Ecco perch il dolore, anche se ha grande successo in libreria, non si pu chiamare letteratura
o psicoanalista di mestiere ascolta storie, narrazioni singolari della vita pi intima degli esseri umani. Ascolta senza arrogarsi mai il diritto di giudicare o di misurare le vite che si raccontano. Dal divano dellanalista sorge uno sforzo sincero di poesia sebbene la sola regola che lanalista comunica al paziente sia quella di dire tutto ci che passa per la mente senza operare censure logiche o morali. I pazienti che cos si raccontano non sono almeno per ci che dicono poeti o scrittori. Essi parlano per provare a dire la loro vita e le sue ferite. Anche nella poesia e nella letteratura vera non quella che viene fatta dal divano si pone il problema del rapporto tra il vissuto e la parola. Per un verso facile constatare come le vicissitudini biografiche dellautore alimentino da sempre larte della scrittura. Si potrebbe addirittura affermare che ogni scrittore non faccia altro che scrivere e riscrivere ininterrottamente la sua biografia. La mano dello scrittore sempre una mano dove si concentra unintera vita. Esistono, tuttavia, opere che pi di altre stringono il nodo tra vissuto biografico e parola. La scrittura assume in questi casi il valore di una vera e propria testimonianza. Abbiamo esempi illustri e sublimi: pensiamo alle Confessioni di S. Agostino, al Sergente nella neve di Mario Rigoni Stern, a Se questo un uomo di Primo Levi, ma anche a Linterpretazione dei sogni di Freud dove addirittura i sogni pi intimi del suo autore diventano materia viva esposta senza veli al lettore e oggetto di elucubrazione scientifica. Da qualche tempo assistiamo alla tendenza diffusa a ridurre lesercizio della scrittura a quello della compilazione di un diario privato o, se si preferisce, a trasformare il proprio diario privato in un libro. Sorge allora una domanda: sufficiente la biografia lintimit privata, il tormento e il dolore, il trauma, leros e la passione di una vita particolare a giusti-
ficare lesistenza di un libro? evidente come non sia sufficiente parlare del proprio dolore per generare unopera degna di questo nome, come ben sanno i pazienti impegnati nelle loro analisi. Una vita ricca, appassionata, rocambolesca o tragica, non costituisce in s un libro. Tra la vita e il libro c un salto, una discontinuit che nessuna scrittura in grado di assorbire. Un libro non pu mai essere la semplice trascrizione immediata della vicende della vita anche quando il suo intento ispirato da un criterio massimamente realistico. Non pu mai essere la trascrizione alfabetica del vissuto pre-linguistico della vita del suo autore come se il magma lavico dellesperienza potesse travasarsi direttamente sul foglio (sulla tela, su di una partitura musicale o altro) saltando il medium inaggirabile della parola. Sappiamo come questo trasferimento della vita sulla pagina scritta non possa avvenire se non attraverso limbuto stretto del linguaggio. Questo il punto. Non a caso quando i surrealisti invocavano Freud come loro padre spirituale teorizzando la scrittura automatica come trascrizione senza filtri intellettuali dellinconscio sulla pagina bianca, il padre della psicoanalisi ricordava loro la differenza che esiste tra un sogno e unopera darte. Se entrambe possono essere considerate delle produzioni simboliche che scaturiscono dal vissuto pi profondo del soggetto, unopera darte, diversamente da un sogno, esige la mediazione calcolata del linguaggio, lesistenza di una forma, unattivit di sublimazione che sia in grado di trasformare la dimensione informe del vissuto nel miracolo di unopera. Se la biografia alimenta certamente lopera, solo la mediazione del linguaggio in grado di elevare il suo materiale grezzo e privatissimo in una nuova organizzazione testuale. La propria vita privata non mai un libro cos come un so-
Tra la vita e il libro esiste un salto, una discontinuit che nessuna scrittura in grado di assorbire Un libro non pu mai essere una semplice trascrizione Leggere le confessioni di un autore spiarne le turbolenze pi intime in un movimento di empatia sottile e di voyeurismo Accade anche per i fatti di cronaca nera
gno non mai un quadro. Vivere non scrivere, cos come sognare non dipingere o scolpire. Basta soffrire per essere un poeta? Basta vivere un grave lutto o una grave malattia per essere uno scrittore? O, ancora, pi semplicemente, basta scrivere per generare scrittura? E quando il diario privato di un racconto biografico assume la dignit di unopera? A mio giudizio solo quando la scrittura ha saputo trasfigurare il vissuto passionale pi privato in una forma che attribuisce a quella esperienza singolare un valore universale. Il problema non sterilmente intellettualistico o formalistico. Ci pu essere potenza della forma miracolo della forma anche nella poesia di un adolescente, ma certo che lesistenza di questa potenza non potr mai essere assicurata dal pathos da cui sgorga. Al-
trimenti il rischio che la nota pi intima della biografia si dia in pasto al lettore seguendo uno schema fatalmente narcisistico che alimenta nei fruitori fantasmi voyeuristici. Accade anche per i fatti di cronaca nera o per i grandi disastri. Cosa accomuna e cosa mantiene differenziati il turismo voyeuristico dei luoghi divenuti tristemente celebri dai picchi di vendita che riscuotono i romanzi che espongono senza veli le vicende pi intime e drammatiche del loro autore? Farsi fotografare vicino al rudere abbandonato della Costa crociera entrare illusoriamente dentro la scena dellevento catastrofico dal punto di vista di chi ne rimasto illeso e pu paradossalmente godere dellidea di esserne stato risparmiato gioiendo della cattiva sorte toccata ad altri. In questo senso si tratta di un esorcismo collettivo della morte che esige delle vittime sacrificali. Leggere le confessioni biografiche di un autore spiare le turbolenze pi intime di chi scrive in un movimento di empatia sottile. Lumano profondamente attratto dal mistero della verit che si cela sotto la maschera. Questa attrazione alla base di ogni autentica ricerca, ma anche lespressione di una certa sete di vendetta nei confronti della perfezione dei nostri modelli che, proprio in quanto ideali, sono sempre oggetti non solo di ammirazione ma anche di odio invidioso. Per questa ragione il crollo, come si dice in questi casi, di un mito, la caduta dei potenti nella polvere, non genera solo sconforto nei loro ammiratori, ma si accompagna anche, in modo ambivalente, ad un sottile senso inconscio di rivincita. la brace antica del rapporto del bambino con il padre che si riaccende: sotto la maschera del padre-eroe si cela sempre quella di un povero cristo. Lo smascheramento dellideale che si rivela un impostore porta sempre con s una quota maligna di godimento.
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Lanalisi