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Lo Stato ideale

Introduzione

Nell'introduzione di questo libro l’autore inizia con evidenziare la ricchezza del pensiero di
Platone, la quale è talmente ampia da portare ad evidenti contraddizione tra le sue varie
posizioni (es.: il dinamismo del Simposio e del Fedro e la rassegnazione delle Leggi, la
rinuncia nel Gorgia e l’aspirazione e fiducia nella Repubblica…); questi diversi pensieri
possono costituire una sorta di paradossi, ma in realtà essi devono essere letti e interpretati
secondo una chiave storica: quando infatti Platone scrisse le sue opere non era cosciente fin
dall’inizio di tutti i diversi temi che avrebbe trattato, ma la diversità di essi sono il frutto
dell’evoluzione del suo pensiero, dovuto al passare degli anni e alla crescita e
invecchiamento del filosofo.
Un primo contributo a questa interpretazione storica lo diedero i filologi, l quali lavorarono
meticolosamente al fine di avere una collocazione cronologica dei vari scritti di Platone:
grazie a loro Oggi disponiamo infatti di un sicuro ordine cronologico delle opere platoniche;
essi trascurarono però il contenuto delle sue opere, quindi il tentativo attuale è proprio quello
di fare in modo di riportare anche un Platone che sia unitario, giustificando lo sviluppo
storico di tutte e sue idee senza sacrificarne nessuna.

Successivamente, l’autore dice chiaramente il tema di cui questo libro si occuperà: il


pensiero politico di Platone, il quale si trova nella Repubblica, nel Politico e nelle Leggi.
Qui si nota ancora una volta la necessità di un’interpretazione storica delle opere di Platone,
la quale deve contenere anche la biografia del filosofo e il contesto storico nel quale visse:
questo perché la politica rappresentava una delle aspirazioni e ansie più grandi per Platone,
e inoltre grazie alla conoscenza biografica e storica di Platone si può arrivare a capire se lo
Stato ideale che egli propose doveva secondo lui rimanere soltanto un modello ideale
oppure avrebbe dovuto concretizzarsi.

La gioventù sino alla crisi mistica

In questo capitolo si è cercato di ricostruire la biografia di Platone, focalizzando l’attenzione


