Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Corrente poetica sviluppata negli anni ’30 del ‘900. Prende il nome da un dio greco=
Ermete/Ermes, il messaggero degli dei.
Termine ermetismo utilizzato in senso dispregiativo per il linguaggio usato da questi poeti,
perché oscuro e difficile da comprendere.
La PAROLA per gli ermetici deve essere pura ed evocativa= non deve descrivere ma
evocare delle sensazioni, vale a dire che non ci sarà un discorso a spiegare determinati
sentimenti, ma ci saranno delle parole da cui si dovrà comprendere il significato che vuole
dare.
Poesia ermetica è:
- ricca di metafore
- priva di punteggiatura (tranne ? per Ungaretti)
- essenziale
- breve
- parole piene di simboli
- non segue le regole tradizionali (come le rime o la suddivisione in strofe)
- tratta solo dell’io del poeta, delle sue sensazioni, senza essere condizionata dal
momento storico.
Perché?
Perché negli anni ’30 in Italia c’era il Fascismo, ed ogni espressione politica che non fosse
favorevole al Partito era proibita. Quindi i poeti non scrivono della realtà che stanno vivendo.
Il fatto di non seguire delle regole per la composizione della poesia viene ripreso dai futuristi.
Poeti ermetici fondamentali: Giuseppe Ungaretti e Salvatore Quasimodo, mentre
Eugenio Montale ne risente in modo marginale.
GIUSEPPE UNGARETTI
Nasce nel 1888 ad Alessandria d’Egitto da genitori lucchesi. Lì aveva frequentato ambienti
anarchici e socialisti, suo padre muore presto e sua madre lo fa studiare ad alti livelli. Nel
1914 torna in Italia, si schiera tra gli interventisti e partecipa alla Prima guerra mondiale, si
arruola come volontario. Combatte un anno nel Carso, guerra di trincea, dove nasce una
raccolta poetica “Allegria di naufragi”, che invierà ad Udine dall’editore Serra e verrà
pubblicata per la prima volta nel 1919.
Perché partecipa alla guerra? Perché crede che sia un elemento UNIFICATORE per un
popolo, soprattutto per lui che vuole ritrovare l’identità italiana. Una volta che la vive, cambia
idea. Si accorge che la guerra è soltanto uno spargimento di sangue inutile, sofferenza e
tragedia. Capisce che le sue erano solo illusioni. Finita la guerra va a vivere a Parigi, poi a
Roma, dove aderisce al fascismo, dopo il ritrovamento del corpo di Matteotti. Dal 1942
diventa professore universitario a Roma, gli muore suo figlio Antonio per appendicite;
Ungaretti muore a Milano nel 1970.
La sua raccolta di poesia più famosa è “Il porto sepolto”, del 1916 la prima edizione, tratta
di poesie legate alla sua infanzia africana e della ricerca di identità. Raccolta che avrà una
seconda ristampa nel 1923 a Spezia con prefazione di Benito Mussolini. Raccolta che si
chiama così perché aveva sentito parlare di una leggenda di un porto ad Alessandria che
c’era prima dell’arrivo di Alessandro Magno. Dà questo titolo per indicare che c’è qualcosa
di misterioso da scoprire.
Allegria di naufragi, 1919, seconda raccolta di poesie che trattano sempre delle esperienze
biografiche dell’autore segnato dai traumi della guerra, si rende conto che l’unico rimedio
per la fragilità umana è la fraternità tra gli uomini. Termine Naufragi ripreso dalla poesia
leopardiana (e ‘l naufragar m’è dolce in questo mare).
La raccolta totale di tutte le poesie di Ungaretti si chiama “Vita di un uomo” ed esce nel
1969.
Poetica di Ungaretti essenziale, tipica ermetica, ricerca della parola pura che ha un
significato nascosto. Non usa i versi tradizionali (endecasillabo-settenario), non usa le rime,
non usa strofe regolari, rompe gli schemi. Mira all’essenziale nella forma e nel contenuto.
Anche il titolo è essenziale. Per esempio il titolo della raccolta “Allegria di naufragi” è
ossimorico, perché i naufragi non possono essere allegri, quindi c’è un significato da
ricercare.
Di tanti
che mi corrispondevano
non m'è rimasto
neppure tanto
Parafrasi
Delle case di questo paese
non è rimasto più niente,
è rimasto
solo qualche
pezzo di muro.
Tutte
quelle persone che conoscevo
non vi sono più,
sono tutte morte.
Nella Prima guerra mondiale il paese di San Martino sull’altopiano del Carso fu quasi
completamente distrutto. Ungaretti combatteva proprio lì come soldato semplice e per lui
questo paese rappresenta la violenza della guerra. Ungaretti, che prima sosteneva la
guerra, adesso si rende conto che è soltanto uno spreco di anime; in questa poesia
sottolinea il fatto che tutti i suoi compagni sono morti, tutte le persone che conosceva sono
morte, ma nel suo cuore c’è spazio per ognuno di loro, se ne ricorderà per sempre.
La metafora finale è molto forte. Egli paragona infatti il suo cuore a San Martino del Carso,
come se fosse un paese che contiene tutto il dolore provato dalla morte. Non è il paese ad
essere il più straziato, ma il suo cuore.
Soldati (1918)
Si sta come
D’autunno
Sugli alberi
Le foglie
Questa poesia fu scritta quando il reggimento a cui apparteneva il poeta subì un attacco in
cui morirono oltre cinquemila soldati. Il testo si basa sull’analogia tra la precarietà della vita
dei soldati e le foglie che cadono dagli alberi.
È una tipica poesia ermetica, fondata su pochi versi, con parole piene di significato. Il verbo
è impersonale ma si riferisce a tutti i soldati. La loro vita è simile alle foglie di un albero, che
cadono nella stagione autunnale, quindi hanno una vita breve, che può finire da un momento
all’altro, così come le foglie cadono dall’albero.
Da notare la mancanza di punteggiatura, tipica della poesia ermetica, e la sequenza di
parole senza essere collegate tra loro senza congiunzioni. Non usa la rima, ha solo una
strofa di 4 versi. Unica figura retorica è la similitudine tra i soldati e le foglie.
Veglia (1915)
Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Parafrasi
Ho passato una notte intera sdraiato vicino a un compagno ucciso, massacrato, con la
bocca contratta dalla morte rivolta verso la luna piena, il rossore e il gonfiore delle sue
mani che sono penetrati nel mio intimo/nella mia anima. Proprio in quel momento ho
scritto lettere piene d’amore.
Non mi sono mai sentito così tanto attaccato alla vita.
È l’antivigilia del Natale 1915. Ungaretti è da poco giunto al fronte e, costretto a passare
tutta la notte accanto a un compagno morto, comprende l’orribile realtà della guerra.
Siamo agli inizi dell’esperienza di Ungaretti sulla guerra, quindi credeva ancora nei principi
che lo avevano spinto ad arruolarsi come soldato. Ma la dura realtà della guerra di trincea
gli fa cambiare repentinamente idea. In questa poesia descrive il momento in cui si trova a
passare la notte vicino al corpo di un suo compagno morto, e ovviamente non riesce a
dormire, infatti si intitola “Veglia”. Nella prima strofa il poeta parla di morte, di tristezza, di
sofferenza, tematiche nettamente in contrasto con la seconda strofa, di cui parla del suo
attaccamento forte alla vita. La guerra vissuta come esperienza che fa avvicinare l’uomo a
un senso più profondo della vita.