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GIUSEPPE UNGARETTI

Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandra d’Egitto, da genitori toscani. Li frequenta la scuola e
comincia a legarsi agli ambienti dei fuoriusciti anarchici. Nel 1912 va a Parigi dove frequenta gli
ambienti dell’avanguardia artistica. Nel 1915, poco dopo aver pubblicato i suoi primi scritti, è
chiamato in guerra: combatté sul Carso e poi, nel 1918, sul fronte francese. Nel 1916 esce “Il
Porto sepolto”, ed una riedizione del 1923 porta una prefazione di Mussolini, come prova di
adesione di Ungaretti al fascismo. Nel 1919 viene stampato “Allegria dei naufragi”, il quale
cambierà nome nel 1931 con “L’Allegria”.
Dal 1918 al 1921, vivendo ancora a Parigi, conosce Jeanne Dupoix. I due si sposano nel 1920 e
avranno due figli. L’ultimo dei due morirà nel 1939, ispirando le poesie de “Il dolore”. Nel 1933
esce “Sentimento del tempo”. Negli anni Cinquanta riceve molte lauree honiris causa. Escono altre
opere, tra le quali “La terra promessa” nel 1950 e “Il taccuino del vecchio” nel 1960.
La morte lo coglie a Milano il 2 giugno 1970.
La formazione culturale di Ungaretti risente del contatto con le avanguardie, stringendo amicizia
con Verlaine, Apollinaire e Mallarmé. All’interesse per la poesia francese (fra Simbolismo e
avanguardia) si unisce l’attenzione per la grande tradizione italiana, incentrata su Leopardi e
Petrarca. Successivamente studia anche le poesie barocche di Shakespeare e Góngora. Le due
componenti della formazione di Ungaretti corrispondono ai suoi due poli caratteriali:
nella prima fase il punto d’equilibrio è cercato nell’espressionismo d’avanguardia, con la
frantumazione della metrica e della sintassi, e l’assenza di punteggiatura; nella seconda fase si
impone invece un taglio classicistico e armonioso con il recupero della metrica tradizionale e di
forme stilistiche più moderate. Si esprime così la fiducia nel potere della poesia quale rivelazione
della verità per mezzo della ricerca sulle parole. La poesia viene vista come unico tramite di
comunicazione tra storia e assoluto, fra fenomeno e significato tra individuo e collettività.
I testi più antichi de “L’Allegria” sono del 1914, dunque seguono la pubblicazione di raccolte legate
al frammentismo espressionista. Si trova in opposizione ai futuristi poiché questi esibiscono un
disprezzo per la tradizione che Ungaretti con condivide, essendo piuttosto in cerca di un nuovo
rapporto con essa. La svolta de “L’Allegria” si fonda sulle suggestioni provenienti dalle
avanguardie italiane e sulla conoscenza diretta della vita culturale parigina. Gli ingredienti della
rivoluzione ungarettiana sono il rapporto intenso con la tradizione e le esperienze fatte a Parigi. Ne
“L’Allegria”, quindi, convivono due tendenze poetiche: la prima spinge a caricare la parola fino al
limite della rottura; la seconda a valorizzare l’alone di indefinitezza della parola, creandole attorno
“isole di silenzi”. La frantumazione del verso e la valorizzazione della parola-verso volgono a
potenziare la semanticità del vocabolo e a costituire attorno alla parola un’eco di mistero e di
assoluto.
A dare significato ai particolari è la reale rete di analogie (similitudini) che li lega. Ne “I Fiumi” il
poeta si identifica in una serie di esseri / oggetti inanimati. I testi di Ungaretti aspirano ad unire il
momento specifico della cronaca all’universalità della condizione umana. Di questo legame è un
indizio significativo il rapporto tra soggetto e natura: il dialogo è sofferto a pochi cenni ma è
tuttavia molto intimo. Questo in Italia caratterizza la poesia di Pascoli e D’Annunzio.

