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LEZIONE 3

Il frammento sarà uno degli elementi centrali nella poetica dannunziana perché l’idea sarà quella di cogliere
momenti particolarmente intensi e di considerare la vita stessa come una sequenza di frammenti di vita e
non come una distesa sequenza di routine e di quotidianità. Infatti alle persone più sensibili questo mondo
che stava cambiando veniva sentito come luogo della dispersione, della mancanza di autenticità, quindi
come qualcosa di noioso e inutile. Percezione di questi anni particolari: qui il concetto, che è il concetto alla
base dell’estetismo, chi cerca l’arte e cerca di orientarsi verso il culto della bellezza che è al centro
dell’estetismo stesso, alla luce di questi interpreti (che cercavano di fare la propria vita un’opera d’arte), il
mondo borghese viene visto come qualcosa che va superato, rifiutato nella sua tradizione. È interessante
sottolineare questo atteggiamento particolare di ricerca dell’arte che si base su una particolare condizione
che non è di tutti: il concetto è che l’esteta è un personaggio che sta al di sopra della banalità del
quotidiano. Il poeta per Pascoli è in tutti, è la voce del fanciullino che tutti hanno dentro. Invece il poeta in
questa situazione di estetismo e quindi di ricerca dell’arte per l’arte, il poeta è un personaggio superiore
che si erge sulla quotidianità, sulla monotonia. L’arte nella concezione dell’estetismo rappresentava una
risposta sostanziale (e d’Annunzio ne fu portavoce) alla volgarità dell’universo borghese. L’arte in questo
senso e d’Annunzio fu spinta continua a cercare di superare i propri limiti e a convertirsi in azione. Il mito
della letteratura azione si realizza perfettamente in questo costante dialogo che c’è fra il testo di D.
Annunzio e la dimensione biografica con il tentativo di mantenere sempre questa comunicazione tra il
personaggio d’Annunzio e le dimensioni letterarie delle sue produzioni. Questo lo portò a partecipare
attivamente alla prima guerra mondiale e assumere un ruolo di protagonista nella vicenda politica del
primo novecento. La produzione letteraria di D’annunzio visto lo stretto contatto che c’è tra a dimensione
letteraria e biografica, può essere considerata una sorta di autoritratto del personaggio stesso.
corrispondenza continua tra il personaggio d’Annunzio e i suoi personaggi (quindi tra autore e i suoi eroi)..>
non solo perché nei suoi personaggi si può ritrovare l’esperienza reale dell’autore ma anche perché lui
stesso tenderà a vivere come i suoi personaggi, quindi un costante specchio di se e della sua vita nell’opera
e viceversa. Si può parlare di una sorta di autobiografia: la produzione letteraria di D’Annunzio contribuisce
a costituire una sorta di grande autobiografia dell’autore anche se più che di un’autobiografia che
rappresenterebbe una gestione ragionata della vita, il testo letterario di d’Annunzio rappresenta più una
sorta di autoritratto quindi un tentativo di cogliere in modo istantaneo la dimensione dell’autore stesso.
quindi più che una vera e propria autobiografia si può parlare di autoritratto che si addice anche agli
interessi di D’Annunzio stesso che dava anche a queste immagini particolari che lo ritraessero in situazioni
quasi da volersi fissare in una sorta di quadro vivente. Da un punto di vista pratico di d’Annunzio abbiamo
molte fotografie e ritratti perché nella sua dimensione di personaggio, l’idea di immagine di sé era
assolutamente centrale, infatti fu uno tra i più importanti scrittori della sua generazione a subire il fascino
della fotografia. Numerose sono le fotografie che lo ritraggono in diverse pose e contesti e anche affianco di
mezzi che rappresentano comunque i suoi interessi quali l’aeroplano o l’automobile stessa. Non solo
personaggio, letterato ma anche personaggio nell’immagine del letterato. Lo stesso atto di scrivere diventa
così immagine riproducibile che ammira e sogna una vita fuori dal comune. Anche questo è il D’Annunzio
che è consapevole dei meccanismi della letteratura ma anche di tutto ciò che ruota attorno alla promozione
e diffusione della letteratura stessa. Una grande attenzione nei confronti non solo della scrittura letteraria,
narrativa e poetica ma anche della gestione della stessa operazione letteraria, una conferma di questa
