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7/8/1993
Studi di Estetica
III serie
anno XXII, fasc. I
Hermann Koller
La mimesis nellantichit*
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In questa discussione fortemente ironica (del terzo e del decimo libro) tutto
si fonda sulla tesi che larte imitazione, tesi che troviamo (corsivo mio)
non solo in Platone, ma anche in Aristotele e in tutta lantichit (unitamente
alla tradizione da essa determinata). Come lettori moderni tuttavia
osserviamo gi qui prima di ogni paradosso gi visto e voluto da Platone
stesso una fondamentale difficolt. Ci immaginiamo con il termine
imitazione qualcosa come una riproduzione meccanica, fotografica del
reale che noi, con diritto, valutiamo essere il contrario dellatteggiamento
este-tico. Anche il naturalismo, che vuole la verit disillusa e non la
bellezza stilizzata, ci sembra giustamente essere qualcosa di diverso; una
forma particolare di creazione arti-stica, che utilizza solo la
rappresentazione disincantata della realt quotidiana, senza che in ci
risieda lessenza dellarte.
Arte per noi non imitazione del reale, piuttosto creazione di un altro
mondo, derivante dalla fantasia dellartista, un mo-ndo che se osservato
dal punto di vista della fedelt della rappresentazione accanto al primo,
quello reale, possiede il carattere dellillusione.
Krger ritiene che lantica tesi dellimitazione non possa fondarsi semplicemente
su di unassenza universale di signi-ficato per larte dellantichit (corsivo mio), ma
che si fondi piuttosto su di una comprensione del mondo fondamental-mente
diversa, secondo la quale, al greco, il mondo stesso
Se si parte da questo tipo di esperienza del mondo, allora la tesi che larte
imitazione diventa assolutamente compren-sibile: se il rapporto con il
mondo, nella comune esperienza umana, gi cos artistico, allora c
bisogno realmente solo di esprimere e rappresentare, dunque di imitare
ci che significativamente commovente, il bello ed il meraviglioso che nel
mondo stesso gi dato.
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Dobbiamo chiederci ora su che cosa si fondi questa dif-ferenza rispetto alla
nostra concezione. O il nostro rapporto con la musica divenuto qualcosa di
completamente diverso, oppure, il che pi verosimile, il significato di mivmhsi
completamente diverso per i Greci che per noi. In effetti, uno sguardo ai maggiori
dizionari ci insegna come vengano in genere distinti due gruppi: a) imitare, b)
mimei`sqai per musica e danza, per cui si portati a pensare che il significato b)
sia derivato da a) attraverso una traduzione. Tuttavia, le nostre fonti pi antiche per
mimei`sqai sono rintracciabili sotto b). Se il concetto di mimesis, come afferma
Frank, sembra essere associato primariamente alla musica greca, e le prime
testimonianze di questo termine sono rintracciabili anzitutto nella musica, e se
daltra parte, come vedremo, in campo letterario, con il significato di imitazione,
questo concetto pone difficolt insormontabili, appare certo giustificato porre per
una volta, appunto, tale concetto al centro di una ricerca.
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Dobbiamo ancora una volta osservare litinerario che abbiamo percorso, poich,
costretti dal tipo di documenti, non possiamo scindere la ricerca concettuale dalla
rappresenta-zione teorica e storica. Punto di partenza del nostro lavoro stato il
concetto di mimesis nella Poetica aristotelica. Esso ci ha indotto ad una estesa
verifica di tutte le testimonianze di mimesis a nostra disposizione. Da questa
risultato che mivmhsi pu significare imitazione ma che il termine pos-siede
inoltre un campo di significato completamente diverso rispetto alla espressione
imitazione, imitatio. Il suo cen-tro significativo risiede nella danza. Mimei`sqai
significa pri-mariamente condurre attraverso la danza alla rappresentazio-ne. Alla
danza greca si legavano sempre, contemporanea-mente, ritmo, accompagnamento
musicale e parola narrante. Losservazione che mi``mo e tutti i concetti da esso
derivati sia-no originariamente propri solo della sfera del culto, e precisa-mente del
culto orgiastico, come il fatto che, nonostante lap-plicabilit metrica, essi non
compaiano nella prima lingua let-teraria, e non offrano connessioni con lingue
indogermaniche, ci porta alla supposizione che mi``mo indichi lattore e la maschera del dramma cultuale dionisiaco. Indipendentemente dal tentativo di
spiegazione, certo che mimei`sqai indica una rap-presentazione danzata e che da
qui si sono sviluppati i suoi successivi impieghi. La tabella che segue deve
raccogliere in forma di sunto la nostra ricerca.
