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LETTERATURA GRECA

concetti basici da conoscere:


La prima cosa da sapere è che c’è una rottura con il liceo (novità , innovazione).

CLASSICUM = CLASSICUS: inizialmente “capacità di allestire una flotta navale”, poiché c’erano diverse classi
economiche, quindi in un primo momento era un concetto economico per indicare che una cosa aveva più valore
di un altro. Il letterato VARRONE inizierà a parlare di “scrittori classici” (autori che avevano più valore di altri)
“autori che valevano di più ”. CLASSICO: “che vale di più ”. Dalla fine del 700 in poi la cultura greca e quella latina
vengono valorizzate di più in Europa. Nelle culture europee però , bisogna distinguere i classici nazionali e quelli
locali (Dante per l’Italia, Shakespeare per l’Inghilterra).Tra la fine del 700 e l’inizio del 800, nasce il concetto di
Neoclassicismo. Non si poteva accettare l’idea così restrittiva di “classico”, infatti nel 1980 Italo Calvino si
interroga su cosa fosse questo classico, giungendo alla conclusione che il classico è “ciò che resta”, nella cultura,
nell’immaginario, cioè ciò che continua ad avere influenza sul presente. Non è qualcosa di antico, ma è qualcosa
con cui c’è una certa distanza temporale. LA SCUOLA: importante, grande alla quale gli autori sono stati oggetto
di studio, sin dall’antichità . È uno strumento di trasmissione importantissimo e fondamentale ( sbagliato perché
è un’applicazione di un pregiudizio storico). Quando nasce lo studio del greco nelle università? Il liceo
classico nasce in Germania tra il 1808-1820, prendeva il nome di “GINNASIO”, nel regno di Prussia, ad opera di
un ministro del re Federico II di Prussia, il grecista WIHELM FOLHUNBOLT. Venne istituito a causa dell’idea che
imparando le lingue antiche si potesse imparare a ragionare ed avere un allenamento mentale tale da poter
svolgere qualsiasi professione. Il LATINO è sempre stato insegnato perché era la lingua della chiesa (fino agli
anni 60 del 900 nel consiglio vaticano 2°). In Europa è sempre stata una lingua viva. In Germania c’erano proprio
delle scuole latine per tutti gli scolari del popolo che non potevano permettersi un maestro privato. La
conoscenza elementare del latino nella tradizione europea non si è mai interrotta. Con il PROTESTANTESIMO
entrerà in crisi il latino. A Wittenberg le messe erano in tedesco. I teologi protestanti negli studi iniziarono a
diffondere la conoscenza dei padri scritti in greco. L’impero ottomano conquistò la Grecia, i cattolici greci dotti
dovettero fuggire e arrivarono anche in Italia: MANUELE CRISOLORA arrivo a Firenze e inizio ad insegnare greco
nel 1480, solo alle classi più colte (fu la prima cattedra di greco). Questo fu il momento in cui vennero scoperti i
testi greci (LORENZO VALLA). Tra i posti più importanti ricordiamo: Firenze, Bologna, Ravenna, Padova e la
Calabria.

• 500: comincia lo studio del greco;

• 800: questo studio venne esteso ai figli dei ricchi.

IN ITALIA: con la “legge Casati” del 1861 venne istituito il liceo classico.

DIFFERENZA TRA MITO E LOGOS: Molti aspetti della cultura latina e della cultura greca si ritrovano in molti aspetti
della cultura contemporanea immateriale, uno tra questi è il MITO (μύθος): “parola, discorso”. In greco
inizialmente il μύθος era un sinonimo della parola λόγος. Ma dobbiamo fare una distinzione:

LOGICO: ciò che segue regole, ma sopratutto ciò che afferma una verità ;

MITO: qualcosa di irreale, che non dice la verità .

A questo punto i due concetti si separano:

LOGICO: racconto veritiero o che ha pretese di verosimiglianza (rientra nella categoria della verità , del diritto,
della storiografia e della filosofia);

MITO: racconto non vero (rientra nella categoria della finzione, della favola, del sogno e della leggenda).

Quando emerge questa distinzione? Nel 5° secolo a.C., con la nascita della prosa storiografica. Uno degli
esempi principali è ERODOTO (storia a libri), ma primo tra tutti fu TIMEO DI TAORMINA, il quale sosterrà che
“i miti degli antichi sono molti e ridicoli”, e che c’è una distinzione tra ciò che è vero e ciò che è falso.

La letteratura era una forma scritta già codificata: I poemi omerici Iliade e Odissea fanno parte già di un
vero genere letterario, infatti rispettano le convezioni per cui si può parlare di letteratura e non di qualcosa di
convenzionale. Databili all’8° secolo a.C. (dove c’erano anche le prime forme di scrittura proto-greca, cioè la LIN.
A e la LIN. B). Si è discusso al lungo sul fatto che l’Iliade fosse la più antica tra le due, ma poi è si è capito che
erano dei testi COEVI, ma sicuramente l’Iliade è stata fatta prima. La cosa che dobbiamo tenere presente è che
dall’8º secolo al 5º secolo passano 3 secoli, e proprio in questi nasce il problema del mito.

storia della letteratura greca: Nell’8º secolo abbiamo i poemi “omerici”, che sono anche la testimonianza
archeologica dell’uso della scrittura a fini letterari.

La letteratura all’origine della letteratura greca: sicuramente la POESIA (tutto ciò che è scritto in versi), che
si serve di ritmi precisi e costituiva l’unica forma di comunicazione del discorso letterario, sia quando aveva
come contenuto la finzione, sia quando alla base c’era la ricerca di verità -> cioè la FILOSOFIA, che nasce dopo
come forma di poema (Talete, Anassimandro, Parmenide “primo trattato”). In questi 3 secoli, non esistendo una
divisione tra questi due termini, la poesia è sentita come vera. Non c’era distinzione tra poesia con contenuto
falso e storia con contenuto reale. ERODOTO “il padre della storiografia” rivendicherà la ricerca della verità ,
quindi un confine tra la letteratura come mito o verità .

Perché la poesia è sentina come vera? Sicuramente perché è sostenuta dalla divinità , non è Omero che
racconta ma è la divinità che detta ciò che c’è da dire nel racconto. Ovviamente è la divinità a conoscere ogni cosa
quindi ciò che dice non può che non essere vero.

Nel 2º libro al verso 482: «μύ σαι» “ditemi o muse quali erano i capi e i guidatori dei Danai”

Perché è importante questa vocazione alle muse? Compare l’io del poeta (μοι). Nel primo verso dell’Iliade c’è
la dea THEA, che canta direttamente, mentre il poeta scompare. La poesia è come una sorta di transfert, dove il
poeta trasmette qualcosa che la divinità sta cantando. Indica un rapporto molto intimo tra la divinità e il poeta,
come se il poeta stesse rispettando un ordine: (“νυν”=“ADESSO”). La divinità è definita con un nome specifico,
cioè “musa” [ museo: “casa delle muse”]. Dietro questo termine c’è un’etimologia popolare: dal verbo “μιμνεσκω”
(ma a livello linguistico non regge). Le muse in realtà sono le divinità del ricordo di ogni cosa. L’importanza
consiste nell’ alternanza tra il sapere divino illimitato e quello umano limitato. Il poeta si fa tramite di un sapere
divino illimitato, quindi vero. Inoltre è importante il verbo “ειδών” = “vedere”, la vista è uno strumento di
conoscenza, ma il poeta aggiunge il “sentire”, visto che l’uomo non può conoscere tutto, c’è una forma indiretta
di sapere.

Che cosa si racconta? Sicuramente della “κλεος”, cioè della “fama” da “κλεομαι”, che nella forma attiva vuol
dire “fare”, nella forma medio-passiva “essere fatto”. Abbiamo detto che la poesia è vera perché sostenuta dalla
divinità , anche se c’è la possibilità che la divinità racconti qualcosa di falso. Questo concetto appare per la prima
volta con il poeta ESIODO. Ricordiamo che entrambi i poeti epici utilizzano l’esametro dattilico. In Omero c’è il
racconto di ciò che ha KLEOS, cioè della fama degli uomini. In Esiodo nasce l’esigenza di una poesia più utile,
perché il pubblico cambia ed ha bisogno di una poesia meno avventurosa, che abbia un contenuto più forte a
livello religioso.

ESIODO: Nasce in Beozia, era noto ad Askra. Fa una poesia epica della nascita del mondo e della generazione
degli dei. Siamo sicuri del fatto che abbia scritto, ma non sappiamo se questo fosse il nome reale. Il programma
poetico di Esiodo è molto più ambizioso rispetto a quello di Omero, infatti quest’ultimo nell’Iliade racconta 51
giorni dell’ultimo anno della guerra di Troia, mentre nell’Odissea racconta del ritorno di un singolo eroe. Il
programma di Esiodo è più ambizioso perché vuole raccontare tutto e raccogliere tutto ciò che era conosciuto:

• TEOGONIA

• POEMA CHE SI OCCUPAVA DELL’ETÀ EROICA

• OPERE (lavori) E GIORNI —> come ci si deve comportare.

È il primo poeta storico, infatti si riconosce il vanto di essere poeta, c’è una vera investitura poetica. Lo vediamo
nella TEOGONIA: Esiodo compare come un pastore, mentre sta pascolando arrivano all’improvviso le muse,
danzando e scendendo dall’Olimpo per parlare con lui e gli dicono: “voi pastori siete solo ventre, badate solo alle
cose materiali. Noi siamo dee”. Fa capire che loro conoscono la verità , ma in realtà sanno anche cantare bugie
simili al vero. C’è una rivoluzione nella poetica. Nella poesia omerica questa concezione della poesia non era
messa in discussione, mentre in Esiodo si manifesta il suo orgoglio, tende a sottolineare il fatto che le muse sono
andate da lui e gli hanno detto cosa cantare. Quindi la poesia a questo punto non ha più necessariamente come
oggetto la verità , ma tutto ciò che è verosimile. Si traccia un confine sulla riflessione di ciò che è verità .
Qual è l’oggetto della narrazione?

• STORIOGRAFIA: “ciò che è vero”;

• POESIA: tutto ciò che è simile al vero, quindi anche il falso, non ha più come oggetto la verità .

ERODOTO: per Cicerone “pater historiae”.


STORIA: in greco ἱστορία: come primo significato c’era “indagine, ricerca”.

Lo scopo di Erodoto = indagare sugli usi, costumi e abitudini dei popoli esaminati.

Da cosa nasce la sua indagine?

Sicuramente dalla raccolta di quello che lui considera DOCUMENTI, che chiama in vario modo (monumenti-
materiali, tradizioni orali- infatti historía è inchiesta). Erodoto raccogli testimonianze e sceglie quelle che
sembrano corrispondere al vero (“alcuni dicono che” per poi arrivare alla conclusione “a me sembra che la
versione migliore sia” > MOI DOKEI). Quello di Erodoto è un metodo innovativo. Non è vero che non cerca la
verità , ma la cerca partendo dal giudizio soggettivo (cercando la versione migliore).

• verità dal giudizio soggettivo cioè VERITÀ STORICA (rispondenza ai fatti riguardanti gli uomini)

• verità delle divinità (muse), cioè la VERITÀ POETICA, quella della verosimiglianza (non riguarda
necessariamente gli uomini). Come se fosse una verità di tipo teologico. Un esempio è la Bibbia che narra di
racconti come leggende che vogliono raccontare la verità dalla fede di un unico dio.

La storiografia di Erodoto cerca la verità tra le cose umane. Infatti potremmo dire che quella di Erodoto è
qualsiasi una RICERCA ETNOGRAFICA, che riguarda la cultura di un popolo. Inoltre la sua era una storia
recitata, sapeva a memoria ciò che aveva scritto. La narrazione aveva come scopo il piacere del pubblico:
“ἀκρόασις, letture ascoltate”. Ricordiamo che Erodoto nasce ad Alicarnasso (nell’attuale Turchia), le sue storie
erano scritte in dialetto ionico e destinate alla lettura. L’opera di riferimento più importante in quel momento era
l’epica omerica, infatti si cercava sempre di prendere il posto di Omero.

Tutta la cultura greca arcaica, dall’8º al 5º secolo, è una cultura aurale ed orale (Aurale: perché aveva come
scopo l’ascolto del pubblico) erano tutte letture ad alta voce. La lettura a bassa voce nasce nei secoli dopo Cristo
per esigenze religiose. Quando Erodoto inizia la sua opera vuole anteporsi come un altro Omero o
“omerikotatos”.

Omero/Erodoto:

1. il metodo di diffusione (oralità / auralutà );

2. scopo dell’opera: κλεος [κλεα ανδρων]. Racconta tutto ciò che deve essere ricordato [μεγαλα
έργα]. Inventa l’opera letteraria storiografica mettendosi a paragone del più grande;

3. Effetto: “τέρψις”, cioè il piacere dell’ascoltatore. Nell’epica: forma arcaica di spettacolo, nella
storia: inchiesta/indagine, divertimento e piacere per il pubblico.

INNOVAZIONI DI ERODOTO:

1. Interesse per “altri” popoli diversi dai Greci (Persiani, Egiziani, Scizi), quindi un interesse
etnografico;

2. Intervento del proprio giudizio, “Erodoto di Alicarnasso così scrisse”, a differenza della poesia
epica che è anonima.

3. Comparazione degli altri popoli con il popolo greco, quindi giudica gli altri popoli, cercando
analogie e differenze, in modo da vedere la cultura degli altri attraverso il suo punto di vista.

La letteratura in senso moderno non inizia con omero ma con Erodoto. La ricerca della verità nasce nel 5º secolo.
Erodoto venne attaccato subito da Tucidide.
STORIE DÌ TUCIDIDE di segno contrario ad Erodoto.

1,22 ss.= segna la distanza che viene prima di lui.

STORIA DÌ ERODOTO: racconto di eventi passati con lo scopo di raccontare le μεγά λα έργα;

STORIA DÌ TUCIDIDE: racconto di eventi “contemporanei” (guerra del Peloponneso).

DIFFERENZA DÌ METODO:

• Erodoto: racconta sulla base di quello che ha sentito, inchiesta, poi scegli la versione migliore,
l’esperienza della critica (emos oi dokei), con criterio soggettivo;

• Tucidide: racconta di fatti ed esperienze vissute di persona, fa una storia sulla base
dell’esperienza, cioè sulla base di ciò che si è visto (VERA STORIA, come nell’800). Per Tucidide si può fare solo
storia contemporanea, della cui verità lo storico si fa garante. AUTOPSIA: “opsis auta” “vedere con i propri occhi”

SCOPI DIVERSI:

• Erodoto (soggettivo) decide ciò che gli sembra vero dando una serie di opinioni;

• Tucidide (obiettività ) non si fa dominare dai sentimenti. La ricerca della verità nasce proprio
con lui, in maniera sistematica. Decide di rifiutare tutto ciò che viene prima di lui, cioè la MITOLOGIA (un
racconto non storiografico, quindi falso).

DESTINAZIONE DELL’OPERA:

• Erodoto: scrive un’opera di letteratura che ha come scopo il piacere del pubblico, quindi che
deve essere ascoltata da esso, fondamentale anche l‘οπσις. Simile ai cantori omerici;

• Tucidide: non scrive per l’ascolto ma per edificare uno κτημα ες αιει (eterno). Infatti visto che
ciò che è destinato all’ascolto può essere cambiato, cioè che la tradizione orale non è stabile, deve creare
qualcosa che non può essere cambiato, cioè che possa restare per le generazioni future.

NOTA CHE: la scrittura nella visione arcaica era vista come qualcosa di negativo. In realtà scrivere significa
fissare, sulla base della memoria, da μιμνεσκω/μνεμοσυνε, quindi ciò che viene scritto diventa verità . (Socrate
rifiuterà di scrivere). Inoltre bisogna tenere presente che la ricerca è sempre in fieri, quindi può sempre
cambiare. Per Tucidide la scrittura è uno strumento positivo (in maniera eccezionale).

ERODOTO = storia = educa chi non conosce, non ha uno scopo per il futuro;

TUCIDIDE = storia = scopo per il futuro per capire cosa fare, quindi ha un’idea prognostica della storia. Infatti
Tucidide sentirà l’influenza della medicina> DIAGNOSI (ad Atene aumentano le scuole mediche), grazie alla
peste del 412 a.C. Con lui nasce la storiografica scientifica.

RECAP:

1. diffusione della prosa e della poesia;

2. nascita della scrittura (strumento per le opere), passaggio da un pubblico di ascoltatori ad uno
di lettori;

3. sviluppo delle scienze;

4. sviluppo della medicina;

5. cambiamenti di tipo religioso, grazie a Tucidide che li mette in discussione.

6. μύ τος: discorso falso e variabile

7. λογος: discorso scritto inimitabile, vero (αλή θεια).


Tutta la letteratura greca prima del 5º secolo si basa sul MITO. Nell’8º secolo non c’era distinzione tra scienze
dure e umanistiche. LETTERATURA-LITTERE= era la raccolta di ogni sapere. Alle origini univa tutti i saperi,
quindi non c’era distinzione, vi erano i contenuti della παιδεία (da παις). Tutto era espresso con la poesia. Non si
distingueva neanche cultura astratta da quella reale. La prima distinzione si ha con la nascita dei TRATTATI.
Fino all’età classica la letteratura era una forma di sapere.

OMERO: “Omero” scrive l’Iliade e l’Odissea entrambi in 24 libri. Questi testi hanno un’importanza straordinaria
non solo come poesia e letteratura, ma venivano studiati anche per molti aspetti tecnici e geografici. Hanno avuto
un peso importantissima ed erano proprio il manuale con cui si studiava (filosofia, astrologia). Erano studiati ed
erano i due pilastri dell’educazione antica. Possono essere paragonati solo alla Bibbia per la loro importanza, ma
con una differenza: La Bibbia è un testo religioso, quindi chi lo studia sa che c’è l’utilizzo di leggende utili ad
esplicare la parola di Dio. I poemi omerici non hanno mai avuto questo ruolo religioso. Proprio per questo
l’importanza che ha avuto Omero non è stata mai raggiunta da nessuno nel mondo greco.

Cosa intendiamo quando parliamo di Omero?

L’uso dei nomi nella letteratura greca ha sempre un significato. Non sappiamo a cosa possa alludere il suo nome.
Forse “OMEROS”, cioè “ostaggio”?; Forse “OMERAUAI”, cioè “incontrare, raccogliere (le persone), quindi
un’allusione alla funzione dei cantori? Nessuna di queste ipotesi è sicura. Nonostante sia conosciuto da tutta la
antichità , non ricorre in nessun passo, nessuno in antichità dubitava della sua esistenza, ma allo stesso tempo
nessuno ha mai dato notizie storiche (Erodoto ci dà una cronologia troppo antica). Ricordiamo che tutte quelle
opere che prendono il nome di “omeriche” dette “inni omerici”, sono sicuramente più tarde, e lo sappiamo
perché hanno degli aspetti linguistici troppi riversi rispetto ai due poemi. Sono dette omeriche perché scritte in
ESAMETRI. In antichità non si sapeva nulla di tutto ciò . Abbiamo 4 biografie diverse (vite di Omero), datate
all’età imperiale (una delle quali attribuita ad Erodoto, ma è un falso), sono racconti di leggende omeriche
trattate da queste opere (AUTOSCHEDIASMA). La finzione non corrisponde alla realtà autobiografica. Omero
spesso viene rappresentato come cieco, questa caratteristica ha origine dall’Odissea, nella quale si parla di un
cantore, Demodoco della corte dei Feaci, il quale era cieco. Tutto questo che sappiamo di Omero, sono delle
leggende raccolte che diventate dei piccoli romanzi. Tutti i poeti greci hanno leggende legate alla loro nascita, ma
queste non possono sostituire i dati storici. Il problema di Omero sta nel fatto che possediamo solo leggende e
nessun dato storico affermato ( perché il primo a firmarsi è Esiodo). Dobbiamo ricordare che di nessun autore
possediamo il manoscritto originale. Non esistono libri antichi. Questi infatti sono stati tramandati attraverso le
copie alto-medievali, i più antichi risalgono al 10º/11º secolo d.C. La maggior parte delle copie ci sono pervenute
perché destinate a biblioteche, quindi ben conservate. Queste avevano origine all’interno degli SCRIPTORIA, di
origini religiose, attraverso il lavoro dei monaci AMANUENSI. Molto spesso proprio a causa del lavoro di
copiatura, in questi testi erano presenti diversi errori. Ovviamente erano libri scritti per chi pagava per
possederli. Inoltre dobbiamo ricordare che tutte quelle opere antiche che non coincidevano con la morale
religiosa cristiana venivano censurate e quindi non ricopiate (la seconda parte della Poetica di Aristotele). Fino
alla stampa questi manoscritti sono stati nascosti fino all’età dell’Umanesimo/Rinascimento, durante la quale
alcuni dotti cercarono e ritrovarono autori antichi , dandogli anche una stampa. Infatti, se noi oggi li leggiamo, lo
dobbiamo ai dotti del rinascimento (1500). Proprio nel periodo rinascimentale nasce la cosiddetta EDITIO
PRINCEPS, cioè la prima edizione a stampa. Inizialmente gli umanisti non avevano un metodo di raccolta, infatti i
testi venivano presi e pubblicati, quando però la ricerca divenne sempre più intesa, ci si rese conto che non
potevano essere racchiusi. In che cosa differiscono le copie? Derivano da un unico modello o da modelli diversi?
Lo studio scientifico di quali sono i rapporti che legano i manoscritti iniziò in Germania, per poi espandersi. Il
lavoro del filologo è quello della COLLATIONE, cioè il paragonare i vari manoscritti. Qual è lo scopo?

STEMMA = rapporti di parentela tra i diversi manoscritti. Bisogna quindi capire qual è il capostipite, cioè bisogna
arrivare all’archetipo, al primo esemplare, padre di tutti. Purtroppo noi non lo possediamo. Ma lo scopo
dell’editore è fare un testo simile il più vicino all’archetipo. L’editore deve fare uno stemma GENEALOGICO:
ricostruisce un testo facendo paragoni tra i manoscritti (ancora oggi scoperti). Nell’800 inizia il lavoro di
EDITORIA, grazie a CARL LACHMANN, filologo che si occupò della prima edizione su Lucrezio (edizione critica).
La “PARTE CRITICA” è quella in cui sono elencati tutti i lavori dell’editore, che vengono descritti prima di
esporre il testo. EDIZIONE CRITICA DÌ OMERO: una serie di libri filologicamente corretti. A cura della “OCT”,
cioè “Oxford Classical test”. L’opera di Omero è fatta da Thomas Wallen (prefatio in latino).

APPARATO CRITICO: nasce dal lavoro dell’editore, il quale fa una collazione dove registra le diverse varianti dei
manoscritti. Dell’apparato critico se ne occupa il filologo, senza il quale non sarebbe possibile un lavoro del
genere, obbietta con un forte criterio scientifico (su secoli di testi tramandati). Il metodo filologico viene
applicato per la prima volta ad autori antichi ed è anche detto metodo di LACHMAN. Si applica a tutte le
tradizioni dei testi. Tutto dipendeva dal libro che si confezionava. L’editore aveva il compito di raccogliere i
diversi codici (CODEX) e di registrare le varianti dei codici che aveva escluso. Il suo scopo era non quello di
riprodurre un testo originale ma di creare un testo vicino all’archetipo [arkhé-typon, che sta all’origine].

Adesso bisogna chiedersi, perché abbiamo perso i libri? Sicuramente uno dei motivi principali è l’utilizzo di
materiali deperibili, i quali con il tempo sono andati persi. Il libro come noi oggi lo conosciamo nasce con i
vangeli, in epoca molto tarda (1º secolo d.C.), per facilitare la lettura e ritrovare facilmente i passi. Per l’antichità i
libri erano dei ROTOLI di papiro (nel 5º s.), anche se il papiro era una pratica molto privilegiata, infatti è un tipo
di pianta che cresceva solo in determinati luoghi, le officine erano poche. La pratica consisteva nell’incidere il
fusto e ricavarne le fibre e da esse poi i figli. La carta venne inventata in Cina e subentrerà nel Medioevo. La
stampa viene inventata nel 1554 (Gutenberg) necessario materiale facile. Il rotolo si apriva e non avendo punti
di riferimento era difficile da utilizzare. Poi avevamo la PERGAMENA (difficile da creare e da deperire), le piante
crescevano dalla pelle delle capre. Era un metodo estremamente pregiato. Quindi in sostanza gli antichi avevano
bisogno di materiale che si potesse arrotolare, flessibile e reperibile. Abbiamo testi di papiro conservati in luoghi
eccezionali (Ossirinco), come nel deserto, perché le condizioni climatiche hanno fatto sì che si potessero
conservare. Sono state travate opere anche all’interno di biblioteche, negli archivi, come gli elenchi di offerte
fatte agli dei. Abbiamo papiri che rispecchiano la pratica scolastica. Di questi frammenti a volte escono fuori
grandi scoperte. (Ercolano/Biblioteca di Filodemo). Il secondo motivo sono le CATASROFI. A questo punto
dobbiamo spostare l’attenzione verso l’età ellenistica (2º/3º secolo a.C.), sopratutto verso Alessandria d’Egitto,
dove i Tolomei raccolsero in una biblioteca, la famosa biblioteca di Alessandria, tutti i libri, stipendiando dei dotti
che potessero raccogliere i libri delle città greche per farne delle edizioni speciali di Alessandria. Nasce l’idea
della filologia, dal confronto con le copie esistenti, fatte da filologi (“colui che ama la parola”). Questa raccolta
andò a buon fine, però la biblioteca venne distrutta con la conquista romana dell’Egitto, quindi di conseguenza
vennero distrutte anche le opere. Questo evento è considerato una vera CESURA del mondo antico. Il terzo
motivo riguarda le COPIE. Tutte le copie che possediamo arrivano dall’età bizantina al medioevo, dove abbiamo
visto la nascita degli SCRIPTORIA, i quali erano comunque luoghi legati alla religione. Proprio per questo motivo
venne fatta una selezione di opere sulla base dei criteri teologico-morali. Un esempio è proprio la poetessa Saffo,
la quale scrive 9 libri di poesie, dei quali ne è pervenuto uno solo interamente. Non sappiamo quando siano
andati persi, ma sappiamo sicuramente che sono stati censurati per motivi etici. Ricordiamo che possiamo avere
2 tipi di tradizione: LA TRADIZIONE DIRETTA DEI TESTI, da “tradere”, ma anche la TRADIZIONE INDIRETTA,
cioè di autori citati in altre opere. Si basa su opere di età imperiale. Questo tipo di tradizione è importante per
tutti gli autori di cui non abbiamo tradizione diretta: I LIRICI (di cui abbiamo attraverso frammenti da citazioni di
altri autori), LA COMMEDIA (Aristofane, di cui c’erano centinaia di testi, l’8º volume di frammenti), LA TRAGEDIA
(32 tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripide, ma anche in questo caso erano centinaia), LA FILOSOFIA
PRESOCRATICA (solo frammenti) ed anche della FILOSOFIA ELLENISTICA (Epicuro), quindi posteriore abbiamo
pochi frammenti.

OMERO
L’Iliade e l’Odissea sono le sue opere più importanti lette e studiate come dei veri manuali in passato. Ne
abbiamo diverse edizioni. Ma come nascono?

NOTIZIE SICURE: i poemi omerici sono scritti in una lingua mai esistita, chiamata LINGUA D’ARTE (ted), mai
parlata e non classificabile in nessun dialetto. GRECO: forma particolare corrispondente allo scritto e parlato in
età ellenistica. Durante questa si formarono le KOINE (comune), per la comunicazione sotto l’impero. Chi
amministrava le province aveva bisogno di una lingua ufficiale, cioè il GRECO ESEMPLATO, che prendeva
esempio da quello dell’Atene del 5º secolo, parlata da tutti i sudditi. Non era parlato ma almeno scritto. Quello
che è rimasto perché le regole sono esemplate sulla KOINE DIALEKTOS, cioè ispirato al dialetto del 5º secolo a.C.
Ogni autore ha una sua lingua> DIALEKTOS (che non è la variante di una lingua), è una lingua autonoma con
fenomeni fonetici e sintattici precisi che indicano il luogo in cui venivano parlati. (8º secolo / età bizantina =
storia della lingua greca). ES: ELEGIA = dialetto eolico (Mitilene/Lesbo); LIRICA CORALE = dialetto dorico
(Pindaro). La lingua quindi rivela anche il luogo in cui viene pensato un componimento e va a contare un genere
letterario. Omero non corrisponde a nessun dialetto greco.
Perché quindi i poemi sono stati creati in questa lingua?