grande attenzione l’abbiamo anche se pensiamo per esempio che d’Annunzio stesso nel 1926 ordinava
l’edizione nazionale di tutte le sue opere. L’attitudine è quella di evitare la banalità e cercare sempre una
disposizione sempre nei confronti delle cose. Nel 1926 per l’appunto D’Annunzio raccoglie tutta la sua
produzione poetica in Versi d’amore e di Gloria e ovviamente anche nella scelta del titolo di questa grande
raccolta abbiamo un recupero alto di tradizione letteraria con la citazione del verso del Purgatorio dantesco
canto XXVI. Rappresenta la raccolta di tutta la raccolta in tutta la produzione poetica di D’annunzio come
prose di romanzi rappresenta il complesso delle sue opere narrative. Quindi c’è anche questa tendenza a
sistematizzare la propria produzione per fornire un’immagine complessiva voluta dall’autore della propria
dimensione letteraria. In questa operazione gioca l’altezza dell’arte con riferimento a Dante. Raccoglierà
anche tutte le sue opere di natura non realistica, saggistica e politica sotto la dicitura Prose di ricerca, di
lotta, di comando, di conquista, di tormento, di indovimnamento, di rinnovamento, di celebrazione, di
rivendicazione, di liberazione, di favole, di giochi, di baleni volendo analizzare anche solo questo lungo
titolo che raccoglie accanto alla raccolta di versi tutti gli scritti sparsi, troveremo le direzioni, le chiavi di
lettura della sua poetica. Baleni: lampi di vita intensa. Sono tutti elementi che possono essere usati come
chiavi di lettura per decodificare una scrittura sia poetica che narrativa che ha un effetto particolare e un
grandissimo impatto. Riferendoci in maniera più specifica per cercare di trovare delle conferme a quanto
abbiamo individuato fino ad ora rispetto a queste linee di poetica, individuiamo alcuni elementi centrali che
costituiscono il nucleo fondamentale della produzione poetica di D’Annunzio: la prima produzione poetica
di D’Annunzio (1879) Primovere fin da questa prima produzione, ma fino ancora ad Alcyone (1903) uno
degli elementi centrali che possiamo considerare la chiave di lettura complessiva della sua opera è quello
che viene definito il senso del luogo per una particolare tendenza a istituire un rapporto diretto tra l’animo
della persona e la realtà circostanza, quindi una connessione diretta tra individuo e realtà, quindi una
tendenza a sottolineare le esperienze concrete che collegano l’individuo alla realtà stessa, in particolar
modo al contesto naturale. Si cerca di arrivare cioè a un rapporto di comunione autentica tra l’uomo e le
cose: questo rapporto viene gestito da D’Annunzio sulla base della sottolineatura degli elementi percettivi,
con una grande attenzione nei confronti della corporeità, della percettibilità delle cose. Senso del luogo: la
volontà di istituire questo rapporto e la poesia, la mente deve dare forma a queste sensazioni, percezioni…
rapporto tra individuo e le cose, la realtà. Questo è un elemento centrale. In Primovere D’Annunzio
esordisce, i suoi primi componimenti sono determinati da una sorta di imitazione nei confronti di Carducci,
però nonostante la scia sul grande poeta, già da questa prima raccolta si intravedono degli elementi
originari. Ma è dalla raccolta successiva, quella che esce nel 1882, cioè Canto Novo, che D’Annunzio si libera
dalla presenza del maestro Carducci e da questa prima grande affermazione di questa linea poetica
particolare e cioè di quella ricerca di unità con le cose che deve passare necessariamente attraverso il
corpo. Senso del luogo e unità delle cose attraverso il corpo: sotto questo punto di vista essenziali per la
poesia dannunziana sono proprio le percezioni che diventano esse stesse metafora. Rapporto corporeo
dell’uomo con le cose. Ovviamente in linea con questa tendenza la percezione sarà forte: ecco quindi i
colori evidenziati, la grande attenzione nei confronti della forza del colore, proprio per dare un senso
concreto alla rappresentazione della sensazione del rapporto tra l’uomo e le cose. Dimensione centrale
nella poesia dannunziana già presente e centralizzante. Definita una strategia della totalità: in questa
intenzione di realizzare, di rappresentare il rapporto concreto tra uomo e le cose e di dare un senso
percettivo a queste sensazioni, l’idea è quella di coinvolgere tutti i sensi.

