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Protagora (dialogo) - Wikipedia

Protagora (dialogo)
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Il Protagora () un dialogo di Platone dedicato al tema dellinsegnabilit della virt, teso in particolare a dimostrare linconsistenza dalla prassi educativa dei sofisti.[1] Tra le opere meglio riuscite del filosofo per la sua ricercatezza stilistica, questo dialogo viene sovente accostato al Gorgia, che ha per protagonista laltro padre della Sofistica: entrambi si collocano infatti nella fase di transizione dai dialoghi aporetici giovanili a quelli della maturit, e la loro data di composizione pertanto dovrebbe essere successiva al 388 a.C.[2] Per quanto riguarda la struttura, il Protagora si presenta nella forma del dialogo riportato: Socrate, incontrato un amico anonimo (o forse pi duno, come suggerirebbe 310a2), sfugge alle domande sulla sua relazione con Alcibiade proponendo al suo interlocutore il resoconto del dialogo avuto poco prima con Protagora alla presenza di altri importanti sofisti, oltre a Callia e allo stesso Alcibiade.
Indice 1 Chi il sofista? 2 Protagora: il mito di Prometeo ed Epimeteo 3 La virt e le sue parti 4 Intermezzo: il carme di Simonide 5 La virt insegnabile? 6 Note 7 Bibliografia 8 Voci correlate 9 Altri progetti 10 Collegamenti esterni

Protagora
Titolo originale Altri titoli Sui sofisti

Ritratto di Platone

Autore 1 ed. originale Genere Sottogenere Lingua originale Personaggi

Chi il sofista?

Non ancora lalba, quando Socrate viene svegliato dalla voce del giovane Ippocrate. Il motivo della visita presto detto: Protagora, il celebre sofista, giunto ad Atene[3] e Ippocrate vorrebbe diventare suo allievo. Tuttavia, per essere accettato, questi necessita che qualcuno lo presenti al sofista (310b-311a). Ovviamente, Socrate acconsente ad accompagnare il giovane, desideroso di poter discutere con il celebre maestro di virt.

Platone IV secolo a.C. dialogo filosofico greco antico Socrate, Protagora, Ippocrate, Ippia, Prodico, Crizia, Alcibiade, Callia Serie Dialoghi platonici, VI tetralogia

per troppo presto per recarsi alla casa di Callia, il celebre mecenate ateniese che ospita Protagora,[4] e pertanto Socrate propone di spostarsi nel cortile, dove passer il tempo discutendo con il giovane amico sulle aspettative che ha nei confronti del sofista. Ippocrate spera di poter ricevere una buona formazione, poich il maestro a cui si sta per rivolgere ha fama di essere un esperto della sapienza (312c); tuttavia non sa dire di quale sapienza sia esperto: anche affermando che il sofista insegna a tenere discorsi, resta il problema del loro
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argomento (312e). Non sapendo pi cosa rispondere, Ippocrate pu solo ascoltare il monito di Socrate, che lo mette in guardia dallaffidare la propria formazione a persone che, come i sofisti, non danno garanzie sulla validit o meno dei propri insegnamenti. Essi sono infatti paragonabili a dei mercanti che cercano di vendere la propria merce lodandola di fronte allacquirente; pertanto, se bisogna stare attenti a non farsi raggirare quando si acquistano beni che riguardano il corpo, a maggior ragione si dovr stare attenti per ci che riguarda lanima, poich molto facile ricavarne dei danni irreversibili (314a-c).

