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è sessuata?
Come parliamo
a cura di Graziella Priulla
Si racconta che un giorno i discepoli di Confucio gli
domandarono: Quale sarebbe la tua prima mossa, se tu
diventassi imperatore della Cina?
Rispose: Comincerei col fissare il senso delle parole.
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Premessa
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Costruzionismo sociale
Le relazioni sociali si basano sul linguaggio.
La questione che si pone qui è quella
dell’asimmetria nelle designazioni.
Espressioni differenziate portano a ruoli differenti
entro il gruppo sociale, rafforzano le
sottostanti disuguaglianze e inducono un
pensiero di sé che spesso ricade negli
stereotipi e in attribuzione di altri.
Discorsi diversi costruiscono diversamente il
mondo offrendone diverse rappresentazioni,
classificazioni e descrizioni.
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La discriminazione passa per la lingua
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Il linguaggio quotidiano è
l’ideologia sociale fossilizzata
La lingua è il binario su cui viaggia il pensiero; parlare non è
mai neutro. Ciò che non si dice non esiste. Il pregiudizio si
annida spesso nel linguaggio. La discriminazione, prima
che sostanziale, è linguistica.
Parole che controllano l’immaginario, che producono e
regolano il mondo, che si dicono a nome di tutti, si
presentano neutre, negano la differenza di genere e
permettono dunque al maschile di sottrarsi alle relazioni.
Interrogarsi sul sessismo nei linguaggi significa chiedersi se
l’uso che facciamo del linguaggio avere un’influenza sul
nostro modo di pensare e, di conseguenza, sul nostro
modo di agire.
Nella quotidianità si gioca lo spazio più importante della
nostra esistenza.
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LINGUAGGIO come artefatto simbolico per
rappresentare e ricostruire la REALTÀ
logica
logica
aristotelica
aristotelica
l’uno e l’unicità
il due come non-uno o alterità categoria centrale
l’uno e l’unicità
logica
logica
l’uno e l’unicità sono divenuti neutro/universalità che cartesiana
cartesiana
comprendono in sé la differenza nascondendola
fino a considerare il soggetto femminile
come compreso nell’umanità universale
che è in realtà soggetto maschile 12
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Libertà femminile significa questo: usare l’intelletto
senza negare che esso è in un corpo di donna, per
costruire un pensiero che si radichi nella propria
esperienza reale, per stare al mondo non in maniera
subalterna o concorrenziale o paritaria con i maschi
ma in maniera autentica e sensata, secondo un ordine
simbolico che dia alle donne parola sul mondo e su se
stesse.
Questo pensiero fornisce possibilità di ordine e senso
anche ai maschi, perché, indicando la parzialità del
loro essere ne limita la presunzione di assoluto.
Il primo ambito nel quale tale libertà è coartata è il
‘linguaggio’, depositario di un ordine simbolico
patriarcale, cioè un sistema di rappresentazioni
speculari alla soggettività maschile. 14
LINGUAGGIO SESSUATO
genere
generegrammaticale
grammaticale
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I gender studies nella sociolinguistica e nella
linguistica applicata si sono sviluppati molto
soprattutto in America a partire dagli anni ‘70
con la pubblicazione del libro della linguista
Robin Lakoff “Il linguaggio e il posto della
donna” , e sono proseguiti con le opere di
Deborah Tannen (“Ma perché non mi capisci?”) e
di Jennifer Coates, tra le altre.
Il movimento femminista sollevava la questione
delle parole con cui le donne venivano
designate,e chiedeva alle istituzioni, alle scuole,
ai media, un uso non sessista della lingua,
richiedendo, quando necessari, cambiamenti
linguistici adeguati.
Il rapporto tra linguaggio e genere non è invece mai
stato particolarmente approfondito in Italia,
dove solo nel 1987 furono pubblicate le
“Raccomandazioni per un uso non sessista della
lingua”, a cura di Alma Sabatini .
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Nel mondo anglosassone, a partire dagli Stati Uniti negli
anni ‘70 del secolo scorso, le iniziative per contrastare
il sessismo nella lingua hanno comportato sia interventi
istituzionali, sia un’attenzione massiccia, nei luoghi di
diffusione di cultura e informazione (scuole, case
editrici, redazioni di giornali, associazioni culturali,
istituzioni giuridiche), verso l’uso di certe forme
criticabili e la predilezione per nuove altre non
discriminatorie.
In Italia ci si è mossi con ritardo, perché i mutamenti
economico-sociali e la consapevolezza culturale sono
maturati con più lentezza.
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Riflettere sugli automatismi
A metà degli anni ‘80 gli studi di Alma Sabatini e di Patrizia Violi
pongono la questione di come la lingua neutra, espellendo da
sé ogni traccia di differenza, dia voce ad un solo soggetto,
apparentemente neutro e universale, in realtà maschile […]
e ripensano alla lingua in una prospettiva diversa, mirante a fare
emergere e liberare le possibilità creative e vitali che la
differenza sessuale racchiude in sé, nel momento in cui essa
diviene luogo ove si esprimono due diversi soggetti, non
simmetricamente definiti.