Poesia di Canto novo del 1882: canta la gioia.

È una raccolta che è dinamica, quindi si muove in modo particolare nelle due edizioni: nell’edizione iniziale
del 1882 e in quella definitiva del 1896. Anche queste raccolte poetiche hanno una loro evoluzione: la
raccolta del canto novo è ben diversa dall’edizione definitiva del 1896, anche perché in mezzo ci sono tutte
le esperienze esistenziali e culturali che segnano il cambiamento tra l’edizione iniziale e quella di fine
ottocento. Canta la gioia appartiene alla seconda edizione di canto novo ed è una sorta di vera e propria
trascrizione del vitalismo teorizzato da D’Annunzio, già si notano gli elementi nitzchiani che puntavano alla
sottolineatura della forza, del vitalismo, della volontà di potenza. Tutti questi elementi cominciano già a
essere presenti (siamo negli anni 90 dell’800) e possono essere visti in questo testo. L’intento del poeta di
cogliere e di rappresentare in se la complessità e la varietà dell’esperienza umana: al grido di rinnovarsi
continuamente, l’intenzione è proprio quella di dare una resa complessiva della politiclicità dell’esperienza
umana.

La poesia è dedicata a questa figura femminile che il poeta vuole circondare di fiori. Importante il sintagma
“immensa gioia”: elemento portante della struttura di questa terzina, immensa gioia di vivere da cui
dipendono le altre strofe quindi “Di porre le mani audaci e cupide”, “di ascoltare tutte le musiche”, “di
adorare ogni fuggevole forma”. Tutti questi elementi dipendo dall’immensa gioia che è l’elemento centrale
e di riferimento. Le altre strofe dipendono da questo sintagma. In questa stessa strofa dell’immensa gioia di
vivere troviamo tutti gli elementi che sono in linea con questa tendenza a vivere intensamente quindi
d’essere forte, giovine, mordere i frutti terrestri (terrestri= relativi ai piaceri terreni, ai piaceri del mondo).
Con questo terrestri viene sottolineata la tendenza a escludere qualsiasi dimensione spirituale, qui c’è
proprio la direzione verso l’aspetto concreto. Saldi e bianchi denti voraci sono i denti dei giovani. Richiamo
sempre per la coloritura dell’ambientazione, per la resa di immagine della scena, un richiamo a uno
scenario mitologico, peota che si vede come eroe del mondo classico.

Le azioni spaziano in diversi campi della percezione, in questo caso ascoltare anche tutte le musiche.

“Di adorare…ogni apparenza ne l’ora breve” strofa interessante perché fino ad ora abbiamo percepito in
questa volontà di cogliere la totalità dell’esperienza percettiva nelle sue diverse declinazioni, abbiamo
percorso con impeto e velocità tutte le diverse possibili esperienze sensoriali e percettive, in questa strofa
abbiamo una sottolineatura dello scorrere del tempo, quindi di adorare ogni segno vago, ogni grazia
caduca, ogni apparenza dell’ora breve (è il tempo breve della vita che fugge). C’è una sensazione inquieta
della caducità della vita, dello scorrere del tempo. Elemento che ritroveremo anche nell’altro testo ed è
questa percezione dello scorrere del tempo che è un elemento fortemente novecentesco e quindi ricolloca
in maniera diretta l’esperienza dannunziana (questa inquietudine rappresentata dalla caducità della vita è
un elemento novecentesco). “Canta la gioia…sua veste”: questa osservazione del dolore che va allontanato,
è un elemento importante perché tra non molto nell’esperienza dei crepuscolari troveremo il dolore come
uno dei temi costanti trattato in modo dimesso. Nella dimensione dannunziana il dolore è un misero
schiavo che deve essere allontanata. In questa strofa abbiamo la presenza della veste cinerea quindi che
rievoca un colore che è quello del grigio che non si accorda con la gioia e con questa dimensione vitalistica
e percettiva. Infatti nella strofa successiva si fa riferimento a una veste rossa intensa. C’è questa dimensione
cromatica che è forte ma è forte anche perché comunque viene richiamata un’azione che chiama in causa il
sangue che rievoca un’immagine anche particolarmente forte. Anche in questo testo e in questa poesia che
è d’impatto sono rintracciabili gli elementi che abbiamo visto.