I poemi raccolgono canti preesistenti, cioè canti mitologici, CANTATI, avevano bisogno di ritmo, quindi di versi e
strumenti musicali (principalmente a corde). La lingua quindi si adatta al canto epico attraverso l’uso
dell’ESAMETRO DATTILICO. Nell’Iliade abbiamo la sopravvivenza di fenomeni arcaici della lingua, c’è stata una
CRISTALLIZZAZIONE, cioè l’unione di una parola e di un suono che si sono cristallizzati, ciò testimonia l’antichità
dei canti. L’origine di questi canti è sicuramente orale, ma non appena c’è stata la possibilità sono stati messi per
iscritto, infatti viene inventata la scrittura, che ebbe la capacità di trasferire il canto. Questo fenomeno si ha per la
prima volta con l’alfabetico greco, in quanto rispetto alle scritture precedenti, vengono inventate le vocali, quindi
ci sono una serie di segni che unite a queste vocali potevano essere letti. (presa dell’alfabeto greco tra il 9º/8º
secolo). Perché? Sicuramente il motivo principale risiede nell’esigenza di mettere per iscritto i canti che
circolavano. Ad un certo punto si è sentita la necessità di mettere per iscritto le poesie. Si attribuisce a diversi
personaggi la nascita della scrittura. Adesso tutte le parole potevano essere messe per iscritto, e per la prima
volta le vocali avevano dei segni propri. Potevano essere messi per iscritto i PENSIERI. Il primo esempio è
proprio l’Iliade, ricco e complicato. L’archeologia ci aiuta, infatti abbiamo diversi vasi e fonti sulle quali abbiamo
trovato delle epigrafi risalenti all’8º secolo. Tra i testi più antichi ritrovati su manufatti, abbiamo:

1. La coppa di Nestore: trovata sull’isola di Pithecusa (Ischia), del 780 a.C.;

2. Il grafito in Ocoe trovato in una delle porte di Atene che parla di Datnata.

sono notazioni che corrispondono ad un ritmo e sono poetiche, quindi corrispondono ad una attività artistica e
poetica. I poemi probabilmente furono scritti su Tavolette di Legno (si cominciò a scrivere poesia), e sono la
testimonianza di tavolette usate per portare un messaggio (c’è un verso dell’Iliade). Adesso dobbiamo
soffermarci su una QUESTIONE: L’Iliade è un poema molto ben curato, la scrittura è di tipo narrativo, quasi
contemporanea, il racconto è dettagliato e sopratutto non è semplice. È un’opera costruita in maniera modera,
perché narra di un piccolo episodio (51 giorni) di una guerra durata 10 anni, ed è fissata su un sentimento che
scatenerà delle conseguenze (Ira di Achille). Un poema così complesso, in una lingua così raffinata, ci meraviglia
e ci porta a chiedere: “Esiste un poeta?”.

ILIADE
Cos’è questo poema?

Gli studi di questo iniziano nel 1700. Sicuramente è un poema di 1600 versi. Ci è stato tramandato e ha
attraversato moltissimi secoli (dall’8º secolo ad oggi). Nonostante le milioni di copie rimane sempre lo stesso.
Con Omero in passato si imparava a scrivere e a ragionare, era letto ovunque. Il testo, infatti, resta quello, in
antichità venne messo per inscritto ed è rimasto tale. In ETÀ ALESSANDRINA, molti filologi, tra cui ARISTACCO
DÌ SAMOTRACIA, vennero pagati da Tolomeo I, per mettere per iscritto molti testi. Chiariamo che per loro
Omero era già letteratura antica. Il primo autore che vollero per la biblioteca di Alessandria d’Egitto fu proprio
Omero. Molti filologi fecero copie di quest’ultimo. Raccolsero anche le EDIZIONI POLITICHE (“della città ”), per
confrontarle e creare un’edizione. Ciò accade nel 3º secolo a.C.

Perché le città avevano queste copie? Qual è la testimonianza della più antica copia di Omero?

Sicuramente Omero era l’autore più importante, ecco perché era conservato negli archivi di ogni città , e ogni città
considerava la sua copia quella vera. Lo sappiamo da un testo del 6º secolo: Pisistrato volle un testo omerico
archiviato nel tempio di Atene, recitato nelle “panatenee” (le festività più importante per Atene), un libro
dedicato ad Atene. Tra gli oggetti dedicati alle divinità , infatti, venivano offerti anche i libri oltre che agli oggetti
di pregio. Ma quella di Pisistrato è effettivamente la vera copia? La cosa di cui siamo assolutamente certi è
che i poemi risalgono a molto prima del 6º secolo, anche per la lingua non è stata parlata e risale a situazioni
linguistiche dell’8º secolo. Perché fu proprio Pisistrato a farlo? Perché ad Atene arrivarono cantori che
facevano pezzi dell’Iliade o una propria versione. Prima di lui nessuno aveva messo per iscritto l’opera. È
possibile che qualcuno l’abbia composta? Quando? C’è sicuramente un principio ordinatore dell’opera.

QUESTIONE OMERICA: è una questione moderna, un dibattito che nasce alla fine del 700. In antichità nessuno
si era mai posto il problema dell’esistenza di Omero.

NOTA CHE: Abbiamo una raccolta di POEMI: “inni omerici”, dedicati alle divinità , che erano introducevano i
canti, la lunghezza era variabile ma non avevano nulla a che fare con il canto vero e proprio, sono probabilmente
posteriori ad Omero. Ricordiamo inoltre che un concetto importantissimo era la STIRPE, perché gli eroi omerici
provenivano tutti da stirpi importanti, nobili, dovute alle figure dei padri: ci troviamo nell’ottica di una cultura
PATRILINEARE.

PELIDE ACHILLE = è una fossilizzazione dei canti preesistenti, che erano un sostegno per la memoria e si
trovavano sempre nella stessa posizione. FORMULA OMERICA: EPITETO + NOME (epitíthēmi, “che sta sopra”).
C’è sempre un aggettivo che accompagna il nome. Dal punto di vista metrico sono considerati un’unica cosa. Due
o più parole stessa posizione metrica.

θέα: Vocativo generico per una dea non nominata. Questo aedo conosceva le muse, ma decide di rimanere
generico per creare un rapporto intimo, personale con la musa. Omero non racconta nei dettagli il mito, ciò
significa che il pubblico, per la maggior parte, conosceva già le leggende. C’era una quantità di MATERIALE
MITOLOGICO COMUNE, anche perché la conoscenza del mito in antichità era molto approfondita dal pubblico
rispetto a noi.

PROEMIO PARTICOLARE: mette in primo piano un sentimento, cioè l’IRA, che determina un’azione. Omero
capisce quindi l’importanza delle emozioni. Alla base delle vicende umane ci sono le riflessioni e i sentimenti.

IRA: distruttiva. Achille è un oggetto dell’ira, non è il protagonista, perché la vera protagonista è l’ira stessa. Ira
dovrebbe essere proprio il titolo dell’opera (infatti c’era un etichetta fuori il rotolo di papiro sulla quale c’era
scritto “ira”). Iliade è un titolo sbagliato (poema di idillio), è un titolo complessivo, infatti errato perché racconta
degli ultimi 51 giorni di una guerra durata 10 anni. μήνις: da μανια=μαινομαι=“impazzire” “ira, collera”,
sentimento forte che fa perdere la ragione. Nel greco omerico può anche prendere il nome di Χόλος: “bile”= i
Greci non conoscevano la psicologia, quindi sarebbe ciò che esprime fisiologicamente logicamente il sentimento
dell’ira, poiché non sapevano che il cervello potesse far provare delle emozioni. Quindi è il processo fisiologico
come metafora dell’ira. La μηνις è l’ira degli dei, duratura, inestinguibile (lenta ad arrivare ma che alla fine arriva,
invece il χολος è l’ira degli uomini, che si manifesta con un processo fisico, è momentanea, infatti poi passa e si
differenzia con quella precedente dalla durata e dall’intensità . La MENIN nel poema riesce a sottolineare che l’ira
provata è un’ira eccezionale, che di solito è provata dagli dei, mentre in questo caso è un uomo a provarla.
αυλομενη= da ό λυμι, distruttiva, che provoca una distruzione fortissima, da un semidio ma comunque mortale.
Nel proemio sono inoltre espressi i principi di poetica. Il pubblico sa chi è Achille. L’importanza del poema viene
descritta nell’ARS POETICA di Orazio, che la distingue dagli inni omerici perché entra in MEDIAS RES. Cosa
sappiamo di quest’ira? Sicuramente che tutti i verbi sono retti dall’ira, quindi c’è il valore attivo del sentimento.
Appare il termine “Αχαιοί”, cioè i greci (Ellenes solo nel 5º secolo). Erano chiamati così cioè “abitanti dell’Acaia”
o “Danai”, cioè “discendenti di Danao”. Non sappiamo il perché l’ira portasse dolori ai greci. Αδελος: “che non si
può vedere” (Ade), avvolto dal mistero. Ιφθιμους: presenta una radice pre-greca.

Chi erano gli EROI?

Di solito personaggi famosi, inizialmente semidei (Achille), poi persone che si distinguevano per le loro gesta.
Dopo si iniziò a dare un valore religioso a tali figure. “EROON”, templi dove si praticavano dei piccoli culti locali
per questi personaggi, legati a determinati luoghi. “Eoie” da Esiodo, con l’inizio degli esametri, fa un catalogo di
Danai che si erano uniti agli dei.

Ψυχας: solitamente “anima”. Omero non distingue l’aspetto fisico da quello spirituale, conosce delle emozioni
che hanno origine nel corpo. Infatti il vero significato è “respiro”, anche a livello onomatopeico, infatti respiro
significa essere vivi, nel respiro c’è la vita. Nei poemi si diceva che il “respiro abbandonava il corpo”. SOFFIO
VITALE. Per Omero le persone morte perdono la ψυχῇ , quindi diversa da come la intendiamo noi.

Βουλή da βουλιμαι: “volere”, in età classica “assemblea”. Non sappiamo perché si compisse il volere di Zeus, ma
si fissa un punto di inizio per la storia. Si trovano diversi verbi in duale = questo sta a significare la stretta unione
tra i due personaggi, accompagna due persone. διαστήτην ερίσαντε: stretta connessione tra due persone, cioè
tra l’ATRIDE E ACHILLE, unione molto forte che ad un certo punto si scioglierà . ATRIDE: “figlio di Atreo” signore
degli uomini. Αναξ=re (dalle tavolette WANAKA/ WA NAX), c’è un ricordo di leggende molto antiche, quindi
parola precedente all’8º secolo che è rimasta. Il pubblico sapeva che l’Atride fosse Agamennone. Omero lascia
molte cose al pubblico, dando molte cose per scontato. Il poeta racconta l’ANTEFATTO.

Ricordiamo che esisteva anche il concetto di EIRIS, cioè di “discordia”. C’era l’ERIS BUONA, cioè quella che
riguarda la competizione le degli uomini nel raggiungere il ruolo dell’ARISTOS, cioè del migliore, ma esiste anche
un ERIS CATTIVA, cioè quella che porta danni alla comunità . In questo caso la ERIS è cattiva. Abbiamo una
DOPPIA DETERMINAZIONE = gli uomini agiscono o per obbligo da parte degli dei, o prendendo decisioni
singolarmente. Non è solo colpa degli uomini ma tutto parte principalmente da un impulso divino.

αναξ/βασιλευς: fa capire che riesce a gestire due termini diversi;

νουσον: generico “malattia”, in questo caso malattia epidemica;

λαός: popolo. Laoi >confederazione di stati greci/ δή μος: razza, specie;

αρητηρα=αραι: inizialmente sacerdote indicato nelle maledizioni o nelle benedizioni;

χρυσην: Crise, isola di Crise, “oro”, indica lo splendore del personaggio, sacerdote di Apollo, dio della luce, quindi
doveva rispettare le caratteristiche di Apollo, cioè la luce che era fondamentale.

ητιμθεν da ατιμαζω: c’è un alfa privativo da τινά ζω, da τιμή : cioè onore, rispetto solitamente garantito a
personaggi importanti, tipica dei personaggi non vergognosi, poiché la cultura omerica teneva alla conservazione
del proprio onore. In questo il sacerdote ha un ruolo onorario.

θοας: aggettivo riferito alle navi.

Vi sono alcuni epiteti significativi (pelide Achille) ed altri invece generici (aggettivi generici), il suono è
importante e di questi a volte resistano alcuni termini ricavati sempre dai fossili.

στεμματα: erano le bende sacerdotali, fatte con un tessuto pregiato, avevano ovviamente un valore simbolico,
infatti servivano a distinguere il sacerdote, ma allo stesso tempo avevo anche un valore di supplica. Il sacerdote
era considerato sacro, quindi intoccabile. Anche il SUPPLICE davanti ad un capo era considerato intoccabile (così
come l’Araldo). CRISE: era inviolabile come sacerdote ma allo stesso tempo lo era anche come supplice. C’era
anche uno SCETTRO DORATO, che richiamava il nome di Crise e ovviamente le caratteristiche del dio Apollo.

κοσμήτορε λαών: “ordinatore di popoli” da kosmos: “ordine”, il verbo kosmew: “abbellire, ordinare”, quindi
BELLO E ARMONICO. Si capisce subito com’è la monarchia di Agamennone, si tratta di uomini potenti
(identificati con il patronimico), sono anax (sovranità antica) e basileus (in epoca storica), e sono anche
ordinatori di popoli. Tutti questi significati in opposizione all’ordine sacerdotale.

“ευ/κνημιδες”: “bene”/“gambiere”;

Nelle preghiere di Crise c’è un AUSPICIO.

δοειν: ottativo, desiderio; πριαμοιο: genitivo singolare con desinenza arcaica, in lingua omerica formule diverse
rispetto alla koine; δ’: moto a luogo; C’è un auspicio molto forte, prega gli dei affinché distruggano la sua parte,
quindi sta raggiungendo il massimo dell’umiliazione perché sta pregando affinché vincano i nemici.

ακήβολον: da “βάλλω”, “scagliare” e “ακά ”, “lontano”. Vediamo Apollo come arciere.

επεφημησαν: “dire di sì”, “assentire”, che regge αιδεισθαι (da αιδος “vergogna”, sinonimo di τιμά ω) e δεχθαι.
Quindi “onorare qualcuno per non provare vergogna”

Verso 24: Agamennone Atride: prima volta che viene nominato. C’è un’emozione che determina l’azione di
Agamennone.

θυμό ς «θυμώ ι»: letteralmente “diaframma”, cioè la parte del petto sede dei sentimenti, si credeva che si
originassero da li. La sede delle decisioni emotive umane: DOPPIA DETERMINAZIONE.

γέρον: “vecchio”, detto con disprezzo, per dimostrare la sua forza, quindi sta andando contro la concezione greca
di onorare la saggezza della vecchiaia (quindi si capisce subito che si tratta di un personaggio negativo). Inoltre
viene insultato anche un sacerdote che sta chiedendo di rispettare il dio. Così facendo Agamennone sta
contraddicendo la richiesta di tutti i greci. εγώ: soggettivismo esasperato di Agamennone, δηθυνω da
δηθυνοντη; Il suo disprezzo non riguarda solo Crise, ma anche il suo valore sacerdotale-> PRIME PAROLE CHE
CARATTERIZZANO IL PERSONAGGIO, quindi manca il senso dell’onore, della vergogna e agisce solo per onore
personale. Quindi il personaggio di Agamennone rappresenta ARROGANZA, un uomo che pecca di ύ βρις, un vizio
che condiziona la vita umana, grazie al quale si identifica la morale etica, nonché il più grande peccato dell’uomo
greco: υβριστικός: uomo che pecca, non mostra rispetto per la divinità , che riceverà una punizione da parte
degli dei (questo lo sappiamo attraverso i miti). AGAM. = Ubristicos = arroganza verso gli uomini = NEGATIVO,
nonostante la sua importanza. Iliade e Odissea = manuali pedagogici quindi si presentavano come modelli.
τίμια = non sa dare l'onore necessario a chi lo merita.

Verso 29: την= LEI = caratteristica della lingua omerica→ "normalmente articolo".

I pronomi non erano ancora formati. εγώ = ripetizione [personaggio egocentrico ]. Agamennone va contro tutti i
valori , vede CRISEIDE (17 anni) come una concubina, quindi offesa all'essere umano padre e sacerdote.

σαωτερος: comparativo senza secondo termine di paragone usato in senso avverbiale (sano e salvo);

KE: in attico è AV (potenzialità , desiderio) stessa funzione.

Ωσεγατω: “così disse”

Nel DRAMMA i personaggi dialogano. "MIMETICA" imitano ciò che accade nella realtà , senza narrazione
(mimesi). Mimetica = Platone, per lui una costruzione mista. Il cantore introduceva le voci dei personaggi. Il
poeta aveva bisogno di formule che indicassero che qualcuno stava parlando o che stava finendo di parlare.
DIEGESI = narrazione in 3ª persona senza discorsi. FORMA MISTA = unisce narrazione e mimesi ( In prima
analisi> 3º libro della Repubblica di Platone, si perde proprio questo passo omerico e leva le parti narrate a
quelle dialogate, dimostrando che la narrazione poteva andare avanti anche senza dialoghi). TRAGICI: figli di
omero per il contenuto (stesse leggende) e per lo stile, abbiamo l’origine della forma drammatica proprio in
Omero.

L’aedo cambia voce mente recita le parti?

Molto probabilmente si. Gli ascoltatori si accorgevano che cambiava discorso sia dall’intonaIone sia da alcune
formule: ωσεφαντω è quella più comune.

εδεισεν: “emozione”

ο γέρων: richiama le parole di Agamennone usate in senso dispregiativo, ma qui si sottolinea la fragilità di Crise
e quindi obbedisce.

μύθω: parola che h valore di ordine perché pronunciata da un re. Ha tante sfumature di significato.

πολυγλοισβοιο: genitivo omerico con desinenza “oio”, EPITETO COMPOSTO, si riferisce al mare, cioè “dai molti
rumori”. Il mare è importante perché era una poesia nota anche nell’ambito geografico, sopratutto quello
mediterraneo, la vita dei greci era in stretto contatto con il mare. Nell’ILIADE=MARE= confine valicato dai greci,
ma anche apertura verso il futuro:

1. confine simbolico a cui è legata la speranza del ritorno a casa;

2. confidente, che ascolta i tormenti di una persona;

3. sentito come la sede di potenze che possono influenzare la vita umana.

Achille pare si ritirava spesso a parlare con il mare, soprattutto a causa della dea TETI, madre di Achille, unica
divinità ad essere stata costretta a sposare un mortale, la quale aveva un rapporto molto stretto con il figlio
(ovviamente la divinità più importante era Poseidone). Abbiamo tutte le sfere umane:

• cielo: Olimpo;

• mare: divinità marine;

• terra: divinità dell’oltretomba, dei degli inferi.

ήραω da αραομαι: TERMINE TECNICO che indica la preghiera;

κλυθι μεα: legame diretto tra il sacerdote e la divinità (In Grecia un altro modo era il SACRIFICIO);

αργυροτοζ: “arco d’argento”, importante perché il sacerdote invita il dio ad usare le sue frecce. L’argento è
simbolico perché indica solitamente la luminosità di Apollo e delle divinità in generale. Luoghi importanti.
τε: particella copulativa che corrisponde a και, coordina.

ανασσεις: “regnare” da αναζ

SMINTEO = epiteto di Apollo. Non sappiamo cosa potesse significare. Già gli Alessandrini non sapevano il
significato. È sicuramente un termine arcaico, attribuito ai tipi “dio dei topi”, cioè dio che diffonde le epidemie. In
questo caso Crise starebbe maledicendo e chiedendo vendetta. Nella religione omerica esistevano culti molto
antichi che poi si sono cristallizzati nello stesso racconto omerico. ERA BOVIS: “dagli occhi di bue” questi epiteti
per qualificare gli dei sono molto antichi e forme non avevano significato neanche per Omero. TELOMORFE:
erano le divinità che avevano aspetto animale, adorate in forme animale. Questo lo ritroviamo come ricordo negli
epiteti.

νηον ερψα= νηον: non è proprio il tempio, qui si riferisce ad un piccolo luogo di culto (ναος in attico).
ISTITUZIONE DEL LUOGO DÌ CULTO = compito del sacerdote. Crise chiede che i Danai paghino le sue lacrime>
ciò significa per lui umiliazione e tristezza, cosa molto importante perché è un’espressione dell’emozione.
DIFFUSIONE SIMBOLICA DÌ UN’EPIDEMIA: descrizione che si serve del mito che è di molta efficacia emotiva.

La parola sollecitava la fantasia dando degli input sensoriali: RUMORE: εκλαγξαν= verbo onomatopeico> prima
discesa del dio, rappresentato come gigante. DESCRIZIONE VIVA DÌ CIÒ CHE PUÒ SIGNIFICARE L’IRA DI UN DIO:
rumore delle frecce. νυκτι= prima similitudine breve per far capire all’ascoltatore qual è l’emozione che provoca
questo fatto ed utilizza una similitudine che riguarda tutti i comuni mortali. HA UN VALORE ESPLICATIVO.
CARATTERIZZANO PIÙ L’ILIADE PIÙ CHE L’ODISSEA. Il dio scende simile alla notte (atmosfera emotiva con due
parole), all’improvviso per un fenomeno non normale diventa buio.

1. percezione sonora;

2. percezione visiva.

κλαγγη γενετ: percezione sonora (qualcosa di terribile o straordinario: rumore delle frecce verso
l’accampamento degli achei. Questo provoca STUPORE.

Βίοιο: arco, espressione che richiama la preghiera di Crise nel verso 37.

C’è quasi una descrizione scientifica dell’epidemia portata da un animale (cani e mule> animali domestici degli
Achei), quasi un valore pre-scientifico.

La SEPOLTURA è un’invenzione recente, cristiana (per la resurrezione dei corpi). CULTO DEL CORPO: riguarda
tutti : CULTURA EGIZIA: sepoltura dei re. LA CULTURA OMERICA non conosceva la sepoltura, esisteva infatti
l’INCINERAZIONE, dove le cenere venivano raccolte nelle urne e messe nelle tombe funebri (culto
principalmente riservato ai re). PATROCLO: funerale importante (1 libro e mezzo), manifestazioni collaterali al
funerale: giochi fatti in onore del morto. Il funerale è simbolico. L’Iliade si chiude con il funerale di Ettore. I morti
non potevano rimanere insepolti: infatti nel proemio c’è la caratterizzazione epica molto forte, dopo la guerra
c’era sempre un periodo di tempo per poter seppellire i morti. Ricordiamo che senza il funerale il morto non
portava accedere all’aldilà (infatti per Patroclo a chiedere il rito è Achille). Bisognava bruciare i cadaveri anche
per evitare la diffusione di epidemie e il contagio. Pur essendo una descrizione mitologica ci sono degli aspetti
quasi scientifici (frecce che da lontano infettano prima gli animali e poi gli uomini). Abbiamo una descrizione
della parità che provoca un’epidemia.

Εννημαρ= ripetizione del numero 3, sicuramente una fossilizzazione di valore antichi, dove c’è la fossilizzazione
dell’importanza del numero 3.

λαον= verso 54= rivediamo un termine usato al verso 10 ma qua significa “esercito”.

PRIMA ASSEMBLEA DELL’ESERCITO GRECO: convocata da Achille (che esce fuori per la prima volta).
AGAMENNONE subito si presenta come un personaggio negativo e non pensa alla comunità . ACHILLE COME
ANTITESI FI AGAMENNONE: ha molto a cuore il bene della comunità , infatti chiama a raccolta i greci per
prendere una decisione comune. DOPPIA DETERMINAZIONE: da un lato abbiamo Achille, dall’altro vi è il volere
della dea Era. I due concordano.

λευχωλενος: epiteto generico: caratterizza vari personaggi femminili nobili (pelle eburnea).
τοδας ωκυς: FORMULA: rappresenta solo Achille, non sappiamo cosa potesse significare (fossile presente nei
canti preesistenti ad Omero). Non sappiamo se è la caratteristica di un guerriero omerico o che fosse una formula
proveniente da un particolare mito. I guerrieri in Omero combattono sui carri, scagliando le lance. ECATOMBE:
“strage”

εκτομβης: έχας: “cento”, τομβης: “uccisione”: “uccisione di cento buoi”> sacrificio. In omero si perde il
significato originario di cento.

SACRIFICIO: modo per comunicare con la divinità .

si divide in due tipi:

1. sacrificio cruento: spargimento di sangue (l’animale) veniva ucciso durante il rito

2. sacrificio incruento: spargimento di liquidi sulla terra dove veniva offerto il fumo che si alzava
dalle vittime, di tipo simbolico. Venivano offerti gli animali migliori. Offrivano le cose migliori per ottenere la
grazia divina (Prometeo invece di dare la vittima dava le ossa).

Perché erano sacrificati gli animali?

Sgozzando gli animali, c’è molto sangue, il quale venivano sottoposti ad analisi da chi poteva interpretarne i
segni. Gli animali in origine vengono usati al posto degli uomini. (GRECISTA ANTROPOLOGO WANTEBURKERT,
autore di un libro “homo means” tradotto in italiano. L’istinto di uccidere deriva dalle origini paleolitiche
dell’uomo, quindi nel DNA dell’uomo ci sono categorie particolari che rimangono nel tempo. Far parte del nostro
codice comportamentale. ESIGENZA DELLA NATURA UMANA NON DISCIPLINATA DELLA STORIA). Quale
poteva essere l’offerta migliore? la cosa più preziosa ( Ifigenia, Isacco nella bibbia). Lo spargimento di sangue
era dovuto, ma ad un certo punto l’uomo si è dato regole morali, quindi ha sostituito l’uomo con gli animali: in
Omero c’è un lontano ricordo dei sacrifici umani (7 giovani e 7 ragazzi) ma vengono sostituiti con gli animali.

άι κεν : και-αν ipotetico della possibilità .

κνισης: fumo, sacrificio cruento, ma si offriva il fumo, in particolare modo il profumo di animali più grassi,
quindi migliori, così gli dei potevano avere la conferma che erano gli animali migliori. AGNELLI: erano pregiati
ovviamente non si sviluppano e gli si troncava il futuro. CAPRA: preziosa, pastori di capre (Iliade e odissea),
erano separate, produttrici di latte (pregiato). In questa cultura arcaica, avere le capre ( che si riproducevano
velocemente) era importantissima. Era legata agli dei: L’EGIDA (scudo che veniva portato da Zeus) [ZEUS
EGIOCO], (stesso scudo per Atena), [con il patrocino di : EGIDA]. EGIDA: “fatto di pelle di capra” (importanza
della capra nella visione religiosa). TRAGEDIA: “canto del capro” non sappiamo perché “Capro” come oggetto
attivo o passivo, era un canto legato al culto di DIONISO (esempi vascolari dove c’erano cortei di persone vestite
da capre). Tutti elementi animali che facevano parte del culto di DIONISO. La capra (τέλειον “‘migliori”) invocate
da Achille, hanno un ruolo importante nella religione e nei sacrifici.

Achille (Antitetico ad Agamennone) si rivolge all’Atride Agamennone, mettendo in opposizione i due personaggi,
ritenendo Agamennone la causa di quello che stava accadendo. Achille consulta tutti gli dei e vuole richiamare
l’attenzione sul fatto che è stato offeso un sacerdote, usando diversi temi per indicarlo.

μαντιν- ιερηα- ονειροπολον : “sacerdote” hanno un contatto diretto con la divinità

μαντιν : μαίνομαι = μανία= follia ( follia nel Fedro di Platone) follia perché era capace di prevedere il futuro
(profeta) sia uomini che donne ( Cassandra non aveva assecondato Apollo è condannata a non essere creduta)
μαντεία = forme di transizione

ιερεύς= ιερό ς= “sacro”, sacerdote legato ad un luogo di culto specifico ( CRISE che edifica un piccolo tempio per
un dio). Sarà la parola più usata in età classica per indicare il sacerdote.

ονειροπολον: ονείρος , πό λος = “ colui che interpreta i sogni” la comunicazione con il divino non poteva
avvenire attraverso la parola ma attraverso i SEMATA (segni). Uno dei segni è il sogno che personificato era
considerato una divinità . Sogni = messaggi. Nel mondo moderno = elaborazioni psichiche del nostro immaginario
provenienti dall’inconscio, interpretati da uno specialista. Nel mondo arcaico si ipotizzò che ci fosse una causa
esterna e una divina, cioè che fossero messaggi mandati all’uomo.