UNGARETTI, AVANGUARDIA E CLASSICISMO


Anche in Ungaretti si distinguono tra un primo ed un secondo periodo. Il primo è quello delle
avanguardie, con forti legami all’espressionismo e simbolismo. La vocazione di ogni avanguardia è
quella di sperimentare, cercare dal punto di vista stilistico e metrico delle novità. Quando parliamo
di avanguardia, parliamo della necessità degli scrittori di andare oltre la metrica e lo stile dei
classici, di superare il classicismo. Si continua a sperimentare fino al 1940, a ridosso della Seconda
guerra mondiale – allora gli scrittori tornano al modello classico. In particolare, Ungaretti guarda
con molta attenzione Petrarca e Leopardi. La fase di avanguardia finisce. La motivazione la trovano
nel contesto storico delle due guerre mondiali: si torna al modello classico perché vi era bisogno di
raccontare ciò che accadeva: da qui nasce la corrente del neorealismo.
Il realismo nel romanzo dell’Ottocento racconta l’Europa della Rivoluzione Industriale, le Guerre
Napoleoniche, il proletariato, le grandi metropoli. Si chiude questa fase, inizia lo sperimentalismo
ed arriviamo al 1940, sentendo l’esigenza di raccontare. Nasce il neorealismo.
POETICA E TEMI DELLA POESIA DI UNGARETTI

1. Versi: rifiuto della metrica tradizionale; parole-verso, cioè tendenza ad isolare le parole;
totale assenza di punteggiatura.
2. Lessico: parole che richiamano l’espressionismo e il simbolismo, di media difficoltà: il
significato di queste parole si evidenzia maggiormente proprio per il loro isolamento.
3. Figure retoriche o di significato: utilizza soprattutto l’analogia e l’anafora (ripetizione di una
parola).
4. Periodi brevi, prevale la prima persona singolare.

LA CONCEZIONE DELLA POESIA


Ungaretti è sempre alla ricerca dell’assoluto, alla ricerca del significato misterioso della vita; questo
si svela ad intermittenza, cioè non è mai compiuto.

TEMI:
o L'esperienza della guerra come riflessione sul senso della vita e della morte;
o Forte contrasto tra l'orrore della guerra e la percezione di un'armonia possibile;
o Fragilità dell'uomo;
o Sradicamento ed inquietudine interiore;
o Rapporto uomo-natura.
L’ALLEGRIA

Al centro del primo libro ungarettiano sta l'esperienza della Prima guerra mondiale, combattuta dal
poeta in trincea per tutta la sua durata. La vita di guerra e di trincea è dominante anche
tematicamente. Un primo nucleo di testi viene pubblicato nel 1916; il titolo è Il porto sepolto. Già
nel 1919 al nucleo della prima raccolta si sono aggiunti nuovi testi per una riedizione fiorentina che
muta il titolo in Allegria di naufragi. Quest'ultima è in sostanza un'edizione definitiva, anche se
continuerà a subire in tutte le edizioni successive ritocchi e aggiustamenti. In particolare, a partire
dalla successiva, uscita a Milano nel 1931, il titolo stesso è mutato in L'allegria. È da notare che a
partire dall'edizione del 1942, al titolo del libro è soprascritto il titolo generale Vita d'un uomo,
entro il quale Ungaretti volle collocare, come parti di un unico libro, tutte le raccolte che
costituiscono la sua opera poetica. Il titolo dato alla prima raccolta di poesie di guerra, Il porto
sepolto, allude ad una leggenda egiziana secondo la quale esiste un antico porto sepolto nei pressi di
Alessandria. In realtà, il titolo fa riferimento alla forma misteriosa, “sepolto”, e al valore delle cose.
Già dal titolo ci sono indizi della poetica simbolistica di Ungaretti.
Il successivo titolo, Allegria di naufragi, intende innanzitutto indicare il tema rovinoso della guerra
(i «naufragi»), momento d'altra parte esemplare ma non unico della tragedia esistenziale che
coinvolge l'uomo. Tuttavia, pur sullo sfondo di tale tragedia e di tale rovina resta possibile
l'espressione della vitalità e dello slancio positivo (l'«allegria»). La poesia diviene il punto di
incontro tra la tragedia e il bisogno invincibile di positività vitale.
Riducendo infine il titolo a L'allegria, Ungaretti elimina la componente ossimorica insita in
Allegria di naufragi e semplifica e rende più diretto e assoluto il rimando all'energia vitale.
L’Allegria è divisa in cinque sezioni da titoli diverse, nelle quali sono comprese le poesie composte
in specifici momenti, suddivisi.
Il tema della guerra domina il libro. La guerra è rappresentata, al tempo stesso, come la condizione
concreta e anonima di un soldato tra tanti e come l'occasione rivelatrice della propria autentica
identità esistenziale. Inoltre, la guerra diviene manifestazione esplicita di uno sradicamento, di una
mancanza di radici e di identità che può divenire esplicita, come nel titolo della quarta sezione
(Girovago) oppure proiettarsi in figure esemplari, come quella del suicida Moammed Sceab (In
memoria).
Accanto al tema della guerra e ai suoi vari arricchimenti vi è poi il tema della vicenda biografica del
poeta, con i ricordi dell'infanzia egiziana che riemergono a tratti e con la ricerca di un radicamento e
di un'origine.

