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4° CAPITOLO MANUALE DI COMUNICAZIONE NARRATIVA.

I generi narrativi

PARAGRAFO 4.1 Dove tutto ha origine: lo storytelling mitico-rituale.

Il termine “mito” indicava ogni parola che contenesse la conoscenza di una realtà non evidente.
Ogni narrazione è legata all’oralità e il racconto orale vive nel momento della narrazione, ogni
performance è unica in quanto ogni enunciazione costituisce una nuova ricomposizione del testo.
Il termine greco “mythos” si presta ad assumere il significato di “trama”, “intreccio”, cioè
combinazione degli eventi che accadono all’interno della storia come nella poetica di Aristotele,
dove è in contrapposizione al logos inteso come argomento.

MITEMA: termine coniato per indicare ciascuno dei nuclei narrativi che si possono evidenziare
all’interno della narrazione mitica.

Il significato di un mito non deriva dall’intreccio narrativo, bensì dalle relazioni a livello di struttura
tra le classi di mitemi. L’intreccio può raccontarci che un’evento conduce ad un altro evento, il
quale di conseguenza conduce ad un altro evento ancora.
Levi-Strauss ritiene che la caratteristica distintiva del mito sia risolvere o mitigare i conflitti,
creando una mediazione tra entità contrapposte.

Barthes: ha insistito sulla sua fu azione ideologica di consolidamento simbolico delle convenzioni
sociali. “I miti d’oggi” sono una forma di rappresentazione collettiva di cui se ne serve la borghesia
per trasformare un fatto sociale e culturale in un fatto naturale e universale.

PARAGRAFO 4.2 Un incubatore di narrazioni.

Il mito è un grande incubatore di narrazioni che tenderanno a declinare in forme discorsive e


tematiche particolari la funzione difensiva. Molto importante è l’epica, termine con il quale si
designa un lungo poema narrativo il cui eroe compie azioni impotenti , di solito in interazione con
gli dei. L’epica ha dato vita a tanti sottogeneri quali:
- L’epica eroica;
- L’epica celebrativa;
- L’epica storica;
- L’epica cavalleresca;
- L’epica cristiana;
- L’epica allegorica;
- L’epica satirica.
Si presuppone che l’eros avrebbe cercato di istituire un corpus narrativo a uso della collettività
confederando le leggende storiche o semistoriche sulle guerre, nonché sulle migrazioni compiute da
popolazioni arcaiche.
L’epos nasce nell’ambito di culture orali e di ciò che resta nella dizione “formulaica” che consiste
nella presenza di formule esprimenti temi e motivi che si ripetono nella cornice di uno schema
metrico. L’epica omerica mostra tutte le caratteristiche dell’oralità: la versione originale di Omero
fu trasmessa oralmente nel corso di alcune generazioni.
L’epica successiva, anche se è stata pensata per la scrittura, ha mantenuto gli elementi orali che
furono considerati tipici dell’epoca classica, un genere di storytelling lineare e teologico dove tutti
gli eventi conducono a una conclusione definitiva.
Quello che è assente nell’epica è l’avventura, ma ci sono una serie di episodi irrazionali e
immotivati che caratterizzano il romance.
- Invocazione alle muse: nel proemio, il narratore-cantore si rivolge alle Muse affinché gli
forniscano informazioni. Queste informazioni trasformano il poeta in un semplice portavoce,
ma sono un segno del suo status professionale e della sua autorevolezza.
- Inizio in Media-res: il narratore omerico si concentra su una fase particolare della guerra di
Troia e delle avventure di Odisseo, mentre rievoca le restanti vicende in scene che riflettono
l’inizio e la fine della guerra.
- La similitudine: accostare oggetti diversi appartenenti a una stessa classe o a classi diverse.
La similitudine omerica è prolungata.
- Alta incidenza del discorso diretto: nell’epica antica successiva, i lunghi discorsi
rimangono una regola, rivelando spesso l’influenza dell’oratoria.
- Presenza di cataloghi: nel secondo libro dell’Iliade il narratore inserisce un catalogo dei
componenti greci e troiani.
- L’ekphrasis: le descrizioni dettagliate di un oggetto o di un paesaggio consentono da un
alto al narratore di prendere tempo, dall’altro di dinamizzare il racconto.

