Giuseppe Ungaretti: la vita, la formazione, la poetica
Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria d'Egitto il 10 febbraio 1888 da genitori toscani. Ad
Alessandria frequenta le scuole e si lega agli ambienti dei fuoriusciti anarchici. Nel 1912 va a Parigi, dove frequenta l'università. Nel 1915 è chiamato in guerra come soldato: combatte sul Carso e sul fronte francese. Nel 1916 è uscito il primo libro: Il porto sepolto. Nel 1919 viene stampato Allegria di naufragi; dall'edizione del 1931 il titolo verrà cambiato in L'allegria. Dal 1918 vive a Parigi, dove nel 1920 sposa Jeanne Dupoix, dalla quale avrà i figli Ninon e Antonietto che morirà nel 1939, ispirando le poesie di Il dolore. Dal 1921 vive a Roma, lavorando come giornalista. Nel 1933 esce Sentimento del tempo. Dal 1937 vive a San Paolo in Brasile, dove insegna letteratura italiana all'Università. Tornato in Italia, nel 1942 è eletto Accademico d'Italia. Escono altre opere, tra le quali: La terra promessa e Il taccuino del vecchio. La morte lo coglie a Milano la notte tra il 1° e il 2 giugno 1970, all'età di ottantadue anni. L'importanza storica di Ungaretti si lega al valore artistico dei suoi risultati e dall'influenza esercitata sulle esperienze letterarie successive. La formazione culturale di Ungaretti risente del contatto con diversi ambienti della giovinezza: ad Alessandria d'Egitto subisce la suggestione del sovversivismo anarchico; a Parigi entra in contatto con le avanguardie, stringendo amicizia con Apollinare; in Italia pubblica numerosi testi sulla rivista futurista «Lacerba». All'interesse per la poesia francese contemporanea, fra Simbolismo e avanguardia, si unisce un'attenzione alla tradizione italiana, incentrata soprattutto su Leopardi e Petrarca. Alcuni esempi della poesia barocca, da Shakespeare a Góngora, entrano a far parte delle sue frequentazioni. Le due componenti della formazione di Ungaretti - quella classicistico-simbolista e quella avanguardistica - corrispondono ai due poli della sua personalità: da una parte c'è la ricerca di equilibrio, di armonia, e dall'altra il bisogno di peccato, di tensione. Nella prima fase della scrittura ungarettiana il punto di equilibrio è cercato dentro un paesaggio stilistico e formale segnato in senso espressionistico e rivoluzionario: la frantumazione della metrica e della sintassi e la sparizione della punteggiatura. Nella seconda fase, si impone un taglio classicistico e armonioso. Vi è una costante di poetica che collega i due momenti, ed è il culto della parola. Si esprime così la fiducia nel potere della poesia quale rivelazione della verità per mezzo della ricerca sulle parole. La poesia è considerata come tramite di comunicazione tra storia e assoluto. L'allegria: la composizione, la struttura e i temi Dal punto di vista cronologico al centro del primo libro ungarettiano sta l'esperienza della Prima guerra mondiale, combattuta dal poeta in trincea per tutta la sua durata. La raccolta subisce un'articolata vicenda editoriale: un primo nucleo di testi viene pubblicato nel 1916 a Udine in ottanta esemplari a cura del tipografo Ettore Serra; il titolo è Il porto sepolto. Di questa raccolta verrà stampata nel 1923 a La Spezia una seconda edizione, con «Presentazione» di Mussolini. Già nel 1919 al nucleo della prima raccolta si sono aggiunti nuovi testi per una riedizione fiorentina che muta il titolo in Allegria di naufragi. Il titolo dato al primo nucleo di poesie di guerra, Il porto sepolto, allude a una leggenda diffusa in Egitto sull'esistenza di un porto sommerso nei pressi di Alessandria. Vi è un indizio della poetica simbolistica di Ungaretti: è la parola stessa a essere sepolta nel silenzio della vita, e al poeta spetta di evocarne e recuperarne il mistero. Il successivo titolo, Allegria di naufragi, intende indicare il tema rovinoso della guerra (i «naufragi»). Tuttavia, pur sullo sfondo di tale rovina resta possibile l'espressione della vitalità e dello slancio positivo (I' «allegria»). L'allegria del naufragio è come il porto sepolto, un' immagine di verità profonda che si affida alla parola del poeta per emergere dal mistero. Riducendo il titolo a L'allegria, Ungaretti rende più diretto il rimando all'energia vitale. Fin dall'edizione del 1919 la raccolta è organizzata in sezioni. La strutturazione è: ● La prima sezione (12 testi) s'intitola «Ultime»; ● La seconda sezione (33 testi) s'intitola «Il porto sepolto»; ● La terza sezione (17 testi) 'intitola «Naufragi»; ● La quarta sezione (5 testi) s'intitola «Girovago»; ● La