I lavori sulla questione non sono molti, ma è opportuno ricordare
almeno Donna & Linguaggio (1995), una raccolta di saggi curata
da Gianna Marcato e articolata in cinque sezioni nelle quali si
esaminano, rispettivamente, i rapporti lingua-genere-sesso, la
scrittura al femminile, l’uso linguistico e le matrici culturali, la
fonetica e gestualità al femminile, e gli approcci lessicali alle
tematiche della femminilità.
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Non si usa la sessuazione del linguaggio perché il nome è
potere, esistenza, possibilità di diventare degne di
entrare nella storia in quanto donne, trasmettitrici della
vita ad altri a prezzo dell’oscurità della propria. Questo
infatti è il potere simbolico del nome, dell’esercizio della
parola: trasmettere la storia sessuando il linguaggio è
narrarsi, dirsi, obbligare ad essere dette con il proprio
nome di genere.
Se non abbiamo nome e siamo possesso di un uomo,
dell’etnia, della nazione, della religione, possiamo
essere violentate nei molti modi in cui ciò avviene: se
abbiamo nome e potestà di noi stesse la cosa è più
difficile.
Così Lidia Menapace nella postfazione di Parole per giovani donne - 18 femministe
parlano alle ragazze d’oggi, scritto nel 1990. 21
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Sguardi sulle differenze
L’opposizione
maschile/femminile è
investita da un sistema di
valorizzazioni che ne
delinea lo spazio semantico.
Può non esser percepito, ma la
forma linguistica funziona
come generatrice di senso
e di metafore: queste sono
il residuo di un simbolismo
che perdura.
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L’invisibile parzialità
Le lingue non registrano proprietà intrinseche della natura, ma
categorie che in esse si sono formate e che sono state proiettate
poi sulla natura; le stesse distinzioni che percepiamo tra oggetti e
eventi esistono per noi perché abbiamo nella nostra lingua nomi
specifici atti a indicarle, ma l’appartenenza a una serie o all’altra
non è universale: dipende dalla formulazione che ne danno le
diverse lingue.
Le lingue sono anche i luoghi della codificazione dei ruoli sessuali
nelle diverse culture e società, ruoli vissuti come naturali e quindi
ritenuti immutabili proprio perché appresi dalla e nella lingua
materna: qualità, caratteristiche psicofisiche, disposizioni d’animo,
atteggiamenti, modelli di comportamento, aspettative e
sentimenti pertinenti alle immagini del femminile e del maschile
secondo i canoni dell’educazione di genere, cui dovrebbero
conformarsi le donne e gli uomini reali.
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La linguistica, così come tutte le discipline in cui il pensiero
raggiunge la massima astrattezza e generalità possibile,
fonda le proprie teorie su un soggetto universale che
dovrebbe valere quale paradigma dell’intero genere
umano.
La fragilità che si cela dietro questa parvenza di soggetto
forte si svela però non appena è una donna a prendere la
parola.
L’irrompere della differenza sessuale nel linguaggio infrange
l’illusione di un locutore puramente formale, mettendo in
luce il nesso inscindibile fra physis e ratio, scoprendo
nuove dimensioni di significazione, nuovi collegamenti fra
la linguistica e altri campi del sapere, oltre alla sociologia
e alla psicologia, quali la filosofia, la psicanalisi e le
neuroscienze.
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Il linguaggio è “genderizzato”, e ogni lingua ha un modo di esprimere
la propria “genderizzazione”.
In inglese la maggior parte dei sostantivi è neutra, ma pronomi e
aggettivi possessivi rimarcano l’importanza di definire il genere
del soggetto o dell’oggetto di cui si parla.
Nelle lingue latine (italiano, spagnolo, francese, portoghese e
romeno) le parole sono invece quasi sempre declinate al
maschile o al femminile, costringendo gli attori di una
comunicazione ad intendere la forma maschile come se fosse
inclusiva di entrambi i generi e quindi neutra.
L’entrata delle donne in ambiti tradizionalmente considerati maschili
provoca imbarazzi linguistici in una società che ha dato per
scontata l’immutabilità nella divisione dei ruoli.
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Il privilegio maschile sembra consistere
proprio nel non aver bisogno di pensare
in termini di genere, al contrario di
quanto succede alle donne: questo è
quello che sosteneva Georg Simmel nel
1911 e che si può dire riconfermato nello
studio di Pierre Bourdieu, Il dominio
maschile, datato 1998.
Gli uomini non si pongono il problema del
genere, anzi spesso cercano di
contrastare la stessa tematizzazione,
tentando di opacizzare la messa in
questione del linguaggio.