Protagora: il mito di Prometeo ed Epimeteo


Continuando a discutere, Socrate e Ippocrate giungono infine alla meta: la casa di Callia. Tuttavia, una volta arrivati il portiere che sta di guardia allingresso, infastidito dallandirivieni di sofisti, si rifiuta di lasciarli passare, e solo dopo molte insistenze i due riescono a entrare (314c-e). Nel cortile interno alla casa scorgono subito Protagora che passeggia discutendo con i suoi seguaci, mentre, pi discosti, Socrate individua i sofisti Ippia di Elide e Prodico di Ceo. Inoltre, poco dopo fanno il loro ingresso Alcibiade e Crizia. su questo sfondo che Socrate e Protagora terranno la loro discussione, una vera e propria assemblea a cui parteciperanno anche gli altri eminenti personaggi presenti (316d-317e). Il filosofo non perde tempo, e domanda subito al sofista quale guadagno avr Ippocrate dalla sua frequentazione: Protagora infatti si propone di insegnare ai propri allievi una condotta assennata, in modo che diventino buoni cittadini (319a).[5] Ma, domanda Socrate, veramente possibile insegnare la virt come si fa con le technai? Mentre per queste ultime si prende per valido solo il consiglio degli esperti, cos non per la virt, riguardo alla quale si tiene conto dellopinione di chiunque. N daltra parte esistono veri e propri esperti in materia e anzi, capita spesso che chi virtuoso non sia poi in grado di insegnare ad esserlo ai propri figli. A queste obiezioni, Protagora decide di rispondere con un lungo discorso, a sua volta composto di due parti: un mythos (320d-323a) e un logos (323a-328d).[6] Il mythos racconta della creazione degli esseri umani a opera dei due titani Prometeo ed Epimeteo. Allorch i due fratelli furono incaricati di dare forma agli esseri che avrebbero popolato la terra, Epimeteo si mise allopera per plasmare in modo armonioso i vari animali, facendo s che nessuna specie sopraffacesse o annientasse unaltra: diede dunque velocit, zanne e artigli ai predatori (limitandone per il numero), forza, corna e zoccoli per difendersi agli erbivori, e cos via. Tuttavia, quando Prometeo venne a controllare loperato del fratello, vide che tra tutte le creature solo luomo era rimasto privo di difese, nudo e inerme di fronte a qualsiasi pericolo. Mosso a compassione, il titano rub allora il fuoco a Efesto e la sapienza tecnica ad Atena, per donarli alluomo. Forniti cos J.-S. Berthlemy e J.-B. Mauzaisse, di mezzi per sopravvivere, gli uomini rischiavano per di estinguersi a Prometeo d vita all'uomo, 1802, causa della diffidenza reciproca, che impediva la formazione di gruppi Parigi (Louvre) stabili e relegava gli individui alla solitudine. Preoccupato dalla sorte dei mortali, Zeus invi allora Ermes sulla Terra affinch distribuisse pudore () e giustizia () a tutti gli uomini, di modo che tutti possiedano queste virt. Quindi, mentre per le altre technai vi sono pochi esperti a cui gli altri si devono rivolgere in caso di bisogno, per la virt ci non accade, poich tutti ne sono provvisti.[7] La narrazione mitica permette a Protagora di svolgere alcune considerazioni nel lungo logos che segue. infatti grazie al dono di Zeus che sono nate le citt e i mortali sono potuti uscire dalla condizione ferina; e proprio per mantenere questo status, i genitori educano fin dall'infanzia i figli alla virt. La virt umana dunque insegnabile, e chiunque in grado di apprenderla. Certo, qualcuno si dimostrer meno virtuoso degli altri, ma d'altra parte ci avviene anche nelle altre technai: tra gli allievi di un citaredo accade che qualcuno superi gli altri, eppure tutti, a loro modo, hanno appreso a suonare la cetra. E cos, anche per la virt, qualsiasi individuo che abbia
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ricevuto un'educazione sar senzaltro pi virtuoso di un primitivo o di un animale. Ulteriore dimostrazione che la virt insegnabile sono le leggi, che puniscono chi le viola: scopo della pena infatti quello di evitare che il colpevole reiteri il reato, e ci le attribuisce un valore correttivo difficilmente sostenibile se si ritiene che la virt non sia insegnabile.

La virt e le sue parti


Il discorso di Protagora lascia senza parole Socrate, che solo a fatica riesce a riaversi dalla meraviglia (328d). Ripresosi, interroga il sofista in merito a una lacuna del suo ragionamento: Protagora ha infatti parlato di santit, temperanza e coraggio come di parti di ununica virt. Ma queste parti come si articolano allinterno della virt? Il sofista accetta il paragone proposto da Socrate tra la virt e il volto: coraggio, temperanza, santit, giustizia sono come occhi, naso, orecchi e le varie parti di un volto, distinte le une dalle altre ma in stretta relazione tra di loro (329d). Tuttavia, lo stesso filosofo dimostra che non possibile sostenere una distinzione netta tra le varie virt, poich, mentre gli uomini possono essere coraggiosi ma non santi, o giusti ma non temperanti, nel caso delle virt prese in s ci non accade: la giustizia in s sempre santa, come la santit giusta (331a-b). Il bene, poi, ha come contrario il male, il giusto lingiusto, la sapienza linsipienza e, cos, ogni cosa ha un solo contrario: non dunque possibile che linsipienza sia allo stesso tempo contraria alla sapienza e alla saggezza, a meno che non si ammetta - appunto - che queste ultime siano la stessa cosa (333a-b). Dal canto suo, per, Protagora non daccordo e, irritato dalle domande di Socrate Socrate, propone una visione relativista della virt, coerente con la sua dottrina dellhomo mensura.[8] Molte cose, afferma, sono buone e utili in certe circostanze, e in altre risultano dannose - cos, certi farmaci sono utili alluomo ma letali per alcuni animali, lolio dannoso per le piante ma ottimo per le pelli degli uomini, e via dicendo. Il bene dunque qualcosa di vario e multiforme, e una stessa cosa pu essere consigliabile a taluni e vietata ad altri (334a-c).[9]

