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Letteratura tedesca 25/05

Ci stiamo dedicando a questo macro tema della natura intesa come grande universo simbolico che
sembra divenire sinonimo con grande pathos di autenticità.
L'altra volta abbiamo letto dei testi molto significativi, in particolare Weltende che Kurt Pintus
sposiziona (anche questo è un gesto programmatico esplicito) all'inizio di questa sinfonia, di
questo montaggio di voci simultanee che per lui rappresentano la novità inedita di questo
crepuscolo dell'umanità, che non si presenta come titolo classicamente antologico, ma riquadra
nelle intenzioni del curatore, quest'atmosfera di fine-inizio, questa sensazione culturale di trovarsi
in bilico tra un'epoca di crisi e un'aspirazione utopica alla genesi di un nuovo mondo. In chiave
complementare, questo modello riconosciuto dai contemporanei come "immediatamente
eversivo, sovversivo" rivoluzionario, trova subito una sorta di applicazione poetica come un
modello, un calco che genera a sua volta altre testualità. Questo anche come prova di una
coesione di gruppo, dialogo non solo intertestuale, ma più in generale come linguaggio condiviso
nel senso di un'atmosfera culturale, di un vero e proprio umore che questi giovani artisti
condividono soprattutto in chiave antagonista, ma anche come elemento di coesione della propria
sperimentazione di nuovi codici espressivi.
Abbiamo visto Alfred Lichtenstein, che non a caso intitola il suo testo "Die Dämmerung", quindi
torna la ricorrenza di un modello grottesco.
È sempre una buona regola metodologica partire dal titolo, ad es Weltende, perché è una sorta di
portone simbolico attraverso cui si invita il lettore a entrare dentro un immaginario e in tutti gli
elementi che fanno parte del testo. Di Van Hoddis abbiamo enunciato questo programmatico
intento sia a partire dal titolo che nel suo comporre una poesia formalmente classica nella sua
struttura (cioè composta da due strofe in cui c'è una ricorrenza ordinata di rime), ma c'è un
sovvertimento radicale che riguarda i contenuti, sia nel senso di un'ambientazione moderna, (che
si nota tra le righe di quest'astrazione rarefatta metropolitana del primo rigo) in cui compare il
protagonista di questa moderna civiltà urbana, che è il borghese, borghese in quanto abitante
della metropoli e categoria sociale, emblema di un certo statuto del reale, quindi civiltà
dell'industria. L'uso del plurale, l'articolo determinativo, sono tutti espedienti che fanno parte
dell'astrazione che è principalmente espressionista. Denominare quindi la tempesta come per
indicare la fine del mondo; tutto tende ad avere caratteristiche assolute, irreali, quindi sottratte ad
una concretezza realistica, ad una verosimiglianza. Sono processi di rarefazione simbolica: la
tempesta è quest'energia che sconvolge le coordinate del mondo apparentemente dato. Dal punto
di vista di un censimento analitico fedele al testo, riconosciamo un movimento di precipizio
costante che in qualche modo destituisce le poche sagome umane che si stagliano in questo
scenario non solo di autorità, ma anche di posizione, mentre l'energia della natura si afferma in
modo irruente e prevaricante, che simbolicamente sembra scagliarsi in modo non casuale contro
dimensioni della tecnica della rivoluzione modernizzatrice che è all'ordine del giorno nella
congiuntura di questi decenni. In Weltende sono appunto: le dighe, gli argini, che vengono meno e
crollano, così come le ferrovie, quindi i treni; poi abbiamo visto l'assenza di una soggettività, di un
io che organizzi questa percezione, non c'è un ordine proprio perché in realtà non c'è un
baricentro intorno al quale organizzare questa scomposta sequenza di istantanee.
Siamo in una fase in cui piano piano anche l'immaginario della poesia si sta rinnovando per effetto
della rivoluzione tecnica , c'è quest'allusione alla nuova condizione della vita urbana che si sta
consumando molto velocemente in questo scorcio tardo ottocentesco e primo novecentesco, in
cui abbiamo anche imparato le date del 1890-1914, questo intervallo detto dell' età Guglielmina,
dopo la fondazione del Reich (1871), che rappresenta un momento di spiccato consolidamento di
questa potenza industriale tedesca che corrisponde ad una trasformazione concreta delle forme di
vita e all'affermazione di Berlino come centro precursore, da un lato capitale di quest'impero e
contemporaneamente paesaggio urbano dentro cui la trasformazione di questa modernità incide
maggiormente.