sulle condizioni politiche di Atene in quell’epoca, l’ambiente in cui lui visse, gli uomini che
frequentò e che costituirono i suoi primi modelli e la conoscenza con Socrate.
Platone nacque intorno al 428-427 a.c., un anno dopo la morte di Pericle; in questo periodo
iniziarono ad esserci delle tendenze demagogiche ad Atene e continuarono (con una piccola
interruzione oligarchica nel 411) fino al 404, quando Atene si arrese a Sparta.
Platone nacque da una delle famiglie più nobili di Atene (parentele persino con Solone), la
quale era di orientamento filospartano ed antimperialista, e questo ambiente famigliare lo
portarono sicuramente ad avere un orientamento aristocratico.
Le figure che nella sua gioventù costituirono un modello furono prima di tutto persone che
erano a contatto con la sua famiglia, come Carmide (suo zio materno che rivestì
un’importanza politica) Crizia (cugino della madre, ebbe un ruolo nella politica dal 411 fino al
suo esilio nel 406; Platone rimase però probabilmente soggiogato dalla sua personalità e da
un fascino di natura letteraria, infatti da lui prese la scruttura in forma dialogica) e Alcibiade
(il contatto con Platone fu abbastanza limitato; Platone fu affascinasto dalla sua capacità di
eccellere e di soggiogare gli uomini).
Fino a diciott’anni Platone si dedicò alla ginnastica e agli studi, oer poi prestare servizio
militare per due anni; fu poi orientato alla carriera politica (a causa dell’ambiente in cui visse
e degli uomini che frequantò detti sopra, insieme al fratello stesso che la intraprese).
Probabilmente, per ricevere un'educazione adatta ad entrare nella vita pubblica si rivolse a
Socrate, e questo incintro lo cambiò per sempre: nonostanmte egli nin avesse idee polituche
diverse da Platone (anche Socrate era a favore dell’aristocrazia), egli portò Platne ad avere
un atteggiamneto di esitazione verso ka carriera politica che prima era convonto di
intraprendere, portandolo a chiedersi quale potesse essere il vero plituco e dubitando sulla
positività di persone che prima costituivani per lui dei midelli, come Alcibiade: adesso era
Socrate a cotituire per lui un esemoio da seguire.
Quandi Socrate fu cindannato a morte, intorno al 399 a.c. Platone iniziò a cogliere
pienamnete quel contrasto insanabile tra il mondo reale e il mondo ideale e iniziò a
comorendere un principio per lui fondamentale: la giustizia è sapienza; come poteva allora
prestare la sua opera ad uno Stato che rappresentava per lui l’ignoranza?
Platone diede così addio alla carrera politica, ma volle xomunque fare un’attività in qurl
campo; andò quindi a Megara per runirsi con i discepoli di Socrate serando di accordarsi
peruna possiblit di azione, ma essi erano più dediti alla teoria, così tornò ad Atene per
dedicarsi all’attività letteraria (scrittura dell’Apologia e del Critone).
Il disgisto verso Atene, la scarsa cinsiderazione per i suoi scritti e il desiderio di coniscere gli
uomini lo portarono in Egitto e a Cirene; dell’Egitto egli ammirò il sistema politico basato
sulle caste e sulla fissità dei cstumi, i quali davano stablità allo Stato e una precisa divisione
delle funzioni, mentre condannò la violeza e il timore che questa suddivisione gerarchica
suscitava. Egli aveva quindi un duplice atteggaimwneto verso il sistema politico egiziono, da
cui prese la convinzione che sia meglio non poter uscire dalla propria classe e fare quindi il
compito che la società ci ha affidato ma usando il criterio della consicenza oer determinare
le diverse classi dello Stato.
Platone tornò poi ad Atene, dove continuò la sua attività letteraria (scrittura di Lachete,
Liside e Carmide) e iniziò a formarsi la sua cerchoa di allievi; in questo periodo ritenne che
ke sue idee sul problema della giustizia fossero abbastanza maturare per scrievre la
Reoubblica, che però si arrestò inizialemnte al primo libro, a causa del suo bisogno di fare
ancora esperienza e della decadenza di Atene in quel periodo, che portavano le persone a
non interessarsi degli scritti di Platone.
Inizia quindi per lui una crisi rimasta latente dalla morte del suo maestro, che si manifesterà
nel Gorgia (scriitto tra il 391 e il 390), minacciandolo per un momenti lo scetticismo e a
sfiducia in se stesso: le riforme che egli auspicava sarebbero realmente migliori della realtà
che aveva di fronte?
Alla fine però egli riesce a superare questa crisi grazie ad una verità che acquisì: il politico
deve essere un filosofo: innalzò quindi la politica alla filosofia.
E’ realizzabile un simile ideale in questo mondo? La condanna a morte di Socrate e la
recente crisi che gli visse gli suggerivsno di no, ma in lui era radicata la convinzione che la
verità dovesse essere in quale modo realizzata, a costo di esserlo nell’Aldilà.
Era quindi pronto a tornare a scrivere la Repubblica, ma prima egli decise di viaggiare amcra
per fare nuove esperienze.