La tabella non pretende di offrire uno sviluppo cronologi-co del concetto di
mimesis. Il genere delle nostre testimonian-ze non lo consente. Essa deve tuttavia
illustrarne lo sviluppo ideale.
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Con ci non va dato particolare peso al primo approccio secondo il quale mi`mo
= attore di un dramma dionisiaco: si tratta qui di nulla pi che una supposizione. Per
mimei`sqai ci si deve tuttavia attenere al significato sostanziale di rappresentazione danzata. Solo da questo punto di partenza risulta lin-guisticamente
incontestabile la divisione dei significati in imitare e rappresentare; essa non lo
pi infatti se a-dottiamo come punto di partenza imitare. La linea perpen-dicolare
centrale indica la costanza delluso primitivo attraver-so lintera storia linguistica
greca. Le connessioni orizzontali devono indicarci le interferenze, chiaramente
comprensibili nelle nostre interpretazioni, tra i due significati. Questa ricerca sui
termini ci ha condotto contemporaneamente alla fonte del concetto teorico di
mimesis.
Ci che, in forma estremamente abbozzata, abbiamo potuto presumere
dallanalisi del terzo libro della Repubblica di Platone, dalle parti sulla danza greca
nelle Leggi, dai capitoli della Politica di Aristotele sulla musica pedagogica, riceve
una sorprendente chiarificazione e conferma dalla presa in esame del secondo
libro del peri; mousikh`` di Aristide Quintiliano: i Pitagorici del V secolo hanno
riconosciuto i fenomeni delle danze cultuali orgiastiche nel loro significato
terapeutico ed hanno assunto queste danze nella loro educazione. A partire
dallosservazione dellentusiasmo, essi sviluppano la prima teoria dellespressione,
comprendente tutte le possibilit espressive umane, teoria che venne rafforzata
attraverso una grandiosa dottrina sullorigine della cultura. Il risultato del nostro
studio lessicologico coincide quindi pienamente con quello teorico.
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Nel corso delle nostre ricerche abbiamo potuto mettere in evidenza diverse
sfumature dellantica dottrina della mimesis.
Nella teoria della musica la sua origine, naturalmente, ancora pi chiaramente
comprensibile. Nella retorica, come vedremo nella seconda parte, essa si fece
largo attraverso Gorgia. In questi, tuttavia, si incontra gi un trasferimento della
teoria espressiva alla poesia, a partire dal quale egli reclama per il linguaggio
prosastico lo stesso valore proprio della poesia. Ci nonostante nella mimesis
originaria, musicale e propria della danza, non si ritrova ancora alcuna applicazione alla poesia. Infine, la concezione linguistica cratilea si fonda ugualmente sulla
teoria della fuvsi pitagorica.
Platone, mentre nel terzo libro della Repubblica, con le restrizioni etiche del
concetto teoretico-musicale della mimesis (con il prevpon come misura), crede
ancora di poter condurre la battaglia contro Omero, nel decimo libro desiste
assoluta-mente. Qui procede con le armi pi sottili della sua dialettica. La mimesis
ora solamente unimitazione di terzo grado, alla quale non spetta pi alcun
contenuto di verit. Egli qui si contrappone inoltre (non ancora nel terzo libro) alla
poeti-ca delineata da Gorgia, al centro della quale non viene posto lepos, ma la
tragedia.
Sguardo retrospettivo
Al termine del nostro lavoro, dobbiamo richiamare ancora una volta alla memoria
la portata del punto di vista storico-intellettuale dellantica teoria della mimesis nelle
sue singole tappe.
Il punto di partenza stato offerto dalle considerazioni linguistiche in merito al
concetto di mimesis, relativamente a come esso stato impiegato nella poetica
teorica, soprattutto in quella di Aristotele. Risulta che il tradizionale significato di
imitazione erroneo e comprende solo una piccola parte del campo di significato
greco.
Attraverso le nostre considerazioni siamo stati condotti al centro del significato di
mimesis, che si trova nella danza. Certo questosservazione non ci ha offerto solo
la chiave per la comprensione del concetto di mimesis del linguaggio corrente.
