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ARTICOLO : Michele Rak “Il racconto fiabesco”

Lo cunto de li cunti, scritto tra 1630-40, era destinato alla conversazione nelle piccole corti napoletane. Il
cunto era un testo piacevole, ricco di materia comica e aperto ai commenti, le integrazioni e i motti di
spirito dei suoi ascoltatori.
Basile lavorava abitualmente per questo tipo di pubblico. Generalmente utilizzava per questi testi la
lingua letteraria alla moda e tutti i modelli della letteratura di corte, tuttavia per questo testo Basile
sceglie di usare la lingua napoletana. Nel testo si incrociano tradizione narrativi diverse: il testo
presenta una buona organizzazione e mostra una grande sapienza letteraria.
Il cunto è una sorta di copione teatrale (testo dell’oralità) destinato al momento del gioco e del riso della
corte, un passatempo calibrato sulle regole della conversazione cortigiana. Ogni testo destinato a questo
pubblico doveva essere flessibile, adattabile alle circostanze. I vari racconti del Cunto erano anche i
segmenti di un continuo spettacolare che prevedeva canzoni, balli, azioni teatrali. Si individuava
gradualmente una struttura narrativa stabile adatta a quella particolare circostanza narrativa e
incrociando quelle diverse tradizioni. Si trascriveva nello spettrale riso della corte anche una contraffatta
ma trasparente epica della materia popolare e dei suoi generi.

Nel cunto il riso era soltanto dei potenti, e poteva essere provocato solo dalla goffaggine o
dalle disavventure degli impotenti. Oppure poteva essere tentato con i generi della cultura
popolare.
Nella corte si acquista o si perde ogni bene, compresa la vita. La corte è il vero universo fiabesco, dove
i potenti possono anche ridere e chi riesce a farli ridere può ottenere tutto. Il cunto è un’opera comica.
Fa ridere la lingua. Il dialetto entra nella scrittura utilizzando un colossale apparato di convenzioni
colte, figure retoriche, la tecnica della citazione, il gioco di parole con prevalenza per la sfera di sesso,
evacuazione, fame, dolore, violenza. C’è un uso, e abuso, della materia popolare. Generalmente il
dialetto non veniva scritto.

Il cunto è uno dei testi della tradizione letteraria italiana più conosciuti nei paesi europei e nelle aree
vicine. La sua popolarità è legata al fatto che molti modi di dire, segmenti di intrecci, costumi e usi
trascritti in questo testo sono rintracciabili anche il molte altre tradizioni del racconto ed a tutti i livelli
culturali. Il cunto è il primo lavoro di ascolto del livello più basso del narrato popolare e marginale.

Il cunto rappresenta il genere del racconto fiabesco, la cui neo-struttura partecipava di modelli e
tradizioni diverse. La logica fiabesca prevedeva nuove cronie del racconto: l’intreccio si dipana non
seguendo le regole della successione temporale.
I percorsi si svolgono in geografie assolutamente note, o assolutamente ignote. Cause ed effetti, prima e
dopo che spiegano i passaggi della narrazione vengono cancellati. L’azione è contaminata dal magico.
Nella società fiabesca convivono gli esseri limite dell’immaginario, ma anche esseri del bestiale e
dell’animale. Dei personaggi è descritto appena un gesto.

La sua circolazione fu facilitata dalla rivelazione del nuovo stupefacente incrocio tra ordini e
tradizioni del racconto che si realizzavano nella pratica della scrittura e della letteratura e della pratica
del narrare.
Il racconto fiabesco a differenza della novella letteraria e dei racconti del cunto, era strutturalmente
destinato ad attraversare tutti i gruppi sociali e tutti i livelli d’uso, adatto com’era alle pratiche
della tradizione sia orale che scritta.
La catena dei fatti viene alterata dall’intervento e dai poteri di persone riaffiorate dal quasi assoluto
spazio della scrittura e della letteratura: fate, maghi, orchi e altro. Tali figure, un tempo, non avevano
accesso alla scrittura per la loro appartenenza all’universo dell’illecito, proibito, sospetto, marginale.
Dopo il cunto queste persone si accampano definitivamente sulla ribalta della società letteraria.
Le fate
Una delle prime fate fiabesche è descritta nei termini di una bellezza assoluta. Le fate non sono
necessariamente belle, ma avviano alla bellezza, come ad altre qualità, chi incrocia il loro cammino,
nella gentilezza o nell’indifferenza. Le troviamo spesso sull’orlo del buio che conduce ai sotterranei:
vengono da laggiù dal mondo dei vegetali che affonda le sue radici nel profondo.
Gli orchi
Gli orchi rappresentano il terribile volto dell’abisso. Li troviamo spesso davanti a una grotta, nella
loro mostruosità. Spesso fermi ai crocevia, agli incroci, a regolare i destini dei viaggiatori. Tutti
hanno più o meno evidenti legami con il mondo vegetale, animale, e abitano sempre i luoghi della
separatezza.
Agiscono tendenzialmente secondo i termini della violenza. Altri sono invece esseri delle
campagne. Accanto ad essi vi sono le orche: esseri altrettanto bestiali, che hanno in aggiunta
qualcuno dei marchi dell’essere donna.