Intermezzo: il carme di Simonide


Le parole di Protagora ottengono lapprovazione dei presenti e lindignazione di Socrate, che minaccia di lasciare la discussione qualora il sofista non lo accontenti abbandonando i lunghi discorsi e ricorrendo invece alla brachilogia. Socrate dice infatti di essere smemorato, e di faticare a seguire un discorso troppo lungo: meglio allora procedere adagio con domande e risposte brevi.[10] Inoltre, aggiunge di doversi sbrigare, per via di una commissione che non pu rimandare.[11] Protagora per sprezzante a una simile proposta, e per calmare gli animi deve intervenire Callia, il padrone di casa, che insiste affinch Socrate non se ne vada. Intervengono cos anche Alcibiade e Crizia, e questultimo chiama in causa Prodico e Ippia. Unica via di soluzione che Protagora interroghi Socrate, ponendogli delle domande. Pur contro voglia, Protagora accetta la proposta e inizia a interrogare Socrate sulla poesia (338e-339b). Lanalisi letteraria dei carmi pi importanti e diffusi, in cui venivano trattati temi etici, era infatti una prassi educativa tipica della Sofistica.[12] Nello specifico, Protagora decide di partire dal carme A Skopas di Simonide di Ceo, in cui il poeta critica un'affermazione di Pittaco secondo cui sarebbe difficile mantenersi onesti: ci sembra agli occhi di Protagora una contraddizione, poich nello stesso carme Simonide aveva affermato in precedenza che difficile era diventare buoni. Socrate, tuttavia, di avviso contrario e, chiamando in causa Prodico, concittadino di Simonide, ricorre alla sua dottrina della sinonimica[13] per svelare quello che sarebbe il genuino significato del carme (341a). La parola difficile, infatti, implica un riferimento al male, per cui Pittaco verrebbe criticato da Simonide per il semplice fatto che sembra ritenere un male il mantenersi buoni e onesti. Tralasciando poi questo
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tipo di analisi e rivolgendo lattenzione allintero carme, Socrate dimostra che anche Simonide era dell'idea che si compie il male non deliberatamente, per propria volont, ma solo per ignoranza. Pittaco aveva sbagliato nel dire che mantenersi buoni difficile: difficile infatti divenire buoni, ma mantenere se stessi in tale condizione non difficile, semmai divino! (344e) Solo chi in piedi pu cadere, e allo stesso modo, colto da sventura, potr divenire malvagio solo chi buono, e non chi lo gi. Il cattivo medico non qualcuno che non conosce la medicina (non sarebbe nemmeno un medico), ma piuttosto un medico che ha studiato larte e opera male; e cos, malvagio pu esserlo solo un uomo buono divenuto cattivo per lo sciagurato evento di perderne la scienza (345b).[14] Simonide, conclude Socrate, sembra dunque dire che nessuno compie il male volontariamente, ma perch costrettovi da eventi contingenti - ovvero, perch sottoposto alla volont altrui o perch ha perso la conoscenza del bene.