Riflessione sui titoli: Weltende di Lichtenstein che viene spesso citato simultaneamente con quello
di Van Hoddis per mostrare come quel tipo di modulo, cioè versi che in qualche modo sembrano
ritrarre realtà paradossali, scompaginate, di un mondo che è a tutti gli effetti sotto sopra, diventa
poi un formato letterario poetico che dà luogo a una serie di imitazioni che sono intese non tanto
come una supine ed inerte imitazione, piuttosto come una cassa di risonanza che perpetua,
raddoppia, triplica l'effetto detonante di questo primo esperimento che è stato appunto
Weltende.
Già all’inizio abbiamo detto che l’ESPRESSIONISMO, così come il romanticismo, non è una precisa
individuazione di uno stile, piuttosto questo termine “espressionista” viene coniato per la prima
volta da un recensore di una mostra di arti figurative e in quel contesto si riferisce a questo
programmatico congedo da stilemi rappresentativi in chiave realistica, queste proiezioni visionari
che sono caratteristiche di una ricerca che vuole valicare il confine realistico che viene svalutato
come riduttivo, come orfano di questa ricerca che si proietta oltre, per vedere nel senso pieno,
quindi questa misura della visionarietà, della visione come intuizione profonda, capace di
consentire il contatto ravvicinata con un essenza più autentica che si contrappone alla superficie
dell’evidenza realistica che è screditata.
Domanda di una ragazza: in die Dämmerung ho visto un po’ di staticità, questa persona sempre
attaccata alla finestra, lo zoppo che striscia, mentre nell’altra poesia si è già proiettati in questa
tragedia.
Prof: è giusto notare una cosa importante, cioè che se c’è qualcosa di espressionistico è
sicuramente l’ “impulso dinamico”, perché c’è una vera e propria grinta nell’insegnamento
nietzschiano che fa da scuola per questa generazione e nella ricerca espressiva nella poesia. È
giusto dire che in Weltende c’è un grosso movimento, nulla sta al suo posto, (tranne la statica e
inerte constatazione secondo cui le perone hanno quasi tutte il raffreddore) c’è l’energia dello
sturm, questa tempesta, che in italiano è come se lo scrivessimo con la lettera maiuscola per darle
il peso specifico di un ente quasi antropomorfizzato nella sua capacità di agire, questo azionismo
della natura. Sturm e tempesta sono parte di questo grande insieme che è la natura, che si
vendica sovvertendo la scala dei valori rispetto al primato del progresso e della tecnica. Nel caso di
Lichtenstein, quindi del componimento intitolato Die Dämmerung, è come se ci fosse una
constatazione quasi seriale, con una variazione sul tema di tutta una serie di elementi, ad esempio
se guardiamo l’ultimo verso “il carrozzino urla e i cani imprecano”, troviamo tuttavia l’eco di
quest’intensità, energia dinamica.
L’esercizio della voce poetica, la recitazione delle poesie è un altro elemento importante di questa
rivoluzione dell’avanguardia, che cerca un’altra modalità di comunicazione nei confronti del suo
pubblico; questo era già iscritto con la figura di Baudelaire, come prototipo del poeta moderno che
si sa confrontare rispetto al suo rapporto con il lettore e con il pubblico, in un contesto
profondamente mutato.
Quindi guardiamo in controluce un fenomeno che associa Baudelaire all’avanguardia storica del
primo novecento, e più in generale un meccanismo che tutta l’arte borghese contiene fino ad oggi,
cioè il fatto di ripudiare in qualche modo la mercificazione e il consumo da parte di una massa
indistinta e la protezione, la salvaguardia, la tutela, l’affermazione spesso sdegnosa, elitaria, del
gesto artistico come un qualcosa che solo in pochi possono e devono comprendere.
