alimentata dalla violenza e
dal razzismo, particolarmente evidente a livello linguistico: con la sopraffazione,
la lingua autoctona, rimane ancorata allo splendore del passato, spesso ridotta a
folklore, mentre la vita culturale continua nella lingua imposta dai colonizzatori,
lingua che guida un'esperienza cognitiva separata dall'affettività115; il bilinguismo
comporta la partecipazione a settori psichici, culturali, identitari in conflitto fra
loro, con la conseguente interiorizzazione di conflitti e di svalutazione del proprio
universo affettivo116.
La decolonizzazione ci sembra un percorso particolarmente pregnante per noi,
Italiani, che spesso non conosciamo nulla della nostra storia coloniale: le colpe e
le responsabilità dei colonizzatori continuano e si aggravano quando si ritiene
invariato il "ruolo storico della cultura occidentale come civilizzatrice e liberatrice
dalle tenebre"117, quando non si vuol "considerare il punto di vista indigeno"118 e,
nel nostro caso, si liquida l'esperienza coloniale collegandola univocamente al
razzismo fascista119, o, peggio ancora, quando la si qualifica come bonaria,
attraverso
la diffusione di una memoria selettiva ed edulcorata [che crea] un'immagine mitica del
colonialismo nazionale, legata alla rappresentazione degli italiani come «brava gente»,
portatori di un colonialismo «buono», meno razzista e meno crudele di quello di altri
paesi120.
32
- analizzare fatti storici relativi all'esperienza coloniale italiana in Africa (e
non solo), utilizzando varie fonti (immagini, fumetti, racconti, testi
letterari, ecc.), per decostruire e cambiare l'immagine bonaria degli
Italiani, scoprendo le crudeltà dei lager istituiti nella Sirtica, l'uso di armi
chimiche per accelerare la resa dell'Etiopia, ecc.124;
- analizzare le modalità con cui i libri di testo e i curricoli attuali affrontano
la colonizzazione e la decolonizzazione europea ed italiana125;
- ascoltare la voce di scrittori migranti, che hanno narrato l'esperienza
coloniale126.
124
Cfr. Di Sapio - Medi, 2009: 39-169; Dal Boca, 2011.
125
Cfr. Di Sapio - Medi, 2009: 231-241.
126
Cfr. ad esempio: Gnisci, 2006; Ceola, 2011.
127
Cfr. Caon, 2008: XXI-XXIII.
128
Cfr. Pinto Minerva, 2002: 59-61.
129
Cfr. Fiorin, 2014: cap. 3 par. 1.
130
Cfr. Cipollari 2016b: 41-42.
33
strutturati, alcuni alunni vengono formati per assumere la funzione di educatori
dei compagni131.
A seconda dei diversi obiettivi stabiliti dall'insegnante, si possono considerare le
diverse caratteristiche personali (età, competenze linguistiche, intelligenze
coinvolte, stili cognitivi, ecc.) per affidare i ruoli a rotazione a tutti.
Il tutoraggio fra pari può avere vantaggi sia per il tutor (tutorante) che per il tutee
(tutorato), entrambi possono diventare "agenti di cambiamento"132 positivo: il
primo, infatti, oltre a maturare responsabilità nei confronti del gruppo di
riferimento, dovrà esercitare strategie cognitive di ordine superiore per imparare
ad insegnare contenuti ed abilità al pari, mentre il secondo potrà beneficiare della
maggiore efficacia comunicativa della situazione, per apprendere133.
Ricordiamo, infine, che gli alunni - italofoni e non (a seconda del diverso livello
linguistico) - possono essere impegnati in attività di riscrittura funzionale o
semplificazione dei testi disciplinari, con significative ricadute nella competenza
scritta, oltre che metalinguistica e metatestuale, nell'ottica "di un'educazione
linguistica trasversale che coinvolga, ognuno con la sua specificità, le diverse
discipline e i vari momenti formativi"134 in una prassi didattica di rispetto e
valorizzazione delle abilità differenziate135.
131
Cfr. Pellai - Rinaldin - Tamborini, 2002: 41.
132
Topping, 2014: 15.
133
Cfr. Caon, 2008: XXIII.
134
Amoruso, 2010: IX.
135
Cfr. Caon, 2006.
