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NARRAZIONE

CENNI STORICI E DEFINIZIONI

Antecedenti: negli anni 60 Propp studia le narrazioni collegate al folklore; negli anni 60 e 70 lo studio delle
narrazioni si di onde nelle scienze sociali. Si arriva quindi ad uno studio degli ambienti narrativi, quindi delle
storie nei luoghi e contesti in cui sono prodotte (es: storie di immaginazione). Negli anni 80 la legittimità
della narrazione come punto di ricerca (svolta narrativa) si trova con Mitchell, che pubblica On Narrative
(saggi storici, psicoanalisi, loso , critici letterali). Si hanno quindi più discipline.

Svolta narrativa: si concentra sulla centralità della narrazione nella vita umana, in quanto organizza il
pensiero, mette ordine nell’esperienza, dà forma alle intenzioni, organizza la memoria, ed è una delle forme
della comunicazione. La svolta narrativa in psicologia si ha con Bruner. La categoria “narrazione” è usata
per descrivere il passaggio dell’epoca moderna all’epoca post-moderna. Nell’epoca moderna vi erano
grandi narrazioni, masse protagoniste di un percorso con mete condivise. Nell’epoca post-moderna le
narrazioni sono locali, particolari, individuali, dal senso e dalle direzioni più incerte.

Bruner: si caratterizza per una particolare apertura al dialogo critico e al confronto con altre discipline. Ha
svolto studi e ricerche relativi a numerose e diverse aree psicologiche, costituendo in tal modo un punto di
riferimento imprenscindibile nella storia della psicologia del nostro secolo. Visione olistica: presta attenzione
alla totalità degli aspetti della personalità umana. Grazie al contributo di questo studioso si creano le basi
per la psicologia culturale, il cui principale oggetto di indagine è proprio lo studio delle vicissitudini e dei
processi attraverso i quali gli individui danno un senso al mondo e alla loro stessa vita.

Che cosa è una narrazione: intuitivamente sappiamo cosa sia ma facciamo fatica a de nirla. La narrazione
è infatti una sostanza malleabile che può assumere diverse forme; si possono raccontare eventi quotidiani,
gesta eroiche, singoli momenti o interi secoli. La vita non è solo quella che si è vissuta, ma anche quella che
si ricorda e si racconta. La narrazione, secondo la prospettiva del presente, può dare forma alla vita delle
persone. La narrazione ha varie funzioni, ossia, funzione comunicativa (permette forme complesse di
condivisione sociale, coordinazione di azioni e interpretazioni condivise della realtà), funzione retorica
(mezzo potente per sostenere il proprio punto di vista, spiegarlo e difenderlo rispetto a quello degli altri),

funzione empatia o emotiva (permette di condividere stati d’animo e di comprendere quelli degli altri),
funzione cognitiva (aiuta la comprensione, la rappresentazione, la soluzione dei problemi, ecc..).

Generi di narrazione: sono narrazioni le autobiogra e, i romanzi, i curriculum vite, le testimonianze, le


cartelle cliniche, ecc.. . Esistono quindi vari tipologie di narrazione (narrazioni) che cambiano la loro forma,
sopratutto in base al loro scopo. Inoltre, la narrazione è un genere ibrido, ossia l’organizzazione sequenziale
di almeno due eventi. Non può mai esserci il solo susseguirsi di eventi (genere puro / resoconto). La
narrazione comprende invece anche la descrizione, la valutazione, ecc..

L’interazione con il mondo: le narrazioni possono essere generare anche a partire da ciò che vediamo
(non deve essere per forza un testo). Ad esempio, osservando le persone che transitano di fronte a noi,
immaginiamo e costruiamo le loro vite in modo narrativo. Succede anche con gli oggetti, come in
paleontologia e i nuovi reperti. Tendiamo a organizzare il mondo in modo narrativo, facendo inferenze ed
ipotesi per ricostruire gli elementi mancanti e colmare le lacune (realtà multiforme). Bisogna poi tenere in
considerazione due elementi, ossia l’atto di narrare e il suo prodotto.

Importante: fabula (ordine cronologico degli avvenimenti / ricostruzione storia logico-causale) e intreccio
(modo in cui gli avvenimenti della fabula sono introdotti, organizzati e presentati / strategia narrativa).

Narrazione e potere: da sempre esistono narrazioni che sono più legittimate di altre. La storia (u ciale)
che viene tramandata è solo una delle possibile storie (la storia è scritta dai vincitori) e vive grazie
all’assenza delle altre possibili storie. Al contrario, i deboli, i colonizzati, le minoranze, i perdenti, non hanno
gli stessi diritti alla narrazione dei forti e delle maggioranza. Le altre storie tendono a essere rilevate
successivamente, attraverso movimenti o revisioni della storia.

Storytelling: la storia di Alessandro Magno, inventore della propaganda (Alessandro Baricco - Mantova
Lectures 2017). Alessandro Baricco: “s la via i fatti dalla realtà e quel che resta è storytelling”. La realtà è
fatta dai fatti più lo storytelling. La realtà e i fatti non sono intellegibili di per sé; esistono solo nell’interazione
che noi abbiamo con essi. Quest’interazione si avvale necessariamente di una prospettiva che,
inquadrando i fatti in una narrazione dà loro un senso. Esempio: la moneta ha una sua realtà materiale
(dischetto di metallo), ma ha anche una realtà culturale, una storia (incisione). Lo storytelling è quindi l’atto
di narrare / performance narrativa. E’ la versione più attuale della svolta narrativa, di ambito anglosassone.

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BRUNER E LA NARRAZIONE

Premessa: l’individuo è in interazione continua con gli altri e la propria cultura. La narrazione mette quindi
in relazione l’esperienza, le menti individuali e la loro cultura. La mente non si limita ad elaborare le
informazioni, ma attribuisce signi cati in base all’ambiente circostante, che cambia il funzionamento
cognitivo. Non esiste quindi una natura umana indipendente dalla cultura, visto che il mondo e i fenomeni
hanno bisogno di essere dotati di signi cato e di senso. Tramite la partecipazione alla cultura rendiamo il
signi cato pubblico e condiviso (quindi meno soggettivo), e la nostra vita è pubblica perché basata su
signi cati condivisi. Quindi Bruner mette al centro la cultura; la mente è un prodotto sociale e culturale.

Viene utilizzata la logenesi della narrazione, ossia l’origine e l’evoluzione culturale della narrazione.

Il concetto di cultura: ciò che interessa a Bruner in particolare è il ruolo formativo della cultura intesa come
il fattore principale che dà forma alla mente di coloro che ne fanno parte. L’individuo che si inserisce in un
sistema culturale ne viene in uenzato a tal punto che, interiorizzandolo, ne fa un elemento costituente e
formante della sua mente e della sua persona. Nel contempo, però, il soggetto contribuisce alla creazione
stessa della cultura e, tramite il proprio intervento interpretativo, ne provoca la continua modi cazione.

La ricerca del signi cato: il concetto fondamentale di una psicologia dell’uomo è il signi cato, proprio
perché i soggetti e le culture, di cui si occupa la psicologia, sono regolati da signi cati e valori condivisi.

Le numerose ricerche empiriche condotte da Bruner e collaboratori si sono focalizzate sullo studio dei
precursori del linguaggio. Con tale espressione intendiamo riferirci a tutti quei giochi di scambio e
reciprocità delle azioni tra madre e bambino, quindi i gesti, il tono della voce, i turni, ecc..

In tal modo matura in Bruner la convinzione che la competenza comunicativa linguistica si esprima proprio
nell’aspetto culturale dell’interazione sociale, nello scambio o negoziazione di signi cati.

Il ruolo del linguaggio appare quindi fondamentale proprio perché esso rappresenta il mezzo attraverso il
quale le persone interpretano il mondo. Non si tratta semplicemente di studiare le cose o eventi, quanto
piuttosto di concentrare l’attenzione sui modi in cui questi appaiono ai soggetti. Questo perché gli esseri
umani non sono esecutori di norme interiorizzate, ma possiedono una coscienza auto-consapevole e quindi
attribuiscono sempre un signi cato all’agire proprio e altrui.

La psicologia popolare: tiene conto non solo del fatto che le esperienze e le azioni di una persona
vengono plasmate dai suo stati intenzionali, ma anche che la forma di questi stati intenzionali si realizza
grazie alla partecipazione ai sistemi simbolici della cultura d’appartenenza. Secondo la psicologia popolare
acquisiamo spontaneamente teorie e credenze nell’ambiente culturale in cui viviamo. In base a queste
intuiamo il funzionamento della mente altrui, interpretiamo e prevediamo il comportamento degli altri. Le
credenze sono tutto ciò che pensiamo essere vero senza ricorrere a veri ca. Lo crediamo perché altri lo
credono e perché è funzionale ai nostri scopi. Le credenze sono proprie di gruppi sociali e culturali e
contribuiscono al mantenimento della loro identità. La psicologia popolare ammette anche l’esistenza di un
contesto, cioè di un mondo esterno a noi che può modi care il modo di esprimere i nostri desideri e le
nostre credenze. Inoltre contiene una nozione molto complessa di un Sé agente. La caratteristica più
rilevante della psicologia popolare è che è per sua natura organizzata su base narrativa piuttosto che logica
o di categoria. La dimensione del narrare è fondamentale, poiché rende la realtà una “realtà interpretata”.
Raccontare ad altri di sé e della propria esistenza e delle varie situazioni in essa a rontate permette di dare
un signi cato agli eventi della propria vita.

Il talento narrativo: la capacità di narrare contraddistingue il genere umano tanto quanto la posizione
eretta o il pollice opponibile. Tuttavia, abbiamo di coltà a capire e spiegare come funzione le storie, nostre
e altrui (asimmetria tra saper narrare e sapere come si fa). Bruner si distanzia da una concezione unilaterale
della mente (approccio fenomenologico, ossia non è su ciente limitarsi all’osservazione esterna, ma
bisogna arrivare a una comprensione dall’interno degli stessi “oggetti” studiati), ed ipotizza due di erenti
tipi di pensiero (forme di conoscenza o modi di relazionarsi col mondo); ossia logico-scienti co e narrativo.

Queste due tipologie di pensiero sono complementari e qualsiasi tentativo di ignorare l’una a vantaggio
dell’altra rischia di far perdere di vista la ricchezza e la varietà del pensiero umano. Esse infatti possiedono
principi operativi propri, criteri di validità diversi e procedure di veri ca di erenti.

Pensiero logico-scienti co: tipico del ragionamento scienti co, è nalizzato alla categorizzazione della
realtà con lo scopo di sempli care il più possibile il numero di variabili e la quantità di dati che se ne
traggono. Si serve di processi logici e di categoria, di procedure formali e argomenti dimostrativi; e produce
teorie ed analisi (orientamento verticale).

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Pensiero narrativo: trova espressione nelle situazioni in cui il soggetto cerca di comprendere la realtà
simbolica che lo circonda. Si occupa dell’esperienza umana nel mondo (azioni, esperienze, intenzioni,
pensieri, ecc..), ed è proprio del discorso e del ragionamento quotidiano. Nell’interpretazione dei fatti umani,
esso consente di creare storie basate sull’intenzionalità e sulla soggettività (orientamento orizzontale).

Signi cato di narrazione: viene assumendo un signi cato particolare, distinguendosi da quello di “storia”.
Quest’ultimo rimanda alla fabula, mentre la narrazione presenta agli stessi elementi concreti dell’intreccio
variamente dislocati secondo l’ottica del narratore. Il tema della narrazione appare oggi particolarmente
complesso proprio perché esso si è andato sviluppando sotto forma di diversi oggetti di studio.

Funzioni della narrazione: strutturazione (organizza il caos, creando delle relazioni, che deriverebbe
dall’avere solo esperienze a sé stanti. Es: memoria) e la regolazione dell’a etto (la narrazione ha funzione
retorica in quanto tende a giusti care l’atteggiamento emotivo; la funzione retorica è anche rivolta all’altro,
per cui tendiamo ad adeguarci alle concezioni condivise dalla psicologia popolare).