DRAMMA: le radici mitico-rituali dello storytelling sono riconoscibili nel dramma ovvero un
genere in cui rientrano tutti i testi teatrali in cui l’attore fa parlare e agire direttamente i personaggi,
come se effettivamente siano davanti agli spettatori.

TEATRO ANTICO: la sua origine va collocata nell’antica Grecia tra la fine del VI secolo e
l’inizio del V secolo a.C. e lo troviamo in tre forme: tragedia, commedia e dramma satiresco. Il
dramma è caratterizzato da una notevole complessità di struttura cioè, era caratterizzata da una parte
recitativa di tipo discorsivo e parti lirico-corali molto articolate, destinate al canto e alla danza.
Molti studiosi pensavano che per questo genere si utilizzasse a scrittura, per quanto la cultura greca
fosse strettamente legata all’oralità.
Il dramma antico nn era una forma di spettacolo ma era un atto religioso legato al culto di Dioniso.
Le definizioni di tragedia e commedia mettono in luce le differenze di temi (grandiosi vs
quotidiani), di finale (catastrofe vs lieto fine) e tono generale dell’opera (serio vs umoristico).
La tragedia è caratterizzata da una serie di errori fatali e decisioni sbagliate da parte del
protagonista, dovuto sia all’interferenza con gli dèi sia alle mancanze dell’eroe; è caratterizzata da
ostacoli esterni che riflettono l’evoluzione interna dell’eroe dalla felicità all’ infelicità, sino alla
morte; è caratterizzata dalla funzione sociale della catarsi, la quale purifica gli spettatori dalle
emozioni e li incoraggi a a evitare tragici errori.
La commedia è caratterizzata da elementi opposti come le azioni dell’antagonista anziché gli errori
del protagonista, formano gli ostacoli che quest’ultimo deve superare; la parabola dell’eroe inizia
con una serie di difficoltà che nel corso dell’intreccio possono essere risolte dell’eroe stesso; la su
funzione sociale è quella di favorire il divertimento anche se le commedie possano veicolare una
critica sociale o una satira politica.

In coda alla trilogia rappresentata negli agoni tragici si collocava un breve dramma dello stesso
autore, caratterizzato da elementi comico-parodici e dalla presenza dei satiri.
PARAGRAFO 4.3 “to be continued”: dopo il mito

Allontanandosi dalle forme mitico-rituali dello storytelling, prendono corpo dei format narrativi
fondati sul percorso biografico degli individui o dei plessi familiari di appartenenza, sulla
dimensione temporale, sulla dimensione spaziale e sulla dimensione etico-precettistica che ogni
uomo dovrebbe rispettare.

L’AGIOGRAFIA: designa un genere di biografia caratterizzata da elementi meravigliosi che


racconta la vita leggendaria di un santo. Richiede al pubblico una fiducia assoluta nel narratore e
una reverenza statuaria verso il personaggio di cui si parla; quindi, gli ascoltatori o lettori devono
essere disposti a credere a fatti più straordinari e vedere nel santo un esempio di vita perfetta.
L’agiografia medievale è il terreno privilegiato per la narrazione di exempla, ovvero racconti che si
inseriscono all’interno di testi più ampi e presentano delle situazioni di cui si rivela alla fine il
carattere edificante in quanto modelli comportamentali.
Inoltre, l’agiografia è ma delle forme cui si manifestano le letterature romanze ed è favorita dalla
chiesa, ovviamente con cautela, è uno dei generi più diffusi nelle letterature dei paesi cristiani,
anche perché può inserirsi all’interno di altri generi.

LA LEGGENDA: è un termine con cui si riferisce da un lato a una narrazione tradizionale,


