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Corso 2007-2008
Platone e limmortalit dellanima.
Il corso si propone di analizzare gli argomenti platonici sullimmortalit dellanima,
presentati nel Fedone. Poich per tali argomenti conducono Platone ad affrontare
alcuni aspetti fondamentali del suo pensiero, quali la natura della morte, il suicidio, il
divenire, la reminiscenza, la teoria delle idee, il metodo filosofico, lanalisi della
causalit, la vita dopo la morte, ecc., il corso sar unoccasione per sviluppare anche
questi aspetti. Il testo fondamentale, da leggere integralmente, il Fedone
(introduzione, premessa al testo e note di Alessandro Lami, traduzione di Pierangiolo
Fabrini, BUR 1996), ma ci si avvarr anche di altri dialoghi qualora la trattazione lo
richieda.
Programma
(1) Introduzione: Platone, Socrate, la forma del dialogo
(2) Il Fedone: presentazione del dialogo (57a-59c, pp. 92-103 Lami)
(3) Socrate in prigione (59c-69e, pp. 103-159 Lami): la natura della morte, il
suicidio
(4) Prima prova: largomento ciclico (69e-72e, pp. 159-175 Lami): il principio del
divenire e la sua applicazione al caso dellanima
(5) Seconda prova: la reminiscenza (72e-78b, pp. 177-203 Lami): analisi del
rapporto tra la teoria della reminiscenza del Fedone e quella presentata nel
Menone
(6) Terza prova: laffinit dellanima con le idee (78b-84b, pp. 203-235 Lami)
(7) La natura dellanima e levoluzione platonica della sua concezione: il Fedone,
la Repubblica, il Fedro e il Timeo
(8) Le obiezioni di Simmia e Cebete: lanima come unarmonia e lanima come un
vecchio tessitore (84c-88b, pp. 235-251 Lami)
(9) Risposta di Socrate a Simmia (lanima come armonia : 88c-95a, pp. 251-289
Lami)
(10) Risposta di Socrate a Cebete (lanima come un vecchio tessitore):
lautobiografia di Socrate; le cause platoniche (95b-102a, pp. 289-321 Lami)
(11) La prova finale dellimmortalit dellanima (102a-107b, pp. 321-345 Lami)
Dropide
Crizia
Callescro
Crizia (30 t.) Glaucone
Carmide
Perittione
Platone
concordia per quasi due secoli; ma anche di Crizia e Carmide, figure ben pi
inquietanti. In particolare Crizia, lo zio materno, fu un estremista oligarchico che nel
404 (quando Platone aveva 24 anni) rovesci la democrazia ateniese cancellando gli
equilibri sociali che Solone aveva instaurato. Crizia cerc di instaurare il potere di un
gruppo di ricchi aristocratici (i Trenta tiranni, di cui fece parte anche il nipote
Carmide) il cui carattere sanguinario risult per insopportabile. Il potere di Crizia
dur infatti pochi mesi e fu rovesciato da una restaurazione democratica, che per,
come vedremo, non si rivel migliore, almeno agli occhi di Platone.
Latteggiamento di Platone nei confronti dellimpegno politico e legislativo appare
in tutta la sua portata in una lettera a lui attribuita, la Lettera VII. In molti hanno
sollevato seri dubbi sulla sua autenticit; altri hanno invece presentato argomenti,
piuttosto convincenti, sulla sua autenticit4. Vale senzaltro la pena di considerare
questa lettera come un documento platonico, scritto in tarda et, ma indubbio che
essa debba essere utilizzata con estrema precauzione.
Come che sia, la Lettera VII descrive latteggiamento e il coinvolgimento politico di
Platone sin dai tempi dei Trenta tiranni. Scrive Platone:
da giovane anchio condivisi una passione comune a molti: pensavo, non appena
divenuto padrone di me stesso, di volgermi allattivit politica (Lettera VII, 324b)5.
Questa vocazione alla politica, lungi dallessere un fatto eccezionale, era una tappa
quasi obbligata nella vita dei giovani aristocratici del V e del IV secolo a.C.