Non meno importante è poi il tema della natura, riferimento centrale del soggetto anche nei
momenti più intensamente travolti dalla furia bellica.

Ciò che ancora oggi colpisce nei testi dell'Allegria è la radicalità delle soluzioni formali adottate dal
poeta. I versi sono liberi e in genere brevi e brevissimi, fino alla coincidenza con monosillabi.
La frantumazione del verso risponde all’esigenza di una ricerca di valorizzazione simbolistica del
particolare e della parola in quanto veicolo di verità.
Sul piano stilistico, le soluzioni non sono meno estreme: vengono perlopiù aboliti i nessi
grammaticali e sintattici e la punteggiatura.
Anche la rima, come molti altri parametri metrici tradizionali, è praticamente abolita: viene in
questo modo accentuata la rilevanza specifica di ogni parola singola, al di là delle relazioni foniche,
sintattiche o metriche.
La preponderanza del presente indicativo e della prima persona singolare del verbo sancisce il
valore di testimonianza concreta di cui veste le opere. La rilevanza del soggetto è messa in risalto
anche per mezzo dell'analogismo, con paragoni ad esperienze altrui.
Nell'Allegria convivono due tendenze di poetica. La prima spinge a caricare la parola fino al limite
della rottura, secondo l'intensificazione caratteristica del grido espressionistico. La seconda conduce
invece a valorizzare l'alone di indefinitezza della parola, creandole attorno «isole di silenzi» così da
potenziarne le suggestioni e il mistero.
I FIUMI
16 agosto 1916

Mi tengo a quest’albero mutilato Ho ripassato


Abbandonato in questa dolina Le epoche
Che ha il languore Della mia vita
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo Questi sono
E guardo I miei fiumi
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna Questo è il Serchio
Al quale hanno attinto
Stamani mi sono disteso Duemil’anni forse
In un’urna d’acqua Di gente mia campagnola
E come una reliquia E mio padre e mia madre.
Ho riposato
Questo è il Nilo
L’Isonzo scorrendo Che mi ha visto
Mi levigava Nascere e crescere
Come un suo sasso E ardere d’inconsapevolezza
Ho tirato su Nelle distese pianure
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato Questa è la Senna
Come un acrobata E in quel suo torbido
Sull’acqua Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto
Mi sono accoccolato
Vicino ai miei panni Questi sono i miei fiumi
Sudici di guerra Contati nell’Isonzo
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere Questa è la mia nostalgia
Il sole Che in ognuno
Mi traspare
Questo è l’Isonzo Ora ch’è notte
E qui meglio Che la mia vita mi pare
Mi sono riconosciuto Una corolla
Una docile fibra Di tenebre
Dell’universo