34
Per promuovere una visione positiva del conflitto possiamo tenere presente che
ogni giorno dobbiamo gestire tanti tipi di conflitti, quali elementi costitutivi dei
rapporti, dell’esistenza, della contemporaneità.
Ogni conflitto implica dinamicità e relazione, poiché è sempre tra due o più
soggetti che si presentano in posizioni diverse136.
Al centro delle istanze formative possiamo dunque porre:
- l’arte dell’incontro, che comprende il riconoscimento della presenza
dell’altro e la sua piena accettazione, previa la sospensione di ogni
giudizio;
- le competenza relazionali quali ascolto attivo ("interessato alle cornici e
permesse implicite, che considera l'osservatore parte integrante del
fenomeno osservato"137), dialogo, aiuto reciproco, collaborazione, ecc.,
strumenti di alfabetizzazione adeguati per la comunicazione nella società
plurietnica e come modalità di attivazione di spazi adatti agli scambi;
- le competenze di negoziazione per gestire il conflitto e superare l’‘io’ e il
‘tu’, alla ricerca del plusvalore del ‘noi’.
Le modalità per affrontare situazioni conflittuali variano da soggetto a soggetto e
da momento a momento, ma nell’educazione interculturale emerge
l’intenzionalità a risolverle comunque in maniera non violenta e costruttiva.
Evitare di utilizzare la violenza, non significa tuttavia ridurre il ragionamento ad
un generico ‘volersi bene’.
Obiettivo dell’educazione interculturale è proprio far emergere il conflitto,
distanziando la dimensione oggettiva - il problema - da quella emotiva, che vanno
entrambe tenute sempre presenti, superarlo attraverso la mediazione.
Essa infatti implica la ricerca di visioni inedite della situazione di partenza, di
nuove modalità di guardare l’altro, di forme nuove di incentivazione della
cooperazione piuttosto che di competizione, di convergenze verso soluzioni
vantaggiose reciprocamente e non la divisione in termini di vincitori/vinti138.
Inoltre, la gestione del conflitto può essere un valido supporto in ambito
scientifico ed educativo per la maturazione del pensiero plurale e migrante,
che consente di ricomporre le polarità, di superare le dicotomie riduttive che
esistono nelle nostre menti, per creare nuove sfere di significato, ristrutturando
l’immaginario139.
136
Cfr. Fucecchi, 2006: 10.
137
Sclavi - Giornelli, 2014: 127.
138
Cfr. Besemer, 1999: 32-35.
139
Cfr. Nanni, 2006b: 19.
35
9.7.1. Possibili approfondimenti e attività pratiche
Siamo in una classe di scuola media, due alunni senegalesi esprimono un deciso atto di
sottoscrizione all’azione terroristica legata al fondamentalismo islamico e condannano
l’America e l’Occidente. Le loro frasi generano problemi di convivenza in classe e sono
occasione di tensioni fra compagni.
Cosa deve fare l’insegnante? Quali riflessioni e quali attività deve porre in
atto per recuperare la dimensione razionale? Come può aiutare ad
individuare la sfera emozionale legata al conflitto? A quali conclusioni
deve tendere?
- Per rendersi conto che i fatti e la loro interpretazione generalmente non
coincidono, si può imparare ad osservare le figure multistabili: "delle
forme, degli oggetti, che hanno un significato, un senso diverso a seconda
della prospettiva dalla quale li osserviamo"140.
- Per iniziare un percorso di ricomposizione delle dicotomie, oltre a quelle
già presentate nel paragrafo 8.4, possiamo considerare:
a) l’emblematico esempio di Vito Moscarda141 che scopre davanti
allo specchio le differenze nel suo aspetto fisico e poi la sua
identità;
b) la descrizione di persone somiglianti e differenti fra loro, poiché
descrivendo le caratteristiche fisiche delle persone si può
scoprire come ogni paragone ha sempre bisogno di un secondo
termine di confronto per stabilire ciò che è diverso e ciò che è
uguale;
c) la totale accettazione della differenza, elemento fondamentale
per conoscere autenticamente le altre culture: non è possibile
paragonare, ad esempio un Occidentale e un Indios se non
partendo dalle loro specificità culturali, che non possono essere
ricondotte ad uno stesso metro, ad una stessa scala;
d) la ricerca di elementi comuni fra i popoli attraverso storie
similari in luoghi e tempi diversi: il personaggio di Giufà si
incontra in tante tradizioni popolari, ma in ognuna si trasforma e
assume caratteristiche diverse: può essere furbo o sciocco,
povero o ricco, fortunato o sfortunato.