Piuttosto abbiamo dovuto sottolineare il fatto che anche il concetto teorico di
mimesis si sviluppato attraverso la danza cultuale catartica. Con i Pitagorici del V
secolo avanti Cristo, esso divenne il punto di partenza di una teoria espressiva
riccamente sviluppata, le cui conseguenze abbiamo tentato di abbozzare nella
seconda parte del lavoro. La danza greca quale unione di parola, melodia, ritmo e
gestualit configurava realmente lunit naturale dellespressione umana. La
mimesis rimane perci sempre legata alluomo, essa il suo divenire nella forma.
Eppure questunit non il risultato di unaddizione delle singole componenti, e
questo il fatto decisivo, ma rappresenta anche la difficolt per la comprensione
moderna.
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Noi conosciamo una pura arte della parola ed una musica assoluta, indipendente
dalla parola; la danza pi che mai, e la nostra esperienza del ritmo, sono
sostanzialmente senza parola, legate al tempo della musica e indipendenti dalla
melodia. Il termine greco come tale, al contrario, comprende in s il significato e la
melodia della parola, che sempre si manifesta, anche nelluso pi profano, quale
movimento melodico, allinterno di una quinta (Dion.-Halic.). Attraverso le sue
quantit determina il ritmo della frase, al quale si subordina il movimento del corpo.
Va compresa in questo modo la frase di Platone in Repubblica 338a:
to; mevlo ejk triw``n ejstin sugkeivmenon, lovgou te kai; aJrmoniva kai;
rJuqmou`... Kai; mh;n th;n ge aJrmonivan kai; rJuqmo;n ajkolouqei``vn dei``
tw/` lovgw/.
Questa unit di ritmo, armonia e logos presupposta nella parola greca, ma nella
sua forma artistica, era la Mousik. Essa si afferma dunque in questo senso solo in
una lingua senza accentuazione, quantitativa e musicale come il greco (cfr.
Georgiades, Der griechische Rhythmus, Hamburg, 1949).
Tuttavia anche il superamento teorico della musica rispec-chia lunit originaria.
Nelle prime opere peri; mousikh`` tutti gli ambiti dellespressione artistica vengono
di fatto illuminati da questo centro. Anchessi si dividono nei diversi capitoli del ritmo
(metrica), hypokrisis (actio), melodica, poetica, stilistica. Eppure questintera teoria
non una costruzione eseguita con materiali di diversa provenienza. Piuttosto, le
singole com-ponenti sono solo le superfici di un cristallo, poste sotto una particolare
illuminazione. Non esiste ad esempio ancora la grammatica intesa quale scienza
autonoma dellespressione puramente linguistica, mentre anzi ci tramandato che
per Democrito e Archita (cfr. Frank, Plato und die sogennanten Pythagoreer, Halle
a.S., 1923, p. 169, 35A 19b Diels) la grammatica compresa nella musica. Non si
tratta di unope-razione addizionale, piuttosto dellespressione del rapporto
originario.
Anche a prescindere da Aristide Quintiliano, di questo antico sistema si ritrovano
parecchie tracce, gi indicate da E. Frank (op. cit. p. 167). Lantico impegno con i
problemi del-lespressione, con la musica, pu essere compreso e giusta-mente
valutato solo a partire da questunit. In ogni caso dob-biamo cambiare i nostri
punti di vista, poich esso influenza anche la nostra posizione rispetto alla poesia
greca. Senza considerare ci, applichiamo il moderno concetto di una letteratura
esclusivamente legata al significato, al greco che fino allepoca classica non
conoscer alcuna letteratura.
Su questi presupposti, per noi di solito assolutamente inconsci, e sul loro
superamento, si soffermato efficacemente Georgiades:
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Questa unit doveva venire meno non appena una delle componenti avesse
preso il sopravvento. Gi nel V secolo si delinea una separazione tra le componenti
musicali sotto linflusso dellaulos, che, diversamente dalla kithara, era da sempre
pi incline verso larte solistica. In una recitazione di satiri di Pratina il coro si
oppone allaulos, il quale, secondo luso, dovrebbe solo accompagnare ed ora
invece si arroga il ruolo di guida. Giustamente Pratina vede in questo sviluppo una
rivoluzione dellintera vita musicale, che porter via con s tutte le antiche forme.