Il mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armonia

Ma quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
Felicità
I fiumi è uno dei testi più importanti di Ungaretti: una specie di autopresentazione in versi. È un
componimento del 1916 che compare per la prima volta nella raccolta L’allegria del 1931. Il poeta,
in un momento di riposo dalla guerra, fa il bagno nel fiume Isonzo, che scorre lungo il fronte
orientale. A sera ripensa a quell'esperienza e si rende conto che l'acqua dell'Isonzo ha rievocato e
come riepilogato in sé stessa quella di altre tre fiumi: Serchio, Nilo e Senna, rappresentativi di altri
momenti della sua vita. All'interno di questa cornice si inserisce la rievocazione del bagno
nell’Isonzo, che a poco a poco suscita l'evocazione metaforica degli altri fiumi ricordati.
L'immersione nell'acqua del fiume comporta due conseguenze: una regressiva e una purificatrice.
La purificazione permette al poeta di sentirsi in armonia con l'universo, di percepire la propria
esistenza come una parte del Tutto. La regressione permette invece di recuperare la dimensione
temporale, cioè il proprio passato individuale. Anche la storia della propria vita diventa per il poeta
recuperabile, in nome della generale condizione di “armonia”.
Il poeta è nascosto in una dolina: cavità tipica del terreno carsico, usata dai soldati come trincea,
durante la Prima guerra mondiale. Ciò che lo circonda è desolante: è un circo senza spettatori,
perché è il momento in cui le luci della ribalta sono spente. La guerra mette l’uomo a nudo e lo
porta ad una maggiore consapevolezza di sé e dei suoi rapporti con la natura, a conoscere
pienamente la condizione umana. I fiumi ricostruiscono la sua fibra e lo aiutano ad entrare in
armonia con il creato e con sé stesso, sebbene permanga un forte senso di nostalgia, tanto è che la
poesia si chiude come è iniziata. Ungaretti si immerge così nel fiume e i suoi movimenti per uscire
dall’acqua sono fragili e precari come quelli di un acrobata. Tornando poi vicino ai suoi vestiti, che
definisce “sudici di guerra”, si scopre come un abitante del deserto, come un beduino che prega, si
prostra per ricevere il sole. Così il Serchio (in provincia di Lucca) rappresenta le sue origini; il Nilo
parla dell’infanzia e della prima giovinezza dell’autore; la Senna rappresenta Parigi, la città dove
Ungaretti ha studiato e si è riconosciuto come poeta; l’Isonzo, infine, che riporta al presente.
Nell’ultima parte della poesia, Ungaretti torna al presente pieno di nostalgia e tristezza, parlando
della morte che può sempre affacciarsi, soprattutto vivendo in guerra.

Gli enjambement sono tantissimi, a causa della sintassi frammentata dell’intera poesia. Quattro sono
le similitudini: come una reliquia, come un sasso, come un’acrobata, come un beduino.
VEGLIA

Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Non sono mai stato


tanto
attaccato alla vita

La poesia è composta di due strofe di versi liberi.


Veglia viene scritta da Ungaretti nel dicembre del 1915 ed entra a far parte dell’Allegria. Il
componimento reca testimonianza dell’esperienza della Prima guerra mondiale. Il poeta è chiamato
a confrontarsi direttamente con la morte di un suo compagno. L’angosciante descrizione del
compagno morto, poi, sfocia in un contrario pensiero vitale, fino alle lettere piene d’amore, e
all’attaccamento alla vita che quell’estremo dolore, la visione d’un morto nella realtà della guerra,
può suscitare. La pausa che divide la prima strofa dalla seconda serve, probabilmente, ad
enfatizzare il sentimento potente di attaccamento alla vita.
Ungaretti quindi è lì, accanto al corpo del compagno, vedendo da vicino la morte: permanente e
violenta. Emergono allora sentimenti positivi: la bellezza dell’essere vivi spinge Ungaretti a
scrivere lettere d’amore, di gioia.
La sofferenza è espressa chiaramente dai denti digrignati, dalle mani rosse e gonfie.
Lo slancio positivo, quindi, è dovuto alla visione dello strazio della morte, portandolo ad amare la
vita più che mai.