Quello che la modernità sembra lasciar deperire, è la capacità di fare esperienza, perché la
complessità di questa rivoluzione tecnica impone strumenti di tutela e di difesa che già Simmel ha
notato e che comportano che il borghese si atteggi a blasè, cioè si barrichi in una sorta di corazza,
indifferenza, che tutt’ora ha le sue sociologhe conseguenze. Per contro, di fronte a questa
modificazione, l’eccentrico è l’artista che risponde a questo processo di omologazione con questo
ritrarsi in una sorta di simbolica torre d’avorio, dove i poeti di questa generazione parlano ad altri
poeti, piuttosto che a un pubblico esteso.
La stessa operazione di Pinthus, la cui antologia non ha avuto una diffusione allargata di pubblico.
Solo oggi occupa una posizione fondamentale per tutta la lirica del 900.
TESTO “DÄMMERUNG” di August Stramm
Già notiamo che il titolo non ha più l’articolo, quindi ancora una volta c’è questo processo che
passa attraverso questi piccoli dettagli che però trasformano la valenza semantica e incidono sulla
nostra percezione delle grandezze. “Die Dämmerung “ è una precisazione che sembra rendere
astratto il termine, qui addirittura “Dämmerung” è una congiuntura ancora più vasta.
Da una prima rapida percezione della pagina notiamo la disposizione verticale dei versi e ci
introduce già in tutta un’altra dinamica espressiva e modalità compositiva. Vediamo che c’è un
progressivo assottigliamento che culmina negli ultimi tre segmenti (perché non possiamo più
chiamarli “versi”) con una sequenza di interiezioni che hanno a che fare con l’esito anch’esso
studiato dall’autore. Un esito che piuttosto che creare un ordine, suggeriscono un programmatico
effetto di disordine, che è intrinseco alle intenzioni dell’avanguardia, cioè contrapporre all’ordine
borghese il caos nietzschiano della creatività, questa vibrazione energetica che produce scintille.
*lettura del testo*
Traduzione che tenta di restituire anche in italiano le anomalie programmatiche contenute nel
testo originale.
-Hell e Dunkel: sono aggettivi al grado 0, non sono né declinati né sostantivati, sono contrapposti.
v.4: gli effetti di questa rottura annegano dentro solitudine (in Einsamkeit). Perché “in solitudine”
dovrebbe essere tradotto in tedesco come “Einsam” e non in Einsamkeit. Quindi non si tratta della
locuzione “in solitudine”, ma della spazialità solitudine.
-Du!: tradotto con “Ehi tu!”, perché è un vocativo nel senso dell’allocuzione verso qualcuno.
Partendo dal titolo “Dämmerung”: si tratta della congiuntura del giorno in cui si cambia luce,
perché c’è il crepuscolo del tramonto o appunto il preludio dell’alba. Teniamo sempre a mente che
si tratta non solo di un predilezione non casuale da parte degli espressionisti, perché non è tanto il
gesto realistico di ritrarre un momento in cui effettivamente il sole sta tramontando, ma qui il
tramonto così come l’alba, sono due momenti simbolici che preludono l’uno e l’altro, insieme, a
questa dimensione di produttiva e feconda crisi, cioè la possibilità di distruggere qualcosa per
costruire poi qualcosa di nuovo.
Anche qui è visto come momento di passaggio, però il meccanismo giusto è quello di impadronirci
dell’oggettività delle nostre constatazioni.
Cosa ti suggerisce transizione nel testo? Risponde una ragazza: si riferiva al momento in cui
sappiamo che sta per arrivare un nuovo giorno, cioè si ricollega a quel tema dell’espressionismo di
dover in qualche modo sottolineare la tragedia che stava compiendo.
Attenzione al termine tragedia: per gli espressionisti la fine di quel mondo non è una tragedia e lo
abbiamo visto anche nella lirica di Van Hoddis, più in generale ricordiamo questo iconoclasta
fortissimo che è alla base della predicazione filosofica di Nietzsche.
