Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1) debutta con la prosa tipica degli anni 50: modernismo. I suoi romanzi
mostrano già alcune caratteristiche che caratterizzeranno tutta la sua produzione
futura. Sono perlopiù romanzi che rivitalizzano la forma del romanzo filosofico:
usano un plot quasi inconsistente per affrontare questioni filosofiche, esplorare
diverse alternative senza offrire soluzioni, è presente anche una lieve critica
sociale.
Per quanto riguarda la fase poetica si va ad inserire in una corrente che domina
la scena Svedese degli anni 50: la “nyenkelhet” (la nuova semplicità) in cui
l’attenzione è concentrata su piccoli elementi della vita quotidiana e che rifiuta
l’artificio del linguaggio poetico elevato, simbolista, complicato e ricercato.
Usa invece una lingua chiara, semplice ,vicina al parlato e vicina ad esperienze
semplici della vita. Una lingua che vuole destabilizzare e detronizzare
l’impostazione elitaria della poesia. Rifiuta anche lui il ruolo romantico del
poeta che trae l’ispirazione dal profondo delle verità universali.
Gustafsson dice: “ la poesia non è magia, è un artificio linguistico con cui si
esplorano alcune problematiche della vita umana”. Quindi c’è un atteggiamento
antiromantico che prosegue per tutta la sua produzione.
Tra il 1983 e il 2006 va a vivere negli Usa, in Texas lavorando come professore
di studi germanici e di filosofia nell’università di Austin. Per Gustafsson
l’America viene vissuta come una terra pragmatica, di opportunità in cui
disfarsi dal cupo clima della cultura Svedese. Successivamente questo mito
dell’America comincia ad incrinarsi.
Tradizione del romanzo filosofico: esplorazione di possibili soluzioni a una
serie di problemi (Gustafsson tratta 3 diversi “problemi filosofici”→ identità
dell’individuo, rapporto con il mondo, morale). I personaggi di Gustafsson sono
interpretabili come “ipotesi” di quesiti filosofici e di possibili soluzioni.
Un’altra caratteristica di Gustafsson è la sua volontà di fare ricorso a diverse
modalità narrative (romanzi filosofici del ‘700, sua riproposizione novecentesca
di stampo Francese <<legami con la tradizione esistenzialista Francese>>, in
chiave più postmoderna usa una miriade di riferimenti intertestuali: autofiction,
uso di spy fiction, detective fiction e fantascienza.)
Una delle caratteristiche delle ultime opere di Gustafsson c’è un passaggio da
una posizione di pessimismo linguistico ad una di ottimismo. I suoi primi
romanzi mostrano una interpretazione del linguaggio come strumento per
descrivere e conoscere il mondo pessimista (non serve, non basta.) i suoi
personaggi vengono visti come prigionieri di una prigione/barriera creata dalla
lingua che li isola dalla realtà.
Nella fase più sociale degli anni 70 subisce un’evoluzione e la prigione non
diventa tanto il linguaggio ma l’ideologia dominante che non ci permette di
vedere e definire delle alternative rispetto all’unica versione della realtà che è
quella costruita ideologicamente. Nella fase successiva (anni 80-90) c’è una
sorta di “depoliticizzazione” della letteratura e si ritorna a riflettere sul
linguaggio come strumento in generale.
Secondo Gustafsson noi viviamo all’interno di una realtà totalmente creata dalla
lingua e quindi in un mondo finzionale, l’unico che possiamo conoscere e
degno di essere esplorato (quindi l’ottimismo linguistico non ha a che fare con
una fiducia nelle potenzialità descrittive e rivelatorie del linguaggio ma
esclusivamente con un’assenza del senso di imprigionamento delle “realtà
precedenti”).
Questo elemento ci riporta al tema del problema della conoscenza. Questi testi
(in particolare storia con cane e il decano) sono ricostruiti in maniera
probabilistica (c’è la presenza di un redattore che sceglie i testi da presentare e
l’ordine in cui metterli, per esempio nel decano c’è la bibliotecaria che trova dei
“manoscritti” in disordine e li riordina per dar vita al testo nella sua interezza,
cosa importante: la bibliotecaria ci dice esplicitamente di aver ipotizzato
l’ordine in cui queste pagine ritrovate vengono presentate al lettore).
Quindi siamo già di fronte ad un testo che ha probabilmente quella forma ma
che non la ha certamente. Quindi è possibile ipotizzare un ordine diverso del
materiale testuale→ rende il testo più difficile da capire e interpretare.
Un altro elemento che crea confusione è il tema del doppio che viene portata
quasi all’eccesso (Spencer e il decano stesso sono 2 poli opposti, la certezza
illuministica e il dubbio. La morale di Spencer e l’amoralità del Decano. A volte
il decano viene rappresentato come un tentatore per Spencer con la promessa di
offrirgli una conoscenza superiore che sarebbe altrimenti impossibile da
raggiungere con i limitati mezzi umani. Spencer a volte non capisce se quello
che fa è frutto dei suoi desideri o se in un certo senso è manipolato dalla volontà
del Decano che a volte sembra abbia doti sovrannaturali, sappia cose
impossibili da sapere e che sia in luoghi impossibili da raggiungere). Questa
coppia principale che anima il romanzo viene poi ampliata e complicata da altre
coppie di personaggi (il cugino di Spencer, Derek che è il classico americano
pragmatico che mira soltanto alla realizzazione personale, al successo di stampo
economico. Mentre Spencer è vittima di una sfortuna economica allucinante,
quasi di stampo ereditaria, visto che deriva dal padre. Che ne fa inevitabilmente
un fallito). Lo stesso Decano ha un doppio, un tizio che indaga nel passato del
decano, risalendo a quando era in Vietnam per indagare ad un presunto crimine
di guerra.
Altro problema presente nella trilogia è il problema morale (sia storia con cane
che il decano) per la loro forma letteraria mimano il genere testuale della
confessione (un personaggio attraverso alcuni scritti confessa un qualcosa di
“amorale” che ha commesso).
La modalità della confessione nasce dal bisogno morale di cercare una
punizione per il male che si è fatto che ristabilisca l’ordine e il confine tra il
bene i il male.