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IL ROMANZO PSICOLOGICO

Il romanzo psicologico è un tipo di romanzo nato tra l'Otto e


il Novecento, nel clima di crisi e di tensione che caratterizzò
la letteratura di quegli anni: da una parte, una chiusura nella
propria interiorità, dall'altra una forte esigenza di realismo.
Davanti ai drammi della guerra, si intende la letteratura come
mezzo di autoanalisi e riflessione profonda su di sé. In questo
tipo di narrazione la fabula è debole, quasi inesistente e
focalizza tutta l'attenzione sui meccanismi mentali
dei personaggi.
A dominare in questo genere vi è il mondo interiore dei
personaggi, i loro processi psichici, le emozioni che derivano
dal profondo, gli stati d'animo e le riflessioni consce o
inconsce. Comparvero così romanzi come La coscienza di
Zeno di Italo Svevo (1923) e Uno, nessuno e
centomila di Luigi Pirandello (1926). I due autori, influenzati
anche dalle nuove scoperte della psicoanalisi di Freud,
crearono personaggi i quali, più che vivere esperienze nel
mondo esterno, compiono un “viaggio” nel proprio mondo
interiore. Essi però non trovano facilmente una via d'uscita e
spesso le loro riflessioni diventano pensieri fissi, manie, che
rendono la loro vita angosciosa e piena di paure.
L'attenzione degli scrittori si sposta dalla descrizione
oggettiva a quella soggettiva; prevale la focalizzazione
interna, sia in prima che in terza persona e si utilizzano
il discorso diretto, il discorso indiretto libero, il flusso di
coscienza, dove viene scritta qualunque cosa passa per la
mente del protagonista senza punteggiatura e
il monologo interiore, una particolare tecnica narrativa che
permette allo scrittore di esporre, in modo spontaneo, i
pensieri, i ricordi e le emozioni dei protagonisti. Tra le
modalità di scorrimento del tempo narrativo prevale la pausa,
in cui il corso degli eventi subisce un arresto e non succede
nulla. Lo spazio e il paesaggio hanno un ruolo secondario,
infatti diventano lo specchio degli stati d'animo del
protagonista.
Principali autori del racconto psicologico (oltre ai succitati
Svevo e Pirandello) sono James Joyce, Gustave
Flaubert, Fëdor Michajlovič Dostoevskij e Oscar Wilde, che
avendo perso fiducia nella possibilità di conoscere
razionalmente il mondo si rivolgono all'analisi della coscienza
esaltando l'importanza della vita posteriore ai primi anni del
Novecento.

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