Per il giovane Platone la prima occasione si present allepoca del colpo di stato dei
Trenta tiranni gi accennato:
caso volle che fra i Trenta si trovassero alcuni miei parenti6 e persone a me ben
note, e subito mi mandarono a chiamare, come se la cosa mi spettasse (324d).
Platone per non tard a riconoscere il carattere violento e oppressivo della
tirannide, e a sottrarvisi:
a vedere queste cose ed altre simili di non minor gravit, restai davvero disgustato
e mi ritrassi con indignazione da quei crimini. Dopo non molto tempo caddero i
Trenta e tutto il loro regime. Di nuovo, ma in maniera pi pacata, mi prese il desiderio
di impegnarmi nella politica e nelle vicende pubbliche (325a-b).
Il regime democratico, restaurato dopo pochi mesi con unazione di forza in cui lo
stesso Crizia venne ucciso, sembr allinizio tollerante, concedendo unampia
amnistia agli avversari. Qualche anno dopo, per, cio nel 399 a.C., accadde un
evento estremamente traumatico per Platone, che lo spinse ad abbandonare per
sempre la politica ateniese: Socrate, il suo maestro, venne processato con laccusa di
empiet e condannato a morte. La condanna di Socrate apr un conflitto insanabile tra
la dimensione politica della citt, a cui Platone apparteneva per tradizione in quanto
giovane aristocratico di spicco, e lesercizio critico del pensiero filosofico che Platone
aveva fatto suo in quanto allievo di Socrate. Da questo momento in poi, Platone non
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cess di riflettere sul rapporto tra filosofia e politica: lo testimoniano i suoi dialoghi
pi famosi, quali la Repubblica, il Politico, le Leggi, ma anche la sua testimonianza
biografica nella Lettera VII:
alla fine, mi resi conto che fino a quel momento tutte le citt soggiacevano a un
cattivo governo, in quanto le loro leggi, senza un intervento straordinario e una buona
dose di fortuna, si trovavano in una condizione di quasi incurabilit. E fui costretto a
dire, elogiando lautentica filosofia, che solo a partire da essa possibile individuare
tutte quante le forme di giustizia sia politica che personale. Le generazioni umane non
saranno quindi liberate dai loro mali finch la generazione di coloro che praticano la
filosofia in modo autentico e vero non sia pervenuta al potere politico, oppure finch
coloro che comandano nelle citt, per una qualche sorte divina, non comincino a
praticare la filosofia (326a-b).
Il punto cruciale, e la convinzione che Platone qui manifesta si trovava gi nella
Repubblica: lidea cio che solo un potere filosofico potr porre fine ai mali della
citt. Nella Repubblica Platone aveva chiarito quali filosofi fossero legittimati a
esercitare questo compito, e in virt di quale sapere; ma importante sottolineare che
questa convinzione spinse Platone a operare anche sul piano pratico, secondo quanto
attestato dalla Lettera VII.
Platone infatti comp ben tre viaggi alla volta di Siracusa per convincere prima il
tiranno Dionisio I (primo viaggio, avvenuto verso il 388 a.C.), poi il figlio Dionisio II
(gli altri due viaggi, uno nel 366 e laltro nel 361) a stabilire una sorta di governo
filosofico non tirannico. Le spedizioni fallirono miseramente a causa di ingenuit,
sospetti e intrighi. Ma Platone, cos come alcuni allievi della sua scuola (lAccademia,
fondata probabilmente intorno al 387) che lo seguirono, dimostrarono di essere non
solo uomini tutti parole, ma uomini capaci di impegnarsi in azioni.
Socrate (470 a.C.-399 a.C.)
Passiamo ora alla formazione filosofica di Platone. Diogene Laerzio, sempre nel
libro a lui dedicato, afferma che Platone pratic la filosofia dapprima come seguace
di Eraclito; in seguito, allet di ventanni divenne discepolo di Socrate; alla morte
di Socrate si attacc a Cratilo leracliteo et a Ermogene, che in filosofia professava le
dottrine di Parmenide7. Prima di fondare lAccademia a Atene, si ritir presso
Euclide a Megara, presso il matematico Teodoro a Cirene, e poi in Italia per
incontrare i pitagorici Filolao e Eurito8.