από/μυναι= TMESI> “taglio”> verbo scisso, separato dalla proposizione.


φοίβος Απόλλων= epiteto più comune per il dio Apollo (usato molto in età classica), Achille già sa che è Apollo
adirato poiché era stato offeso. Evoca Apollo con maggiore rispetto possibile. φοιβος: φος: “luce”= luminosità
caratteristica già vista per Apollo.

ASSEMBLEA OMERICA: tutti i presenti erano seduti, era ordinata, quando le persone importanti parlavano
avevano tra le mani uno scettro. Erano i Capi a fare l’assemblea. Non siamo in una società polita quindi non
esisteva la POLIS, ma c’erano vari “principi” che hanno lo stesso potere e lo stesso valore.

οιωνοπολων: “colui che interpreta il volo degli uccelli”. Il cielo è la sede principale delle divinità , quindi è
importante guardarlo. Si sviluppò una capacità di scrutare i segni dal cielo (stelle, uccelli, che erano messaggi
mandati dalle divinità ) (l’aquila era il simbolo di Zeus). Quando si osservavano gli uccelli si potevano trovare
predizioni fauste o infauste (a Roma si sviluppò la RUSPICINA). È come se Omero avesse finito di elencare le
categorie sacerdotali facendo un CLIMAX in base all’importanza dei ruoli e della diffusione. SACERDOTE: figura
professionale che accompagnava l’esercito. μαντοσυνην: “capacità di prevedere”. Ci troviamo in una guerra
iniziata da molto tempo. Evocare l’indovino ha un valore importante. Calcante svolge nel mito, infatti, un ruolo
importante per la spedizione navale e l’inizio della guerra.

VERSO 101= presentazione di Agamennone. Il poeta detta diversi punti di vista.

αχυμενος: accecamento dovuto alla rabbia;

φρεν: metaforico = “mente”

πρώτιστα da προτως

RICORDA: IL GI non è un vocabolario scientifico. Il vocabolario scientifico di lingua greca per eccellenza è
inglese, LIDDEN/SCOTT. Ne esiste uno non finito, sempre scientifico, spagnolo. Ci sono lessici scientifici anche di
ogni autore, c’è uno inglese per omero e uno storico scritto in latino.

LEZIONE 7 09/10/2023
Il pubblico sa sicuramente chi è Achille ed Omero può contare sul “patrimonio mitologico” del popolo. Questo
proemiò é molto più importante rispetto ad altri perché entra direttamente in medias res e perché lascia molte
cose in sospeso alimentando l’attenzione del pubblico. L’ira è il soggetto delle frasi perché fa capire il valore che
veniva dato ad un sentimento anche se non capiamo di cosa effettivamente si trattasse. Achei è il termine
utilizzato per indicare i greci oppure chiamati Danai dunque discendenti di Danao. Ade = da alfa privativa e
delos letteralmente “che non si mostra” e quindi avvolto nel mistero da qui il regno dell’oltretomba. Eroi poi
sono uomini che hanno avuto origine da un mortale di un Dio come nel caso di Achille; infatti, lo stesso Esiodo in
un trattato, perduto, tratta di un catalogo di donne che si sono unite alle divinità e che hanno dato vita agli eroi.
In seguito gli eroi furono dei personaggi a cui venivano dedicati anche monumenti e culti locali, assunsero un
valore quasi divino nella società . Nel proemio indicati con il termine psucas tradotto con “anime”, Omero non fa
una distinzione tra il corpo e l’anima, la mente conosce emozioni come l’ira ma tutti questi movimenti interiori
hanno sempre origine nel corpo. Il significato del termine è in realtà respiro inteso come sede della vita, avere il
respiro significa essere vivi non avere più respiro significa essere morti. La morte degli eroi viene riportata con
l’immagine del respiro che esce dal naso inoltre, non conosciamo il motivo della morte di questi eroi e non
sappiamo perché questa fosse la volontà di Zeus (boulè). Διος= è una formula fissa di una o più parole che si
ripetono nel corso dell’opera sempre nella stessa posizione ed in questo caso l’intero verso ad essere formulare.
Chi contende con Achille? Resta enigmatico e viene usato il duale, che indica una relazione fra due persone ma
in questo caso la loro separazione ha portato gravi conseguenze. Con una specie di ritorno nel racconto dei fatti
svela il motivo dell’ira, prima parla di ερισαντε ora di έριδι; Esiodo fa una distinzione tra buona e cattiva ερις, la
buona è quella che noi chiamiamo “competizione”, motore del miglioramento della società .

“Chi fra gli dei li spinse in battaglia” gli uomini non agiscono per loro volontà ma sono strumenti nelle mani degli
dei. DOPPIA DETERMINAZIONE = la vita dell’uomo determinata dagli dei e dalle loro scelte. FIGLIO DÌ LETO E
ZEUS = Apollo. Chi è il βασιλεύς? Agamennone. A combattere è tutta la Grecia, in particolare la confederazione
di popoli greci chiamati λαοι. Cosa aveva fatto Agamennone? Aveva disonorato il sacerdote Crise,
etimologicamente “oro/splendore” segna dunque il valore del personaggio. άρητηρα= sacerdote specializzato
nelle maledizioni. ητιμασεν = aoristo di ατιμάζω stessa radice di τιμη “l’onore che tutti devono conquistare”.
Στεμματα = può indicare “i segni del dio”, quasi sicuramente le bande che avevano valore di supplica ed il
supplice era ritenuto inviolabile/intoccabile. E lo scettro d’oro era simbolo di potenza e della casta sacerdotale.
κοσμήτορε λαων=“ordinatori di popoli” il poeta riesce a dare una chiara spiegazione di com’è organizzato il
potere ,la grandezza di Achille dunque NON SOLO MONARCHIA MA ORDINATORI DÌ POPOLI. Πριαμοιο è una
forma diversa da quella che noi studiamo (genitivo singolare 2 declinazione). Ευκνημιδες Αχαιοι= è una
formula fissa che fa riferimento alle “gambiere” dei soldati, la preghiera di Crise è estremamente studiata. Crise
raggiunge il massimo dell’umiliazione quando spera che i suoi amici possano vincere la battaglia e tornare a casa
sani e salvi. Έμοι…φίλην παιδά = “per me liberate la bambina”. Εκηβολον epiteto composto da βαλλω
“scagliare”, Apollo colui che scaglia le frecce. Θυμώ cioè la parte del corpo in cui hanno sede molte cose tra cui il
coraggio dell’eroe ed inteso come sede delle decisioni umane. “Vecchio” è usato in senso dispregiativo e
Agamennone lo usa per far predominare la sua giovinezza e la sua forza. Insultandolo come “vecchio“ non dà
onore al sacerdote. Il suo disprezzo riguarda non solo la persona ma il suo essere sacerdote insultando le sue
bende e il suo scettro Agamennone non teme di compiere sacrilegi ,uomo a cui manca τιμη e αιδως.

LEZIONE 10 16/10/2023
Calcante = deriva da un verbo molto particolare il cui significato sta a metà tra “turbare” e “riflettere”; questo
verbo lo ritroviamo anche all’inizio dell’Antigone riferito al significato di “turbare”. Testore =“colui che
racconta”. Gli indovini non sono come gli eroi, non è considerato un mestiere nobile ma il fatto che nel nome del
padre di Calcante ci sia un riferimento a questa professione ci fa capire che si tramandava. In tutta la cultura
greca il problema non è trovare dei professionisti che rispondano alle domande facendosi tramite del Dio, ma il
fatto é che le divinità non parlano mai in maniera chiara ma attraverso i segni, dunque, il problema è
interpretarli. Su questo si articoleranno le tragedie, come l’Edipo in cui in realtà è l’uomo a non aver compreso
ciò che aveva da dire il Dio. Il problema è l’interpretazione dell’oracolo e questo deve aver segnato un conflitto
tra la classe sacerdotale e gli uomini(potenti che non si vogliono piegare a ciò che dice l’oracolo). La classe degli
indovini nel mondo omerico non è una classe nobile, ma è al servizio in questo caso dell’esercito. Sia i cantori sia
gli indovini appartenenti alla classe dei δεμυργοι(?) “uomini al servizio del popolo” e hanno bisogno di essere
protetti dal signore o dal potente di turno. Si evidenzia un forte contrasto tra i potenti e quelli che hanno
un’autorità religiosa (come i cantori itineranti che devono trovare protezione). Il primo canto dell’Odissea è ricco
di cantori, così come l’Iliade ricca di riferimenti alla classe sacerdotale. I cantori di corte avevano come obbiettivo
quello di far divertire ma anche di cantare cose gradite alla corte e al signore. Femio si trova in una corte in cui
però mancava il re, dunque, una lotta per arrivare al potere, il modo più semplice per arrivare al potere nella
reggia di Itaca era sposare la regina. La regina non può governare da sola e il figlio non può succedere al trono
perché il padre non era morto e avrebbe detronizzato il suo stesso genitore. In questo contesto l’aedo deve
cantare al servizio dei Proci, non più per Odisseo. Nel primo libro dell’Iliade abbiamo la figura del sacerdote che
accompagna l’esercito che entra in contrasto con i potenti,invece, nell’Odissea abbiamo la figura dell’asso che ha
una grande importanza. Questo mette in luce un grande questione, cioè quale fosse effettivamente la libertà di
queste figure. Non é la prima volta che Agamennone affronta una “lite” con Calcante, il fatto viene solo accennato
nell’Iliade: la flotta per mancanza di vento non poteva partire (navigazione a vela con punto di riferimento cioè la
costa NON in mare aperto) e anche in questo caso viene chiesto a Calcante perché il vento non stesse spirando.
Artemide esige il sacrificio di una vergine, viene chiesto ad Agamennone di sacrificare sua figlia. Ifigenia diventa
il simbolo del mondo civilizzato e del mondo barbaro che compie sacrifici umani. Agamennone si piega alla
ragion di stato, dunque, che la spiegazione abbia avvio. Un altro precedente raccontato nell’Iliade tra
Agamennone e il sacerdote fa capire come questa classe fosse subordinata al potere. Un altro punto che unisce
aedi e sacerdoti verso 70 “ che sapeva le cose che furono, sono e saranno” perché lo vediamo nel proemio del
secondo libro dell’Iliade in cui Omero attribuisce alle Muse lo stesso tipo di conoscenza, globale dunque
onniscienza. Ciò che dicono i sacerdoti o i cantori è dato dalle divinità , per questo sono categorie estremamente
vicine. Il primo discordo di Calcante(verso 74)pieno di allusioni poetiche è importanti tratti poetici. Calcante si
comporta quasi come un cantore, Achille in maniera enfatica viene invocato e definito figlio di Zeus. Al primo
posto nell’esametro c’è μηνιν ed è la prima volta che compare in accusativo nella stessa posizione del proemio
ed ovviamente l’ascoltatore non poteva far altro che ricollegarla all’inizio dell’opera, anche se qui l’ira è attribuita
ad Apollo “che scaglia lontano i suoi dardi” (epiteto). Il sacerdote lascia intendere che la vera μηνις non è quella
di Achille ma quella di Apollo ed inoltre sminuisce chi per primo è stato definito ανάξ “re”, cioè Menelao. Verso
76 affermazione dell’io di Calcante così come al verso 29 Agamennone afferma la sua persona “έγω”.
Agamennone però non viene neanche nominato “andrà in collera un uomo”, Calcante usa correttamente
χολωσεμεν cioè l’ira, ma degli uomini. Ridimensionamento del potere di Agamennone proprio mentre lui sta
dicendo di essere il più forte, il più potente; la sua forza non ha niente di comparabile con quella di Apollo. Chiede
di essere protetto da un re e nonostante la forte paura di Agamennone si distacca dai greci “a lui obbediscono gli
Achei (tranne lui”. σαωσεις= “mi puoi salvare”. Già gli indovini sono presentati come fragili e qui ancor di più
Calcante chiede di essere difeso con le “mani”, fisicamente debole. La risposta di Achille è retoricamente molto
studiata ,a partire dalla scelta dei termini alla struttura, ci troviamo di fronte a discorsi che non vogliono dire
l’impressione di essere improvvisati. Molto studiato perché ingiunge a Calcante di parlare, di avere coraggio in
tutto e dici “θεοπροπιον” “la parola conveniente al Dio”, in italiano “responso” dunque, dice a Calcante che non
deve far altro che parlare. Abbiamo il primo giuramento in questo caso su Apollo “per Apollo”, Achille sta
ricambiando a Calcante il favore già solo per essersi appellato a lui, infatti, ripete “ caro a Zeus”. Achille con una
specie di colpo di scena dice il nome di Agamennone che Calcate non aveva il coraggio di pronunciare. Inoltre
non dice che Agamennone é il più forte, ma che lui si vanta “dice di essere”. Ripetizione per enfatizzare del
termine θεοπροπιον, Achille si distacca da Agamennone, in particolare dalla sua υβρις e l’irriverenza da lui
usata nei confronti del sacerdote. Calcante è colui che sa e al verso 85 viene usato il verbo della conoscenza οισθα
perfetto del verbo “ειδων” che significa sia “vedere” che “conoscere”, si conosce solo ciò che si vede con gli occhi.
αναφαινεις “tu che sveli” la capacità di Calcante di svelare/mostrare ciò che sa , quello che gli altri non possono
sapere. Βαρειας (verso 89) epiteto più frequente per le mani “pesanti” per usare le armi infatti devono essere
forti. Chi giura deve dire perché e fino a quando giura, in questo caso garantisce con la sua vita e specifica il
luogo, quindi finché io sono vivo in guerra facendo riferimento alle navi concave. Achille sa che non vedrà la fine
di Troia, perché sa che la sua vita sarà breve. Αριστος Αχαιών= superlativo di αγατος “buono”, nel mondo
omerico questo essere il migliore è fondamentale;infatti, gli eroi omerici combattono e agiscono per essere i
migliori fra tutti. È fondamentale che i figli non disonorino il padre e per farlo devono essere migliori dei padri.
L’ironia sta nel fatto che il migliore degli Achei è Achille che cerca di dimostrarlo con la sua assenza in guerra,
mentre Agamennone si vanta solo di esserlo. Και τότε “ e allora” verso 92, θαρσησε = ripresa di ciò che ha detto
Achille. Ripetizione enfatica di Calcante μαντις αμυμων “indovino perfetto”, la perfezione non è umana dunque
non solo è μαντις ma è anche perfetto; riacquista la dignità che la paura di Agamennone gli aveva tolto.
Agamennone è presente ed Achille si riferisce a lui con scherno. Αλγε=“dolori” non “guai” evocati già al secondo
verso del proemio. Δόσεις=futuro “ne darà ancora”. απριατην “senza riscatto” e αναποινον “senza compenso”.
Abbiamo l’unica possibile descrizione della fanciulla con un epiteto di cui noi in realtà non sappiamo il vero
significato che rappresenta la bellezza femminile “ελικωπιδα” “fanciulla dagli occhi splendenti”, per rispetto non
fa né il nome di Crise che chiama “sacerdote” né Briseide né la divinità “Saettatore” e nomina il luogo sacro al Dio
Crise. Il luogo adesso è impuro e per purificarlo bisogna inviare una sacra ecatombe e bisogna spostarsi in luogo
sacro alla divinità .

LEZIONE 11 17/10/2023
Omero usa le parole con grande consapevolezza artistica alludendo allo stesso testo. La rappresentazione
psicologica è molto fine da parte del poeta. Parole pronunciate da Achille e calcante erano offensive rispetto ad
Agamennone, infatti la reazione non si lascia attendere. Subito si alza Agamennone quando calcante si siede. La
descrizione dettagliata di come si svolge un’assemblea. Verso 101 uguale a quello 68, si tratta di una formula
omerica, nesso tra due o più parole che si ripetono uguali nella stessa posizione metrica, la formula EPITETO +
NOME è il tipo di formula più semplice. Una parola sola non fa formula, deve essere composta da almeno due
parole. La formula può essere anche un intero verso che si ripete nella stessa posizione metrica. ripetizione di
due o più parole che ricorrono nella stessa posizione metrica. perché venivano usate le formule: per motivo
contenutistico: suoni ricorrenti per cui si usano delle espressioni ricorrenti, perché si ripetevano in origine cose
sempre uguali. Ragione del ritmo, come quando ripetiamo il ritornello di una canzone, che impariamo
tranquillamente perché seguiamo la melodia, stessa cosa accade nell’epica, era più facile per il poeta ripetere
schemi fissi, anche se inizialmente il canto veniva improvvisato. Era una melodia, quindi aveva una funzione
musicale all’interno dell’esametro, poesia estemporanea: improvvisata, aedi che improvvisavano, Esiodo
racconta di aver vinto un tripode per aver partecipato ad un agone poetico dei funerali del re Alcidamante, non
ha importanza che il fatto sia vero, ma lo racconta perché il pubblico doveva essere familiare con questi agoni.
Poeti itineranti, si fermavano dove c’era forma di sostentamento, in un palazzo di un signore o in una comunità
che lo sostentava per ascoltarlo, e non prendeva un materiale scrittorio, la composizione era orale, la poesia era
improvvisata, c’era un tema principale (ira di Achille) e improvvisavano, era necessario seguire un determinato
ritmo quindi pezzi di verso erano come delle tessere nella memoria del poeta. I poeti seguivano delle scuole in
cui la ripetizione di nessi di parole aiutava moltissimo la ripetizione. I greci ebbero consapevolezza di questo
progresso? No, in quanto non abbiamo testimonianze su cui effettivamente i poeti epici sono diventati come li
leggiamo oggi, inizialmente erano canti orali legati alla guerra di troia, che venivano composti in maniera
estemporanea, da tantissimi aedi, non sappiamo precisamente da tutti questi canti qualcuno trasse l’Iliade e
l’Odissea. Tra le motivazione ci si trova davanti ad una lingua mai parlata, ci fa credere che così come venne
messa insieme intorno all’8 s. a.C. la scrittura era arrivata ad un punto in cui qualcuno mette per iscritto questi
canti, ma non abbiamo testimonianza storica precisa. Pisistrato 6 secolo volontà di scrivere questo libro per il
tempo di Atena. Tra l’8-3 secolo ci sono 5 secoli quindi c’è una storia di copiatura diffusione e uso dei poemi
omerici che dura 5 secoli. da un punto di vista sorprendete nessuno si sia posto il problema di come si fossero
originati questi canti nell’antichità , di Omero non sapevano nulla, ma c’era la certezza che omero fosse esistito,
padre della letteratura greca e di tutto, ecco perché nessuno si pose il problema. Per tutta l’antichità erano testi
scritti. Nessuno ha penato che questi poemi fossero nati oralmente nell’antichità . Un piccolo dubbio che omero
non fosse lo stesso dei due libri, lo ebbero i filosofi alessandrini, in particolare i CHORIZONTES, cioè coloro che
separano, non misero in discussione l’esistenza di omero, ma che l’autore fosse lo stesso, credevano che fossero
due autori diversi o che l’Iliade sia della giovinezza e l’odissea della vecchiaia. Non ha nulla a che fare con ciò che
la scienza moderna ha posto ad omero. L’esistenza delle formule omeriche è palese nell’Iliade, tratti evidente
dello stile omerico. Nell’antichità nessuno si è accorto delle formule? Sì i filosofa alessandrini, si accorsero dei
nessi tra le parole e degli interi versi, ma non arrivarono all’idea che queste ripetizione fosse dovuta all’origine
orale dei poemi, credevano si trattassero di RIPETIZIONI, caratteristiche per motivazioni contenutistiche. Per la
poesia greca e latina la ripetizione era intensa in maniera positiva, per creare ponti inter testuali, ma perché la
poesia non era destinata alla lettura ma all’ascolto, quindi era sentito come un fatto positivo, che creava emozioni
al pubblico, il quale imparava subito. Chi studiava nell’antichità classica studiava a memoria, fino all’età
imperiale, non avevano supporti per fissare le informazioni, avere i libri significava essere ricchi. Sulla memoria
si costruisce la PAIDEIA antica. Gli alessandrini analizzavano le ripetizioni, e vedevano se avevano in senso o se
fossero PERISSOS/OI, cioè superflui. Per fare l’edizione per perfetta ogni filologo alessandrino adottava il proprio
criterio, ARISTACCO DÌ SAMOTRACIA individuò le ripetizioni, e quando credeva che fosse superfluo, o credeva
che copiando fosse presa da un altro testo, in ogni caso non la cancellò dalla sua edizione, anzi ogni ripetizione
venne segnata sul testo. Fece la scelta di preservare quello che aveva e di non cambiarlo. Per questo noi abbiamo
un testo di omero che ci è arrivato in maniera uniforme dalla prima volta che venne messo per iscritto fino all’età
moderna. C’erano due scuole, quella che voleva cambiare il testo di omero che lo considerava poesia arcaica,
c’era chi voleva reinterpretarlo secondo i criteri della poesia ellenistica. Aristacco invece scrisse un commento in
cui metteva in evidenza ciò che non era al gusto del poeta alessandrino, ma non intervenne sul testo. Molto
studiosi pensano che la sua edizione fosse fatta con il testo in mezzo e intorno e i commenti (note di commento),
ma forse il commento erano dei libri a parte. Certamente pur avendole notate, nessuno penso che non c’era un
autore e nessuno collego l’origine solo orale dei poemi. Perché per tutta l antichità e i poemi sono testi scritti.
Quando sono state collegate le formule con il problema dell’origine? Negli anni 30 del 900. La scoperta di
questa dimensione orale dell’epica. Un ragazzo americano che studiò Omero e fece la tesi di dottorato in Francia.
(da considerare la diversa visione dell’antichità degli stati uniti rispetto all’Europa, per gli americani era
necessario studiare in Europa). MILMAM PARRY: andò alla Sorbona e decise di fare una tesi su omero con una
prospettiva nuova, invece di studiare il testo di omero e fare una dissertazione sulla figura di Achille, fece una
tesi comparatistica, nella quale si fece una domanda: Qual è l’origine dei poemi omerici? Fino a quel momento
erano state fatte delle ipotesi sulla tradizione dei poemi, su come i testi erano studiati e tramandati. Era il
momento in cui in Francia si svilupparono gli studi antropologiche, studi su popolazioni diverse. Perry decise di
andare in Jugoslavia perché aveva sentito e letto degli studi antropologici che dicevano che i cantori JUSLAR,
cantori che cantavano dei canti epici il cui argomento sembrava simile a quello di omero. Usando il magnetofono,
cerco i cantori e ne registrò i canti, e quindi lo scopo era trovare le analogie tra questi cantori e i canti di omero.

Idea particolare sia per la tecnica moderna, per la scelta del luogo (Jugoslava era arretrata, rurale, che non aveva
nulla a che gare con Parigi, era ferma nel tempo). Trovare poesia arcaica in una società arcaica rispetto al
progresso, si trattava di una sfida ad uno dei più grandi giudizi, paragonare omero ad una civiltà di pastori. Alla
fine del 700 c’era qualcuno che disse che bisognava trovare omero e capirlo nelle società primitive del tempo.
Per loro omero rispecchiava una cultura barbara. Perry prese come tesi la comparazione dei canti omerici con
quelli dei cantori jugoslavi. A cosa arrivò Perry? (Questa vicenda viene ricordata in un romanzo, tradotto, di un
autore albanese ISMAEL KADARÈ.) Perry scrisse la sua tesi in francese, dal titolo: “l’epiteto tradizionale di
omero”. Lo aveva colpito la ripetizione degli epiteti che aveva trovato anche nella poesia improvvisata jugoslava,
sulla base di questi epiteti, mette in relazione queste ripetizioni con l’origine orale dell’epica greca, queste
ripetizioni che lui chiamò “FORMULA”, tradizionali, cioè residui di uno stato in cui il poeta componeva oralmente
la poesia, chi ha messo per iscritto i poemi ha messo per iscritto un poema con una lingua orale. Nasce con Perry
la corrente ORALISTICA, che costituisce una cesura negli studi omerici, perché nessuno aveva messo in relazione
questa cosa. La sua tesi esce postuma perché morì giovane, ma ebbe sia una moglie che dei discepoli che lo
seguirono, sopratutto inglesi. La teoria oralistica e sicuramente importante ed ha il merito di farci leggere i testi
come letteratura scritta ma che andava preformato, ci ricordano che stiamo leggendo un opera letteraria che
andava preformata. Si apre un grande dibattito irrisolto sull’origine di quello che noi leggiamo. Secondo parte
degli oralisti la presenza delle formule starebbe a significare che i poemi così come li leggiamo sono un
agglomerato di canti molto più antichi che sono stati uniti in maniera casuale, quindi non c’è una mente dietro
queste due opere e che questa selezione nasce da un lavoro collettivo, cioè canti che avevano più successo, non
c’era una vera persona, ma unione casuale di canti che avevano una tradizione secolare di una tradizione
secolare. Uno degli autori Jugoslavi mette in evidenza la debolezza di questa teoria, in quanto non erano mai stati
composti canti così lunghi come l’Iliade ma sopratutto così dettagliati in cui ci sono meccanismi narrativi
sofisticati e molti rimandi al testo. I cantori jugoslavi cantano di questi eroi locali che assomigliano agli eroi
omerici, ma comunque esistono poeti improvvisati, ma nessuno raggiunge la complessità di Iliade ed Odissea.
Non dobbiamo dimenticare che ciò che abbiamo per iscritto è una specie di fossile di messa insieme di elementi
messi insieme da epoche precedenti che non sappiamo distinguere e che nessun greco sapeva distinguere. Ci
sono una serie di stratificazione storiche nello due poemi. La composizione prima di orale e che quello che noi
leggiamo è un materiale cristallizzato. La scuola oralistica non risponde alla domanda del perché sono due poemi
così complessi. Dagli anni 30 del 900 si segnano gli studi omerici.

Il poeta adotta diversi punti di vista. Bisogna tenere presente che i discorsi servono al poeta per dare il punto di
vista dei diversi personaggi. Qui c’è l’impersonalità del poeta, il giudizio del poeta non c’è, c’è il puro racconto in
cui il poeta è nascosta. Si tratta di una rappresentazione di Agamennone enfatica, che occupa tutto il verso che va
ad enfatizzare la figura di Agamennone, presentazione obbiettiva ma enfatica. EROI: uomini particolari che
hanno compiuto imprese particolari che diventeranno delle semi divinità che diventeranno oggetti di culto.
Inizialmente definito anax e qui viene amplificata la potenza di Agamennone. Nome patronimico caratteristica e
qualifica, viene definito furibondo. Si sta presentando in maniera schematica le diverse sfumature dell’ira di
Agamennone. AXNUMENOS: accettato dalla rabbia. Abbiamo per la prima volta la dea rione degli effetti fisici
dell’ira, di ciò che provoca dal punto di vista fisico, la fenomenologia. È estremamente dettagliato.

FREN: metaforicamente mente, ma è una parte del corpo umana identificabile con il diaframma

MELAINAI: viene dato al colore un significato emotivo, principalmente di rabbia. l’ira come qualcosa di fisico per
riempire il petto. Prima descrizione di un sentimento rapportato alla manifestazione fisica. Quindi fattore fisico
che interpretiamo psicologicamente. Gli occhio svolgono una funzione importante per la violenza che si
manifesta traverso lo sguardo. Avere occhi come fuoco significava manifestare uno sconvolgimento interiore.

Ci troviamo di fronte ad un discorso complesso, Agamennone sta rispondendo retoricamente sia a calcante che a
C’è un chiarissimo rinvio a quello che è accaduto prima dell’Iliade e come se si stesse rivolgendo al pubblico
chiedendo di ricordare ciò che era successo prima, POTE, che fa capire che già calcante non portava notizie
positive ad Agamennone. Si ha il conflitto tra il potere politico e religioso, è chiaro che le caste sacerdotale hanno
motivi di contrasto con i re, pur essendo inferiori. C’è un contrasto che verrà sviluppato nelle tragedie greche.
Passo significativo per la tecnica, ricapitola ciò che ha detto calcante ed aggiunge un nome “Clitemnestra” che
non era necessario, ma perché al evoca? Perché sta costruendo un personaggio con il massimo di ubris,
Agamennone sta commettendo un altro scandalo, sta disonorando la moglie. Questo può avere un significato che
va oltre l’Iliade ma che tratta di una questione letteraria che verrà trattata nella trilogia dell’Orestea eschilea.
Quindi una serie di questioni già conosciute al pubblico ma che trattate nella tragedia. Agamennone risponde ad
Achille aprendo un conflitto non solo con l’autorità religiosa ma apre un conflitto anche con gli altri re, in
particolare Achille, risposta ironica al discorso di Achille, ed esprime il punto di vista di un personaggio che non
vuole rinunciare alla propria potenza. Come Achille emerge come il buon re, Agamennone emerge come il cattivo
re che non sa dominare né se stesso ne gli altri.