sviluppata in contesti in cui predomina l’oralità ma poi è stata affidata alla tradizione scritta, la
quale fornisce un’eziologia di qualche dettaglio locale straordinario.
La leggenda non è rivolta al singolo individuo ma alla collettività e al suo narratore non si chiede
che si un performer riconosciuto, ma la partecipazione alla narrazione da parte di un’audience attiva
richieda l’accesso a una tradizione comune. Il raconto di una leggenda conduce direttamente al
dibattito o alla discussione tra il narratore e l’audience, complicando la questione dell’autorità
narrativa e confermando lo status peculiare della leggenda.
Si possono trovare due diversi tipi:
- La leggenda sacra: si collega al concetto di imitatio: da una parte il santo incarna l’imitatio
Christi, che è la definizione più vera di santità, dall’altra parte egli rappresenta
l’oggettivazione della virtù. Può assumere un duplice volto narrativo su cui si modellano due
tipologie di leggende sacre: questo si verifica a seconda del fatto che il santo imiti la morte
quindi la passio, oppure la vita. La leggenda sacra perde la sua validità alla fine del
medioevo con la riforma protestante di Lutero poiché pone i santi tra gli “abusi
anticristiani”, in quanto un vero cristiano è un santo.
- La saga: termine con cui si indicano narrazioni in prosa nella lingua italiana. Si tratta di
leggende non più sacre, ma storiche che si distinguono sia dalla storia stricto sensu sia
dall’invenzione intenzionale: sono lontane dallo stile erudito e non rivelano alcuna influenza
della lingua latina. Dal punto di vista contenutistico queste narrazioni si possono distinguere
in tre gruppi principali:
1) Le saghe islandesi: comprendono i racconti relativi ai colonizzatori dell’Islanda.
2) Le saghe dei re: narrazioni di personaggi regali visti in un’ottica familiare.
3) Le saghe del tempo antico.
In qualunque forma essi si presenti, la saga è condizionata dal concetto di famiglia e dal
vincolo di sangue.
Jolles sottolinea che la saga è connessa con spostamenti di popoli, ritrovandosi o nei popoli
germanici in fase di migrazione/colonizzazione o presso i popoli nomadi semiti.

La leggenda profana ha trovato due ostacoli principali, i quali hanno portato la sua estinzione: da
una parte l’affermazione del cristianesimo, dall’altra la formazione di unità nazionali e stati-
nazione.
LA LEGGENDA PROFANA: termine che si riferisce ad un sottogenere di leggenda che Dorson
ha associato all’ambiente moderno, definendola come una storia mai accaduta ma raccontata come
vera.

LA PARABOLA: presenta un aneddoto che vuole essere inteso come metafora di un aspetto della
vita morale o spirituale. La parabola prototipica è un piccolo gruppo di storie messe in bocca a Gesù
nella narrazione evangelica, dove la storia narrata funziona come fonte concreta che invita al
confronto con un obiettivo che resta tuttavia implicito.

LE STORIE FINZIONALI relative ai viaggi utilizzano il viaggio per progettare mondi lontani o
alternativi e per fornire uno scenario in cui può essere sviluppato o rispecchiato un viaggio
spirituale.

LA FAVOLA: è una narrazione breve, racconta al fine di fornire una morale o trasmettere un punto
di visa etico che può essere condensato in commenti iniziali o finali. Spesso sono protagonisti gli
animali, i cui comportamenti, vizi e virtù appaiono tipicamente umani.
Gli studiosi di recente hanno cercato di sistematizzare le proprietà formali e tematiche di questa
modalità di storytelling, fondata su intenzioni etico-didascaliche, spesso condensate in
un’affermazione proverbiale alla fine della storia.
Favola endoforica: vuole portare il lettore a riflettere sulla realtà umana mascherata dietro
l’allegoria zoomorfica;
Favola esoforica: vuole allontanare l’uomo da se stesso in una prospettiva straniata e straniante.

Per quanto riguarda il rapporto favola/proverbio, entrambi i generi esprimono un concetto attraverso
un’immagine tratta dall’esperienza, ma mentre il proverbio è una forma analettica cioè volta al
passato, la favola si colloca in un mondo dove bisogna affrontare situazioni analoghe ed è dunque
una forma prolettica cioè volta al futuro.

LA MORALE: può essere paradigmatica quando enuncia in forma impersonale una regolarità
esistenziale, paranetica se è presente un’esportazione al lettore, sarcastica quando venga criticata
una specifica categoria di individui.

DEDUZIONE, favola con astrazioni personificate che devono essere applicate all’esperienza
concreta; INDUZIONE, favola con un esempio che indica una categoria dí individui ricostruibile
alla base dei particolari rappresentati; ANALOGIA, sottolinea le somiglianze nelle dissomiglianze
in modo intergenerica che connette uomini ad animali, vegetali e minerali, oppure intragenerica
che lega personaggi allo stesso genere, ma in situazioni talmente diverse.