Le influenze di questi percorsi filosofici si sentono nei dialoghi: Platone infatti
erediter da Eraclito e dal seguace Cratilo (a cui dedicato uno dei dialoghi platonici)
lidea che la realt sensibile non sia vera realt, in quanto sempre in totale mutamento;
ci lo condurr ad una totale sfiducia nei confronti della conoscenza sensibile.
Parmenide sar molto presente nellelaborazione e nellevoluzione della teoria delle
idee (anche a lui Platone dedicher un dialogo), mentre forti saranno gli aspetti
matematici e religiosi, mutuati appunto dai pitagorici e dai matematici con cui entr in
contatto. Tutte queste influenze si mostrano anche nel Fedone, come vedremo.
Ma indubbio che linfluenza pi profonda e duratura fu esercitata da Socrate.
Il problema fondamentale, ben conosciuto, che Socrate non ha lasciato nulla di
scritto, ragione per cui risulta particolarmente difficile conoscere a sufficienza il suo
pensiero e il suo insegnamento per parlare seriamente della sua filosofia. Tutto ci che
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Socrate si presentava fin da subito come una figura enigmatica, in primo luogo a causa della sua
collocazione sociale. Figlio di uno scultore e di una levatrice, Socrate apparteneva al ceto artigianale a
cui non cess mai di riferirsi (celebre limmagine del filosofo-levatrice, che aiuta il giovane Teeteto a
partorire la verit di cui gravido), suscitando il disprezzo dei suoi interlocutori aristocratici. Daltro
lato, egli annoverava tra i suoi amici e allievi molti esponenti dellaristocrazia ateniese (ricordiamo, a
parte Platone, Alcibiade, presente nel Simposio, e anche la sua frequentazione di Crizia e Carmide),
forse per via del suo atteggiamento critico nei confronti della democrazia attestato da Platone, e su cui
forse ha costruito la sua idea delle lite dei filosofi-re o dei re-filosofi da sostituire alle
incompetenti assemblee democratiche.
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Une bella presentazione di Socrate si trova in M. Vegetti, Quindici lezioni, Lezione due.
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Cfr. Vegetti, Quindici lezionii, pp. 31-39.
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Gli eristi erano un gruppo vicino ai sofisti, che praticavano la controversia su ogni argomento al solo
scopo di vincere. Per farlo non esitavano a servirsi di sotterfugi e ambiguit.
Vedi la descrizione che ne fa Nicandro (II a.C.), nel suo poema a proposito delle droghe.
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pecuniaria). E curioso che la sola volta in cui Platone fa il proprio nome per
segnalare appunto la propria assenza: unassenza ritenuta da molti simbolica, che si
collega al fatto che, nel corpus degli scritti platonici, lautore non parla mai in prima
persona, in quanto le tesi filosofiche presenti sono sempre discusse da altri14.
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Per una bella presentazione di tale questione vedi M. Vegetti, Quindici lezioni, lezione 5.
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(3) Socrate in prigione: la natura della morte, il suicidio (59c-69e, pp. 103-159 Lami)
Bibliografia:
P. Boyanc, Notes sur la phroura platonicienne, Revue de philologie, 1963, pp. 711
P. Courcelle, La prison de lme, dans Connais-toi toi-mme. De Socrate saint
Bernard, 1974-1975, vol. II, 207-224.
R. di Giuseppe, La teoria della morte nel Fedone platonico, Napoli 1993
Conversazione iniziale:
(1) Preannuncio del principio dei contrari:
E il momento in cui Socrate comincia a parlare. Vengono introdotti i suoi
compagni, a Socrate viene liberata la gamba dalla catena, ed egli, sfregandosela dopo
averla piegata, esclama:
Che ben strana cosa...pur essendo due (60b-c, p. 105 Lami).