LEZIONE 12 18/10/2023
Reazione emotiva di Agamennone al responso di Calcante. Nel suo discorso Agamennone vuole ricordare che non
è la prima volta che calcante ha espresso un parere che gli è contrario, rinvio a cosa c’era prima dell’Iliade che
doveva essere volta dal pubblico. Per la prima volta ed unica volta, c’è un rinvio ad una leggenda esterna del
l’Iliade, che avrà molta fortuna nella rappresentazione tragica, si accenna infatti il nome di Clitemnestra, quindi il
pubblico doveva conoscere ciò che doveva succedere ad Agamennone una volta ritornata a casa. NOSTOI: ritorno
degli eroi dalla guerra, poemi epici che non possediamo che sono andati perduti, di cui abbiamo una serie di
frammenti, dovuti ad autori più tardi. Nella Grecia arcaica c’erano chissà quanti poemi che purtroppo non sono
pervenuti, perché risalgono a secoli prima dell’8 e sono andati persi pure quando sono stati messi per iscritto,
perché la traduzione ci ha lasciato una parte molto esigua. I poemi omerici diventarono tanto importanti che
quando si studiava l’epica si studiava omero quindi tutti gli altri sono andati persi tardi perché considerati
minori. Filosofo neoplatonico 5 secolo, scrisse una CRESTOMAZIA, scelta delle cose migliori da essere lette, un
manuale, riassunti di biblioteca, si iniziarono ad usare manuali compendiari, chi si avvicinava allo studio della
letteratura greca arcaica. Scrisse questa antologia per il nipote, per insegnamento didattico. Ci ha lasciato il
riassunto di questi poemi minori e il nome di qualche autore. Il titolo Iliade come sappiamo è un titolo sbagliato,
perché racconta solo 51 giorni del 10 anno di guerra. È naturale che sono esisti poemi che raccontavano tutti gli
altri episodi. Tra Iliade ed odissea c’è un buco pazzesco: quando inizia l’odissea tutti gli eroi erano ormai già
tornati a casa. Perché tutti questi poemi sono andati persi? Non lo sappiamo, può essere per il materiale su
cui erano scritte. Probabilmente anche un motivo estetico, perché omero è considerato il RE DEI POETI, quindi
tutto ciò che non era omero era considerato di qualità inferiore. Alcuni di questi poemi persi prendono il nome di
KUKLOI, traviamo qualche frammento grazie a CALLIMACO, (ciclo) perché questi poemi erano concatenati uno
all’altro, seguivano un filo narrativo preciso. l’Iliade e l’Odissea fanno parte del ciclo troiano. Questa
concatenazione poteva essere integrata all’infinito. Questi cicli però avevano una fine, quello legata alla guerra di
troia, finisce con la morte di odissea, c’era tutto quello che c’è prima e dopo, la leggenda troiana era una delle
tante, perché altre parlavano di altre città . Quando Callimaco odiava questi poemi odiava questi cicli perché è
vero che avevano una fine ma potevano essere continuamente integrate. Non abbiamo nemmeno quella serie di
poemi che faceva parte l’odissea, I NOSTOI, racconto del ritorno in patria dei singoli eroi, l’odissea è proprio uno
di questi, dove Odisseo ritorna a casa. La letteratura epica era tantissima e sono stati attribuiti ad omero anche
poemi posteriori, che non possono essere di omero, di questi ci è rimasta una raccolta chiamata “inni omerici”,
questa poesia epica venivano recitati in canti epici di vari argomenti, questa raccolta è la raccolta di poemi in cui
il poeta invocata la divinità . In questo tipo di genere i poemi omerici hanno un proemio che entra direttamente in
medias res. Con Clitemnestra, c’è il richiamo alla tragedia, ritorno a casa di Agamennone, non abbiamo poemi
epici che trattano di questo ritorno a casa.

ESCHILO: inizio 5* secolo avanti cristo, subito dopo le guerre persiane, i componenti del coro danno il titolo,
unica tragedia con argomento non mitologico ma storico, quindi eccezione, l’ ambientazione è in Persia. Eschilo,
Sofocle ed Euripide si seguono. Battaglia di Salamina e la lotta di Lepanto, senza queste sue vittorie la storia
occidentale si sarebbe sviluppata diversamente, perché i persiani avevano una cultura diversa e più antica di
quella dei greci, la potenza navale ateniese non l’aveva nessuno. Con la battaglia delle Termopili, contro i
persiani, vediamo uniti spartiate ed ateniesi, i persiani nel mar Egeo non riuscirono a vincere, quindi furono
incendiate le navi. Queste battaglie rappresentano l’apice della storia greca. La tragedia aveva come argomento i
miti, in quanto dal punto di vista artistico era visto come qualcosa di molto più elevato, quindi racconti
mitologici, quindi si parlava del passato, tranne quando alcuni fatti storici avevano assunto un’importanza così
grande che potevano essere rappresentate. Eschilo si mette dalla parte degli sconfitti, tragedia in cui si fa vedere
come la guerra porti lutto e distruzioni non solo a chi è stato sconfitto ma anche chi ha vinto, quindi è la prima
opera pacifista della storia. E la più antica tragedia greca che possediamo.

TRILOGIA DELL’ORESTEA > unica trilogia superstite, sono leggende legate tra di loro. Nel 5 secolo ad Atene,
(luogo in cui sono pervenute le tragedie), l’attività teatrale faceva parte dell’attività religiosa. Gli autori per
partecipare a queste feste cittadine, a cui partecipavano anche gli alleati ateniesi, per poter avere il diritto di
rappresentare le loro opere, vincevano 3 autori. Si partecipava facendo sentire ad una giuria il coro di queste
opere, gli autori presentavano il coro, a tre autori era dato il diritto di presentare una trilogia tragica e un
DRAMMA SATIRESCO. La trilogia era formata da tre tragedie, che erano legate tematicamente tra loro,
purtroppo di trilogie tragiche ci è rimasta solo l’Oreste, quindi non possiamo essere sicuri dei legami che c’erano
nelle altre trilogie, perché abbiamo poche testimonianze. Oreste è il protagonista, perché l’attenzione del
tragediografo è tesa a porre collegamenti tra racconto mitologico e la situazione politica del 5 secolo. Eschilo
sceglie di ambientare la prima delle sue tragedie ad Argo (Argo e Micene comunque legate, regno compatto),
Agamennone ritorna ad Argo da vincitore, con Cassandra, figlia di Priamo, sacerdotessa, la più bella delle figlie di
Priamo. Sin dall’epica Agamennone è rappresentato come un violentatore di fanciulle, porta con sé Cassandra
come concubina, per imporla alla moglie. La situazione è cambiata, come dicono i vecchi del coro, perché
Clitemnestra nel mentre aveva governato come una vera e propria regina e aveva sostituito Agamennone con
Egisto, il progetto di Clitemnestra e di liberarsi del marito, infatti fa fuori cassandra e il marito per prendersi il
potere. Cassandra appena arriva alla reggia vede, perché era una profetessa ( ma aveva rifiutato Apollo, il quale
la punisce dandole la punizione di non essere mai creduto ) Questo nell’epica non era conosciuto. Infatti
cassandra si ribella dell’entrata del cavallo di troia. Davanti alla reggia entra in trans, inizia ad avere le visione di
tutti i morti che c’erano stati nella reggia, rappresentava il centro dell’orrore e vede Clitemnestra che uccide di
suo pugno, Clitemnestra si vendicò di Agamennone, per diverse ragione, tra cui il fatto che Agamennone avesse
sacrificato la figlia Ifigenia. Questo giustifica il desiderio di vendetta, per giunta Agamennone era un
UBRISTICON, e dice di preferire Cassandra in tutto rispetto a sua moglie, ecco un’altra ragione per cui vendicarsi.
Dopo averlo ucciso offende anche Agamennone (la gioia di tutte le criseidi di troia). Nell’Odissea nell’undicesimo
libro, quando Achille incontra Agamennone nell’Ade, e Agamennone che racconta ad anche le cosa era successo,
la donna non poteva essere l’assassina nell’epica, mentre nella tragedia si. Eschilo usa un linguaggio metaforico.
Ad Agamennone viene offerto in bagno caldo, (anche nell’Iliade), Clitemnestra lo prende di sorpresa e lo cattura
in una rete per gli animali e lo sgozza: inganno e allo stesso tempo sacrificio, viene ucciso come una bestia,
Cassandra anche verrà uccisa, e già lo sa quando entra nella reggia. Oreste nel mente è adulto, da bambino fu
esiliato e venne affidato ad un re in modo tale che crescesse lontano dalla reggia. Clitemnestra doveva liberarsi
anche dell’erede al trono, in quanto successione patrilineare le figlie femmine non potevano succedere al trono,
ecco perché Clitemnestra rappresenta in eccezione, una vera anti-Penelope, quindi il contrario di una moglie,
infatti si diceva avesse un cuore da maschio. Oreste ha l’ordine di vendicarsi, nella seconda tragedia (COEFORE:
coloro che portano le COAI = rito). Attua la sua vendetta, con un attimo di esitazione (CLITEMNESTRA: sorella di
era, seduzione strumento di potere, particolarmente forte ed intelligente, cerca di appellarsi al legame materno).
Questa vendetta del figlio maschio è sentita come un abominio. Presto viene preso dalla follia, viene seguito dalla
Erinni, divinità femminili che indicano il turbamento della mente, va via in preda a questo delirio. La trilogia ha
un senso perché c’è la tragedia finale, quella meno conosciuta ed amata, ma più importante per gli ateniesi,
perché si allude alla recente istituzione ad un tribunale speciale per i crimini di sangue, l’Areopago, ad Atene, la
città entrava con le leggi in una questione che nel passato era l’uccisione dopo l’uccisione. Le famiglie nobili
ateniesi erano i corrispondenti dei clan, e quindi i delitti di sangue erano stati risolti fino ad allora all’interno di
queste regole personali. In quel momento interviene l’Areopago, per i delitti di sangue, SCOPO: portare ordine,
armonia non era possibile la vendetta personale, ma che i cittadini dovevano sottostare alle stesse regole. Oreste
che è comunque colpevole di un delitto viene assolto, quindi le Erinni si trasformano in EU MENIS (le benevole)
che danno una situazione di animo di pace (EUMENIDI). Oreste smette di delirare e sotto il patrocino di Atena
Oreste viene assolto e liberata da questa colpa di sangue, perché nella città si vuole portare la pace per garantire
queste faide sanguinose. Quindi la mitologia serve ad Eschilo per fare un tribunale pacifico. Mito che si unisce
all’attualità , non in maniera esplicita, in modo che i cittadini vedessero. Omero riesce a stabilire dei legami con
delle leggende che non vengono raccontate ma alluse, dando dei segnali al pubblico, che istituisce il legame tra
epica e tragedia. Il nome di Clitemnestra viene fanno non a caso. Nel verso 115 c’è la descrizione di tutte le
caratteristiche fisiche e mentali di una donna. Criseide non era da meno di Clitemnestra, Agamennone si ricorda
che c’è un popolo a cui dare conto (117). Quindi il nome di Clitemnestra significa evocare ad un pubblico quella
che sarà poi la fine di Agamennone. Ricorrente il termine γέρας , significa letteralmente dono, che rende onore,
simbolico che viene dato per attribuire a personaggi importanti una TIME PARTICOLARE, non è un dono
qualsiasi ma testimonia onore. Normalmente è un termine adoperato per ciò che viene dato agli dei, di particole
importante. Nell’Iliade i re sono tutti sullo stesso piano, nonostante le pretese di Agamennone di essere il
migliore, tutta la sua superbia e ingiustificata ma rispetto al resto dell’esercito sono dotati di particolari privilegi
anche con la spartizione del bottino, la guerra di troia e rappresentata come una guerra di rapina in realtà è
prima di arrivare a troia i greci hanno fatto delle scorrerie di cui le donne fanno parte del bottino, così come i
beni. Il γέρας, indica quel di più che vien data alla spartizione dei capi dell’esercito, in una società senza diritto un
privilegio di Agamennone a cui non vuole rinunciare, perciò chiede ai re principalmente, di essere risarcita con
qualcosa di più grande. La risposta di Achille è rispettosa, non cerca lo scontro, quasi didattica esplicativa, spiega
qual è la situazione con il γέρας. L’atteggiamento di Achille, nonostante sia rispettoso definendolo gloriosissimo,
tuttavia il superlativo successivo indica l’acidità di Agamennone, poi Achille spiega chi è Criseide e spiega cosa è
successo. Achille si presenta come un buon re, ha presente il bene della comunità al contrario dell’egoismo di
Agamennone. Una spiegazione per far capire al pubblico con una tecnica narrativa molto accorta, ha iniziato in
medias res, ma da gli antefatti. In termini di Narratologia, tutto questo si chiama prolessi, quando viene ricordato
qualcosa al di fuori della narrazione ma importante per il pubblico per seguire l’andamento della narrazione.

LEZIONE 13 23/10/2023
Presentazione di un modello di re opposto a quello di Agamennone e che Achille si presenta come giusto, che
pensa al bene comune dell’esercito, idea lontana da Agamennone, che mette in primo piano la propria persona.
Scoppia la ERIS, contesa a cui aveva accennato il poema nel proemio (chi fra gli dei li fece lottare in contesa,
ERISI> eris competizione. La cultura greca si basa sulla competizione. L’Iliade è intesa come gara di valore come
scopo per gli eroi di essere ARISTOI i migliori, sia nei confronti dei compagni dell’esercito sia nei confronti della
propria stirpe. Non c’è un’idra pessimistica della storia ma progressiva. Sull’eroe pesa il buon nome della
famiglia. La cultura greca dà molta importanza alla competizione, espressa dal termine AGON, tanto che si parla
di una civiltà agonistica. Quando la competizione è sana anche la comunità trae vantaggio perché l’eroe porta a
migliorare il bene comune. In Esiodo si distingue nelle opere e giorni, la buona e la cattiva eris, quella buona si ha
quando qualcuno vuole dimostrare di essere il miglior. Ma c’è una cattiva che porta alle catastrofi, quindi non
porta al buono ma alle distruzioni. Quest’ultima è proprio quella mostrata nel poema, contesa come diritto di
sopraffazione, la eris diventa un fattore disgregante della comunità . Il primo libro dell’iliade ha lo scopo di
dimostrare quanto siano pericolose le divisione di chi comanda e come sia fondamentale che i re siano d’accordo
tra loro. Di questo avranno conto le filosofie tarde. Tra Achille e Agamennone vengono descritti dei meccanismi
di tipo psicologico per capire le motivazioni di questo litigio. 130- La risposta di Agamennone è netta di rifiuto e
un discorso costruito molto bene, perché ci presenta diversi personaggi. Agamennone non insulta Achille, infatti
l’introduzione è prudente 131: per quanto tu sia buono, simile agli dei.

Agatos: nonostante sia generico come aggettivo, è centrale nella cultura omerica, perché l’Agatia è qualcosa di
diverso, non solo bontà d’animo, ma anche il massimo valore morale, chi è buono ha un animo pio, valoroso.
Essere agatos e l’ideale per l’uomo greco, ed è anche sinonimo di bellezza fisica (kalocagatia) (kalos kai
agatos), fondamentale per il pensiero greco, per identificare il tipo di uomo greco ideale, virtù umane
accompagnate da un aspetto esterno importante, perché l’aspetto esteriore è il riflesso di quella interiore.
Agamennone si rivolge in maniera rispettosa. però lo accusa di essere astuto e con l’inganno vuole convincerlo a
dare il suo dono senza avere nulla in cambio. Se gli achei gli prenderanno il dono allora lui andrà a prendersi un
altro dono, uguale, cioè una fanciulla. c’è il ritorno dell’ego di Agamennone (ego rafforzato con autos),
riaffermazione dell’egotismo di Agamennone. Dice che lui impersona andrà a prendere la ragazza infatti non
sono compiti che svolgono i re ma sono i sottoposti, per far capire che non si fermerà davanti a nulla.
Agamennone è molto accorto nel linguaggio che il poeta gli attribuisce, perché nei confronti degli Achei, prima
aveva contraddetto l’esercito greco, adesso usa un aggettivo che indica rispetto MEGATUMOI ( i magnanimi ).
Tenta di recuperare un linguaggio rispettoso e cambia subito discorso, dicendo che adesso è il caso di restituire
subito Criseide (dalle belle guance), anche in questo caso tenta di redimersi nel linguaggio, usando questo
aggettivo, a differenza di come l’aveva descritta in precedenza davanti al padre. Inizialmente vista come oggetto
sessuale, cosa che aveva destato scalpore, adesso usa un aggettivo adatto ad una ragazzina. Ci troviamo in
presenza di un epiteto tradizionale, che viene attribuito alla bellezza femminile giovane in particolare, aggettivo
che viene ereditato dalla poesia precedente all’Iliade. È un linguaggio accattivante di Agamennone. Se c’è
qualcuno che vuole comandare. Nei confronti degli altri re, dice se c’è un uomo che abbia capacità di decidere,
BOULEFOROS (aggettivo di lode per chi vorrà condurre questa missione). Anche nei confronti di Apollo, viene
usato un epiteto nobile del culto del dio. Necessità di ingraziarsi i greci, la necessità di far vedere che è un buon
re e che sa organizzare la missione, ingraziarsi il dio che lui stesso aveva offeso, ma anche il suo potere, perché
vuole qualcosa in cambio, anche se è messo al verso 139, sottolinea che da chi verrà preso il dono si adirerà
(kekolosetai). Agamennone parla in maniera apparentemente rispettosa ma sa che quello che farà darà origine
ad un ira distruttiva. Agamennone usa un tono di scherno nei confronti degli altri re, perché gli stessi che lui ha
tirato in causa sono gli stessi che nomina come capi della missione riparatrice. In una cornice di cortesia, allo
stesso tempo li sta sfidando. Nella sua gerarchia quelli che nomina solo quelli che vuole sfidare e da cui vuole
qualcosa in cambio. Nominare i nomi è significativo per capire la struttura del potere nell’ambito del capo acheo.
Lui vuole togliere il dono ad Achille, nonostante la nomina dei nomi. C’è un ironia implicita, ha accusato Achille di
voler nascondere il suo vero pensiero, quindi di usare la lingua per una persuasione ingannevole, ma in realtà è
quello che sta facendo Agamennone, nascondendo quella che era la sua vera intenzione, infatti achille si accorge
che il discorso di Agamennone è ingannevole. e lì scoppia la menis, annunciata all’inizio dell’Iliade.

UPODRA: guardandolo da basso verso l’alto, modo di guardare che esprime ostilità e disprezzo. Anche nelle
formule comuni il poeta usa dei dettagli che caratterizzano sia la situazione sia il personaggio che sta per parlare.
Al verso 130 si dice che Agamennone è potente, Achille che ha capito le intenzioni di Agamennone gli risponde
guardandolo male, nonostante il fatto che le intenzioni di Agamennone non erano quelle di litigio. Una poesia
tradizionale, le formule sono ereditate da poesia preesistente, ma si aggiungono delle cose che danno
caratteristiche psicologiche, ed è una cosa estremamente moderna. Achille a questo punto passa direttamente
alle offese e a manifestare la sua rabbia, il lessico è molto variegato, indica tutte le caratteristiche negative di Ag.
La vergogna è un sentimento che noi proviamo anche rispetto a noi stessi. Nella cultura greca la vergogna è una
cosa sociale, sono gli altri a farti provare vergogna, noi abbiamo il concetto di coscienza, ecco perché non davano
conto a se stessi. con il termine ANAIDEIEN da Aidos, vergogna sociale, non si devono fare azioni vergognose per
gli altri. ERICK DODDS, ha definito società della vergogna, cioè basata sul senso di responsabilità rispetto agli
altri, così il cittadino non deve compiere azione che devono portare danno alla comunità . La vergogna è un
sentimento sociale perché chi la perde, perde il segno dell’onore. L’esempio più grande di questo senso di
vergogna si ha tra i troiani, con la figura di Ettore, quando deve affrontare Achille, Andromaca lo prega di non
andare a combattere o di combattere vicino le mura, Ettore dice che non poteva perché avrebbe avuto vergogna.
L’uomo omerico Ettore trova per la propria reputazione, non si può vergognare. Conservare la vergogna è una
regola fondamentale che vale più di ogni altro legame affettivo. ANAIDES, Achille definisce Agamennone così,
perché quello che ha fatto, per interessi personali, ha fatto sì di aver perso la vergogna nei confronti della
comunità . Rinforza questa sua accusa con KERDALEFRON (tu che pensi solo al guadagno) c’è un accusa e
infrazione molto forte del codice dell’Iliade, la guerra è condotta per avere il bottino, ma in questo caso significa
guadagnare senza fare nulla, senza dimostrazione del valore. Vuole guadagnare senza esserselo meritato, questa
è una mentalità molto aristocratica, gli Aristoi, erano chi si guadagnava ciò che aveva. Achille mette in
discussione la dignità di Agamennone di essere re (“come possono con la mente favorevole obbedirti gli achei?”).
Pone in prima posizione il proprio ego, viene fuori per la prima volta l’io di Achille, dice che è venuto fino a Troia,
per seguire gli altri greci. Aggiunge una nuova offesa (faccia di Cane). Cane era accusato di spudoratezza, fa i suoi
bisogni dappertutto, questo era il simbolo di spudoratezza, ribadisce che quindi Agamennone e senza vergogna,
non ha un comportamento onorevole. Achille fa vedere che la logica della guerra in omero obbedisce a
determinati requisiti, e si di rapina ma si porta guerra quando si è offesi quindi c’è stata un’espansione di
territorio da parte dei nemici, in questo caso invece viene difesa la TIMEN, di Menelao che è stato sporcato dalla
moglie Elena che se ne andata. Quindi non ci sono giustificazioni sociali nel presente del pubblico che ascoltava
l’Iliade, perché la guerra di troia è anomala solo perché venga vendicata un affronto fatto all’onore di Menelao.
Achille fa notazioni che hanno senso nel racconto ma hanno senso nella concezione della storia che è cambiata da
quando i racconti sono nati fino al pubblico contemporaneo del poeta. La guerra per Achille si fa per l’onore e
non per il dono, è il più forte tra gli achei, non ha mai chiesto qualcosa in più , ma ha sempre presso un dono
piccolo che gli è stato dato (162), una ripartizione fatta in comune tra pari, per cui nonostante fosse il più forte
non ha chiesto qualcosa in più ma si è accontentato di ciò che gli è stato dato al contrario di Agamennone che ha
sempre chiesto qualcosa in più e che ha sempre avuto qualcosa in più . Questo perché probabilmente chi ha
promosso la spedizione sono i fratelli, Agamennone e Menelao, ed hanno avuto qualcosa in più . Quindi Achille
non accetta e quindi torna a casa, ecco che il pubblico capisce in cosa consiste l’ira di Achille. Nella condizione di
privazione esprime la sua rabbia quindi minaccia di andare via. La reazione di Agamennone porta al dissidio
totale. Usa un imperativo, quindi cambia il tono del discorso e anche il tono, ritorna il vero carattere di
Agamennone, fa un errore generale di vedere all’ira di non voler trovare una situazione diplomatica. Il buon re
non può farsi prendere dall’ira, sulla base della vendetta. Lo dimostra nei confronti di Achille. Mente prima aveva
detto di voler fare la spedizione, ora ritorna l’egocentrismo, affermazione dell’io, ribadito da EGOGE ED
EMOIGHE. Conflitto che si è aperto sulla time, sa chi deve essere più onorato tra i due, infatti dice che ci sono
altri che lo onorano ma sopratutto Zeus. Affermazione importante, la time è qualcosa che gli uomini
attribuiscono agli uomini o agli dei, ma non gli dei che attribuiscono agli umani. ecco che Agamennone vuole
dimostrate la sua superiorità anche rispetto agli dei. Nessun uomo può avere questa arroganza, infatti tutti gli
uomini dovrebbero no onorare gli dei e non essere onorati da loro. 175-METIETA> da METIS (intelligenza),
anche una divinità porta questo nome, e anche intelligenza come astuzia, capacità di prevedere di adattarsi alla
situazione, qualifica per gli dei, attribuita ad Odisseo, qualcosa di più dell’intelligenza. 176- dichiarazione di
ostilità . Formula: diotrefeon: dios/trefo, dios genérico, ma secondo nome di Zeus. Probabilmente è un epiteto
tradizionale che sta ad indicare uno stadio della cultura preomerica dove il re non è considerato un uomo
normale ma un uomo dalla natura diversa, da natura semi divina che condivide con gli dei. Epiteti tradizionali
ereditati dalla poesia il cui significato originario, l’abbiamo perso, allude ad un culto sacro dei re. ERIS, con
accezione negativa. MIRMIDONI, esercito di Achille, popolo delle formiche da mirmex (non si sa perché)
BRISEIDE, patronimico, per indicare la fanciulla, stesso epiteto di Briseide. Ritorna al linguaggio iniziale, afferma
la sua forza, alla sfida aperta nei confronti di qualcuno, in questo caso Achille e gli altri capi che volesse aiutare
Achille. Quello che Agamennone causa è una frattura tra se stesso e l’esercito, il quale era stato già decimato dalla
peste. Ci sono due discorsi, un discorso morale perché i capi non devono litigare tra loro, perché c’è la rottura
dell’equilibrio, discorso secondo cui il buon re non deve abbandonarsi alle passioni. Problema di linguaggio, il
buon re deve saper usare il linguaggio per convincere gli altri non per imporre la propria volontà , quindi non
deve cadere nella volgarità . Questi elementi sono trasgrediti da Agamennone.

LEZIONE 14 24/10/2023
L’ira di Achille è scoppiata, prima ira che porterà maggiori danni agli achei, nel corso del poema avremo un’altra
ira che porterà danno ai troiani, quando verrà ucciso Patroclo. l’Iliade è diviso in due grandi parti nella prima ira
di Achille contro Agamennone, ma Achille ha promesso di uscire fuori dalla battaglia quindi i greci perderanno
perché perdono il migliore dai greci (arriva fino al 18), quando perderanno i maniera definitiva, i troiani stanno
già appiccando fuoco alle armi, impedendo ai greci di tornare a casa. Da un lato il mare dove ci sono le navi dei
greci, l’accampamento, la parte vuota per le battaglie (perlopiù duelli), poi ci sono le mura di troia,
rappresentano la difesa di troia, ed hanno un ruolo metaforico, Crise quando fu umiliato da Agamennone va a
pregare sul mare, rappresenta il luogo di comunicazione con il soprannaturale e l’ignoto, è vero che sul ritorno
degli eroi c’è sempre l’ostacolo della divinità . Mira di troia origine divina, costruite dagli antenati di Priamo con
l’aiuto di apollo, simboliche perché rappresentano la protezione degli dei sulla città di troia, hanno una funzione
estetica, siccome i combattimenti si hanno sulla pianura, chi non partecipa li guarda dall’alto principalmente i
troiani (donne e vecchi - spettatori). Sembrano il palco che si affaccia sul luogo dove ha luogo la
rappresentazione della poesia, hanno un valore meta poetico, luogo panoramico in cui il pubblico assiste allo
svolgersi dei passi. Uno dei segnali che il poeta riesce a dare alludono al farsi della poesia, le mura hanno il ruolo
del palco. Fino al 18 libro i troiani, privati di Achille e del suo esercito, i greci stanno per perdere e perdere le
navi, è una cosa inaudita perdere la possibilità del ritorno, questo è un tema legato alla cultura greca, il pubblico
sapeva che i troiani non avrebbero vinto la guerra, ma la poesia riesce comunque a trovare una tensione
narrativa, che crea la suspense, si crea anche quando si sapeva già come andava a finire. (vale anche nel cinema).
Senza questo meccanismo la narrazione è fallita. La narrazione che cattura in Grecia è l’autore che va a caccia del
pubblico e lo cattura attraverso un incantesimo, i greci che hanno riflettuto sulla poesia definivano la suspense
come meccanismo di cattura. Tutti sapevano che i greci avrebbero vinto, questa ira di Achille provoca questo
meccanismo, nel 18 libro abbiamo l’ACME, i troiani hanno già appiccato il fuoco alle navi degli achei. 8 sec
arcaismo greco, primo poema della letteratura occidentale, non ha nessun aspetto di semplicità che noi
attribuiamo all’’arcaismo Quando si raggiunge l’acme, quando Patroclo viene ucciso, quasi fratello di Achille,
prega Achille di dargli le armi perché lui possa mostrarsi ai troiani, per fargli credere che fosse lui. Achille
acconsente, dicendo che doveva solo farsi vedere. Tema narrativo modernissimo, c’è un eroe che crede di
travestirsi da un altro per mostrarsi e sostituirsi a lui. Usa una categoria della psicoanalisi, spiegata all’inizio del
900, cioè la categoria del doppio, quando nell’immaginazione si crea un alter-ego, quando la narrazione si basa
un personaggio immaginario che il doppio di un personaggio, steso personaggio che sdoppia la sua personalità .
Questa intuizione c’è già nella mitologia greca, la prima traccia l’abbiamo in questa narrazione dove si crea un
secondo Achille visto che il primo Achille è adirato con Agamennone e se ne sta nella sua tenda, allora si crea
questo suo doppio da una persona intimamente legata a lui, che prende il suo posto. (DOPPIO: MITO DÌ ELENA,
Elena dice che Elena non è mai andata a troia, ma un eidolon, fantasma di Elena, la vera va in Egitto, l’altra è un
doppio, questo mito <diff. tra essere e apparire>, si ha nell’Elena di EURIPIDE.) Il primo sdoppiamento lo
abbiamo nel l’iliade. Achille lo avvisa, dice che è presente Ettore, che è il corrispondente di Achille tra i troiani,
perché la loro funzione è la stessa, Ettore è l’aristos dei troiani, venendo meno Achille viene meno la forza bellica
dei greci, così quando viene meno Ettore vengono meno i troiani. Ettore e Achille si specchiano sin dal primo
canto dell’Iliade. Achille si lamenta del fatto che sa che dovrà morire giovane, perché la sua forza non serve a
nulla perché qualunque cosa si scontra con il fatto che lui già sa che morirà giovane, consideriamo che è figlio di
una dea che non è riuscita a dare al figlio l’immortalità . Achille estremamente infelice, perché ha un destino
segnato dall’inizio e non ha l’immortalità . personaggio meta poetico, va al di là del significato della narrazione, ha
un significato metaforico, compie delle imprese che hanno valore non per quello che danno nella concretezza ma
per la KLEOS che verrà narrata nei poemi. Destino segnato dall’inizio.