Il sistema educativo e politico dei pitagorici

Nel 390 Platone va in Italia, dove entra a contatto con i circoli pitagorici, stringendo amicizia
con Archita, stratega di Taranto; in questo ambiente egli individuò una realizzazione,
seppure parziale, dei suoi principi: infatti, graziw al metodo educativo dei pitagorici, egli trovò
una soluzione al problema del creare i politici ideali di Platone (politico-filosofo) e del cercare
il mezzo con cui essi potessere adempiere alla loro funzione; l’educazione pitagorica era
fondata sulla musica, la quale rappresentava l’armonia tra gli opposti, che diventa l’armonia
dell’anima.
Sembra quindi che la tripartizione dello Stato derivi dai pitagorici (la tripartizione dell’anima
risale invece probabilmente a più tardi).
L’emancipazione da Socrate e dal suo intellettualismo astratto, che inizia a mostrarsi già nel
Gorgia (opposizione tra ideale e reale), in questo periodo si fa sempre più evidente, grazie a
questa opposizione pitagorica tra i due opposti e alla necessità di un’armonia tra essi:
Platone non credeva più infatti che bastasse infondere una certa coniscenza nell’animo di un
discepolo, ma è invece necessario un elemento passionale opposto alla ragione che ostacoli
l’apprendimento e di un’armonia che unisca questi due opposti (la musica); questa
edicazoone musicale non portava ancira ad essere un filosofo, ma portava l’anima ad
armonizzarsi e quindi si avvicinava la possbilità di diventare un filosofo, permetttendo inotte
ad essi di attuare una reale azione politica (soluzione ai due orblemi detti prima).
Un altro aspetto dei pitagorici che influnzò Platone fu la parziale comunione dei beni che
facevano (le donne sono in comune e ricevono la stessa educazione degli uomini), la
religiosità, l’amicizia (che influì sull’eros di Platone e passa da essere considerato un
rapporto ristretto tra due persone a un’unione tra molt uomini, dandogli quindi un impulso
politico) e la concezione di gustizia; quest’ultima era da loro cincepita sotto un duplice
aspetto, uno naturale e divino (principio metafisico del mondo “ugualmente uguale”; questa
democrazia perfetta non è però attuabile sulla Terra, ma l’uomo sapiente può elevarsi a
questa sfera) e uno umano (essa si riduce alla legalità; non è applicabile in questo caso
l’uguaglianza, erchè in uno stato ideale regna la diversità, come quella tra il filosofo e il non
filosofo; è necessario quindi stabilire una scala basata su un valore proporzionale degli
individui).
Platone andò poi alla corte di Siracusa, regnata dal tiranno Dionisio il vecchio, sperando di
trovare in essa un campo d’azione; qui strinse amicizia con Dione, cognato di Dionisio,
facendolo temdere all’deale di re-filosofo e respingere la vita dissoluta di Siracusa.
Apoena però Dionisio seppe di questo legame fece cacciare Platone da Siracusa.
Tornato ad Atene nel 388, Platone si cinvinse che il tiranno Dionisio fosse l’uomo più infelice
della Terra.
La Repubblica