140
Sclavi - Giornelli, 2014: 123.
141
È il protagonista di Uno, nessuno, centomila di L. Pirandello.
36
comprendere le trasformazioni del mondo contemporaneo hanno portato ad
individuare nuovi bisogni formativi a cui la scuola ha inizialmente risposto
attraverso la specifica progettualità delle educazioni trasversali: l'educazione allo
sviluppo, alla mondialità, alla pace, ecc. - che possono rappresentare la matrice
storica dell'educazione interculturale - hanno agito come selettori curricolari per
individuare proposte formative che servissero a rispondere ai nuovi bisogni
formativi142.
Per l'intenzionalità che la qualifica e per gli obiettivi che si prefigge (paragrafo 1),
l'educazione interculturale non solo può incentivare letture trasversali delle
discipline, ma si pone come sfondo integratore, "quadro di senso in cui inserire
l'apprendimento"143, per ripensare metodi e strategie di insegnamento (per
esempio, come nel paragrafo 9), ma anche per una trasformazione contenutistica
rispondente all'attualità.
Una prima riflessione riguarda dunque l'organizzazione delle discipline,
strumento di educazione nella nostra società.
Se analizziamo i criteri selettivi utilizzati per determinare i canoni disciplinari, ci
rendiamo conto che il sapere tramandato dalla scuola è stato scelto in relazione a
determinate finalità in un determinato periodo storico: ad esempio, la storia è a
lungo stata insegnata come una narrazione costellata di personaggi illustri e di
eventi volti a celebrare il valore di un popolo, per trasmettere e rafforzare il senso
di identità nazionale e il patriottismo144.
Le nuove esigenze educative conducono a ripensare i canoni in modo di evitare
la marginalizzazione o l'esclusione di alcune parti del mondo, per favorire
narrazioni pluriprospettiche e alternative a quelle conosciute, per valorizzare le
occasioni di incontro e di contatto, le relazioni che si creano145.
Peraltro, "la parcellizzazione delle conoscenze in discipline e sotto-discipline
aggrava l'incultura generalizzata"146, cioè la visione settoriale delle discipline può
comportare distorsioni o errori nella conoscenza: ecco, dunque, che si auspica la
ricomposizione dei saperi - in particolare si vuole superare la disgiunzione fra
quelli umanistici e quelli scientifici - per ottenere una visione olistica e
sistemica147 della conoscenza.
Appare necessario individuare paradigmi e abiti mentali148 che consentano alle
nuove generazioni (e non solo) di maturare il senso d'appartenenza ad un'unica
comunità, quella terrestre, e ad una comune Umanità.
Per cominciare ad individuare e scegliere i saperi scolastici adatti al cittadino
planetario del futuro, si possono compiere alcune operazioni di rilettura delle
discipline e dei loro contenuti attraverso:
- la transcalarità: la lettura e l'interpretazione di fenomeni avviene
attraverso scale diverse, procedendo dal locale al globale e viceversa; ciò
142
Cfr. Medi, 2007: 44-45.
143
Medi, 2007: 48.
144
Cfr. Brusa, 2004: 23 e 29.
145
Cfr. M. Pratissoli, 2007: 21.
146
Morin, 2014: 41.
147
Cfr. Morin, 2014: 73-80.
148
Cfr. Baldacci, 2006: 76-86, 103-118.
37
consente di evidenziare i legami del fenomeno oggetto di studio, con
diversi livelli, nelle narrazioni, negli spazi e nei momenti storici; possiamo
considerare, ad esempio, il processo di ominazione, studiando come è
avvenuto il popolamento del Mondo a partire dalla Rift Valley, in
relazione agli habitat disponibili, raffrontando in ottica laboratoriale le
letture ai reperti disponibili nei musei archeologici locali.
- la trasformazione/processualità: tutto è in trasformazione continua, i
risultati dei cambiamenti sono imprevedibili e reversibili: possiamo
riflettere sui meccanismi che comportano la nascita, la diffusione, il
mutamento delle lingue, considerando quali categorie di persone
comportano i contatti, in quali circostanze avvengono tali contatti, il ruolo
che possono avere i mezzi di comunicazione, ecc.