ETTORE: tragico, la cui forza e virtù (specchio di Achille, ma Achille è troppo giovane) rappresenta la virtù
bellica ma anche quella del marito, dell’uomo provato perché ha coronato la sua vita attraverso il matrimonio
con una donna che lo ama in maniera assoluta generando un figlio, promessa della prosecuzione della stirpe. Gli
eroi omerici hanno come scopo quello di diventare migliori dei padri e di generare figli migliori dei padri.
Tragicità di Ettore, uguale ad Achille, ma amplificata, perché morirà , perché preferisce morire piuttosto che
sopravvivere nella vergogna agli occhi dei greci. Affronta consapevolmente la morte nonostante gli avvisi della
moglie. Tragicità della morte: 1 corpo scempiato, lo uccide e eserciterà una vendetta postuma, per la cultura
greca una cosa barbarica, anche se si trattava del corpo del nemico, non ebbe HUMANITAS, lo vediamo già
nell’inizio del poema dove i corali erano mangiati dagli animali, quindi quello che fa Achille e peccare di
disumanità agli occhi degli dei. Tragica perché con Ettore si spegne la speranza del futuro, perché ASTIANATTE
(difensore della città (anax), figlio, vittima della crudeltà della guerra ucciso perché la stirpe dei troiani non
continui, la tragedia è molto più ampia perché non riguarda se stesso ma anche la sua famiglia e Andromaca.
ANDROMACA, ha perso tutti per mano di Achille, non è di troia ma di un posto saccheggiato dai greci prima di
arrivare a troia, TEBE (ipoplacia). “Ogni volta che combattiamo io porto un dono più piccolo, allusione”.
Andromaca cerca di convincere Ettore a non andare, perché rappresenta per lei tutto avendo perso tutti gli altri
uccisi da Achille. Si tratta di una figura che si contrappone da punto di vista etico alla figura di Elena, che ha
abbandonato il marito, gesto che ha scatenato la guerra, Andromaca e la vittima della guerra, viene descritta
come una vittima e diventerà una vittima di guerra peggiore perché quando la guerra finirà apparterrà alla
danne nobili dei troiane e quindi diventerà oggetto dei greci (come aveva accennato Agamennone per Crise)
(argomento di tragedia, troiane di Euripide). Achille fa un errore: si spezza un tabù secondo cui le armature
erano strettamente legate a chi le porta, identificano le persone e quindi finiscono le armature stesse ad essere in
doppio gli altri non possono indossarli perché si trasgredisce l’unione tra l’arma e il guerriero. Lui avvisa
Patroclo di farsi solamente vedere ma di non combatterà , perché Achille temeva che sarebbe stato ucciso.
Patroclo non ascolta, non perché è un pazzo perché fa valere la legge dell’onore, perché i greci stanno perdendo
ed hanno bisogno di aiuto, quindi fa conto del suo onore, ma Ettore lo uccide. Fa un errore nella cultura omerica
quando vengono uccisi i guerrieri (omero descrive dei duelli, che si fanno sui carri, guerriero in piedi sul carro,
non cavalcano i cavalli <i barbari cavalcano>, non guidano il carro perché il carro viene guidato dall’auriga, che è
anche lo scudiero, quindi da le armi, lancio a distanza della lancia, finita viene recuperata dal corpo del nemico o
sostituita da un’altra. Sintonia tra auriga (TERAPON) ed eroe, Patroclo era uno scudiero, quindi i due sono un
unica cosa. Quando l’eroe viene ucciso (protetto da un armatura pesante che copre quasi tutto, parte principale è
lo scudo, che abbiamo nella cultura micenea, che sono pesanti e coprono tutta la figura, poi abbiamo l’elmo, gli
schinieri (EUCNEMIDES AXAIOI), armi preziose e pesanti, di solito i guerrieri portano armi di bronzo, un
guerriero particolare indossa armi dorate, dal valore inestimabile, il che indica l’importanza del guerriero, ma
sentito come un gesto di oltraggio perché i metalli preziosi sono proprie degli dei. Queste armi sono preziose e
costituiscono un importante bottino di guerra. Il duello corpo a corpo era il modo di fare la guerra, nella cultura
omerica diventano oggetti di valore e fanno parte del bottino. Quando viene descritto il duello da Omero, non si
ha per il corpo, ma per spogliarlo dell’armatura. Questo accade con Patroclo che viene ucciso da Ettore, sia per
togliere il corpo, sia con l’armatura. Ettore però indossa le armi di Achille, perché non si può diventare un’altra
persona, credeva di diventare forte come Achille, come se le armi avessero un valore quasi magico. Ettore fa
questo errore grandissimo pecca di UBRIS, infatti viene commentato ciò da Zeus, come una voce fuori campo,
dicendo che stava indossando le armi di qualcuno molto più forte di lui. Se Achille fosse stato pregato di
combattere e non aveva ceduto neanche con le preghiere di Patroclo, quando muore Achille decide di tornare. Ma
ha perso le armi, infatti la madre dice di procuragli nuove armi, chiedendo ad Efesto (fabbro degli dei) di
fabbricare una nuova armatura. UBRIS, sia di Patroclo sia del nemico Ettore. Ettore pretende di diventare come
Achille. Queste nuove armi, nel 18 libro dell’Iliade nella seconda parte descrizione dello scudo di Achille, prima
ECFRASIS della storia letteraria (digressione), sta ad indicare la descrizione delle opere d’arte, prima descrizione
di un’opera d’arte della storia letteraria greca. 18/ cesura dell’Iliade, grande pausa con la descrizione dello scudo,
comincia una nuova ira di Achille che è un ira attiva, la prima era passiva, Achille si asteneva, nella seconda parte
fino al libro 22 abbiamo un’ira attiva, Achille che viene invaso da un furore che corrisponde ad una follia nel
volersi vendicare di chi ha ucciso Patroclo che culmina su tutti i troiani fino ad Ettore dove uccidendolo compie la
sua vendetta, che continua per sette giorni, lo trascina intorno alle mura di troia (funzione teatrale), continua
anche quando questo cadavere è portato nell’accampamento. POEMA IN MEDIAS RES, ha dei tratti distintivi
rispetto agli inni omerici, destinati alla divinità , ma sono staccati da ciò che era il canto vero e proprio. PRO
OIMOS: via del canto. I proemi dei poemi omerici, sono innovati e non tradizionali perché entrano in medias res.
Il proemio dell’Iliade è parziale perché riguarda la menis fino al libro 18 e un’altra menis che non compare. Per il
significato generale del poema la menis è negativa, questo poema epico trova un filo conduttore, parte della
mente poetica caratteristica, e la dannosità dell’ira e dell’essere adirato delle vicende umane. Achille tragico
infelice, contrapposto inizialmente ad Agamennone per la sua posizione buona verso i greci, ma anche lui pecca
di ubris nel portare l’ira oltre i limiti dell’umanità . La seconda ira pur esserne o giustificata dalla vendetta e
barbarie allo stato puro. Non bisogna confondere l’ARETE, una cosa è il MENOS, cioè seguire l’istinto cieco
sanguinario anche se le motivazioni ci sono. Achille irrita gli dei due volte, la prima volta con il fiume
SCAMANDRO (fiumi spirito divino) il quale si adira perché è sporco di sangue, ha ucciso talmente tanto che ha
inquinato il fiume, minaccia di ucciderlo e di travolgerlo (indica che la menis è sbagliata). C’è un passo in cui
riesce a cogliere il più giovane dei figli di Priamo, prigioniero e liberato, lo implora ma alla fine infierisce su
questo ragazzo lo sgozza, non ha pietà . Questo non rientra nell’etica della guerra. Un altro episodio si ha quando
viene preso da un furore così barbaro da confinare ad inferire sul cadavere, gli dei chiedono di smettere e di
restituire il corpo al vecchio Priamo. Nel 24 libro dell’Iliade, Priamo si mette su un carro ricco di beni, Hermes gli
fa da guida, entra nella tenda di Achille gli bacia le mani e lo scongiura di restituire il corpo di Ettore. Achille
acconsente perché gli dei glielo hanno comandato, ma anche perché Priamo gli ricorda il padre Peleo che lo sta
aspettando a Ftia, che non lo rivedrà più . Questo ricordo del padre condiziona i sentimenti di Achille e
acconsente che porti via il cadavere, questo fa sì che si concluda con la descrizione dei pianti per il corpo di
Ettore da troia (24 canto dell’Iliade). Corrispondenze tra inizio e fine, padre vecchio che chiede il riscatto della
figlia stessa cosa nel 24 libro, chiede il corpo del figlio morto. Agamennone che si comporta in maniera bestiale e
lo rifiuta, achillea si comporta in maniera bestiale e non lo rifiuta solo perché lo chiedono gli dei. Sì all’inizio che
alla fine domina la volontà degli dei, la volontà umana sempre subordinata ad una superiore. Nell’ambito della
determinazione di fare delle scelte minime, dominate dagli dei. L’indole di Agamennone l’indole di Agamennone
è rivelata quando non vuole restituire la ragazza, alla fine quella di Achille è rivelata perché non voleva restituire
il corpo di Ettore. C’è un altro richiamo, nel l’Iliade abbiamo un padre che non riesce a commuove un altro padre
(crise, Agamennone), qualsiasi appello per la solidarietà patena cade. nell’ultimo canto dell’iliade il sentimento
paterno è importante perché Achille addirittura piange per la nostalgia del padre e sa di non rivederlo più . Stesso
tema che rimbalza da una parte all’altra dell’Iliade. Costruzione complessa che ci appartengono in tutta la sua
forza, doppia menis, filo conduttore: negatività della menis, di tutto ciò che esce dai limiti, ce un’anticipazione di
quello che sarà il tema della tragedia, cioè la UBRIS. All’inizio scoppio dell’ira, fine rappacificazione. Il penultimo
libro dell’Iliade e in circolazione con il secondo libro, dove abbiamo il catalogo delle navi, di tutti i capi greci e le
navi che portavano, specie di inserzione, si rispecchia con il 23 libro, con la parentesi dei giochi funebri per
celebrare un funerale solenne, in questo caso il funerale di Patroclo. Valore meta poetico dei giochi. Tutto
costruito a specchio. è una ECUMIA, chiusa in se stessa in cui la fine corrisponde all’inizio in maniera perfetta e
non casuale. Questo per dire che chi ha messo insieme ha una mente poetica.

LEZIONE 15 06/11/2023
(Da verso 203) Gli dei nell’Iliade sono tra gli uomini, prendono parte alla guerra e il mondo divino è un mondo
unito a quello degli uomini. Le divinità descritte sono divinità in cui il processo di antropomorfismo era
completo, descritte con passioni umane sia negative sia positive. Nell’Iliade non esiste il “modello” divino, ma si
prega per ottenere aiuto dalla divinità . Non esiste l’idea che la divinità è bontà , non appartiene alla divinità
descritta da Omero. Ricordo di una fase preistorica in cui le divinità erano venerati sotto forma di animale (come
suggeriscono alcuni epiteti) Atene detta glaucopide “occhi di civetta”. Zeus padre degli dei che non ha un preciso
ambito perché è “superiore” agli altri dei, ma impugna il fulmine quindi tutto ciò che viene dal cielo è riferito a
Zeus; Apollo Dio del sole, della luminosità ed è anche il Dio della malattia (epiteto “sminteo” forse allude alla
capacità di diffondere malattie). Alla comunità di divinità della luce si oppongono gli dei che stanno sotto terra,
Ade Dio dell’ oltretomba dove si trova “ciò che rimane di chi è morto” non l’anima(che non è un concetto
Omerico), tutto si riduce al corpo, nel torace nascono tutti gli impulsi. Nell’Ade (“l’invisibile”) vagano delle
immagini vuote, che riflettono il riflesso di ciò che era in vita l’uomo. La rappresentazione dell’Ade l’abbiamo
nell’undicesimo libro con il viaggio di Ulisse, dove incontra suoi compagni e sua madre (morta a sua insaputa)
ma essendo immagini vuote, non può abbracciarli. Divinità della natura tra cui importantissime sono le divinità
del mare, perché da qui viene Teti, figlia di Nereo (che domina il mare), infatti, si chiamano Nereidi. Abbiamo
quindi una divisione del cosmo in varie “comunità ” , il mare soprattutto è la via per il ritorno, luogo in cui si va
per pregare, il futuro. Ma chi ascoltava questi racconti credeva a queste divinità ? La risposta è sì. Queste divinità
corrispondevano all’idea di religione in cui il Dio ha influenza sugli elementi della natura, che bisogna ingraziarsi,
mai offenderlo, mai peccare di ύ βρις ed è un’idea completamente diversa dalla nostra. La religione stava nell’idea
delle varie sfere di influenza, la divinità poteva avvicinarsi alle vicende dell’uomo. Quest’idea della divinità venne
messa in discussione ,infatti abbiamo una prima critica già nel 7 sec a.C. con Simonide e Senofane in cui
“criticarono” l’antropomorfismo. Al verso 203 abbiamo la prima apparizione di Atena, sarà conosciuta come la
dea della saggezza, dell’intelligenza e qui non ha ancora queste caratteristiche,prende le parti dei greci. Gli dei
possono circolare tra gli uomini ma questi non hanno la capacità di vederli, per la troppa luminosità della sfera
divina, ne rimarrebbero inceneriti, dunque, la divinità si rivela ad esempio attraverso la voce. Le divinità
nell’Iliade si rivelano attraverso i travestimenti, quando vogliono palesarsi a qualcuno in particolare il
travestimento viene svelato, infatti, Achille riconosce la divinità perché forse travestita da guerriero. Quest’idea è
legata al fatto che gli stranieri sono sacri (l’ospite deve essere accolto) da χενια “ospite/straniero” rapporto su
cui si basano legami commerciali/politici dietro cui si cela l’idea che dietro ogni straniero possa esserci la
divinità . Prima epifania (“mostrarsi”) rivolta al solo Achille ed è un modo bellissimo per descrivere il processo
psicologico perché Achille non sa ciò che deve fare e la divinità cerca di spiegargli come comportarsi. Egida =
scudo pelle di capra simbolo di Zeus. Tutta la tragedia greca si basa sulla punizione che la divinità dà a chi pecca
di ύ βρις ed una colpa che si trasmette di generazione in generazione, non si ferma a chi ha compiuto il “misfatto”.
(Da Verso 204) la presentazione di Achille come eroe positivo continua perché nel processo interiore prevale la
saggezza, l’idea di non dover disobbedire al colore degli dei. Μενος indica un furore tremendo, uguale alla follia
legata a quella serie di parole che indica la perdita del senno. “Giù dal cielo” gli dei vengono dal cielo, riescono a
scendere dall’Olimpo in due - tre balzi a Troia, quindi hanno una forma umana ma straordinaria è un altro modo
che hanno per muoversi è il carro fatto con materiali preziosi. Atena promette ad Achille di essere ricompensato
tre volte tanto. Abbiamo un vero e proprio giuramento fatto dalla divinità al verso 212 (formulare) sia per gli
uomini sia per le divinità il giuramento è sacro. Verso 216-219 abbiamo dei versi gnomici sentenza
moraleggiante in cui Achille capisce di dover necessariamente obbedire. È un episodio molto importante perché
se non fosse intervenuta nulla la guerra si sarebbe conclusa o avrebbe assunto un altro “valore”. La poesia
dunque è ad un bivio, il racconto deve continuare e non può terminare per questo viene inserita questa scena che
aggiunge tensione narrativa, il μένος potrebbe terminare la vicenda ma invece continua con l’intervento di Atena.
Può essere inoltre che chi ha messo insieme l’Iliade ha attribuito ai personaggi ulteriori funzioni, in questo caso
ad Atene spetta il compito di far continuare la narrazione. (Da Verso 223)il tono di Achille è estremamente
offensivo, parla sulla basa dell’ira χολοιο. Οιοβαρες: aggettivo composto da “vino” e “pesante” offensivo perché
il vino doveva essere bevuto non puro ma con l’acqua, solo gli “ubriaconi” lo bevevano puro, solo i centauri (semi
umani) bevono il vino per ubriacarsi. Tutta la cultura era basata sul simposio “bere insieme”, che porta anche alla
nascita della poesia lirica che risiede attorno al simposio e quindi al vino e qui abbiamo la prima testimonianza
che la perdita di misura era una cosa estremamente negativa. Κύνος όμματα viene tirato in ballo il cane perché
considerato “spudorato”, la stessa Elena si rivolge a se stessa con questa offesa; “cuore di cervo” similitudini con
il mondo animale che avvicinano il mondo epico al mondo quotidiano, il cervo è un animale che fa tenerezza
quindi non si addice ad un guerriero, espediente usato dal poeta per far capire al pubblico elementi che
sembrerebbero lontanissimi. La descrizione dello scettro ci sembra quasi superflua in questo “sfogo” di Achille,
in realtà è un ramo che è stato tagliato con la spada , non avrà più foglie, sta a simboleggiare la giustizia “ministri
di giustizia” ha un valore simbolico perché impone la legge (cultura orale quindi la legge non scritta ma viene
promulgata); inoltre,non ha solo un valore simbolico ma è un oggetto molto importante, date le borchie
d’oro( verso 246) e serve a dare enfasi al giuramento e attraverso lo scettro sta dando valore a ciò che sta
dicendo (valore legale). Il problema qui è proprio cos’è giusto Δικέ, si sta allargando il conflitto che non si
sofferma più sul dono ma sulla giustizia, chi è re. Al verso 231 Achille accusa Agamennone di essere un βασιλευς
δημοβορος “dimora il popolo”, epiteto per il cattivo re ripreso da Esiodo riferito ai re che opprimono il popolo.
L’autore usa i patronimici perché vuole porli sullo stesso piano, mentre, Agamennone voleva imporre la sua
superiorità ,Omero ricorda che sono sullo stesso piano (attraverso il ricordo della stirpe/della nobiltà ). (Da verso
247) fa la prima apparizione Nestore, re di Pilo ormai da tre generazioni immaginato come un 300enario, non
può combattere ma è la rappresentazione del vecchio saggio, il consigliatore. La vecchiaia è positiva perché porta
saggezza, rispetto della vecchiaia a conclusione dell’Iliade stessa; infatti Achille riconoscerà a Priamo la saggezza
permettendogli di riavere Ettore. L’Iliade si apre con l’oltraggio e termina invece con il rispetto dell’esperienza.
Nestore “lingua più dolce del miele” capacità di saper parlare, l’eloquenza è essenziale per avere il favore del
popolo, nella parola c’è metà della forza che caratterizza l’eroe. Achille è forte ma ha dimostrato di non saper
dominare il discorso ma di lasciarsi dominare dagli impulsi. Nestore ha la capacità di persuadere, la dolcezza
della parola è la metafora della persuasione. Nestore ha le due caratteristiche più importanti: la saggezza è
l’eloquenza, è il giusto consigliere.