Questo passaggio annuncia un argomento che Platone affronter pi tardi
nellambito di una delle dimostrazioni dellimmortalit dellanima: si tratta
dellargomento dei contrari appartenenti ad una sola cosa. La teoria dei contrari,
enunciata nel Fedone, sar ripresa e sviluppata anche da Aristotele nella sua fisica e
nella logica. A proposito della relazione tra il piacevole e il doloroso (in greco
abbiamo in effetti due aggettivi), che sono contrari, Socrate sottolinea due aspetti:
a) i due non possono coesistere contemporaneamente;
b) se se ne insegue uno e lo si afferra, si in un certo senso costretti ad afferrare
anche laltro.
a) in che senso non possibile la coesistenza dei due? Probabilmente Socrate vuol
dire che piacere e dolore non possono cominciare assieme, ma che luno deve
venire dopo dallaltro. In effetti, il sollievo che Socrate sente sfregandosi la
gamba arriva dopo il dolore che egli aveva precedentemente, quando la gamba
era incatenata. E presumibile che nel momento in cui si sfrega la gamba, senta
un miscuglio dei due.
b) Che vuol dire Socrate dicendo che quando si insegue uno dei due, si afferra anche
laltro? Mentre infatti si pu dire che si persegue il piacere, sembra difficile
affermare che si persegue il dolore; n sembra corretto dire che se si persegue il
piacere si afferra necessariamente anche il dolore (e viceversa). Sicuramente non
ci che Socrate sta sperimentando. Forse Socrate sta qui presentando solo
unopinione diffusa tra gli uomini, ma che sembra essere falsa (si noti come si
esprime nel passaggio in analisi: egli parla di ci che gli uomini chiamano
piacere e dolore). Come sappiamo, e come vedremo, tutto ci che riguarda il
corpo e il sensibile non per Socrate che pura apparenza.
(2) Il suicidio
Ma largomento principale della conversazione iniziale tra Socrate e i suoi
discepoli (Cebete e Simmia) concerne unapparente contraddizione che Socrate deve
cercare di risolvere: quella tra il divieto di uccidersi et lopinione secondo la quale in
certe circostanze e per certe persone15 meglio essere morti che vivere (62a, p. 117
Lami).
Le questioni che si pongono sono le seguenti:
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Si tratta di un poeta e filosofo di modesto talento, che insegnava la virt per cinque mine, come si
dice nellApologia 20b.
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Nel Fedone, lanima sar identificata con lintelletto e il pensiero, cio con
lelemento razionale che pensa. In tal senso, Socrate affermar che lanima tocca la
verit (65b9), ragiona (65c2), acquisisce il sapere (76c6) o possiede il sapere
(76c12). Lanima trattata alla stregua della vista: la vista lorgano di una visione
materiale, lanima sar lorgano di una visione intellettuale (oppure si tratta di un
soggetto che apprende la verit).
Lidentificazione tra lanima e il pensiero conduce Socrate ad operare una
distinzione radicale tra la ragione e tutto il resto delle attivit umane, espulse dalla
parte del corpo. E come se il ragionamento fatto da Platone fosse il seguente:
quello che io, Platone, voglio fare, di isolare una pura attivit dellanima. Come
posso fare? Procedo per esclusione:
- i sensi hanno bisogno del corpo (cio, degli organi sensoriali)
- i piaceri hanno bisogno del corpo
- i desideri hanno bisogno del corpo
e cos via.
Qual lunica attivit che non ha bisogno del corpo? Il pensiero. Si noti che tale
conclusione condivisa anche da Aristotele, che invece ha la tendenza a identificare
lanima con delle funzioni corporee. Tuttavia sembra che i filosofi abbiano torto. In
effetti, vero che non posso vedere senza occhi n udire senza le orecchie: forse che
posso pensare senza cervello? Seguendo tale ragionamento, anche il pensiero
risulter essere unattivit corporea.
Pi tardi, in altri dialoghi come Repubblica e Fedro, Platone render il discorso pi
complicato : in particolare distinguer lanima in tre parti (razionale, sensibile e
appetitiva), considerando i conflitti che nel Fedone ascrive allanima e al corpo,
come conflitti tra parti dellanima17.