La tragedia semmai nell’ottusità del mondo, che questi ragazzi vogliono contestare sin dalle
fondamenta, ma il loro è un gesto irriverente, che non riconosce autorità, perché infondo
destituisce sin dal principio di ogni autorità, il borghese esattamente come quando gli vola via il
cappello dalla testa che si rivela persino deforme. Quindi è importante cercare le parole giuste per
definire con precisione: qui c’è piuttosto caricatura, deformazione, anche ilarità, cioè messa in
ridicolo.
Proviamo a vedere cosa ci colpisce e ci spiazza in questa lirica.
Intervento di un ragazzo: penso che nel momento in cui alla luce si va a sostituire l’oscurità, perché
siamo in questa fase di transizione della Dämmerung, si crea una sorta di situazione di
sospensione che si ritrova anche nella struttura del testo, perché quando inizia con “Die Seele
tanzt”, il testo è come se andasse a rallentare di ritmo, ma comunque denota qualcosa di positivo,
perché le membra si cercano, si carezzano, mentre all’inizio i lembi annegano dentro solitudine,
come se i lembi rappresentassero le persone che all’interno dell’oscurità non trovano qualcosa di
positivo.
Prof: se mettessimo questo che hai detto in una sorta di messa in ordine prospettico, “die Seele
tanzt” è sicuro l’informazione che spiega tutto, perché quest’anima che danza in qualche modo
diventa il principio dinamico che spiega anche questa mobilità e instabilità, una sovrapposizione
quasi come una compenetrazione, un rovesciamento simmetrico, perché prima c’è il chiaro e poi
lo scuro, poi viceversa e questo divorarsi vuol dire anche un compenetrarsi e un appartenersi, che
da una parte supera questa singolarità delle due solitudini separate e crea una congiunzione
nell’infinitudine di queste due particelle “ICH e DU”. Il movimento, l’azione parte dall’anima.
L’anima che danza è un modulo profondamente nietzschiano, idea della danza come recupero
dell’interezza dell’essere che è insieme comunicazione dialogica non solo tra l’io e il tu, ma anche
con il cosmo; ricordiamoci che Nietzsche guarda all’antichità greca come a questa sorta di
progressivo distacco proprio della tragedia greca rispetto a quest’origine rituale in cui era tutt’uno
la danza con la ritualità religiosa, quindi non solo spettacolo e consumo dell’arte, ma era una
“totale compartecipazione, esperienza totalizzante”.
La sintassi via via perde i connotati, diventa assolutezza di singole parole che sono come delle
schegge, dei lembi, dei residui che derivano da questo movimento.
Intervento di una ragazza: il movimento parte dall’anima e in qualche modo si espande anche alle
membra, quindi alla fisicità, al corpo. Forse perché sulla scia di Nietzsche, questo essere umano è
fatto sia di anima che di materia.
Prof: si, è giusto.
Altro intervento: si nota che il fatto che “il chiaro desta scuro, chiaro scherma scuro” sembra
essere una sorta di ritornello, sono le frasi chiave di questa poesia e sembra che volesse intendere
una sorta di congiunzione inevitabile tra ciò che non si vede e ciò che si vede e che inevitabilmente
ciò che non si vede, prima o poi si dovrà vedere. Poi noto il discorso introspettivo della discussione
tra il corpo e l’anima: l’anima danza e inevitabilmente anche il corpo danzerà con queste membra
che si cercano e si accarezzano, con un’anima che è completamente in fiamma.
Viene ripetuta spesso la parola “Solitudine”, che sembra essere non quella solitudine vuota, nulla
e che porta alla depressione e incupimento, bensì sembra essere una solitudine creativa, che
magari ha dato la forza creativa al poeta per creare quello che ora leggiamo.
Prof: la cosa principale è proprio l’anima danza, proprio perché “l’anima danza” è in sé una
rivoluzione, non solo perché si occupa di trasporre in una sorta di invenzione inedita
quest’immagine eversiva e sovversiva di Nietzsche, ma perché di fatto la danza di quella fase è un
altro tipo di danza. A parte la comunione e l’alleanza del linguaggio, il tentativo di costruire
sinergie, interferenze e comunioni al tempo stesso di esperimenti che si propagano da un codice
espressivo all’altro, quindi la poesia che è anche energia e recitazione corpo, non solo parola ma
anche corpo.
