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LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA

Lezione del 2/11/2020


Traduzione è un filtro potente ed elemento fondamentale anche nella diffusione del romanzo! È
però anche una dimensione e pratica a lungo invisibile. Nel 700 in Italia le traduzioni sono spesso di
rimbalzo da una seconda lingua e i traduttori a lungo neanche citati. Col tempo emerge però alla
coscienza e diventa una professione, che richiede competenze e viene contrattualizzata, ma molto
dopo appunto quella dello scrittore.
Ci sono ormai traduzioni d’autore, cioè fatte da letterati, che rendono il medesimo testo magari in
modo individuale. Calvino traduce in modo magistrale “Dou Jarden”
Poi ci sono i professionisti, i “linguisti”, cha hanno una competenza più tecnica ma meno da
letterati.
[ categorie viste: cronotopo (Bachtin, “un luogo in cui si verifica la fusione dei dati spaziali e
temporali in un tutto dotato di compattezza…” cortocircuito immaginifico che si realizza nei
romanzi più funzionalmente riusciti. Vocazione cronotopica al realismo, trovare lo spazio
appropriato a un certo tempo, determina una situazione storicamente e geograficamente connotata,
colloca la storia in una sua individualità e storicità. “un certo spazio e un tempo preciso insieme”.
Cronotopi realizzano, identificati l’uno insieme all’altro, l’intreccio vero e proprio  1881 in una
classe, Cuore di De Amicis. Molti dei cronotopi hanno inoltre a che fare con la realtà
contemporanea, per es il ristorante, prendendo un significato maggiore di manifesto della
contemporaneità, cronotopi hanno anche forza di catturare la realtà cont.); personaggio piatto e a
tutto tondo (Foster, grande consapevolezza del proprio lavoro mentre scrive romanzi. Autori
massimamente consapevoli, come Calvino, alta capacità critica proprio lavoro e lavoro altrui, uno
dei principali critici italiani, e autori più ingenui, come Lara Carbella con “volevo i pantaloni”,
giovane di talento. Dunque Foster in “Aspetti del romanzo”: personaggio bidimensionale cui si
oppone quello tridimensionale. Gli uni non sono meglio degli altri); categorie simmetriche di
autore e lettore implicito, che sono i due poli della comunicazione letteraria, inscritti nell’opera ci si
fa un’immagine di autore e un’immagine del lettore, ogni testo presuppone un tipo di lettore diverso
da un altro in base allo strumento che è prevalentemente quello del linguaggio, di una serie di scelte
stilistiche e tecniche, è quella soglia paratestuale su cui autore costruisce suo testo (questo vale
ovviamente anche per i nostri due e magnifici 7. ]
(I PROMESSI SPOSI)
Onomastica simbolica ma funzionale al personaggio.
Toponomastica 600esca: precisione cronotopica, spazio e tempo sono indagati precisamente e
cortocircuitano perfettamente.
Siamo nel 1628, storia della peste, epidemia che ha effettivamente segnato il secolo, e vi sono
personaggi storici (lanzichenecchi) e personaggi storici non esplicitati (monaca di monza). Manzoni
racconta la lombardia spagnola anche per denunciare milano sotto l’austria, quindi racconto il
passato per alludere al presente: ci viene in mente Cuoco, poi Jacopo e suo impegno diretto nella
storia…manzoni usa altra strategia, cioè racconta una storia verosimile le cui dinamiche e
condizioni sono simili al presente, alludendovi implicitamente quindi. Il suo può in questo senso
essere considerato un romanzo impegnato. C’era la censura quindi pochi modi per fare questo tipo
di analisi e critiche contemporanee nelle opere.

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una venatura rosa con storia d’amore; ma anche storie di potere; anche storia di una emancipazione
economica: alla fine Renzo “si mette in proprio” e Manzoni manda come un messaggio per cui
bisogna immettersi nel mondo imprenditoriale per entrare nel mondo nuovo in modo attivo e
funzionale; anche storie di individui  storie collettive e individuali, sentimentali, di potere,
storiche e morali
Articolo francese su “Alfabeta” dedicato alla nuova microstoria, quindi non la storia dei grandi che
si studia a scuola, e qui si sottolineava la necessità di una nuova storia appunto, una microstoria,
quella dei cambiamenti climatici, dell’alimentazione, dei sentimenti… articolo molto bello in cui
inserito anche Promessi Sposi (come fosse un saggio storiografico), perchè raccontava
minuziosamente non solo la grande storia ma anche quella piccola (alimentazione, giornate, usi
costumi persone, loro lavori, luoghi..), un microcosmo documentato però storicamente e utile
proprio a livello documentaristico.
Molto importante per questione linguistica, come mette subito in primo piano all’inizio dell’opera
(questione leggibilità): l’operazione della quarantana è quella di sciacquare i panni in Arno, cioè di
aderire di più al fiorentino perché è il dialetto che più si avvicina all’italiano letterario,
principalmente attingendo alle 3 corone, ma partendo da un linguaggio effettivamente parlato.
Stile è altra questione, lessico tendenzialmente semplice e registro tendenzialmente medio, ma in
questo parametro piuttosto ristretto vi è un grande ventaglio di registri, una scala di gradazione che
rende varia la tonalità del romanzo: sarcasmo, ironia, sdegno, comicità, …. Inoltre ogni personaggio
ha la sua lingua, i personaggi si esprimono in modo diverso perché sono diversi: Don Abbondio
parla poco perché estrazione culturale modesta, Lucia parla ancora meno, quasi muta, Fra
Cristoforo parla in modo più elevato perché di estrazione nobile, Azzeccagarbugli parla latinorum
rispecchiando sua ambizione da avvocato.
CONFRONTO
Le due soglie dell’Ortis e del Manzoni: uno apodittico e breve, l’altro un testo argomentativo lungo,
uno impositivo l’altro persuasivo con due effetti diversi sul destinatario, generalizzando la formula
di Manzoni è più democratica (tende a coinvolgere e persuadere lettore cui si rivolge); infatti una
asimmetria degli interlocutori nel caso di Foscolo, essendo Ortis un eroe inimitabile di cui
piangiamo il destino con un lettore di livello più basso, e una simmetria di interlocutori in Manzoni,
poiché no individuato un “tu, oh lettore”, il singolo (Foscolo), ma una collettività di lettori diversi, il
pubblico. Inoltre due forme di realismo diverse: le lettere come pratica diffusa e di carattere
documentario, dall’altra un manoscritto ritrovato proposto e citato, funzione realistica con
espedienti di generi diversi
Ortis è romanzo individuale con un solo eroe al centro, P.P romanzo corale, sociale, con
differenziazione personaggi.
Ortis è romanzo eroico tragico. PP è romanzo come eterna commedia che non esclude punte
tragiche e punte comiche.
Ortis è romanzo dallo stile ricercato esemplato sui classici. P.P lingua esemplata sul parlato
fiorentino
Ortis forte soggettivismo, prima persona. PP narratore onnisciente, 3 pers.. un “collettivismo”.
Foscolo guarda all’individualità Jacopo (microcosmo). Manzoni guarda ad una dimensione
cosmico.

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Un destino esemplare per Jacopo, un universo sociale popolato da una sequela di personaggi con
diversi destini
In entrambi impegno morale e patriottico, seppur in modo diverso, e questo li rende entrambi
romanzi in certo senso “militanti”, entrambi sì che si fanno leggere e ci commuovono, ma ci
comunicano delle idee, ci vogliono orientare ideologicamente. Ci immedesimiamo in una storia che
vediamo come fittizia, è di una dimensione noetica, cioè di carattere cerebrale e mentale, la viviamo
dentro noi stessi. Quando abbiamo finito di leggerla siamo diversi, abbiamo assimilato o rifiutato
idee e valori interpretati dai personaggi, la dimensione ideologia connaturata a qualsiasi storia
Manzoni inventa romanzo storico (importandolo in realtà, c’è Walter Scott alle spalle ma solo per
genere, opera di tutt’altro livello quella del Manzoni, Scott è solo un pretesto in certo senso),
Foscolo riprende romanzo epistolare importandolo in Italia in modo del tutto originale.
Iniziano entrambi a impostare il genere in italia e con due proposte completamente diverse. Quindi
romanzo in italia parte alla grande nell’800 con due proposte.
PROTOROMANZI E ROMANZI ITALIANI
Protoromanzi non risultano funzionalmente integrati. I due romanzi sono invece organicamente
integrati al loro interno, le parti sono funzionali tra loro, creano le premesse perché illusione
funzioni poichè lettore può entrare nel mondo rappresentato come compiuto e vivo e
immedesimarsi nei personaggi.  volontaria sospensione di incredulità (Coleridge), quando
romanzo è fortemente integrato e mi fa vivere a occhi aperti una storia in altro mondo, potenza
illusionistica, io accetto patto di lettura sospendendo mia credulità, cioè prendo per vero quello che
leggo pur sapendo che si tratta di finzione. È in questo caso che significa che il romanzo funziona, è
con questa consapevolezza che mi posso abbandonare al piacere della lettura.
Differenze per cui quelli protoromanzi e questi due romanzi: prima parte sono i due romanzi,
seconda i protoromanzi. Tutti i rossi assieme rappresentato la sintesi funzionale dei due romanzi, gli
azzurri assieme chiariscono la sintesi non funzionale dei protoromanzi]
1- Rapporto mimetico con la realtà rappresentata (geografia determinata) / allegorico o
pseudomimetico con il presente (hic et nunc generici, dove si allude al presente e ai posti ma
geografie e tempi sono del tutto vuoti)
2- Centralità del personaggio e trama funzionale alla sua caratterizzazione / personaggi
subordinati alla trama (effetto marionetta, personaggi in balia degli eventi, non cercano di
governare loro destino, subiscono un caso bizzarro)
3- Vicenda verosimile e plausibile (data dal ritmo, che è realistico. C’è un ritmo anche nella
prosa, dato dalla forma e dallo stile, come ottonari e endecasillabi che facilmente troviamo
all’interno dell’Ortis, ma dato anche dalla vicenda stessa, dall’articolazione: qui ritmo è
consonante con la vita reale del lettore) / inverosimile e implausibile (ritmo forsennato,
logicamente insostenibile)
4- Personaggi sia a tutto tondo con una dimensione psicologica e motivazionale, sia piatti / solo
piatti. In entrambi casi personaggio rappresentano valori morai, ideologici, politici,
patriottici addirittura, ma nel caso di Jacopo egli reinterpreta questi valori che orientano sua
condotta e organizzano se idee, mentre nel caso dei protoromanzi abbiamo un narratore che
dall’esterno appiccica e appioppa questi valori al personaggio
5- Onomastica anagrafica / non anagrafica. Nome e cognome sono le coordinate dell’identità
individuale nel mondo borghese, lettore ha nome e cognome e trova così nel romanzo
qualcuno che come lui ha nome e cognome

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6- Dialoghi negoziati come scambi di battute in situazione (dialogo è modalità interattiva di
interlocutori in presenza, i personaggi comunicano tra id loro con battute che sono alternate
e ritmate, rimandando alla dimensione oralità, del parlato effettivo) / retorici non in
situazione (modello è scritto, non orale, le arringhe avvocatizie dell’accusa e della difesa,
ma anche struttura discorso tipico delle esercitazioni retoriche, come per es. facevano i
gesuiti, in cui avviavano un dibattito fittizio a partire da un tema del tutto inventato
7- Stile-linguaggio differenziato e coerente con il soggetto / indipendente dal soggetto e
uniforme (piattezza). N.B. Ortis si esprime con uno stile molto elevato e elaborato, con
orditura poetica e richiami intertestuali, ma prosa elaborata non in senso gratuito ma
conforme sia allo status dell’eroe/personaggio sia al suo destino; nei protoromanzi
classicistici lo stile è classicistico a prescindere dal carattere del personaggio. Modo di
parlare di Jacopo è scelto, colto, con attenzione al ritmo addirittura della versificazione ma
conforme alla sua fisionomia di eroe tragico. In questo senso quasi coerenza da rota virgilii,
quindi momenti lirici elevati ma NON momenti epici, no prosa epica, perchè epos
presuppone una rappresentatività dei destini collettivi, rimanda a valori condivisi di
un’intera civiltà, mentre Jacopo è un singolo individuo che lotta contro un destino, ribella al
punto da non piegarsi alla storia togliendosi la vita. Quindi sì conforme allo stile
classicistico perché eroe è eroe alto, si esprime in modo sublime e rimanda alla tragedia e
alla lirica, ma non può essere epico perché siamo nella dimensione borghese. È un
classicismo calibrato sulla modernità borghese
8- Relazionalità con il contesto (in Manzoni è un contesto largo, in Foscolo stretto) / mancanza
di relazioni sociali/socialità
9- Spazio-tempo cronotopici (incipit Manzoni) / non cronotopici
10- Immedesimazione / impossibilità immedesimarsi
Tutti gli elementi dei due romanzi fanno riferimento a dimensione complessivamente mimetica,
cioè alla concezione della realtà che noi abbiamo e vien rappresentata in modo efficace in essi, da
ciò la funzionalità organica