Svalorizzazione del corpo
Socrate discute questo argomento in 65b (p. 137 Lami):
E che dici...ti sembra cos?
In questo passaggio si assiste a una svalorizzazione dei sensi (nel senso di organi
della percezione): la vista , o ludito, ci dice Socrate, non ci fanno conoscere nessuna
cosa con verit, perch non sono esatti. Ora, questo disprezzo dei sensi
continuamente presente nel Fedone (cfr. 65c, 65e-66a, 79c, 83a, 99e). Parlando della
vista e delludito, Socrate dichiara che essi non sono n esatti n chiari.
Probabilmente egli pensa agli errori della vista dovuti alla distanza: un esempio
famoso dellantichit quello della torre che da lontano sembra tonda e da vicino
quadrata. Si pensi anche allesempio divenuto celebre grazie a Cartesio (e da lui
utilizzato proprio per dichiarare che i sensi ci ingannano) del bastoncino che in un
bicchiere dacqua pare spezzato.
Socrate per radicale: egli non si limita a dire che i sensi ci offrono una visione
imperfetta o confusa della realt. Egli dichiara che i sensi non sono di alcuna utilit
per la conoscenza, ma solo un impedimento. Essi impediscono allanima di accedere
ai veri oggetti della conoscenza, cio alle idee o forme, entit che vengono introdotte
in 65d (p. 139 Lami): il giusto in s, il bello in s, il buono in s.
Insomma, Socrate sostiene due cose:
i)
che i sensi non sono degli strumenti di conoscenza, anzi, sono di
impedimento ad essa
ii)
che il mondo fisico non loggetto reale della conoscenza.
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vedi infra, (7) La natura dellanima e levoluzione platonica della sua concezione..
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(4) Prima prova: largomento ciclico; il principio del divenire e la sua applicazione
al caso dellanima (69e-72e, pp. 159-175 Lami).
Bibliografia:
J. Barnes, Critical notice of D. Gallop, Plato: Phedo, Oxford 1975, in Canadian
Journal of Philosophy, 2, 1978, pp. 397-419 (fotocopia disponibile)
Abbiamo visto che la teoria socratica ha lo scopo di pensare e parlare
legittimamente dellanima come separata dal corpo; essa per, come osserva
giustamente Cebete (70a, p. 159 Lami) non dice nulla sullesistenza dellanima una
volta avvenuta la separazione. Lanima infatti potrebbe dissolversi immediatamente
dopo levento (come suggerisce Cebete), oppure durare per un po e poi corrompersi
(comme vediamo che avviene nella maggior parte dei casi per il corpo).
Con la prima prova, invece, Platone incomincia a dimostrare qualcosa
sullesistenza dellanima. Il linguaggio vago perch in effetti non facile capire che
cosa Platone voglia realmente dimostrare. O forse il problema che Platone vuole
dimostrare una cosa, ma di fatto la dimostrazione che presenta, arriva a dimostrare
qualcosa di molto pi debole.
Quello che Platone vuole probabilmente dimostrare che lanima esiste dopo la
morte dellessere umano, cio dopo la separazione dellanima dal corpo; quello che
invece il suo argomento riesce a dimostrare qualcosa di un poco differente.
Cebete chiede di dimostrare lesistenza dellanima dopo la morte18;
Socrate risponde proponendo di esaminare la seguente questione: le anime degli
uomini che hanno cessato di vivere (cio dopo la morte) esistone nellAde oppure no?
La proposizione da dimostrare sembra quindi essere effettivamente lanima esiste
dopo la morte.
Ma alla fine di tutto largomento Socrate conclude (71e, p. 169 Lami) dicendo
allora esistono veramente le nostre anime nellAde; il riferimento al post mortem
non c pi.
Ora: lanima esiste nellAde post mortem implica lanima esiste nellAde; ma
lanima esiste nellAde non implica lanima esiste nellAde post mortem.