LEZIONE 16 07/11/2023
(Verso 254) ευφρονεων participio “pensando bene” αγορησατο verbo specifico di chi parla nell’αγορα (centro
della cultura e della politica) notevole che venga già usato un termine tecnico della politica. Si stanno scontrando
in questo momento due capi diversi, quello “con lo scettro” quindi colui che porta più uomini in battaglia e quello
che porta meno uomini e meno forti. Nestore appartiene ad una generazione precedente rispetto agli eroi
dell’Iliade e al pubblico ricorda chi è questa generazione, siamo nel caso di una digressione mitologica che
serviva ad arricchire il sapere del pubblico, infatti, ricordiamo l’ambizione dell’epica di essere un’enciclopedia
del sapere. Il poeta non ricorda soltanto una battaglia condotta da uomini di un tempo molto più forti ma questi
versi ricordano uno “stile” precedente all’Iliade: tecnica del catalogo, elenco di nomi (prima tecnica usata per la
poesia orale). La poesia catalogica è la prima forma di poesia epica usata per raccontare di una stirpe o per
riportare nomi di personaggi che hanno partecipato a guerre preistoriche, inoltre ripetere a memoria un catalogo
è il primo esercizio di memoria che precede la poesia. Per quanto riguarda i nomi riportati non possiamo non
notare che la maggior parte sono nomi simbolici: Driante ricorda la quercia, Polifemo colui che ha molta fama.
(Verso 265) mentre gli altri sono personaggi da “favola” Teseo (eroe di Atene) non appartiene a questa lotta di
giganti di cui parla Nestore, la presenza del suo nome nel testo significa che sono stati apportati dei cambiamenti
al testo, alcuni versi nascono dalla ripetizione in diversi contesti e proprio questo verso è spurio e probabilmente
aggiunto da un aedo per omaggiare il popolo di Atene nominando il loro eroe Teseo. Questo ci mostra come in
alcuni casi è possibile vedere quelle modificazioni nel testo che veniva rappresentato molteplici volte e in
molteplici occasioni. Nestore sta raccontando della lotta tra i Lapiti e i Centauri (metà umani metà animali) uno
dei centauri è il più famoso perché ha cresciuto lo stesso Achille, Chirone. Siamo in presenza di un paradigma
archeologico: quando un personaggio o un poeta vuole spiegare ciò che vuole dire usa un esempio traendolo
dalla mitologia. Nestore vuole dire che anche uomini così violenti (Lapiti e Centauri) ascoltarono il suo consiglio.
L’uso dei paradigmi mitologici ha anche un valore didattico, agisce quindi su due livelli: retorico e al livello del
pubblico, perché è un espediente per spiegare all’uditorio alcuni concetti. Nestore si,avvale della retorica (verso
255) per enfatizzare la gioia che prenderebbe i Troiani se scoprissero ciò che sta accadendo tra i Greci (“Priamo e
i figli di Priamo”). Il discorso inizia con un vero e proprio lamento “ω ποποι” tipica formula che troveremo nella
tragedia, πενθος dolore terribile che si abbatte sulla terra achea intesa però come popolo. Troviamo
l’esaltazione della vecchiaia e della saggezza perché al verso 259 vi è un’esortazione all’obbedienza (espressa con
l’imperativo). La soluzione proposta da Nestore consiste nel fatto che Agamennone non deve privare Achille di
Briseide e lo stesso eroe non deve “contendere con un re”. Importante distinzione tra i re che sono tali per la
forza e i re che sono tali per la potenza attribuita alla stirpe. (Verso 282)l’Atride deve porre fine al μενος
“furia/follia” e lo stesso deve fare Achille, ma per quest’ultimo viene usato il termine per intendere l’ira degli
uomini χολον, dunque, il poeta ci fa capire di essere molto attento alla terminologia. I consigli di Nestore non
servono perché i due rimangono divisi. (Verso 285)l’atteggiamento di Agamennone è cambiato nel modo in cui si
rivolge agli anziani (ad esempio Calcante) κατά μοιραν “la parte giusta di qualcosa”, arriva ad indicare il
destino, da tradurre ad esempio con “come è giusto che sia”. Agamennone però non accetta la smania di potere di
Achille, per enfatizzare il concetto ci sono delle allitterazioni. Σημαίνειν (verso 289) “fare un segno” da tradurre
in realtà “a tutti dà ordini”, inoltre, come c’è una trasformazione in senso più conciliante di Agamennone così c’è
una trasformazione in senso negativo di Achille che fa qui prevalere il suo io. Achille non vuole essere chiamato
vigliacco o “uomo da nulla” (ουτιδανος), al verso 295 dimostra di essere più preciso di Agamennone usando
proprio il verbo “dare ordini”-> “comandi a tutti ma a me non fare cenno di comando” usa le stesse parole di
Agamennone per segnalare la sua opposizione. Il suo discorso costruito in antitesi a quello di Agamennone infatti
il verso 296 corrisponde al verso 289. (Verso 299) Passa dal confronto con Agamennone al singolare ad un
confronto al plurale, perché riconosce che il dono gli è stato dato dalla comunità . Qui abbiamo una specificazione
di cos’è un γερας, la guerra è per i greci una guerra di rapina e lo scopo è soprattutto quello di prendere un
bottino ed il γέρας è ciò che è in comune, dunque, Achille sceglie di restituire Briseide, ma se prenderanno altre
cose di sua proprietà saranno uccisi. Le parole di Nestore non hanno quindi allontanato Achille dal suo intento,
anzi, hanno reso la questione personale perché Achille che fino ad ora aveva parlato per tutti ora parla solo per
se stesso. La contesa che era stata annunciata a partire dal proemio “chi fra gli dei li fece lottare in contesa” qui
termina, nel proemio abbiamo διαστετη ora abbiamo ανστητην. Prima comparsa di un personaggio
importantissimo cioè Patroclo (figlio di Menezio) definito “compagno”: i “compagni”diventeranno importanti
con la nascita delle eterie cioè i partiti (inizialmente solo di uomini poi anche di donne) in cui si hanno in comune
idee e cultura. Verso 311 πολυμητις (μητις non solo intelligenza ma anche intesa come divinità )aggettivo
riferito ad Odisseo “astuto”, intelligenza come capacità di comprendere come agire per avere successo;infatti,
Odisseo nel proemio dell’Odissea viene definito πολυτροπος l’intelligenza che confina con l’astuzia. (Da verso
304) Abbiamo la prima descrizione di un rito di purificazione, la purezza doveva essere mantenuta perché ogni
elemento di contaminazione rende impuro sia l’individuo sia la comunità . Questo rito di purificazione è dovuto
ad un’imminente missione sacra, perché nulla di ciò che è impuro può trovarsi dinanzi al Dio. Abbiamo da una
parte la purificazione attraverso il lavaggio e dall’altra il sacrificio cioè l’ecatombe di tori e capre (animali molto
pregiati perché i tori fecondano le vacche e le capre danno il latte che sta alla base dell’alimentazione degli eroi
che stranamente non mangiavano pesce) che serviva per comunicare con la divinità a cui arriva solo il fumo.
Agamennone non depone (verso 319) l’ερις, la guerra verbale tra di loro è finita ma non ha intenzione di
rinunciare alla fanciulla. Manda dei suoi sostituti a prendere Briseide ed i loro nomi sono generici ma è
importante il fatto che siano definiti κερυκε “araldi” considerati sacro e che hanno lo stresso statuto degli ospiti
e dei supplici protetti dagli dei, inoltre,i due uomini sono anche definiti “scudieri” θεραπον dunque coloro che
accompagnano sempre l’eroe e pronti ad armarlo di nuovo qualora la lancia fosse andata persa o qualora si
trovasse nel corpo di un nemico. Patroclo era il θέραπον di Achille. Il mare rumoreggia per le onde o è infecondo
quindi non è come la terra. I due messaggeri di Agamennone arrivano alle navi dei mirmidoni e lo trovano Achille
seduto vicino alla tenda e alla nave nera (navi impeciate per renderle impermeabili). I due si fermarono davanti a
lui per vergogna e per timore che si prova davanti al re, non riuscivano a parlargli o ad emettere un suono.
“Messaggeri di Zeus e degli uomini” come gli stranieri possono essere ambasciatori di un Dio e devono essere
accolti è così anche per i κερυκες. Achille prima ha giurato sullo scettro ora ha chiamato i due scudieri e giura
davanti agli dei che non andrà a combattere quando ci sarà bisogno. Agamennone è distruttivo perché non sa
pensare a quello che viene prima e a quello che viene dopo, non sa pensare alle conseguenze quindi a come gli
Achei potranno combattere mantenendosi illesi. Questo giuramento rafforza quello precedente prendendo
μαρτύ ροι cioè i testimoni.
LEZIONE 17 8/11/2023
L’affetto tra Patroclo e Achille è sottolineato da FILOS ETAIRO (345). Filia amore distinto da Eros (amore
sensuale, carnale), filia (unione di tipo spirituale). FORMULA = nesso di due o più parole messe sempre nella
stessa posizione metrica. tw (346)= duale. L’unione tra Patroclo e Achille anticipa la seconda parte quando
Patroclo si travestirà da Achille e morirà al posto suo. Ci troviamo di fronte ad una poesia molto pensata.
AEKOUS = alfa privativo. Abbiamo una donna (yune= donna, diversa da ragazza, a differenza di ceiseide) che
segue gli araldi di Agamennone senza volerlo, quindi era contenta della sua posizione vicino ad Achille.
Anticipazione, quando Patroclo muore, ad aprire il comminato sarà proprio Briseide, che considerava amico
tanto quanto Achille. Lei desiderava sposare Achille. Criseide = bottino di guerra. Briseide = pur facendo parte
del bottino voleva bene ad Achille. Agamennone aveva suscitato scandalo quando considerò Criseide meglio della
moglie, qui abbiamo Achille che ha molto rispetto nei confronti di Patroclo e Briseide. Abbiamo un Achille
mutato. Il mare non è infinito, per gli Achei a Troia, era la via per il ritorno, quindi non era infinito. C’è una
percezione diversa di Achille con delle condizioni psicologiche diverse, il mare, simbolo del futuro, sembra essere
infinito e sconfinato, così come quel mare non rappresenterà la via del ritorno. Significativo il modo di dipingere
Achille, visto in tutta la sua violenza, qui abbiamo un Achille perso, piangente, che chiede alle divinità del suo
futuro. Gli eroi omerici non hanno nessuna vergogna nel piangere (Achille, Odisseo). Manifestazione di tristezza
ma non diminuzione della mascolinità . Piangendo, manifesta il suo stato d’animo, non c’è nessun tabù sociale.
Stare sulla riva del mare e chiamare la divinità in un momento di difficoltà . Per Achille ciò è ancora più
giustificato perché la madre è una dea speciale, figlia di Nereo, che vive nel palazzo marino, ma è una di quelle
creature che hanno un ambito natura tale e specifico: TETI = nome pre-greco, probabilmente onomatopeico,
tettare, legato al tipo di divinità come la grande madre, seno prosperoso. Divinità della prosperità , identificata
con il nome di “grande madre”. Nell’Iliade comare un’altra Teti che non è la madre di Achille, ancora più antica,
simboleggia il principio femminile primordiale, nel 14 libro. Teti= costretta a sposare un mortale, nozze fastose,
ne abbiamo diverse manifestazione sulle pitture rupestri. Queste nozze erano oggetto di tanta poesia, rende
infelice questa dea. Continua a vivere nella sua casa nel mare, non con il marito. Gli dei per definizione non
possono essere infelici, lei paradossalmente lo è perché non è riuscita a dare l’immortalità al figlio. C’è un posto
del corpo di Achille che lo rende debole. Poiché voleva renderlo immortale non riuscì a immergerlo tutto
nell’acqua sacra e lascio il punto debole che è il tallone. Ma tutte queste testimonianze non ci sono nell’Iliade, ci
sono in altre tradizioni. Forse a questa leggenda potrebbe essere legato l’epiteto “piede veloce”. Questi temi
potevano essere parte di una tradizione già più antica perche vengono dati per scontati, o di un Achillede (che
parla solo di Achille). Teti sa che questo figlio morirà giovane, si intrecciano due destini di infelicità quelli della
dea e quello dell’eroe che non sa che farsene della sua forza. Elemento tragico sia in Teti che in Achille. E la prima
volta che viene invocata, c’è una preghiera vera e propria, figlio che invoca la madre dea, con le mani protese,
quindi gesto rituale tipico, quindi ci troviamo di fronte all’invocazione della divinità . Achille sa di essere
destinato a morire presto allora chiede per quello che gli resta da vivere di avere il giusto onore (time). Discorso
commovente e costruito molto bene. Tutta la vita dell’eroe è fatta per acquisire onore, poi oggetto di kleos
(fama), che dà origine alla poesia. Il desiderare ricchezze materiali è considerato negativo perché è un segno di
avidità . La nobiltà dell’eroe consiste nel compiere delle intese per avere ONORE, sentito come qualcosa di eterno,
attraverso la fama si finisce per prolungare la vita dell’eroe perché dura in eterno. Achille mostra, che aldilà del
valore di Briseide, è stata messa in gioco la sua Time. POTNIA= sostantivo pre-greco, probabilmente di origine
micenea, indica quella grande divinità femminile, la madre mediterranea, signora da venerare, ma è un termine
molto specifico, è suscita venerazione. Viene descritta in una posizione sacrale, seduta su un trono. I greci erano
affascinati dalla profondità del mare, l’uomo si è sempre chiesto cosa ci fosse nel profondo. Regno divino a parte
diviso da tutti gli altri dei, senza una moglie vera e propria. Abbiamo per la prima volta Teti che emerge dal mare
per venire incontro al figlio, già in questo si vede come achille sia speciale rispetto agli altri, perché riceve due
epifanie, sia da Atena, sia dalla madre. Naturalmente qui abbiamo una madre che parla con il figlio, quindi
abbiamo tutte descrizioni che hanno a che fare con il rapporto della madre e il figlio. Ogni dio ha una particolare
epifania, non potrà mai mostrarsi per ciò che veramente è, e non fa eccezione nemmeno Achille, ogni dio ha una
diversa maniera di manifestarsi. Similitudini = servono per rendere visivamente al pubblico fenomeni
straordinari che sarebbero difficili da spiegare. Teti non viene come una divinità che sconvolge l’ambiente ma ha
un’apparizione delicata. A differenza dell’apparizione di Zeus, che irrompe nella realtà . Stringere la mano, nei
poemi è un atto simbolico importante, per stringere un accordo (destra), un’amicizia. Toccare qualcuno significa
stabilire con lui un legame. Oppure supplicare qualcuno. Gesto di grandissima intimità . Legame tra madre e figlio.
363= Siamo nell’ambito della consolazione, perché parlando uno si sfoga, lenisce, le parole riescono a lenire il
dolore. Quindi un’intuizione della psicoanalisi intuita da omero. Achille sfoga il suo dolore.
LEZIONE 18 13/11/2023
Κτεινομενους (verso 410) Achille chiede che a pagare siano tutti, non solo Agamennone. È tutto l’esercito che
soffre per la mancanza di Achille in battaglia. Il poeta fa ripetere quanto accaduto da Achille per motivazioni
poetiche: il meccanismo della serialità fa si che le vicende siano concatenate nella narrazione si dà la possibilità
al pubblico di “recuperare” con la tecnica del flashback o di un riassunto di ciò che è successo prima. Tutto questo
lo recuperiamo da un avverbio all’inizio dell’Odissea (nell’Iliade è “canta o dea” mentre nell’Odissea “dimmi o
musa”) αμοθεν “da un punto qualsiasi” nell’invocazione c’è proprio l’invito a partire da un punto qualsiasi, canto
epico dobbiamo immaginarlo come un flusso continuo. Altra spiegazione: abbiamo un personaggio che invoca la
dea che gli chiede di parlare, dopo questo rifiutare apparentemente inizia a raccontare, la poesia epica è
impersonale e l’io del poeta non fuoriesce mai e questo episodio spiega proprio questo simile al proemio, senza
la divinità non avremmo proprio la poesia e qui possiamo vedere lo stesso poeta che si nasconde non potendo
rivelare la sua identità . Spiegazioni: auto consolazione, poetica, metapoesia il poeta nascosto dall’identità di
Achille e proprio nel 9 libro verso 185 dell’Iliade ritroviamo l’eroe nei panni dell’aedo. Achille è veramente forte
come soldato e la supplica di Teti è andata a buon fine, viene mandata un’ambasceria che si rivela inutile. I capi
greci arrivano alla tenda di Achille τερπομενον lo trovarono in ozio che si rallegrava con la cetra (strumento
musicale qui ancora a 4 corde) dal suono acuto, non solo il poeta dedica gran parte alla descrizione della cetra
δαίδαλεη “artistico/ornato” con un “ponte” d’argento (oro e argento caratterizzano le cose divine), ma descrive
anche la provenienza di quest’oggetto. La cetra presa durante il saccheggio della città d’Eetione, padre della
moglie di Ettore e come la stessa Andromaca ricorderà Achille le aveva ucciso tutti i familiari, notizia
fondamentale perché richiama subito il destino di Ettore. Accusativo d’oggetto interno = legame molto forte con
il verbo quando agisce direttamente sulla parte del corpo, qui “con il cuore che si dilettava” dunque l’effetto che il
canto aveva sul corpo umano, il piacere. Αειδε (verso 189) verbo che si riferisce proprio al canto epico, lo stesso
vale per κλεα ανδρων (che vanno di pari passo con il dolore)oggetto specifico della poesia epica, le gesta degli
eroi. Achille sta facendo la stessa cosa dell’autore, cantare la gloria degli eroi. Non solo descrive il piacere del
canto, la bellezza della cetra,ma descrive anche le reazioni del pubblico attraverso la figura di Patroclo ed il suo
silenzio rappresenta la poesia ed il canto che ammutolisce. È l’unica scena in Omero in cui vediamo un eroe che fa
poesia, che canta delle gesta degli eroi e perderebbe valore se ci fossero altre scene simili. In questo nobile eroe il
poeta può essersi rispecchiato, attraverso Achille forse racconta un pezzo della sua vita. Questo (eroe che fa
poesia) non doveva sembrare strano al pubblico perché la poesia era la base dell’educazione e il mostrare i
sentimenti non era lo svilimento della mascolinità , perché lo scopo era di raggiungere il κλεος che non a caso
indica anche l’oggetto della poesia. Φιλια (sia amicizia sia amore) si basa su una comunità di sentimenti sancita
dalla musica, dalla poesia. RITORNO AL PRIMO LIBRO (ACHILLE E TETI)Achille racconta ma dal suo punto di
vista e sottolineato dalla sintesi che fa, FOCALIZZAZIONE cioè quando un punto di vista condiziona la narrazione
facendo emergere un unico personaggio. Per Achille è importante raccontare gli antefatti ,la fanciulla bottino
della città di Eetione che abbiamo trovato nel 9 libro. Importante per lui è come ha ottenuto la fanciulla, come
Agamennone aveva cacciato Crise (saltando tutto l’episodio della preghiera di Crise ad Apollo) e non si divulga
sui particolari ma sul χολος di Agamennone. Verso 398 Teti evitò a Zeus di perdere l’onore e questo rappresenta
il filo conduttore tra questo racconto mitologico e la vicenda di Achille, evitare la vergogna è ciò che l’eroe chiede
alla madre.

LEZIONE 19 14/11/2023
Accurata la descrizione (verso 343) del contrario della saggezza, il carattere di Agamennone, ηθος da cui deriva
“etica”:corrente filosofica che studia il comportamento dell’uomo ci si chiede ad esempio la ragione della
violenza oppure indica l’insieme di norme morali che nascono o dalla consuetudine o dalla coscienza dell’uomo
che non vanno trasgredite e universalmente riconosciute come l’amore per i genitori, l’amore per la vita. Ci sono
dei modelli di comportamento da seguire e Aristotele studiò l’etica. I caratteri della poesia epica non sono
trascritti in nessun manuale, ma indicano i comportamenti da seguire e quelli che vanno invece evitati. Il
carattere di Agamennone è eticamente inaccettabile, perché si macchia di ύ βρις inaccettabile per l’uomo. Nel
caso di Agamennone la sua ύ βρις si manifesta con il mancato rispetto per gli anziani, per la divinità , per la donna
sia sua moglie sia per ' la sua schiava Criseide (oggettificata). Un altro aspetto sottolineato è che Agamennone
non si può porre come modello di re,perché manca della caratteristica principale del re cioè la saggezza: saper
percepire le conseguenze delle sue decisioni-> “non è in grado di vedere insieme il prima e il dopo” (verso 343).
A chi appartiene questo tipo di saggezza? Innanzitutto tipica degli dei e poi degli indovini. La capacità di ricavare
il futuro da ciò che viene prima è una capacità divina, tipica degli indovini che hanno un contatto diretto con la
divinità . LIBRO 2 (PAG 203)VERSO 484 invocazione alla divinità particolare perché è molto più lunga ed
elaborata nel mezzo dalla poesia. Come ci spieghiamo questa posizione strana per un proemio? Perché la poesia
epica era una poesia duttile, poteva iniziare in un punto qualsiasi. I filologi chiamano questi canti “canti sparsi”
poi uniti e probabilmente questo è per noi ora l’Iliade. Probabilmente però questo proemio rappresentava l’inizio
di un’altra sezione “il catalogo delle navi” con i nomi dei capi e non più il racconto della guerra, ma è solo una
digressione all’indietro, di 10 anni,di chi sono quelli che combattono. Questo flashback servono all’ascoltatore
per orientarsi. Abbiamo tre digressioni: catalogo delle navi, descrizione scudo di Achille (εκφρασις che in età
alessandrino diventerà proprio un genere “descrizione delle opere d’arte) e “i giochi per Patroclo” che occupa un
intero libro, i giochi in onore di Patroclo per i funerali gloriosi che Achille riserva al suo amico più caro. Queste
digressioni non servono ad intaccare il racconto perché il tema principale è sempre l’ira di Achille; il catalogo
delle navi serve a spiegare ciò che è successo prima, la descrizione dello scudo ha la funzione di rispecchiare
quello che è il mondo ideale immaginato dal poeta e di descrivere una nuova arma, i giochi di Patroclo hanno la
funzione di “ricomporre” è come se la guerra fosse simbolicamente finita, perché la morte di Patroclo con lo
scudo di Achille è il riflesso della morte dell’eroe preannunciata fin dall’inizio. Nel catalogo delle navi abbiamo
non una poesia scorrevole, ma abbiamo una poesia catalogica perché anche la poesia epica non eroica nasce
proprio come elenco e una prova è la poesia di Esiodo “Teogonia” contemporaneamente genealogia e teologia
(divinità che si succedono). Abbiamo solo frammenti di un’opera che stava tra la Teogonia e “Le opere e i giorni”
(calendario dei giorni e delle stagioni con le prescrizioni dei lavori che si fanno in ogni giorno dell’anno e la parte
finale è un catalogo di tipo igienico e sanitario) personaggi nati da una divinità maschile è una donna mortale
“Catalogo delle Donne” o “Εοιε” (termine che iniziava la descrizione di ogni donna). Queste opere di Esiodo
dimostrano che la poesia catalogica è la prima forma di poesia epica, Esiodo torna indietro rispetto ad Omero, ad
un tipo di poesia più antica, breve e sacra (aveva valore quasi di preghiera). La poesia catalogica dal punto di
vista mnemonico è più complessa da ricordare. L’invocazione quindi è giustificata perché Omero sa che sta per
affrontare un tipo di poesia completamente diverso e ha bisogno dell’appoggio della divinità “voi siete infatti dee
e siete presenti e sapete ogni cosa” contrapposto a “mentre noi soltanto la fama ascoltiamo e nulla sappiamo”
(versi 486-487). ημεις “noi” il poeta parla al plurale perché probabile riferito alla limitatezza del genere umano
oppure parla riferendosi alla categoria degli aedi, ma il poeta proprio come l’indovino sa tutto “non parlerò nè
farò nomi…sotto le mura di Ilio” (verso 488-492). Il poeta ha una conoscenza limitata ma proprio come gli
indovini può ampliarsi se le divinità lo concedono. I re sono detti “nutriti da Zeus” perché devono condividere la
conoscenza data dagli dei perché superiori agli altri uomini, ma solo il buon re. Per questo Achille riferendosi ad
Agamennone dicendo che non sa prevedere né quello che viene dopo né sa ciò che viene prima in realtà gli dice
di non essere un buon re(verso 343). (Da Verso 432) è la prima scena Marina dell’Iliade, non sappiamo quanto
lontano non solo del sacrificio ma di tutta la scena (come ormeggiare la nave ecc) , notizie tecniche con valore
didattico. Le emozioni descritte: la gioia di Crise espressa con il verbo χαιρων, riconciliazione di Apollo con i
greci (da verso 472) μέλποντες “conciliavano il Dio con il canto” αειδοντες “peana” κουροι “giovani” siamo in
un vero e proprio rito perché a cantare sono i fanciulli (perché non hanno ancora raggiunto l’età matura per la
politica, per le donne con le mestruazioni per gli uomini quando può entrare nell’attività politica cioè quando
può andare in guerra). Nelle culture antiche il passaggio all’età adulta era sancito da riti ed erano molti e
complessi, sicuramente i ragazzi e le ragazze vivevano in comunità chiuse dove venivano educati alle
responsabilità dell’età adulta per cui dovevano superare una serie di prove (i ragazzi in particolare un periodo
soli nel bosco, per le donne altri riti che educavano alla maternità ). Tra questi ragazzi si creavano dei legami
molto forti omoerotici e lasciare la comunità diventava doloroso. Per le donne “partenos” (“ragazza”) cori di
fanciulle, un partenio di Alcmeno abbiamo addirittura un matrimonio rituale tra due fanciulle di una comunità .
Gli argomenti dei canti dei κουροι “fanciulli” erano molto diversi e nell’Iliade abbiamo la prima testimonianza.
Questi fanciulli venivano portati in guerra per “riserva” educati alla guerra e la poesia è parte integrante di
questa educazione (come abbiamo visto con Achille). In questi versi Apollo sente la stessa cosa che avverte
Achille e l’emozione finale è quella della riconciliazione.

LEZIONE 20 15/11/2023
Versi 488-530 (include anche versi precedenti ES:424). Verso 493:“Ma quando sorse la dodicesima aurora allora,
in Olimpo tornarono gli dei che vivono eterni, tutti insieme, e Zeus li guidava” . La domanda da porsi è: perché la
dodicesima aurora? Ci troviamo dinanzi a versi formulari che venivano ripetuti e fanno parte di una tradizione
poetica precedente. Si pensa che il tre , come tutti i suoi multipli, in una poesia precedente ad Omero avesse un
significato simbolico. Si tratta di ricorrenze che hanno valore simbolico. Zeus al verso 423 era lungo l’oceano tra
gli Etiopi perfetti ovvero quei popoli che si trovano ai confini del mondo.

Verso 424: εβη=verbo con aumento(aoristo da Baino). L’aumento è una particolarità , infatti alcune forme verbali
lo hanno, altri no. Ciò lo si ha metricamente poiché il poeta canta seguendo il ritmo dell’esametro, è tutto adattato
a questo ritmo(l’aumento si adatta al ritmo dell’esametro). Ciò dipende dal fatto che la lingua era cantata .
Kατά δαιτα: si pensa faccia riferimento ad un rito di purificazione che doveva avere una certa
durata, per cui i 12 giorni non sono casuali. Dire che gli dei sono a pranzo è un paradosso, poiché gli dei si
nutrono dell’ ambrosia. Il cibo degli uomini riguarda la mortalità . L’acqua ha ,invece, sempre valore lustrale,
purificatorio. Dunque qui si allude ad un rito molto importante che durava per ben 12 giorni. Questo è il motivo
per cui vi è questo accenno (12 giorni) che viene ripreso al verso 493 con Teti e Zeus. Ma perché il poeta fa
durare tanto l’assenza di Zeus nell’Olimpo? Per dare il tempo di raccontare il rito di purificazione che sta
avvenendo contemporaneamente ad opera degli uomini che restituiscono Criseide e allestiscono il banchetto
dopo aver fatto l’ecatombe. Dunque abbiamo una costruzione molto moderna e accorta. Bisognava descrivere la
spedizione a Crisa ,dunque il poeta fa in modo da ritardare l’arrivo di Zeus di 12 giorni.

La supplica di Teti: La supplica insieme alle χεvìα ( ospitalità ) è fondamentale nel mondo greco. Il supplice fa
una domanda formale di preghiera che non può essere rifiutata. Il supplice così come l’ospite (xenos) è sacro. Al
verso 501 vediamo una supplica in cui si abbracciano le ginocchia e si tocca il mento con la mano destra. Questo è
un gesto di intimità . Ovviamente ciò è possibile nel momento in cui il supplice(Teti) ed il supplicato(Zeus), anche
se uno è più potente dell’altro, sono sullo stesso piano; (qui sono due dei). Il gesto della supplica consiste
nell’inginocchiarsi, mettersi alle ginocchia di qualcuno. La descrizione è assai dettagliata. Questo gesto intimo di
toccare il padre degli dei(Zeus) avviene con la mano destra. La destra e la sinistra hanno un valore simbolico nel
mondo antico e nel mondo moderno. Da sinistra vengono segni divini negativi e da destra vengono segni divini
positivi. Quando in Omero si sancisce un patto fra due nemici che però diventano amici lo si fa dandosi la destra.
Dunque questa(la destra) serve per stringere rapporti di amicizia, legami intimi, rapporti di ospitalità . Non è un
caso che qui il poeta dica che Teti tocca con la mano destra il mento di Zeus. Nella poesia greca, in particolare
nella tragedia, abbiamo testimonianza dell’ importanza giuridica della supplica? Abbiamo due grandi
tragedie che si intitolano “le supplici”: quella di Eschilo e di Euripide. Le supplici di Eschilo sono interessanti per
la violenza poiché loro fuggono non dallo sposarsi con i cugini, bensì dal non subire violenza da loro. Mentre in
quelle di Euripide il mito è molto attuale perché fa riferimento alle 7 madri dei condottieri argivi morti a Tebe, i
quali corpi non furono restituiti. Le donne,quindi, chiesero a Teseo la restituzione del corpo. Dunque la tragedia
di Euripide discuteva di un problema molto sentito nella società ateniese durante la guerra e ha molti più
elementi di attualità rispetto alle “supplici di Eschilo”. In tutte le società la supplica ha un’ importanza giuridica. Il
supplice per essere riconosciuto nel suo stato deve compiere dei gesti simbolici. Inginocchiarsi e toccare le
ginocchia del supplicato è ciò che garantisce l’immunità così come toccare l’altare del Dio( sono gesti codificati).
In questi versi il poeta racconta della supplica di Teti ma sta anche scherzando. Ciò lo dimostra con le parole di
Zeus che dice a Teti di andarsene per non farsi vedere da Era. Perché Era non dovrebbe vedere Teti e si
comporta così nei riguardi di Zeus? Per gelosia, poiché tra Teti e Zeus vi è una grande intimità che è
maliziosamente chiamata in causa con il fatto che sembra che Zeus abbia paura della reazione di Era.