Lezione del 3/11/2020


Romanzo storico fa subito tradizione, non solo ha successo ma diventa prototipo (come i magnifici
7). Vi si ispirano Massimo d’Azeglio con nel 1833 “Ettore Fieramosca” e Tommaso Grossi nel
1834 con “Marco Visconti”. Il romanzo rimanda a sé stesso e non ai classici. Vi sono romanzi
storici anche in ambito popolare, il primo romanzo “I carbonari sulle montagne” di Verga è un
romanzo storico e romanzo storico arriva fino ad oggi, per es. con Il nome della Rosa di Eco, che è
stato definito neostorico, nuovo genere ma figlio del genere manzoniano, e a sua volta fa ora da
modello. Anche il romanzo epistolare fa scuola e tradizione interna al romanzo, già Verga con
“Storia di una capinera”, 1871, (romanzo di maggior successo, più venduto, di Verga, che
inizialmente esce in una rivista con nome interessante “”, mettendo abilmente insieme esperienza
manzoniana e…) fino al dimenticato ma molto bello “Lettere di una Novizia” di Guido Piovene (c’è
un film), 1962, romanzo epistolare, fino ad arrivare a “Va dove ti porta il cuore” della Tamaro.
Fanno entrambi tradizione ma lascia più il segno Manzoni forse perché è un romanzo per tutti
mentre Ortis è in fondo aristocratico. Entrambi firmati da scrittori “doc” e ciò aiuta a emancipare e
sdoganare il genere romanzesco.
CONTESTO STORICO

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Cade primato europeo secolare di Venezia, capitale della tipografia da punto vista produzione e
diffusione opere letterarie, e si passa al primato di Milano, a livello italiano. Aumento di prposte e
articolazione dell’offerta con diversificazione interna. Specializzazione di chi fa libri, da tipografo
(da 1450 nascita oggetto libro a noi familiare con Guttenberg, produzione e pubblicazione si
identificano in stessa figura, che ha una sua piccola attività) a editore (fino a vera e propria impresa
editoriale industriale con progressiva specializzazione delle figure che fanno parte dei vari passaggi
di produzione e pubblicazione libro con divisione dei compiti, professioni diverse), perché si
pubblicano più libri, un maggior numero di copie, per fasce più ampie popolazione, che aumenta la
domanda. Nuovi tipi di libri e nuovi generi letterari. Aumentano i singoli titoli, per far fronte a
richiesta molto maggiore. Non solo, aumentano le tirature, cioè molte più copie per titolo. Processo
fotografato bene da Zolà. Tiratura media di un libro di medio successo a metà 800 è di 1500 copie.
Dalle 5 alle 10 ristampe nei primissimi anni romanzi storici. Editoria aumenta produzione per
rispondere alle esigenze del pubblico e pubblico attiva editoria facendola evadere. Nasce la collana
(libri con caratteristiche simili tra loro ma diversi dagli altri), come strumento privilegiato per
orientamento del pubblico ma anche per l’organizzazione della stessa produzione editoriale (in
risposta all’alto numero libri bisogna organizzare produzione sia per chi la fa sia per chi ne
usufruisce). Inoltre idea di catalogo, costituito dalle singole collane di un editore tutte insieme: ogni
editore ha il suo catalogo, quello di letteratura più popolare, quella divulgativa etc.., anch’esso utile
al lettore per capire da quale editore comprare, ma con cui è anche possibile per l’editore impostare
una certa politica culturale libraria. Nell’800 comincia a figurarsi una struttura che si avvia verso la
contemporanea industria editoriale. Questa spinta del pubblico avviene sia sul piano editoriale con
effetto maggiore produzione libraria, sia sul piano letterario con nuovi generi. La tradizione perde
colpi: i generi tipici della nobiltà tendono a perdere rilevanza, rendono meno e vendono meno, sono
una fetta del mercato che perde importanza (per es. la poesia d’occasione come l’ode di Monti o
l’ode di Foscolo; le genealogie, in quanto legate alle famiglie aristocratiche; i nuptialia, anche
questa produzione di tipo occasionale; tutti libri legati alle festività etc; la produzione legata
all’ambito religioso come i libri dei santi, le catechesi etc; la produzione letteraria in latino continua
ad esserci ma ormai specialistica e marginalizzata. Nuovi tipi di libri cioè:
Nuove tipologie di libri: in primo luogo si impone la nuova tipologia editoriale dell’Enciclopedia (o
dizionario ragionato delle scienze, delle arti, dei mestieri: interessante perchè altro genere è proprio
il dizionario, ma questo è “ragionato”, sono cioè voci estese, sintesi del sapere per i non specialisti,
e soprattutto è anche “dei mestieri” cioè le attività professionali, lavorative, quindi nucleo
tradizionale intellettuale umanistico ma si apra alle arti in generale e in particolare ai mestieri, che si
stanno moltiplicando nel mondo borghese). È operazione complessa, progettata ex novo, esce dal
1751 al 1780 in Francia, è un’opera collettiva (no più idea totalizzante del sapere di tipo
rinascimentale, esemplificata dalla Crusca ma occorrono specialisti esperti nelle singole discipline
del sapere, frammentazione) diretta da Diderot e D’Alembert. Quindi eredità illuminista,
dell’Enciclopediè francese, tipologia totalmente nuova, perché idea è quella di concentrare il sapere
universale, non solo umanistico, in una serie di voci tendenzialmente brevi e chiare affidate a
specialisti (soprattutto filosofi) che hanno quindi autorevolezza sul pubblico, così che lettore possa
farsi idea appropriata e approfondita di un argomento in un tempo die lettura breve con un testo
rapido. Assieme ai dizionari permette la circolazione del sapere oltre le varie barriere geografiche,
culturali e sociali. Non si legge dall’inizio alla fine ma è un testo di consultazione. E questo si lega
col fatto che pubblico è incompetente in materia, ma è interessato al sapere senza avere tempo di
dedicarsene, poiché non è un letterato, ma un borghese, un imprenditore, etc.. Enciclopedia è un
formato adatto alla sua funzione

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Appunto si moltiplicano anche i dizionari, andando oltre alla Crusca (già un monumento nazionale,
ma esemplifica la tradizione letteraria, è un censimento dei lemmi delle tre corone..), diventando
dizionari d’uso: i dizionari tecnici, dialetto-italiano, rivolti direttamente al lettore cha ha bisogno di
strumenti tecnici.
Quindi nasce anche la guidistica, perché si viaggia e viaggio si diffonde, sempre nell’ambito della
consultazione materiale e momentanea, da usare sul luogo che si visita nel momento in cui si visita;
a risposta della nascita del viaggio nel senso moderno.
Nasce l’antologia: a Milano nel 1827 “La crestomazia della prosa italiana” firmata da Leopardi: a
un autore autorevolissimo viene chiesto di fare un “elenco” di opere di narrativa (quindi un ambito
specifico e particolare del sapere) da lui scelte perché lettore inesperto si faccia un’idea dei modelli
italiani e possa avviarsi a delle letture consigliate da un letterato. Poi anche “La crestomazia della
poesia italiana” firmata sempre da Leopardi e sempre pubblicata a Milano. Interessante che
Leopardi inauguri questo genere. Antologia è poi anche un modo per ricostruire la tradizione e
storia italiana, una volta fatta l’Italia.
Libri pubblicati a dispense assieme ai periodici(diverse dai romanzi d’appendice). I Promessi Sposi
è una dispensa illustrata da Gonin  frazionare opera rendendola più accessibile economicamente.
Quindi tutti questi tipi sono di consultazione, strumento pratico, lettura rapida e immediata, di facile
comprensione, per tutti, per il nuovo pubblico borghese, quel pubblico di berchettiana memoria.
Tutta produzione attorno al romanzo si sta convertendo.

Lezione 5/11
Quindi nuovi tipi editoriali, ma anche nuovi generi letterari: due cose diverse che però a volte si
incrociano (per es. Manzoni con Promessi Sposi, a dispense). 1800, sono i generi presenti?
Poesia è ancora presente con rilevanza oggettiva ancora per tutto 1800, per es. “Ode a Luigi
Pallavicini. Caduta da cavallo” di Foscolo, ode e poesia d’occasione. Poi “A Zacinto”, sonetto.
Quindi generi poetici tradizionali (ode e sonetti). Ma anche nuovi generi poetici, per es. la ballata
romantica, che era stata oggetto, in particolare le ballate di Burger, della richiesta del figliuolo a
Crisostomo Boccadoro, cioè Berchet. La ballata nasce come genere appunto romantico, sono
componimenti in versi che in origine erano destinanti al canto e alla danza, quindi origine bassa e
popolare, folclorica. È poi rilanciata dalle ballate liriche che hanno successo in Inghilterra e a livello
internazionale (Burger). Poesie ad alta eleggibilità per l’alto tasso narrativa, quindi storie e
protagonisti in evidenza, venendo incontro a quell’esigenza di storia cui viene incontro in modo
rivoluzionario il romanzo. Tommaso Grossi e poesia storica, “I lombardi e la prima crociata”
(1826). È poema ma sfondo storico. Storia comincia ad essere di interesse nel romanzo storico e nel
dramma storico anche. Anche qualcosa di nuovo oltre che innovativo, come Leopardi, una poesia
“senza nome” con i “Canti”, prima edizione nel 1831, seconda nel 1835. Brioschi sceglie la
definizione di “una poesia senza nome” per i canti di Leopardi, prendendo spunto dalle parole stesse
di Leo nello Zibaldone, in cui accenna a questa sfida: una poesia nuova e senza nome, perché
inclassificabile, senza precedenti, che non può avere un nome dai generi precedenti poiché da essi si
discosta, è un’impresa oggi possibile ma ardua con difficoltà non solo di immaginazione ma anche
di emancipazione dalle regole tradizionali. Poesia quindi che rompe con schemi metrici e retorici,
ne sfonda i vincoli, diventando appunto una poesia nuova, che passa attraverso prima la canzone
libera e poi attraverso i canti, una poesia moderna.

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Teatro: con il dramma storico in versi (Il carmagnola Adelchi). Infrazione all’unita aristotelica di
tempo-spazio-azione che si permette Manzoni rompendo con convenzione classicistica
indiscutibile. Manzoni e Leopardi spingono da una parte e dall’altra alla rottura con convenzioni.
Prosa: romanzo epistolare e storico. Oltre D’azeglio con “l’Ettore Fieramosca” e Grossi con “il
Marco Visconti”, nel 1827 esce “la battaglia di Benevento” di Guarrazzi, all’epoca molto famoso e
autorevole: il fatto è reale e l’anno non è casuale (uscita Promessi Sposi). È un romanzo storico
melodrammatico ad alta carica retorica con immagini violente che impressionano lettore
colpendone l’immaginario in modo ingenuo, a volte con scene inverosimili, ritmo elevato, stile
elaborato, periodi lunghi e recitati… elementi chiariani, ma ha enorme successo! Solo che presto
sparisce dalla storia dei grandi perchè subito dopo completamente e giustamente spiazzato dai
Promessi Sposi  storia letteraria di chi ha perso, non solo dei capostipiti, perchè poi storia si è
ispirata a Manzoni no a Guerrazzi. Guardare a priori, quindi anche a chi ha perso, ci permette avere
idea più ampia, realistica, dialettica della situazione letterario vari periodi, che era effettivamente
molto più articolata  Poi, oltre al romanzo, i racconti, raccolte e novelle, la novellistica è asse
principale produzione prosastica 800 e 900 (D’annunzio, Pirandello, Verga, tanti altri). Si potrebbe
fare un atlante italiano della novellistica, poiché i racconti a inizio 900 si moltiplicano con autori sia
dimenticati sia affermati, ma esempi per tutte aree d’Italia. La tradizione narrativa italiana non è
romanzesca ma è legata alla novella, che ha suo fondamento in Boccaccio e da lì voce sempre più
autorevole e lunga storia fino al 900 compiuto. Una tipologia di novella è il racconto rusticale o
campagnolo: Ippolito Nievo, Giulio Carcano, Caterina Percoto…essa racconta in forma breve
vicende contadine contemporanee in modo idealizzato ma realistico mettendo in al centro una
dinamica spaziale geografica contemporanea non temporale; romanzo storico lavora sul passato
tempo, sull’asse cronologico, il racconto rusticale lavora sulla geografia, non sulla storia, e sul
presente. Popolo italiano ancora in gran parte di contadini e la civiltà è ancora, economicamente
parlando, primaria, cioè agricola. Inoltre anche qui opere non classificabili, con Le operette morali
(1824-1832): cosa sono? La sua poesia è senza nome ma anche quest’opera e quindi la sua prosa
definibile così. Infatti no romanzo, no racconto, ma è anche racconto, perché sono storie con
personaggi rilevati, è dialogo filosofico, modello evidente, perché si tratta di dialoghi, e quei
personaggi però sono realistici? Sono mitici e non, ma anche allegorici, sono apologhi, cioè
insegnano qualcosa, quindi forte carica ideale, ideologica e morale, ma hanno anche una forte
impostazione teatrale, sono recitati e si possono recitare, con dosaggi e formule diverse da una
all’altra
Anche in Italia nell’800 quindi produzione letterarie cerca nuove tipologie e nuovi generi, rottura e
novità, esplora e sperimenta, cercando di rompere con tradizione, già nuovo pubblico richiede una
produzione che non è quella un po’ casuale e numericamente ridotta, ma premessa di una
produzione editoriale strutturata.
Inoltre editoria che si sta affermando a Milano è libraria ma anche periodica: con prima metà 800
nascono e si diffondono nuove riviste, come canali nuovi di comunicazione letteraria e culturale: “il
caffè” dei Verri ma anche “il conciliatore” e quella che vi si contrappone di Giovanni Acerbi, “il
politecnico” di Carlo Cattaneo… le riviste diventano strumenti editoriali efficaci per diffusione
delle idee, per un dibattito “militante” sull’oggi contemporaneo letterario e non solo; propongono
una cultura contemporanea aggiornata elaborata dagli intellettuali per sé e per la classe dirigente in
generale, orientati verso il progresso, verso un “incivilimento”, una cultura dell’innovazione
commerciale, giuridica, istituzionale, una cultura non più solo umanistica. Allargamento orizzonti
di interesse oltre quello letterario, siamo in epoca romantica sì ma sulle spalle della cultura
illuminista.