Narrazione e costruzione del sé: l’obbiettivo è quello di conoscere e di comprendere la natura della mente
umana ponendo l’accento sul pensiero narrativo con il quale le persone raccontano e si scambiano fra loro
storie, spiegazioni e interpretazioni della realtà che le circonda, del comportamento proprio e altrui e degli
eventi che accadono. Nel perseguire tale obiettivo Bruner non è isolato, ma gli giungono alcune in uenze
anche da altri studiosi. Ad esempio, all’invio degli anni Ottanta, in ambito psicoanalitico, compare il termine
Sé narratore con il quale si indica un Sé che narra storie in cui la descrizione del Sé fa parte della storia
stessa. Lo stretto legame che sussiste fra narrazione e Sé ha massima espressioni proprio nel resoconto
autobiogra co, prodotto del pensiero narrativo, che rappresenta uno strumento attraverso il quale
attribuiamo un senso alla nostra storia e anni stessi per presentarci e inserirci nei canoni del sistema
simbolico culturale a cui apparteniamo. Si dà spazio, quindi, a un’interiorità attiva che agisce e costruisce il
proprio mondo attraverso un continuo sforzo interpretativo che permette una negoziazione inter-soggettiva
dei signi cati attribuiti a eventi e comportamenti. La mente narrativa, dietro la quale si cela un determinato
Sè in continua evoluzione, porta a raccontare, e in questa ultima analisi a signi care, tutto ciò che assume
caratteristiche di eccezionalità, in altre parole tutto ciò che non è canonico, conosciuto o condiviso.

I Sé non sono dei nuclei di coscienza isolati, racchiusi nella mente, ma sono distribuiti in senso
interpersonale e non possono avere origine come reazione istantanea al presente perché assumo signi cato
alla luce delle circostanze storiche che danno forma alla cultura di cui essi fanno parte e di cui sono
espressioni. Per rimarcare la rilevanza della cultura nella formazione dell’identità, Bruner stesso a erma che
gli esseri umani sono quello che sono non solo in virtù dell’eredità genetica, ma grazie al fatto di partecipare
a una cultura che li munisce di basi per il signi cato. Il concetto di Sé sociale esprime lo stretto legame fra
l’individuo e il contesto in cui è inserito. Noi sperimentiamo il mondo perché lo comprendiamo in certi modi,
non viceversa. Il signi cato non viene dopo il fatto, poiché l’esperienza è già un’interpretazione e noi
agiamo in funzione delle nostre interpretazioni o spiegazioni. Queste non sono private, rinchiuse in una
singola mente, ma vengono costruite attraverso uno scambio inter-soggettivo con gli altri, a sua volta
basato sulla convinzione che noi condividiamo un mondo comune. Tale processo di co-costruzione di
signi cati è la base di ciò che chiamiamo cultura.

Esistono tre forme di contestualizzazione, ossia inter-soggettiva, strumentale e normativa.

La narrazione autobiogra a: Bruner si concentra sullo studio dei racconti che gli individui fanno riguardo
alla loro vita e a loro stessi, partendo dalla convinzione che un’autobiogra a non è, e non può
semplicemente essere, un modo per signi care o per riferirsi a una “vita vissuta”. Una vita è creata e
costruita dall’azione stessa dell’autobiogra a. Nei resoconti autobiogra ci si utilizzano rigidi indicatori per
“localizzare” una vita in modo manifesto, dimostrabile; date, luoghi, eventi pubblici, nomi propri e anche la
cronologia lineare dei fatti. Tuttavia, queste espressioni non sono su cienti per formare un’autobiogra a
completa, poiché non dicono molto su cosa sia la vita e cosa essa riguardi (complessità).
L’autobiogra a è uno sforzo interpretativo da parte di un soggetto mosso dalla necessità di dare un senso a
ciò che è accaduto per trovare e costruire la propria identità e, come tale, essa trasforma la vita in un testo,
per quanto implicito o esplicito questo possa essere. Quando le persone interpretano nuovamente la
spiegazione della propria vita, esse non negano il precedente testo, ma negano l’interpretazione che di
questo avevano dato. Questo processo di testualizzazione è molto complesso, poiché implica un processo
di interpretazione e re-interpretazione senza ne. Noi non formiamo le nostre autobiogra e solamente, o
principalmente, per noi stessi e per la nostra psico-dinamica, ma per collegarci anche a una posizione
culturale, a un’identità e anche a stimoli culturali esterni (sia che siamo esplicitatamene consci di tale
posizionamento oppure no). Nel riscrivere i nostri racconti autobiogra ci riscriviamo anche la cultura
(duplice esigenza di dichiarare sia alleanza culturale sia indipendenza e individualità).

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La memoria autobiogra ca: l’autobiogra a è una rappresentazione della memoria, la quale costituisce
uno dei tre modi in cui si può trasmettere il passato umano. Gli altri due sono da un lato il patrimonio
genetico con le istruzioni che esso trasmette e dall’altro la cultura col corpus di conoscenze simboliche e di
processi in cui si entra quando si ha la padronanza del suo sistema semiotico. La memoria autobiogra ca è
la capacità delle persone di ricordare le loro vite, oppure come un ricordo di un particolare episodio tratto
dal passato di un individuo.

Speci cità: nel racconto di sé, ciò che io sono o credo di essere, o pretendo di essere è l’oggetto esplicito
del discorso. Il soggetto è allo stesso tempo narratore e attore della propria narrazione.

I punti di svolta: le svolte decisive, momenti critici che consistono in episodi in cui il narratore attribuisce
un decisivo cambiamento nella storia del protagonista a una credenza, a un desiderio, a una volontà, a una
convinzione. Nonostante si tenda alle conferme (zona di comfort) che strutturino l’identità, ci possono
essere delle rotture nella continuità. Lo scopo è quello di individualizzare una vita per renderla chiaramente
e in modo manifesto qualcosa che va al di là di un veloce scorrimento di canonicità automatica e
psicologicamente popolare. Le svolte decisive rappresentano un modo in cui le persone, attraverso la
consapevolezza di Sé, liberano se stesse dalla loro storia, dal loro banale destino, dal loro conformismo.
Sono delle tappe verso la consapevolezza narrativa di sé. Questo indica una trasformazione interiore, un
cambiamento nello stato intenzionali, un “aspetto” del Sé in evoluzione.

La terapia: l’analisi narrativa come strumento terapeutico introduce nuove chiavi di lettura, nuove narrazioni
di sé e del mondo. L’atto di raccontare diventa un elemento di cambiamento; interiorizzare ed esternazione.

Il processo: è un rituale pubblico che ha lo scopo di stabilire la verità giudiziaria sulla base della quale un
delitto può essere associato ad una eventuale condanna. L’interrogatorio fa parte del processo durante la
quale le prove devono essere prodotte davanti alla corte. Coloro che possono porre le domande sono i
rappresentanti della difesa (avvocati), dell’accusa (pubblico ministero) e il giudice. Le fasi dell’interrogatorio
si articolano in esame e contro esame. Ogni azione deve essere svolta ponendo domande e fornendo
riposte. Questo limita tutti i partecipanti; anche chi fa domande non può, ad esempio, esprimere valutazioni
o commentare le risposte. Chi fa le domande non chiede solo informazioni ma veicola versioni della realtà,
evocando scene di vita, narrazioni dei fatti e attese normative. Le versioni che le domande veicolano
possono essere scomode di per sé, in quanto veicolano scene di vita moralmente discutibili o penalmente
perseguibili. L’adiacenza di due narrazioni ne esalta le di erenza, quindi l’interpretazione dell’una come
alternativa dell’altra.

Esempio: discorso di Steve Jobs alla Stanford University il 12 Giugno del 2005.

Qual è il genere narrativo? In quali modi la storia si collega al contesto in cui è prodotta? Qual è la struttura
complessiva del discorso? Come l’autore presenta la relazione tra sé e il mondo? Ci sono punti di svolta?
Ci sono elementi di ri essione esplicita? Qual è la funzione complessiva della narrazione? Che cosa rende
questa storia degna di essere raccontata? Qual è il messaggio e/o posizionamento morale dell’autore?

Esperimenti di Michotte: i soggetti non si limitano a descrivere i fatti (dischi colorati che si muovono sullo
schermo) ma vi danno dei signi cati (es: disco 1 che insegue disco 2).

Quale è il rapporto tra i testi narrativi e la realtà di cui parlano? Il rapporto tra testo narrativo e realtà è
indeterminato perché non formula signi cati univoci (il testo narrativo non ha necessariamente la pretesa di
ancorarsi alla realtà in tutto per tutto, e propone più una realtà possibile), può inglobare prospettive
molteplici (dei personaggi sugli stessi fatti) e quindi non produce certezze sul mondo. Le storie creano un
dialogo tra ciò che è e le alternative possibili.

Le storie sono inoltre un artefatto culturale potente, in quanto introducono la prospettiva umana all’interno
della realtà, introducono la dimensione temporale (prima, dopo, andare verso), e congiungono lo scenario
dell’azione e lo scenario della coscienza.

Lo sviluppo della competenza narrativa: il concetto di modalità di rappresentazione viene radicandosi


profondamente nel contesto delle interazioni e delle relazioni umane, e la cultura viene concepita come
matrice di relazioni sociali e di modalità di rappresentazione. Bruner ha descritto tre modalità fondamentali,
ossia inter-soggettiva, di azione e normativa, che sarebbero tenute insieme proprio dalla modalità narrativa.
Occorre quindi approfondire questo aspetto anche dal punto di vista evolutivo. Il lo conduttore è costituito
dal legame tra narrazione ed educazione. Infatti, un sistema educativo deve aiutare chi cresce in una cultura
a trova una identità al suo interno. Se questa identità manca, l’individuo incespica nell’inseguimento di un
signi cato. Solo la narrazione consente di costruirsi una identità e di trovare un posto nella propria cultura.
Le scuole devono coltivare la capacità narrativa, svilupparla, e smetterla di darla per scontata.

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APPROCCI ALLO STUDIO DELLA NARRAZIONE
IL MODELLO DELLA SOCIALIZZAZIONE LINGUISTICA DI OCHS

La ricerca sulla socializzazione linguistica esamina il modo in cui le pratiche linguistiche organizzano il
processo di maturazione del nuovo membro. Le pratiche linguistiche attraverso le quali si diventa
partecipanti attivi e competitivi di una comunità. I luoghi della socializzazione sono famiglie, gruppi di
coetanei, scuola, luoghi di lavoro, organizzazioni religiose, professioni, attività ricreative, ecc..

Ontogenesi della narrazione: origine ed evoluzione della narrazione del singolo individuo.

Famiglia: si raccontano e si leggono abe ai bambini anch

e in fase pre-linguistica attraverso immagini e stimoli. Il bambino è quindi esposto alla narrazione n dalle
prime fasi della sua vita e viene introdotto alla interazione, ossia una socializzazione tra due membri
(bambino-madre) in modo discorsivo. Infatti, anche se parla una sola persona, questa è in uenzata
dall’ascoltatore.

Il ruolo del care-giver: è l’adulto che si occupa del bambino e tratta i comportamenti espressivi e motori
del bambino come comunicativi (pianti, sorrisi, vocalizzi). La reazione del care-giver costruisce il senso
comunicativo dei comportamenti che il bambino mette in atto.

Le prime parole: compaiono attorno alla metà del secondo anno. Sono nomi che si riferiscono alle funzioni
o all’aspetto di riferimenti presenti nell’ambiente. Compaiono anche elementi olofrastici (elementi linguistici
che da soli corrispondono a un'intera frase).

Le prime azioni verbali: ce ne sono tre tipologie di prime azioni fatte dai bambini. Richieste e commenti
(ancora prima della comparsa del linguaggio), proto-richieste (pointing - vocalizzazione), commento
(interruzione di un’attività, sguardo rivolto verso alla madre con sorriso; desiderio di condivisione senza
scopo pratico ma per puro piacere di condividere; fondamentale nella evoluzione della specie umana).

Il formato della lista: uno dei primi formati lunghi prodotti dai bambini. Produzione di elementi appartenenti
ad una stessa categoria che vanno a formare una serie. I tratti della lista sono paratassi, intonazione
ripetitiva; non c’è una speci cazione delle relazioni tra gli elementi ma solo la loro comune appartenenza. Il
bambino costruisce una lista in relazione ad un’altra persona adulta (es: il padre che aiuta il bambino a
preparare la merenda).

Sviluppo: le narrazioni diventano più lingue e più complesse con l’uso dei connettivi. Compaiono,
nell’ordine, connettivi temporali, connettivi causali, valori di verità/certezza/incertezza.

Artefatto: strumento di mediazione tra noi e il mondo. Gli artefatti possono essere materiali o cognitivi; la
narrazione è un artefatto cognitivo; siamo animali che si muovono in funzione di scopi.

Gli artefatti insieme formano una impalcatura narrativa.

Prospettiva emica: si assume il punto di vista del partecipante per capire cosa sta succedendo.