Tornato ad Atene lo spirito di Platone entra nella fase costruttiva e creatrice, andando ad
occuparsi del problema dell’educazione.
Egli fonda l’Accademia, che doveva essere la scuola di questi nuovi uomini politici da lui
pensati, i filosofi, anche se su riscntraroni delle diffocoltà (non era possibile nell’Atene di
allora fondare un’associazione ampia e influente come quella dei pitagorici e un’aristocrazia
basata sulla mediazioen tra sensibilità e razionalità).
Egli continuò inoltre la sua attività letteraria ripremdemdo la Repubblica e altri dialoghi minori
(Menesseno e Menone tra il 387 e il 385 in cui si nita un riaccostamento alla democrazia,
perché gli uomini politici democratici pur non possedendo la scienza tengono la giusta
opinione della mediazione tra sensibilità e razionalità, l’Eutidemo in cui afferma il rincipio
fondamentale del politico-filosofo, il Fedone, in cui Platone sente la netta separazione tra
reale e ideale ed esprime per il filosofo la necessità di rutirarsi in una solitudine ascetica;
esso esprime quindi una rinuncia alla vita, e il Simposio, che ha relazioni con le idee
politiche sviluppate nella Repubblica; esso, a diffwerenza del Fedone, riporta invece un certo
ottimismo di Platone, perchè trova nell’eros unma nuiva armonia tra gli opposti; si inizia
inoltre a pensare ad una tripartizione dello Stato, così come dell’anima, arrovamdo quindi a
riaccostare insieme l’individuo e lo Stato; quest’ultimo rappresenta quindi un individuo
ingrandito, tanto che la morale, che è la virtù del singolo, coincide con la politica. Nasce
inoltre una pluralità di virtù, che si distacca da quella univca di Socrate; anche l’educazione
subisce una tripartizione in base alle tre classi: la terza classe fu scartata, la seconda dei
guerrieri fu associata ad un’educazione basata sulla musica e sulla ginnastica, andando
quindi a coatituire un’educazione duplice ).
La Repubblica fu pubblicata intorno al 375 e, nonostantwi vari dibattiti a causa di pensoeri
ache in contraddizoone tra loro i quest’unica opera, essa è Oggi definita come un’opera
unitaria, in cui ci sono delle contraddizioni a causa del desiderio dell’autore di non rifiutare
nulla di se stesso, riportando quindi le varie posizioni che egli assunse in vent’anni.
Essa rappresernta la fusione tra il reale e l’ideale, perchè vuole fornire l’indicazione dei
mezzi con cui l’uomo può giungere all’ideale attraverso il reale.
Nei vent’anni della sua composizione, la Repubblica riporta quindi un’idea di Stato che si
evolve: in una prima fase lo Stato rappresentava per Platone la perfetta democrazia cosmica
di Empedocle e aveva una dimensione più ideale che reale (come riportò anche nel Fedone
e nel Fedro), mentre in una fase successiva Platone arriva ad una separazione eno netta tra
l’ideale e il reale, arrivando a penare che una realizzazione del suo stato ideale non sia
impossibile, ma esso è comunqie ancora troppo distante dall’umano (i filosofi dovrebbero
arrivare ad essere dei mistici perfetti), quindi questa realizzazione è comunque molto difficile
(così riportò anche nel Simposio).
Nel 380 l’idea di Stato inizia a non essere più trascedente e quindi realizzabile e i filosofi
diventano da mistici a degli scienziati accessibili agli uomini.
Andiamo adesso ad approfomdire alcune tematiche riportate nella Repubblica: innanzitutto,
vediamo la relazione tra l’eros e lo Stato; l’eros secondo Platone si sviluppa inizialmente
nell’individuo, portando ala sua piena manifestazione al sua indivodualità nel suo aspetto
universale; esso si manifesta grazie al’accostamento dell’anma di ognuno di noi prima verso
un uomo, poi verso più uomni, immortalando quindi la sua individualità attraverso la vita
della comunità: quest’ultima è infatti necessaria pwr la creazione di uno Stato, che
rappresenta il mezzo per arrovare alla conoscenza dell’idea suprema.
L’eros assume quindi una funzione educativa, ma in realtà fu difficile inserirlo in questa
funzione, oerchè solo su pochi può agire in modo educativo e su questo concetto influivani
considerazioni storiche (nek suo Stato Platone non piteva tohliere nell’educazione un posto
alla musica, perchè era un elemnto improtante per i pitagorici ma anche per i Greci e c’era
inoltre la necessità di cercare un fattoree che garantisse la stabilità al suo organismo statale,
che Pkatone trovò nelle armi di Soarta e quindi nella ginnastica); nommistante questo, l’eros
rimane comunque il filo cndittore della Repubblica.
Riguardo alla comunione delle donne e dei beni, Platone riconobbe alla donna il diritto di
partecipare all’eros maschile e di avere quindi i diritti politici. La comunità non toglie inoltre
l’uomo alla sua indovodualità, ma gli fornisce quella vera, perchè rende cosciente l’uomo
della sua posizione e del suo computo nell’universo, dandogli la sua virtù (che coincide con
la virtù dello Stato).
La giustizia consiste proprio in questa suorema virtù in cui ognuno “adempie al suo ufficio
nella comunità”, armonizzando l’anima con lo Stato; ogmi coytadino deve quindi prendere
nello Stato la posizione che gli è stata assegnata dal suo valore (= Archita); la giustizia si
distingue inoltre tra goistizia politica e umana (rapporto tra il filosofo e gli altri uomini) e
conoscenza del bene. Nello Sttao di Pkatone tutti devovno partecopare in qialche modo alla
giustizia, permettendo a ogni cittadino di realizzare e pridirre tutto ciò che è in lui latente e
potenziale, per poi condurlo alla felicità di tutti gli uomini: il filsofo, infatti, giunge al orivilegio
di poter conoscere il bene grazie all’aspirazione dell’umanità al bene.

La fase ulteriore della politica platonica


Le vicende in Sicilia e il “Politico”