- la cronospazialità: fenomeni e processi sono colti nella loro evoluzione
nel tempo e nello spazio; le guerre, fenomeno studiato nella geografia
politica, possono essere analizzate raffrontando la loro portata attuale a
quella del passato, possono essere viste come uno strumento di
riorganizzazione dello spazio mondiale149;
- la discontinuità: lo sviluppo dei fenomeni è un processo discontinuo nel
tempo e nello spazio, non necessariamente lineare e/o irreversibile;
pensiamo, ad esempio, al fatto che da molti studiosi il pensiero scientifico
che conosciamo è considerato accidentale e precario: probabilmente nato
in Grecia, sarebbe sopravvissuto grazie alla curiosità degli Arabi, risorto
grazie al recupero durante il Rinascimento di quei testi scritti e tradotti nel
Medioevo, e
alla curiosità di personaggi come Keplero, Galilei e pochi altri, una minoranza
assoluta. Ma avrebbe potuto scomparire se non avesse avuto questi puntelli
occasionali e fortuiti e potrebbe scomparire nuovamente se una «catastrofe»
azzerasse la civiltà attuale150.
149
Cfr. Brusa - Impellizzeri, 2012: 138-172.
150
Bernardini - De Mauro, 2015: cap. 2.
151
Cfr. Morin, 2014: 79.
38
-la responsabilità: ognuno è responsabile nei confronti degli altri e del
mondo in cui viviamo; accanto alla tecnoscienza - con le sue rassicuranti
promesse di controllo sui sistemi biofisici, la scienza della sostenibilità
considera le responsabilità umane nel rispetto e nella conservazione
biologica (e culturale), affinché sia possibile soddisfare i bisogni di tutti,
considerando i limiti spaziali e funzionali della Terra, senza provocare
perturbazioni irrimediabili152.
L'elenco appena presentato153 riprende alcuni elementi del global learning
(educazione globale), cioè,
un nuovo approccio che prevede sia uno sguardo scolastico allargato alla dimensione
globale, sia un metodo d'insegnamento che favorisca interdisciplinarità, comprensione
delle interconnessioni, didattica attiva 154.
11. I rischi
152
Cfr. Camino, 2013: 29-30.
153
Cfr. Cipollari, 2016a: 3-4.
154
Lepratti, 2016: 7.
155
Hermann, 2009: 225.
39
va considerata come uno strumento da integrare con tutte le riflessioni e le
esperienze che vorremo condividere.
- Ritenere che ci si debba occupare di educazione interculturale solo quando
ci sono studenti stranieri in classe.
- Creare la categoria di ‘stranieri’ come contrapposizione al noi, Italiani
autoctoni, dimenticando che le biografie culturali e linguistiche sono
numerosissime, così come le individualità e singolarità.
- Credere di fare educazione interculturale presentando alcuni argomenti in
determinate discipline: ad esempio, studiare alcuni tratti socioculturali di
paesi extraeuropei in geografia.
- Credere di fare educazione interculturale semplicemente organizzando
manifestazioni culinarie o allestendo uno scaffale multiculturale.
- Definire aprioristicamente e rigidamente le differenze culturali e
identificarle con gli allievi stranieri che diventano ostaggi di una cultura
d’origine da preservare.
- Utilizzare libri di testo, immagini, parole che presentino solo alcuni aspetti
delle altre realtà o che confermino pregiudizi, come termini che rimandano
a contrapposizioni: paesi sviluppati/paesi sottosviluppati, parlare
dell’Africa ed usare solo immagini di fame ed indigenza, ecc.
- Fermarsi alla tolleranza, atteggiamento sufficiente quando i fenomeni
migratori non avevano l’attuale consistenza: ricordiamo che essere
tolleranti ci gratifica, essere tollerati ci umilia.
- Considerare l’integrazione come un evento spontaneo: l’educazione
interculturale esige una continua negoziazione dei valori di riferimento ed
intenzionalità nel ricercare i benefici effetti dello scambio osmotico nella
contiguità delle culture.
- Pensare di poter misurare l’efficacia dell’azione educativa nel breve
termine: la scuola non lavora sull’emergenza, ma agisce in tempi lunghi,
necessari per incidere su convinzioni, valori, mentalità.