È interessante che questa stagione è quella in cui tutte le arti insieme cercano nuovi linguaggi e
quindi in questa loro cooperazione si innervano l’una con l’altra. L’anima che danza è uno stile
nietzschiano, ma al tempo stesso un codice che rinnova la danza, perché fino al primo novecento
la danza è sostanzialmente balletto classico.
Cos’è il balletto classico? Risponde a un’idea di forma che è soprattutto esteriore, cioè sono
coreografie ordinate, in cui il corpo deve obbedire alla forma coreografica che si determina, quindi
non parte da dentro, ma parte dall’esecuzione di una forma, mentre laddove l’anima danza, il
corpo si comporta in tutt’altra maniera, perché appunto risponde a quest’energia che viene da
dentro e quindi scompagina quella specie di struttura ordinata che su tanti fonti è messa in
discussione. E da questo punto di vista è un’altra radicale invenzione che si propaga fino all’età
contemporanea; questa volontà di cercare movimenti che non sono prescritti perché rispondenti
ad una esigenza di rigore formale, ordine e rappresentazione regolare ma al contrario prendono in
considerazione e questa poesia sembra proprio mimarlo attraverso le parole, questa specie di
scomposizione, creativa e liberatoria di un’energia che appunto cerca questa famosa espressione
(cioè energia che viene da dentro e vuole esprimersi del tutto irriverente nei confronti di ogni
forma di costrizione).
VISIONE VIDEO SU YOUTUBE: ISADORA DUCAN DANCE VIDEO (è stata una danzatrice americana
ed è molto fondamentale sottolineare l’influenza di Nietzsche che per lei era maestro riconosciuto;
poi sempre attraverso Nietzsche c’è il ritorno alla ritualità e valore della danza insieme alla musica
nei primordi della tragedia greca, che fanno parte di questa ritualità religiosa dove la
compartecipazione rituale all’adorazione del Dio Dioniso, rappresenta il codice che Ducan si
propone). Si può notare che c’è sempre questo elemento di ‘elevazione’ che è una specie di
proiezione cosmica che idealmente l’aspetto interessante è che si tratta di un assolo, che è un
altro elemento dirompente della danza che diventerà moderna e poi contemporanea, cioè l’anima
che danza è un’anima che esprime se stessa in rapporto allo spazio e all’assoluto e alla natura.
È importante, secondo la prof, citare una delle più importanti interpreti della danza
contemporanea che è Pina Bausch morta circa 10 anni fa che è stata una delle più rivoluzionari
interpreti di questa modalità della danza, intesa proprio come rottura di ogni schema.
Esiste anche un film in cui lei stessa è stata regista e si chiama “Die Klage der Kaiserin” che ci
fornisce una sintesi, da lei studiata e da lei filmata, del tipo di linguaggio profondamente legato al
corpo e alla danza e anche una specie di forma singolare che lei stessa ha inventato, che la danza e
il teatro (Tanztheater) e cioè questa espressività teatrale della danza che si vede dal fatto che
Isadora Ducan parlava con la nuca e con il volto, con la sua gestualità.
Sembrava davvero importante aprire questa parentesi sulla musica, sulle arti figurative e in questo
caso sulla danza definita come schema, che viene eroso dall’interno con una rivoluzione poetica e
delle avanguardie, che non viene salutata con favore dal pubblico borghese che a sua volta
depreca questi esperimenti, considerandoli effetto di analfabetismo di base di persone non
acculturate, così come Picasso imita i disegni dei bambini ed è accusato di non avere padronanza
dell’apprendistato classico, cioè la riproduzione secondo la convenzione delle accademie.
Intervento di una ragazza: quale rapporto c’è con le danze del sud Italia (tipo tarantella, pizzica
ecc..)?