quinta e ultima sezione (7 testi) s'intitola «Prime». Il titolo indica l'aprirsi inaugurale di una nuova fase. Il tema della guerra domina il libro ed è l'unico delle tre sezioni centrali. La guerra è rappresentata come la condizione concreta e anonima di un soldato tra tanti e come l'occasione rivelatrice della propria autentica identità esistenziale. Inoltre la guerra diviene manifestazione esplicita di uno sradicamento. Accanto al tema della guerra vi è poi il tema della vicenda biografica del poeta e il tema della natura. Il segno della natura simbolistica della poetica ungarettiana è la concezione della parola. La parola poetica consente di riconoscere la propria identità. La rivoluzione formale dell'Allegria Ciò che colpisce nei testi dell'Allegria è la radicalità delle soluzioni formali adottate dal poeta. I versi sono liberi e brevi. Ciò determina la tendenza alla verticalizzazione dell'aspetto tipografico dei componimenti. La frantumazione del verso risponde sia a un'esigenza di forza e di rilevamento sintattico sia a una ricerca di valorizzazione simbolistica del particolare. Sul piano stilistico vengono aboliti i nessi grammaticali e sintattici e la punteggiatura. La paratassi domina la struttura sintattica. Anche la rima è abolita. La preponderanza del presente indicativo e della prima persona singolare del verbo sancisce il valore di testimonianza ed esistenziale di cui il poeta investe i componimenti. La rilevanza del soggetto è messa in risalto per mezzo dell'analogismo. Ciò che conta è la sperimentazione di un ritmo negato al canto e invece propenso alla pronuncia rilevata e scabra. Questa soluzione fa dell'Allegria il libro formalmente del Novecento italiano. Le fonti del libro e la poetica ungarettiana: tra Espressionismo e Simbolismo I testi più antichi dell'Allegria sono del 1914, e seguono la pubblicazione di varie raccolte legate al frammentismo espressionista di stampo vociano. La svolta dell'Allegria si fonda sulla rielaborazione personale delle suggestioni provenienti dalle avanguardie italiane. Qui Ungaretti stringe amicizia con Apollinaire, con Picasso e Braque. Gli ingredienti fondamentali della rivoluzione modernista di Ungaretti sono tre: un rapporto intenso con la tradizione; l'esperienza della vivacissima vita culturale parigina; le trasformazioni profonde operate in Italia. Nell'Allegria convivono due tendenze di poetica. La prima spinge a caricare la parola fino al limite della rottura. La seconda conduce a valorizzare l'alone di indefinitezza della parola. In Ungaretti persiste lo scambio confidente tra soggetto e natura. In memoria Tema: estraneità, emigrazione, crisi di identità. Il poeta racconta la storia di Moammed Sceab che ha cercato nella Francia, come altri arabi, una patria. Il testo parla delle ragioni che spingono Moammed a suicidio. Egli ha abbandonato le proprie origini arabe e perciò non sa più vivere nella tenda dei suoi e svolgere altre pratiche del suo popolo. Tuttavia la nuova identità nazionale francese non è sufficiente a dargli una vera patria. La condizione di Moammed richiama quella di Ungaretti, di origine africana ed emigrato in Francia. Veglia È una poesia dell’Allegria, il poeta resta accanto al cadavere di un compagno fino a condividere con lui l’esperienza della morte. Ungaretti si trovava in trincea sul fronte della Cima Quattro del Monte San Michele. È stata composta durante la veglia dell'autore a una salma di un soldato vittima della Prima Guerra Mondiale. San martino del Carso Tema: tragedia della guerra di trincea; l’orrore della distruzione. La prima strofa descrive un paese raso al suolo dall’artiglieria nemica; la seconda ci parla dei morti e del dolore della perdita degli amici del poeta; la terza strofa ospita il ricordo dei caduti si conserva nel cuore di Ungaretti, pieno di croci come un cimitero; la quarta strofa conferma il dolore del poeta affermando che il suo cuore è più devastato del paese distrutto. Mattina= immensità Originariamente si chiamava cielo e mare e aveva 3 versi in più: con un breve moto di sguardo. Fu mandato a Giovanni Papini nel 1917. Questa poesia è stata composta nei giorni più tragici della prima guerra mondiale, poco dopo la sconfitta di Caporetto (parte del fronte italiano), quando Ungaretti combatte come soldato nei pressi di Udine. In questo contesto di morte il poeta soldato percepisce il mistero e la ricchezza dell’esistenza. È mattina, e Ungaretti sente sorgere dentro di sé un attimo di intensità. Lo splendore del sole sorto da poco trasmette al