Si tratter di vedere se il riferimento post mortem resta implicito oppure se
semplicemente sparisce.
In ogni caso, qualunque sia la conclusione dellargomento, essa non implica
limmortalit dellanima, ma compatibile con lidea di una durata finita dellanima.
Lanima cio potrebbe esistere prima o dopo la sua unione con il corpo, ma solo per
un tempo finito: dopodiche potrebbe corrompersi e perire. Quindi, il problema
sollevato da Cebete permane.
Per esaminare la questione, Socrate propone per la seconda volta un metodo che
consiste in un mlange di racconto (di miti) verosimile e di ragionamento rigoroso
(cfr. 70b5-70c3, p. 161 Lami: tenere una conversazione non una buona traduzione
di diamythologein, verbo che ancora una volta contiene la marola mito: meglio
tradurre con raccontare una storia).
Racconto di un mito: 70c (p. 163 Lami)
E proviamo a esaminare...unaltra argomentazione.
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A dire la verit, Cebete chiede una prova non solo dellesistenza dellanima dopo la morte, ma anche
della persistenza della sua capacit di pensare e conoscere (70b). Socrate si dedica alla questione
dellesistenza, rimandando a dopo quella delle caratteristiche dellanima (seconda prova), tra cui il
pensiero.
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Per dimostrare (i) o (i*), Socrate invoca il principio dei contrari, che riguarda non
solo gli uomini, ma anche gli animali e le piante, insomma tutto ci che soggetto al
divenire. Il temine greco ghenesis (tradotto nella nostra traduzione con nascimento,
a mio avviso a torto) presenta gli stessi problemi di traduzione del verbo ghignomai.
Per ora lo traduciamo con il termine divenire.
Qual allora questo principio? Eccone le formulazioni socratiche:
1) 70e1-2: tutte le cose che possiedono un contrario ghignetai cos: i contrari da
nullaltro che da contrari.
2) 70e4-6: bisogna indagare se necessario (e non inevitabile come traduce
Fabrini), per tutto ci che ha un contrario, che non da altro esso ghignetai se non dal
suo contrario.
3) 71a9-10: ammettiamo come adeguatamente provato che tutte le cose
(pragmata) ghignetai in questo modo, i contrari dai loro contrari.
Se troviamo una spiegazione dellespressione da nullaltro che da contrari,
potremo comprendere cosa significa dai morti nellargomento che S. vuole
dimostrare a proposito delle anime.
Ho lasciato volutamente il verbo greco non tradotto: la traduzione italiana presenta
nascimento per ghenesis e nascere per gignomai. Questa traduzione si rivela
problematica:
si veda lesempio a pagina 165: per essere coerenti con essa dovremo dire quando
una cosa nasce pi grande, necessario che essa nasca pi grande in seguito, da pi
piccola che era prima. Invece giustamente, per lesempio, Fabrini sceglie di tradurre
ghigesthai con diventare. Gi dallesempio si inizia a comprendere che il divenire
di cui Socrate sta parlando quello che abbiamo scelto: il divenire F a partire dal
divenire G, dove F e G sono due propriet contrarie (es. bianco/nero;
piccolo/grande).
E comunque difficile trovare una traduzione coerente di ghenesis/gignomai. Il
problema aggravato dal fatto che Platone, quando parla di contrari (enantia), si
esprime in maniera ambigua: pu parlare anche di cose contrarie (vedi la terza
formulazione, che parla di pragmata, cose), quando di fatto si tratta di propriet
contrarie.
Comunque sia, un modo per enunciare il principio dei contrari il seguente:
necessario che, per ogni cosa che possiede una propriet contraria, questultima
non derivi da nullaltro che dal suo contrario. Resta il problema di come interpretare
quel da.
Questioni
Le questioni che questo principio solleva sono le seguenti:
i)
definizione di contrario
ii)
come spiegare in modo pi chiaro la derivazione del contrario dal suo
contrario.
Vale la pena di chiarire questi due aspetti considerando gli esempi che Socrate
propone per chiarire il principio dei contrari.