Prospettiva epica: chi fa analisi ha le sue categorie analitiche.

Lo studio delle storie di Emily: monologhi prodotti da una bambina al momento di addormentarsi nella
sua culla (da sola). Registrazioni e ettuate per 15 mesi (dai 21 mesi ai 36 mesi). Frasi semplici di lista no
agli albori di narrazioni più complesse legate alla temporalità (presente messo in relazione al passato
vissuto e il futuro ipotizzato), alla concezione del sé e le regole sociali.

La narrazione della routine aiuta i bambini a mettere ordine nell’esperienza e a ssare le norme socio-
culturali; i bambini apprendono gli scripts (organizzazione di elementi di una certa situazione; ci orienta nelle
attività. Es: lo script del ristorante: psicologia).

Sca olding: strategie tramite le quali l’adulto rende accessibili al bambino compiti che sono al di là delle
sue capacità attuali. Ad esempio attirare l’attenzione, sempli care e/o scomporre il compito, dare istruzioni
o fornire esempi. Queste strategie agiscono sulla zona di sviluppo prossimale, la quale è la distanza tra il
livello attuale e il livello potenziale delle competenze del bambino.

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APPROCCI ALLO STUDIO DELLA NARRAZIONE
IL MODELLO NARRATIVO A 5 DIMENSIONI DI OCHS E CAPPS

Si occupa dello storytelling, il quale comprende il testo (prodotto del narrare) e la performance (atto di
narrare). Come, quando, chi racconta e a chi si racconta una storia sono parte integrante dell’oggetto di
analisi. Questo modello si concentra sulla interazione tra gli individui.

Quando si pensa al prodotto narrativo non ci si deve ssare sul monolitico, ossia la narrazione può
contenere generi diversi tra di loro (discorsivo, descrittivo, narrativo, valutativo, spiegazioni).

Caratteristiche: questo modello si basa sulla analisi di 5 dimensioni.

1. voci narranti: un narratore o molteplici narratori

2. narrabililtà: è negoziabile in base a chi racconta e chi ascolta (può essere ampia o limitata)

3. livello di integrazione: il momento narrativo può o meno essere integrato nel contesto

4. linearità: il rispetto dell’ordine degli eventi (lineare vs non lineare)

5. posizionamento morale: ci si aspetta una valutazione rispetto al soggetto del racconto

Narrabilità: i racconti variano rispetto all’interesse degli eventi e della prospettiva che mettono in scena. Ci
sono eventi di per sé più narrabili di altri, e ci sono punti di vista di per sé più rilevanti.

Incassamento: indica il grado di separazione tra la narrazione e ciò che la precede e la segue. La
separazione può essere indicata dal tipo di turno (se è lungo di un unico parlante o c’è alternanza tra i
parlanti) o dal topico (se in continuità o meno con ciò che è detto in precedenza).

Linearità: organizzazione mono-lineare sulla base di relazioni di causa-e etto (evento A che porta all’evento
B) o organizzazione in più linee temporali ( ashback o sospensione temporale).

Posizionamento morale: è l’attitudine circa ciò che è bene o male e circa il modo in cui si dovrebbe vivere
nel mondo. Le narrazioni solitamente riguardano “incidenti della vita” in cui un protagonista ha violato delle
aspettative sociali, o eventi drammatici, o comici, comune che escono dall’ordinario. Il posizionamento
morale può essere del narratore o dei protagonisti, e può essere univo o molteplice.

Gli estremi di un continuum:


Narrazione proto-tipica: c’è un solo narratore e un’ampia narrabilità. Relativamente distaccata dal co-testo
discorsivo. Organizzazione temporale lineare. Posizionamento morale costante e certo.

Living narrative: ci sono più narratori e una moderata narrabilità. Relativamente incassata o in continuità con
il discorso che precede e che segue. Organizzazione temporale non lineare.

Il lancio della storia: si compone dalla prefazione e dalla replica di un interlocutore.

La prefazione è il turno di parola che chiede il diritto di produrre un turno esteso e, in qualche modo,
annuncia che tale turno sarà interessante e pertinente.

La replica è il turno di parola che risponde alla prefazione.

Ha lo scopo di negoziare l’attenzione e l’ascolto. Il lancio della storia serve quindi ad annunciare che si
intende produrre una storia e chiedere l’autorizzazione a mantenere un turno lungo. Negoziare il diritto a
svolgere il ruolo di narratore sospendendo il normale avvicendamento dei turni di parola. Veri care la
disponibilità all’ascolto (potere dell’interlocutore).

Le reazioni alla narrazione: ci può essere un allineamento alla narrazione proposta o una resistenza alla
narrazione tramite riduzioni al minimo o assenza di feedback, ridicolizzare, negare, fornire versioni
alternative.

Storie che rispondo ad altre storie: la prima storia funziona da risorsa per la storia che segue. Il senso
deve essere costruito, non si dà sono per adiacenza. La seconda storia dimostra la comprensione della
storia precedente e la partecipazione alla sua narrazione. Una seconda storia tratta il point dell’altro alla
luce della nostra esperienza.

Conclusioni: la performance narrativa può essere analizzata in base a 5 dimensioni. Ogni dimensione si
colloca su un continuum che va dalla narrazione tradizionalmente intesa alla narrazione come performance
collettiva. Ogni dimensione è oggetto di negoziazione tra i partecipanti. Il narratore deve negoziare e
condividere il suo progetto con gli altri. Narrando si fanno molte cose; si condividono esperienze, si
esprimono valutazioni sul mondo, si costruiscono relazioni, si proiettano immagini di sé, si riconoscono o
meno gli altri, ecc.

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PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA
(Scuola di Palo Alto: Bateson, 1960)

Fondamenti di base (assiomi): gli assiomi non sono sempre dimostrabili ma sono sempre validi.

Illustrano le caratteristiche principali di funzionamento della comunicazione.

Non si può non comunicare: n dal periodo pre-natale, il comportamento è sempre presente; non esiste
qualcosa che sia un non-comportamento (pure non fare nulla ha valore di messaggio). Di conseguenza, non
si può nemmeno non rispondere, né verso gli altri (silenzio, siologia del corpo) né verso se stessi
(comunicazione intra-psichica).

Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione: la comunicazione non trasmette


solo una informazione (Report) ma intende anche un comportamento (Command). Quindi oggi
comunicazione implica un impegno e perciò de nisce la relazione tra i comunicanti.

La relazione quali ca il contenuto ed è quindi meta-comunicazione (stabilisce come l’informazione deve


essere assunta) Es: insegnate che sa sostenere il processo di impedimento degli studenti.

Non importa solo cosa si dice, ma anche come lo si dice. [comunicare sopra la comunicazione]

La capacità di meta-comunicazione costituisce sia la condizione di base per una comunicazione e cace; al
contrario, la confusione tra due livelli di comunicazione e meta-comunicazione conducono a paradossi (es:
sii indipendente (come in una coppia dove uno dei due gli dice di prendere l’iniziativa per uscire fuori); ma
se obbedisce non è indipendente).

Ciò che può contrastare questi paradossi è l’empatia, in quanto gli esseri umani hanno profondo bisogno di
riconoscimento. Un’altro modo per contrastare il paradosso è l’umorismo.

Al contrario, se non risolto, il paradosso può portare al con itto (verbale o sico).

Concetto di punteggiatura: un osservatore esterno potrebbe considerare una serie di comunicazioni come
una sequenza ininterrotta di scambi. Tuttavia, i partecipanti in realtà segmentano il loro scambio in unità di
comunicazione dotate di un proprio senso. Si de nisce ciò che si intende come causa di un
comportamento distinguendolo dall’e etto.

Esempio: il covid è un virus - il covid è una montatura (problema fake news); le punteggiature non
coincidono (cosa è causa, cosa è e etto). Quando questo accade, la conversazione non procede.

Il tipo di punteggiatura può cambiare anche in base alla cultura (es: tappe del corteggiamento).

Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico sia con quello analogico: quello numerico (le
parole) ha una sintassi logica complessa ed e cace ma manca di una semantica adeguata rispetto al livello
della relazione. Quello analogico (il linguaggio non verbale) possiede la semantica ma non ha sintassi per
de nire in modo non ambiguo la natura delle relazioni.

Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari: gli scambi simmetrici sono basati
sulla uguaglianza, ossia il comportamento di A rispecchia quello di B (es: tra colleghi).

Gli scambi complementari sono basati sulla di erenza, ossia il comportamento di A completa quello di B
(es: datore di lavoro e dipendente / due professionisti) Può essere one-up o one-down.

Entrambi possono essere sia funzionali ( essibilità nel complementare, no rigida) sia disfunzionali.

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COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

L’umanità sta attraversando una fase di profondo e veloce cambiamento socioculturale, che da un lato apre
nuove stimolanti possibilità ma dall’altro produce e etti collaterali che possono aumentare il malessere
psicologico e sociale. Per questo è necessario fare un lavoro sulle relazioni, sull’intelligenza emotiva e sulle
abilità comunicative. L’assunto da cui si parte è che comunicazione, relazione, emozione siano dimensioni
strettamente indipendenti, anche se di volta in volta, a seconda delle circostanze, solo una appare in primo
piano mentre le altre agiscono sullo sfondo.

Si agisce sull’individuo come se fosse l’unico ad essere disturbato, ma quasi sempre (seppure in misura
diversa) è l’intero sociale ad essere disfunzionale. Già Freud, il padre della psicoterapia, aveva compreso
che i problemi psicologici individuali nascono fa disfunzioni sociali, principalmente nelle relazioni con i
genitori e con altri familiari. Per avere risultati soddisfacenti e sopratutto stabili è necessario intervenire
anche sui mondi sociali in cui vive il paziente, sia attraverso strumenti terapeutici di gruppo sia mediante
iniziative educative che insegnino modi più consapevoli e costruttivi di comunicare e di vivere le relazioni a
tutti i membri del gruppo, sia esso una famiglia, una classe scolastica, una squadra o una organizzazione.
Tuttavia, poiché non è sempre possibile intervenire sui mondi sociali, dobbiamo attrezzare in tal senso
almeno quei singoli individui che si rivolgono al counseling o alla psicoterapia.

Il modello COREM (comunicazione, relazione, emozione): modello che tiene conto di tutte le dimensioni
e della loro interdipendenza; coniuga l’intervento sui mondi interiori con quello sui mondi esteriori; introduce
una quarta dimensione, ossia la consapevolezza. Le emozioni nascono sempre a seguito di una interazione/
comunicazione con qualcun altro o qualcos’altro e non si producono mai da sole. Con una persona con cui
esiste una relazione, le emozioni sono più intense e persistenti. L’esistenza o meno di una relazione non
in uenza solo le emozioni ma anche la quantità e qualità delle comunicazioni. Dunque una relazione tra
esseri umani può essere de nita come un sistema di aspettative reciproche, di diritti e doveri, di ruoli e di
regole circa i comportamenti da tenere nei confronti dell’altro e circa le modalità e la frequenza con cui farlo.
È anche un campo di interdipendenze tali che il vissuto interiore e il comportamento esteriore dell’uno si
ri esse sul vissuto e sul comportamento dell’altro. Siamo tutti in relazione e, così non è possibile non
comunicare, non è nemmeno possibile non essere in relazione. Se la relazione è data dall’esistenza di
aspettative e di regole, allora anche l’interazione con gli estranei che incontriamo risponde a questo
requisito; vi sono regole comuni da rispettare (es: codice della strada, spazio personale, ecc..). Anche con
una persona che incontriamo in un paese straniero e con cui non abbiamo in comune né lingua, né leggi, né
consuetudini e la cultura, esiste comunque una qualche relazione, data dalla comune appartenenza al
genere umano e al rispetto di alcune regole e aspettative. L’evoluzione sociale che ha portato l’umanità
dalle famiglie alle tribù, dalle città alle nazioni sta adesso attraversando una fase epocale che grazie alla
globalizzazione ci fa andare oltre le separazioni e ci porta sempre più a renderci conto che siamo tutti
abitanti di un unico pianeta, di un unico villaggio globale nel quale le sorti degli uni sono collegate a quelle
degli altri, dell’ecosistema e del pianeta Terra.