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Ho sempre visto nel dominio maschile, nel modo in cui viene
imposto e subìto, l‘esempio per eccellenza di questa
sottomissione paradossale, effetto di quella che chiamo la
violenza simbolica, violenza dolce, insensibile, invisibile per
le stesse vittime, che si esercita essenzialmente attraverso
le vie puramente simboliche della comunicazione e della
conoscenza o, più precisamente, della misconoscenza, del
riconoscimento e della riconoscenza o, al limite, del
sentimento.
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«Il paradosso implicito nella dichiarazione degli
inalienabili diritti umani consisteva nel prendere in
considerazione un uomo “astratto” in realtà
inesistente … dato che noi conosciamo gli esseri
umani solo in forma di uomini e di donne, e quindi il
concetto di uomo, per essere politicamente valido,
deve sempre comprendere la pluralità degli esseri
umani»
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In altre parole, il sé viene socialmente costruito attraverso il
linguaggio e ogni individuo è chiamato a tessere la trama
della propria storia personale sul telaio delle più ampie
costruzioni narrative imposte dalla società in cui vive.
Dunque, se è vero che la nostra stessa identità e le relazioni
sono costruite per mezzo del linguaggio che parliamo,
possiamo pensare che la strada che conduce al
cambiamento e ad un ampliamento di prospettiva sia
quella di forgiare relazioni nuove mettendo in discussione
le forme dominanti di discorso e aprendo spazi linguistici
che permettano l'emergere di altre visioni del mondo?
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Il nostro intento, nella segnalazione di tali problemi, è quello di far
riflettere su automatismi della lingua, e quindi di pensiero, che
non sono così innocenti quanto si è indotte a credere.
Anche se non è possibile modificare con semplici atti volontaristici le
strutture profonde di senso inscritte nel sistema linguistico,
l’adozione di meccanismi e dispositivi che segnalino alcune
disimmetrie grammaticali e semantiche tra il maschile e il
femminile presenti nel linguaggio, è l’inizio di un percorso di
riflessione e pratica, individuale e collettiva, volto a permettere il
libero formarsi ed esprimersi della soggettività femminile.
I cambiamenti della società hanno influenzato profondamente la
lingua, si pensi solo alla diffusione dell'istruzione, dei giornali, di
radio e tv. La lingua cambia continuamente, ma rimane sempre
uno spicchio di possibilità, per ciascuno, di usare la lingua come
vuole: può scegliere la varietà che desidera, le parole che vuole,
addirittura inventarne, nella pubblicità, senza rispettarne appieno
le regole ... la lingua italiana permette di creare tutte le parole
femminili che vogliamo: la resistenza al loro uso non dipende
certo da fattori linguistici!
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Il senso comune
La fitta e complessa trama delle conoscenze
condivise e largamente interiorizzate a
livello sociale costituisce il senso
comune.
Il senso comune può essere considerato
come l’insieme delle certezze tacite e
indubitabili che ciascun componente di
un gruppo condivide con i suoi simili.
I contenuti e le assunzioni sulle quali si basa
sono ritenute auto-evidenti; le domande
che lo mettono in discussione sono
“prive di senso”; le persone che se ne
discostano sono “dissennate” .
Il linguaggio parlato è un veicolo importante
del senso comune.
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Gli aforismi
(brevi frasi che condensano princìpi “morali” o di senso comune)
“L’uomo è per natura superiore, la donna inferiore; il primo comanda, l'altra ubbidisce,
nell’uno v’è il coraggio della deliberazione, nell’altra quello della subordinazione”
(Aristotele)
“C’è un principio buono che ha creato l’ordine, la luce e l’uomo, e un principio cattivo che
ha creato il caos, le tenebre e la donna” (Pitagora)
“La donna è un male necessario” (Aulo Gellio)
“Nelle chiese le donne tacciano” (Paolo di Tarso)
“ La donna è la porta dell’inferno“ (Tertulliano)
“Oggetto necessario, la donna, per preservare la specie” (Tommaso d’Aquino)
“Una donna deve a suo marito la deferenza che un suddito deve al suo principe”
(Shakespeare)
“L’uomo deve essere addestrato alla guerra, la donna al riposo del guerriero” (Nietzsche)
“Le donne sono nate per badare alla casa, mettere al mondo figli e portare le corna”
(Mussolini)
“Le donne hanno sempre bisogno di un tutore: perciò in nessun caso dovrebbero
ottenere la tutela dei figli” (Schopenhauer)
“ La donna non è niente più che alcune parole scritte da un ragazzino in un cesso pubblico
“ (Bukowski)
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Pilastri di misoginia
L’uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna
invece è gloria dell'uomo. E infatti non l’uomo deriva dalla donna, ma la
donna dall’uomo; né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo.
Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza.
san Paolo di Tarso, Lettere ai Corinzi
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La donna è un tempio costruito su una cloaca (…) Tu, donna, sei la porta
del Diavolo, tu hai circuito quello stesso che il diavolo non osava
attaccare di fronte. È a causa tua che il figlio di Dio ha dovuto morire;
tu dovrai fuggire per sempre in gramaglie e coperta di cenci.