Prof: è un’ottima riflessione e domanda ma è un capitolo complesso che cercherò di semplificare:
la genesi delle danze del sud Italia l’abbiamo evocato parecchie volte come scenario perché ci è
particolarmente familiare ma soprattutto perché ci ritorna come esempio di un tipo di genesi della
cultura popolare che è completamente diverso dall’arte borghese. La cultura popolare e non a
caso proprio certe ritualità hanno a che fare con la ritualità collettiva, dove esiste ancora un senso
di comunità, dove esiste ancora ciò che di fatto Nietzsche sembra denunciare come tragicamente
smarrito nella modernità.
Intervento della stessa ragazza: prof più che altro pensavo al fatto che spesso queste danze sono
legate all’irrazionalità e ad un qualcosa di magico.
Prof: “magico” è proprio una parola chiave, perché la magia è esattamente quella zona dove la
storia e il mito si toccano perfettamente, dove accade qualcosa che un’esperienza profonda non
attiene al dominio razionale ma attiene all’epifania intuitiva. Ora non si tratta di credere alla
magia, si tratta della magia come qualità dell’esperienza, come intuizione totalizzante. Sappiamo
che la magia è un qualcosa ci irretisce, ci suggestiona, che arriva ad arrivare esperienza come
seduzione e che coinvolge l’essere umano, attraverso la dimensione integra.
Intervento di una ragazza: prof potremmo legare anche la magia alla mitologia?
Prof: certo, senza dubbio. La mitologia mi fa pensare a Max Weber, un altro importante sociologo
dell’inizio del ‘900, e ha coniato questa formula molto importante, proprio in questa traiettoria di
ragionamento ‘Die Entzauberung(la magia/disincanto) der Welt’: Ent-Zauberung, magia intesa
come incanto non come ritualità solo magica che fa capo a dei riti, ma proprio come dimensione di
incanto che appunto una disposizione dell’animo e Weber dice che la modernità è la fuoriuscita di
quella condizione di incanto, che significa anche guardare al mondo come ad una fiaba. Quindi la
modernità come condizione orfana di una narrazione mitologica e dunque bisognosa; orfana è
intesa come monca di un aspetto costitutivo dell’essere umano dall’infanzia in poi. Non a caso
questa cultura del primo ‘900, esattamente in modo simmetrico come il Romanticismo, esalta
nella condizione dell’infanzia questa capacità mitologica, questa capacità di magia e di incanto;
quindi individua questo bisogno primario dell’umano che è la narrazione come forma di
condivisione e dal punto di fantasia sottratta al dominio unilaterale della ragione che di fatto
disincanta la narrazione mitologica per farne patrimonio di un pensiero razionale.
La fantasia di regredire come società occidentale avanzata all’ingenua elementare magia del mito,
è un’utopia improbabile ma anche puramente modello di pensiero, non è una reale possibilità;
però per l’artista è fondamentale seguire quella qualità dell’esperienza che viene surrogata
dall’esperienza artistica: ecco perché l’anima danza.
Naturalmente questa dimensione possa divenire reale occorrerebbe una rivoluzione di tipo
concretamente materiale e non solo simbolico, ecco che alcuni di questi artisti, precisamente
quelli dell’avanguardia del primo ‘900, si dedicano anche ad abbracciare le armi e combattere.
Infatti alcuni di questi artisti guardano la Prima Guerra Mondiale come utopica alterazione
prospettica, la guardano come l’atteso bagno di sangue da cui si può rigenerare il nuovo uomo
(l’oltreuomo) e scopriranno con trauma che in realtà una cosa è la guerra simbolica e una cosa è la
trincea della guerra mondiale (esempio paradigmatico di questo è Franz Mann, questo pittore-
poeta citato a proposito delle sue tele di animali, che da principio si slancia nella battaglia come
volendo accelerare la fine del mondo borghese così retrivo e così alienante, poi invece subire il
contraccolpo).

Gottfried Benn (in cui ci accingiamo a leggere alcune liriche) rappresenta il più fede interprete
della filosofia nietzschiana, dove per fedele si intende una sorta di filologica fedeltà. Benn scrive
molti saggi dedicati a Nietzsche; si appropria esplicitamente delle figure del suo discorso; si sente
uno degli interpreti più fedeli e soprattutto più complessivamente più filosofici, nel senso che lui
non è soltanto un poeta che sperimenta i linguaggi, ma è anche un teorico che cerca di adattare
alle circostanze concrete del mondo di cui lui è protagonista questo messaggio.