Il Cenno di Zeus: Il cenno di Zeus è un segno a cui lo stesso Zeus attribuisce un valore particolare. Verso 526:Il
cenno (segno) viene definito τεκμωρ( omega per motivi omerici) ed è la forma dialettale di ciò che in attivo è il
τεκμαρ. Il segno è qualcosa che viene dato come prova usata in ambito giudiziario, come se fosse un documento
da seguire, una testimonianza. È un qualcosa che non finisce e non può essere revocato, non può ingannare e non
resta mai “ατελευτητον” ( verso 527, con α privativa) cioè non può essere mai rinnegato. Ciò è significativo, è
diventato
proverbiale ( significa fare qualcosa che scuote tutto il mondo solo con un cenno del capo). A noi in questa scena
interessa anche come il poeta sappia dipingere il valore dei gesti senza l’uso di parole. Ciò perché abbiamo il
silenzio di Zeus che esprime intimità . Questo silenzio ci fa tornare alla scena della restituzione di Criseide a Crise
in cui abbiamo un altro silenzio che anticipare quello di Zeus. Questo è il silenzio di Criseide,la quale non parla. È
un personaggio enigmatico di cui abbiamo la descrizione indiretta attraverso le parole di Agamennone che dice
di non considerarla inferiore alla moglie. È un personaggio che scompare nel primo libro e che non ricompare
più . Il poeta dimostra , dunque, di essere un grande pittore di caratteri attraverso la gestualità (come con il cenno
di Zeus). Il significato della poesia va oltre la descrizione. Sono significativi anche i segni e il silenzio.
ESPRESSIONE DA RICORDARE. Verso 503: “(ει ποτέ ) “Zeus padre se mai ti ho aiutato fra gli immortali con la
parola o con l’azione, esaudiscimi questa preghiera”. Vi è una supplica importante che dimostra un’ intimità che
va al di là del normale e ,per questo, il gesto è amplificato. Zeus sta in silenzio dopo tale supplica. Ciò può
significare imbarazzo ma anche il ricordo di ciò che c’è stato, o sottolinea il legame che non ha bisogno di parole.
Qualche secolo dopo Saffo riprende questo concetto con la sua valenza erotica nella sua “ ode ad Afrodite” che è
una specie di proemio delle sue opere. I meccanismi di cui Saffo si serve per invocare la divinità sono meccanismi
narrativi che alludono al legame di Teti e Zeus, che è un legame erotico.
LEZIONE 21 20/11/2023
Il non mangiare significa rifiutare la vita (Teti dice ad Achille torna a mangiare). Il cibo ed il sesso sono i due
piaceri della vita. Dell'amore se ne parla in due opere di Platone ovvero il Fedro e il Simposio. Amore spirituale in
Platone = amore tra allievo e maestro, amore didattico. Nella cultura greca dall'antichità sino all'età classica la
donna viveva in uno spazio proprio e privato. Nella Grecia del V secolo si distingueva l'amore spirituale da quello
fisico. Abbiamo visto Criseide e Briseide che sono oggetti perché schiave. Nei poemi omerici, tuttavia, vi è un'
autonomia femminile molto forte. Questa autonomia è riferibile ad Andromaca (anti modello di Elena ). Nessun
personaggio dell' Iliade ha responsabilità dell'azione che fa. La responsabilità è degli dei. Elena ad un certo punto
si ribella ad Afrodite (altro esempio di autonomia). Ciò è significativo perché il poeta fa vedere come gli esseri
umani abbiano questo istinto di ribellione. Penelope (altro esempio di autonomia) è una donna che sa decidere e
riesce a tenere sulla corda i pretendenti ovvero coloro che hanno diritto a sposarla. Penelope è una mente che
escogita, una mente intelligente. Medea (altro esempio) esercita violenza sui figli (per gelosia). La gelosia di
Medea non giustifica però l'infanticidio. Fedra (da faos = luminoso) è la regina che è gelosa in maniera ingiusta.
La donna si è innamorata del figlio del marito, cioè di suo figlio putativo (figliastro)Ippolito. La donna tenta di
sedurlo ma Ippolito rifiuta per il rispetto del padre e poi perché si dedica alla dea(già promesso ad una dea). La
donna ,allora, lo denuncia al padre dice che è stata violentata per vendicarsi. Ippolito ,cosi, si uccide. Passioni
come la violenza o la vendetta erano molto studiate dai greci soprattutto in relazione alla donna. Alle donne
vengono attribuiti elementi di irrazionalità (passione). Anche la poesia di Saffo è una poesia di passioni. Al centro
vi è la passione d'amore che esplode con forme molto forti attraverso una voce femminile (Saffo). Gli uomini, al
contrario delle donne, hanno il dominio della realtà . Loro possiedono la razionalità e la saggezza filosofica.
L'uomo tende alla filosofia e questa porta ad uno studio delle passioni. Dioniso è il Dio della follia che si
trasforma in animale, vecchio, giovane. Non ha una sua precisa forma. Questo Dioniso accompagnato dalle donne.
Questo lo vediamo sin dall’Iliade (6° libro). Glauco + figlio di Ipparco. Siamo in presenza di un duello. La guerra
omerica è una guerra di eserciti in cui abbiamo dei duelli. Omero descrive sempre duelli (due eroi che
combattono fra loro). Questo duello è molto particolare ed avviene fra Glauco, (luminoso, splendente *ricorda
Atena glaucopide) e Diomede. Tutto ciò che è splendente/luminoso è ritenuto bello e vicino agli dei. Glauco ed i
troiani si fronteggiarono con Diomede (eroe acheo)che sta facendo strage ed è in preda alla follia, non riuscendo
a distinguere chi si trova dinanzi e ferisce anche Afrodite. Questa scena è un po' comica. La dea Afrodite si mette
a piangere e si va a riparare tra le ginocchia di Zeus. II Dio gli dice che è vero che deve occuparsi della bellezza e
del sesso ma di tralasciare le cose della guerra. Diomede ha peccato di ubris ed ha oltraggiato una dea. Diomede
incontra un uomo in battaglia ed afferma che se si tratta di un Dio lui non combatterà ; invece se è un uomo
mortale può farsi avanti e morirà presto. In tutta questa scena ,però , il duello non avviene e gli eroi fanno uno
scambio di doni. Glauco dà la sua corazza tutto d' oro; invece Diomede gli dà un armatura di bronzo. Vediamo
anzitutto doni ineguali. Questo dono è scompensato (valore di una cosa è data in buoi, la moneta non esiste). II
Bue costituiva il metro di misura. Si scambiano tali doni e terminano il duello perché il nonno di ciascuno aveva
stretto con l'altro il patto di xenia (ospitalità ). Questi si riconoscono stranieri legati da un patto. Questo patto è
fondamentale. Due famiglie che si riconoscono unite da questo patto non possono diventare nemiche. Quindi il
duello cessa e smettono di combattere. Diomede per dire che non vuole combattere con gli dei usa un paradigma
mitico (che non appartiene al racconto dell'Iliade e che serve per spiegare la situazione che si sta svolgendo).
Siamo nel cuore di una battaglia. "Se tu sei un uomo vieni qui, che morirai; ma se sei un Dio io non voglio
combattere con te". Qui inizia il paradigma mitico ovvero a verso 130. Lui si mette a confronto con Licurgo.
Quest'ultimo viene da "lukos" che significa sia luce che lupo. Licurgo può essere tradotto come l'uomo lupo. Egli
è figlio di Driante (da Drus). L'uomo lupo è figlio dell'uomo quercia. Sono due nomi che ci riportano alla sfera
della natura, alla sfera della foresta. E un episodio importante perché è la prima attestazione in greco di questo
Dio che svolge un ruolo fondamentale cioè Dioniso. Prima di questa attestazione non abbiamo nulla di lui. Un Dio
così importante che condizionerà vari aspetti dell' Atene del V secolo compare solo in questo passo. Nell' Odissea
non compare. Questo ,infatti, si pensa sia un passo tardo immesso nell'Iliade successivamente. Dioniso era
fondamentale ad Atene (ricorda feste dionisiache). Tutto ciò è stato smentito quando è stato ritrovato sulle
tavolette micenee il nome dionisos. Quindi si pensa sia una divinità pre-greca quindi che esisteva anche nell'età
micenea. Se il poeta non l'ha inserito come divinità importante tra le altre tra cui Teti o Afrodite è solo perché
questo Dio non gli serviva per il racconto epico. Non poteva svolgere nell'ambito delle gesta un ruolo come quello
degli altri dei. II culto di Dioniso non viene introdotto dopo perché abbiamo attestazione archeologiche
precedenti(età micenea). L'epica racconta della guerra (Iliade) e nell'odissea si parla del ritorno dell'eroe dalla
guerra. Ogni divinità ha una competenza specifica; invece Dioniso è un Dio mobile e che non serviva ad una
descrizione di una vicenda epica. Gli altri dei che compaiono nell'Iliade sono istituzionalizzati (ES: tempio di Era,
Atena) Quella dionisiaca ,invece, è sempre stata una religione che aveva dei riti segreti. Era una religione
misterica dove il termine "mistero" non significa misterioso. Si trattava di riti che erano riservati ai "mustai"
ovvero gli iniziati. Questi ultimi erano persone che seguivano un itinerario religioso specifico, seguivano dei riti
che dovevano essere nascosti. La condizione per essere ammessi ai culti era quello di tenerli segreti. Quelli degli
altri dei erano culti pubblici. I culti misterici erano culti privati. Ciò che accadeva non lo sappiamo. Veniva fatto
sicuramente uso di allucinogeni e droghe. Nei culti misterici vi era quest'esigenza di entrare in contatto col
divino, quindi di avere un contatto diretto tra il Dio e il singolo iniziato. Ovviamente si trattava di uno stato
emotivo procurato dalle droghe. Durante i riti si praticavano anche orge di tipo sessuale. Erano riti democratici
perché chiunque poteva farne parte. Le religioni misteriche erano aperte a chiunque. Questa religione anticipa il
cristianesimo perché anticipa la salvezza nell'aldilà . Chiunque può avvicinarsi al Dio, affinché sia puro. Essere un
iniziato era un gran privilegio. Non solo si doveva tenere il tutto segreto ma era anche nel loro interesse quello di
non diffondere la bellezza della loro esperienza. Gli iniziati erano un élite di eletti dal Dio. II culto dionisiaco ha
avuto tratti di religione misterica. Ecco un altro motivo per cui il poeta non ne parlava. Dioniso compare
nell'Iliade in maniera strana. Dioniso ,quindi, viene descritto come un bambino. È un Dioniso bambino
accompagnato ancora dalle nutrici, dalle balie. È un Dio che può essere spaventato da un uomo (Licurgo)
Licurgo non si scaglia contro il Dio ma contro le nutrici e le insegue per il monte. Tra i culti di Dioniso vi era
quello della corsa per i monti in cui le donne correvano spaventate verso la montagna. Abbiamo ciò descritto
nelle Baccanti di Euripide. Le donne corrono per i monti e gettano i tirsi. Licurgo insegue le nutrici (titenas) di
Dioniso folle.". "Dioniso folle" ci fa capire che siamo in un ambito di perdita completa di facoltà razionali. Le
nutrici sono dette in greco "titenas". Questo è un termine onomatopeico (ta-ta) ed è il parlare del neonato
"Titenas" è un termine che indica le nutrici di un neonato Abbiamo questo correre su questa montagna che è un
luogo sacro (il Niseo)-"Novrov". Questo è un luogo caro a Dioniso. È una montagna cara al Dio. Licurgo ,quindi,
rincorrendo le donne verso la montagna sacra pecca di empietà . Licurgo aggiunge questa forza(aggettivo forte)
contro le donne e le oltraggia in un luogo sacro. Le donne fanno cadere a terra dei simboli sacri del Dio (tùstla).
Le donne del corteo di Dioniso sono dette "menadi" (dalla radice di mania) o "baccanti" (dal nome latino/romano
di Dioniso ovvero Bacco). È un nome attribuito a Dioniso che dipende dal canto in suo onore. Queste
donne(menadi e baccanti) partecipano ,sia, alla sacralità del Dio sia, alla pazzia del Dio (perciò sono menadi).
L'atto che indica la loro possessione o invasamento dal Dio è quello di avere gli occhi verso l'alto e la nuca verso
il basso. È il tipico gesto dell'estasi (non solo dionisiaca ). È una posizione innaturale. Le donne portavano i
capelli sciolti come simbolo di follia e nelle mani avevano degli strumenti specifici di Dioniso ovvero il tirso
quindi un bastone alla cui punta vi è l'equivalente di una pigna che è simbolo di fecondità . Stava a simboleggiare
il legame tra Dioniso e la natura. Un altro elemento tipico delle Baccanti è il sistro, che corrisponde alle nacchere
il cui sono indica l'invasamento. Questi sono elementi di irrazionalità dati alle donne. Le donne sono invasate
come lo stesso Dio che viene accompagnato da loro dappertutto. Le donne sono fuori dallo spazio civilizzato della
casa , fuori dall'ambito familiare e fuori di sé in questo atteggiamento di ek-stasi(fuori di sé). Abbiamo elementi
femminili che rappresentano l' irrazionalità che veniva conferita alle donne. La religione dionisiaca rappresenta
un' eccezione perché accoglie le donne che ,normalmente, non sono accolte nelle caste sacerdotali tranne
eccezioni Qui si accoglie qualsiasi donna che contribuisca al culto dionisiaco. Licurgo è un assassino, colui che
uccide gli uomini. E colui che spingeva le donne con un pungolo (strumento con cui i pastori di vacche e buoi
disciplinavano gli animali). Queste donne sono trattate come animali da Licurgo che quindi, raggiunge il massimo
della "ubris". Dioniso , impaurito, va a rifugiarsi nel seno di Teti (forse non la madre di Achille ). Abbiamo un Dio
bambino che si va a rifugiare nel seno. Qui si parla di una seconda Teti ovvero quella arcaica, madre di tutte le
cose Una delle epiclesi (epiteti) di Dioniso è "bromio", cioè colui che trema Dioniso
veniva invocato così.
* In sintesi questo paradigma mitico viene usato da Diomede per far vedere la brutta fine che farà Licurgo.
Diomede non vorrà fare la fine di Licurgo(morte determinata dal volere degli dei che lo puniscono). All'interno di
un concetto così semplice inserisce un paradigma mitologico.
* Sintesi sulle donne del culto di Dioniso:
1. Donne in stato di ebbrezza
2. Donne con oggetti specifici del culto dionisiaco
3. donne che corrono su per le montagne + epiteto “bromio”
(le donne nel mondo greco antico erano esseri irrazionali fatte coincidere con tale culto dionisiaco). E’ un
paradigma che nasce dalla conoscenza dei culti di Dioniso. Viene ricordato in Omero questo Dio importantissimo.
Lo abbiamo ricordato per il legame tra il Dio e le donne (modello femminile non limitato nello spazio, donne
irrazionali che non gestiscono la casa, paura ed emotività che viene fuori dalle regole proprie delle religione
dionisiaca).
LEZIONE 22 21/11/2023
SAFFO
Saffo non è uno pseudonimo , una finzione ma è una poetessa vissuta realmente a Mitilene nel 6 secolo a.C. Saffo
era originaria di Ereso, città dell'isola di Lesbo nell'Egeo. Nacque in una famiglia aristocratica. Su questa poetessa
non abbiamo delle notizie storiche, siamo certi dell’esistenza ma delle varie leggende accumulate non siamo
riusciti a risalire al vero. Sappiamo che ebbe un fratello di nome Pittaco che ebbe un ruolo importante
nell’attività politica di Mitilene perché fu un oppositore del tiranno di questa città . Siamo in una cultura pre-
politica e con Lesbo non siamo nella Grecia continentale ma insulare ( è un isola dell’ Egeo). Questo è un luogo
che nel 6 secolo a.C. fu tormentato a causa delle aristocrazie della città e i tiranni che all’origine non sono coloro
che noi intendiamo ovvero un governante dispotico , ma erano espressione del popolo, leader politici e
rappresentanti delle classi sociali meno abbienti contro l’aristocrazia. Saffo, sicuramente, ebbe una grande
importanza sia in vita che in morte e ciò lo sappiamo perché è stata oggetto di parodie, commedie che venivano
fatte per prenderla in giro. Dunque la fama della sua poesia si diffuse molto. Abbiamo una bella citazione in
Platone di Saffo che da per scontato che fosse la più importante delle poetesse greche e che chi parla di lei la
definisce “omerikotate” cioè omericissima. Evidentemente era posta sullo stesso piano di Omero ma al
femminile. La fama che la accompagna nei secoli riguarda la qualità e lo stile della sua poesia. Scrisse 9 libri di
poesie di cui abbiamo solo un componimento intero e degli altri solo frammenti. Era famosa anche a Roma. Un
filologo del secolo scorso “Paul Mars” in una sua storia della filologia classica afferma che noi non sappiamo dove
e quando un topo finì di mangiare l’ultima copia completa della poesia di Saffo, dunque si pensa che in età
bizantina le poesie di Saffo scompaiono. Ma perché scompaiono? Non abbiamo una risposta sicura. Si potrebbe
pensare che la divisione dei libri era data dalle forme metriche che erano usate dalla poetessa. I temi di Saffo
erano chiarissimi; si parlava di una comunità femminile e dello scopo dell'educazione delle fanciulle ad una vita
adulta. Non sappiamo quali fossero le differenze educative tra la comunità di Sparta e quella di Saffo, sappiamo
però che i paides (fanciulli maschi) e i partenoi ( fanciulle femmine)erano educati alla vita adulta. L’educazione
avveniva in ambito religioso perché c’erano delle divinità di riferimento. In Saffo c’era Afrodite , la dea della
bellezza, tenerezza e della “karis”cioè della grazia. Nelle comunità sia maschili che femminili, l’educazione
letteraria era importante. Sia gli uomini che le donne imparavano a poetare; nelle comunità femminili era
importante anche l’esecuzione ,in coro, dei parteni ( componimenti per la comunità di vergini). Si può parlare di
omoerotismo cioè legami che implicano un coinvolgimento sentimentale e fisico tra le ragazze. Tra gli uomini
anche avveniva ciò , specialmente tra il maestro più anziano e il giovane. Infatti un tipo di educazione era quello
di avere un coinvolgimento fisico con il proprio maestro, rapporto che veniva considerato “educativo” ai
sentimenti. Era una sorta di educazione sessuale del giovane. Dalla poesia di Saffo possiamo dedurre che ciò
avveniva anche nelle comunità femminili. Saffo in molti dei suoi componimenti parla dell'amore fisico di molte
sue allieve. Nessuno tra gli antichi ha trovato strano questo suo modo di intendere l’amore. Fu considerato,però ,
strano in età moderna in cui questo fenomeno dell’ amore tra persone dello stesso sesso fu guardato con occhio
moralistico che veniva da un’ educazione religiosa che non aveva nulla a che fare con quella della Grecia antica.
L'accusa a Saffo, dunque, di essere Lesbica cioè dell’ isola di Lesbo, comincia nel 1600. Per tutta l’antichità non
abbiamo la condanna moralistica ne la visione della comunità come “strana”. Anzi questi rapporti venivano visti
come normali. Una testimonianza l’abbiamo in un partenio di Alcmane dove viene testimoniato l’amore tra due
ragazze paragonate a due cavalle che corrono liberamente. Da questo partenio si capisce che in queste comunità
si era soliti anche fare dei matrimoni, intesi come patto di fedeltà e lealtà . Ciò ci fa capire che in queste
comunità ,maschili e femminili, si praticava una forma di ritualità che serviva per preparare all’ età adulta.
Questo tipo di riti è stato studiato in antropologia e nella cultura greca arcaica all’inizio del 900 grazie al libro di
un antropologo belga chiamato “i riti di passaggio”. Questo antropologo (francese) Van Gennep fece capire,
comparando diverse culture, che ci sono dei riti che servono per sancire il passaggio in diverse età importanti
della vita. Il matrimonio chiaramente è un rito di passaggio dall’età infantile all’età adulta e predispone alla
formazione di una famiglia. Dunque queste comunità , specialmente le femminili, avevano una serie di riti di
passaggio che dovevano introdurre le fanciulle ancora partenoi (vergini) all’età adulta. Queste comunità erano
aperte per chi vi faceva parte ma anche chiuse, esclusive e destinate ai figli di famiglie nobili. Saffo fu a capo di un
cenacolo femminile di questo genere, dove i rapporti di tipo sentimentale erano necessari e non scandalosi. Nel
600 per mezzo del francese Pierre Bayle Saffo diventò “la lesbica” cioè la persona condannabile dal punto di
vista morale. Tuttavia vi è una leggenda che non la vuole omosessuale e che la mette al centro di una storia
d’amore con Faone, un ragazzo bellissimo molto più giovane di lei che la respinge e ,per questo,Saffo si uccide.
Saffo viene definita da Platone”la bella dai capelli di viola”. Ciò sta ad indicare la bellezza particolare. Però in
questa leggenda Faone la respinge perché è vecchia e brutta. Il mito di Saffo è amplificato e simboleggia il poeta
respinto dalla natura. Ovidio in una delle “Heroides” cioè dell’ opera in cui il poeta immagina che ci siano le
ultime lettere di alcune eroine agli amanti, inserisce l’ultima lettera di Saffo a Faone. Da ciò prese ispirazione
anche Leopardi nell’ ultimo canto di Saffo in cui non si parla della Saffo storica, ma di una Saffo romantica che è
simbolo dell’amore disperato e del poeta brutto che viene respinto da tutti e per questo si uccide.
Tutti sapevano che Saffo aveva scritto poesie meravigliose ma non lette da nessuno. Ciò perché le poesie di Saffo
furono soggette alla critica letteraria di due autori. Il primo è Dionigi di Alicarnasso del I secolo d.C.( età
augustea), un insegnante di retorica che ha scritto molte opere in cui analizza alcuni testi. L’altro ,invece, è un
autore anonimo che ha scritto “sul sublime”; trattato di risposta ad un altro trattato che parlava di una categoria
estetica definita “iupsus “ cioè sublime. Questi due autori, soprattutto Dionigi, citano come esempio di stile
elevato e di armonia quella usata da Saffo nel mettere insieme parole di uso quotidiano, ma per dimostrare che la
forza della poesia sta nella posizione delle parole nel testo “l’ode di Afrodite”. Saffo prima di questi due
autori era sconosciuta, fu rivalutata solo a metà del 1500. L’ode all’amata di Saffo è l’unica opera completa. Tutti
gli altri frammenti di Saffo derivano dalla tradizione diretta dei frusti di papiro della città di Ossirinco, da cui
sono stati presi e portati in Inghilterra. Perché questa poetessa non ci è stata tramandata? Si pensa sia lo
stesso motivo di quei lirici canonici i quali erano 9 e ,che, venivano riconosciuti come i migliori. In età Cristiana,
però , si iniziò a non copiarli, perché dal punto di vista della morale cristiana avevano punti oscuri che non
potevano essere insegnati. Tutto l’amore venne censurato. Da testimonianze di età imperiale, sappiamo che
leggere questi poeti era uno svago. Non erano considerati essenziali. I lirici non erano scritti nel greco parlato e
usato dagli intellettuali che si chiama “koinè”, cioè un greco esemplato sul greco attico del V secolo a.C. ,ma che
in realtà diventa una lingua d’arte. Questo è un ulteriore motivo per cui questi autori non erano insegnati
nelle scuole, che era il mezzo di trasmissione della cultura più importante. I papiri non hanno smesso però di
offrire delle novità che riguardano Saffo. Nonostante il naufragio generale delle sue opere, noi la possiamo
ancora definire “in fieri”. Cioè nei papiri ci siano ancora dei frammenti. Un elemento biografico che sappiamo di
Saffo è che lei ebbe una figlia, di cui cantava la bellezza. Ci sono poi molte leggende su Saffo. Perché Saffo
scriveva poesie? A che servivano? Per essere lette? No. Ciò vale per tutta la letteratura greca arcaica che non
smette mai di essere orale ma soprattutto aurale cioè destinata all'ascolto anche quando viene superata dalla
scrittura. Le poesie di Saffo erano destinate all'ascolto del pubblico. La poesia monodica che era destinata
all’occasione del Simposio, non solo un semplice banchetto ma anche una sorta di occasione sociale. Nel Simposio
si riunivano gli uomini, vi erano valori ideologici, progetti politici. Era una vera occasione per scambiarsi idee
filosofiche su grandi argomenti. Abbiamo una testimonianza fondamentale dell'importanza filosofica del
Simposio in un dialogo di Platone, “il simposio”, dove al centro dei discorsi dei partecipanti, c'è l’amore. Il
simposio ,dunque, era un’occasione di socialità dell’aristocrazia in cui la poesia era una forma espressiva con cui
si comunicavano ai filoi (amici) i propri sentimenti individuali ma anche altri elementi di riflessione politica e
filosofica. Per cui la poesia lirica monodica greca è simposiale. Perché si chiama lirica? Perché è una poesia che
viene cantata accompagnata dalla lira (forma più arcaica della cetra). Poi, il termine “lirica” viene usato per
indicare la poesia in generale ed il fatto che tratta del proprio io(io lirico), di tematiche per lo più esistenziali. Ciò
deriva da quella lirica greca di cui fa parte Saffo, cioè quella monodica in cui c'era un poeta che cantava e recitava
davanti ad una cerchia ristretta in cui è importante sapere chi è l’autore. Lirica in greco vuol dire “cantata”. Le
due grandi categorie della lirica greca sono quella monodica (quella di Saffo)e quella corale . Il primo dei poeti
lirici corali è Pindaro. Corinna ,si pensa, che sia un’altra poetessa che era famosissima nell'antichità e ,che, voleva
sfidare il più grande dei poeti lirici cioè Pindaro. Corinna pecca di ubris. Pindaro scrisse per il coro. Le sue opere
sono canti per le vittorie dei giochi come le olimpiche, le pitiche, le istmiche. Egli era un poeta mercenario cioè
effettuava questi componimenti che venivano pagati dai sovrani come Gelone di Siracusa, che o partecipavano in
prima persona, o facevano partecipare i loro eroi. Pindaro era un poeta di corte. Le sue opere erano volte a
glorificare; non erano poesie di tipo encomiastico, ma proponeva esempi mitologici. La sua poesia era difficile
non solo per il contenuto ma anche per la forma linguistica, molto raffinata dal punto di vista metrico. Come
dividiamo gli altri generi della lirica greca? Sicuramente in base al contenuto. Le prime testimonianze che
abbiamo di poesia lirica è parenetica, cioè la lirica di esortazione che veniva cantata quando si andava in guerra o
in battaglia. Era un sorta di esortazione in battaglia. Abbiamo esempi di autori come Tirteo di Sparta e Callino.
La poesia lirica ,però ,poteva essere anche politica, un esempio è Solone. Poi abbiamo la poesia erotica di Saffo.
La poesia lirica può dividere anche in base al metro usato: anche i nove libri di Saffo sono divisi in base alla forma
metrica; Alceo, Saffo, Solone, Callino e Tirteo scrivono componimenti elegiaci e si servono del distico elegiaco
(unione di due versi di cui il primo è un esametro, il secondo è il pentametro). Il giambo ,invece, veniva usato
principalmente da Archiloco e Ipponatte. La lirica si può dividere anche in base al dialetto. Ciò che ci è rimasto di
Saffo appartiene alla lirica erotica di cui la maggior parte sono elegie con una strofa che verrà chiamata “strofa
saffica”.
LEZIONE 25 28/11/2023
(Fotocopie) Sapph. fr.1 N.= è l’abbreviazione del cognome dell’editore in questo caso Camillo Neri (per questo N)
ultimo ad aver fatto edizione dei frammenti di Saffo. Prima della sua edizione uscì negli anni 50 un’edizione di
una donna francese Eva Voigt. Il frammento in questione è l’unico frammento, ma in realtà unica poesia
completa di Saffo. Saffo sicuramente è il nome reale di questa donna vissuta a Lesbo precisamente a Mitilene. Le
notizie che abbiamo su Saffo ci arrivano da autori contemporanei o posteriori che la ricordano come la migliore
voce femminile del tempo. La poesia greca conosce poetesse? Si, ma naturalmente per tutta una serie di
motivazioni legate alla condizione della donna le voci femminili sono minori delle voci maschili. Alle donne ad
esempio era vietata la partecipazione ad esecuzioni pubbliche con presenza di uomini e dato che la poesia lirica
era destinata alla pubblica esecuzione e non alla lettura privata erano molto svantaggiate. Un altro luogo di
esecuzione era il simposio a cui partecipavano chiaramente gli uomini. Contemporanea di Saffo un’altra poetessa
Corinna e poi Teresinna. Abbiamo 10 nomi di poetesse che per gli alessandrini rappresentavano le migliori, ma
naturalmente come Saffo anche per le altre non abbiamo altro che pochi frammenti. Il tema delle poesie di Saffo
era l’amore in ogni sua forma, uno dei motivo per il quale non è stata tramandata, infatti, con il diffondersi del
cristianesimo fu censurata. Sicuramente nei frammenti di Saffo c’era l’amore di tipo eterosessuale, infatti, una
delle leggende più diffusa è proprio quella di un amore infelice non corrisposto che la indusse al suicidio,
ampiamente raffigurato in opere d’arte. Ci sono diversi libri sulla fortuna di Saffo, ma in realtà c’è ancora molto
da fare data la scarsa quantità di frammenti. C’è ancora molto su cui interrogarsi in particolare sulla traduzione
dei frammenti. Nella storia della fortuna di Saffo siamo abituati ad attribuirle frammenti ,ma lei ha scritto poesie
e non frammenti e dunque dall’800 in poi le è stata attribuita questa luminosità della poesia frammentaria per gli
aforismi e le immagini meravigliose. Usa strofe saffiche e la lingua è di grandissima elaborazione, infatti, gioca sui
composti, sui suoni e sulle allitterazioni. Le uniche due poesie che ci sono tradite per intero sono il frammento 1
e il frammento 16 (purtroppo manca la fine); le abbiamo perché citate da due autori in età imperiale e che
indicarono Saffo come poetessa esemplare non per il contenuto ma per lo stile utilizzato “sublime”. I due autori:
Dionigi di Alicarnasso e L’anonimo sul Sublime. Il primo era un retore e faceva lezione ad un gruppo ristretto di
allievi e questo autore scrisse due opere tra cui ricordiamo “Archeologhia” che viene considerata storica perché
il suo intento era quello di raccontare la storia di Roma dalle origini, ma il suo lavorò è quello di insegnante. Il
saper parlare, l’essere colti era il presupposto essenziale per diventare un uomo politico influente e questo
valeva anche per Roma, ma specialmente da Augusto in poi il potere era centralizzato,dunque a prendere le
decisioni era solo uno. Augusto però ci tiene a presentarsi come colui che preserva i valori della repubblica, ma
tendendo in piedi il senato. Nell’impero romano la diffusione della retorica diventa fondamentale soprattutto per
la distinzione tra la plebe e la nobiltà e si fa strada così anche la nobiltà intellettuale e non economica. I romani
non avevano una tradizione letteraria indipendente, ma diretta discendente di quella greca e sotto l’impero
Romano essere colti significava conoscere il greco. Quelli che erano in grado non solo di leggere e di scrivere ma
anche comprendere il testo greco erano veramente pochi, un’élite. Quelli che si dedicavano all’otium (otium =
vita privata, attività intellettuali; negotium= vita pubblica) o erano ricchi o volevano diventare uomini influenti.
Quando Nerone canta Omero in realtà l’aneddoto non dimostra che l’imperatore fosse un pazzo ma un uomo
colto. Quando quindi pensiamo ad un professore come Dionigi di Alicarnasso dobbiamo pensare che avesse
questo “pubblico”. Classicismo = quando si prende un’epoca che serve da modello per il presente. Queste persone
prendevano a modello gli autori greci del 5 sec a.C., i maestri insegnavano a scrivere e a parlare come i grandi
autori del 5 secolo, autori in prosa come Tucidide e successivamente Demostene che potessero dunque
“insegnare”. Neo-atticismo= studio della lingua greca Attica che era parlata nel 5 sec a.C., lingua che non
corrispondeva neppure a quella parlata in Grecia contemporaneamente ma serviva ad imparare la retorica,
cultura. La παιδεία= sia educazione sia cultura. Tutto il resto della cultura greca esisteva per cui lo studente
sicuramente faceva esercizio sulla retorica del 5 secolo, ma d’altro canto doveva conoscere tutto il resto,infatti,
ricordiamo che Omero è stata la base di tutta la cultura “Omero è l’inizio, il centro e la fine di ogni cultura”. I lirici
invece non avevano un grande ruolo perché innanzitutto la poesia lirica è difficile dal punto di vista metrico e
queste persone dovevano invece imparare a fare discorsi non poesia, la conoscenza dei poeti serviva a riportare
una serie di sentenze o citazioni che venivano inseriti nei discorsi. La tragedia si presta bene a togliere dei versi
che servono come esempio, a dare delle immagini come il famosissimo πάθει μάτος di Eschilo “imparare
soffrendo”. La poesia lirica veniva capita solo dal pubblico lì presente e così anche la poesia corale (Pindaro). La
poesia lirica faceva parte della cultura come la tragedia soprattutto Euripide. I lirici solo per alcuni aspetti o
generi (come la poesia parenetica, che esorta)soprattutto non veniva usata la poesia d’amore (in molte occasioni
vista come una distrazione). I lirici potevano però risultare utili nel modo in cui mettevano insieme le parole,
persuasive, perfezione e armonia. “Come bisogna mettere insieme le parole per ottenere un effetto alle orecchie
dell’ascoltatore” De Compositione Verborum. L’ode di Saffo presentata da Dionigi di Alicarnasso come una
“composizione levigata e fiorita”, irraggiungibile e unica nel mettere insieme le parole capace di “rapire” chi la
ascolta. Si tratta in realtà di una preghiera, abbiamo un’io che si rivolge alla divinità (tipico dei proemi)
chiedendole (richiesta sorprendente non come l’invocazione per ispirazione “investitura”) soccorso. Apparato
critico (pag 7 fotocopia) formato da sigle e abbreviazioni di termini latini, riportate le testimonianze quindi come
ci è pervenuta l’opera. P.Oxy. 2288= Papiro di Ossirinco che tramanda i versi 1-21 di questo carme. Il vero e
proprio apparato critico inizia con la prima parola “dal trono variopinto”(evidentemente non subito capita dagli
amanuensi infatti in alcuni manoscritti ποικιλοφρον “dalla mente variopinta”)ποικιλοθρον (codd. Pll)-> “nella
maggior parte dei codici”. Le lettere riportate in maiuscolo sono le sigle dei codici o dei testimoni che
tramandano i testi e all’inizio dell’edizione critica c’è un elenco che indica a quale manoscritto corrispondono.
TRADUZIONE VERSI 1 e 2 “O immortale (αθανατ) Afrodite (complemento oggetto del verbo λισσομαι verbo
specifico dell’invocazione) dal trono variopinto ti prego figlia di Zeus tu che intrecci inganni (δολοπλό κε)”
Le parole composte sembrano inventate proprio per questo contesto, ποικιλοθρον perché probabilmente
Afrodite era sempre rappresentata sul trono. In che senso è variopinto? Abbiamo perso la colorazione delle
statue e quindi Afrodite era circondata da colore o i fiori sono un attributo del culto di Afrodite quindi circondata
da fiori colorati o Saffo forse sta alludendo alla sua ποικιλια quindi “varietà nella poesia”, la poesia per essere
efficace deve essere varia. La poesia di Saffo non solo varia per il tema ma anche i metri utilizzati e quindi allude
all’ispirazione che lei vuole da questa dea.

