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Aesthetica in nuce e Estetica come scienza dell’espressione e linguistica

generale - Benedetto Croce


Parlando di de Sanctis e di Dionisotti si era parlato di due differenti modelli di storiografia letteraria: una
fondata molto sullo storicismo, sull’idea che la storia e la letteratura camminino strettamente insieme verso
la realizzazione di una meta, ossia l’unità d’Italia (de Sanctis); l’altra invece innovativa perché valorizza il
diverso sviluppo dei fatti letterari a seconda delle diverse aree geografiche (Dionisotti).
Con Benedetto Croce comincia la panoramica della critica letteraria novecentesca. Croce ebbe una vita
lunghissima, nasce difatti nel 1866 e muore nel 1952, riuscì dunque a vedere non solo la fine del fascismo ma
anche un grande salto istituzionale, ossia la nascita della democrazia. Possiamo dunque annoverarlo come
testimone di questa svolta istituzionale nonostante l’età avanzata. Fu, oltre che un filosofo e letterato, un
uomo politico sui generis. Era un possidente abbastanza ricco da potersi permettere di non svolgere un vero
e proprio lavoro, se non quello di studiare.
Lo studio per Croce era soprattutto la scrittura, difatti pratica tutti i generi immaginabili all’interno della
saggistica. Scrive molte opere, tra cui una rivista intitolata La Critica, dei libri di documentazione storica,
poiché grande frequentatore di archivi, e anche testi di critica letteraria.
Una cosa molto importante, che determinò un’influenza enorme su tutta la cultura italiana del Novecento,
è che fu un estetologo, uno studioso e teorico di estetica, cioè come una persona che ha riflettuto sul bello,
sull’arte.
Importanti opere furono Il Breviario di estetica e Aesthetica in nuce. In quest’ultima opera, Croce, da bravo
studioso di estetica qual'era, cerca di allargare lo sguardo il più possibile nel proporre le sue riflessioni ma
anche nell'esprimersi in maniera semplice. Il suo stile, almeno in questo saggio, è semplicissimo, e tra
l’altro rispetto a tutto quello che si depositerà nella cultura europea e italiana lungo il 20esimo secolo,
l’argomentazione di Croce sembra così familiare, da conversazione, molto pacata e con l’intento di farsi
capire parlando di cose un po’ conosciute da tutti o che dovrebbero essere conosciute da tutti.
Il problema di partenza di Croce è capire quando, per un testo letterario, possiamo parlare di vera poesia.
Affinché questo avvenga, è necessario che in un testo si ritrovino due elementi: un complesso di
immagini e un sentimento che lo anima. Immagini e sentimento: sono due parole semplici, di
immediatissima comprensione, ma sono due parole intorno a cui ruota un po’ tutto il discorso di Croce.
Richiama alla memoria dei lettori dunque, un episodio dell’Eneide in cui Enea, in terra Italica, incontra
Andromaca, sposa di un altro toriano di nome Eleno. Si tratta di un incontro inatteso che riporta alla
memoria non solo la città di Troia ormai lontana, ma è come se ritornasse alla memoria la figura di Ettore, di
Priamo, tutte le vicissitudini della guerra, le difficoltà dell’esilio ecc. sentimenti molto umani, che qualunque
lettore dovrebbe essere in grado di capire. Croce scrive che in questo incontro, corre il sentimento che non è
più esclusivo del poeta che lo trasmette al lettore, ma è un sentimento che il lettore sperimenta, è come se
lo trovasse in sé leggendo quelle pagine, e aggiunge che questo sentimento è qualcosa di ineffabile in termini
logici (opposizione sentimento-ragione) e solo la poesia, a suo modo, lo sa esprimere appieno. La poesia è
quindi espressione del sentimento a suo modo, ossia in un modo che è proprio solo della poesia, con i
propri mezzi, con le proprie tecniche, con le proprie specificità letterarie.
Nel sistema estetico di Croce la sua intenzione di distinguere la poesia, cioè quello che è poetico, dalla non
poesia, cioè quello che non è poetico, si riferisce non solo alla poesia in versi o all’arte in generale, ma a
qualunque forma d’espressione: all’arte figurativa e alla musica.
Il sentimento in un’opera d’arte si è tutto convertito in immagini, in quel complesso di immagini ed è un
sentimento contemplato e perciò risoluto e superato.