Durante la scrittura della Repubblica e del Simposio assistiamo ad uno spirito fiducioso del
filosofo, il quale vive il superamento dell’iniziale crisi che possiamo riscontrare nel Gorgia e
nel Fedone: questo periodo è per Platone il più felice della sua vita.
Questa fiducia è destinata però a concludersi, principalmentre a causa di due eventi che
avverranno in seguito: il primo riguarda l’accoglienza negativa della Repubblica dopo la sua
pubblicazione, sulla quake Pkatone riponeva molte speranze; infatti, l’opera fu cinsiderata
dagli aristocratuci come una semolice fsndonia sofista, mentre i demicratici accusarono
Platone di aver scritto un’opera sulla limitazione della libertà: Platone fu quindi considerato
un utopista e probabilemnte anche deriso.
Il secondo motivo di sconforto rigiardava invece l’insuccesso della sua Accademia, la quale
non riiuscì a fare dei suoi allievi (tra cui Aristotele) quei re-filosofi che idealizzò Platone.
Si oresentò quindi amcira una volta a Platine quell’abisso tra reale e ideale che iniziò ad
apparire ancira più incolmabile di prima; in questianni (369-367 a.c.) Pkatone scrisse il
Teeteto, il quale rispecchiava lo stesso spirito rasseganto del Gorgia e del Fedone.
Nonostante questa nuova crisi, lo Stato ideale di Platone non smetteva di essere per lui
realizzabile, contro cui il male nulla poteva, e l’eros di cui parlò nella Repubblica era amcira
vivo in lui; inoltre, l’amico e discepolo Dione rappresentava per lui un concreto esempi di
politico-filosofo.
Nel 367 morì Dionisio, tiranno di Siracusa, a cui succedette il giovane figlio Dionisio II; Dione
rivestì quindi un ruolo sempre più importante nella corte, tanto da iniziare ad avere un certo
influsso sul giovane tiranno, tanto da convinverlo a trasformare la tirannia che regnava a
Siracusa in una monarchia legale; ciò portò oerò a dei malcontenti e alla creazione di partiti
che avevano il desiderio di un rutorno alla politica del tiranno precedente, come quello di
Filisto.
Questi avvenimenti spinsero Dione a richiamare Platone a Siracusa, con la speranza di
poter influire lui stesso sul giovane Dionisio, ma i rapporti ormai tendenziosi tra Dione e
Dionisio vaneggiarono questo temtativo.
Dionisio finì per mandare Dione in esilio, mentre a Platone fu impedito di tornare nella sua
patria in modo da impedure a Dione un tentativo viokento di ritorno; Platone passò quindi
l’inverno tra il 366 e il 365 a Siracusa, dove iniizò ad avere un influsso sul tiranno: il sogno
diPlatone di dare alle città greche che rsiedevano in Sicilia un’indipendenza e ua
riaffermazione contro i Cartaginesi contsgiarono infatti anche il tiranno, tanto ce in quel
periodo lavorarono insieme alla scrittura di delle leggi da dare alla città.
Il tentativo di Pkatone di convimcere Dionisio a dedicarsi alla filsofia non fu però mai
completo, così nella primavera del 365 tornò ad Atene, rassegnandosi al fatto che il tiranno
nin sarebbe mai diventato il suo politico ideale, ma con a soeranza che esso potesse
comunque esssere un monarca temperato e legale.
Tornato ad Atene, nnistante il fallliment del suo tentativo su Dionisio, il suo spirito si rinnovò,
tanto che nacque in lui il desiderio di scrivere un’altra grande opera che costituisse
l’approfodimento e il suoeramento della Repubblica: siamo quindi arrivati all’origine delle
Leggi, un’opera costituita da quattro dialoghi, il Teeteto (già pubblicato prima del suo viaggio
a Siracura), il Sofista, il Politico e il Filosofo; già dal nome di questi vari scritti si può
comprendere il tentativo di Pkatne di giungere all’ideale attraverso il reale.
Già alla scrittura del Sofista Platone si rese oerò conto del nitevole distacco tra l’ideale
(considerato ormai quasi irranggiungibile) e il reale (una dimensione a cui gli uomini erano
incatenati senza la soeranza di uscirne): questi sono i primi segni della sfiducia e
rassegnazione che accompagano ka vecchiaia di Platone.
Nek filosofo c’era però ancira un’uktima soeranza, che aveva caratterizzato la Repubblica,
che risiedeva in Dione, il quake inn quegli anni viveva a stretto cntatto cin Platone e il quae
rappresentava l’ideale di uomo che Platone descrisse nella Repubblica.
Questo atteggiamneto ambivalente di Platone è presente nel successivo dialogo, il Politico, il
quale rappresenta il ponte tra Repubblica e le Leggi: da una parte è ancora riportato il
politico-filosofo ideale che regna portando la felicità allo Stato (atteggiamneto speranzoso
della Repubblica), dall’altro Platone inizia a parkare della legge, oresentandola come l’unica
soluzione ai mali e i disordini della comunità (atteggiamneto rassegnato che sarà presemte
nelle Leggi); quest’ultima forma di governo, che caratterizzava appunto un amonarchia
findata sulle leggi, era quel tipo di politica che Pkatone avrebbe vokuto vedere realizzata in
Siracusa (come detto orima, Dionisio no poteva infatti essere secondo Platone il governatore
del suo Stato Ideale, a cui ormai iniziava a non credere più sulla sua realizzazione).
Questi due tipi di pokitiche erano secondo il filosofo ormai inconciliabili tra loro, infatti, a
differenza della Repubblica, nel Politico la realizzazione dello Stato ideake non era più lo
scopo dell’opera, ma poteva rappresentare un frtunato caso accidentale.
Nel Politico si omette inoltre il tema dell’edicazione, centrake invece nella Repubblica, che
Pkatone si rassegnò all’imoossiblità di educare gli uomini: le norme si sostituiranno ad essa,
dando agli uomini almeno la giusta opinione.
perchè ciò fosse possibile era però necessaria la riconciliazione tra quest’ultimo e Dione, il
quale avrebbe dovuto fargli da consigliere.
Nel 361, quando Platone ebbe finito il Politico ed era sempre più cosciente dell’incolmabile
abisso tra ideale e reale, Dionisio costrinse Platone a tornare a Siracusa, perchè volle
invotarlo alla sua coerte a causa di un suo avvicinamenti alla filosofia; nonistante Platone
non volesse partire, consapevoe del fatto che non sarebbe riuscto a farlo riconcoliare con
Dione, egli dovette cedere all’invito a causa di un ricatto de tiranno cintro l’amico Dione;
arrivato a Siracusa, Pkatone fallì come previsto di cincincere Dionisio ad aderure
puenamente alla filosofia, e presto i due arrivarono alla rottura dei loro rapporti.
Dopo un anno di dolorose peripezie, Platine riuscì a tornare ad Atene, dove iniziò
unisolamento che caratterizzò gli uktimi anni della sua vita, caratterizzto dalla rassegnazione
del filosofo.