Ma in particolare, lo sviluppo solistico del ditirambo attraverso Filosseno, Timoteo e
Teleste, conduce a forme completamente nuove, ad una piena auto-nomia della
melodia, ad un deprezzamento della parola, che per noi verificabile anche nei
Persiani di Timoteo, allob-bligo della risposta, per cui il ditirambo diviene
puramente letterario e non pu pi essere danzato da un coro. Da tutto ci risulta
spianata la strada allaffermazione del mimo, che nellepoca successiva diverr
lunica forma di danza presente.
Il logos guadagna interamente la propria autonomia nella retorica di Gorgia, il
quale raccoglie propriamente leredit dellantica musica. Egli trasferisce le forme
liberate del ditirambo nella lingua della prosa, dove esse sono ancora
esclusivamente piacere esotico ed ornamento, vano gioco artistico con
consonanza, isosillabismo, equilibrio delle con-giunzioni, che non sottostanno pi
alla legge musicale un tempo determinante, ma sono diventati autonomi. Certo
Gorgia non rappresenta solamente leredit dellantica musi-ca; anche il
fondamento teorico per la sua nuova arte della parola egli lha assunto dalla teoria
della mimesis dei suoi precursori, fatto questo che apport un cambiamento
radicale nellinterpretazione, rendendo pi difficile il riconoscimento del
collegamento. Attraverso di esso, la psicagogia origina-riamente musicale, la teoria
dellethos delle forme espressive e la creazione della ritmica, vennero trasferite
anche nella prosa e nella teoria retorica.
Accanto alle contemporanee osservazioni critiche di un Pratina, di Ferecrate, in
generale di tutti gli scrittori di comme-die, la reazione dei sostenitori dellantica
musica, minacciata nella sua essenza intrinseca, la si comprende presso gli
antichi, presso Damone e Platone. La differenza si mostra in particolare nella
contrapposizione di entrambe ai critici della commedia. Per entrambe le parti, il
processo storico oggettivo con cui vogliono confrontarsi lo stesso. Mentre i primi
tuttavia si accontentano, con un ostinato conserva-torismo, di inveire contro le
deviazioni dagli antichi costumi dei padri, Damone, al quale si aggiunger Platone
in una succesiva generazione, tenta di comprendere lantica e minac-ciata Mousik
nella sua profondit nel momento stesso in cui scopre i segreti rapporti con lanima
umana. In questo i Pitagorici, con la loro dottrina dellethos, sviluppata a partire
dalla musica catartico-terapeutica, gli hanno efficacemente spianato la strada.
Verosimilmente era soprattutto Damone colui che utilizz le loro conoscenze nella
battaglia per la musica antica e tent di salvare gli antichi utilizzando le loro
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battaglia per la musica antica e tent di salvare gli antichi utilizzando le loro
distinzioni etiche. Nel suo Protreptikos agli Areopagiti egli deve aver offerto un
quadro illuminante della cultura musicale dellantica Attica ed accennato ai radicali
mutamenti politici, i quali portarono con s un indebolimento delle antiche forme
desercizio musicale. Sembra tuttavia che anchegli, come pi tardi Platone, abbia
preso in considerazione solo la musica propriamente pedagogica dei Pitagorici, e
se ne comprende la ragione ricordandosi la sua intenzione: laulos, lo strumento
specifico della musica catartica, aveva in primo luogo sulla coscienza le novit da
questi combattute. Come Damone aveva trovato una volta nella musica etica il
criterio per lantica Mousik, ugualmente Platone, successivamente, tent ancora
una volta di condurre, con lo stesso criterio, la battaglia per una poesia etica
(Repubblica, libro III). In questo modo esige questi la realizzazione di postulati che
gi in Damone figu-ravano quali forme compiute dellideale ed antica cultura
musicale. La minaccia allantica Mousik aveva mobilitato tutte le controforze. Ad
essa dobbiamo in primo luogo la conoscenza della teoria pitagorica della mimesis e
la sua ulteriore configurazione attraverso i musicisti della scuola di Damone.
Nel rapporto fondamentale dellanima umana con le sue forme espressive, ritmo,
gestualit, melos, logos, si fonda una teoria sullorigine della cultura umana, della
musica e della poesia, sino ad oggi quasi non ancora presa in considerazione, a noi
accessibile per la prima volta nelle Leggi di Platone, e da questi tuttavia esposta
come fosse da tempo nota. Gli Antichi di Aristide Quintiliano ci mostrano che in
questo modo vengono realmente rappresentate le prime idee pita-goriche.