La virt insegnabile?
Terminata la sua analisi del carme di Simonide, Socrate decide di tornare a discutere con Protagora sugli argomenti poc'anzi abbandonati, questa volta, per, ricorrendo alla brachilogia. Dopo aver richiamato lattenzione sui punti lasciati in sospeso, Protagora dichiara che il coraggio diverso dalle altre quattro virt citate da Socrate (sapienza, temperanza, giustizia, santit), poich capita spesso che uomini vili e malvagi abbiano in realt coraggio da vendere (349d). Protagora sembra intendere il coraggio nel senso di audacia, la quale, osserva Socrate, nel caso degli insipienti non una virt, ma follia: un soldato che non conosce le tecniche di lotta e si butta ugualmente nella battaglia non coraggioso, semmai pazzo.[15]

Johann Friedrich Greuter, Socrate e i suoi studenti, XVII secolo

Protagora per un interlocutore attento, e smaschera la strategia di Socrate: audacia e coraggio non sono la stessa cosa, anche se capita che gli audaci siano coraggiosi, poich l'audacia frutto sia di scienza che di follia, mentre il coraggio dipende dalla disposizione dell'animo (350d-351d). Il dialogo si sposta cos sul rapporto bene-piacere e sullopinione diffusa secondo cui possibile compiere il male perch sopraffatti da piacere o dolore. Capita sovente, afferma Socrate con lapprovazione di Protagora, che ci che al momento provoca piacere con l'andare del tempo sia causa di dolore, mentre altre cose che provocano dolore (come le cure mediche) in seguito diano effetti piacevoli: ora, se tutti riconoscono che i farmaci sono un bene, pur dando dolore in un primo momento, se ne deve dedurre che i beni e i mali si devono distinguere non per il loro effetto immediato, ma per l'effetto futuro. Ci che d effetti piacevoli dunque un bene, mentre i mali provocano sofferenza ( la cosiddetta tesi edonistica del Protagora).[16] Pertanto, il bene coincide col piacere, il male con la sofferenza (355b-c), e a chi obietta che il piacere immediato da preferire a quello futuro si pu rispondere che, come le grandezze lontane possono sembrare a uno spettatore pi piccole di quanto non siano, allo stesso modo i piaceri futuri possono sembrare inferiori a quelli immediati, pur essendo in realt superiori. La salvezza della vita sar dunque raggiungibile con una techne in grado di valutare i piaceri e i dolori in modo equilibrato, detta appunto arte della misura ( ).[17] Ma, se di techne si tratta, essa deve essere insegnabile, anche perch, daltro canto, la sua ignoranza causa di male e quindi di dolore. Da tutto questo Protagora esce di fatto confutato, poich nello sviluppo della discussione ha negato la sua affermazione iniziale, e cio che la virt una techne (361a-b). Socrate, al contrario, avendola spuntata sul sofista, pu abbandonare la riunione e dedicarsi al suo improrogabile impegno - qualunque esso sia.