Quasi ogni persona tende a comportarsi come se coloro con cui interagisce avessero la stessa sua visione
della relazione, le stesse sue aspettative, valori, regole. Nella realtà dei fatti non è mai così ed ognuno dei
due (o più) individui ha una sua visione soggettiva della relazione, un suo sistema di aspettative, regole,
valori, che non coincide praticamente mai con quelle dall’altro/altri, vuoi per una diversa provenienza
socioculturale, vuoi per di erenze di personalità ed esperienze. Ciò non sarebbe di per sé un problema, se
le persone fossero consapevoli di questa discrasia tra le rispettive visioni e se, n dai momenti iniziali di
ogni relazioni, utilizzassero la comunicazione per chiarire dove e quali sono le di erenze, e negoziare le
regole e conciliare i con itti. Purtroppo la maggior parte delle persone è totalmente ignara e riguardo e ciò
produce fraintendimenti, equivoci e blocchi nella comunicazione.

Coremotional literacy: espressione che richiama una quarta dimensione, ossia la consapevolezza. Per
educare le persone ad una migliore gestione di tali processi è necessario fornirgli conoscenze teoriche
appropriate (sapere), insegnare tecniche di vario tipo e sviluppare le loro abilità tramite esercitazioni pratiche
(saper fare), e renderle qualcosa di vivo ed integrato con l’individuo (saper essere).

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COMUNICAZIONE NON VERBALE

Uomini e animali emettono spontaneamente in modo costante segnali non verbali che manifestano con
molta e cacia gli stati emotivi. I segnali non verbali possiedo rispetto al linguaggio maggiore e cacia
comunicati e veridicità per la loro visibilità e per il minor controllo che è possibile esercitare su di essi.

L’evoluzione favorisce la capacità di mascherare/controllare le proprie emozioni perché aumenta le


probabilità di sopravvivenza.

De nizione: sono i mezzi primari per segnalare i mutamenti di qualità nello svolgimento delle relazioni
interpersonali (dominanza/sottomissione, amicizia/ostilità). Gli atteggiamenti sono sempre orientati ad un
altro e questi segnali possono essere spontanei o controllati in modo intenzionale per mantenere un
determinato tipo di relazione, che può essere funzionale (porta vantaggio a entrambi) o disfunzionale (porta
vantaggio a solo un membro della interazione). Ci sono vari canali.

Aspetto esteriore: è formato da elementi statici che non subiscono modi cazioni nel corso dell’interazione,
ma che possono venire intenzionalmente manipolati. Questi elementi sono la conformazione sica, i tratti
sici del volto, e i segnali sociali (abiti, trucco, l’acconciatura). Inoltre, l’aspetto esteriore è soggetto a
stereotipi cognitivi-emotivi (es: grassi/magri) sociali che variano da cultura a cultura; caratteristiche siche
non (solitamente) modi cabili come l’etnia o il sesso possono portare a razzismo e discriminazione.

Lo stereotipo è l’attribuzione di caratteristiche a determinate persone (esempio: le persone grasse sono


persone lente, poco e cienti, dispersive e disorganizzate).

Il pregiudizio è l’applicazione dello stereotipo ancora prima di interagire con la persona stessa.

Sguardo: si considerano sia elementi siologici (dilatazione delle pupille, battito delle palpebre, movimenti
oculari, ecc..) sia il fenomeno dell’intensità dello sguardo. Per quest’ultimo non esistono dispositivi che lo
misurino, ma implicitamente si utilizzano punto di ssazione, durata e aggancio visivo (conclusione del
turno di parola). Dallo sguardo (guardare/essere guardati) possono scaturire, prevalentemente, due
emozioni ossia piacere o ansia (quando l’interlocutore si svincola dallo sguardo e non vi è riconoscimento/
contatto/empatia). Anche il prolungamento di ssazione degli occhi (comportamento specie-speci co)
senza produrre altri segnali, provoca ansia, perché è un segnale aggressivo. Esiste però una eccezione in
cui guardare sso l’interlocutore negli occhi non crea ansia ma piacere, ossia nelle relazioni a ettive.

Aspetti non verbali del parlato: qualità della voce (tono, risonanza, aspetti soggettivi) e vocalizzazioni che
si dividono in caratteri vocali (sospiro, pianto, riso, sbadiglio), quali catori vocali (intensità, timbro,
estensioni; queste rendono unica la voce di ogni individuo) e segregati vocali (uh, uhm, inspirazioni,
aspirazioni, pause). Ci sono tre tipi di segnali, ossia prosodici (fanno parte integrante del linguaggio per dare
enfasi), sincronici (segnalano che si è terminato di parlare) e di disturbo (ripetizioni, balbettii, ecc..).
La voce è il canale su cui si esercita meno controllo (attori: calarsi nella parte, non possono essere
indi erenti alla emozione che recitano). Ci può essere un alto livello di attivazione psico- siologica (alto
aurousal- aumento velocità) o un basso livello di attivazione psico- siologica (basso aurousal- diminuzione).

Nell’alto si possono trovare emozioni quali la gioia, la sorpresa o la rabbia e le sue declinazioni. Nel basso si
possono trovare emozioni quali la tristezza e le sue declinazioni.

Corpo: dallo studio del comportamento del corpo nello spazio si può avere una migliore comprensione
degli aspetti di personalità e degli stati emotivi. Infatti, postura, gesti e gli altri movimenti danno informazioni
sull’intensità dell’emozione provata. Tale studio si divide in cinesica, prossemica e aptica.

Cinesica: comportamento spaziale, postura e gesti.

Prossemica: vicinanza-lontananza; ci sono diverse distanze (cambiano in base alle fonti tra gli studiosi), tra
cui intima (0 - 45 cm), personale (45 cm - 1,20 m), sociale (1,20 m - 2,65 m) e pubblica (3,65 m in poi)

Aptica: contatto corporeo, da cui si trai nutrimento psichico ed emotivo.

Comportamento spaziale: il rapporto individuo-spazio dipende dagli elementi sici dell’ambiente (es:
grande/piccolo) e dai fattori sociali / culturali (es: non si corre in mezzo alla strada).

Postura: il modo in cui si dispone il corpo in un determinato spazio in un determinato momento.

Si parla di allineamento postulare quando un corpo in piedi ha le componenti del corpo verso una unica
direzione ( lo della colonna vertebrale); con dis-allineamento si intende l’opposto. Ci sono vincoli formali
(gerarchie di potere: allineamento) o informali (quotidianità della relazione). Segnala anche l’andamento della
interazione (es: ruotare le spalle).

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Movimenti del corpo e gesti: si de niscono gesti tutte le azioni che vengono prodotte volontariamente per
comunicare informazioni a chi guarda. Esistono anche dei gesti spontanei, involontari, apparentemente privi
di una precisa nalità comunicativa, ma che rappresentano comunque segnali visivi percepiti e osservati da
chi guarda. I gesti possono avere un signi cato intrinseco, come il “ciao” (semiotici) o avere un signi cato in
funzione del discorso (funzionali).

Gesti emblematici: segnali emessi da una persona intenzionalmente; il signi cato può essere traducibile
direttamente in parole.

Gesti illustratori: gesti fatti con le mani, collegati strettamente al discorso, aumentano le informazioni
trasmesse sul piano verbale. Sono culturalmente di erenti, consapevoli anche se non sempre intenzionali.
Servono ad enfatizzare, scandire e sottolineare le parti del discorso.

Segni regolatori: utilizzati per mantenere il usso dell’interazione, sincronizzare gli eventi, indicare interesse,
approvazione, ecc..

Segnali emotivi: indicano lo stato emotivo, come il pungo chiuso.

Gesti di adattamento: come la auto-manipolazione.

Strategie di presentazioni di sé: status, ruolo, appartenenza di gruppo, immagine, simboli.

L’individuo può usare il messaggio verbale che è accompagnato ed in uenzato da elementi non verbali; non
vocale (gesti, movimenti, del corpo, ecc..) e vocale (intonazione, pause, ecc..).

Nella conversazione le persone fanno largo uso dei gesti e dello sguardo per sottolineare o enfatizzare il
discorso (le pause rappresentano circa il 50% di un discorso). Le pause possono enfatizzare o segnalare il
cambio di turno. Fa quindi parte della comunicazione anche il silenzio, che può essere usato anche come
disconferma del discorso (arma di aggressione nei confronti dell’interlocutore).

I segnali non verbali sono come relatori del usso e del uire ottimale della conversazione.

Nella regolazione dell’interazione lo sguardo, il cenno del capo o un gesto simile indica che si è nito un
discorso e si vuole cedere la parola.Sorrisi, gesti di assenso o espressioni quali “va bene, certo” rilevano in
genere approvazione e interesse. Al contrario, scuotere il capo, alzare le spalle, guardare altrove rileva in
genere disinteresse, disaccordo da parte dell’interlocutore e contribuisce in alcuni casi a modi care o
sminuire la comunicazione (o addirittura la persona stessa).

Espressione delle emozioni: può essere volontaria o involontaria. Ci sono delle regole di ostentazione che
regolano l’espressione volontaria, ossia nascondere l’emozione provata simulandone un’altra.

Quando si parla di espressione delle emozioni ci si riferisce a un processo (contemporaneo, uido e


dinamico) che si divide in tre componenti; stato siologico, esperienza soggettiva e segnali non verbali.

Stato siologico: ci sono segnali siologici che danno informazioni come la temperatura, la conduttanza
cutanea, il tremore, la sudorazione, la respirazione, ecc..

Esperienza soggettiva: interpretazione soggettiva, ossia il modo in cui la persona ha imparato a sentire le
emozioni in base alla propria cultura e le proprie esperienze individuali.

Regole di ostentazione: strategie per controllare le emozioni

Mostrare indi erenza: può essere sia difensiva (non mostrare all’altro che ha provocato emozioni come
tristezza / dolore / rabbia) sia o ensiva (ignorare l’altro anche quando cerca riconciliazione).

Ridurre: mostrare all’altro la propria emozione intensa (es: delusione per un appuntamento mancato) ma in
misura minore, perché non si vuole che si crei una rottura nella relazione.

Aumentare: il livello di espressività della emozione, perché si vuole saldare la connessione con l’altra
persona (es: comprensione per un evento che gli è successo).

Nascondere l’emozione: lo si fa simulando un’altra emozione (es: sorridere quando si è addolorati o


arrabbiati).

Nascondere il volto: es. occhiali, celare lo sguardo/gli occhi (i motivi per cui una persona può mascherare lo
sguardo possono essere molteplici: timidezza, pianto, uso di sostanze, ecc..).

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LE EMOZIONI NELL’INTERAZIONE

De nizione: costrutto (processo) psicologico che ha una componente cognitiva e una componente di
attivazione siologica. La prima è nalizzata alla valutazione della situazione-stimolo che provoca
l’emozione. La seconda è determinata dall’intervento del sistema neurovegetativo.

Altri tipologie di componenti sono espressivo-motoria, motivazionale (relativa alle intenzioni e alla tendenza
ad agire/reagire), soggettiva (sentimenti provati dall’individuo secondo il proprio vissuto; attitudine speci ca
di base che si ha prima del fatto). Tali componenti interagiscono tra di loro.

Più è alta la capacità di decodi cazione delle emozioni, migliore sono le possibilità di sopravvivenza.

Origine in ambito psicologico: Darwin disse che le espressioni delle emozioni fondamentali (gioia, paura,
rabbia, dolore, disgusto) sono innate e subiscono poi gradualmente un’evoluzione come conseguenza
dell’adattamento all’ambiente. Possono essere quindi modi cate, anche se solo in parte, in seguito
all’imitazione e all’apprendimento. Le emozioni fondamentali fanno parte del patrimonio genetico di ogni
essere umano e si manifestano n dalla nascita. Come si sviluppano dipende dal contesto.

Questa ipotesi è sostenuta da altri studi condotti su bambini nati ciechi e sordi, i quali hanno le stesse
espressioni fondamentali degli altri bambini, anche se non possono apprendere per imitazione. Tuttavia, altri
studiosi sostengono invece che l’espressione delle emozioni è appresa.

Questa dicotomia viene superata dalla teoria neuro-culturale di Ekman, il quale sostiene che all’origine
dell’espressione delle emozioni e dell’esperienza emozionale vi è un certo numero di programmi neuro-
siologici innati che ne determinano l’universalità. Solo successivamente questi programmi vengono
modulati e manifestati secondo la cultura in cui cresce l’individuo.

Principali approcci teorici al processo emotivo alla manifestazione delle emozioni:


Non esiste una teoria giusta o sbagliata, ma è scienti camente corretto analizzare cosa apporta una teoria
ad un determinato argomento.

Teorie evoluzioniste: considerano le emozioni fondamentali come risposte determinate da fattori biologici e
da disposizioni innate che producono l’esperienza emotiva senza l’intervento dei processi cognitivi.