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1861
Con unità d’Italia queste dinamiche possono consolidarsi e romanzo trova i presupposti per
un’affermazione significativa (no ancora definitiva), altri capolavori tipologicamente diversi e con
livello qualitativamente superiore, quello della produzione internazionale, emancipazione dei generi
fino ad arrivare al “1881 e dintorni”

Lezione 9/11
Fatto fondamentale è aumento progressivo alfabetizzazione, quindi nuovo pubblico potenziale di
lettori. Per quanto riguarda la legislazione sulla scuola dell’obbligo: legge Casati nel 1859 (era nata
nel regno di Sardegna ma con unità estesa a resto Italia) prevede frequenza scolastica obbligatoria
per tutti bambini dai 6 ai 12 anni, è legge coraggiosa ma che sarà largamente disattesa, le strutture
non lo permettevano. Nel 1861 analfabeti sono 75% popolazione sopra i 6 anni, il 2,5% è in grado
di capire e parlare correttamente italiano. Situazione linguisticamente iper-frammentata. Nel 1877
abbiamo legge Coppino, scuola dell’obbligo fra i 6 e i 9 anni, questa volta viene applicata,
faticosamente e in modo non omogeneo, ma svolta fondamentale perché avvia la lenta e progressiva
alfabetizzazione degli italiani.
Esperienza di Placido Cerri, insegnante trasferito in Sicilia: nasce ad Ogliani (Piemonte) e si laurea
in lettere a Torino (non a caso esempio!) a 20 anni; studioso di buon talento, va a Lipsia a studiare
tedesco e specializzarsi in sanscrito, spinto dal suo insegnante D’Ancona, un filosofo e critico di
rilievo che lo sprona; “fa il concorso” per insegnare, assegnato dal ministero come reggente 5°
classe al regio ginnasio di Bivona, nel circondario della provincia di Agrigento, un luogo sperduto e
inospitale. Italia ancora fortemente lacerata al suo interno. Insegna un anno perché poi per ragioni di
salute deve tornare a casa, molto probabilmente l’infezione polmonare per cui muore poco dopo è
dovuta alle condizioni di Bivona e della classe in cui insegnava: nessun tipo di riscaldamento, no
finestre, no banchi e sedie, dialetto per lui quasi incomprensibile e lui stesso fatica a farsi capire,
girano in aula tranquillamente cani, galline, gatti, maiali, … sua testimonianza raccolta ma lui non
la vede pubblicata, perché pubblicata postuma da D’Ancona con titolo “Le tribolazioni di un
insegnante di ginnasio”. Nel commento di D’Ancona viene descritta situa quelle zone all’epoca,
brevemente. Si individua in quegli anni una forte migrazione al sud di insegnanti, poiché oche
cattedre disponibili si trovano al sud in particolare al ginnasio e nelle isole. Quindi forte impegno
economico a carico insegnanti, tendenzialmente giovani e motivati da sentimenti risorgimentali di
impegno e amor di patria con salari molto bassi. Uno dei tanti problemi nuova Italia, che impone
una forte “mobilità”, no solo dal sud al nord ma anche viceversa; inoltre leva militare percepita
proprio come volontà di mescolare i giovani italiani. Placido Cerri sottolinea subito la maggior
arretratezza dell’entroterra rispetto alle coste (quindi Aci Trezza sarebbe quasi avanzata rispetto a
Bivona dove l’insegnante si trova); stazioni ferroviarie nel nulla; cattedra + un mobile poco
definibile; non vi era una sedia in tutto il ginnasio; ma neanche un vetro, quindi per luce bisognava
tenere porte aperte per cui se pioveva ci si bagnava; entrano a fare un giro animali tranquillamente
senza che studenti se ne stupiscano minimamente (perché ci vivevano), etc… in “Cuore” la classe è
di tutt’altro tenore. Due mondi opposti.
Nel 1881 tasso analfabetismo stabile attorno al 62% e poi comincia a diminuire: nel 1901 scende al
48,7%, nel 1911 al 38 %. Situazione che è ovviamente legata in gran parte al mercato del libro. Nel
1863 i titoli pubblicati in Italia sono 4.223, nel 1872 salgono a 6.317, nel 1886 sono 9.000, nel 1894
sono 8.340 titoli. E a fare la parte del leone progressivamente sarà la produzione romanzesca.

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Anche svolta tecnologica importante, dalla linotyipe alla monotype: la prima macchina fonde i
caratteri a stampa in righe, la monotype permette di comporre i caratteri uno a uno, quindi
diminuzione dei costi e allora maggiore potenzialità di stampa.
Quindi dopo unione, seppur con quei limiti, allargamento pubblico e sua differenziazione,
cambiamento in quantità e qualità e con profilo generale più basso di quello tradizionale. A questo
punto notiamo una produzione libraria che si divide in popolare (in senso berchettiano quindi
pubblico sostanzialmente borghese, ma anche i proletari neoalfabetizzati e i ragazzi che vanno a
scuola) e istituzionale, o bassa e alta. Quindi nel 1700 abbiamo solo una letteratura tradizionale
istituzionale, nell’800 post-unitario si configura una bipartizione, con una continuità a livello alto
ma anche un’offerta bassa. Per offerta alta si ha, a livello romanzesco:
- Nievo, Le confessioni di un italiano,
- Rovani, I cento anni, che entrambi incarnano il pasaggio da romanzo storico a romanzo
contemporaneo,
- Verga, Mastro Don Gesualdo,
- De Roberto, I vicerè,
- D’Annunzio, Il piacere,
- De Marchi, Demetrio Pianelli, [leggereee]
- Svevo, Una vita e Senilità,
- Pirandello Il fu Mattia Pascal e altri.
L’offerta bassa invece ha al centro il romanzo d’appendice, che si rivolge al pubblico
neoalfabetizzato. Romanzi a puntate sui giornali, vantaggio è reciproco: per giornali, che sono così
resi più interessanti e appetibili; per lettori, che grazie all’acquisto dei giornali leggono letteratura
che allarga proprio pubblico perchè sono di più quelli che leggono il giornale. In questa fase storica
spesso editori di giornali sono spesso editori di libri, creando una sinergia tra i due ambiti, poichè
romanzo prima pubblicato sul giornale permette di testarne la ricezione sul pubblico e poi nel caso
editore giornale e lo stesso che fa mettere insieme le parti del romanzo pubblicandolo in formato
libro e quindi facilitandone la diffusione e aumentando ricavo editore. Soprattutto sono i folleton
francesi a essere tradotti in Italia ma poi si affermano anche come produzione italiana, il romanzo
d’appendice si impone. Vincoli ben precisi imposti dal direttore giornale, scrivere romanzo in
questo modo è diverso: rapporto contrattuale e professionale con la redazione del giornale che
impone la scansione della puntata, il taglio dei capitoli, organizzati in modo tale che puntata si
sospende alla fine di un climax ascendente creando suspance, quindi ritmo romanzi molto elevato,
realismo linguistico (lingua da giornale), vocazione all’attualità e immaginario contemporaneo.
Tutti aspetti che nuovo autore deve saper dominare, gestire e ottimizzare.
Campione del romanzo a puntate è, in Italia, Salgari (circa 80 romanzi), dove troviamo la
dimensione esotica, valori cavallereschi ed eroici, il procedere a cicli romanzeschi che fidelizzano il
lettore e garantiscono il successo di un protagonista ben identificato, ma anche alto tasso di
informazione (ci insegna senza annoiarci). Altra produzione popolare è quella per l’infanzia, con
Pinocchio, nel 1883 di Collodi e Cuore, 1886 di De Amicis: grazie all’alfabetizzazione si amplia
pubblico e ciò permette agli autori più emancipati, in sintonia con la modernità, di scrivere nuovi
generi. Nell’ambito della letteratura per l’infanzia la trovata fondamentale, geniale, sta nella perfetta
corrispondenza tra protagonista e il lettore: cuore e pinocchio sono popolati da personaggi che
hanno l’età dei lettori, ciò permette l’immedesimazione del ragazzo/bambino. Qui sta la differenza
con i catechismi e la letteratura tradizionale, che erano opere scritte da adulti per adulti e rivolte ai
bambini, erano di tipo impositivo e normativo, andavano studiati a memoria, non veicolavano

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nessun piacere (tranne un po’ nelle vite dei santi). Altro tipo di romanzo popolare è esemplificato
da Carolina Invernizio (chiedere ai nonni!), che fu una scrittrice celeberrima, anche all’estero.
Aveva fama di signora della buona borghesia piemontese. Dominante sentimentale, prosa facile.
Produzione romanzesca rivolta quasi esclusivamente al pubblico femminile (maschile, Salgari).
Alcuni titoli: “Il bacio di una morta” (1889), “Odio di araba”, “La sepolta viva” (1896). Subito
messi nell’indice dal Vaticano. Pubblica in appendice sui giornali (La Gazzetta di Torino) poi si
lega all’editore Salani (Treves editore di letteratura istituzionale, Salani popolare), stabilendo un
contratto molto vantaggioso per lei, è grande professionista della letteratura al punto da riuscire a
strappare una collana, “I romanzi di Carolina Invernizio” che ospita esclusivamente la sua
produzione, rendendola iperidentificabile e anche mirata alle sue lettrici. Grande letterata e
interprete della modernità. Schernita in vario modo, con soprannomi, disprezzata come tutti gli
autori di letteratura popolare. Spinazzola ne parla come di “protogiallismo a forte coloritura
sentimentale”: sono storie di delitti e misfatti quasi romanzi, con abilità per suspance, intrighi,
travestimenti, ma con centralità su vicende sentimentali di figure femminili, rosa. Doppio aspetto
sua proposta: lieto fine, si ritorna alla normalità tradizionale, rassicurante, ritorno alla norma
familiare (permettendo all’autrice di non avere sensi di colpa) ma vicenda mette in scena tutta una
serie di infrazioni anche pesanti all’onore e al pudore con una dimensione erotica e sessuale che
affiora, il non detto, e che fa presa sulle lettrici. Testimone di una dimensione erotica che in quegli
anni inizia a chiedere di essere rappresentata e di emanciparsi, e che piace alle lettrici infatti. Tutta
una serie di letteratura semierotica (più esplicita) nella seconda metà dell’800, iniziando questa
dimensione a svilupparsi sia per cambiamento costumi con aumento dominante laica sia per
centralità psicologia e psicanalisi a dominante erotica in quegli anni. Vi sono anche delle proiezioni
nevrotiche da parte dell’autrice nelle sue protagoniste, su cui incombe incubo della follia e tema
ricorrente del panico di essere sepolti vivi. Temi di femminilità, pazzia, morte, con una donna
comunque protagonista, sia attiva sia passiva. Le paure, i desideri repressi di una sessualità ansiosa
di farsi riconoscere emergono ma per poi venire repressi alla fine. Donne e mogli che passano
vicende drammatiche e passionali differenti e alla fine si ricongiungono con il quadro familiare. Lei
però si racconta e presenta nell’immaginario collettivo come tipica moglie e donna di casa, chiesa e
famiglia, immaginario completamente diverso nei suoi libri, di cui durante la lettura si gode per
contenuti trasgressivi, comunque nonostante finale.
[ targa: “in questa casa Carolina Invernizio il 27 Novembre 1916 chiuse l’operosa esistenza fra il
signorile salotto e i romanzeschi fantasmi ]

Lezione 10/11/20
Quindi fine 800 un romanzo non imposto definitivamente ma uno maschile, uno femminile, uno per
ragazzi. Quindi una differenziazione su coordinate antropologiche, e questa è una articolazione di
base, la prima grande articolazione, che poi si assottiglierà anche in base a differenze di altro tipo,
come culturale e sociale. Ma primi 900 inflessione del romanzo e torna al centro la poesia
(Ungaretti), momento di pausa e di crisi, momento della prosa d’arte, e negli anni 40 e 50 con
neorealismo ritorno del romanzo, con anticipazione Moravia, Gli indifferenti e tantissimi (Pratolini,
Calvino, Silone, Vittorini, Pavese etc). Romanzo si impone definitivamente.
GIOVANNI VERGA [riprendo manualisticamente anche]
Vita si può dividere in 4 fasi, una siciliana, una fiorentina, una milanese e poi ritorno definitivo a
Catania. Spostamenti fisici nell’Italia pre e postunitaria.

