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Il turno della ragione: dalla strumentalità all’umorismo

Flavia Natércia da Silva Medeiros

Il turno fu il secondo romanzo pubblicato dal variegato scrittore italiano


Luigi Pirandello, nato nel 1867 a Girgenti (Agrigento dal 1927), quando la penisola
era appena stata unificata per diventare un paese pieno di problemi. L’aspetto
variegato della sua opera può essere considerato un riflesso della sua formazione,
allo stesso tempo italiana e tedesca, e delle sue influenze, tra cui troviamo sia
Heinrich Heine sia il verista Luigi Capuana, il romanticismo ma anche il post-
romanticismo.

Secondo Gigliucci (2017), “[...] la sua cultura affonda nelle esperienze di


secondo Ottocento, nel travaso dal naturalismo a nuove forme di realismo inquieto
nell’età del trionfo del drama borghese e della sua incipiente crisi [...]”. Però
possiamo dire che la poetica pirandelliana si costituisce come moderna, indirizzata
piuttosto al futuro che al presente o al passato, contenendo in sè una specie di
germe o embrione dei drammi e dei romanzi in cui si consuma la frantumazione
dell’io.

“All’origine della visione del mondo di Pirandello è quella medesima crisi di


una filosofia (Positivismo) e dei valori di una società (la società borghese
ottocentesca) che era alle radici della civiltà decadente” (Olivieri, 1999). Per
Pirandello, questa crisi in realtà colpisce tutta la ragione umana. Secondo Barberi-
Squarotti (2015), Pirandello è qualcuno “che vede nella scienza non tanto una
ragione di speranza o uno strumento di sicuro progresso, quanto piuttosto la
strada per giungere alla desmistificazione di certezze acquiste, di miti e credenze
di vario genere”.

A suo avviso, la crisi della società borghese si estende a tutto, si fa assoluta.


Nella mondovisione dell’autore, è fondamentale il contrasto fra la forma, ciò che
appare, e ciò che è, ossia la vita, la quale per lui è un perpetuo divenire. L’esistenza
è un eterno flusso senza senso predeterminato. È assurda. Non c’è disegno. Chi la
regge è il caso, da cui non si può estrarre o a cui non è possibile applicare nessuna
logica. Il perenne dinamismo della vita “vanifica ogni norma, ogni limite con cui
l’intelletto cerca di darle forma” (Barberi-Squarotti, 2015).

Per Pirandello la realtà è caos: trasformazione continua, flusso


vitale, perenne movimento. Ogni tentativo di fissarla, darle una
forma e un senso, è destinato a rivelarsi illusorio. Qualunque
conoscenza assoluta e oggettiva su di sé e sul mondo è preclusa
all’uomo, che deve accontentarsi di opinioni soggettive, mutevoli,
anch’esse in perenne divenire. Tutto questo coinvolge anche e
soprattutto il concetto di identità personale: attribuirsene una o
attribuirla agli altri, presumere di conoscersi o di conoscere gli
altri, è atto puramente arbitrario. La personalità di ciascuno è
sfuggente, in perpetua metamorfosi, proprio come il corpo. Ogni
tentativo di mettere ordine nella vita significa soffocarla,
rinchiuderla nella prigione di una forma (Langella et al., ).

Nonostante queste considerazioni, noi ci lasciamo imprigionare dalle


maschere che crediamo costituire la nostra personalità . Queste maschere o “forme”
che gli uomini si danno possono ridurli a marionette. E i rapporti tra gli individui
sono alienati. La soluzione trovata da Pirandello per mettere in evidenza e criticare
le contraddizioni del reale fu l’umorismo. Il suo umorismo ha un carattere
tragicomico e spira il sentimento del contrario (Gigliucci, 2017):

[...] è un approfondimento del tragico attraverso cui si percepisce


la farsa, un approfondimento della farsa attraverso cui si sente il
serio, una ridicolizzazione del serio attraversola quale si penetra
nell’umiliazione e nella disperazione [...].

Un testo divertente alla superficie

Il testo analizzato è considerato un racconto lungo o un romanzo breve,


secondo ai criteri degli studiosi, pubblicato nel 1902. I principali personaggi sono:
Marcantonio Ravì, Stellina Ravì, Pepe Alleto (“Giovane d’oro!”) e Don Diego
Alcozer. Il narratore si ride della società razionale/ragionevole dell’Ottocento e
dell’Illuminismo. L’azione si svolge in Sicilia, ma potrebbe svolgersi in altra società
occidentale e borghese. Ma aggiunge alla storia un sapore, dei colori e un
linguaggio caratteristichi.

Marcantonio Ravì è un uomo povero (“bonaccione, grasso e grosso”) che


pensa di potere pianificare la felicità e il benessere della sua adorata figliuola,
Stellina, che non ha dote. Così per lui il fidanzato ideale per la ragazza era un uomo
ricco di 72 anni che aveva sopravissuto alla morte di quatro mogli: Don Diego
Alcozer, che cercava nel matrimonio l’opportunità di vedersi sempre attorniato da
amici giovani – una finalità soprattutto edonistica, non erotica (Iorio, 2009;
Pirandello, 2013). Nel ragionamento di Ravì, Don Diego sarebbe morto in due o tre
anni al massimo, lasciando il suo ricco patrimonio alla giovane vedova, che allore
potrebbe sposare un altro. L’insistenza del padre persuade la ragazza ad acettare il
matrimonio d’interesse.

