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Pirandello: pensiero e poetica

Il nome di Luigi Pirandello si associa a quello di Italo Svevo (Ettore Schmitz,


triestino; 1861-1928) perché entrambi gli autori segnano una svolta nella narrativa
italiana spostando l’attenzione dell’indagine oggettiva della società (operata dai
positivisti) all’indagine psicologica e filosofica dell’Io. Ciò con tecniche narrative
nuove: la narrazione avviene in prima persona, è fondata sulla soggettività e è ricca
di feed-back; viene utilizzato il monologo interiore per lo scavo psicologico del
personaggio protagonista mediante interrogazioni, riflessioni, con un linguaggio
vicino al parlato che traduce l’inconscio.

Il pensiero e la poetica di Pirandello nascono:


A) dallo studio dei veristi a lui contemporanea (Capuana e Verga) dei quali attuò il
superamento, sia per quanto riguarda la loro visione razionale della realtà, aprendo
la strada al Surrealismo sia per quanto riguarda i modelli narrativi impersonali e
oggettive, approdando per antitesi allo scavo psicologico dell’io e ad una
narrazione soggettiva che lascia parlare l’inconscio. Quindi alla nascita del
romanzo psicologico

B) dallo studio di Bergson, Binét e Simmel.


Dal filosofo francese Bergson, Pirandello attinge la concezione del tempo come
percezione interiore della conoscenza (percezione soggettiva); dallo psicologo e
filosofo Binét (inventore del test Q .I. sull’intelligenza) attinge la teoria della
mutevolezza della personalità nel tempo e dell’io molteplice, caratterizzato da più
personalità che emergono nel corso della vita sommandosi artificialmente.(si veda
il saggio di Binét su Le alterazioni della personalità, secondo cui l’individuo è un “io
debole“ con una personalità instabile e complessa);
dal filosofo Simmel, Pirandello attinge la teoria della differenza tra “spirito
vitalistico“ed esistenza, che è fittizia; ovvero tra l’essere e il dover essere di fatto
nella società.

Muovendo da tutte le suggestioni letterarie, filosofiche e


psicologiche, Pirandello elabora il suo pensiero e la sua poetica
fondandoli su tre punti essenziali:
1) RELATIVISMO e DISAGIO ESISTENZIALE (“mal di vivere”) per cui Pirandello
concentra l’attenzione sull’inconscio: pur non ispirandosi a Freud direttamente,
sostiene il “relativismo conoscitivo” secondo cui non è possibile conoscere la realtà
oggettivamente (come invece sostenevano i positivisti. Ciò perché la realtà è
molteplice e in continuo divenire nel tempo. Dunque, è la fine di ogni certezza e la
realtà la si può leggere e conoscere solo secondo un’ottica soggettiva.
L’Io è fragile perché è mutevole, quindi è molteplice e frantumato. Pertanto, dal
relativismo conoscitivo scaturisce il “relativismo dell’essere”, dell’io. Di
conseguenza, l’Io (che per vivere in società indossa delle maschere sociali) si ritrova
“intrappolato” in ruoli, schemi, convenzioni e regole totalizzanti. Le trappole
peggiori per Pirandello sono la famiglia e il lavoro. Quella di Pirandello è una
visione pessimistica della vita.
Ne deriva che il “gioco” delle maschere è errato e pericoloso:
a) errato perché, se la realtà è mutevole e non è possibile fissarla in schemi e
convenzioni, l’Io le fa proprie con sofferenza crescente, vivendole come trappole
(“disagio esistenziale”);
b) il gioco delle maschere è dannoso perché ciascuno vede la realtà (in continuo
cambiamento) in maniera soggettiva, spesso diversamente da come la vedono gli
altri, con la tragica conseguenza della incomunicabilità e della solitudine.

Trappole e incomunicabilità è quanto accade ai suoi personaggi: •Mattia Pascal (l’


Adriano Meis dell’omonimo romanzo Il fu Mattia Pascal);
•Vitangelo Moscarda, protagonista del romanzo Uno, nessuno e centomila.
•Chiàrchiaro , protagonista della famosissima novella La patente.

2) Secondo punto del pensiero e della poetica pirandelliani è l’umorismo


(vi è il saggio dal titolo Saggio sull’Umorismo)
L’umorismo è detto dall’autore anche sentimento del contrario perché ci consente
di cogliere e di esprimere gli aspetti molteplici e contraddittori della realtà. Non si
tratta -afferma Pirandello- di comicità, nella quale manca la riflessione, ma di un
sentimento tragico espresso col riso.
Dietro il riso c’è la riflessione che disvela a L’Io un problema, una sofferenza.

3) Terzo aspetto del pensiero e della poetica di Pirandello è la fuga


nell’irrazionale (filosofia del lontano) : la presa di coscienza dell’io della propria
tragica condizione sociale e esistenziale fatta di trappole e di maschere e vissuta con
dolore, angoscia: è il disagio esistenziale
MA l’Io-afferma Pirandello-è il “forestiero della vita“ ovvero è alienato dalla propria
vita sociale; e se riesce a prenderne coscienza, è colui che “ha capito il gioco” per
cui si rifiuta di indossare maschere e di ricoprire ruoli fasulli, di vivere nell’angoscia
e si isola nel proprio irrazionale (solitudine ed incomunicabilità).
La fuga nell’irrazionale è la fuga nel fantastico o anche nella follia: l’irrazionale è
l’unica strada per la salvezza, per non essere intrappolato nella finzione, nel vivere
fasullo! Questa è la filosofia del lontano!!!

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