Note
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1. ^ Il Protagora ha per sottotitolo I sofisti, dialogo daccusa (Diogene Laerzio III, 59). 2. ^ In realt la datazione relativa di Gorgia e Protagora assai controversa, e non facile stabilire quale dei due dialoghi sia stato scritto prima. Talvolta viene fatta valere la ricercatezza stilistica per sostenere la posteriorit del Protagora, mentre altri studiosi ritengono che il Gorgia presupponga il Protagora e quindi gli sia successivo. C. Kahn addirittura colloca la composizione del Gorgia ai primi anni dopo la morte di Socrate. Per approfondire si rimanda a: Plato, Protagoras, translated with notes by C.C.W. Taylor, Oxford 1991, pp. XVIII-XX. Per la datazione del Protagora, si veda anche la cronologia riportata in: Platone, Protagora, a cura di F. Adorno, Bari 1996, p. XXXI. 3. ^ Il soggiorno ateniese di Protagora a cui si fa riferimento, non il primo (444 a.C.), ma il secondo, del 433 a.C. circa. Cfr. Platone, Protagora, a cura di F. Adorno, Bari 1996, p. 121, nota 11; Plato, Protagoras, translated with notes by C.C.W. Taylor, Oxford 1991, p. 64. 4. ^ Callia era famoso in tutta Atene come protettore di artisti e sofisti. Si vedano ad esempio anche Apologia 20a e Cratilo 391b. 5. ^ Plato, Protagoras, translated with notes by C.C.W. Taylor, Oxford 1991, p. 71. 6. ^ Plato, Protagoras, translated with notes by C.C.W. Taylor, Oxford 1991, p. 76. 7. ^ Non da escludersi che il mito riportato da Platone segua le tesi che Protagora proponeva in una sua opera, intitolata Sulla costituzione originaria (DK 80 A1). Cfr. Plato, Protagoras, translated with notes by C.C.W. Taylor, Oxford 1991, pp. 78ss. 8. ^ DK 80A1; Teeteto 152a. 9. ^ Plato, Protagoras, translated with notes by C.C.W. Taylor, Oxford 1991, pp. 132-135. 10. ^ Protagora un campione nei discorsi lunghi (macrologia), mentre Socrate preferisce i discorsi brevi (brachilogia). Nei discorsi troppo lunghi, infatti, possibile che passi di mente largomento della discussione, cosa che non accade se il discorso breve. Ma poi Socrate realmente cos smemorato? 11. ^ Quale sia limpegno di Socrate non dato sapersi. per probabile che si tratti di un trucco per spuntarla sul riluttante sofista, inducendolo ad accettare la brachilogia e quindi permettere a Socrate di fare uso dellelenchos. Daltra parte, si tenga presente che allinizio si dice che lintero dialogo viene narrato da Socrate ad alcuni amici, incontrati pochi attimi dopo avere lasciato il consesso in casa di Callia. Cfr. A. Capra, Agon logon: il Protagora di Platone tra eristica e commedia, Milano 2001, pp. 163-165. 12. ^ W. Jaeger, Paideia, trad. it., Firenze 1959, vol. 1, pp. 439ss. 13. ^ La sinonimica di Prodico la scienza del corretto uso delle parole. Prodico, allievo di Protagora, vantava di saper definire in modo univoco qualsiasi vocabolo, e il Protagora la principale testimonianza attraverso cui siamo in grado di ricostruire questa dottrina. Cfr. W. Jaeger, Paideia, trad. it., Firenze 1959, vol. 1, p. 465. 14. ^ Plato, Protagoras, translated with notes by C.C.W. Taylor, Oxford 1991, pp. 141-146. 15. ^ Plato, Protagoras, translated with notes by C.C.W. Taylor, Oxford 1991, pp. 149ss. 16. ^ La tesi edonistica del Protagora ha sollevato non pochi problemi agli studiosi, considerando che ledonismo viene svalutato in dialoghi come il Gorgia e il Filebo. Per approfondire: Plato, Protagoras, translated with notes by C.C.W. Taylor, Oxford 1991, pp. pp. 161ss. 17. ^ Plato, Protagoras, translated with notes by C.C.W. Taylor, Oxford 1991, p. 195.

Bibliografia
Edizioni Plato, Protagoras, edited by C.C.W. Taylor, Oxford U.P., Oxford 1991 Platone, Protagora, a cura di F. Adorno, Laterza, Roma-Bari 1996 Platone, Protagora, a cura di M.L. Chiesara, Bur, Milano 2010 Platone, Protagora, a cura di G. Reale, Bompiani, Milano 2006 Saggi e bibliografia secondaria A. Capra, Agon logon: il Protagora di Platone tra eristica e commedia, LED, Milano 2001 G. Casertano (a cura di), Il Protagora di Platone: struttura e problematiche, Loffredo, Napoli 2004 Platos Protagoras : proceedings of the Third Symposium Platonicum Pragense, edited by Ales Havlicek and Filip Karfik, Oikoymenh, Prague 2003
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Il protagora di Platone e il problema filosofico dell'educazione nel mondo greco, a cura di G. Brianese, Paravia, Torino 1993

Voci correlate
Dialoghi (Platone) Gorgia (dialogo) Teeteto Sofisti, tra cui: Protagora Prodico Ippia di Elide Crizia Retorica Relativismo etico sofistico

Altri progetti
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Collegamenti esterni
Protagora (http://www.ilgiardinodeipensieri.eu/testi/protagora.htm) da Il giardino dei pensieri (EN) Protagoras (ftp://sailor.gutenberg.org/pub/gutenberg/etext99/prtgs10.txt) sul Gutenberg Project Protagora di Platone (http://www.filosofico.net/prota.html) su Filosofico.net W. Jaeger, Platone e la riforma della paideia antica (http://it.encarta.msn.com/sidebar_221635567/Jaeger_Platone_e_la_riforma_della_paideia_antica.html) Portale Filosofia Portale Letteratura

Categorie: Opere letterarie in greco antico Dialoghi platonici Opere letterarie del IV secolo a.C. Questa pagina stata modificata per l'ultima volta il 18 set 2013 alle 22:01. Il testo disponibile secondo la licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo; possono applicarsi condizioni ulteriori. Vedi le Condizioni d'uso per i dettagli. Wikipedia un marchio registrato della Wikimedia Foundation, Inc.

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