Teorie cognitive: ritengono invece che i processi cognitivi svolgano un ruolo essenziale nei processi emotivi.

Teoria della rappresentazione cognitiva: le esperienze emotive vengono concettualizzate.

Teoria del senso comune: vi è uno stimolo e di conseguenza una reazione emotiva e siologica (che si
manifesta qualche attimo dopo la reazione emotiva che vi è connessa).

Teoria di Lange: stimolo, reazione siologica e poi reazione emotiva (processo rapido).

Teorie interpretative: in ogni emozione si possono riscontrare un’attivazione dell’organismo e


un’interpretazione cognitiva. Quest’ultima de nisce la qualità dell’esperienza emotiva attraverso processi di
etichettamento, attribuzioni causali e giudizi.

Teoria dell’etichettamento: vi è uno stimolo, che può essere interno o esterno. Subito si ha una reazione
siologica che viene immediatamente etichettata dalla persona (es: piacere o fastidio); questo processo
rende insieme l’esperienza emotiva (il nome che diamo alla nostra reazione in uisce molto sulla esperienza
emotiva). Se cambio l’etichetta cambio questa esperienza.

Teoria razionale-emotiva di Albert: i pensieri (credenze) sono la causa del comportamento (o risposta a un
determinato evento). Evento (stimoli), pensieri sull’evento attivante, esperienza emotiva, risposta siologica
alla ne. Controllando il pensiero si possono monitorare le emozioni e la risposta siologica. Razionalizzare.
Molto utile in ambito terapeutico (es: fobie sociali).

La ruota delle mozioni di Robert: il mondo emotivo assomiglia più a un processo di una gamma emotiva
complessa e simultanea, da cui di volta in volta emerge una emozione sulle altre.

Vengono distinte delle emozioni di base, da cui derivano stati emotivi secondari, che sono riconosciute in
tutti gli animali: gioia, paura, sorpresa, accettazione, tristezza, disgusto, rabbia e anticipazione. Es. di stato
emotivo secondario: la delizia è una combinazione di sorpresa e gioia.

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IL CICLO DEL CONTATTO
(Gestalt)

Comunicare signi ca entrare in contatto con se stessi (il proprio mondo/ambiente interno) ed entrare in
contatto con l’altro (avere la cognizione ed emozione del mondo interno dell’altro).

[Metafora dei costruttori di attrezzi che vivono in ambienti diversi].

Contatto gestaltico: noi entriamo in contatto con una modalità che struttura l’esperienza umana.

Ci sono delle fasi che formano un ciclo; la sensazione, la presa di coscienza, l’energizzazione, contatto,
contatto pieno e ritiro.

Distinguere queste fasi è di cile perché avvengono in pochi secondi. Senza determinate conoscenze
solitamente le persone agiscono in modo automatico.

Se il ciclo si interrompe si dice rottura. Se questo accade la persona cerca altre strategie per soddisfare i
propri bisogni o almeno per avvicinarvisi; altrimenti può avere danni psicologici.

Il ciclo del contatto è rappresentato con una spirare, perché il bisogno viene in conclusione soddisfatto
(momento del vuoto fertile), e dopo nasce un nuovo ciclo (processo dinamico).

Se la gestalt che rimane aperta ha un grande valore per la persona, questa può provare una esperienza di
frustrazione/incompiutezza che abbassa l’autostima personale.

Es: un uomo sente una variazione organica, capisce che ha sete, mette dentro di sé una certa energia
(determinazione/intenzione), certa sicamente qualcosa da bere, comincia a soddisfare il suo bisogno,
continua a bere, smette di bere in quanto appagato.

Le fasi del ciclo del contatto sano: contatto preliminare, contatto, contatto pieno, post-contatto.

Organismo mobilitato da uno stimolo interno o esterno, orientamento responsabile di una azione verso
l’ambiente, modi ca della realtà a con ne aperto (fusione tra il bisogno e ciò che lo soddisfa), integrazione
dell’esperienza nella dimensione di crescita, preceduta dalla assimilazione.

Meccanismi di interruzione del ciclo del contatto gestaltico: costrutti cultuali e sociali; introiezione
(inibisce la sensazione in base di una proiezione interna della propria persona), proiezione (ferma la
sensazione immaginando a quello che gli altri potrebbero pensare/dire), retro essione (aspetta che siano gli
altri a soddisfare il proprio bisogno), de essione (arriva alla soglia dell’azione ma la rimanda; blocco
funzionale), con uente (persona che non riesce a concludere in modo e cace il contatto pieno; problema
del distacco/abbandono).

Meccanismi per riprendere il ciclo del contatto gestaltico: se si cambia pensiero si cambia anche
l’emozione. Si può razionalizzare l’evento scatenante e quindi governare l’emozione.

Esistono anche terapie razionali-emotive. L’assunto è quello di potenziare la razionalizzazione degli eventi
per controllare le proprie emozioni (es: fobie sociali).

Cosa si intende con normale e con folle: ruota della patologia di Ginder.

Si ha un nucleo sano dell’individuo (cerchio interno) e un nucleo patologico (cerchio esterno).

Tutte le persone hanno i seguenti tratti; paranoia, ossessività, dominazione, mania, isteria, schizoide,
masochismo, depressione (ogni individuo ha un tratto caratterizzante).

La normalità non è l’assenza di questi tratti, ma il loro stato di equilibrio ( essibilità). La patologia è quando
l’individuo manifesta in modo ossessivo e reiterato uno solo tratto (livello di dolore acuto).

Il borderline ha una presenza eccessiva di più tatti di erenti, con un passaggi improvvisi.

Profezia che si auto-realizza: non utilizzare parole tecniche-psicopatologhe nella quotidianità.

Negativo: ciò che crea malessere all’individuo. Positivo: ciò che crea benessere all’individuo.

Sensi funzionali dei vari tratti:

Paranoia: tenere ai propri principi e/o di onderli, essere prudente e vigilante (mal dato), sensibile (ma non
iper-suscettibile), difendere gli oppressi (es: militante sindacale).

Ossessività: essere organizzati e precisi, attenti ai tempi e allo spazio, a dabile (es: tecnico).

Isteria: aperti all’ambiente e agli altri, simpatici, capaci di ascolto, emotivi (es: commerciante).

Masochismo: essere capaci di dedizione, a volte di sacri cio, rimandare un piacere (es: sociale).

Dominazione: personalità a ermativa, prendere iniziative, assumersi responsabilità (es: chef).

Depressione: non rifugiarsi nell’ottimismo beato (illuso), essere realista (es: losofo esistenzialista).

Mania: essere iperattivo, sempre all’erta (es: imprenditore).

Schizoide: stare in solitudine, essere capace di introspezione (es: ricercatore).

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Studi di Perls:

Visione positiva della natura umana, che de nisce originariamente buona, tendente a realizzarsi e a de nirsi
creativamente adattandosi all’ambiente nel momento presente (slancio vitale).

Se incontra un ambiente favorevole l’individuo lascia che questa tendenza si realizzi e che la natura positiva
si sviluppi. La natura umana c’è già, ossia non è creata dalla storia e va solo lasciata essere. Se l’ambiente
è stato sfavorevole, è proprio questo nucleo primordiale che deve essere riportato alla luce (compito
prioritario della terapia).

Se all’essere umano è impedito, o egli stesso si impedisce, di seguire la propria natura, sente disagio e
malessere. Sono le Gestalt irrisolte che tornano a “bussare” per arrivare alla chiusura soddisfacente che
non si è potuta realizzare.

Se i meccanismi di urgenza e di supporto temporaneo, utili alla sopravvivenza in un ambiente sfavorevole,


non esauriscono la loro funzione nel tempo necessario, ma continuano ad essere usati anche in casi di non
emergenza, niscono per diventare “naturali”, come connaturati.

Sono questi comportamenti appresi che strutturano il processo che porta alla nevrosi.

La malattia è vista prevalentemente come un incidente di percorso dovuto all’incontro con un ambiente
sfavorevole e come la risposta migliore e più creativa che l’organismo possa dare per “salvarsi la pelle” in
un dato momento.

La nevrosi è la personalità velenosa, difetto della consapevolezza, ma soprattutto è vista come difetto della
crescita e di disturbo dello sviluppo.

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ANALISI TRANSAZIONALE
(Eric Berne)

La nostra identità personale non è monolitica, ma è costituita da diverse parti; si manifesta solo la punta
dell’iceberg, che nasconde nelle profondità marine la personalità privata e i bisogni intimi. L’identità ci
consente di muoverci da esperti nel mondo quotidiano, di sentirci sicuri nella nostra zona di confort,
costruita sulle nostre certezze, abitudini ed esperienze (complesso, dinamico).

Sub-personalità: la conoscenza di noi stessi si limita a quella ristretta parte di noi che i valori e le credenze
della nostra cultura ci permettono di ammettere senza vergogna né scetticismo (conoscenza ordinaria),
mentre di solito sappiamo poco o nulla di ciò che sta sotto alla coscienza (sub-conscio), che ste sopra
(super-conscio) e ciò che sta attorno (l’inconscio collettivo).

È importante tenere presente un altro fattore, cioè la molteplicità della personalità. Questa divisione nasce
dal fatto che l’ambiente socioculturale in cui il bambino viene educato valuta positivamente solo alcuni
tratti, mentre altri vengono invece ignorati o addirittura criticati e puniti. In certe culture, ad esempio, sono
valutati positivamente aspetti quali l’altruismo, la razionalità, l’autocontrollo, la disponibilità verso l’altro,
mentre invece vengono giudicati negativamente l’egoismo, la sensualità, l’amore per l’avventura, il bisogno
di indipendenza, la timidezza. Dato che n da bambini tutti desiderano fondamentalmente essere accettati e
apprezzati, ne consegue la tendenza ad enfatizzare certi tratti e a nascondere e/o rinnegare gli altri. Ecco
allora che solo una parte della personalità potenziale viene riconosciuta come propria dell’individuo e
sviluppata, mentre la parte rimanente viene rimossa o rinnegata, e pertanto imprigionata nel subconscio.
Ciò che più interessa, dal punto di vista comunicativo, è che nelle relazioni interpersonali che l’individuo
instaura entrano in gioco non solo le sub-personalità coscienti, ma anche le parti rinnegate, che danno
luogo a vari fenomeni disfunzionali e patogeni, come la proiezione delle proprie paure sull’altro.

L’apporto terapeutico consiste nel rendere l’individuo consapevole della sua molteplicità e nel riportare a
livello conscio il dialogo tra le diverse sub-personalità, quelle accettate e quelle rinnegate, aiutandolo a
risolvere i con itti tra i diversi punti di vista e i diversi bisogni di cui ogni sub-personalità è portatrice e ad
integrarle nella propria identità globale.

L’analisi transazionale si interessa di quattro tipi di analisi: analisi strutturale (analisi della singola
personalità), analisi delle transazioni (analisi di ciò che le persone fanno e si dicono reciprocamente), analisi
dei giochi (analisi delle transazioni ulteriori con un pagamento nale), analisi del copione (analisi di speci ci
copioni di vita che le persone recitano in modo compulsivo).

Transazione: si intende uno scambio sociale fra due individui o uno scambio tra due stati dell’Io.

Questo scambio si basa sul contenuto e sulla relazione. Se ci concentriamo solo sul contenuto, non si cura
la relazione e viceversa. La transazione inizia da uno stimolo di A che si rivolge a B, il quale risponde ad A
( gura vettore). Ci sono tre tipi di transazioni: complementari (i vettori sono complementari e l’emittente
riceve la risposta / stato che si aspettava; se la transazione rimane complementare, la comunicazione può
continuare inde nitamente), crociate (ci si rivolge a uno stato dell’Io, che però non è quello che risponde;
quando si ha questa transazione la comunicazione si interrompe, e per continuarla A, B o entrambi
dovranno cambiare lo stato dell’Io), ulteriori/mascherate (vengono inviate nello stesso momento due
comunicazioni che si contrastano tra di loro, una verbale/sociale e non verbale/psicologica, e quest’ultima è
prevalente; l’esito è determinato da quello che avviene nella nostra vita interiore, ove l’altro che percepisce
può o meno notare la discrepanza).