La poesia appartiene alla seconda sezione dell’edizione del Canto Novo che è intitolata Canto dell’Ospite, a
te la gioia (Ospite). Qui vediamo appaiono anche colori forti.

Non abbiamo una grande percezione del luogo in senso stretto.

Un altro aspetto fondamentale in cui abbiamo qualche elemento anche nella lettura di questo testo è la
cura sostanziale che D’Annunzio dedica alla forma, alla scelta lessicale, all’aspetto linguistico, quindi il
preziosismo formale nella poetica dannunziana. Nel 1883, un anno dopo di Canto Novo, la pubblicazione di
intermezzo di rime, quindi un’altra raccolta di poesie pubblicata da Sommaruga vede l’avvio di una poesia
da parte di D’Annunzio molto più complessa che però si complica ulteriormente per l’inserimento nella
dimensione poetica di echi bodleriani ma soprattutto di elementi relativi all’eros, le inquetudini dell’eros.
Intermezzo di rime del 1883, accentua la complessità formale della poesia di D’Annunzio inserendoci
elementi fortemente caratterizzati dal punto di vista erotico, questa raccolta provocò scandalo. Ci furono
dei critici come il carudcciano Giuseppe Chiarini che denunciarono “l’immondezaio poetico” e la porcheria
pornografica. Questa critica così forte costituì grande pubblicità per l’autore. Questo intermezzo di rime lo
citiamo per sottolineare il passaggio a una poesia più complessa, più preziosa. Dopo questo Intermezzo di
rime arriviamo a quella strada molto più rarefatta, quindi un po’ più sobria dal punto di vista di temi, ma
caratterizzata dalla grande attenzione verso l’artificio tecnico. Il preziosismo formale di D’Annuznio si basa
sulla grande cura formale fine a se stessa. Quindi l’artificio fatto strumento ma anche fine della ricerca
poetica. Riconosciamo in questo atteggiamento soprattutto la raccolta l’Isotteo 1890.

