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Il tema della narrazione costituisce uno dei caposaldi principali della ricerca teorica di Jerome
Seymoyr Bruner. Emersa per la prima volta nel contesto di un’indagine sull’origine e la
costituzione delle categorie di pensiero (Bruner 1969), funge da protagonista del saggio La mente
a più dimensioni (Bruner 1986), probabilmente l’opera di maggiore risonanza mediatica dello
psicologo statunitense. Al di là del successo del testo in oggetto, è innegabile l’importanza
assegnata dallo stesso Bruner al tema in questione. Ne è prova il fatto che una cospicua parte delle
sue ricerche e pubblicazioni, dalla metà degli anni Ottanta in poi, è dedicata proprio
all’approfondimento delle implicazioni etico-pragmatiche (Bruner 2006), pedagogiche (Bruner
1996) e ontologiche (Bruner 1992) di questa stessa nozione.
Il tema della narrazione emerge in Bruner innanzitutto in quanto egli individua quest’ultima come
una delle due “forme del pensiero” che presiedono il funzionamento e lo sviluppo cognitivo. Esse
sono, in buona sostanza, due diverse modalità di strutturazione e ordinamento significativo delle
apprensioni di realtà (Bruner 1986). Accanto alla narrazione, Bruner individua altresì la nozione di
paradigma (Bruner 1969): il passaggio dalla sfera dell’esperienza a quella della sistematizzazione
mentale procederebbe pertanto seguendo una di queste due modalità. In quest’ultimo caso, il
materiale conosciuto viene ricondotto a categorie di specifica generalità, al fine di ottenere
resoconti oggettivi e conoscenze la cui validità si situa al di là della singola contingenza (paradigmi,
appunto). Il pensiero che procede attraverso paradigmi ha per Bruner natura logico-scientifica e
mira tendenzialmente alla conoscenza e comprensione delle cause degli eventi esperiti e alla loro
verifica empirica.
Al contrario, nella narrazione l’attenzione è focalizzata innanzitutto sulle qualità esperite in prima
persona in associazione alle apprensioni empiriche, abbiano esse per oggetto un evento esterno o
un accadimento “interiore”. Il pensiero che presiede il meccanismo della narrazione è detto,
appunto, narrativo e traduce principalmente la sfera dei vissuti emotivo-affettivi, delle intenzioni,
delle attribuzioni soggettive di senso. Si tratta, per Bruner, di dimensioni di particolare interesse
innanzitutto poiché una loro puntuale comprensione permette un accesso mirato alla sfera
dell’identità personale di un individuo – il che, nel quadro dell’orientamento socio-culturale della
sua epistemologia (Anolli 2004), coincide sostanzialmente con l’unica possibile conoscenza dei
meccanismi cognitivi dello stesso e dunque con lo scopo della psicologia (Bruner 1992: 46).
Vi è però anche un secondo motivo di particolare interesse verso la sfera della narrazione, legato
al suo statuto sociale. Per Bruner, infatti, essa, in quanto modo di pensare e, conseguentemente,
forma espressiva, giocherebbe un ruolo cruciale “per la coesione di una cultura come per la
strutturazione di una vita individuale” (Bruner 1992: 74). Ben lungi dal permettere un accesso
privilegiato alla sola soggettività individuale, la narrazione, in quanto prodotto dello scambio
organico tra individuo e cultura, costituirebbe una condizione di possibilità per la stabilizzazione di
una cultura e altrettanto per il suo continuo rinnovamento (Bruner 2006). Da un lato, essa
permetterebbe all’individuo di procedere in una “costruzione creativa del sé” (Bruner 2006) a
partire dal bagaglio culturale in cui si è sviluppato; dall’altro, il contributo di ciascun individuo,
mediato attraverso la propria sensibilità, garantirebbe il “ricambio” e l’evoluzione della cultura
stessa.
Chiarite dunque le ragioni per cui il tema ricopre un ruolo tanto centrale nell’edificio teorico di
Bruner, andiamo ora a descrivere più dettagliatamente le caratteristiche di quello che l’autore
chiama pensiero narrativo. Urge sottolineare fin da questo momento che con quest’espressione
Bruner si riferisce tanto ad una modalità di strutturazione del pensiero quanto alla forma e alla
tipologia della sua proiezione materiale e pragmatica attraverso la produzione orale e scritta.
Questa bivalenza traduce il pilastro di tutta la concezione dell’autore e di molta psicologia
culturale, per cui sussiste una corrispondenza biunivoca tra la cultura (e tutti i suoi prodotti e le
sue manifestazioni) e la mente (e le strutture cognitive che la caratterizzano).
Iniziando ad addentrarsi in un dipinto più preciso, Bruner individua alcune caratteristiche formali
comuni a tutte le tipologie di pensiero narrativo (Bruner 1986) – e ve ne sono almeno tante quante
le diverse culture che popolano l’universo antropologico. Il pensiero narrativo caratterizza un
individuo che assume il ruolo del narratore e dà vita a resoconti apprensivi caratterizzati da:
1) Sequenzialità, ovvero una struttura temporale significativa;
2) Concretezza, poiché ogni elemento proviene da esperienze reali;
3) Intenzionalità, ovvero presenza di ragioni alla base delle azioni;
4) Coerenza logica degli eventi e interdipendenza tra le parti del racconto;
5) Normatività nel rapporto tra attore, azione, scopo, scena e strumento;
6) Violazione della regolarità, presenza di un episodio rovinoso o comunque imprevedibile;
7) Sensibilità al contesto culturale da cui il racconto proviene e verso cui è rivolto;
8) Accumulazione, poiché ad ogni racconto ne seguono altri ad esso legati.