Anche Veglia è ricca di enjambement, oltre che di parole-verso.


SOLDATI

Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie.

Soldati è formata da quattro versi liberi brevi, e il titolo non può essere scisso perché aiuta a
comprendere il testo.
La lirica gira intorno alla similitudine: la condizione dei soldati schierati nelle trincee e minacciati
dai fuochi viene paragonata alle foglie degli alberi che cadono in autunno. L’autunno viene
ricollegato alla guerra e alla morte, per la caduta delle foglie e alla trasformazione del paesaggio
con l’arrivare della stagione. La poesia è un enjambement.
La poesia diventa quindi un rapidissimo aforisma: i soldati si trovano nella stessa condizione,
incerta e minacciata, delle foglie in autunno.

SAN MARTINO DEL CARSO

Di queste case
non è che rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce Manca

È il mio cuore
il paese più straziato

San Martino del Carso rientra nella raccolta L’Allegria.


È un componimento in quattro strofe, in versi liberi.
La poesia tratta degli effetti devastanti della guerra, che non risparmia nulla. La tragedia della
guerra di trincea è protagonista, insieme all’orrore della distruzione. La morte è al centro della
scena. All’inizio prevale l’immagine paese raso al suolo dall’artiglieria nemica, di cui non rimane
nemmeno un brandello di muro, parola che in genere si associa alla carne, a qualcosa di vivo.
Successivamente invece, il poeta si focalizza sul proprio stato d’animo. Ungaretti trova un forte
collegamento tra l’immagine del mondo esterno e quella del suo cuore: la seconda strofa ci parla dei
morti e del dolore della perdita. Di tanti combattimenti non è rimasto nulla, poiché anche i cadaveri
sono sfigurati o scomparsi. La terza strofa ospita un’analogia spiazzante: il ricordo dei caduti si
conserva nel cuore di Ungaretti, pieno di croci come un cimitero. La quarta breve strofa, invece,
racchiude il dolore del poeta: il suo cuore è più devastato del paese distrutto.
IN MEMORIA

Si chiamava
Moammed Sceab

Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perché non aveva più
Patria

Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più I versi che compongono In memoria sono incentrati
vivere su un fatto riguardante la sfera personale
nella tenda dei suoi dell’autore: la poesia rievoca infatti la sfortunata
dove si ascolta la cantilena vita dell’amico Moammed Sceab, suicida.
del Corano Dal testo si ricava la ragione che spinge Sceab al
gustando un caffè suicidio: la crisi d’identità. Questa crisi si deve allo
sradicamento culturale del protagonista, che aveva
E non sapeva infatti abbandonato le proprie origini arabe.
sciogliere Tuttavia, la nuova identità francese non è
il canto sufficiente a dargli una vera patria ed essere
del suo abbandono accettato.
L’analogia tra la vita di Ungaretti e quella di
L’ho accompagnato Moammed è richiamata dal riferimento del sentirsi
insieme alla padrona dell’albergo sradicato, straniero: qui Ungaretti tornerà in
dove abitavamo Girovago.
a Parigi Il tema principale della poesia è quindi lo
dal numero 5 della rue des Carmes smarrimento delle origini dell’uomo: il compagno
appassito vicolo in discesa di Ungaretti, infatti, si allontana dalla sua gente,
provocando in lui un senso di vuoto e di impotenza
Riposa che emerge nella perdita del vero nome (Marcel,
nel camposanto d’Ivry ma non era francese).
sobborgo che pare Ungaretti non si limita qui, bensì cerca di restituire
sempre con la poesia le mancanze derivanti dallo
in una giornata sradicamento. Lo scopo di In memoria, infatti, è
di una quello di estremo custode del ricordo dell’infelice
decomposta fiera vita di Moammed.