Conseguentemente luomo, gi nelle sue prime espressioni vitali, risulta
determinato da melodia e ritmo e da questi si lascia influenzare. Lespressione
ritmica, musicale, per lui una necessit naturale che non pu essere soppressa.
Uomini il cui animo era particolarmente predisposto al ritmo, alla melodia e al canto,
da improvvisazioni fecero prorompere i primi, molto semplici e poco artistici canti e
poesie, a gloria degli di e lode degli eroi. Musica e danza erano ancora legate ai
luoghi della venerazione degli di. Semplici giochi di danza legati ad un testo
cantato rappresentavano la realizzazione pi compiuta dellantica musica. Esse
vennero pi tardi chiamate Hyporchemata. I primi cantori erano
contemporaneamente veggenti e saggi, che con la loro musica fondavano anzitutto
la comunit umana, facendo leva sul senso del controllo ritmico e dellordine degli
impulsi, sonnecchiante in ogni essere umano.
Sono allincirca questi i tratti della teoria preplatonica sullorigine della cultura
dallo spirito della musica. Alcune delle sue forme pi tarde, ma ancora antiche, le
abbiamo gi apprese. Esse precorrono lera moderna. Quando Giambattista Vico
nel XVII secolo riscopre la lingua originaria del-lumanit nella poesia, egli pu
riferirsi giustamente alle an-tiche fonti che qui abbiamo riproposto. La vecchia
disputa tra Nomos e Physis o tra Thesis e Physis, gi frequente tra gli antichi, si
ripropone con nuovi termini. Sarebbe dunque errato cogliere in questo precursore
dello Sturm und Drang e del Romanticismo lirrompere di un sentimento di vita
comple-tamente nuovo, estraneo agli antichi. Il magister rhetorices napoletano si
sentiva attratto da unaffinit spirituale verso quelle fonti che gli promettevano una
liberazione dal rigon-fiamento barocco delle forme e dalla sterile poetica delle
regole. La sua riscoperta della teoria pitagorica della mimesis poich in lui si tratta
di questo, sebbene non ne fosse comple-tamente cosciente doveva
rappresentare un impulso inatteso per la vita intellettuale dellepoca moderna.
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Non tutti gli sviluppi della teoria della mimesis sono crono-logicamente, anche
solo approssimativamente, determinabili. Limpulso ed i temi principali sono
riconducibili tuttavia unitariamente alla fine del V secolo, sebbene Aristosseno e il
Peripato su molti dettagli possano aver lavorato in seguito. Le scoperte avvenute
grazie ad Archita allinizio del IV secolo nel campo dellacustica non si riferivano pi
allantica teoria della musica fondata sulletica.
Questo non contraddice certo al fatto che Aristosseno da Taranto possa
rappresentare entrambe le direzioni, poich la nuova acustica scientifica si
occupava solo dei fondamenti fisico-matematici dei suoni e solo su questi poteva
offrire risposte.
In unepoca nella quale si erano gi da tempo sviluppate e rese autonome le
singole discipline della grammatica, della logica, della metrica, della teoria musicale
fondata sulla fisica (acustica), della Hypokrisis retorica, della stilistica, della poetica, lantica Mousik sopravviveva nella stilistica dei Kritikoi, almeno per quanto
riguarda lambito dellespressione lingui-stica, come pure in tante trasformazioni
che oscuravano i rap-porti originari, ed in queste stesse singole scienze. La sua
storia acquista una dimensione in pi, se la si ripercorre sino a queste origini, se
vengono realmente prese in considerazione le fonti teorico-musicali.
Come nel caso della mimesis, anche in queste ricerche non pu essere
sottovalutato il ruolo della terminologia greca. Unicamente i Greci, accanto alla
prima scienza europea, sep-pero creare contemporaneamente la terminologia
scientifica in grado di offrire chiarimenti anche sul pi vasto ambito con-cettuale
allinterno del quale si sono sviluppate le singole scienze. La possibilit di
ridisegnare questo con la massima scrupolosit si offre unicamente attraverso una
comprensione puramente storica del suo sorgere e della sua implicazione con la
totalit degli uomini.
Cfr. Platon, Der Staat, intr. di G. Krger, nuova trad. di Rudolf Rufener, Zrich,
1950, p. 4; E. Frank, Plato und die sogennanten Pythagoreer, Halle a.S., 1923, p.
11; Th. Georgiades, Die griechische Rhythmus, Hamburg, 1949.
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