Pascoli fuggiva dall’artificio tecnico, dall’artificio della retorica. La poesia pascoliana non è una poesia
retorica perché è alogica, è basata sulla percezione attraverso la disposizione del fanciullino. È una poesia
che non può avvalersi di una strumentazione tecnica fine a se stessa. In una situazione di questo tipo con la
centralizzazione di D’Annunzio dell’artificio formale abbiamo l’evidenziazione assoluta dell’artificio tecnico,
della retorica come strumento fondamentale per la poesia stessa. In d’Annunzio il verso è tutto: questa è
una piccola citazione che però può essere molto significativa a significare il culto della parola e dello stile
che riconosce come unica legge la propria perfezione. Questa tendenza porterà soprattutto da
un’impostazione solare che era quella di Canto Novo, ad una scrittura poetica molto più caratterizzata dalla
suggestione del frammento, quindi della costruzione formale accentuata ed evidenziata e della centralità
del frammento come contesto espressivo. La ricerca formale va di pari passo con una dimensione
evocativa, quindi con la volontà di allinearsi a quel simbolismo dell’infinito, delle corrispondenze tra
soggetto e oggetto. Si parla di esperienze poetiche delle elegie romane, raccolte in volume nel 1892. In
linea con questa tendenza che è quella della ricerca formale ma anche della volontà di caricare il
frammento artistico di un forte valore simbolico, è il poema paradisiaco del 1893. Il poema paradisiaco
rappresenta un esempio privilegiato di preziosismo formale, di ricerca dell’artificio ma in una chiave più
elegante proprio perché anche nel poema paradisiaco, l’elemento della rievocazione delle corrispondenze
tra oggetto e soggetto tende a ricollocarsi in una dimensione di innocenza infantile, cioè il poema
paradisiaco punta al recupero in una condizione di innocenza ricercata nella dimensione dell’infanzia.
Anche per D’Annunzio abbiamo sottolineato la dimensione infantile degli stati abruzzesi che rappresenta
una situazione positiva che non potrà mai essere dimenticata anche in funzione dell’importanza che
l’Abruzzo avrà sempre per D’Annunzio. Il poema paradisiaco rappresenta un esempio privilegiato di una
scrittura improntata su una ricerca formale ma anche caratterizzata da cadenze e melodie dolci, eleganti.
Vedremo che il poema paradisiaco sarà uno dei punti di riferimento anche per i poeti crepuscolari.
Ritroveremo il poema paradisiaco come punto di riferimento anche per la poesia crepuscolare. Un altro
elemento fondamentale per quanto riguarda la poetica dannunziana è l’importanza dell’incontro con il
vitalismo nietchiano, quindi una tendenza che può essere riconosciuta in maniera diretta soprattutto nel
ciclo delle Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi. Sullo sfondo di questa operazione letteraria
molto complessa è decisivo per l’estetismo dannunziano l’incontro con la filosofia di Nietzche e quindi con
la sua esaltazione della potenza e della gioia. L’incontro con la filosofia di Nietzche rafforza in D’Annunzio
quegli elementi di vitalità, di potenza, di predominio e tutta quella tendenza a porsi nei confronti della vita
in modo veloce, impetuoso, dinamico e percettivo. Questo è l’elemento di fondo che caratterizza
l’operazione delle laudi: dovevano essere orgiinariamente in sette libri, poi in realtà uscirono in quattro.
Oltre questo elemento proprio di questa vitalità, in D’Annunzio si concretizza sempre di più la dimensione
simbolica dei simbolisti francesi, quindi la tendenza a leggere nelle cose i simboli dei nostri sentimenti.
L’elemento simbolista della vocazione dell’indefinito si rafforza negli anni 90 in D’Annunzio e soprattutto
nell’elaborazione delle Laudi. Nei confronti dei simbolisti francesi, D’Annunzio recupero questa volontà di
vedere i simboli dei nostri sentimenti, però lo fa in una maniera un po’ diversa da come lo facevano i
simbolisti francesi, perché lo fa sulla scia di quella eccitazione dionisiaca che lo porta a enfatizzare sempre
di più l’aspetto retorico e i simbolisti francesi, Verlen in particolare, rifiutavano la retorica in senso stretto.
Verlen nella sua parte poetica raccomandava di “torcere il collo alla retorica”, al contrario d’Annunzio è
portato ad una amplificazione retorica, ad una centralizzazione dello strumento tecnico, della forma stessa.
Le Laudi sono una conseguenza di questa impostazione sia concettuale sia formale, quindi caratterizzata dal
preziosismo formale, dalla ricerca formale, dall’artificio, dalla retorica ma anche sostenuta dalla grande
componente simbolista e dal vitalismo derivato da Nietzche. Questa operazione delle Laudi doveva essere
in 7 libri: ogni libro doveva avere come titolo il nome di una stella delle costellazione delle Pleiadi. Uscirono
solo 4 libri: Elettra è il più antico. Sono libri tematici quindi orientati verso una particolare declinazione della
poesia di D’Annunzio. In Elettra si realizza l0ambizione del poeta a farsi vate civile della nuova Italia: quella
dimensione tra arte e eroismo che avevamo già sottolineato, quella volontà di riportare nelle vicende
storiche del suo tempo le direzioni eroiche di un passato mitologico da recuperare. È un libro dedicato alla
poesia politica e celebrativa dannunziana. Maya nel 1893: indicato come primo libro delle Laudi costituisce
una sorta di prologo delle Laudi stesse. È un poema narrativo in cui avviene la trasfigurazione verso il
passato classico da recuperare. Nel 1895 D’Annunzio compie una crociera in Grecia che viene da lui
percepito come una sorta di viaggio iniziatico verso le origini, questo viaggio entra a far parte di questa
lode. In realtà il passato viene visto da D’Annunzio come una dimensione mitica da recuperare soprattutto
in conseguenza delle inquietudini suscitate dal mondo moderno, tecnologico che rappresenta degli
elementi diversi rispetto a quelli che D’Annunzio cerca di centralizzare. Il viaggio verso le origini del mito
rappresenta una sorta di soluzione alle inquietudini di questo mondo moderno tecnologico. Quindi la
ricerca di un mito, la ricerca di viaggio verso l’antichità ideale. Questo è quello che D’Annunzio cerca nella
dimensione classica.
Nel 1912 c’è il quarto libro delle Laudi: Merope. Nel 1903 esce il libro Alcyone che è il terzo libro delle Laudi
che è un vero e proprio diario lirico di una vacanza aristocratica estiva. È interessante perché nell’Alcyone
viene cantata la vacanza, un tema che non era stato spesso oggetto di canto poetico. in questo libro
ritroviamo l’incanto perduto di un rapporto autentico e vitale con la natura. In Alcyone troviamo una
conferma diretta di quel senso del luogo che punta a una connessione tra l’uomo e le cose attraverso le
dimensioni percettive corporee. In questo caso più diretta è la connessione tra la persona e la realtà
circostante. Il rapporto tra l’uomo e le cose, tra l’uomo e il luogo è un tentativo di trasformarsi nelle cose, di
penetrare nelle cose. Nella poesia dell’Alcyone abbiamo proprio questa poesia del luogo, questo senso del
luogo che è sia percepito a livello fisico (nella sua corporeità) sia percepito a livello di animo. Nella gestione
poetica dell’Alcyone figura centrale è la Duse celata dietro il nome di Ermione. La Duse è figura centrale in
questo vero e proprio diario lirico di un’estate. Sottolineiamo anche che grande importanza è data alla
musicalità, al ritmo che si caratterizza soprattutto in Alcyone come uno degli strumenti attraverso cui si
realizza questa comunione tra l’uomo e le cose. Anche in questo caso questa dimensione di senso del luogo
come punto d’arrivo della poesia dannunziana, forte presente sarà il rapporto tra mente e luogo, tutto
filtrato anche attraverso la dimensione del mito, di una rievocazione classica che è sempre presenta nella
poesia dannunziana. Tutti questi elementi sono orientati verso una totale armonia verso uomo e cose,
uomo e luogo, e sono gestiti attraverso diversi strumenti. Questa grande armonia comunque lascia lo
spazio all’inquetudine per il tempo che scorre, anche in una situazione ricaratterizzata di combinazione
armonica di uomo e cose resta sempre presente l’inquietudine del tempo che scorre.