Esempi di primo tipo:
Riprendiamo il passaggio 70e (p. 163 L.): cos per esempio...migliaia daltri
esempi .
Gli esempi di primo tipo sono coppie di contrari come bello/brutto, giusto/ingiusto.
Esempi di secondo tipo:
70e6-71a7 (p. 165 L.): Per esempio...da pi ingiusta?.
Gli esempi di secondo tipo sono i seguenti:
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una cosa diviene pi piccola dopo (ek) essere stata dapprima pi grande, e
viceversa;
- una cosa diviene pi debole dopo (ek) essere stata pi forte
- una cosa diviene pi veloce dopo (ek) essere stata pi lenta
ecc.
E chiaro dagli esempi che Socrate sta parlando di propriet contrarie che una cosa
possiede. Si tratta di propriet contrarie perch, come abbiamo visto nella
conversazione iniziale, esse possono essere possedute da una stessa cosa, ma non
nello stesso momento.
Inoltre, dagli ultimi esempi che abbiamo visto (piccolo/grande, debole/forte, ecc.),
sembra che il discorso di Socrate implichi che la cosa che possiede una delle due
propriet contrarie, debba aver posseduto immediatamente prima laltra delle due
propriet contrarie.
NB i primi esempi (giusto/ingiusto e forse bello/brutto) vengono forse trasformati in
esempi di secondo tipo: cfr. 71a 6-7: una cosa diventa peggiore dopo essere stata
migliore; una cosa diventa pi giusta dopo essere stata pi ingiusta.
In effetti i primi esempi presentati da Socrate (bello/brutto; giusto/ingiusto) non
sembrano dei buoni esempi perch non rientrano nel tipo di contrario che Socrate
sembra avere in mente (era anche il problema che abbiamo trovato allinizio del testo,
quello della relazione tra piacere e dolore): una cosa che diventa bella non deve essere
stata necessariamente brutta immediatamente prima; stesso discorso per
giusto/ingiusto.
Invece gli esempi di secondo tipo sembrano richiedere tale sequenza: se ora mi
sento debole perch prima mi sentivo forte. C stato un momento, immediatamente
prima di sentirmi debole, in cui mi sentivo forte.
E giunto ora il momento di trovare una spiegazione per il termine ghenesis: si tratta
del processo che porta da una propriet alla propriet contraria, e che si deve adattare
agli esempi dati da Socrate.
La prima cosa da sottolineare che Platone sta parlando di un cambiamento che si
opera in una stessa cosa. Egli si esprime infatti in questi termini:
quando una cosa diventa pi grande, necessario che diventi grande dopo (ek)
essere stata pi piccola.
La seconda cosa da sottolineare che lek greco, puntualmente usato negli esempi,
non significa derivazione, ma successione temporale.
Quindi la frase in 71a9-10, che universalizza quello che possiamo chiamare il
principio del divenire, non deve essere tradotta come nel nostro testo (p. 165):
ammettiamo come adeguatamente provato che tutte le cose nascono in questo
modo, i contrari dai loro contrari
bens
ammettiamo come adeguatamente provato che tutte le cose divengono F in questo
modo, i contrari immediatamente dopo i contrari;
il senso :
un oggetto giunge a possedere una propriet (immediatamente) dopo aver
posseduto la propriet contraria.
Quindi, secondo Socrate, qualunque cosa possieda una propriet, deve aver
posseduto immediatamente prima la propriet contraria.
Socrate aggiunge una circolarit delle coppie di propriet contrarie: secondo
lesperienza comune, egli dice, le cose piccole si accrescono e diminuiscono, le cose
fredde si riscaldano e divengono di nuovo fredde, ecc. Nel descrivere il divenire, egli
sottolinea quindi una sorta di reciprocit:
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La nostra traduzione di Fabrini purtroppo conserva nascere da che a questo punto risulta fuorviante
(p. 167 Lami: e dunque questi due stati, se vero che sono contrari, nascono luno dallaltro?). Il
problema si presenta drammaticamente anche a pagina 169.
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