poeta una sensazione di luminosità che provoca associazioni interiori. la mattina è il momento della rinascita. Soldati In questo brano vi è una similitudine: i soldati sono in una condizione simile a quella delle foglie incerta. Questo componimento si basa sul paragone tra la condizione del soldato in guerra e la fragilità delle foglie autunnali. Le foglie cadenti descrivono lo stato d’animo dei soldati. L’ermetismo Le sorti della poesia italiana degli anni Trenta sono condizionate dalla situazione storico-politica. La distinzione operata dal fascismo fra «cultura-azione», costrinse i letterati a scegliere: o fare arte-propaganda per conto del regime e venire in contatto con il grande pubblico, oppure ritirarsi in un atteggiamento di distacco limitandosi a scrivere per pochissimi lettori. Per i poeti che scelgono questa seconda strada il ritorno alla tradizione significa ritorno alla purezza della lirica. L'Ermetismo deve il suo nome al giudizio polemico di un critico letterario, Francesco Flora, che in un saggio del 1936 metteva a fuoco il carattere aristocratico delle nuove tendenze poetiche. L'Ermetismo è un episodio di estremismo postsimbolista. Il Surrealismo francese viene smussato nelle sue tendenze provocatorie e avanguardiste e fatto rientrare nella tradizione del simbolismo orfico. Il centro dell'Ermetismo fu Firenze fra il 1932 e il 1942. A partire dal 1943, con la caduta del fascismo, l'Ermetismo entrò in crisi, mentre comincio ad affermarsi il Neorealismo. Furono poeti ermetici Alfonso Gatto, Mario Luzi e Salvatore Quasimodo. Ungaretti e Montale non furono mai ermetici, anche se Ungaretti ne anticipò temi. Salvatore Quasimodo: vita e opere Salvatore Quasimodo nasce a Modica (Ragusa), in Sicilia, il 20 agosto 1901.Nel 1908 si trasferisce a Messina. Segue gli studi tecnici a Palermo e nel 1919 va a Roma per studiare ingegneria. Nel 1929 va a vivere a Firenze su invito di amici legati all'ambiente della rivista «Solaria»), sulla quale nel 1930 pubblica le prime poesie. Nello stesso anno esordisce con la raccolta Acque e terre. Nel 1932 esce l'Oboe sommerso. Si stabilisce a Milano, dove riesce a trovare un'attività stabile come giornalista. Nel 1942 esce Ed è subito sera. Lavora a traduzioni dei classici latini e greci oltre che di Shakespeare. Pubblica altre raccolte di versi: Giorno dopo giorno, La vita non è sogno, Il falso e vero verde, La terra impareggiabile. Dare e avere. Dal 1941 insegna letteratura italiana al Conservatorio musicale milanese. Nel 1959 gli viene assegnato il premio Nobel per la Letteratura. Muore a Napoli il 14 giugno 1968. Quasimodo resta sempre fedele a una concezione della poesia come punto di vista superiore e privilegiato. Si nota a partire dalla raccolta Giorno dopo giorno, il passaggio a una poesia più ideologica e politica. Il presupposto di tutta la produzione poetica di Quasimodo è che la poesia consenta un distacco dalla realtà. La parola del poeta si sottrae alla storia e alla società, e si colloca in una dimensione assoluta. La separazione tra realtà ed espressione poetica resta incolmabile. Ed è subito sera Tema: brevità della vita che l’uomo vede scorrere, solitudine, precarietà della vita, alternarsi di gioia e dolore. Quest’opera rappresenta la fragilità della condizione umana e il sentimento esistenziale. Alle fronde dei salici Dopo la caduta del fascismo e dopo la fine della seconda guerra mondiale fu criticato l’atteggiamento degli scrittori italiani legati alla tradizione ermetica, che non avevano preso posizione contro l’orrore, rifugiandosi nel silenzio. Questa poesia di Quasimodo rivendica il valore di quel silenzio. Il poeta si chiede cosa resta da fare ai poeti in un mondo sconvolto dalla violenza e dalla distruzione della guerra. Gli ultimi tre versi del componimento forniscono la risposta dell’interrogativa: dinanzi alla devastazione la poesia può offrire solo il silenzio, un silenzio polemico che si fa carico del dolore dell’umanità. Saba: vita Poetica e cultura Il canzoniere Il titolo e la strutta dell’opera I temi del canzoniere Il secondo cengedo Eroica Montale: vita Poetica Romanzo di formazione Non chiederci la parola Meriggiare pallido e assorto Spesso il male di vivere ho incontrato Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale La quinta sezione La primavera hitleriana Cesare Pavese: vita E dei caduti che ne facciamo? Perché sono morti? Emilio Gadda: vita Formazione L’opera La cognizione del dolore Quer pasticciaccio brutto de via Merulana Il commissario ingravallo Primo Levi: vita