Legame tra analisi transazionale e comunicazione: siamo in grado di riconoscere a che livello, o stato
dell’Io, stiamo comunicando. Permette di capire se la comunicazione è volta all’e cacia e quindi alla
reciproca comprensione, oppure sotto-intende altre dinamiche. Se vogliamo farci capire, dobbiamo entrare
nell’ottica che la nostra comunicazione può variare di continuo a seconda della circostanza e di chi
abbiamo di fronte; quindi il primo passo per la comprensione reciproca è capire la posizione psicologia
dell’interlocutore. Ci si deve dunque domandare: in quale stato dell’io di trova il mio interlocutore? In quale
stato dell’io mi ritrovo io? A che livello psicologico stiamo interagendo? Questo signi ca che se ci
concentriamo a capire soltanto il contenuto del messaggio e non curiamo la relazione con l’altro, anche se
ci siamo capiti non vuol dire che abbiamo comunicato in maniera e cace. Tenendo quindi presenti
entrambi i livelli, si può da questo punto di vista de nire la comunicazione come un insieme di transazioni.

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ANALISI STRUTTURALE

Nella vita di molte persone giunge un momento nel quale si sentono spinte a dare una de nizione di se
stesse. Appunto per tale momento l’analisi transazionale o re uno schema di riferimento. Si può rispondere
alle domande: Chi sono? Perché agisco così? Come sono arrivato a questo punto?

Pochi sono consapevoli di avere all’interno queste personalità, e che sono all’interno degli altri. Il termine
“Io” (psicologia clinica) sta ad indicare qualcosa che si trova a livello consapevole della nostra personalità e
che pertanto può essere modi cato e reso funzionale al benessere personale.

Stati dell’io: un sistema di sentimenti ed esperienze, direttamente correlato con un corrispondente sistema
di comportamento. Possiamo sentire, odorare, toccare, ascoltare, guardare e agire mediante ognuno dei
nostri stati dell’io. Ogni stato dell’io ha la sua programmazione. Alcune persone reagiscono da uno stato
dell’io più spesso che dagli altri. Secondo l’analisi strutturale, ognuno di noi può rispondere ad uno stimolo
speci co in modi molto diversi partendo dai vari stati dell’io; alcune volte questi sono fra loro in armonia,
altre volte in con itto. Ogni persona ha tre stati dell’io che sono fonti separate e diverse di comportamento,
ossia stato dell’io Bambino, stato dell’io Genitore, stato dell’io Adulto.

Sviluppo degli stati dell’io: alla nascita, la consapevolezza del bambino si incentra sui suoi personali
bisogni e comodità. Cerca di evitare esperienze spiacevoli e reagisce a livello emotivo.

Quasi immediatamente emerge il suo personale stato dell’io Bambino. In seguito si forma lo stato dell’io
Genitore; lo si può osservare nei bambini piccoli quando giocano “a mamma e papà”. Lo stato dell’io
Adulto si sviluppa quando il bambino cerca di dare un senso al mondo che lo circonda e comincia a capire
che può manipolare gli altri. Questi stati ci sono sempre anche se non si entra letteralmente in quel “ruolo”
(es: genitore) o se se ne esce (es: bambino); vengono maturati n dall’inizio della vita (es: imitazione o
opposizione) e si manifestano in modo diverso.

Genitore: contiene gli atteggiamenti e il comportamento incorporati da fonti esterne, principalmente dai
genitori. Esternamente si esprime spesso in comportamenti pregiudiziali, critici o protettivi.

È suddiviso ulteriormente in genitore a ettivo e genitore normativo (positivi o negativi).

Il genitore a ettivo positivo è la parte di noi che conforta, rassicura, incoraggia, si prende cura, risponde alle
necessità, sostiene ed è protettiva. Il genitore a ettivo negativo è la parte di noi che è troppo rassicurante
ed iperprotettiva che blocca il coraggio e la crescita dell’altro. In questo caso è il genitore che esprime un
suo bisogno di a ermazione, e impedisce al glio di sperimentare, di sbagliare e di imparare.

Il genitore normativo positivo è la parte di noi che dà le regole in modo tale da non vivere in uno stato di
angoscia. La regola ha funzione rassicurante e protettiva, e la critica costruttiva serve a migliorare (volta a
un contenuto speci co in termini di tempi e di spazio, in modo da non criticare la persona in modo
generalizzato e discriminante). Il genitore normativo negativo è la parte di noi che si manifesta attraverso
l’espressione delle regole ne a sé stesse, che non hanno una funzione per chi le subisce ma solo per chi le
impone, il quale si sente dotato di potere (esercizio di potere sull’altro).

Bambino: contiene tutti gli istinti che in un bambino sono naturali e inoltre le registrazioni delle prime
esperienze di vita. È distinto in adattato (positivo o negativo) e libero. Il bambino adattato positivo si adegua
all’ambiente e alle persone che lo circondano. Cerca di guadagnare riconoscimenti attraverso la conformità,
con inibizione, facendo piacere agli adulti. Capisce quali sono le regole sociali e le mette in pratica per il suo
buon vivere. Il bambino adattato negativo impara ad addomesticare i suoi bisogni, a reprimere il suo
bisogno di coccole o di piacere o di dolore, a trattenersi emotivamente. Gradatamente perde la sua
spontaneità (perde l’empatia) compiacendo gli adulti che sono la sua fonte di sopravvivenza. Quando la
repressione dei propri bisogni/emozioni è troppa, questa esplode nel bambino ribelle. Quest’ultimo è lo
scatto emotivo che si esplicita a volte azioni autolesioniste come la negazione di una relazione, e azioni
violente verbali, siche su gli altri o su se stessi (pentola a pressione; a un certo punto si esplode per il
troppo censurarsi/subire). Il bambino libero è la parte più genuina e spontanea di noi, quella che esprime
gioia se sente gioia, rabbia se sente rabbia. È senza imposizioni e adattamenti ambientali; non mantiene
rancori, è aperto, trasgressivo, curioso e vive la sua avventura nei confronti della vita.

Adulto: è la parte della personalità più razionale e logica. Non ha alcun rapporto con l’età della persona.
Rappresenta le capacità cognitive, come analizzare l’ambiente, le situazione e prendere decisioni dopo aver
valutato le alternative. È orientato alla realtà attuale e alla raccolta obbiettiva di informazione. È organizzato,
adattabile, intelligente e funziona esaminando la realtà, facendo una stima delle probabilità e un calcolo
spassionato dei fatti e non sulle opinioni. Lo usiamo per dare le proprie ragioni e chiedere chiarimenti.

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ANALISI DELLE TRANSAZIONI

Ogni qual volta che una persona ne riconosce un’altra (es: un cenno del capo), questo riconoscimento è
chiamato carezza. Una transazione è composta da due o più carezze. Possiamo classi care tutte le
transazioni come complementari, incrociate, ulteriori.

Le carezze: stimoli che strutturano il tempo; modi in cui strutturiamo ciò che avviene tra di noi. Possono
alleviare tutte le nostre tensioni e dipendono dallo stato dell’io che si assume.

Si possono distinguere vari tipi di carezza.

Carezze condizionate: rivolte al comportamento e al mondo di avere speci co dell’altro (es: ti voglio bene
perché mi fai stare bene quando giochiamo).

Carezze incondizionate: quelle rivolte all’essere e che hanno un impatto emotivo più alto (es: ti voglio bene
per come sei).

Carezze esterne: convenevoli (es: preparare il piatto preferito del nostro ospite; in tutte le società umane
esistono delle regole di cortesia, come i saluti).

Carezze interne: quelle che noi diamo a noi stessi e a cui accediamo attraverso la nostra psiche (es: stare in
contatto con la natura, attivare una visualizzazione o ricordi gradevoli).

Le carezze possono essere sia positive sia negative, in base alla loro intensità ed eventuale eccesso.
Potenza 5 cure di routine, 50 cure a ettuose, 100 gioco e amore, 200 ira (es: te lo avevo ripetuto più volte),
1000 rabbia (es: intensità che è andata oltre all’adattamento negativo).

Siamo entità integrate, non funzioniamo a comparti stagni; cambia solo come pensiamo/agiamo.

Esistono altri modi per strutturare il tempo, ossia l’isolamento (ritiro sano o solitudine scelta o imposta),
rituali (scambio di saluti, auguri), passatempi (parlare del più e del meno); attività (lavoro, hobby), intimità
(mostrarsi nudi psicologicamente o sicamente), racket (manipolare l’ambiente esterno per far passare una
posizione da disfunzione a funzionale, come nella persuasione).

Transazioni complementari: un messaggio, proveniente da uno speci co stato dell’io, ottiene la risposta
prevista da uno speci co stato dell’io dell’altra persona. Una transazione complementare può avvenire tra
ogni tipo di coppia di stati dell’io. Le linee di comunicazione sono aperte e le persone possono continuare a
scambiarsi transazioni. I messaggi verbali e non verbali sono coerenti. Le risposte sono prevedibili e
appropriate allo stimolo.

Transazioni incrociate: avviene quando allo stimolo segue una risposta inattesa; viene attivato uno stato
dell’io non appropriato, e le linee delle transazioni fra le persone si incrociano. A questo punto tendono a
ritirarsi, ad allontanarsi l’una dall’altra o a cambiare argomento di conversazione. Chi avvia una transazione
aspettandosi una certa risposta e non la ottiene, spesso nisce col sentirsi non preso in considerazione e
non compreso. Le transazioni possono essere dirette o indirette, chiare o smorzate, deboli o intense.

Transazioni ulteriori: sono le più complesse ed implicano l’intervento di due stati dell’io. Il messaggio è
ulteriore in quanto è mascherato da una transazione socialmente accettabile (es: battute, insinuazioni).

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ANALISI DEI GIOCHI

Le persone giocano fra loro dei giochi psicologici. I giocatori devono sapere di che gioco si tratta (se uno va
a una riunione con l’intenzione di giocare a bridge, mentre tutti gli altri giocano a pinnacolo, gli sarà di cile
giocare a bridge). Tutti i giochi hanno un inizio, una serie di regole sse, un tornaconto nale, e una
motivazione nascosta. Perché un insieme di transazioni possa essere de nito gioco sono necessari tre
speci ci elementi: una serie di transazioni complementari plausibili a livello sociale, una transazione ulteriore
che ha il messaggio nascosto del gioco, un tornaconto nale prevedibile che conclude il gioco e ne
costituisce lo scopo reale. Ogni gioco ha una prima mossa. La programmazione dei giochi è individuale.

I giochi tendono a essere ripetitivi, cambia solo il dove e il quando. Le persone giocano a vari gradi o livelli
di intensità. Il gioco di primo grado è quello socialmente accettabile nell’ambiente del giocatore. Il gioco di
secondo grado è quello che non provoca danni permanenti o irrimediabili, ma che i giocatori preferiscono
tenere nascosto. Il gioco di terzo grado è quello fatto una volta per tutte e che si conclude in sala
operatoria, in tribunale o in obitorio.

Alcuni tipi di giochi sono modelli di comportamento che vengono usati in modo ripetitivo, perché è come la
persona ha imparato a soddisfare i suoi bisogni più profondi e sopravvivere. Possono essere utilizzati in
modo consapevole o meno. La persona può rimanere intrappolata nel gioco, o romperlo e uscirne.

I giorni della decisione: prima degli otto anni il bambino si forma un concetto su quello che è il proprio
valore e formula delle idee sul valore degli altri; inoltre cristallizza le sue esperienze, decidendo che
signi cato rivestono per lui, quale parte reciterà e come. Non sono probabilmente realistiche, ma distorte e
irrazionali, perché la percezione che i bambini hanno della vita si basa su pochi elementi. Queste
deformazioni possono dar luogo a certi gradi di patologia che vanno dal disturbo lieve a quello grave.

Esempio (la storia di Betty): “mio padre era un alcolizzato e un violento. Mi nascosi in un armadio. Quel
giorno io decisi che gli uomini volevano solo farmi del male. Ricordo che pensai -se fossi più graziosa mi
amerebbe- Ho sempre pensato di non valere nulla”. Date queste posizioni, scelse persone che avrebbero
assunto ruoli che si adattavo al suo copione, come suo marito alcolizzato.

Posizioni psicologiche/esistenziali: quando una persona assume delle posizioni o giudizi nei confronti di
se stessa o nei confronti degli altri (cambia la modalità di relazione).

Io sono ok - tu sei ok: è potenzialmente una posizione di sanità mentale; la persona può dare una soluzione
costruttiva ai propri problemi ed accetta il valore degli altri. Non è presente nei drammi del controllo, perché
fa parte della persona equilibrata.

Io sono ok - tu non sei ok: persona che si sente perseguitata, e per questo vittimizza e perseguita gli altri
addossandogli la responsabilità delle proprie disgrazie. È una difesa poiché la persona non ha ducia negli
altri o ha un atteggiamento accusatorio. Entrambe le facce nascono da una posizione di superiorità.