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Nasce nel 1840 a Catania, morirà nel 1922. Italia è di per sé periferica nel panorama
contemporaneo, e in Sicilia siamo nella periferia della periferia, e ciò si vede nella formazione di
Verga stesso, che è appunto provinciale. I suoi riferimenti sono: Mario Pisarda, poema con titolo
“Atlantide” dove si autoritrae definendosi il vate etmeo..siamo su un livello di letteratura
ipertradizionale, retoricamente sostenuta e ritratto in evidente stile foscoliano, egli è un patriota,
mazziniano, popolare in Sicilia ai suoi tempi ma con questa fisionomia da intellettuale tradizionale,
retorica, che scrive in versi; poi anche Domenico Castorina, meno noto, che scrive un racconto
storico, che viene proposto dal maestro di Verga, Antonino Abate, come lettura fondamentale. Sulla
base di questo Verga si mette a scrivere per suo personale interesse e giovane compone due opere:
nel 1857 “Amore e Patria” romanzo di ascendenza quindi foscoliana, per quanto un Foscolo
mediato da Pisarda e nel 1861 “I carbonari della montagna”, un racconto storico di ascendenza
quindi manzoniana. Il primo è un inedito, il secondo viene invece fatto pubblicare da Verga stesso a
spese del padre, nel 1861! È una pubblicazione che non ha il vaglio della mediazione editoriale, un
mezzo che era molto utile e più vantaggioso, pubblicazione a sue spese è un limite. Ma libro viene
comunque fatto circolare perchè Verga lo manda a vari intellettuali, conoscenti, amici, chi ritenga
utile che lo legga. Emerge qui una dicotomia se non contraddizione, perché tra questi destinatari ci
sono Dumas e Guarrazzi, quindi il giovane Verga identifica come modello un autore come
Guarrazzi che però è ormai superato, nonostante in realtà scriva in stile manzoniano, quindi egli ha
ancora le idee poco chiare, scelta non lungimirante, ma anche a Dumas, il campione del folleton, e
in questo senso quindi Verga ha capito che sorte romanzo contemporaneo, quello che si fa leggere e
quello che può essere un modo per essere scrittore professionista sia quello appunto di Dumas.
Presto lascia la Sicilia rendendosi conto arretratezza situazione, no possibilità di sviluppo nella sua
formazione, tanto meno in quella letteraria. Parte per Firenze: siamo agli inizi maggio 1865, dopo
aver abbandonato studi di giurisprudenza, iscrivendosi a lettere. Pubblica romanzo “Una peccatrice”
non a sue spese ma attraverso un editore e avrà certa risonanza. Firenze perchè all’epoca è capitale
del regno, scelta in questo senso lungimirante, ed è anche la culla della cultura e tradizione letteraria
italiana. Questa doppia vocazione della città (a Firenze Manzoni va a sciacquare panni in Arno),
infatti a Firenze ci sono molti intellettuali, tra cui Capuana, anche lui siciliano, che diventerà suo
grande amico in quel periodo e poi i due insieme avvieranno l’esperienza verista. Lettera di
Capuana, “scrivo tutto il santissimo giorno…”. Continua attività scrittura romanzesca. Rimane fino
al ‘71 a Firenze, con dei ritorni a Catania soprattutto a causa del colera. Pubblica il suo romanzo di
maggior successo, nel 1870, “Storia di una capinera”, storia di una vocazione monacale imposta
(eco manzoniano), che esce sul “Corriere delle dame”, una rivista pensata per le donne (interessante
tematica femminile, storia di donna su una testata per donne!). Poi uscirà in volume a Milano
pubblicata da Lampugnani.
Verga si emancipa attraverso Firenze e approda a Milano, città d’adozione. Si trasferisce nel 1872.
Qui vivrà a lungo e lavorerà proficuamente. Vincenzo Consolo, che lo conobbe, lo ricorda
descrivendo suo arrivo. Anche Consolo immigrato a Milano, forza attrattiva della città anche per
decenni successivi. Permanenza Verga fino al 1893, salvo qualche rientro a Catania. Frequenta i
salotti, conosce i rappresentanti del secondo romanticismo lombardo, gli scapigliati, Boito, Prada,
vari ambienti tra cui “Il Savini” il bar degli scrittori e dei poeti, la Galleria, conosce Emilio Treves,
che sarà poi anche suo editore, e De Roberto, terzo grande verista, con cui stabilirà un rapporto di
comunanza intellettuale, consulenza letteraria e editoriale per tutta la vita. Torna a Catania pe morte
madre, periodo difficile, torna a Milano per riprendere a scrivere con fervore.
Milano capitale morale e imprenditoriale d’Italia, molti intellettuali diventano milanesi d’adozione
interpretandone appieno i valori, come soprattutto quello dell’accoglienza. Milano si mostra

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all’Italia e all’Europa nel 1881 con l’esposizione nazionale. Segna il progresso tecnico-industriale,
coinvolgere nella fede del progresso tutta la popolazione, pubblico dell’evento fu infatti ingente e
vario, anche bassa borghesia, famiglie etc. Per l’occasione ci furono diverse pubblicazioni, tra cui
Verga con un capitolo dedicato alla Milano fuori porta, la definisce “la città più città d’Italia”.
Proprio nel 1881 escono i Malavoglia, ambientati totalmente in Sicilia, localizzati in quell’altro
mondo nei minimi dettagli, ed è proprio per questo distacco che gli fu possibile una
rappresentazione così oggettiva e realistica.
Ritorno in Sicilia nel 1894, Catania, muore nel 1922, ormai celebrato e un classico. La prima
monografia nel 1919 di Luigi Russo, è un grande saggio critico che tratta, vivente, Verga appunto
come un classico e pone le fondamenta della critica verghiana successiva.
[ Fotografie ritratti di Verga. Egli non solo è siciliano e ha costumi siciliani, ma studia proprio gli
usi e costumi siciliani, ha conoscenza folclorica e antropologica precisa della realtà che racconta ]
Opere, siamo di fronte a romanzi, novelle e opere teatrali, perché spesso passaggio è quello di
adattamenti teatrali delle sue novelle. Ma soprattutto una produzione tutta in prosa, egli si vanta di
non scrivere neanche un verso, si gioca la sua interna carriera professionale su questa “scommessa”
(quindi suoi modelli siciliano hanno lasciato ben poco il segno).
Romanzo storico (esordio):
- “Amore e Patria”, 1856-57
- “I carbonari della montagna”, in quattro volumi (corposo!), 1861
Romanzi mondani (Firenze): tutti a puntate sui giornali, scelta che diventa quindi subito una
consuetudine per lo scrittore; al centro la figura dell’artista e vicende sentimentali travagliate,
ambientazione totalmente contemporanea.
- “Sulle lagune” in “La Nuova Europa”, 1863
- “Una peccatrice”, Torino, Negro, 1866
- “Storia di una capinera”, Milano, Lampugnani, 1871
- “Eva”, Milano, Treves, 1873
- “Eros”, Milano, Brigola, 1875
- “Tigre reale”, Milano, Brigola, 1875
Romanzi veristi: inaugurati nell’81 appunto
- “I Malavoglia”, Milano, Treves, 1881
- “Il marito di Elena”, Milano, Treves, 1882
- “Mastro-don Gesualdo”, Milano, Treves, 1889
- “Dal tuo al mio”, Milano, Treves, 1906
- “La duchessa di Leyra”, incompiuto
La fase mondana, definita tale perché mette al centro la vita contemporanea, l’indagine dei
sentimenti e delle passioni, le figure bohemien. Molti la contrappongono alla fase verista ma in
realtà con tecniche completamente differenti al centro produzione verga sempre indagine animi
umani, sentimenti e passioni. Inoltre si nota una nutrita serie di romanzi che fa capire che Verga
identifica bene nel romanzo il genere principe della modernità e su di esso si impegna
costantemente. Infine anche un’evoluzione progressiva dei marchi editoriali, “Una peccatrice”
pubblicata a Torino da Negro, ma poi abbiamo sempre Milano, e qui ancora un’escursione con

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piccoli editori, Lampugnani e Brigola, ma poi passa a Treves con cui pubblica sistematicamente
tutti i romanzi veristi.

Lezione del 16/11


[ Oltre alla galleria, luogo simbolico è la Rinascente (nome posteriore dalla firma di D’Annunzio)
che nasce nel 1865, vendita di abiti già confezionati, un anno dopo ha già tantissimi dipendenti
grazie al suo successo. Nei negozi tradizionali si entrare per comprare, qui si può entrare solo per
ammirare la merce. Concetto dell’esposizione (appunto anche “esposizione” universale). ]
I MALAVOGLIA
Treves, Milano. Nel 1874, primo bozzetto in forma di racconto, che costituisce nucleo generativo
romanzo. Nel 1878 si passa all’abbozzo di un romanzo articolato, 350 pagine e dopo 7 anni di
lavoro esce la princeps. No tanti quanto Foscolo e Manzoni ma tanti comunque e ne scrive di più,
ormai impresa meno ardua e soprattutto per assecondare lettori e imprenditoria editoriale e per
guadagnare si scrivono più opere (“operai della penna”, cit Zolà). Romanzo si apre con una
premessa ovviamente, senza alcun titolo. Questo paratesto autoriale [vedi] inoltre è impostato
diversamente perchè non si concentra esclusivamente sui Malavoglia, sul testo in quanto tale, ma
presenta il ciclo dei vinti, quindi si impegna in una promessa concreta al lettore su un intero ciclo
romanzesco. È possibile fare discorsi più a lungo termine perché lettore abituato ormai al genere.
Nel paratesto si parla di “fiumana del progresso”, metafora naturalistica insieme al concetto
oggettivo del progresso, quello dei luoghi e degli eventi di Milano, mettendo insieme un’immagine
naturale e quella della cultura contemporanea, a rendere naturale e inarrestabile il progresso, come
fosse un processo naturalmente inarrestabile. Inoltre ha uno sguardo da lontano che mette però a
fuoco i vinti, una prospettiva rovesciata: da un lato questa concezione darwiniana in cui Verga
prende atto di quel progresso naturalmente inarrestabile, dall’altro dichiara di soffermarsi sui vinti,
su coloro che non vincono questa lotta per la sopravvivenza. Si concentra quindi sui costi di
quell’evoluzione. Ma non vi è nessuna nostalgia per altri tempi o società diverse, ma c’è una presa
d’atto di un meccanismo feroce, di questa fiumana inarrestabile che ha i suoi costi sociali. E per
raccontarlo occorre un punto di vista esterno, uno sguardo scientifico, la scienza è il fondamento del
naturalismo e quindi poi del verismo; questo sguardo esterno si traduce nella poetica verista della
naturalità. Parla di cose che conosce bene ma guardandole da lontano, anche geograficamente e
culturalmente/socialmente. Infatti questo sguardo da lontano anche perché in quel mondo lui non vi
è, è a Milano, dalla Milano positivista guarda la Sicilia, che è un mondo che ha la sua tradizione
ancora legata alle radici del feudalesimo e ai lavori tradizionali. Nella premessa dunque si ha più
che altro la presentazione di un metodo, un ragionamento sul suo progetto, che di un contenuto, non
c’è è più bisogno di introdurre il lettore, ma espone sostanzialmente il metodo dell’impersonalità,
punto di vista esterno e oggettivo, non partecipe, che permette di concentrarsi sui vinti. Pubblico
presupposto è quindi un lettore esperto, consapevole. I Malavoglia non ebbero infatti grandissimo
successo, ma neanche tra la critica, che poco se ne interessò. L’unico o comunque colui che si
interessò e riconobbe operazione Verga fu Capuana, cui Verga si rivolge e parlando dei Malavoglia
li definisce “un vero fiasco”.
Al centro della rappresentazione c’è anche la dimensione emotiva, sentimentale ed emotiva, in
continuità con la sua fase mondana.
Dialettica “vicino-lontano”, anche altra dicotomia: verga è siciliano, anche se benestante, e conosce
perfettamente ciò che racconta, e in certo senso innamorato della Sicilia, compartecipazione e

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condivisione, ma dall’altro lato studia anche la Sicilia, e questo significa guardarla dal di fuori,
come oggetto di analisi e con gli occhi di altri studiosi. Verga, come Capuana, è abile fotografo, sua
passione: sue fotografie hanno spesso come soggetto la gente siciliana, e questo già significa
prendere un distacco da punto di vista osservativo. Suo studio è mediato dalla macchina fotografica,
e tutto il lavoro è preparativo per i Malavoglia. Sguardo da lontano, oltre che geograficamente,
culturalmente, economicamente, si vede anche appunto come studioso di usi e costumi, facendo
proprie alcune riflessioni di altri. Dopo unità ci furono una serie di inchieste nazionali e locali per
fotografare situazione tutto territorio. Per esempio l’inchiesta firmata da Franchetti e Sonnino, “La
Sicilia nel 1876”, esce nel 1877. Due volumi, il secondo è quello firmato da Sonnino e quella che
parla de “i contadini in Sicilia”, una serie di luoghi critici individuati nella società siciliana, che
troviamo pari pari in Verga, che non legge in realtà questa inchiesta: corruzione della ceto
amministrativo locale, che è parassitario cioè vive alle spalle della comunità; il problema della leva
militare in quanto privazione di forza lavoro fondamentale; sistema di tassazione che colpisce
soprattutto i poveri; la presenza d contrabbando tra Catania e Messina, certificato, (esempio ne è la
tragedia di Bastianazzo nel romanzo); usura, come un cancro che impedisce sviluppo società,
latifondi da un alto e dall’altro indigenza totale (padron Ntoni problema con usuraio Campana di
legno). Altro è “atti della giunta per l’inchiesta agraria sulle condizioni della classe agricola”,
coordinata da Stefano Jacini, indagine istituzionale sulla base della questione meridionale: tentativo
di costruzione analitica della condizione agricola di quei luoghi, con domande poste da ispettori che
girano alle persone, soprattutto ai contadini, sul territorio, interviste, sul territorio italiano. Jacini e
suo gruppo elaborano un questionario preciso per mettere in luce alcuni aspetti: cosa si coltiva in
quel luogo, dieta contadini, usi e costumi, età matrimonio, chi va a scuola e chi no… sulla base di
questi questionari gli ispettori fanno delle relazioni che mandano a Jacini. Damiani è l’ispettore che
fa interviste nella provincia di Catania, relazione precisa sulla zona catanese, da cui attinge Verga.
Franchetti, Sonnnino e Jacini sono alla base della questione meridionale.
I Malavoglia quindi fanno parte di quel contesto culturale ma insieme contribuiscono a costruirlo,
cioè chi legge I Malavoglia scopre un mondo, dei costumi, degli stili di vita… potremmo dire che
Verga quindi, attraverso la letteratura, un altro strumento, sia allineato con questa scoperta
dell’Italia unita, che ancora però non lo è, di pari passo alle inchieste contribuisce alla conoscenza
di un’Italia ora unita.
Studia anche le opere di Giuseppe Pitrè, palermitano, medico, storico, letterato, fondatore della
scienza folcloristica in Italia, tra le sue opere e suoi studi “I proverbi siciliani”, 1880. I Malavoglia
sono ricchi di proverbi, quelli che Verga steso conosceva (da vicino), ma anche quelli che si studia
(da lontano) leggendo Pitrè, infatti molti dei proverbi dei Malavoglia sono verificati su Pitrè. Di
nuovo convergenza d’intenti tra studiosi e l’autore di opera letteraria. Similmente a Manzoni per
lavoro di documentazione, seppur diversa perché contemporanea. Anche Pisarda libro su proverbi
siciliani, quindi diffuso interesse quasi folclorico di conoscenza delle realtà della nuova Italia.
Verga ha piena consapevolezza sia di quello che sta facendo sia della realtà che vuole rappresentare.
No nostalgico della Sicilia perché consapevole sua arretratezza. La dimensione nostalgica che si
può rilevare non è nostalgia per un passato che non c’è più, ma è ritratto oggettivo di un fenomeno
ineludibile, cioè la modernità che trasforma, che sta arrivando anche al sud e ha dei costi enormi,
quindi si ha da parte Verga più che altro un’immedesimazione nelle vittime di questo cambiamento,
immedesimazione di carattere umano, una solidarietà esistenziale, umana, con consapevolezza di
non poter fermare il processo della modernità. Rende immaginabile la realtà di cui parlano le
inchieste e gli studi dell’epoca.