- Ritenere che la scuola possa essere l'unico agente per un cambiamento in
senso interculturale, quando la progettualità interculturale deve investire la
società tutta.
- Ecc.
40
12. Glossario
«balzo mentale» da un dominio di realtà ad un altro [per] interpretare una situazione dubbia che
abbiamo di fronte facendo appello alla somiglianza che essa potrebbe avere con un’altra situazione,
157
più chiara che abbiamo presente .
156
Cfr. Gennai, 2005: 10-11.
157
Mantovani, 2005: 93.
158
Cfr. Mantovani, 2005: 93-95.
41
Le congetture possono servire a semplificare la situazione iniziale e ad
interpretarla159, ma prospettive diverse possono evidenziare altri aspetti che il
salto iniziale ha eliminato.
Per questo è fondamentale essere coscienti dei processi del nostro pensiero e della
necessità di un confronto con altri punti di vista.
159
Cfr. Mantovani, 2005: 164-165.
160
Cfr. Morin, 2000: 5-29 e Morin, 2001: 35-46.
42
Ogni gruppo sociale è etnocentrico e tende ad universalizzare i propri modelli
culturali, considerando la differenza come devianza.
L’educazione interculturale promuove la consapevolezza degli atteggiamenti
etnocentrici, che devono essere decostruiti e relativizzati per poter giungere ad
incontrare le altre culture alla pari e beneficiare degli scambi161.
161
Cfr. Gennai, 2005: 57-58.
162
Cfr. Wallnöfer, 2000: 44-45.
163
Cfr. http://www.educational.rai.it/corsiformazione/intercultura/scaffale/approf/approf35.htm.
164
Cfr. Gennai, 2005: 80-81.
165
Cfr. Morin, 2000: 111-114.
43
discipline favoriscono l’ampliamento di prospettive e l’approfondimento di
tematiche pregnanti per il discorso interculturale (ad esempio, le migrazioni, il
razzismo, ecc.), l'acquisizione di conoscenze e competenze trasversali e
trasferibili; inoltre, la progettazione interdisciplinare consente di articolare più
approfonditamente finalità e obiettivi, a seguito del confronto fra le diverse
formazioni specialistiche degli insegnanti166.
Nel predisporre dei percorsi interdisciplinari è fondamentale che le stesse
discipline che concorrono ad investigare un determinato aspetto siano vitalizzate
da fonti e strumenti eterogenei, arricchite da diverse vedute e opinioni, per non
correre il pericolo che l’approccio rimanga legato ad una sola visione culturale.
Mediazione: si tratta dell’attività svolta da chi si pone tra due o più parti per
facilitare la relazione. In ambito scolastico, la mediazione è spesso un compito
associato ai mediatori culturali, figure professionali - generalmente stranieri -
che intervengono nei rapporti fra gli studenti immigrati, le loro famiglie e
l’istituzione, con attività di interpretariato e orientamento culturale, ma anche
facendosi rappresentanti della propria cultura d’origine che raccontano agli
autoctoni in qualità di animatori167.
La mediazione culturale è un compito che svolge anche l’insegnante quando si
occupa di gestire il conflitto, creare occasioni di scambio, seguire le dinamiche
della comunicazione, ecc. È comunque l’attività caratterizzante tutto il contesto
educativo.
166
Cfr. Ziglio, 2004: 158.
167
Cfr. Gennai, 2005: 108-110.
168
Mantovani, 2005: 89.
169
Cfr. Mantovani, 2005: 88-89.
44
appartenenza, ma che hanno dei problemi economici. In questa seconda metafora,
ci si concentra sulle caratteristiche delle persone, le cui potenzialità vanno aiutate,
per prospettare il sostegno sociale come possibile soluzione.
Le metafore utilizzate prospettano la questione in maniera diversa e conducono a
soluzioni differenti: per questo il confronto con altri punti di vista può giovare
all’esplorazione del problema e alla ricerca di soluzioni alternative.
170
Cfr. Gnisci, 2001: 59-60.
45
13. Bibliografia
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interculturale, Perugia, Guerra.
53
Sitografia
- http://www.apprendimentocooperativo.it/
Materiali di studio e di approfondimento e schede su attività realizzate con
l’apprendimento cooperativo.