Io non sono ok - tu sei ok: è una posizione frequente in persone che si sentono impotenti nei confronti degli
altri, portate a ritirarsi e cadere in depressione. Può accadere quando il bambino è dipendente dai genitori e
matura una posizione esistenziale per cui il suo bisogno non ha statuto, non ha validità (senso di
inadeguatezza / sentirsi giudicati).

Io non sono ok - tu non sei ok: è la posizione di chi ha perso interesse alla vita; persona con un immaginario
idealizzato e molto disfattista. Ha un comportamento schizoide e nei casi estremi commette suicidio o
omicidio. Non è presente nei drammi del controllo perché non è adattiva, ma solo disfunzionale.

Le posizioni psicologiche hanno anche un lato sessuale. La posizione di carattere generale può essere
simile o di erire dalla posizione sessuale. Alcuni assumono la posizione per la quale un sesso è ok e l’altro
non lo è. Una volta presa una posizione, la persona si porta dietro questa sua prevedibile realtà
rinforzandola; più grave è la patologia più il soggetto si sente spinto a ra orzala.

Alcuni giochi relazionali: si ma (la persona ascolta i consigli dell’altro ma trova qualcosa di sbagliato in
tutti); guarda come mi sono sforzato (gioco della vittima che aumenta la propria debolezza e l’assenza di
responsabilità); se non fosse per te (accusare l’interlocutore di essere / essere stato un ostacolo al
raggiungimento dei propri obbiettivi e trasmettere senso di colpa); ti ho beccato (il gioco di chi asseconda
con lo scopo di beccare l’altro in fallo e poter confermare la propria posizione di potere), gamba di legno (il
gioco di chi si vive in una posizione di inferiorità e mette gli altri nella posizione di chi non comprende la sua
di coltà). Uno dei giochi relazionali più comuni è quello del triangolo disfunzionale, nel quale sono coinvolti
salvatore, vittima e carne ce. C’è vantaggio (o tornaconto) e perdita (o svalutazione).

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I drammi del controllo: schemi di relazione umana che hanno l’obbiettivo di mantenere il potere.

Chi mette in atto questi drammi ha una grande frustrazione dei bisogni di sicurezza e attenzione.

Vengono chiamati patologici perché danno so erenza sia a chi li subisce sia a chi li mette in atto.

Intimidatore: è colui che vuole piegare/sottomettere/controllare l’altro spaventandolo attraverso un


comportamento minaccioso, busco o violento. La minaccia (velata o esplicita) è lo strumento base di
aggressione psicologica o sica. Questa persona ha improvvisi scoppi di rabbia che creano paura nell’altro.
Altre strategie aggressive sono il sarcasmo, dare ordini, essere logorroici, essere autoritari e in essibili,
essere violenti. Per vivere questo dramma ha bisogno di una vittima o di un’altra persona aggressiva.

Inquisitore: è attivo ma indiretto; la sua aggressività è mitigata e non si nota subito. Ascolta per cercare
delle lacune per mettere in discussione i comportamenti dell’altro, che sente di doversi continuamente
giusti care per meritare l’apprezzamento dell’inquisitore. La critica non è obbiettiva ma strumentale per far
sentire l’altro a disagio; in questo modo l’inquisitore riesce momentaneamente il proprio senso di
inadeguatezza e sentirsi forte. È falsamente premuroso per far sentire inadeguatezza, e può fare uso del
sarcasmo e del cinismo.

Troppo riservato: usa una strategia passiva e difensiva manipolatoria. Il suo dramma è caratterizzato da un
comportamento sfuggente, che gli consente di avere una attenzione continua. Il troppo riservato sembra
ignorare ciò che lo circonda ed è spesso da solo. Pensa di dover fare tutto per forza autonomamente e
tende a fare le cose di nascosto perché ha paura che gli altri si impongano o mettano in discussione le loro
decisioni. Hanno quindi di coltà anche a impegnarsi e chiedere aiuto sia nella vita quotidiana sia
nell’a etto. Nell’infanzia non poteva soddisfare il suo bisogno di indipendenza e la sua identità personale
veniva poco o niente riconosciuta.

Vittima: usa una strategia passiva e difensiva manipolatoria. È la persona che si lamenta sempre e che
cerca di ispirare compassione. Indebolisce l’interlocutore facendolo sentire indirettamente responsabile per
il proprio malessere; o facendolo sentire in colpa perché l’interlocutore sta bene mentre la vittima sta male.
Così riesce a stare al centro dell’attenzione e ottenere considerazione.

Può fare questo in due modalità, ossia lamentarsi apertamente o usare messaggi non verbali.

La vittima attende che l’altro chieda “che cosa c’è che non va”, anche se non è realmente interessata ad
accogliere consigli e o erte di aiuto, ma desidera solo essere compatita. Questo perché se migliorasse se
stessa e la sua situazione non avrebbe più di che lamentarsi, e non potrebbe quindi più ricevere attenzione
e considerazione. Ha un atteggiamento eccessivamente accomodante e arrendevole. Fa quindi uso del
vittimismo, che è diverso dal senso di inferiorità.

Coppie nei drammi del controllo: sono frequenti le coppie formate da inquisitore-inquisitore, poiché
appartengono alla polarità di relazione attiva e quindi possono mettere in atto la loro strategia adattiva sia
con un altro attivo sia con un altro passivo.

Sono inesistenti le coppie formate da vittima-vittima e troppo riservato-troppo riservato; poiché la vittima e
troppo riservato hanno bisogno di un interlocutore attivo.

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ANALISI DEL COPIONE

Il copione è un piano di vita, molto simile ad un copione teatrale, che una persona si sente costretta a
recitare. Una volta individuati posizione esistenziale e giochi, si può diventare più consapevoli del proprio
copione, e si si vuole, cambiarlo.

L’insieme di tutti gli elementi dell’analisi transnazionale, forma il copione di vita.

Il copione di vita è la trama della nostra vita, il cui canovaccio iniziale si imposta nei primi tre anni. Prevede
la scelta delle persone con cui ci relazioneremo (non è un caso) e la scelta delle persone che possono
entrare nei nostri giochi, per portare avanti il nostro copione. La costruzione di quest’ultimo avviene
all’interno della famiglia (larga de nizioni, genitori di vari generi, altri tipi di parenti, tutori, case famiglia,
ecc..), che ha aspettative che ci determinato.

Il copione è anche il programma che stabilisce la meta e il modo per raggiungerla. Le decisioni più
importanti che determinano la struttura fondamentale del carattere vengono prese di solito tra i 2 e i 3 anni;
altre intorno ai 6 e durante l’adolescenza. Il copione può cambiare anche da adulti, in special modo durante
eventi molto signi cativi e dirompenti; oppure di propria iniziativa (prof: “i mali sono tanti, ma la medicina è
una: la consapevolezza”). Il copione personale ha alla base tre domande che comprendono l’identità e
l’evoluzione della persona, ossia: Chi sono io? Cosa sto facendo qui? Chi sono tutti gli altri?

La risposta a queste tre domande, che il bambino ha inconsapevolmente dentro di sé, è trasmessa dai
genitori. I bambini prendono le risposte come vere, e queste contengono istruzioni che i bambini si sentono
costrette a seguire (es: un giorno sarai famoso, non riuscirai mai in niente, sei uno splendido bambino, sei
proprio pazzo, sei più lento di una lumaca, maschiaccio).

Ricevuti questi messaggi il bambino assume posizioni psicologiche e sviluppa i ruoli necessari per portare a
termine il copione. Sceglie e manipola altre persone per formare il cast dei suoi personaggi. Per esempio,
un uomo che desidera diventare un alto dirigente troverà una donna ambiziosa con adeguata educazione e
brillante padrona di casa; oppure una domma che assume la posizione “gli uomini sono inutili” trova una
serie di uomini inutili.

Domande da porsi per capire il proprio copione:


Come mi chiamavano da piccolo i miei genitori?

Che etichette utilizzavano per de nirmi? (in uenzano tantissimo il nostro modo di agire, le nostre scelte
lavorative e sessuali).

Mi davano un diminutivo?

Aspettavano un glio dell’altro sesso?

Cosa si aspettavano da me?

Che clima si respirava quando sono nato?

Avevo autonomia?

Come mi tenevano in braccio?

Quali premi e regali mi davano e con quale criterio?

Ho vissuto esperienze di distacco?

Macro-categorie di copioni:

Vincitore: rispetto a speci ci obbiettivi da perseguire, è colui che realizza il proprio obbiettivo.

Perdente: una persona che non riesce a raggiungere i propri obbiettivi.

Banale o non vincitore: la persona che tira a campare giorno per giorno e non corre rischi.

Schemi e nali dei copioni più frequenti:


Copione mai: chi non riesce a fare o avere ciò che vuole di più; ogni giorno inizia nuovi progetti che non
riesce a portare a termine. Spinta: sii forte e non cedere.

Copione sempre: chi ha deciso di continuare a fare la stessa cosa senza mai fermarsi. Spinta: sii forte e
sbrigati.

Copione no a: chi non può raggiungere qualcosa di bello e positivo nché non è nito qualcosa di brutto.
Spinta: sii perfetto perché la felicità viene da imprese colossali.

Copione dopo: chi, anche quando le cose vano bene, è convinto che alla ne si presenteranno problemi e
di coltà. Spinta: sbrigati e compiacimi.

Copione quasi o prova e riprova: chi non riesce mai a raggiungere i propri obbiettivi determinando, quando
sono quasi alla meta, il proprio fallimento. Spinta: sii forte.

Copione nale aperto: chi è più legato a quello che avrebbero dovuto fare piuttosto a quello da fare (è
indeterminato perché non si sa cosa fare). Spinta: sii perfetto e cerca di piacere.

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L’ASSERTIVITÀ

Potenziare la stima di sé e dell’altro. La persona assertiva sa riconoscere i propri diritti e quelli dell’altro;
inoltre mantiene e rinsalda i rapporti. Accetta la negoziazione come mezzo principale per risolvere le
discrepanze interpersonali. La assertività si acquisisce gradualmente, alterando le proprie abitudini
comunicative. All’inizio, e forse anche successivamente, è possibile che non si venga creduti e accettati; in
quanto si possono subire attribuzioni di sentimenti non veritiere.

Ascolto attivo: il destinatario del messaggio desidera evitare qualsiasi equivoco relativamente alla sua
comprensione e fornire sicurezza di aver colto i sentimenti e le emozioni dell’emittente.

Un messaggio di tipo assertivo è diretto (es: io non sono d’accordo), onesto, coerente, adeguato al
contesto e favorevole all’interazione tra gli interlocutori.

Nella struttura e dinamica del messaggio assertivo sono implicati altri due aspetti, ossia la descrizione non
valutativa del comportamento e l’accettazione ed espressione del sentimento. L’espressione di un
sentimento positivo rende più calorosa la relazione ( ducia e disponibilità reciproca); l’espressione di un
sentimento negativo è funzionale ad una buona comunicazione, pur che non si colpevolizzi l’altro.

Esplicitare la comunicazione e i comportamenti assertivi: nella teoria dei processi si de nisce come
processo primario quella tipologia di processo su cui ci si identi ca e su cui si esercita l’azione
comunicativa. Si de niscono altresì quei processi reattivi allo svolgimento della comunicazione (che
attraverso la relazione sviluppano quei feedback che contaminano la linearità del processo comunicativo
primario), come processi secondati. Il processo secondario risiede nel sé che è dato dalla commistione
nella relazione e non sempre è in accordo con il nostro io primario. Dalla simmetria armonia dell’io e del sé
nasce un equilibrio nella relazione, ed è il primo prodromo della comunicazione assertiva.

La meta-comunicazione: l’aspetto relazionale della comunicazione è importante poiché suggerisce come


deve essere percepito il contenuto trasmesso. Molti con itti nelle relazioni interpersonali nascono, perché
l’emittente e il ricevente non sono d’accordo su come impostare la relazione e quindi la comunicazione.
Spesso si pensa di essere di essere discrepanti con il proprio interlocutore per questioni di contenuto, in
realtà lo si sta facendo a livello di relazione. In questo senso è importante la punteggiatura, ossia il modo di
organizzare gli eventi; le persone cercano di dare una direzione ed un ordine alla relazione, organizzando le
sequenze degli scambi comunicativi, stabilendo dove ha inizio e dove ha ne il processo di comunicazione.

