Il compito della filosofia è interrogarsi sulle domande
prime e ultime e ogni prodotto umano è dato dal pensiero,
oggetto e strumento della filosofia. È bene chiedersi e scardinare l’ovvietà, tornare alle domande prime e provare a dare una risposta. È importante perché ciò che viene dato per ovvio o esaustivo può non esserlo. La Letteratura è un prodotto di testi scritti aventi come finalità la trasmissione di una informazione, in grado di scaturire una reazione emotiva. Questa può banalmente essere una micro-definizione, che non chiarisce affatto il suo significato. Bertoni si avvale della teoria della coccinella in cui un entomologo, per quanto possa conoscere i particolari di una coccinella, avrà difficoltà a rispondere alla domanda “che cos’è una coccinella?”. Egli illustra l’importanza del porsi domande su questioni ovvie con una storiella di Wallace in cui un pesce anziano chiede a due pesci giovani com’è l’acqua e uno di quelli chiede cosa sia l’acqua. Oltretutto, il termine “Letteratura” è un termine sia polisemico che dinamico, il cui valore semantico varia sulla base di una serie di parametri come tempo, spazio e cultura di riferimento. Etimologicamente illustra un significato diverso da quello moderno e si fa puramente riferimento alla sua accezione occidentale. Può essere analizzato per sommi capi illustrando i suoi principali generi (romanzo, epos, poesia, lirica, tragedia ecc.) e le sue proprietà. Le proprietà sono le caratteristiche. Aristotele, nella sua Poetica, getta le basi della teoria letteraria occidentale e nel definire la mimesis si avvale di 6 significati diversi. Questa è una dimostrazione di come anche nell’età classica ci fosse un’idea della Letteratura e delle sue proprietà come polisemici, mutevoli e non raggruppabili in categorie finite. Il formalista russo Jakobson in una sua opera definisce la nozione di letterarietà, non come quintessenza, ma come componente dominante e parte della Letteratura. Si avvale di un esempio con l’olio: l’olio non è la pietanza, ma una componente che cambia il sapore dei cibi a cui viene aggiunto. La letterarietà è la definizione di marche testuali che rendono letterario un testo verbale.
La nozione di Letteratura varia nel corso del tempo: Platone
e Aristotele la intendevano come l’arte di saper leggere e scrivere, mentre verrà poi ad acquisire la nozione di bagaglio di testi scritti di varia natura, dalla prosa alla poesia alla medicina, teatro, filosofia, retorica ecc. Fra il 600 e il 700 in Francia nasce l’accezione “belle lettres” come presupposto che qualifica la letteratura come esteticamente appagante; non è un caso anche che nel 700 nasca l’estetica come disciplina filosofica. Si rompono le nozioni di generi e l’arte perde la sua funzione pedagogica. Aristotele per mimesis intendeva una imitazione della realtà, ma attiva, consapevole e creatrice del verosimile, non una imitazione passiva. Altro importante cambiamento si è avuto con l’assegnazione del premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan, un cantautore che ha pur sempre prodotto testi musicali di un certo spessore. La Letteratura non è pura stesura di parole atte a formare una narrazione, una poetica in versi o utili a delegare informazioni, ma è parte del tessuto di una nazione, che ne evidenzia l’unitarietà linguistica o meno, anche culturale, ne fa la storia e interagisce col mondo politico (si pensi alla censura fascista o ecclesiastica), così come può essere strumentalizzata (fascismo). È più di una semplice produzione artistica, ha risvolti profondi ed appare particolarmente dinamica. Un libro non viene sempre inquadrato come parte della Letteratura: nel capitolo l’autore mostra come possa essere considerata Letteratura un’opera di uno scrittore a noi noto, come un Manzoni ma non Federico Moccia, che pur ha prodotto opere narrative. I formalisti russi hanno interrogato i segni linguistici, la presenza o meno di retorica, il che però risulta falso: in “Agostino”, Moravia usa un linguaggio semplice che, se letto in un breve frammento non fa pensare di essere davanti a un’opera di Letteratura. Accade anche con “l’Abusivo” di Antonio Franchini. Non ci si può avvalere della Linguistica pertanto. Un testo può essere definito letterario solo se la parola viene percepita come tale e non come costrutto morfosintattico atto a veicolare una informazione. Bertoni individua come proprietà della Letteratura: 1)Densità, che si compone di un significato denotativo e connotativo- es. destriero denota un cavallo e connota la sua nobiltà. 2)Complessità relazionale 3)Contraddizione interna
Cap. 2:
Il genere letterario si fonda su 3 grandi paradigmi:
1)Somiglianza 2)Relazione 3)Classificazione
1)Le somiglianze sono intravedibili dopo l’analisi di più
elementi e il ritrovo di analogie. È un’operazione che si compie attraverso un’opera di classificazione delle opere letterarie, nelle categorie di genere che demarcano specifiche caratteristiche, oltre che l’andamento della materia. Il genere serve a categorizzare, inscrivere le opere entro sfere limitate, ma anche a consentire relazioni fra le opere, quindi la loro comunicazione. In antichità serviva a categorizzare, ma anche a stabilire relazioni di tipo gerarchico (epos, tragedia, commedia), oggi funziona in termini commerciali e scelta della fruizione, tuttavia quasi nessuna opera si incardina perfettamente in una categoria, altre stravolgono i generi stessi. Gadda, in “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana”, inscena un giallo poliziesco dove il detective è filosofo e psicologo e dove le digressioni filosofiche prendono il sopravvento sulla risoluzione del mistero. Gadda si insinua nel genere e lo smonta, lo sabota e lo reinventa, pertanto è uno pseudo-giallo, dove vi sono i presupposti per incardinarlo, ma nel pratico diventa difficile farlo. Se il genere ingloba e limita le modalità di espressione di un’opera, è anche vero che questa definizione decade sin dal 700, con la nascita del romanzo. Innanzitutto bisogna considerare i generi come categorie storiche, che possono mutare, nascere o morire nel corso del tempo, inoltre il romanzo è la modalità letteraria più aperta e che più di tutti offre allo scrittore la possibilità di giocare coi propri ferri del mestiere, con l’immaginazione, con la scelta dei personaggi, delle dinamiche spazio- temporali, con la focalizzazione della narrazione e col suo decorrere in avanti (prolessi) o all’indietro (flashback). Un esempio di come il romanzo, anti-genere per eccellenza, si possa quindi legare all’epos (fisso e strutturato) è “Il partigiano Johnny” di Beppe Fenoglio, dove mescola il romanzo storico all’epos, caricando di simbolismi e miti l’opera. Il modo è una categoria più fluida e dinamica del genere. La struttura è l’architettura di un’opera, la sua impostazione che organizza in maniera logica e ordinata la materia di un testo, di un racconto o di una poesia (struttura metrica, capitoli ecc.).
Curtius spiega la differenza tra topos e archetipo
avvalendosi di Jung per il secondo, in cui un topos può apparire indipendentemente dalla cultura di appartenenza e dal periodo di tempo. È un’immagine stratificatasi nell’inconscio collettivo.