Nella concreta fattispecie della sua posizione bisogna includere anche la sua professione, perché
lui a differenza dei suoi compagni di strada, che sono prevalentemente poeti a tempo pieno, Benn
è anche un medico e questo è un importantissimo tassello del discorso e del suo percorso, nella
misura in cui è dato a Benn di osservare da vicino il rapporto medico scientifico con il corpo. Lui
concretamente è addirittura un anatomopatologo e ciò significa che è medico la cui professione
consiste nel dissezione dei cadaveri. Già di per sé si tratta di un’operazione abbastanza speciale
come prospettiva sull’essere umano, su quello stesso essere umano che il razionalismo occidentale
ha celebrato come HomoSapiens, citando letteralmente le figure di Benn cioè la presunzione
dell’homo Sapiens è per Benn bersaglio polemico: un Homo Sapiens che si è identificato in questa
esuberante evoluzione del cervello in questa massa organica che ha preso il sopravvento e non a
caso Benn scrive una raccolta di prose intitolata “Cervelli” (il cervello è proprio l’elemento di
osservazione letteraria, simultaneamente scientifico letteraria che però mira nell’orizzonte di Benn
ad essere premessa non solo di un superamento di questa corteccia celebrale ma anche, più in
generale, di questa presunzione del mondo che possa essere regolamentato dalle istanze univoche
della ragione).
TESTI DI BENN (caricati dalla prof su file teams 25/05):
Queste poesie la prof le illustra prima per la loro contiguità per avere una idea delle varie
prospettive simultanee che Benn adotta per dissacrare la presunzione del razionalismo, per
dischiudere secondo il canto nitzschiano questa magia epifanica che dischiude l’accesso al
dionisiaco; dunque questa utopia del dionisiaco guardata attraverso la lente del medico che in un
certo senso deve prima di tutto fare piazza pulita di un certo approccio razionalistico, medico
scientifico alla osservazione e percezione del corpo umano per poi festeggiare questa invasione
del dionisiaco.

Mann und Frau gehen durch die Krebsbaracke (Uomo e Donna attraversano il padiglione cancro) :
lo spettacolo è quello dei corpi in disfacimento, dove questa materia prende il sopravvento, la
morte divora questa carne.
Synthese (Sintesi) : importante questa figura della sintesi come appunto ‘superamento’, stadio
ulteriore.
O Nacht (o Notte): basta leggere il primo verso a cui fa capo all’uso delle droghe nella cultura
romantica che è un uso strategico e strumentale per attingere ad una sorta di sottofondo sepolto
di irrazionalità tendenzialmente represso.
Der Zug (Direttissimo) : la prof tradurrebbe questo titolo ‘alta velocità’ perché ‘Der Zug’ è
un’esperienza di un treno ad alta velocità che di per sé ha un ruolo importante nella dinamica di
questa lirica , perché mette a fuoco la tecnica come nuovo palcoscenico scenario di un evento che
ha a che fare con la velocità e con la perdita di equilibrio fornito dalla vertiginosa accelerazione.
(La prof legge questa in particolare perché è una delle più belle)
È una poesia estremamente concettuale, ci da l’utopia di questo scavalcare il codice della ragione,
Benn ha acceso l’epifania, salvifica della felicità greca di questo ripristino di una misura del
dionisiaco e quindi di una felicità che è espressamente della carne, si nota dal primissimo verso in
cui ci sono delle sfumature cromatiche apparentemente indiscrete Perché prive di sostantivo ma
poi ci accorgiamo che ‘Fleisch, das nackt ging’ e questo ‘braun’ che ricorre continuamente,
connotano l’iterazione erotica di questo principio maschile e femminile di nuovo come estrazione
di una radice, non c’è realismo di figure o sagome umane che si relazionano ma c’è piuttosto
questo espressivo astratto nucleo vitale (principio del maschile e del femminile) che si attraggono
e rovesciano come ruoli, volutamente secondo un principio amorale, senza un principio di amore
romantico e amore borghese.

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