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La vita
L’allegria
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L’analogia
Le liriche di queste due raccolte assumono un andamento completamente diverso, che
tende a escludere le componenti più propriamente realistiche, attraverso un’estrema
riduzione delle frasi alle funzioni essenziali della sintassi e della parola.
Questa capacità di sintesi della poesia è inscindibile rispetto all’essenza profonda e
misteriosa dei contenuti che intende comunicare ed è conseguita da Ungaretti attraverso il
mezzo espressivo dell’analogia. Tale procedimento va oltre la simbologia e le metafore
utilizzate dalla letteratura precedente e vuole distinguersi dal carattere meccanico
dell’analogia futurista.
Ungaretti sostiene che la letteratura dell’Ottocento aveva cercato di conoscere il reale in
modo analitico, istituendo collegamenti chiari e immediatamente comprensibili tra gli
oggetti o tra i concetti. Si tratta tuttavia, di una conoscenza lenta, capace di rivelare solo gli
aspetti immediati e superficiali della realtà, non la sua essenza profonda. Ungaretti
contrappone il suo nuovo modo di fare poesia, "rapido", cioè sintetico, che sa mettere in
contatto immagini lontane, le quali apparentemente non hanno alcun rapporto tra loro e in
ogni caso non esprimono un senso immediato ed evidente.
La struttura e i temi
L’opera è suddivisa in cinque sezioni. La prima è intitolata Ultime, perché raccoglie testi
del 1914-15 ancora legati alla fase precedente, poi ripudiata. La seconda, Il porto sepolto, e
la terza, Naufragi, rinviano a due poesie in esse contenute che diedero il titolo alle edizioni
precedenti sopra ricordate. Seguono la sezione intitolata Girovago, che comprende la
poesia dal titolo omonimo, dal sapore altamente emblematico, e la sezione conclusiva,
Prime, così intitolata in quanto prelude alla stagione poetica successiva.
I temi rendono evidente quella componente autobiografica, di cui si è parlato. Si tratta
tuttavia di una autobiografia trasfigurata, in quanto i singoli eventi assumono il valore di
un'esperienza paradigmatica in cui l'uomo incontra la verità, il senso profondo e ultimo
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della propria esistenza. Un gruppo di temi e immagini si lega all'infanzia e all'adolescenza
del poeta trascorse ad Alessandria d'Egitto.
Un decisivo momento di transizione è costituito dall'esperienza del fronte, che offre a
Ungaretti gli spunti per alcune delle sue liriche più crude e sofferte, spoglie di ogni retorica.
Ma la guerra gli consente anche di stabilire un contatto con la propria gente e di avvertire
la consapevolezza di una ritrovata identità. La guerra, infine, come fonte di ispirazione
particolarmente problematica e complessa, costringe a vivere nel precario confine fra la
vita e la morte, dove ogni cosa può rovesciarsi nel suo opposto e scomparire per sempre
all'improvviso; essa traduce così in immagini nitide e sofferte quella poetica dell'attimo che
costituisce il fondamento della prima ricerca di Ungaretti.
Particolarmente indicativa risulta la tematica del naufragio, che richiama il celebre verso
leopardiano dell’Infinito; essa si collega inoltre al motivo del viaggio, come simbolo di una
presenza della morte sempre latente.
Il tema dell’esilio
La vicenda di Moammed Sceab consente di introdurre uno dei motivi di fondo della
raccolta: quello dell'esilio, inteso come perdita irrimediabile di ogni punto di riferimento,
che la poesia ha il compito di sublimare e di sanare, proponendosi come ricerca di una
identità originaria perduta. La peregrinazione dell'individuo è parallela alla rottura dei
legami con il passato e all'impossibilità di reintegrarlo nel presente. Il suicidio dell'amico
comprende e racchiude in qualche modo il destino stesso del poeta, corrispondendo a
un'analoga ricerca di valori, che si conclude tragicamente in chi non sa esprimerli e
comunicarli.
L’assoluto e il contingente
Il tono insieme dolente e distaccato trova riscontro nel ritmo franto e spezzato delle strofe
e dei versi, che sollecitano una lettura lenta e sillabata. La scelta di isolare alcune parole
semanticamente rilevanti determina una scarnificazione del verso e un andamento
frantumato dell’intera composizione. In questo modo Ungaretti sembra voler tradurre
anche sul piano formale l’insanabile contraddizione fra l’aspirazione all’assoluto e la
contingente precarietà della vita.
Lo snodarsi dei versi sembra adeguarsi all’andamento della stessa esistenza, in relazione
al carattere più scopertamente autobiografico del discorso. Di qui l’attenzione quasi
cronachistica per porre l’accento sullo sfiorire e sul decomporsi della vita. In questi termini
sembra racchiudersi il mistero delle cose, nell’incerto confine tra il contingente e l’assoluto.