Tertulliano, scrittore latino cristiano, padre della Chiesa e santo
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I precedenti illustri
C’è un principio buono che ha creato l’ordine, la luce e l’uomo, e un principio
cattivo che ha creato il caos, le tenebre e la donna.
Pitagora
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Antica preghiera del mattino dei maschi ebrei
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Le donne sono al mondo
per piacere e obbedire
agli uomini
Jean-Jacques Rousseau
La straordinaria influenza di
Rousseau sul XVIII e XIX secolo
ha avuto la conseguenza di
fondare l’inferiorità della donna
non più sulla volontà di Dio, così
come accadeva nel Medioevo, ma
sulla costituzione stessa della
natura, che ha sancito le differenze
tra genere maschile e femminile.
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Così «autorevolmente» parlavano
cent’anni fa
La donna è un uomo arretrato nel suo sviluppo. E’ tanto infantile
mentalmente quanto lo è fisicamente: le manca la barba, è
microcefala, stupida e pigra. Sa disporre i fiori, s’intende di cucina,
ma i grandi cuochi e i grandi maestri dell’arte sono uomini. (Teorie
«scientifiche» di Lombroso e Ferrero)
Il cinese è preistorico, la donna extra storica; l’uno è escluso dalla
storia a causa della tradizione, l’altra del sesso (Lezioni di Storia di
Giovanni Bovio)
La donna, pena grossi guai, non deve essere distolta dalla sua naturale
missione, ossia quella di allevare figli (Rivista di Filosofia Scientifica)
La donna è inferiore all’uomo perché il suo cervello pesa cento grammi
in meno di quello dell’uomo (Prof. Mingazzini - Giornale d’Italia del
7/11/1911)
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Così alcuni parlano
oggi
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Si intitola Le donne da Platone a Derrida (Plon editore, Parigi 2001)
un’antologia curata da tre studiose (Françoise Collin, Evelyne
Pisier e Eleni Varikas - una filosofa, una giurista e una storica )
che analizza la secolare misoginia dei maestri del pensiero.
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I proverbi
• Abbi donna di te minore, se vuoi essere signore.
• Chi dice donna dice danno.
• Donne e oche tienine poche.
• Donne, asini e noci voglion le mani atroci.
• La donna ha più capricci che ricci.
• Donna che sa il latino è rara cosa, ma guardati dal prenderla in sposa.
• Chi donne pratica, giudizio perde.
• Le donne hanno lunghi i capelli e corto il cervello.
• Chi vuol vivere e star sano, dalle donne stia lontano.
• Mentre le belle si guardano, le brutte si sposano.
• Le donne sono sante in chiesa, angeli in strada, diavole in casa, civette alla finestra
e gazze alla porta.
• Le donne sono una certa mercanzia da non le tener troppo in casa.
• Tempo, vento, signor, donna, fortuna, voltano e tornan come fa la luna.
• Se le donne fosser d’oro, non varrebbero un quattrino.
• Cu' asini caccia e fimmini cridi, faccia di paradisu nun ni vidi.
• Buono o cattivo che sia, al cavallo si dà di sprone. Buona o cattiva che sia, alla
moglie si dà con il bastone.
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Un etimo
Matrimonio è parola di origine recente.
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Parlante o parlata?
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Che strano: le donne hanno poca
autostima
“Signora maestra, come si forma il femminile?”
“Partendo dal maschile: alla ‘o’ finale si sostituisce
semplicemente una 'a'”
“Signora maestra, e il maschile come si forma?”
“Il maschile non si forma, esiste”
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Disegno di una ragazza di 15 anni
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Perfino nel linguaggio della parità
?????????
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Stereotipi linguistici
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È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio
(Albert Einstein)
… tuttavia, vogliamo provarci
Stereotipi palesi:
Donna al volante, pericolo costante
Chi dice donna dice danno
Donne e motori, gioie e dolori
Il silenzio è il miglior ornamento delle donne
La donna è mobile qual piuma al vento
Stereotipi nascosti:
I diritti dell’uomo
La paternità di un’opera d’arte
Il signore e la signora Rossi
La governante; il governante
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1951
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1994 - 2011
Un linguaggio a forte connotazione
sessuale viene utilizzato anche
dalla politica della “seconda
Repubblica”, senza alcun
imbarazzo.
Ricompaiono termini e battute che si
pensavano appartenere ad
epoche premoderne, come quelle
immortalate dalle commedie
cinematografiche degli anni ’50, o
quelle usate dai maschi riuniti al
bar dello Sport.
Questi comportamenti pubblici sono
stati censurati dai governi e dalla
stampa internazionale.
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Modi di dire e frasi idiomatiche discriminanti,
anche in situazioni confidenziali e scherzose
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Traduzione?
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Se l'uomo non è "vergine" è considerato più "uomo"; se non lo è la donna, è
perché è “facile”.
Se un uomo ha molte donne è "tosto", se una donna ha molti uomini è una
"puttana".
Se una donna veste in modo stravagante è poco seria, se lo fa l’uomo è un
originale.