INGRESSO DELLA FAVOLA IN LETTERATURA: il genere della favola risale allo scrittore
greco Esopo. La favola esotica si configura come un breve racconto in prosa che presenta un
cronotopo generale, personaggi stilizzati, un’azione compiuta e un commento di carattere morale.
Fedro ha introdotto per primo nella letteratura latina la favola esopica, l’ha sposta dalla prosa al
verso e incentrata a livello contenuti o e tematico sulla protesta degli umili contro i potenti.
Fedro cadde vittima di persecuzioni da parte di Seiano. Con Fedro la favola manifesta ambizioni
letterarie sia perché nei prologhi vengono sostenute l’eleganza del verbo e la brevitas, sia in quanto
la finalità didattica-morale si unisce a intenti satirici. Nella cultura latina la favola suscita interesse
negli oratori che ne sostengono l’uso scolastico-pedagogico, a partire da Quintiliano, che nella
Inistitutio oratoria sottolinea come essa sia adatta ai bambini che debbano apprendere le tecniche
della parafrasi.
PARAGRAFO 4.5 IL ROMANZO
Il termine romanzo risale all’XI secolo, quando è stata o attestato per la prima volta l’avverbio
medievale romance. Soltanto nel XII secolo passa a designare un compimento letterario in lingua
volgare in opposizione a un componimento in latino.
Il romanzo si può definire un testo funzionale in prosa narrativa, fondato sulla rappresentazione di
personaggi ed eventi che vanno a costituire u particolare storyworld. Come sosteneva Forster, il
carattere distintivo del romanzo è il fatto di raccontare una storia che crea un ondo funzionale
tendente a trasformarsi in realtà.
Appunti in aula: il romanzo è un testo funzionale; è un componimento dritto in volgare, cioè
scritto in una lingua romana che si contrapponeva al latino.

Nel 1980 il romanzo postmoderno ha esaurito il suo ruolo di par destruens e si può parlare di
romanzo contemporaneo, il quale presenta una serie di caratteristiche tra cui:
- Multilocalità: si tratta della capacità di trovarsi in più posti contemporaneamente;
- Detemporalizzazione: il passato non deve influenzare in alcun modo il futuro e il futuro
deve essere anticipato al presente quindi, questo comporta il togliere valore al tempo poiché
si vive galleggiando in un eterno presente.
- Individualizzazione: e la modernità ha cercato di ingaggiare l’individuo in un ordine
sociale organizzato ma la globalizzazione capovolge questa logica con lo scopo di
valorizzare la libertà del singolo individuo;
- Forte trazione aneddotica: la storia prende il sopravvento sul discorso.
- Prevalenza della focalizzazione interna multipla: il narratore osserva le cose dall’interno
ma secondo delle prospettive differenziate, che fanno vedere di più e meglio le cose;
- Declino del format descrittivo: e distribuzione della descrizione nella narrazione.

PARAGRAFO 4.6 LE NARRAZIONI DELL’IO


La prima manifestazione storica di una forma di storytelling incentrata sul singolo individuo è la
biografia, che prende origine nel IV secolo a.C. Le caratteristiche fondamentali sono tre: la
biografia consiste in un testo scritto, rappresenta la vita di un appronta reale, tale rappresentazione
si realizza nella modalità del discorso fattuale, cioè deve essere intesa come vera.
Con l’autobiografia essa condivide la dimensione di un racconto retroprospettivo e unitario. Ci sono
differenze tra biografia e autobiografia.
Nella biografia è la somiglianza che deve costituire l’identità, nell’autobiografia è l’identità che
deve costruire la somiglianza. L’identità è il punto di partenza dell’autobiografia.

Le narrazioni autobiografiche sono costituite anche dalla confessione e dal diario. Il genere
confessionale si contrappone alla memorialistica in quanto implica che il parlante o lo scrittore
desideri di rivelare qualcosa di intimo.
Il diario è un resoconto di pensieri, sentimenti o eventi in cui le annotazioni possono essere con o
senza data e la cui stesura può essere del tutto occasionale.

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