- http://www.educational.rai.it/corsiformazione/intercultura/default.htm
Documentazione relativa alla riflessione teorica e alla mediazione educativa
nell’intercultura. Sono a disposizione proposte e progetti relativi all’educazione
interculturale.
- http://www.religionlaw.co.uk/MCBschoolsreport07.pdf
Link al quale si riporta il testo del documento Official Guidelines on meeting the
Religious and Cultural Needs of Muslim Children.
- http://www.servicelearning.ch/it/service-learning/
Introduzione agli elementi fondamentali del Service Learning con alcune
indicazioni pratiche per impostare progetti in quest'ottica.
54
55
INDICE
0. Premessa ………………………………………………………………………………. 2
1. Alcune considerazioni iniziali: multiculturalità, interculturalità, transculturalità. 2
1.1. 1.1. Spunti per alcune riflessioni iniziali …………………………………………………………… 4
2. Gli obiettivi fondamentali ……………………………………………………………. 5
2.1. 2.1. Riflessioni sugli obiettivi …………………………………………………………………………. 5
3. Il cambiamento nella scuola ………………………………………………………… 6
3.1. 3.1. Proposte per ulteriori considerazioni…………………………………………………………… 7
4. Il ruolo degli insegnanti …………………………………………………………….. 7
4.1. 4.1. I bisogni formativi …………………………………………………………………………………. 8
5. I filoni pedagogici come modelli per l'educazione e l'insegnamento della L2 ……. 9
5.1. 5.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi …………………………………………….. 10
6. La pedagogia linguistica …………………………………………………………….. 11
6.1. 6.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi ……………………………………………… 6.2. 12
7. L'esperienza italiana: la fase 1 e la fase 2 ………………………………………….. 13
8. La revisione e la ricerca di nuove definizioni ………………………………………. 13
8.1. 8.1. Identità e intercultura……………………………………………………………………………… 14
8.1.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi ……………………………. 14
8.2. 8.2. Cultura e intercultura………………………………………………………………………………. 8.3. 15
8.2.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi …………………………….. 16
8.4. 8.3. Cittadinanza e Diritti Umani ……………………………………………………………………... 8.5. 17
8.3.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi ……………………………… 18
8.6. 8.4. Stereotipi, pregiudizi e altri procedimenti cognitivi di semplificazione …………………… 8.7. 19
8.4.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi ……………………………… 21
8.8. 8.5. Le migrazioni …………………………………………………………………………………….... 8.9. 22
8.5.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi ……………………………. 23
8.10. 8.6. Informazione, media e multimedialità …………………………………………………………… 8.11. 24
8.6.1. Approfondimenti per possibili percorsi operativi …………………………….. 25
9. L'educazione interculturale e la prassi didattica …………………………………... 26
9.1. 9.1. La comunicazione …………………………………………………………………………………. 9.2. 26
9.1.1. Alcuni suggerimenti operativi ………………………………………………….. 28
9.3. 9.2. La comparazione …………………………………………………………………………………… 9.4. 29
9.2.1. Alcuni suggerimenti operativi ………………………………………………….. 29
9.5. 9.3. Il decentramento …………………………………………………………………………………… 9.6. 29
9.3.1. Alcuni suggerimenti operativi ……………………………………………………. 29
9.7. 9.4. Il riconoscimento dei debiti culturali e la valorizzazione della contaminazione …………9.8. 30
9.4.1. Alcuni suggerimenti operativi ………………………………………………….. 31
9.9. 9.5. La decostruzione e la decolonizzazione …………………………………………………………. 9.10. 31
9.5.1. Alcuni suggerimenti operativi ……………………………………………………. 32
9.11. 9.6. Le metodologie a mediazione sociale: apprendimento cooperativo e peer tutoring ……. 9.12. 33
9.6.1. Alcuni suggerimenti operativi …………………………………………………… 34
9.13. 9.7. La gestione del conflitto e la mediazione ………………………………………………………. 9.14. 34
9.7.1. Possibili approfondimenti e attività pratiche …………………………………….. 36
10. La revisione delle discipline in chiave interculturale …………………………….. 36
11. I rischi ……………………………………………………………………………….. 39
12. Glossario …………………………………………………………………………….. 41
13. Bibliografia ………………………………………………………………………….. 46
14. Sitografia ............……………………………………………………………………… 54
56