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[incipit]
Tempo: ambientata nel 1863, chiamata di leva per Ntoni, a significare subito un ingresso
dell’istituzione come una violenza esterna. Antefatto alla chiamata di Ntoni è la bottega dei Lupini,
dove detto che siamo a Settembre. Poi scansione giornaliera fino ai funerali di Bastianazzo: 4 giorni
in 5 capitoli. A questo punto cronaca si diluisce, dal 5° al 9° capitolo passano 14 mesi, si arriva alla
fine del ’66. Abbandono casa a Novembre ’66, si allude al luglio ’66 con battaglia di Lissa, in cui
muore Luca, sappiamo quando muore Maruzza perché è l’anno del colere, quindi 1867, poi ritorno
dal carcere di Ntoni, ipotizzabile nel 1878. Da una dimensione cronachistica e ritmo lento ad
allusioni temporali molto meno precise e dilatate, un tempo più generale e allusivo. Da pochi giorni
in molti capitoli, a d un salto temporale fino al 1878 con chiusura vicenda. Da un tempo specifico a
uno indeterminato. Da dimensione realistica referenziale ad allusiva e generale, come anche negli
altri piani del romanzo. Da dimensione cronachistica si approda ad una temporalità imprecisata,
dimensione astratta e mitica. Quindi da un lato un tempo storico, documentabile, dall’altro uno
mitico, statico, ripetitivo, atemporale, il tempo contadino, dell’antico regime, dell’economia
agricola e delle stagioni, che si ripetono uguali a loro stesse scandendo sempre con lo stesso ritmo il
mondo e la realtà contadina di cui fanno parte i protagonisti del romanzo. Calendario folclorico e
tradizionale (debito di padron Ntoni restituito a Pasqua e Natale). Tempo della storia invece legato
alla leva, alla battaglia di Lissa, che confligge con l’altro tempo. Di nuovo una dialettica “vicino-
lontano”, cioè dal vicino al lontano, dal concreto all’astratto, una dimensione documentaria in un
tempo preciso e una dimensione emblematica simbolica di una situazione primaria, premoderna, di
antico regime e del mondo agricolo contadino.
In sostanza implicitamente si suggerisce che una realtà ciclica, ripetitiva, sempre uguale come
quella di Aci Trezza subisce impatto della storia, viene interrotta dal tempo moderno che ne rompe
la continuità, e si avvia in modo violento e con costi umani pesanti ad assimilare il nuovo tempo
della civiltà moderna.
[film di Visconti sui Malavoglia, “La terra trema”]
Lezione del 17/11/20
Spazio: realtà geograficamente ancorata in modo preciso a luoghi reali e un’area ristretta ben
identificata. Toponomastica locale molto ricca e precisa ( siamo “vicino”, in un paese
iperlocalizzato ) Nessun idillio o rappresentazione “turistica”, ma rappresentazione dura e oggettiva
di una realtà locale. I lettori catapultati in un mondo sconosciuto con una precisione scientifica.
Termine Catania ritorna 6 volte nel romanzo, ma come “la città” ritorna 27 volte. Per loro Catania è
la città per antonomasia, dove ci si perde, sia fisicamente sia moralmente come succederà alla
prostituta. Poi citata Napoli, come città capitale, la più importante (era capitale del regno delle due
Sicilie), sconosciuta, affascinante… guardano a Napoli come la vecchia capitale borbonica, per loro
è quella ancora la capitale, e Catania è la grande città vicina, mentre Roma, citata pochissime volte,
è estranea, nell’immaginario è un luogo di pena, una prigione, negativo (Ntoni ci finisce in carcere,
Luca vi muore, il nonno ci fa in ospedale, Lucia vi finisce prostituta). A rappresentare arretratezza
culturale, credono addirittura ancora in Napoli come capitale. Estraneità totale alla geografia
nazionale e alle nuove istituzioni.
Lo spazio di Aci Trezza non è raccontato con precisione, no indicazione di piazze, strade, no luoghi
descritti. Viene nominata la chiesa e ripetutamente la casa del nespolo, ma questa dov’è? Questo
perchè agli occhi degli abitanti di Aci Trezza non vi è bisogno, conoscono tutto e siccome Verga si
immedesima in essi non ha bisogno di dare precisazione, siamo assolutamente proiettati in quel

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mondo, siamo vicinissimi, quindi Verga lascia implicito ogni riferimento spaziale. Ma d’altra parte
non precisione la rende una rappresentazione più simbolica, crea un immaginario del paesino del
sud in generale, in questo senso siamo “lontano”. È una geografia sociale più che spaziale. A questa
dimensione localistica si accompagna una generale astratta mitica, dovuta ala fatto che siamo
davanti a un paese, quindi ben localizzato, dall’altra esso rappresenta tutta la Sicilia e sua
situazione.
Terzo caratteristica dello spazio è la dimensione del viaggio, che è presente no come momento di
apertura al mondo, opportunità, ma da esso non si ritorna, è catastrofico. E viaggio è caratteristica
tipica della società urbano borghese, gran tour e volontà di conoscere mondo esterno. Tutto questo
estraneo a realtà ancora da antico regime. Viaggio di Ntoni per la leva, spostamento per andare
all’ospedale, Lia parte e finisce prostituta etc… partenza di luca è vissuto come elemento
catastrofico… viaggio do viaggio di formazione, ma esperienza che condanna definitivamente. No
un caso che Ntoni e Luca partono in treno, mezzo di trasporto per eccellenza della modernità: di
nuovo impatto di essa sul mondo contadino che ne viene traumatizzato.
[Consolo, un saggio sui Malavoglia: “Aci Trezza, la trezza, a’ trizza, la treccia, l’intreccio”, gioco
di aprole che mette però in luce come anche i toponimi simbolicamente alludono alla narrazione
stessa. Aci Trezza detta anche “La Trezza”, in dialetto “A’ Trizza”,c he vuol dire “la treccia”, che si
può tradurre in intreccio, avventura]
Personaggi: presentazione dei protagonisti con un soprannome, di cognome fanno Toscano. Si
contrappone l’identità istituzionale, anagrafica, a quella popolare, quotidiana e sociale che prevale,
vale di più. “Malavoglia” è un nomignolo che allude ad un destino malvagio che si realizzerà, per
analogia, mentre per contrapposizione “Provvidenza”, partenza per mare non sarà provvidenziale.
Nel primo capitolo compaiono tantissimi nomi, 23, spiazzante. Interessante notare come Verga
introduca una serie di espedienti per renderli riconoscibili, aiutare lettore nonostante ingresso
brusco per lui: strategia onomastica è quella di presentare alcuni con nomi più articolati; ci sono
personaggi con nome semplice e chiaro, alcuni con un diminutivo cui segue chiarimento con nome
esteso, poi altri vengono indicati con loro professione, ci sono doppi nomi (cerniera tra dato
anagrafico e quello della comunità, messi assieme e quindi evidenziata contrapposizione) come
Agostino Piè Di Papera, Venere detta la Zuppidda…poi altra tecnica di disambiguazione ma anche
di forte identificazione è la specificazione genealogica (“della” inteso come “figlio di”), e poi vi
sono quelli che rimangono vaghi come “Padron Ntoni”, personaggi semplicemente enunciati e che
sono infatti quelli principali e in quanto tali non bisogna meglio identificarli. Onomastica da un lato
serve a mantenere il radicamento del personaggio in quel luogo da un punto di vista interno
dall’altro a spigarlo, a glossarlo, chiarirlo per identificarlo facilmente per lettore.
Ingresso traumatico ma funzionale per introdurci e anche perchè esattamente l’effetto che chiunque
arrivi da Milano avrebbe giungendo in quei territori, quindi funzionale anche ad evidenziare
differenza tra le due realtà.
Questi personaggi agiscono confrontandosi tra di loro e da questa socialità e relazionalità emergono
i caratteri e le caratterizzazioni personaggi. Prevale la socialità, manca il privato e la dimensione
individuale. Siamo in una società premoderna, famiglie allargate intergenerazionali, come quelle di
antico regime. Ritorna idea malavoglia certo come mondo localizzato e preciso della realtà
contemporanea, ma che rappresenta uno stadio evolutivo precedente. Località geograficamente
distante ma anche temporalmente. Da un lato una precisione hic et nunc, cronotopica, con valore
esemplare della realtà contadina moderna d’antico regime e loro rapporto con modernità

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Questa estraneità al mondo è rappresentata anche attraverso una psicologia non introspettiva ma
comportamentistica: gesti dei personaggi sono un codice tradizionale preciso che ne descrive
psicologia, intenti, situazioni, sentimenti. Etologia scienza che studia comportamento animali,
Verga costruisce sorta di etologia dei personaggi, ha un approccio definibile etologico. Per es le
donne con le mani sotto al grembiule sulla pancia (segno di fertilità, quindi per donna non sposata
sua …. per donna sposata suo ruolo già ben riconosciuto), la donna accanto alla porta che gira testa
a destra e sinistra per preoccupazione, sfregarsi le mani per soddisfazione, mani in tasca cioè
sfaccendato, nullafacente etc… mani come veicolo di comunicazione muta codificata nel paese e tra
i suoi rappresentanti. Avere la pancia inoltre per maschi allude a benessere etc… poi gli occhi, gli
sguardi, gli scambi di sguardi. Una dimensione antropologica: queste modalità di comunicazione
forse sono antiche, di sempre, ataviche, modi depositati nel codice genetico di ogni soggetto che
vive lì. Però bisogna aver accesso ad un codice quindi, di nuovo, mondo distante e primitivo.
Quindi questa psicologia comportamentistica e quasi antropologica rappresenta più dei valori
generali di ogni società contadina, un codice non scritto che la rende però riconoscibile e allo stesso
tempo distante.
Lingua e Stile: canone dell’impersonalità, cioè dell’oggettività scientifica è ottenuto attraverso
dislocazione del punto di vista narratore all’interno di quel mondo e altri meccanismi che abbiamo
visto. Da punto div ista stilistico come rappresenta questo mondo visto dall’interno ma così lontano,
per riprodurlo nel modo più oggettivo possibile? Scelta poteva essere quella del dialetto, ma no
perché avrebbe escluso pubblico nazionale cui si rivolge. Quindi scelta originale ed efficace, cioè
una sintassi ricalcata sul dialetto e un lessico italiano, giri dif rase spesso dialettali e parole
prevalentemente italiane (sì anche termini dialettali, specialistici, soprattutto sulla pesca, ma
pochissime e ripetute e che contesto chiarisce). Anche qui gioco vicino lontano. Poi anche forte
presenza di oralità, ma anche qui i proverbi sono ripetuti e diventano familiari e quasi di
accoglienza del lettore che ne è estraneo.
Altra tecnica è quella dello stile indiretto libero, tecnica mimetica che permette di passare la parola
o meglio il punto di vista al personaggio con effetto appunto mimetico. Si ottiene un punto di vista
che si esprime dall’interno del mondo raccontato.
Terza tecnica è uso di campi semantici analogici, cioè le immagini e i paragoni rimandano al mondo
dei malavoglia di Aci Trezza (“un tempo i malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada
di Aci Trezza”). Un mondo autoriferito a ribadire l’isolamento, un mondo chiuso in sé stesso
Espedienti che valorizzano quel mondo nella sua specificità traducendolo in termini accessibili per
renderlo comprensibile a chi non lo conosce.