I luoghi
Sono o assolutamente noti o assolutamente assurdi e l’itinerario fiabesco porta dall’uno all’altro. Il
fiabesco individua la minima distanza che intercorre tra lo straordinario e l’usuale. Compensa l’usuale
delle sue prevedibilità e lima l’inaccessibile dello straordinario. La topografia fiabesca aveva semplici
assi direzionali: verso l’alto o verso il basso. Altro luogo spesso citato è Napoli e i suoi quartieri,
oppure fuori di Napoli questi passi fiabeschi portavano in Italia.
Il tempo
Il tempo è il punto più fragile della narrazione. Tutti i segmenti della narrazione vengono inseriti su
assi temporali ristretti.
Il cunto lavorava su tre livelli: il tempo fuori dal tempo, dove il segmento temporale era irriconoscibile
(C’era una volta); il tempo della prassi: all’interno del racconto il tempo viene ampliato o ridotto senza
limiti; il tempo rituale: il tempo del racconto è misurato con unità rituali. E rimane la misura del
succedersi del giorno e la notte.
L’intreccio prevede spesso un mutamento di condizione del protagonista, e delle persone accanto a lui.
Il punto di partenza di questo mutamento è spesso molto basso. Questo mutamento è possibile grazie a
una qualche cortesia nei confronti di chi, per ragioni insondabili può tutto, o in altri casi basta un
semplice e fortunato incontro. In altri casi è l’arte umana a favorire il mutamento. In altri ancora è
voluto da un aiutante magico, o per paura stessa del mutamento.

Quando esso non è condizionato dalla magia, allora può assumere la forma estrema della morte.
Il mutamento di status è maggiore per gli uomini, piuttosto che per le donne.
Alcuni racconti appartengono alla tradizione della novella o della facezia. Queste novelle sono
contrassegnate dall’assenza di magia, dalla discorsività letteraria che non prevede le atopie,
anacronie e altre devianze della discorsività fiabesca.
Luogo primario del sociale è la famiglia, dove si scatenano conflitti e violenze. La famiglia è metafora
del sociale: le lotte da essa prodotte sono regolabili sottraendosi, attraverso il viaggio, alla sua logica
chiusa, e ritornando con forze diverse per ristabilire gli equilibri a proprio vantaggio.
Il racconto fiabesco è la forma privilegiata del discorso familiare, e uno strumento di regolazione
del comportamento di gruppo.
La violenza si scatena quando tutti sono pronti ad uscirne attraverso viaggio, matrimonio, rapimento,
fuga, allontanamento. Prima di questo c’è amore primordiale per un figlio desiderato o odio per un
figlio nato nella colpa. Nelle famiglie reali, tra padri e figli le lotte si scatenano per onore, per fede e
parola, per avidità, per desiderio.
Anche nelle altre famiglie i rapporti possono essere violenti: prevedono allontanamento di figli
inetti, la consegna del più forte, o una costrizione.
Tra fratelli e sorelle il rapporto non è violento, ma spesso è drammatico. Violento può diventare
il rapporto labile tra anziani e giovani. Il conflitto può presentarsi anche tra marito e moglie.
La struttura
Il cunto è un racconto, il 50° racconto (la storia di Zoza e Tadeo), che racconta tutti i racconti possibili
(il cunto è un testo generatore di altri testi, anche orali, spesso di natura non letteraria).
La raccolta, oltre ai 50 cunti, si compone di una serie ulteriore di micro-racconti: micro-favole del
giorno e della notte (con ascendenze letterarie e popolari), proverbi, metafore ed altre figure, modi di
dire, e termini del parlato popolare. Essi hanno una certa autonomia di narrazione, che si affievolisce,
semplificandosi sempre più. Sono comunque racconti che hanno un intreccio, dei personaggi, delle
azioni, con una fabula elementare, materia verbale limitata e frequenza costante.

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