E forse io solo
so ancora
che visse
GIROVAGO

In nessuna
parte
di terra
mi posso
accasare

A ogni
nuovo
clima
che incontro
mi trovo
languente
che
una volta
già gli ero stato
assuefatto

E me ne stacco sempre
straniero

Nascendo
tornato da epoche troppo
vissute

Godere un solo
minuto di vita
iniziale

Cerco un paese
Innocente

Questa poesia dà il titolo ad un’intera sezione dell’Allegria ed è una delle ultime poesie scritte
durante la guerra. Girovago, in realtà, non ha come tema centrale la guerra, bensì il nomadismo e
l’estraneità. La poesia è stata composta in Francia, dove Ungaretti è stato trasferito con il suo
reggimento.
Nella prima paste del testo, il poeta descrive il senso di estraneità che prova data l’incapacità di
trovarsi in pace rispetto ai luoghi in cui si trova a vivere. Il suo girovagare diventa una condanna,
non è volontario, è una scelta obbligata dalla guerra, che lo lascia avvilito. Emerge il desiderio, per
pochi attimi, di godere dell’esperienza di una vita veramente nuova, scrollandosi di dosso il peso di
vite passate troppo vissute, viaggi introspettivi legati alla memoria della guerra. È infatti la ricerca
dell’innocenza, di un paese sconosciuto alla guerra, che dà agli uomini il significato
dell’interminabile girovagare.
In questa condizione esistenziale, il poeta fa fatica a trovare un punto di riferimento, un luogo sicuro
in cui rifugiarsi. È una situazione simile a quella descritta in In memoria, con Moammed Sceab.
Il componimento, su venticinque versi totali, ne conta undici formati da una sola parola. Il dato
stilistico della frantumazione metrica acquista una particolare evidenza. Il poeta carica di forza
semantica la parola singola, isolandola, spingendola al punto di comporre un verso da sola.
NATALE

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

Natale viene composta da Ungaretti il 26 dicembre del 1916, dopo circa un anno di guerra, a
Napoli, in licenza temporanea dal fronte, a casa di amici. L’esperienza della guerra ha un momento
di tregua, ma il poeta non riesce a vedersi nella normalità della vita poiché non riesce a cancellare
dalla sua mente le immagini del conflitto.
I brevi versi della poesia, tipici di Ungaretti, danno l’impressione di un singhiozzo, di sofferenza,
della sofferenza che un uomo impressionato dagli orrori vissuti si porta dentro.
Ungaretti è stanco, sia fisicamente che mentalmente, non ha più la voglia di tornare in trincea, anzi
è desideroso di restare al caldo dentro una casa: è dominato da un profondo senso di stanchezza.
La stessa immagine della cosa posata in un angolo e dimenticata ricorda i suoi compagni
abbandonati sui campi di battaglia. Si contrappongono quindi il caldo buono e rassicurante della
casa dove si trova e il freddo e la crudeltà della trincea.
Rimane quindi vicino al camino, osservando il fumo del fuoco, approfittando del caldo che lo
riscalda dandogli l’illusione di trovarsi in un “nido” accogliente.
SENTIMENTO DEL TEMPO

La raccolta successiva all’Allegria, Sentimento del tempo, è condizionata da scelte espressive


tradizionali ed uniformi. La prima edizione è del 1933, ma l’edizione del 1943 corregge ed amplia
la prima.
Il ritorno all’ordine implica la ricerca di una poesia pura: viene rovesciata la formula dalla quale
dipendeva la riuscita dei testi dell’Allegria.
La nuova raccolta presenta una decisa regolarizzazione formale: la metrica tradizionale domina, la
punteggiatura viene reintrodotta.
Petrarca e Leopardi divengono i capisaldi della raccolta, i principali punti di riferimento a cui
Ungaretti fa affidamento.

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