Critica alla modernità alla base del ciclo dei vinti, ma questa critica in realtà si accompagna anche
alla critica del mondo contadino, della sua crudeltà (rappresentata in modo oggettivo), mondo ormai
anacronistico, dove non si sta bene. Nessuna nostalgia di Verga infatti. Certo è un mondo che
subisce la modernità e ne è vittima ma anche un mondo tragico e crudele superato. Infatti ritrae una
classe dirigente che vive a scapito della comunità di pezzenti ce dovrebbero invece governare.
Riconosce inoltre questo impatto modernità ma riconosce anche un’evoluzione inarrestabile che è
l’unica possibilità. Infatti il vecchio padron Ntoni avvia una piccola attività imprenditoriale con
affare lupini, piccola apertura che va al di là della tradizione; allo stesso modo Ntoni si aprirà al
mondo moderno in qualche modo. Rappresentazione di un’altra Italia, di un sud che lui ha studiato
e che sa di poter raccontare solo da punto di vista altro grazie a sua vita a Milano, emancipato e

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consapevole. Potremmo dire che prende atto del nuovo corso storico, ne valuta l’impatto e ne
prende le distanze come ineluttabile… ha concepito una visione lucida e straordinaria di questo
cambiamento storico. Infine sua operazione è quella di illuminare un mondo arretrato agli occhi
della gente del nord perché prenda coscienza dell’ormai non più tanto neonata Italia, dei suoi
problemi, delle identità specifiche e se ne assumano le responsabilità. Impegno civico e civile Verga
attraverso suo romanzo.
Altro discorso ideologia di Verga (più conservatore che progressista sicuramente).
Romanzo non ebbe successo, Verga ne è consapevole ma è anche consapevole della difficoltà
lettura sua opera (tecniche che usa per facilitare ci sono, ma senza rinunciare alle scelte narrative
comunque di certa complessità). È un’opera ardua, impervia da punto di vista delle soluzioni che
mette in atto, e racconta un mondo lontanissimo dal mondo dei lettori del nord, nulla di
immedesimativo, “un fiasco, un fiasco completo”; una sfida vinta da punto di vista artistico ma
anacronistica. Dall’altra parte Cuore è un successo popolare straordinario, è un libro facile e ci si
immedesima e si piange, le carte del patetico vengono giocate in modo magistrale. Verga si rivela
comunque sicuramente un autore pienamente contemporaneo, e questo gli è riconosciuto fin da
subito. Un primo volume critico nel 1919 di Luigi Russo, con cui parte un’inversione di tendenza
che rivaluta I Malavoglia fino ad oggi.

GABRIELE D’ANNUNZIO
Autore poliedrico e polimorfo, la cui fisionomia richiederebbe troppo tempo. Primo letterato
italiano che riesce a costruisci un’immagine pubblica che va al di là della sua realtà. Conosce
ambienti borghesi, accedendovi molto giovane con espediente geniale: mette in giro voce di essere
morto giovanissimo, giovane Gabriele D’Annunzio artista morto giovanissimo, dando fama a suo
nome per poterla poi usare per farsi strada nei vari ambienti.
“Il piacere” esce nel 1889. Scritto in solo 6 mesi, quindi scrittura veloce e di getto per un’opera
complessa (i tempi si accorciano ulteriormente, scrittore ormai si muove con spontaneità nel genere
romanzesco). D’annunzio non parte da zero, ricicla testi già scritti e pubblicati, novelle di impianto
giornalistico e articoli, soprattutto articolo uscito nell’86 sulla “Fanfulla Della Domenica” di Roma,
periodico di moda di cui era una firma importante, che racconta di un abbandono non accettato di
un amore che riaffiora improvvisamente dalla memoria, spunto alla base del romanzo. L’articolo
viene rielaborato e intitolato “Il Commiato”, in una raccolta di novelle del 1886, “San Pantaleone”
che è nucleo prima parte romanzo. In questo D’Annunzio è geniale, nell’ottimizzazione della
propria produzione, riciclandola in opere nuove che però la fondano ed elevano in modo
straordinario
Romanzo di grande passione con tre personaggi, tutti “eletti di mente e di spirito”. Sullo sfondo
ripresa di esperienze autobiografiche. È quindi un catalizzatore di testi precedenti e di esperienze
personali dell’autore. Utilizza infatti anche la collaborazione giornalistica “La Tribuna”, altre
cronache vita mondana, imposta una prosa con costumi sentimenti comportamenti aristocratici che
lui conosce e riproduce, assimila e inserisce usanze pratiche (scherma, equitazione), è sintonizzato
con il gusto contemporaneo per l’esotismo, collezionismo e galateo aristocratico. Potremmo dire
che romanzo è un precipitato dell’esperienza culturale, biografica, letteraria e artistica di
D’Annuncio. Un precipitato che si consolida e configura in una struttura semplice.

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Dimostra estrema professionalità (in questi anni Zolà “la letteratura e il denaro”): tre personaggi su
cui si concentra narrazione, vicenda focalizzata ossessivamente sui loro rapporti, creando un
romanzo ad alta intensità che gioca molto sul piano stilistico con una prosa lavoratissima e attenta.
Ottimizzazione della propria esperienza a livello letterario, sintonizzata con la realtà contemporanea
dei salotti aristocratici.
Romanzo esce e crea scandalo, e anche per questo ovviamente ottiene successo. Scandalo per vena
erotica si parla di attrazione fisica, e scene altamente sensuali per l’epoca, con descrizione di
dettagli fisici e posizioni lascive. Amore sentimento erotismo verso un’attrazione che diventa
sensuale. Tutto ovviamente abilmente alluso. Romanzo messo all’indice. Scandalo anche di livello
morale, oltre per quello già detto, anche perché mette a nudo una società contemporanea, quella del
pubblico aristocratico, che è anche vero destinatario opera. Questo mondo viene raccontato in modo
diretto, crudo, senza veli e pubblico borghese ne è attratto e scandalizzato, è conturbato ed esterno a
quel mondo. Soprattutto Andrea Sperelli non è tanto immorale ma è amorale, non trasgredisce dei
valori ma è privo proprio di ogni valore di riferimento, ha una cinica spregiudicatezza. La sua
condotta è ineccepibile: il protagonista è una sorta di libertino amorale che si muove a prescindere
dai valori precostituiti. Terzo livello di scandalo è quello politico-ideologico: emerge un disprezzo
per le masse proletarie, che appaiono poco e di sfuggita, guardate con commiserazione o
indifferenza da Andrea. È disprezzo in realtà anche per il mondo borghese, pubblico stesso del
romanzo, Andrea Sperelli è un aristocratico nulla ha a che fare con la volgarità del mondo borghese,
piccolo borghese e tanto più proletario. Ma proprio per il fatto che questo disprezzo è espresso da
un soggetto privo di morale, quindi privo di qualsiasi legittimità a giudicare, il borghese legge il
romanzo senza sensi di colpa, Andrea esprime dei giudizi che lasciano lettore indifferente perché
non hanno alcun valore morale alla base, e legge incuriosito fino a che punto arriva sua
spregiudicatezza.
Premessa romanzo, dedica a Francesco Paolo Michetti, amico pittore di rilievo che lo aveva ospitato
durante scrittura del romanzo, a cui parla nella premessa. Interessante perché negli altri paratesti
abbiamo la lapide per l’Ortis, il discorso argomentato a tu per tu con lettori per cercare di
convincerli con Manzoni, in Verga un’occasione per spiegare progetto del ciclo e metodo utilizzato,
qui una personalizzazione del paratesto (anche se ovviamente parlando all’amico parla anche a noi).
Lascia intendere qui che è stato confortato dalla serenità della casa e dalla presenza del figliolo
dell’amico, quindi innocenza, ma in questo ambiente ha studiato corruzione, depravazione, falsità,
crudeltà vane. Assume quindi una posizione morale. Prende le distanze e da punto di vista morale
dalla storia, da punto di vista strategico mette le mani avanti. Dalla storia sembra dissociarsi, come
storia di un mondo depravato. Atteggiamento moralistico, ma nel romanzo punto di vista
predominante è quello di Andrea che coincide con narratore implicito, autore non prende mai le
distanze da punto di vista del protagonista e crea una narrazione che coinvolge pienamente. Questo
è ciò che crea scandalo. A livello di paratesto si dimostra aderente ai valori tradizionali, critico vs
storia per poi giocare un’immagine di sé implicita, che è letteraria a quel punto, che coincide con lo
spirito di Andrea Sperelli. Nel paratesto non c’è finzione, è l’autore a parlare, tanto che è concluso
con firma e tanto di data e luogo, il narratore implicito invece è una proiezione interna, fittizia,
letteraria. Abile: attraverso un lasciapassare moralistico ci propone una storia amorale. Genialità e
usi diversi che romanzo ancora nell’800 prevede.

Lezione 19/11

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Spazio: precisione e centralità Roma, individuate precisamente le vie del quartiere interessato, che
ritorna 100 volte nel romanzo. Ma è Roma, appunto, di una zona precisa, circoscritta ad alcune vie
di pieno centro, no Roma borghese né popolare né periferica. È una Roma depurata. Anche in forma
metonimica, una parte per il tutto, perché per Andrea Sperelli Roma è quella roba lì. Anche
all’interno della Roma classica un’ulteriore distinzione di gusto, quella della fontanella e di Trinità
dei monti, non quella imperiale. Riduzione fortissima. La vicenda addirittura avviene quasi tutta in
interni. Subito all’inizio siamo in un palazzo storico preciso, noto ai romani e ai turisti (riferimento
preciso e oggettivo), sopra la scalinata che porta giù a piazza del popolo, dove Andreea abita e sta
aspettando l’amata. Si noto in generale una restrizione sempre maggiore sui luoghi precisi quindi.
La vicenda è ambientata in interni degli appartamenti, luoghi di feste e di salotti, case nobiliari,
luoghi di incontri tra amanti, tutti luoghi chiusi. Se vi sono degli spostamenti, avvengono spesso in
carrozza, attraversando e non vivendo quindi gli altri spazi, e le tendine sempre chiuse, per separarsi
dalla volgarità esterno e per non farsi vedere, perché è un mondo chiuso. L’interno della carrozza è
riproduzione dei piccoli ambienti esclusivi. Separazione chiara dall’ambiente sociale reale, popolare
e proletario, mondo completamente estraneo ad Andrea. Quando egli immagina l’amante dentro al
suo calesse, in dimensione domestica (acqua calda per tenerle i piedi caldi), note sentimentali e
allusivamente erotiche (alito di lei) e vetri appannati, perchè separano da vie sporche di fango, case
grigie e gente oscura, cioè non si distingue e non conta nulla.
Autoisolamento della società nobiliare, dimensione però ormai conclusa. Ad essere rappresentata in
questo caso è l’emarginazione della classe aristocratica da parte della storia, che vive ancora come
durante ancieme regime, ma la modernità l’ha superata, escludendola e loro autoisolamento,
arroccamento. Rifiuto della modernità e indifferenza alle istituzioni (unico rappresentante delle
istituzioni è straniero, Don Manuel Ferres, ed è sorpreso al gioco mentre ruba, una figura corrotta),
e totale disinteressa alla cosa pubblica. Sempre emarginazione a causa della modernità come in
verga, ma due tipi diversi.
Luoghi esterni sono nell’agro romano, fuori dalla città, posti idilliaci per gli amanti. La natura
domina e dove vi si sperimenta una convalescenza riappacificante. Campagna, spazio naturale,
autentico, positivo vs città, che è corruzione, tentazione, mondanità, non autenticità, tutto ciò che
interpreta appieno Andrea Sperelli e ne è consapevole perché è cinico.
Tempo: Ambientare la storia nel presente a Roma, visto tema forte trattato, è scelta scandalistica.
Non per niente romanzo si conclude con indicazione 1888. Il mondo rappresentato è qui ed ora,
presente, è tra noi. Se lo spazio è concentrato, il tempo della vicenda è ristretto e ridotto. Hic et
nunc, cronotopo. Due anni, dal 1884 al 1886: nell’84 Andrea arriva in città, nell’85 incontra Elena,
nell’86 arriva Maria Ferres Schifanoia, alla fine Andrea aspetta Elena a casa sua il giorno di San
Silvestro del 1886. Interessante che la narrazione avviene al contrario, inizio con episodio finale.
Racconto è come un flashback, gioca sul ricordo, la memoria, di un tempo d’amore. Che
implicitamente si fa contrapporre al presente, quel mondo e quei valori e quei comportamenti non ci
sono più. Questa scelta di narrazione allude alla consapevolezza che quel mondo non esiste più.
Personaggi: sono pochissimi, tre, gli altri sono funzionali alla loro caratterizzazione, soprattutto alla
caratterizzazione di Andrea, che spicca. Spicca al centro di due donne, che sono antitetiche e due
forze centripete. Elena, sempre in nero, e Maria, sempre in bianco, sono la prima libertina, senza
figli, e la seconda pudica e materna, con una figlia amatissima. Anche qui l’onomastica gioca in
modo interessante: Elena richiamo alla mitologia pagana, la donna dell’Iliade che rappresenta
nell’immaginario classico e letterario l’eterno feminino, la donna nella sua quintessenza di fascino e
bellezza, la “fam fatal” dell’epoca D’Annunzio, la donna irresistibile e quasi inquietante; Maria,

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nome cristiano per eccellenza, prototipo della donna spirituale, angelicata; questa contrapposizione
tra le due tipologie di donna si ritrova in “Fosca” di Tarchetti, scapigliato (Fosca vs Chiara). Anche
cognomi, onomastica anagrafica e nobiliare, rimanda ai casati e albero genealogico. Ma nominate
nel romanzo per lo più come semplicemente Elena, Maria, Andrea, perchè siamo in un mondo
esclusivo, nobile, tutti lo sono e tutti lo sanno, no bisogno di identificarli come nobili o distinguerli.
Dall’esterno però sono conosciuti con quei lunghi nomi, quindi di nuovo distanza, esclusività e
inaccessibilità e isolamento questa classe da resto mondo.