Performance: quando la mente supera le barriere e i vincoli degli schemi cognitivi codi cati nell’evoluzione
della specie attraverso le valenze dei credi, della cultura e dei modelli di organizzazione di appartenenza,
dalla famiglia alle istituzioni agli orientamenti religiosi. Superare i vincoli vuol dire procedere verso l’ignoto,
vuol dire abbandonare le proprie certezze e porre la massima ducia nelle proprie incertezze. Ogni livello
psichico della mente si de nisce in tre termini: primo termine (descrive l’attività funzionale del sistema
cognitivo, ossia le operazioni deputate alla normale prassi della socializzazione, dell’apprendimento alla
relazione, all’organizzazione delle proprie attività di sopravvivenza), secondo termine (riprogramma una
parte delle funzionalità del primo termine, quelle più propriamente legate alla comunicazione, al pensiero,
all’aspetto intellettivo no al sognare; questo è rappresentato dal potenziale cognitivo inespresso, dalla
creatività all’autodeterminazione no al riprogettare la propria realtà ricreandosi), terzo termine (è intermedio
ai primi due e nel normale svolgersi del quotidiano vivere, essi sono spesso combinati).

L’assertività è uno strumento che attraverso il limite ne permette la correzione. È una risorsa che se
applicata al limite e sull’errore lo trasforma in una potenziale performance; i limiti personali sono la parte
antagonista del nostro successo. Può essere anche una rappresentazione mentale bugiarda.

Le attitudini:

Le attitudini dei termini psichici: ogni attitudine è complementare all’altra e per evolversi esse devono
necessariamente rompere i vincoli e gli schemi in cui sono circoscritte.

L’attitudine tecnica del fare: permette di trasformare la realtà in modo strutturale; lo sviluppo di artefatti
attraverso la mente tecnica ci permette di simbolizzare la realtà attraverso la generazione del prodotto.

L’attitudine motoria all’agire: ci attiva all’azione; regola i movimenti coordinandoli e regola l’energia sica
dell’individuo, la sua fatica come il suo riposto.

L’attitudine sensoria al sentire e percepire le sensazioni: facoltà di sentire ed organizzare le proprie


percezioni, di ricevere informazioni dagli organi sensoriali per approntarne delle risposte. La percezione
sensoriale ci permette di dare un senso cognitivo a ciò che è esterno a noi.

L’attitudine logico-razionale: ci consente, attraverso l’uso della pura logica, la formulazione di tesi e antitesi,
di utilizzare la parte razionale del cervello o emisfero sinistro.

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Intelligenze cognitive:

Intelligenza inter-personale: essa si manifesta attraverso la capacità di comprendere gli altri, i loro
comportamenti e le loro motivazioni, di capire come relazionarsi pro cuamente, come interagire, lavorare,
scambiare impressioni e punti di vista. Tale forma di intelligenza è fondamentale per tutte quelle relazioni
che implicano il convincimento, la leadership, la vendita, la negoziazione, il trasferimento di informazioni e
competenze attraverso l’insegnamento o la formazione, la politica, lo sviluppare attività terapeutiche.

Intelligenza intra-personale: esprime la conoscenza di sé stessi, vuol dire conoscere i propri punti di forza e
i propri punti di debolezza. Questa forma di intelligenza si manifesta anche attraverso la capacità di scelta,
persistenza, perseveranza, auto-motivazione, auto-analisi, disciplina.

De nizione di empatia: capacità di identi carsi con l’altro, e vedere e sentire il mondo dal suo punto di
vista, mantenendo la consapevolezza della propria identità.

Schema di gioco per instaurare una comunicazione assertiva: dicesi comunicazione e cace quella
modalità con cui chi vuole comunicare ha la capacità di farsi agente attivo della sua vita. In tale prospettiva
la comunicazione permette l’auto-determinazione. Da un’altra prospettiva, un atto comunicativo è e cace
quando viene compreso dal destinatario in un signi cato analogo alle intenzioni dell’emittente.

La comunicazione è sempre un processo circolare tra due persone in relazione ed esse costituiscono un
sistema complesso che interagisce in un ambiente o contesto. Considerare queste capacità signi ca farsi
un’idea di chi abbiamo di fronte e rispondere alla domanda, con che tipo di persona sto avendo a che fare?

Per orientare le aspettative dell’interlocutore è necessario de nire una buona formazione degli obbiettivi, la
mediazione degli obbiettivi con l’interlocutore, la compatibilità tra gli obbiettivi e i sistemi della visione delle
cose reciproci, l’elasticità sul processo e rigidità sull’obbiettivo e non viceversa, l’orientamento, ossia
l’asservirà è parte del processo e non è l’obbiettivo.

La fasi della relazione assertiva: trasformare i con itti in opportunità. Niente è come sembra Franco
Battiato. In termini relazionali l’aggressività si può manifestare quando l’interlocutore viene percepito come
una minaccia. L’aggressività ha anche una sfaccettatura atavica, infatti la funzione del cervello non solo
sviluppa dei comportamenti ma codi ca delle percezioni che provengono dall’esterno. La nostra
complessità è un dato di fatto e determina le nostre azioni, reazioni e retroazioni all’ambiente e agli altri.

Sono sempre le immagine mentali e gli schemi comportamentali che ci creano l’errore nella comunicazione;
le prime impressioni, le prime reazioni verso l’interlocutore sono sempre contaminate da credenze,
pregiudizi, ed immagini cristallizzate dei comportamenti. La libertà di espressioni individuale e, la sua
conquista, è un atto di autodeterminazione. I fattori che limitano l’assertività sono esclusivamente personali,
cioè appartengono alla responsabilità della persona singolo e non dovuta all’interazione con l’interlocutore.
Essi sono l’autostima e la consapevolezza.

Il tempo di reazione emozionale (ERT): misura il tempo necessario per trasformare un’emozione in un
comportamento reale e pratico. Le persone con un ERT elevato sono in grado di prendere provvedimenti
e caci e congrui alla situazione ogni volta che esprimono emozioni forti. Invece, al livello più basso di ERT
corrisponde la mancanza di collegamento tra i comportamenti quotidiani e le emozioni che si provano.

La programmazione neuro linguistica: la PNL è una scienza del comportamento che utilizza una struttura
epistemologica (per costruire la sua conoscenza), un metodo (attraverso processi e procedimenti applica la
sua struttura), una tecnologia (gli strumenti cognitiva utilizzati nella sua pratica). La PNL e l’assertività
forniscono quegli strumenti capaci di attivare o modi care i programmi. In questa prospettiva si può
teorizzare un nuovo modello, ossia la PNA, programmazione neuro assertiva. Indica un modello operativo
per instaurare relazioni interpersonali di tipo assertivo.

Tecniche: bisogna che un cambiamento sia congruente a tutte le espressioni dell’essere della persona
(livelli logici). Il vantaggio è che viene garantita una comunicazione di qualità, e quindi un rapporto aperto.
La persona ascoltata sarà più propensa ad ascoltare a sua volta e a condivide l’altro punto di vista.

Parafrasi: restituire le parole dell’altro.

Rispecchiamento: analizza le posizioni percettive e permette lo stratagemma di impiegare diverse posizioni


per osservare il punto di vista di un’altra persona. Verbalizzare il linguaggio verbale dell’altro.

Ristrutturazione: ristrutturare una situazione comunicativa cambiandone le condizioni, il quadro temporale e


il contesto. Le percezioni della stessa situazione cambieranno perché ogni signi cato dipende dal contesto
nel quale viene inserito. Per contesto ci si riferisce ai comportamenti e si può scoprire come per mutare dei
comportamenti basti cambiarne il contesto in cui si esprime la comunicazione.

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Fogging (creare nebbia): prestare attenzione a ciò che l’altro sta dicendo e non a quanto noi pensiamo che
egli stia pensando. Rispecchiare ciò che l’altro ha detto. Ha l’e etto di evitare il coinvolgimento emozionale
di chi riceve la critica, indurre l’altro a chiarire la propria posizione ed impedire all’interlocutore di cogliere i
propri pensieri e risposte emotive. Viene abitualmente insegnata alle persone aggressive o passive, la cui
risposta automatica sarebbe il sarcasmo o la colpevolizzazione.

Smoking: desiderio di depistare l’altro, di allontanarlo da certi argomenti che non vorremmo discutere con
lui. È manifestare in modo inatteso la propria volontà di fuga attraverso domande o risposte incongruenti.

Asserzione negativa: la persona criticata ammette l’errore e mostra disponibilità al cambiamento. Ha la


funzione di proteggersi da critiche e atti esagerati.

Disco rotto: scegliere una frase breve e usarla in modo quasi ossessivo, ossia emettere la frase scelta ogni
qual volta sia possibile; è preferibile usare questa frase in modo calmo e rilassato. Inoltre è necessario
prestare scarsa attenzione all’interlocutore, non temere il silenzio e persistere. Ha la funzione di reiterare il
proprio punto di vista senza cambiare le parole e la qualità dell’eloquio. É una forma di difesa nelle
situazione comunicative in cui l’altro pretende di farci cambiare opinione o di manipolarci.

Inchiesta negativa: strategia di contrattacco che ha lo scopo di chiarire il contenuto della critica rivolta a noi
attraverso ripetute domande che richiedono all’altro una crescente chiarezza. Si aiuta l’altro ad
abbandonare la tonalità emotiva con cui ha formulato la critica. Bisogna indicare con esattezza gli elementi
di disaccordo e tenerne conto.

Indicazione di discrepanze: viene usata in situazioni in cui le persone non mantengono i patti o le promesse,
o durante eventi che possono produrre frustrazione e collera. Bisogna chiedere il perché della discrepanza.

Lavorare su se stessi: per poter sviluppare un’e cacia personale, ossia l’apprendere e sviluppare
competenze sociali e di comunicazione, raggiungere gli obbiettivi de niti per le relazioni interpersonali,
veri carne il processo valutando gli eventuali errori commessi per correggerli in altre dinamiche.

Il modello elementare della triade sostiene che a fondamento della personalità di un individuo troviamo le
sue condotte, i suoi comportamenti e l’ambiente in cui opera la sua comunicazione. La relazione tra questi
tre fattori orienta la comunicazione di un individuo nelle relazioni interpersonali. Di fronte a qualsiasi tipo di
situazione ogni individuo è in grado di trovare risorse e generare soluzioni adeguate orientando al meglio la
propria comunicazione e i comportamenti attraverso l’azione nalizzata ad uno scopo.

Il sabotatore interiore: parte inconscia di noi che inevitabilmente ci rema contro; nega le nostre possibilità
e ne sabota ogni progettualità. Si manifesta quando siamo o molto stanchi, o il nostro livello di autostima è
basso. Esiste e si manifesta perché è funzionale al nostro essere, perché è un indicatore del nostro grado di
autostima, perché ostacolandoci negli intenti ci ravvede sui rischi.

La valutazione del sé nella relazione interpersonale: i motori di un lavoro su sé stessi sono la


conoscenza (applicata, ossia non è una semplice conoscenza ma è dinamica e fatta sul campo dallo stesso
comunicatore nel processo di relazione), la consapevolezza (attingere dalla propria esperienza ed
immaginare una propria rappresentazione riconoscendo le proprie emozioni; signi ca vedere la natura
dell’altro non giudicandolo, vedendolo da una prospettiva neutrale e scevri da ogni pregiudizio; comporta
anche una autovalutazione dei propri punti di forza e dei propri punti di debolezza), la motivazione (insieme
di disposizioni consce ed inconsce che sono in grado di attivare gli individui a produrre modi cazioni di
atteggiamento e di comportamento; la motivazioni è caratterizzata da una capacità di essere costanti e
persistenti nel perseguire gli obbiettivi) e il metodo (identi care e sviluppare un processo di comunicazione
corretto controllando la propria comunicazione; bisogna chiarire che nella comunicazione il ne della stessa
sta nel processo e non negli obbiettivi, che cambiano via via che il processo di comunicazione si sviluppa).

Quando si sta da soli si comincia a rendere conto della propria condizione reale. Con l’altro ci si coinvolge
nella relazione e si perde la propria consapevolezza. Ricercare l’altro a volte è un rifuggire da sé stessi.

Si può anche parlare del concetto di “maschera”. In mezzo alla folla la tua faccia è truccata e arti ciale,
nella tua interiorità sei una persona totalmente diversa; puoi riuscire a nascondere alcune cose,
appiccicando in super cie qualche pensiero buono, ma dentro di te arde il fuoco di ciò che hai represso.

È un atto di coraggio; decidere di entrare nell’inferno nascosto dentro di te è un atto formidabile di


coraggio. Vedere te stesso in tutta la tua nudità è un atto di coraggio estremo.

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