Per spiegare quindi la sua idea di poesia Croce parla del sentimento che si converte in immagine e Virgilio
secondo Croce è riuscito a creare un’immagine (incontro fisico e dialogo di Enea e Andromaca) che
riassuma in sé tutti i sentimenti e quindi nel momento in cui il sentimento è diventato quella immagine con
quelle particolarità, frutto della fantasia creativa di Virgilio, succede che quel sentimento è stato risoluto
(ossia risolto) e superato. Superare la dimensione individuale del sentimento significa che se soltanto il
singolo, in questo caso Enea, prova il sentimento nel momento in cui ritrova Andromaca, questo
sentimento non si trasmette al lettore, quest’ultimo non ci ritrova niente di suo, non si crea una
comunicazione. Se invece il sentimento che il personaggio, in questo caso i due personaggi provano, dice
qualcosa al lettore, interpreta una corda già presente nell’animo del lettore, ed ecco che la dimensione
individuale del sentimento è superata e diventa qualcosa di universale.
Sempre in questo saggio l’autore ci fa capire inoltre che la poesia non è solo sentimento, non è solo
immagine ma è l’unione di entrambi, ciò che lui chiama contemplazione del sentimento attraverso
l’immagine o meglio ancora, la poesia per Croce la poesia è intuizione lirica, intuizione pura, aggettivo per
cui i seguaci di Croce si sono interrogati. La poesia è intuizione, ma questa intuizione deve essere pura, deve
essere depurata da qualcosa, priva di qualcosa. E la poesia come intuizione pura da cosa è depurata? Quali
sono gli elementi estranei che nella vera poesia non ci devono essere ? Non devono essere presenti i dati
troppo legati alla realtà storica: se lo scrittore infarcisce la sua opera di un eccesso di riferimenti a cose
concrete e tipiche solo di quel momento storico in cui lui scrive, Croce lo condanna perché non riesce a
esprimere qualcosa che possa essere eternamente poetico, che possa parlare liricamente, poeticamente ai
lettori di oggi così come ai lettori di domani. La vera poesia deve essere eterna, assoluta, un po’ come i
sentimenti provati dalle figure di Enea e di Andromaca al loro incontro, le quali figure, non essendo legate
alla contingenza, portano il lettore a ritrovarsi in esse.
Questa formula di poesia come intuizione pura è la formula con cui è passata alla storia del pensiero l’idea
crociana di estetica.
Però ci sono delle conseguenze: sia Croce, ma soprattutto i suoi discepoli, per seguire le scie del maestro, si
sono messi a leggere i testi letterari cercando la poesia dov’è e sanzionando quello che poesia non è. Un’altra
cosa da notare in questo saggio e che non viene detta nei testi di Croce è il fatto che Croce legga la poesia
anche in relazione al lettore di poesie. A un certo punto del suo saggio scrive che la poesia può essere
dissipata cioè rovinata, inquinata, dispersa da un lettore non poetico. Quindi il testo letterario non solo può
essere poetico o non esserlo, ma anche il lettore può essere poetico o non esserlo, o esserlo stato e non esserlo
più. Significa, secondo Croce, che anche il lettore deve essere predisposto a incontrare la poesia.
Nel libro intitolato Estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale di Croce troviamo di nuovo
l’intuizione, e Croce dice che non basta avere un’intuizione lirica astratta per fare poesia, ma deve essere
espressa cioè tradotta in parole, nel caso della letteratura. Infatti Croce fa l’esempio di Leonardo Da Vinci,
che per alcuni giorni non dipingeva, e lo faceva perché la preparazione artistica, cioè l'intuizione, aveva
bisogno di “cercare con la mente”. Quindi l’intuizione si tramuta in espressione. E questo ci fa capire che
per “intuizione” non si intende un flash, ma un'intuizione meditata. (pag 44) La conoscenza intuitiva non
dipende dalla realtà o dalla irrealtà, e neanche lo spazio è il tempo non la condizionano. Questa attitudine
tipicamente di Croce e dei suoi successori, di distinguere la poesia dalla non poesia, quello che è poetico da
quello che non è poetico, immaginiamola applicata in un libro, un testo: entriamo in un terreno molto
soggettivo. Cioè possiamo dire “questa è poesia, quest’altra no” ma dobbiamo dare delle dimostrazioni, cosa
in cui i discepoli di Croce erano molto carenti.

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