[Treves fa cambiare alcune parti perchè troppo classiste, violente, discriminatorie, per es
espressione di totale disprezzo per le vittime nere di una battaglia. D’Annunzio accoglie richiesta
editore perché sensibile ai soldi e realtà editoriale, sa come fare per vendere e fare la professione dis
scrittore moderno]

Lezione 23/11/20
[i paratesti, linea evolutiva interessante, bella domanda eventualmente]
Vicenda: in realtà semplice. Riassunto vedi. Lineare e semplice, movimentata però dalla
ricostruzione fatta a posteriori. Gioco efficace ieri-oggi, un avanti indietro del punto di vista che
crea una struttura modulare, di ripetizioni e su due piani. Infatti la storia replica sé stessa in certo
senso, perché le storie con le due donne sono quasi uguali. Uguale le intenzioni e i desideri,
entrambi gli interessi di Andrea sono carichi di vena erotica e votati al possesso, la stessa fase di
corteggiamento, la stessa progressione che culmina con rapporto sessuale tra i due quindi obiettivo
raggiunto di Sperelli e lo stesso esito negativo, cioè l’abbandono di Andrea. Storie scandite dagli
stessi dubbi: “e se ella (sia Elena sia Maria poi) non venisse?”. Infine circolarità che chiude la
vicenda, con Andrea che inizia e finisce nel suo quartierino. Se motivi narrativi si ripetono poi
romanzo è costruito su ripetizioni e costruzioni stilistiche dal grande carattere retorico (già la
metonimia x Roma).
Stile: nel romanzo la dimensione stilistica no riguarda solo la scrittura, ma anche altri aspetti del
testo. Infatti alla base del Piacere ci sono serie di figure retoriche, per prima l’anafora. Abilissimo
autore, tutto romanzo costruito su anafore, parallelismo, ripetizioni, affiancate anche però dalla
progressione del discorso portata avanti dall’anafora stessa, per es, cioè un crescendo all’interno di
un’anafora che amplia il discorso ad ogni ripetizione, con progressioni pazzesche. Ovviamente
anche costruzioni simmetriche, parallelismi tra frasi successive. Impalcatura retorica fondamentale
rispetto alla rappresentazione romanzesca. Infatti anche molto frequenti le enumerazioni e cataloghi
oggetti, per es. all’asta, a volte con descrizioni analitiche oggetto a volte no. Il piacere è un
repertorio di oggettistica, per es le stoffe e gli elementi di un appartamento, e le aste. Rispecchia il
gusto collezionistico. Anche assonanze e allitterazioni (qui più su livello puramente di scrittura),
creando una prosa molto poetica e musicale, prosa euritmica, cioè con disposizione armonica delle
sue parti, d’altronde D’Annunzio ha esordito come poeta, e continuerà, rendendo anche la pagina
del Piacere elaborata e retoricamente costruita, prosa lavoratissima. In un punto narrazione: variatio
a catalogo, cioè inizia con “il verso è tutto” e chiude periodo con stesse parole, ampliando però con
“e può tutto” e all’interno serie di anafore e progressione e enumerazione a catalogo.
Anche ripetizioni costanti di parole: “desiderio” è ripetuto 53 volte ma anche “le rose” sono fiore
che ricorre di più nel romanzo e scandisce tutta l’opera, al singolare “rosa” ricorre 58 volte, al

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plurale (mazzi di rose sono quelli che Andrea, e non solo lui, regala alle sue amanti) 190 volte, ma
anche parole derivate, aggettivi, etc. Rosa simbolo dell’amore, della passione e colore rosa è un po’
quello del romanzo. Quindi ripetizione di parole anche ma anche di motivi narrativi: le aste, le
esposizioni di moda, l’arrivo della carrozza.
Ma anche dimensione simbolica fondamentale, romanzo inizia il 31 Dicembre, a cavallo tra anno
nuovo e vecchio, tra fine e rinascita e lo stesso Andrea, che ha una parabola che lo porta vicino alla
morte per poi rinascere, replicando anche la medesima esperienza all’insegna del piacere.
Poi operazione intellettualistica, scommessa arditissima che fa con sé stesso, è quella di sovrapporre
l’immagine di Elena e quella di Maria a quella di una donna sola, di mettere insieme gli opposti, che
però ritiene complementari, per ottenere il massimo dell’esperienza sentimentale ed erotica,
sessuale. Tanto che si tradisce con Maria nominando Elena. Quindi per realizzare un’altra figura
retorica, l’ossimoro: “le amanti dovevano essere fedeli in eterno alla sua infedeltà”. E così la
dimensione della passione si accompagna a quella del cinismo, che sono opposti; il freddo che vive
nella mente di Andrea, convive con l’attrazione sessuale che prova, caldo e freddo; la luca
consapevolezza delle proprie azioni si accompagna all’istintività dell’erotismo, della sessualità,
desiderio e appagamento. Dialettica degli opposti che in realtà caratterizza anche lo stesso Andrea
Sperelli: opposti che stanno in equilibrio nei suoi comportamenti.
Esito questa condotta è ovviamente fallimento, perché la sua è un’azione astratta, intellettualistica,
estetica ed estetizzante, ha giocato tutto nella sua mente, una scommessa solipsistica, cioè una
condotta retorica, formale, nulla di sostanziale e autentico, il cinismo e l’amoralità di Andrea fanno
sì che il suo sia un gioco, fatto di regole astratte e retoriche che quindi non hanno nessuna presa
nella realtà. Rimane solo, abbandonato dalle due donne che pure l’hanno autenticamente amato,
seppur in due modi diversi. Rimane solo, alle prese con una realtà che lo assedia nel suo
anacronismo, è totalmente fuori dal mondo. Sancendo di nuovo totale distacco dalla realtà
contemporanea, vive in un mondo astruso, privo di contatto diretto con realtà. E asta finale ne è
simbolo, svendita di oggetti d’arte e di gusto, storie di tradizioni familiari ridotte a merce e vendute
a gente cui non interessa nulla di quegli oggetti, cioè vera perdita di valore di quell’unicità
straordinaria. È sorta di liquidazione di quel mondo attraverso gli oggetti che lo componevano.
Potremmo dire che quella di Andrea è la sconfitta che riguarda la storia, la sua intera classe sociale.
E infatti la famiglia Sperelli è rappresentata così, parte di un mondo ormai avulso dalla realtà e
spazzato via dalla contemporaneità. Infatti ultima immagine del romanzo sono i facchini, cioè i
proletari, dei miserevoli, che portano via i mobili all’asta dalla casa di Andrea.
La fiumana del progresso ad Aci Trezza spazza via il mondo contadino, a Roma spazza via
l’aristocrazia blasonata. Colpisce a tutti i livelli sociali, come Verga diceva nella sua premessa.
Immagine de “il grigio diluvio democratico che molte belle cose rare sommerge miseramente” del
Piacere, alla fine, è immagine liquida, come la “fiumana”, un progresso inevitabile e inarrestabile.
Pur così diverse le due storie prendono quindi coscienza, in modo critico e straordinario, di una
realtà drammatica dell’Italia nel corso della sua ritardata modernizzazione postunitaria

EDMONDO DE AMICIS
1886, “Cuore. Anche qui ovviamente premessa, anche qui senza titolo (ormai normale). Espediente
del manoscritto ritrovato, però no antico (don chisciotte, manzoni, cuoco) ma diario contemporaneo
e soprattutto scritto da un bambino (nuovo pubblico), manoscritto che leggiamo nel suo farsi. Più in
particolare appunti scritti da un ragazzino durante un anno scolastico, rivisti dal padre e poi

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risistemati dal ragazzino una volta cresciuto. Si chiude poi con un appello diretto al destinatario, che
è anch’esso un ragazzo. Ben impostato patto di lettura, manoscritto ritrovato ma al presente, non
anonimo, con intervento del padre. Quest’ultimo è tratto che troviamo in tutto il romanzo, cioè la
necessaria collaborazione tra grandi e piccoli, padre e figlio, le figure delle maestre e maestri sono
figure amate, e genitori ragazzo ogni tanto intervengono (parti in corsivo) dandogli dei consigli e lui
li assimila e li evoca nel suo racconto. Quindi una solidarietà strutturale a livello di scrittura fra
genitori e figli, tra mondo adulti e ragazzi, perchè i valori sono comuni, cioè sono i valori
fondamentali che cittadino italiano deve perseguire, quello della patria, del risorgimento, dell’amore
e impegno per la nuova nazione. Espediente che funziona bene ma interessante che genere usa:
siamo di fronte ad un diario, genere extraletterario; personale, quindi autentico, sincero, disinteresse
fedeltà e sguardo aperto verso mondo della scuola e della classe. Abbassamento di livello
dichiarato, dichiarazione di non letterarietà che avvicina ancora di più proprio pubblico.
Ovviamente De Amicis è in realtà abilissimo, un letterato a tutti gli effetti, anzi di un certo livello,
grande lavoro e consapevolezza stilistiche e retoriche.
Diario poi scandito di settimana in settimana e mette insieme un gran numero di aneddoti, storielle
ed eventi, potremmo dire che sai una struttura episodica e cronachistica, De Amicis dice una serie di
“bozzetti”, di cui egli è mago. Rischio che non stiano insieme ma unità è data dall’essere un diario,
di un autore specifico e anche protagonista, questa individualità conferisce unitarietà al racconto.
[Spinazzola in “Pinocchio & Co. La grande narrativa italiana per ragazzi”, libro fondamentale
perchè per prima volta ha studiato libri per ragazzi non dal punto di vista pedagogico educativo ma
letterario, dice: riferimento al Decameron nella struttura e nel suo rapporto con contenuto;
frammentarietà tenuta insieme dal fatto essere un diario e 100 pezzetti di un tutt’uno,
frammentarietà scandita in modo organico di settimana in settimana e tutti capitoletti autoconclusi;
nelle parti in corsivo in cui parlano genitori vi sono anche le parti morali, che quindi vengono
affidate agli adulti, impo perché è operazione opportuna con cui De Amicis separa la parte della
predica dal racconto, il bozzetto dalla morale della favola, e in questo modo rende molto più vivace
godibile e leggibile la parte dedicata alale avventure Enrico e subito riconoscibile i commenti
genitori; ovviamente questo il ragazzino lo capisce e magari salta le parti moralistiche…]
Spazio: a tenere insieme struttura frammentata è anche lo spazio, poiché fortemente unitario. Siamo
a Torino, in particolare in una sua porzione realmente identificabile da nomi vie etc. la scuola si
trova in questo quartiere specifico e la classe in particolare all’interno della scuola. Radicamento
territoriale. Palazzi abitati sia da esponenti borghesia sia classi sociali più povere, sia Enrico figlio
di un ingegnere ai piani più alti e nei piani più bassi i compagni meno fortunati (tipico epoca). È un
microcosmo. Concentrazione.
Poi Torino impo perché si avvia ad essere la città più industriale d’Italia, con FIAT che qui nasce
nel 1899. A partire dal 1881, anno dell’esposizione milanese, si fa strada nel dibattito pubblico
torinese della classe dirigente l’idea di ospitare in città un’esposizione sull’esempio di quelle
internazionali. Un’esposizione universale industriale di belle arti. L’“Esposizione generale italiana”
si fa nel 1884, nel parco del Valentino, divisa in 8 divisioni: belle arti, produzioni scientifiche e
letterarie, didattica, previdenza e assistenza pubblica, industrie chimiche, meccaniche,
manifatturiere, economia rurale. 3 milioni di visitatori. Siamo all’interno di quella linea positivista
del nord con Milano capitale morale ma subito dopo esposizione universale avrà una gamba
fondamentale nella città di Torino. Le due città dell’avanguardia positivista e industriale italiana.
Grandi spettacoli della modernità, il progresso passa anche attraverso il gioco, il divertimento, gli
eventi.

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Questo contesto unitario ma anche microcosmo della classe di Enrico, che è un microcosmo
istituzionale. Ci sono scene in casa, in strada, in classe, in un tessuto urbano alluso, ma no scene in
chiesa, universo assolutamente laico. No Natale, no Pasqua, solo festa dei morti ma celebrata in
modo laico (aspetto impo). Una classe particolare di un quartiere di Torino a tenere assieme il testo,
con alta concentrazione centripeta. Ma ci sono anche molte spinte centrifughe, verso fuori, per es i
racconti (rigorosamente, sull’onda della modernità) mensili: sono scritti mensilmente dal maestro e
consegnati ai ragazzi, ma no comunque didattici, ma di esperienze di realtà contemporanea; sono le
parti più patetiche e commoventi dell’opera, infatti anche le più celebri; sono tutti a tema
contemporaneo e tutti con protagonisti ancora i ragazzi; interessante che i protagonisti di queste
storie provengono tutti da regioni diverse d’Italia, e in 6 casi su 9 la provenienza è esibita all’inizio
del racconto (Padova, Lombardia, Firenze, Sardegna, Napoli, Romagna, Torino, Genova, Sicilia).
Inoltre romanzo si apre con l’accoglienza in classe da parte del maestro di un ragazzo calabrese, cui
poi sarà dedicato terzo capitolo. Quindi dimensione geografica che si allarga a rappresentare
simbolicamente tutti i ragazzi italiani, provenienti da regioni diverse. Fatta l’Italia bisogna fare gli
italiani, e questa forte concentrazione torinese in realtà non parla solo ai ragazzi torinesi, ma a tutti i
ragazzi italiani, che sono messi sullo stesso piano con sé stesso dal protagonista. Sguardo nazionale
che è anche un’esortazione alla presa di coscienza della varietà territoriale dei ragazzi che vanno a
scuola come Enrico.