Se un uomo arriva al successo è stato bravissimo, se ci arriva una donna è
perché è andata a letto con qualcuno.
Se un uomo dice parolacce è cosa normale, se lo fa una donna è volgare.
La prostituta è una donna senza morale, il gigolò è un uomo che ha
esperienza.
L’adulterio: per l’uomo un’avventura, per la donna una vergogna.
Il tempo libero: gli hobby maschili sono seri e impegnativi, quelli femminili
sono stupidi.
E infine
Le donne italiane hanno vinto tre volte il campionato europeo di calcio, ma
nessuno lo sa.
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Sciupafemmine, termine derivato dal dialetto
napoletano.
Traduzione inglese: lady killer (vi pare verosimile?)
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Provocante
Si dice in genere di una donna, dei suoi abiti, dei suoi atteggiamenti.
Se cerchi ‘provocare un uomo’ il vocabolario cita come sinonimo
‘sedurre’, o ‘conquistare’.
Ma se cerchi solo ‘provocare’ trovi ‘spingere a comportamenti
aggressivi’.
Come la mettiamo?
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Dignità?
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Anche nel web
Se digiti su Google
“giornalisti”: appaiono i siti dell’Ordine e della
Federazione
“giornaliste”: cercansi giornaliste sexy per
pornotv; le giornaliste più sexy della tv
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Se oggi rivolgere commenti come i riferimenti al colore della pelle
in termini volgari crea finalmente scalpore rispetto a decenni
fa, lo stesso non si può dire per gli epiteti sessisti.
“Che bella gnocca” non fa scandalo, “negro” sì. La stessa cosa per
le differenze di classe. Non si dice più “serva” per la
collaboratrice domestica, ma pare normale dire “è passato un
bel culo”.
Se alla lingua viene riconosciuto un ruolo fondamentale nella
costruzione sociale della realtà, questo vale anche per
l’identità di genere: è perciò necessario che non privilegi più,
come fa da secoli, il maschile, né continui a tramandare
pregiudizi negativi nei confronti delle donne, ma diventi
rispettosa di entrambi i generi.
Il problema non è la difesa di una morale, ma il significato sociale
di un’immagine dei rapporti uomo-donna in cui il secondo dei
termini si costruisca a partire dall’immaginario del primo.
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Perché la figata è buona e bella mentre la cazzata è stupida e
cattiva?
Forse perché si ritiene buono e giusto che la donna sia sintetizzata
nella propria parte sessuale (non ha altra funzione sociale se
non di amante o di moglie); per l’uomo invece è degradante, e
quindi limitativo, confinarsi in quella importante ma non unica
qualità maschile.
E lo sfigato? Ciò che disturba nello stigma implicito nell’attributo è
duplice.
Da un lato l’implicita, primitiva gerarchizzazione dei maschi in base
all’accesso alle donne: lo ‘sfigato’ sta in basso, escluso dal
godimento, mentre chi conta e comanda è baciato dalla
fortuna e in grado di godere. Dall’altro lato, una riduzione della
donna a oggetto di possesso, collezione, vanteria maschile: lo
‘sfigato’ è il contrario di un macho o di uno sciupafemmine,
non potrà mai disporre né di un palmarès di conquiste,
avventure, storie da esibire, né tanto meno di un harem.
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Anche gli insulti costruiscono
l’immaginario
Le invettive indirizzate ai maschi si basano
prevalentemente sulla stupidità,
sull’inefficienza, sulla disonestà, sul
crimine, sulla cattiveria, sulla
vecchiaia, sullo sport. O sulle donne
della sua famiglia. Quelle che
riguardano la bruttezza sono
pochissime.
Quelle che riguardano invece le donne si
riferiscono praticamente tutte
all’aspetto fisico e/o al sesso. È un
elenco che, nella sua ossessiva
insistenza, fa impressione.
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Un cortigiano: un uomo che vive a corte
Una cortigiana: una donnaccia
Un professionista: un uomo che conosce bene la sua
professione
Una professionista: una donnaccia
Un uomo pubblico: un uomo famoso
Una donna pubblica: una donnaccia
Un uomo di strada: un uomo duro
Una donna di strada: una donnaccia
Un uomo facile: un uomo col quale è facile vivere
Una donna facile: una donnaccia
Un intrattenitore: un uomo socievole
Un’intrattenitrice: una donnaccia
Un uomo molto disponibile: un uomo gentile
Una donna molto disponibile: una donnaccia
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Perché “figlio di buona donna” e non
“figlio di buon uomo”?
Perché “figlio di puttana” e non “figlio di
evasore fiscale”?
Non servono scuse come “l’ho detto per
scherzo” o “volevo dire che”: c’è
sicuramente un altro modo di dire le
cose.
Dietro ogni insulto si può leggere un
pezzo di storia della società che lo
produce.