LEZIONE 26 29/1172023
FRAMMENTO DÌ SAFFO
Il 1 termine è un aggettivo composto che probabilmente è stato coniato da Saffo (nuova invenzione) il significato
letterale è “Afrodite dal trono variopinto” si può intendere il fatto che la poetessa abbia davanti una statua della
dea su un trono adornato di fiori e colorato (valore concreto) ma può avere anche un valore metaforico,
metapoetico perché nell’invocare una dea che ha tra i suoi attributi la varietà (poikilia) alluderebbe al fatto che le
sue poesie sono caratterizzate da questa varietà , molteplicità . In età alessandrina ‘’POIKILIA’’ diventa un termine
importante della poetica greca, è una caratteristica che intende che la poesia deve essere varia nel contenuto,
stile e metro opposto alla monotonia. Ideale poetico che si afferma nell’ellenismo usato per la prima volta da
Saffo. Quale era la collocazione di questa poesia nei 9 libri? Ci troviamo in presenza del proemio, indicata con
“frammento 1” questo potrebbe essere confermato dal fatto che si tratta di una preghiera, invocazione alla
divinità poi dà l’argomento e indicazioni sul tipo di poesia che fa (esempio di Omero, la prima parola dell’iliade
menis come questa prima parola poteva non avere solo un valore descrittivo ma anche letterario).
Oltre ad essere chiamata immortale e chiamata con un epiteto composto che ha significato letterale già strano
per una dea “colei che intreccia inganni” con dolos+pleko. È un epiteto onorifico, lei intreccia inganni d’amore
(seduzione è un inganno). Il verbo PLEKO “intrecciare” si applica bene in questo caso anche alla poesia con una
metafora della poesia come tessitura e dea ispiratrice della poesia d’amore. il poeta é come una donna che tesse
una tela. “Non domarmi con tormenti con sofferenze nel cuore”. Dal punto di vista grammaticale
TUMON=accusativo di relazione che riferisce a ME (tu o dea non domare me). La poetessa dà un ordine con un
imperativo alla divinità dando idea di un rapporto molto stretto e questa richiesta è pressante al punto di essere
data con un imperativo come un ordine. Stesso rapporto nell’Iliade tra Achille e Teti o Teti e Zeus.
DAMNA “damno” verbo per domare gli animali con una grande forza e con dativi strumentali che esprimono
sofferenze molto forti. Dal punto di vista fonico le desinenze del dativo si fanno eco con la allitterazione.
Ad amplificare la potenza di Afrodite c’è POTNIA che sta ad indicare una divinità femminile corrispondente alla
divinità denominata la “grande madre”, viene richiamata una parola ai tempi di Saffo ritenuta molto arcaica che
esalta la potenza grandiosa di questa grande madre . Il termine TUMON (con lo stesso uso che abbiamo in
omero) è una parola che ha un significato concreto indicando il diaframma ma per la cultura greca arcaica non
esistono fenomeni psichici che abbiano corrispettivi fisici. nel frammento 16 leggeremo che l’amore è una
sensazione fisica come una sofferenza. per dire ad Afrodite di non fargli del male si capisce così perché usi
termini così concreti “damna tumon”. Nelle fotocopie ci sono segni diacritici, tipici delle edizioni critiche, come
un uncino indica quelle lettere integrate che nel papiro non si leggono, ma anche le corrispondenze della parole
in vari dialetti in attico. (La lirica al contrario dell’epica è legata a dialetti regionali che sono delle lingue
autonome) “ma vieni qui semmai hai sentito un’altra volta le mie preghiere ascoltando da lontano e avendo
lasciato la casa del padre sei venuta su un carro d’oro avendolo aggiogato”. La poetessa chiede alla dea di venire
da lei con un complemento di moto a luogo rafforzando il legame tra le due dicendo anche che questo (invocare
la dea e la dea viene in soccorso) già l’ha fatto altre volte (almeno un’altra volta). Per venire dall’olimpo sulla
terra afrodite usa un carro d’oro (anche in omero gli dei scendono e salgono dall’olimpo con i loro carri, qualche
volta a piedi come apollo che porta la peste al campo acheo) sono divinità giganti che usano mezzi umani in
tempo velocissimo. Quindi Afrodite è l’Afrodite omerica (che in omero nel 5 libro dell’Iliade scende in campo con
un carro dalla parte dei troiani e mentre combatte viene ferita da Diomede che non la riconosce quindi lei torna
piangendo dal padre lamentandosi, Zeus le cura il graffio e sorride dicendo che la guerra non è il suo ambito, ma
di eros, lei si deve occupare di amore). La poetessa al v 28 le chiede di essere SUMMAKOS (combattere insieme)
immagine della dea che scende con lei in battaglia. introduzione del tema dell’amore come guerra per
conquistare l’amore di qualcuno e può essere molto dolorosa.

Tre elementi sono:


1 invocazione Afrodite rappresentata come figlia di Zeus che vive sull’olimpo pronta a scendere in soccorso di chi
la chiama aggiogando un carro;
2 amore come processo fisico;
3 amore come guerra.

“belli ti portavano dei passeri veloci sulla terra nera agitando velocemente le ali attraverso il mezzo dell’etere giù
dal cielo”. È un carro epico, anche perché d’oro e perché nel cosmo omerico tutto ciò che è lucenti e prezioso è
sacro. Mentre in omero però sono portati da cavalli divino qui a portarli sono dei passeri. Saffo scherza. I passeri
sono creature fragili, piccole, tenere legate all’amore che non spaventano che devono sbattere velocissimamente
le ali per poter avanzare (esempio aquila di Zeus simbolo della potenza, anche Atena è legata alla civetta il cui
verso incute timore in omero gli uccelli hanno ruoli importanti tra i semata teon ossia i messaggi mandati dagli
dei e ad interpretarli guardavano la direzione) nel 2 libro dell’Iliade guardando i passeri si capisce quanti
saranno gli anni di guerra. Si può citare Catullo che ha studiato bene Saffo scrive in un ode “o passero delizia
della mia fanciulla (lesbia)” riferimenti a Saffo. Può essere che veloci siano le parole (armi tenerezza, fascino)
della poetessa che attraversano l’aria giungendo all’orecchio dell’ascoltatore (parole alate epiteto di Omero, forse
perché attraversano l’aria come gli uccelli, perché sono le frecce che hanno le piume e attraversano l’aria per
trafiggere in modo preciso il bersaglio). “Sulla terra nera” tipica espressione formulare omerica, serve da
contrasto al carro dorato di Afrodite e con l’essere variopinto che sembra caratterizzare la dea.
Questo viaggio di Afrodite viene descritto come simultaneo (immaginario omerico). “E tu allora o beata (continua
l’enfasi sulla potenza e immortalità della divinità parallelo al POTNIA del v 4) sorridendo sul volto immortale”
Qui abbiamo un assurdo logico nell’idea degli dei. Gli uomini non possono guardare gli immortali. La capacità
visiva dell’essere umano non può rapportarsi alla divinità perché l’uomo verrebbe fulminato. Ciò dà origine ad
una delle istituzioni più importanti per l’uomo di accogliere tutti gli stranieri perché gli dei potrebbero circolare
tra gli uomini anche sotto il travestimento di stranieri. Quindi gli stranieri sono sacri. Qui per acuire l’intimità del
rapporto tra lei e la dea la poetessa dice di averla guardata in faccia “PROSOPO” è la parola che in attico
indicherà la maschera teatrale. probabilmente ha presente dinanzi a se delle precise raffigurazioni iconografiche
della dea che ha un sorriso che esprime gioia e tenerezza ed è una delle caratteristiche principali della bellezza
femminile. Caratteristica dell’armonia tipica di Afrodite e della gioia e felicità e delicatezza tipica della dea.

LEZIONE 27 05/12/2023
Questa che abbiamo visto è un ode proemiale. La parola “proemio” significa ciò che viene prima dell’ “aoimè”
cioè del canto. Nella parola proemio è presente una delle metafore più importanti che vede la narrazione, il canto
come un sentiero da percorrere. Sappiamo della grande importanza del proemio dell’ Iliade perché è un proemio
che a differenza dei tipici proemio tradizionali fa entrare subito l’ascoltatore in “medias res”, enunciando sin da
subito l’argomento principale del canto (l’ira di Achille). Il proemio non perde questa funzione importante
nemmeno nell’odissea (“andra” è il tema portante dell’ opera, le vicende dell’uomo). Il proemio non
perde ,inoltre, la sua funzione ne nella letteratura in versi ma neanche in prosa . Abbiamo ricordato,infatti, la
grande importanza del proemio nelle opere storiografiche dove lo scrittore approfitta di questa posizione
incipitaria per dire quali sono gli elementi della sua poetica, i criteri che seguirà per scrivere la propria opera.
Abbiamo visto che nella storiografia vi è differenza tra i criteri seguiti da Erodoto e da Tucidide (contemporaneo
ad Erodoto). Sono due storici che concepiscono la storia in maniera quasi antitetica e la esprimono,per questo, in
modo diverso. Esprimono questo modo diverso nel proemio. Nelle opere poetiche il proemio ha valore
“metapoetico” cioè che va al di là della poesia e che serve per esprimere implicitamente i principi generali che
segue il poeta per presentare l’argomento principale della poesia e dare indicazione sul tipo di poesia che fa.
Nelle fasi più arcaiche della letteratura greca (secolo dall’8 al 6 sec a.C). Questa è proprio quella fase di cui noi
leggiamo i poemi omerici ma anche la maggior parte degli autori lirici. In quella fase della letteratura greca (in
età arcaica) il proemio poetico ha anche la funzione di accaparrarsi il favore della divinità . Il rapporto del poeta
con la divinità ispiratrice è molto stretto. Non esiste un atto poetico che non sia concesso dagli dei. Questo è
esplicito nella poesia omerica dove la dea o la musa canta direttamente ciò che vuole perché il poeta è solo un
tramite (la sua bocca) e ,pertanto, non può né inventare né intervenire nell’ argomento né nella struttura del
canto. La situazione ,però ,cambia con Esiodo che è il primo che è orgoglioso di essere poeta e si vanta di avere
avuto delle muse tale onore (vanto poetico). Quest’ultimo lo osserviamo in una scena irrealistica in cui le muse
scendono verso di lui (verso Esiodo) e lo trasformano da pastore in poeta (proemio della teogonia, in cui
abbiamo un’investitura poetica vera e propria). La poesia lirica comprende diversi generi dove l’io del poeta ha
una forte rilevanza. Dunque non esiste più l’impersonalità nella poesia lirica. Anche Esiodo è impersonale ma
non un poeta lirico perché a lui l’argomento del canto è dato dalle muse (ordinato dalle muse). Le muse ordinano
ad Esiodo di cantar la teogonia. Esiodo è il 1o io poetico che conosciamo. Tuttavia la poesia di quest’ultimo è pur
sempre epica, cioè una poesia che ha come scopo il racconto di fatti non intimi del poeta bensì che servono al
pubblico e che hanno per argomento le imprese degli dei (Teogonia) e dà anche informazioni di tipo didattico
(opere e giorni). La poesia epica annulla l’io del poeta che invece troviamo nella poesia lirica. Ciò che è lirico
esprime l’io (del poeta ). Ciò corrisponde solo in parte ad una caratteristica della poesia lirica greca arcaica. I
poeti lirici latini parlano di se stessi e così anche dell‘amore. Così è anche la lirica moderna che si concentra
proprio sul termine e significato di “lirico”. L'elegia è la denominazione del genere letterario che raggruppa i
componimenti lirici della poesia greca e latina accomunati da una forma metrica specifica(distico elegiaco) e da
una diversità di argomenti in opposizione all'epica. L’elegia (il termine proprio) deriva dallo strumento musicale
su cui era cantata. Con l’aggettivo “elegiaci” intendiamo un tono triste e malinconico. L’elegia greca superstite ha
dei temi malinconici, di rimpianto per amori perduti, per la vecchiaia che avanza, per la malattia, per il ricordo di
chi si è perso. L’elegia è collegata ad uno strumento musicale (έλεγος, col significato di "lamento funebre", o da
«έλέγειν», cioè "dire ahi, ahi!" ). Il termine è ,quindi, volto a significare il lamento che noi intendiamo tutt’oggi. In
questa poesia di Saffo abbiamo elementi proemiali tra cui l’ invocazione ad una dea ma anche degli elementi che
esprimono dei principi poetici che caratterizzavano tutte le composizioni di Saffo. Il primo principio messo in
evidenza con questo conio lessicale è quello della “poikilia” ovvero una poesia varia, non uniforme. Uno delle
critiche principale all’epica era quello di essere uniforme (uniforme nel ritmo*in esametri*). L’esametro era un
verso cantato. Il ritmo dell’epica era monotono perché sempre basato sull’ esametro (ritmo esametrico). Invece
Saffo facendo riferimento alla varietà (poikilia) mette in evidenza proprio la varietà metrica tipica della sua
poetica. La lirica, infatti, non è monotona dal punto di vista metrico (9 libri di Saffo con varie forme metriche,
distinte dalla metrica). Per l’orecchio dell’ascoltatore antico ciò significava varietà musicale. Tali metri diversi
risuonavano come musiche diverse. Il fatto che si trattasse di poesia d’amore è esplicito nella poesia poiché Saffo
chiede alla dea di essere sua alleata nella battaglia di amore. L’ idea vera di Saffo è quella di innovare quei
temi,quelle espressioni e situazioni che hanno la loro matrice in Omero. Omero è l’ ispiratore di tutta la poesia
greca posteriore. Franco Ferrucci nella sua opera “Omero e gli archetipi della narrazione” delineava il fatto che
Omero non è solo l’inizio di tutta una tradizione poetica propriamente greca ma anche il vero inizio dei grandi
archetipi narrativi (stessi schemi narrativi che danno origine al romanzo moderno ). Un esempio è Matteo
Garrone che è autore de’ “il capitano” che parla di un immigrato e che contiene varie allusioni alla poesia di
Omero. L’ Odissea e l’Iliade sono all’inizio di una tradizione. La poesia greca passa attraverso l’uso della poesia
omerica, della lingua omerica. Le situazioni omeriche vengono,quindi, mutate e piegate al nuovo uso della lirica.
Noi abbiamo notato due cose molte importanti in merito a ciò ovvero al V.10(verso la terra nera, termine preso
da Omero che però qui viene rifunzionalizzato perché esprime ,da una parte, il grande contrasto tra questo nero
della terra e lo splendore della dea ma esprime anche la differenza di situazione che c’è per glorificare la morte
eroica (morte combattuta) e il viaggio di una dea che sta venendo in soccorso della poetessa dove ,però , la
battaglia di cui si parla è una battaglia amorosa di una donna nei confronti di un’altra donna (amore omoerotico).
La metafora del “morire” come “cadere sulla terra nera” (che significa morire). Questa metafora viene riadattata
ad un contesto bellico ma il cui oggetto della guerra è l’amore (quasi inteso come morte/sofferenza per amore).
L’ altra grande immagine è quella degli dei sul carro, tipici delle scene omeriche (alcune volte scendono a piedi
ma spesso di servono di carri splendenti). Saffo trasforma tale scena “tipica” ed invece di far condurre il carro da
cavalli (immortali e che sono i tipici animali di trasporto dei carri), lo fa portare da passeri. Qui abbiamo una
trasformazione completa dell’ immagine tipica poiché questi animali (passeri) sono piccole creature che
accompagnano Afrodite. Questi animali sbattono velocemente le ali quasi come le parole proposte e dette da
Afrodite alla poetessa. I Passeri rappresentano degli uccelli lascivi (forse perché piccoli e fragili). La colomba è il
segno di Venere = Afrodite. Abbiamo il contrasto tra l’ aquila di Zeus ed il passero di Afrodite (passero vs aquila).
Gli uccelli hanno la funzione di messaggeri degli dei. Noi abbiamo dei significati simbolici legati agli uccelli nella
tradizione epica che Saffo,però , rielabora. Saffo sottolinea che le battaglie di cui canterà nelle poesie perse per
sempre non sono quelle dei maschi (tipiche dell’Iliade ed odissea) ma di amore. È una guerra a cui lei ,poetessa,
sta preparando le ragazze che fanno parte della sua scuola e della sua cerchia . Abbiamo una trasformazione di
poetica ed anche di contenuti che emerge nel frammento 16. È un frammento che dimostra che cosa significa
effettivamente questo capovolgimento di valori rispetto alla poesia epica(omerica). Nel fr. 16 vediamo che Saffo
si rifaccia continuamente al mondo omerico. Coloro (oi) che dicono che la cosa più bella sia un esercito di fanti e
di navi sono coloro che si identificano con quello che è l’ideale epico omerico . Oi si riferisce a tutti gli esseri
umani. Qui il plurale è maschile (coloro che si identificano in quei valori maschili della guerra). Ai tempi di Saffo
le donne non andavano in guerra (6 sec a.C). Le regole del pudore fino al 900 implicavano ciò . Una grande
rivoluzione nei costumi femminili e nella mentalità è legata alla guerra del 1518 che obbligò le donne a dare una
mano. Prima non vi era un ruolo attivo delle donne e ,soprattutto, non vi è in questa cultura arcaica (omerica).
Le parole che usa Saffo sono di uso quotidiano. L’aggettivo di uso quotidiano più diffuso della lingua greca e della
lingua italiana (kalliston) non sta qui ad indicare la cosa più potente o preziosa ma ciò che è bello, la vera
bellezza. L’aggettivo usato qui è sorprendente per il significato che assume (ciò che è bello). Noi diciamo che
l’esercito è potente , ma qui si intende bello. Per Omero “kalá tanatos” è la bella morte, cioè morire
coraggiosamente ,quindi in guerra. Per noi la bella morte non è quella del morire in battaglia. Quella di
Omero ,però , esprime un ideale . La morte in Omero è bella perché è l’oggetto del canto (kleos, che deriva dal
verbo chiamare). L’oggetto della poesia più bella (che dà più kleos) è quello della morte. I poemi omerici sono
un’opera di poesia la cui compiutezza e perfezione sono oggetto di ammirazione mai messa in discussione.
Omero non smette mai di sorprendere. Saffo si riferisce,quindi, all’idea della morte “bella eroica” che ha come
ideale sempre Omero. Saffo a questo risponde con un forte io con ciò che uno ama. Alla bellezza dei poemi
omerici e di ciò che raccontano qui l’autrice risponde con un ego molto forte (egotismo). È un “ego” molto forte
che si contrappone ai molti (oi) per motivi grammaticali . Forte contrapposizione (oi/egò ). Questa è una
contrapposizione tra un “io femminile” e la “moltitudine maschile”. Ma la vera contrapposizione non è solo
questo io fragile che si oppone alla moltitudine ma è proprio l’oggetto (ciò che uno ama). L’amore non dice a chi
debba essere rivolto(non si fa il nome di nessuno, non fa nomi perché non intende che l’amore sia per forza verso
una persona). Nell’oggetto dell’ amore abbiamo il neutro (ciò ) che uno (tis) ama. Nell’oggetto dell’amore (e non
della guerra omerica) vi è la potenza. Questo lo troviamo anche nell’ode ad Afrodite in cui la dea non arriva per la
prima volta in soccorso della poetessa (deute =“chi di nuovo”(avverbio). Abbiamo una ripetizione di deute. Nei
tormentatissimi versi (19-20-21) dice Saffo chi di nuovo (deute, serve a ripetere il concetto) devo
(peito)convincere al tuo amore, chi o’ Saffo ti fa torto? (adikei). L’amore è espresso in vari modi(fr 16. eromai ,
nel fr 1. ,invece,si usa un termine più generico per indicare l’amore che è la filia , un ambito di amore più ampio ,
diverso dall’eros) ed è al centro della poesia saffica.
Traduzione frammento 1: La dea comincia a parlare con la poetessa, facendo sia un discorso indiretto che
diretto con domande vere e proprie. La dea descrive lo stato d’animo della poetessa attraverso parole
indirette(condizione descritta da peponta in poi.. V 15). Peponta viene dal verbo pasco ed è un perfetto col
raddoppiamento (pe-po). “Pasco” significa soffrire ed ha la stessa radice di pathos. La condizione della poetessa è
di sofferenza che è determinata dal volere(desiderare) qualcosa (V. 17) , un qualcosa che ,però , è soprattutto
voluto da un cuore pazzo. Quella della poetessa è una condizione di sofferenza spirituale (la sua mente è presa da
un’ossessione ). Ossessione, perché? Per la ripetizione di deute. Tale sofferenza non è nuova, ma si ripete . Lei
(la dea)non le chiede cosa desideri ma “cosa secondo te (dativo di interesse) vuoi che avvenga “? La poetessa
vuole soprattutto (malista) che accada(cambi) qualcosa nella sua mente malata. Vi è l’auto descrizione di una
situazione psicologica sofferente e malata (tipica ossessione). È come se Afrodite chiedesse alla poetessa che
cosa l’ossessionasse di nuovo (deite). La dea,successivamente, passa alla domanda diretta “chi vuoi che io
convinca (pieghi) al tuo amore? La dea, qui, fa il nome della poetessa (Chi, o’Saffo?). Il nome della poetessa è
rivelato direttamente dalla dea .Infine abbiamo la personalizzazione di un verbo fondamentale (adikese da
adikeo formato da a privativa e un verbo che deriva dalla radice di “dike” ). Adikeo significa fare ingiustizia. Qui
assume un significato particolare perché il riferimento implicito è ad una legge che troviamo nella poesia
d’amore greca che è quella della reciprocità amorosa. L’amore deve essere ricambiato perché non ricambiarlo
significa commettere un ‘adikia (ingiustizia). LEGGE DELLA RECIPROCITÀ AMOROSA: Questa è l’etica della
reciprocità amorosa (“al cor gentile reimpara sempre amor” *Guinizzelli). La dea dice e domanda alla poetessa:
“chi devo ricondurre di nuovo alla tua filia” (al tuo amore spirituale)?Non siamo nell’ambito proprio dell’ eros.
Quando uno ama con tutto il suo cuore ha diritto ad avere indietro tale amore. Chi non ricambia commette
un’ingiustizia. Ciò è importante perché solo per questo Saffo può chiamare la dea dell’amore in suo soccorso (per
questa ingiustizia commessa). La dea è chiamata nell’ambito di un’adikia ,come giudice. I buoni sentimenti,
quindi, devono essere ricambiati. L’idea di gentilezza ha perso molto la sua importanza. Abbiamo nel testo varie
“cruces” perché mancano delle parole o ,se le abbiamo, sono state copiate male dall’ amanuense (quindi
corrotte).
LEZIONE 28 6/12/2023
FRAMMENTO DÌ SAFFO “ODE ALL’AMATA”
sentimenti fisici dell’amore “parlare dolcemente” metafora,significa fare le parole dolci ossia dimostrare affetto e
amore nei confronti di qualcuno. Non si sceglie razionalmente di amare una persona ma ci sono elementi fisici e
processi chimici (quello che noi chiamiamo come attrazione fisica) ma è anche un processo razionale (mi attrae
una persona ma chi gli somiglia no). questo uso di metafore ci fa capire che nell’esperienza corporea di vari
autori le sensazioni provocano le stesse esperienze comuni (la dolcezza del gusto appartiene all’esperienza
umana anche se qualcosa può apparire dolce a noi ma non a qualcuno altro). NESTORE ha come suo epiteto “una
parola di miele” parlava dolcemente come il miele,riusciva a convincere. Omero usa delle metafore molto
raffinate che ancora ci chiediamo cosa significano: una che ricorre oltre 150 “parole alate” vuol dire che c’è un
esperienza di un uccello che va nell’aria così il suono viene emesso dalla bocca e va nell’aria oppure fa
riferimento ad un’altra esperienza (che non appartiene a noi quindi più difficile da capire) della freccia che per
essere orientata al bersaglio erano usate delle piume di uccelli che aiutavano la freccia ad andare dritta
Un altra nel 3 libro delle Iliade di Odisseo “parole come fiocchi di neve d’inverno” che viene portato dall’esercito
in guerra come consigliere per la sua parola,che era astuto e pensa l’inganno già a partire dal cavallo di troia. solo
leggere come fiocchi di neve che causa stupore dato che siamo in ambiente mediterraneo. Tornando a Saffo il
parlare dolcemente è segno delle capacità seduttive. E’ comunque una metafora cognitiva che ha luogo
nell’esperienza sensoriale. “dolce amaro” metafora con ossimoro primo sintomo fisico “mi balza il cuore nel
petto” può essere paura ansia agitazione negativa ma anche un emozione positiva che significa prova un
sentimento di amore attrazione nei confronti di una persona. “non appena ti vedo” immediatamente, il contrario
di un processo razionale,sono processi emotivi che uno non riesce a controllare. poi “perdo la foné” perdere la
voce che va intesa in senso metaforico noi usiamo oggi “rimango senza parole” sia in modo negativo che positivo.
per la poetessa perdere la voce e le parole è molto grave. “la lingua si spezza” rappresenta concretamente la
perdita della voce, spezzare è un verbo onomatopeico che esprime del verbo il suono del frantumarsi. è come se
la poetessa cominciasse a balbettare “fuoco sottile mi corre sotto la pelle” significa “mi fai venire i brividi”
descritti come “sintomi” del caldo come se avessi una scossa elettrica sotto la pelle “con gli occhi non vedo nulla”
mi si annebbia la vista “rimbombano le orecchie” non riesco più a sentire bene “il sudore freddo mi bagna” il
brivido contrario al fuoco “tremore” tremo “più verde dell’erba sono” è un espressione omerica ed è usata per i
guerrieri che hanno paura nella battaglia. impallidisce. descrizione accurata di cosa può provocare il panico.
Non sappiamo come finisce quest’ode, neanche Catullo (che legge lode per intero) ci aiuta perché termina con un
apostrofe a se stesso (o che questo amore con questi sintomi così importanti toglie il senno o che sta
riprendendo l’ode di Saffo). A Saffo sembra di stare per morire e questi sintomi sono messi in una sorta di climax,
in maniera ascendente. questi sintomi con le stesse parole sono da una parte prese da omero (lui le usa per il
guerriero) ma da un articolo di Vincenzo di Benedetto dimostra che è una terminologia che anticipa quella della
medicina ippocratica,che Ippocrate con questi sintomi descriverà l’epilessia.

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