Lezione del 24/11/20


Tempo: una concentrazione e individuazione molto precisa anche qui, ovvero date ufficiali di inizio
e fine dell’anno scolastico, lunedì 7 Ottobre 1881 e lunedì 10 Luglio 188. Radicamento precisissimo
nel calendario. [Spinazzola]: scansionamento dell’anno scolastico in corrispondenza e coerenza con
le stagioni e organizzazione precisa del calendario ma all’insegna della laicità (solo festa dei morti e
carnevale). I valori rappresentati in questo anno scolastico, rappresentati dagli insegnanti agli alunni
trovano riscontri precisi negli eroi del Risorgimento e al Risorgimento in generale, a cui sono
intitolati proprio alcuni capitoli. Una continuità storica con valori e ideali del Risorgimento che
ancora la formazione degli studenti e il loro anno scolastico all’Italia postunitaria. Un passato
identitario, che ha nella scelta di Torino ancora una volta una conferma, essendo stata capitale dal
1861 al ‘64
Personaggi: in realtà come nei Malavoglia sono tanti e presentati subito, ma non ci disorientano o
spiazzano a differenza di quelli di Verga, perchè sono conterranei, coetanei e simili ai lettori. Sono
numerosi ma piatti, caratterizzati in modo indelebile da un tratto specifico che li rende
immediatamente riconoscibili e fissati nella memoria del lettore. In questo De Amicis è abilissimo.
Protagonista è Enrico Bottini, che però anche nome di persona reale, un ginecologo e personaggio
famoso nato a Stradella e che si alurea nel 1860 proprio a Torino, quindi figura nota e
contemporanea a De Amicis. Diventa primario a Novara. Interessante che nel ’59 e nel ’66 presta
sua opera a favore dei feriti delle campagne d’indipendenza negli ospedali militari lombardi, è
partecipe dei moti risorgimentali i cui valori sono celebrati nel romanzo. Diventa infine anche
senatore. E’ dunque un modello di evoluzione virtuosa, di intellettuale al servizio della società, che
crede in quegli ideali e partecipa alla gestione dello stato. Forse una coincidenza che il ragazzino si
chiami così, ma era nome famoso. [onomastica vedo io]. Alcuni tratti specifici dei personaggi:
Garrone, enorme di statura ma di animo nobile, difende i più deboli; Luigi Crossi, figlio di
erbivendola, braccio paralizzato, menomazione fisica che è tratto di disagio sociale ma anche
caratterizzante; allo stesso modo Nelli è il piccolo gobbo  malformazione e menomazione non

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sono comunque casuali, ma sintomo di un disagio generale, in tuta Itali serie malattie dovute a
malattie per malnutrizione, povertà, condizioni igieniche: aderenza sociologica alla realtà raccontata
ma anche tratti caratterizzanti; Stardi, piccolo e tozzo che all’inizio considerato un po’ tonto e
testardo, ma che si impegna in modo straordinario diventando il migliore della classe 
abbinamento della dimensione morale e la tara iniziale ereditaria che lo identifica; rappresenta
anche in piccolo l’emancipazione attraverso l’impegno; Coretti, figlio di un veterano generale
indipendenza, figlio diretto del Risorgimento…etc. Allo stesso tempo i personaggi si distinguono
molto anche per coppie oppositive: per es. Ernesto de Rossi da un lato e dall’altro Franti, il primo è
il più bravo e bello della classe, gentilissimo, spensierato e ricco, prototipo del benestante ben
dotato, Franti è invece il cattivo, figlio del sottoproletariato, alla fine viene escluso dalla scuola, il
privilegiato e il discriminato. Ruoli costanti e massima riconoscibilità permettono alta leggibilità.
[ Premi, pratica diffusissima di istituzionalizzazione, cui sono dedicate varie pagine (spesso libri, in
cerimonia pubblica) ]
In certo senso potremmo concludere parlando di romanzo corale per bambini, scommessa tutt’altro
che facile ma riuscito di De Amicis. E quale è appunto precisamente questa scommessa dell’autore?
[Spinazzola]. Cuore era stato attaccato duramente: ideali patriottici, patetismo strappalacrime,
sadismo verso bambini con vicende tragiche…ma questo è romanzo programmaticamente patetico,
che vuole far piangere e, come il libro comico è considerabile riuscito se ha fatto ridere, dal
momento che ha fatto piangere è un romanzo riuscito nel suo ambito in cui vuole inserirsi. Inoltre
De Amicis in modo abile funzionale e intelligente, usa il patetico per far passare dei valori, non
attraverso la consapevolezza critica, ma attraverso il sentimento e la commozione, metodo che
funziona forse meglio se quei valori si vogliono trasmettere a dei bambini. La dimensione patetica a
questo punto non solo è riuscita ma è anche del tutto funzionale al coinvolgimento dei destinatari
elettivi dell’opera (consapevolezza autore che scrivere per ragazzi è diverso che scrivere per adulti).
L’operazione di De Amicis è riuscita e indubbiamente di qualità. Se poi si voglia criticare la civiltà
del patetico, questo è un altro discorso.

EMILIO SALGARI
“Le tigri di Mompracem” (1883 a puntate-1900, edizione in volume)
[incipit]
Prima frase è connotazione cronotopica, dove e quando: la notte del 20 dicembre 1849, isola nel
mare della Malesia a poche centinaia di miglia dalla costa del Borneo.
Contesto selvaggio con efficace carica emotiva, per poi dire che due luci sono due finestre, abile
alternarsi atmosfera poco chiara e dettagli a noi noti e chiari.
Rappresentazione interno covo del pirata: sintonia forte con gusto d’annunziano: dimensione della
cultura decadente, estetizzante, bell’époque che si riflette anche qui, sia nella letteratura alta che in
quella bassa. Certo l’effetto è diverso ma il contenuto è lo stesso, e anche l’accumulo di tutti questi
oggetti è uguale, accozzaglia di oggettistica.
Progressione dal mondo del buio e della tempesta, alle due luci, due finestre, all’interno della
stanza, agli oggetti, fino allo sguardo del personaggio.

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Siamo di fronte a romanzo totalmente diverso, romanzo di evasione e intrattenimento per ragazzi.
Esotismo e distanza sono nello spazio e anche nel tempo però. Dimensione naturale di sfondo, che è
sempre sintonizzata con la psicologia dei personaggi o alla trama, corrispondenza funzionale.
Siamo in isola selvaggia e sperduta, Salgari si inserisce nel filone inaugurato da Robinson Crusoe.
Tra l’altro uno dei romanzi salgariani è “I Robinson italiani”, piuttosto mal riuscito, ma identifica
una linea e una paternità in cui lui stesso si riconosce.
Suspance: protagonista presentato con una procrastinazione e avvicinamento progressivo che rende
la sua comparsa efficace. Salgari molto abile a sviluppare vicenda attraverso suspance che tiene
attaccato lettore.
“Le tigri di Mompracem” inaugura il ciclo de “I pirati della Malesia” o ciclo indo-maleso, sono
infatti tutti romanzi ambientati tra India e Malesia, soprattutto nel Borneo. Infatti i personaggi
hanno una serie e sono tutti memorabili: Sandokan, Yanez, due pirati, Tremalnaik e Kammamuri,
due avventurieri della giungla. Interessante che tutti e quattro si avvicendano nel ciclo romanzesco,
che è di fatto strumento che permette a Salgari di sfruttare i personaggi che hanno avuto successo
(consapevole strumenti contemporaneità, come Verga etc..). La sua narrativa in questo ciclo si
sviluppa in ben 30 anni:
- Le tigri di Mompracem (1883-83)
- I misteri della giungla nera (1887 a puntate )
- I pirati della Malesia (1896)
- Le due tigri (1904)
- Il Re del mare (1906)
- Alla conquista di un impero (1907)
- Sandokan alla riscossa (1907)
- La riconquista di Mompracem (1908)
- Il bramino dell’Assam (1911)
- La caduta di un impero (1911)
- La rivincita di Yanez (1913)
La distanza di decenni tra prime opere e ultime testimonia il successo dell’opera e la capacità di
colpire nell’immaginario: la saga di questi protagonisti rimane viva e popolare a distanza di
decenni. I protagonisti de Le tigri di Mompracem sono Sandokan e Yanez, mentre ne I misteri della
giungla nera abbiamo Tremalnaik e Kammamuri.
Interessante che sono due romanzi indipendenti con cui è partito Salgari, nel terzo fonde le due
coppie e comincia a costruire il tutto. Il successo del primo e il successo del secondo vengono
abilmente fusi per poter costruire i romanzi successivi con tutti e quattro personaggi, che si
intrecciano però fino a Il bramino dell’Assam, dove un cambio di masso poiché protagonista
diventa Yanez e Sandokan passa in secondo piano.
Idea di quanto scrivesse Salgari e comunque lo scrittore moderno
Personaggi diversi che però hanno in comune una serie di valori: coraggio, fedeltà alla parola data e
ai propri ideali, valore dell’amicizia, fedeltà in amore, verso donne fatali, destabilizzanti e attraenti.
In questo è antitetico a De Amicis, dove la dimensione femminile è esclusa; in Salgari le donne ci
sono e sono donne fuggevoli o difficili, irraggiungibili (x pirati), attraenti e aristocratiche.
Certo romanzo d’avventura, d’evasione, in cui ci si immedesima etc… ma è anche didascalico: non
si limita a voler divertire e intrattenere ma vuole anche avere una funzione divulgativa e istruttiva,

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ma no istruzione di carattere morale-comportamentale. Qui l’accento è spostato sui contenuti, che
attraggono il lettore perché sono di tipo naturalistico, geografico, di ambienti e popoli lontani e
diversi, natura usi e costumi, cibi credenze e animali abilmente rappresentai con anche interesse
etnografico e antropologico, oltre che naturalistico (anche attenzione al clima che rappresenta quel
mondo). “divulgazione” e descrizione “scientifica” non a caso, perché sono tutte informazioni che
Salgari andava a studiare e riprendere in biblioteca dove passava le giornate redigendo elenchi
sostanziosi che gli permettessero di ricostruire quei luoghi. Chi legge suoi romanzi dunque si
diverte ma impara anche, assimila informazioni.
Ovviamente per lui si pone problema di come coordinare le due cose insieme senza fare delle
pesanti descrizioni naturalistiche o parti didascaliche. C’è abilità di Salgari tale per cui è
impossibile per lettore saltare le parti didascaliche e informative perché sono sciolte dentro
l’avventura, mentre godo dell’avventura assimilo i contenuti. Come avviene ciò? La prima
soluzione usata da Salgari è il dialogo: c’è un personaggio esperto che si rivolge e spiega a uno
inesperto, modo elementare e semplice e tradizionale, ma utile perchè metter in scena il sapere, non
lo presenta; altra soluzione, più efficace e duttile, perché vi è un possessore di conoscenze teoriche
si affianca un personaggio locale che interpreta la cultura locale, rappresentando in un certo senso
la pratica, uno sa dunque spiegare, l’altro sa fare, sceneggiando in modo più efficace il sapere.
L’espediente migliore e maggiormente sfruttato è però quello che consiste nella sceneggiatura delle
informazioni didascaliche: Salgari costruisce cioè delle scene avventurose che veicolano i contenuti,
per es il topos salgariano della lotta tra belve dove in realtà, vedendo in azione gli animali, veniamo
a sapere una serie di loro caratteristiche: morfologia, atteggiamenti e predisposizioni, habitat
naturale; oppure altro esempio è quando vediamo animali in situazione pacifica, dove quindi
impariamo cosa mangiano (erbivori o carnivori), loro abitudini, cuccioli e allattamento etc…; altro
topos è quello del combattimento tra indigeni nativi, e qui emergono le caratteristiche
antropomorfiche, razziali, i tratti somatici, gli utensili e armi usati; lo stesso con eventi naturali,
quali eruzioni vulcaniche, temporali etc… che veicolano tutte in modo suggestivo serie di info. Ma
quest’ultime vengono veicolate anche attraverso la scrittura, come? Attraverso una scelta molto
interessante: quando c’è un oggetto o parola nuova, spesso c’è la traduzione o sinonimo accanto, o
tra parentesi una spiegazione (molto rara la nota a piè di pagina ovviamente, perchè interrompe il
lettore), dando immediato accesso alla comprensione del termine. Ma operazione più complessa è
invece quella che riguarda la stessa strutturazione del periodo, cioè a riempimento progressivo:
costruisce delle frasi spesso lunghe con impalcatura sintattica spesso semplice che la rende
facilmente leggibile e in cui inserisce le info didascaliche. [vedi es. slide]. In queste frasi la struttura
di base, la frase vera e propria è in realtà breve e semplice, coordinata, però riempita da serie di
specificazioni che vanno a riempire, arricchire e specificare con informazioni, aggettivi,
caratteristiche. Vengono date info precise di una specie precisa uccello per es, arricchendo una
struttura frastica semplice e immediata, che viene così spezzettata sciogliendo la parte didascalica
tra le sue parte nel testo, rendendo così impossibile saltarla.

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