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Titoli di giornale su donne importanti
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Dietro all’offesa, la paura
L’insulto rivolto a un uomo chiama spesso in causa le “sue” donne,
la sorella o la madre (direttamente, in figlio di puttana, o
indirettamente, ‘a bucchina ‘e mammeta - ‘a bucchina ‘e
soreta), o la fidanzata/moglie (indirettamente,
nell’apostrofarlo come becco o cornuto).
Dal Medioevo in poi chi subisce un tradimento è oggetto di
scherno e di irrisione mediante l’abbassamento a un livello
animalesco-grottesco, che serve a esorcizzare diverse paure, e
soprattutto l’angoscia di essere traditi per inadeguata o scarsa
virilità.
Non è usuale “cornuta”, non esiste “becca”: l’esser tradita forse è
troppo usuale per esser degno di nota, e poi solo i maschi
possono temere che il figlio non sia loro.
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«Fatti una ragazza»
“Inesperto perché ha scopato poco”: tipico modello della mentalità
patriarcale, paternalista e “maschia” che attribuisce all’abilità e alla
pratica nel consumo del sesso (sesso etero, sia ben chiaro) un
particolare valore sociale, etico, iniziatico persino.
“Fatti una ragazza”, pronunciata da un uomo verso un altro uomo con
l’atteggiamento paternalista di chi ne sa di più, di chi non considera
l’interlocutore alla sua altezza, al suo grado di maturità. Quindi chi la
pronuncia usa il classico luogo comune sessista secondo il quale, per
“crescere”, per “maturare”, serva fare sesso; se non eiaculi un po’
dentro qualcuna, non sei “uomo”. Niente male eh?
“Fatti” una ragazza. Già “tròvati” sarebbe stato meno violento. La ragazza
quindi uno se la deve fare come “ci si fa” la macchina, la moto, un
viaggio. La ragazza la si acquista, la si prende, è lì a disposizione, ce ne
sono tante. Scegli marca e modello, considera se puoi permetterti gli
optional e fattela.
“Una” ragazza, non “la” ragazza. Non è richiesto alcun grado di
particolarità, va bene una qualunque. Lo scopo è svezzare il
ragazzetto, quindi chi sia lei è indifferente, va bene una qualunque
alla bisogna.
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Fa male anche il silenzio
Un amico dice: “Senti questa barzelletta, è divertente”. Sorridi e ti
aspetti di fare una bella risata, invece ti trovi ad ascoltare una
barzelletta umiliante per le donne. Le descrive come
incompetenti, deboli, isteriche, oppure come semplici
strumenti sessuali. Molte barzellette parlano di cose terribili
come lo stupro in un modo “scherzoso”.
Il sorriso ti si è gelato sulle labbra e ti senti a disagio; sai che tutto
questo non è giusto. Vorresti dire qualcosa ma ti sembra che
agli altri presenti la barzelletta sia piaciuta. Sorridono e tu non
vuoi fare il guastafeste.
Ma forse, forse, forse, alcuni di loro stanno pensando le stesse
cose che pensi tu; forse quel sorriso che hanno stampato in
faccia è imbarazzato quanto il tuo.
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Titoli di cortesia
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Hanno un attimo di esitazione. Poi, con un
sorriso gentile, ti chiedono quasi galanti:
“signora o signorina?”. È come se pensassero
che chiamarti signora quando sei signorina sia
un po’ indelicato.
E chiamarti signorina quando sei signora sia
invece un po’ troppo lusinghiero. Si
confondono, si impappinano, si perdono nel
dettaglio: gli uomini.
Silvia Ballestra
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Il lessico
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Le forme sessiste derivano da:
• Asimmetrie grammaticali, come l’uso del maschile
generico
es. i cittadini: si usa il maschile per denotare sia maschi che
femmine
• Asimmetrie semantiche, che riflettono gli stereotipi
sociali
es. un governante/una governante
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In italiano non esiste il neutro
Si sostiene, salomonicamente, che il maschile si può usare 'in
senso neutro' o che 'tanto ci si riferisce al lavoro, non alla
persona, quindi non importa specificare se si tratta di maschile
o femminile'.
Ma il 'maschile neutro' non esiste, e per ragioni squisitamente
linguistiche: in italiano il genere grammaticale corrisponde,
per gli 'esseri animati', a quello biologico. Il genere
grammaticale maschile si lega a un referente biologicamente
maschile, quello femminile a un referente femminile.
Semplificando molto, il genere grammaticale maschile evoca
nella nostra mente un uomo, quello femminile una donna.
In italiano il genere grammaticale dei nomi è comunemente
congruo con il genere biologico del referente.
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Paradossi quotidiani
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I femminili che mancano
ÆNella nostra lingua mancano i femminili relativi alle professioni e alle
cariche che le donne hanno via via assunto nel corso di questo secolo. I
femminili sono invece ben presenti e radicati per ruoli e mestieri
tradizionalmente svolti dalle donne quali: casalinga, massaia, governante,
lavandaia, infermiera, merlettaia, segretaria, nutrice, levatrice, etc. Per
molti di questi, manca significativamente il maschile, oppure esso assume
un significato totalmente diverso.