L’ascendente leopardiano
Il componimento si propone di cogliere l’essenza della poesia, il mistero che nasconde, la
fonte del miracolo e il mito da cui trae origine. Il primo verso allude a una sorta di
immersione rituale e purificatrice nelle acque primigenie, di tipo iniziatico, magico e
misterico.
Il nulla può essere considerato l’equivalente dello spazio infinito dell’assenza, del mare dove
i poeti usano naufragare, nel passaggio, in cui consiste tanta parte del procedimento
analogico, da una dimensione materiale a una dimensione immateriale dell’esistenza.
Il nulla e l’infinito
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Lo stesso nulla è sostanziato da un inesauribile segreto, ossia dal mistero profondo della
vita, che, toccando le radici dell’essere non ha né inizio né fine, e coincide quindi con
l’infinito. L’ossimoro nulla-inesauribile è quindi la condizione essenziale della poesia.
Veglia, da L’allegria – Analisi del testo – pag. 224
Il senso dell’orrore
È una poesia scritta al fronte e composta da due strofe di diversa lunghezza. La prima è
costituita da un unico ininterrotto fluire del discorso poetico, che insiste sulla crudezza
della situazione: la vicinanza con il cadavere sfigurato e deformato di un compagno
caduto, nella notte sconvolta e allucinata. La guerra appare ridotta a questo macabro
confronto, rivelandosi in tutta la sua crudeltà. Il senso di orrore è ribadito dall’uso ricorrente
dei participi passati, che costituiscono la struttura portante del componimento;
ricollegandosi, nella forma, alla parola conclusiva del primo verso, essi assolvono a una
funzione di rima e si caratterizzano nell’immobile fissità di una deformazione
espressionistica. A potenziare l’effetto concorre anche il sostantivo congestione, che
sembra scavare nel profondo di chi continua a vivere, in quel silenzio dove si cela la fonte
dell’esistenza, adesso oltraggiata e lacerata.
Un’esperienza disumanizzante
L’esperienza al fronte segna anche questa lirica: il poeta soldato coglie l’analogia tra la
sua condizione di uomo, impietrito dal dolore dinanzi agli orrori della guerra in trincea, e la
fredda e arida roccia che domina il paesaggio.
Nel titolo risuona la voce del poeta come un grido disperato, una rivendicazione umana
che viene negata dal contenuto dei versi, percorsi dal motivo della durezza, dell’assenza
di vita e di anima.
La strutturazione in strofe
La poesia è composta da tre strofe di versi liberi di misura breve ma di forte intensità
espressiva, che sembrano riprodurre, nella loro estrema frammentazione e nella
spezzatura dei nessi logici, i moti di un animo lacerato dal dolore. Le strofe, intessute a
livello fonetico da una fitta rete di assonanze e allitterazioni, si fanno via via più scarne ed
essenziali, quasi a sottolineare che lo strazio del poeta tende inesorabilmente al silenzio.
La riconquista dell’identità
Attraverso la gradazione di questi passaggi, simbolicamente confluenti nel corso
dell’Isonzo, il poeta compie la conquista definitiva della propria identità, che consiste nel
riconoscersi.
L’evidenza dell’immaginazione è anche nella forza dimostrativa dei pronomi, che,
riprendendo il verso 27, si ripetono regolarmente, con l’insistenza dell’anafora, all’inizio
delle ultime strofe. Dalla raggiunta pacificazione con sé stessi nasce anche il rapporto di
quiete con il paesaggio notturno, che incornicia, per così dire, il componimento. Nell'ultima
strofa le tenebre si risolvono nell'immagine floreale della corolla, anche se la forma quasi
ossimorica dell'accostamento analogico non esclude la persistenza di un senso di
perplessità e di inquietudine.
San Martino del Carso, da L’allegria – Analisi del testo – pag. 233
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La simmetria lessicale e strofica
Tutta la poesia utilizza un linguaggio agevole e piano, fatto di parole comuni. La
compattezza che la caratterizza è dovuta al rigore calibratissimo della costruzione, alla
capacità di collocare le parole secondo calcolate simmetrie.
Mattina, da L’allegria – Analisi del testo – pag. 236
Quattro parole di cui due monosillabi, che compenetrandosi con il termine che segue
attraverso l'apostrofo, danno luogo a due sole emissioni di voce. Nella brevissima
sequenza, la presenza del poeta («M'») appare investita di una luce intensa («illumino»),
che riverbera dall'intera estensione dello spazio. In questo modo l'individuo partecipa della
vita del tutto, il relativo si identifica con l'infinito e l'eterno. Ungaretti traduce così il
linguaggio dell'ineffabile, la sensazione di una pienezza quasi soprannaturale che non può
essere definita in termini logici e concettuali. Di qui, anche, il dilatarsi della dimensione
spaziale, che le parole impiegate nell'estensione senza limiti del loro significato, sembrano
prolungare all'infinito. Ne risulta una sensazione di totalità e di pienezza di vita che
rappresenta uno stato di beatitudine e di grazia edeniche, paradisiache.