Poesia del 1902 scritta alla Capponcina, villa situata nei pressi di Firenze, alla fine di giugno 1902, l’affrico fa
parte della sezione iniziale di Alcyone. Rappresenta quasi una specie di overtour musicale alla trascrizione
lirica dell’estate in Toscana ed è un esempio perfetto di quella ricerca del senso del luogo che ricorre in
tutta la poesia dannunziana per istituire una stretta corrispondenza tra la geografia fisica e un paesaggio
dell’anima. Corrispondenza che poi la parola poetica contribuisce a dare forma. Sono 4 strofe che colgono
la natura nel passaggio dalla primavera all’estate e sono delle strofe dominate tematicamente da elementi
specifici: la prima strofa è quella dedicata all’aspetto del paesaggio del cielo. La seconda strofa è dedicata
alla luna, un referente piuttosto significativo a livello paesaggistico. La terza strofa è dedicata alle rondini.
Nella gestione poetica degli argomenti e della loro realizzazione formale, grande importanza ha l’aspetto
cromatico. La quarta strofa riprende il tema delle rondini ma si pone più su un piano simbolico.

 la raffigurazione dell’aspetto paesaggistico del cielo viene resa in


una commistione diretta con la dimensione d’animo. C’è un continuo passaggio tra una dimensione
geografica paesaggistica allo stato d’animo, alla dimensione interiore. Rio: è l’affrico che scende dalla
collina di Fiesole verso Firenze. La luna è al centro dell’attenzione anche se è un’inquadratura che è in parte
ostacolata, nel senso che abbiamo il rapporto della luna stessa con altri elementi paesaggistici, con i rami
che la nascondono. Una dimensione che tende a cogliere nella stesura poetica di D’Annunzio il paesaggio in
un contesto sognante che cerca di collegare l’aspetto paesaggistico stesso a prospettive del poeta che
osserva.

“O nere..ghirlande”: insistenza sull’aspetto cromatico. C’è l’insistenza sul colore azzurro, colore prediletto
della poesia simbolista francese che contribuisce a costituire un elemento cromatico fondamentale del
testo stesso. anche fresco è un termine chiave per quanto riguarda d’Annunzio soprattutto nella tessitura
lessicale di Alcyone, termine molto ricorrente.

Metamorfosi in atto, le grida delle rondini sembrano annunciare la metamorfosi in atto, sembrano dei
messaggeri come il tramonto è segno certo dell’alba. Il mondo sembra essere pronto per essere plasmato
dall’opera d’amore, in un continuo rimando tra una dimensione paesaggistica e una dimensione interiore.

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