Ruoli professionali,
cariche istituzionali e politiche sono quindi
espresse col genere maschile anche se
ricoperte da donne.
94
Angela Merkel vuole essere nominata al
femminile, perché lo ritiene un
genere di tutto rispetto, anzi di gran
rispetto. E non teme di perdere di
autorevolezza venendo apostrofata
Kanzlerin, cioè Cancelliera.
Merkel è dunque al
contempo Cancelliera e una delle
persone più potenti del mondo. Si
può fare.
95
• Non sempre vi è stato un cambiamento nell’etichetta
linguistica che potesse includere le donne.
• All’inverso per altre professioni, tipicamente femminili,
l’ingresso degli uomini ha comportato una ridefinizione
dell’etichetta linguistica designante la categoria.
• Per esempio: hostess --> tipicamente femminile, dopo
l’ingresso degli uomini -->assistenti di volo.
96
Le differenze riscontrabili negli usi linguistici
riflettono spesso le più importanti distinzioni
esistenti all'interno della comunità.
Non si mette in dubbio che l’uso del maschile con
doppia valenza faccia parte integrante della
lingua italiana, così come è entrata nell’uso.
Ciò che meraviglia è quanto le conseguenze sulla
mente di chi scrive e di chi legge, di chi parla e
di chi ascolta, siano state completamente
ignorate: che non ci si sia accorti di come tale
abitudine linguistica riesca a cancellare
completamente la presenza delle donne in un
testo, che si tratti di storia, di cronaca, di
attualità politica od altro, rendendo, per
converso, ancor più massiccia la già
preponderante presenza maschile.
97
Che brutto termine, suona male
98
Resistenze: ministro o ministra?
Le esitazioni puntualmente provocate da qualsiasi tentativo di
'cambiare la lingua' per definire i nuovi ruoli delle donne a
livello di comunicazione sia istituzionale sia individuale e
quotidiano, per quanto si dichiari l'assenza di intenzioni
discriminatorie, rivelano in sostanza un'ancora diffusa
diffidenza ad accettare il riconoscimento di uno status sociale
di piena dignità socio-professionale per le donne e, in termini
più generali, una profonda resistenza a mutare i modelli di
genere tradizionali.
In ambito protestante è stata coniato il termine pastora per
indicare il ministero pastorale esercitato da una donna. In
pochi anni il termine è entrato nell'uso comune e non suona
più "stonato".
La lingua è viva e si adatta alla realtà: le resistenze sono simboliche
e non grammaticali.
99
il ministro Elsa Fornero, il magistrato Ilda Bocassini,
l’avvocato Giulia Bongiorno, il rettore Stefania
Giannini
102
Nei casi seguenti la forma del termine non cambia e si ha
soltanto l’anteposizione dell’articolo femminile:
- termini in -e /-a
es. la custode, giudice, interprete, parlamentare, preside,
poeta, vigile
-forme italianizzate di participi presenti latini
es. agente, dirigente, inserviente, presidente,
rappresentante
-composti
-es. capofamiglia, caposervizi
103
Il suffisso -essa
• Nasce per indicare “la moglie di chi esercita la funzione e non già
chi è idonea a esercitarla direttamente” (Leone)
105
L’uso in evoluzione
106
Ondeggiamenti - Ricerche da internet
108
109
LINGUAGGIO SESSUATO: esempi (T. De Mauro, 2005)
111
I docenti sono uomini,
gli amministrativi donne!
112
Storica, ma direttore
113
Cambia la realtà
=
cambia il linguaggio
Le istituzioni promuovono la
femminilizzazione della lingua
114
115
116
Onu, Dichiarazione universale dei diritti umani
(1948)
• l’art. 1 affermava che tutti gli uomini nascono
liberi e uguali in dignità e diritti
grazie alle pressioni delle donne delle lobbies e
delle delegazioni sovietiche e indiane la
dizione fu cambiata in
tutti gli esseri umani 117
Orientamenti europei
120
Scrive il Parlamento Europeo …
121
In Spagna e in Lichtenstein la lotta contro il sessismo
passa anche attraverso i segnali stradali
122
In Italia, a livello centrale
http://www.innovazionepa.it/dipartimento/documentazione/documen
tazione_pari_opportunita.htm
123
Bisogna risalire a un momento importante del
dibattito sulla “lingua sessuata”, che ha
impegnato, dagli anni ‘70 in poi, studiosi e
intellettuali, sotto la spinta delle elaborazioni
teoriche delle donne.
Il momento coincide con la formulazione delle
Raccomandazioni per un uso non sessista della
lingua italiana (1987) della studiosa Alma Sabatini.