Intanto aveva il Ravì promesso Stellina al povero Pepe Alletto, giovane della
cui bontà non si dubbitava. Allora l’atteggiamento di Alletto è somigliante a quello
di un uomo impegnato. Quando dicono cose cattive sulla sua promessale sposa, lui
sente che il suo dovere è difendere la dignità offesa della ragazza. Battendosi in
duello con l’aggressore, riceve una sciabolata. “La ferita invece non era di rischio,
per quanto lunga e dolorosa” (Pirandello, 2013).

Il vecchio non si decide mai a morire. Eppure quando il matrimonio di


Stellina con Don Diego viene annullato, lei sposa l’avvocato Ciro Coppa, il
protettore di Pepe. Anche se qualcosa ci indica lungo il testo che alla fine Pepe
vincerà , il suo turno arriva soltanto dopo la morte del secondo marito della
giovane a lui promessa.

Tramite una storia alla superficie molto divertente, Pirandello ci fa riflettere


sull’impossibilità di controllare in modo razionale la vita, che è piena di
avvenimenti che semplicemente non si spiegano. Il padre, Marcantonio Ravì,
insiste nel carattere ragionevole del suo progetto per la felicità e il benessere di
Stellina, ma la gente – ad esempio i parenti e i vicini – lo rimprovera (“ – Don Diego
Alcozèr?”).

— Peccato mortale, si-donna Rosa! — s'affannava a ripeterle Carmela


Mèndola, portavoce del vicinato, parlando quasi con la strozza, per non gridare, e
dandosi pugni rintronanti sul petto ossuto: — Se lo lasci dire, in coscienza: peccato
mortale, che grida vendetta davanti a Dio !
Marcantonio Ravì insiste, tuttavia, che gli altri non sono ragionevoli. Ma, al
fondo, con sé stesso, sembra disprezzare il futuro sposo della figlia: “Se egli fosse
stato ricco, se avesse potuto far da sé la felicità della figliuola — bella forza! si sa,
non l'avrebbe data in moglie a quel vecchiaccio” (Pirandello, 2013).

Tre uomini sposano Stellina a loro turno: Don Diego Alcó zer, l’avvocato e,
infine, Pepe Alletto. Ma possiamo anche osservare qui un turno della ragione, che
lascia nella produzione letteraria di Pirandello il territorio del cinismo e
dell’ipocrisia ottocenteschi per adentrare quello della critica e dell’umorismo in cui
il riso, che risulta del contrasto tra il mondo reale e il mondo ideale, è soltanto un
primo passo, l’avvertimento del contrario, verso la riflessione, che ci provoca il
sentimento del contrario (Gonzá lez, 1995; Barberi-Squarotti, 2015; Gigliucci,
2017).

Conclusione

Marcantonio Ravì indossa la maschera del buono, previdente e ragionevole


padre. Ma la sua insistenza nella bontà del progetto per la vita della sua figlia ci fa
vedere il contrario. La riflessione sulle maschere può essere anche una riflessione
sull’esistenza umana piena o l’impossibilità di raggiungerla. “Come è impossibile la
conoscenza di noi stessi, così sono impossibili rapporti autentici fra gli individui”
(Barberi-Squarotti, 2015).

L’amore non è la parola più rilevante in un romanzo che tratta di un


matrimonio d’interesse – com’era il proprio matrimonio di Pirandello,
fortunamente trasformato in un rapporto veramente affetuoso. Oltre l’espressione
matrimonio d’interesse, sono parole chiavi per interpretare il romanzo la gelosia,
l’intriga, la gelosia, il matrimonio a turno.

Il termine turno, secondo il dizionario Zingarelli (1995), significa:

periodica rotazione di persone che si danno il cambio nello


svolgimento di una determinata attività ; ciascuno dei periodi in
cui viene suddiviso il tempo necessario allo svolgimento di uma
determinata attività , in base a criteri di rotazione periodica;
periodo prestabilito di avvicendamento nei servizi di ogni genere
svolti dai militari d’ogni grado.
E possiamo anche osservare che il romanzo è attraversato da qualche
contrasto tra ricchezza e povertà , gioventù e vecchiaia, apparenza e verità ,
sincerità e ipocrisia, matrimonio d’interesse e matrimonio per amore. Così il
dinamismo e l’incessante movimento della vita, a volte, più o meno frequenti, farà
sì che paghiemo un prezzo, che siamo colpiti da enorme sofferenze, che perdiamo
tutto ciò che pensavamo avere acquistato in definitivo.
Riferimenti bibliografici

Barberi-Squarotti, Giorgio. La letteratura. Vol. 3B: Dal primo Novecento ad oggi.


Bergamo: Atlas, 2015.

Gigliucci, Roberto (a cura di). Pirandello. Milano: Corriere della Sera, 2017.
(Grandangolo Letteratura)

Gonzá lez, Bellén H. L’umorismo de Pirandello, una poética de tradició n cervantina.


AEF, vol. XVIII, p. 227-237, 1995.

Iorio, Eny V. Il doppio nella tematica di Pirandello. Dissertation submitted to the


Graduate School-New Brunswick Rutgers, The State University of New Jersey.
Doctor of Philosophy Graduate Program in Italian. New Brunswick, New Jersey
May, 2009. 313 f.

Langella, Giuseppe et al. Letteratura.It – storia e testi della Letteratura Italiana.


Vol. 3 b. Le metamorfosi del canone. L’età della crisi. Dalle Avanguardie storiche al
Postmoderno. Milano: Pearson Italia, 2012.

Pirandello, Luigi. Il turno. In: Tutti i romanzi/Luigi Pirandello. a cura di Giovanni


Macchia con la collaborazione di Mario Costanzo; introduzione di Giovanni
Macchia . Milano: Mondadori, 1986. (I meridiani)

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