Dietro il meritorio lavoro svolto da Sabatini premeva
una realtà in mutamento, un mondo di valori in
subbuglio, nel quale si cominciava a percepire con
chiarezza, per esempio, che i suffissi in -essa e in -
trice avevano sempre indicato le poche attività
svolte dalle donne con il benevolo e spesso
ipocrita benestare degli uomini: dottoressa,
professoressa, badessa, studentessa, poetessa;
levatrice, ricamatrice, scrittrice. 124
Le proposte contenute nel volumetto di Sabatini
trovarono eco nel Codice di stile delle
comunicazioni scritte ad uso delle
amministrazioni pubbliche pubblicato presso il
Dipartimento per la Funzione Pubblica della
Presidenza del Consiglio dei Ministri (1993) e
successivamente nel Manuale di Stile.
Strumenti per semplificare il linguaggio delle
amministrazioni pubbliche. Proposta e
materiali di studio, a cura di Alfredo Fioritto
(1997).
Esempio recente (novembre 2010) del Comune di Imola, che riscrive il proprio
Regolamento esplicitando la differenza di genere
126
Regione Lombardia
127
Mentre il lessico è più sensibile ai cambiamenti nella
percezione della realtà, le strutture morfosintattiche si
possono modificare solo in un arco temporale più lungo e
con maggiore difficoltà
128
Esempi
Tutti i giorni donne e uomini dicono almeno una frase del tipo
"devo andare dal medico", "hai bisogno di un avvocato", "gli
studenti hanno protestato", "i viaggiatori in partenza per
Roma" , "siamo cittadini europei …
129
Invisibilità
130
Chi guida la grammatica?
131
Se l’insegnante si rivolge alla
propria classe mista dicendo
“Ragazzi, ora faremo...”, tutta
la classe si sente chiamata in
causa, ma se dice “Ragazze,
ora faremo...” solo la
componente femminile si
sente interpellata.
132
Facciamo un semplice esperimento mentale: supponiamo che
nella cultura X la gente usi pronomi diversi in funzione non
del sesso, ma del colore della pelle. Per puro caso il
pronome generico è quello usato per riferirsi ai bianchi e,
per puro caso, il gruppo sociale privilegiato è quello dei
bianchi.
Come reagiremmo alle proteste della gente di colore per l’uso
dei pronomi "bianchi" per riferirsi a un individuo generico?
133
Traduzione?
134
Il maschile neutro
Ø AA.VV. (De Mauro, Tullio): Come parlano gli italiani. Firenze (La Nuova Italia), 1994
ØAA. VV. (Sobrero, Alberto A.) Introduzione all’italiano contemporaneo, Le strutture, Roma- Bari
(Laterza), 1993
Ø Berruto, Giuseppe: La sociolinguistica dell’italiano contemporaneo. Roma (La Nuova Italia
Scientifica), 1992
ØChiti, Eleonora, Parlare e scrivere senza cancellare uno dei due sessi . In: Educare ad essere donne e
uomini: Intreccio tra teoria e pratica, Torino (Rosenberg e Sellier), 1998
ØCortelazzo, Michele A.: Italiano d’oggi. Padova (Esedra editrice s.r.l.), 2000
Ø D’Achille, Paolo: L’italiano contemporaneo. Bologna (il Mulino), 2003
ØDella Valle, Valeria/ Patota, Giuseppe: Il Salvalingua. Il manuale più aggiornato per risolvere tutti i
dubbi dell’italiano parlato e scritto. Milano (Sperling Paperback), 1995
ØMarcato G. (a cura di), Donna e linguaggio, Padova (CLEUP), 1995
ØPerrotta Rabissi, A. e Perucci, M.B., Linguaggiodonna . Primo Thesaurus di Genere in lingua
Italiana, Centro di studi storici sul movimento di liberazione della donna in Italia, Milano, 1991
ØRobustelli, Cecilia, Il genere femminile nell’Italiano di oggi: la norma e l’uso, Commissione
Europea, 2007
ØSapegno, Maria Teresa, Che genere di lingua? Sessismo e potere discriminatorio delle parole, Roma
(Carocci), 2010
ØSerravalle, Ethel (a cura di), Saperi e libertà, Progetto Polite (Associazione Italiana Editori), Milano,
139
2000
140
141
Il sessismo nella lingua italiana (pdf scaricabile della
Commissione Pari Opportunità della Presidenza del
Consiglio): risale al 1993 ma è ancora attuale.
142
143
Il Glossario Lessico della differenza, a cura di Aida Ribero
(Centro studi e documentazione pensiero femminile della
Regione Piemonte) contiene 51 voci in ordine alfabetico
che definiscono alcuni concetti-chiave inerenti alle
tematiche di genere.
Come si legge nell’introduzione, il glossario intende
sintetizzare una serie di ‘voci’ relative al pensiero della
differenza, in modo semplice e chiaro, ma affidabile
scientificamente, sia nell’esposizione che nei contenuti.
Inoltre, ha lo scopo di rendere fruibile la terminologia di
genere alle giovani e ai giovani che affrontano tesi di
laurea su questi temi, nonché alle nuove generazioni che
intendono operare nell’ambito dei progetti sulle pari
opportunità e di una società che si prefigge una
democrazia sempre più equa e solidale.
E’ possibile scaricare la versione integrale del testo.
144