Le “Leggi”

Nonistante la rassegnazione di Pkatone, egli non era comunqie vinto, infatti soerava amcora
di giovare in qualcje modo agli uomini.
Tra il 356 e il 353 a.c. Platone scrisse l’Ermocrate, il quarto dialogo delle Leggi; vediamo ora
come si è formata la concezione politica delle Leggi e come e in che senso l’ideale della
Repubblica abbia dovuto retrocedere di fronte alla realtà storica: quando Platone scrisse la
Repubblica egli era convinto sulla possibilità dell’azione di uno Stato ideale sugli uomini e
per gli uomini, ma delle vicende esterne lo distolsero dalla soeranza di questa
immediatezza; nonistante ciò, Platone non smise mai di credere nella realizzabiità del suo
Stato ideale, anche se non nell’immediatezza di prima; Pkatone nin voleva però
accontentarsi di unapossibile attuazione futura delle sue idee, perchè egli guardava alla
cintemporaneità, nin alla posterità: per questo le sue idee divettero trasfomarsi; un segno di
questo nuovo indirizzo si aveva già nel 365, quand Platone progettò una tetralogia che
ancorasse maggioemnte il suo Stato ideale ai problemi storici (arrivò a questo grazie alle
sue esperienze a Siracusa); un aktro avvvenimento che lo persuasi di questo fu la
spedizione di Dione contro Dionisio nel 360, al quale Platone fornì un aiuto; nonostante
l’esito negativo di essa (nonostante la vittoria su Dionisio, Dione fu giustiziato perchè
accusato dai democratici di avere desideri di tirannide su Siracisa, e la città passò in seguito
nelle mani di vari tiranni e nel caos, facando finire per sempre la speranza di Platone di
vedere in Siracusa l’attuazione, almeno parziale, del suo Stato ideale), Platone ebbe
comunque una realizzazione delle sue aspirazioni in akcune città della grecia, grazie
all’influsso che lui e alcuni suoi allievi dell’Accdemia ebbero su alcune vicende politiche (il re
di una città greca seguì addirittura il consiglio di degli Accademici sull’attuazione di delle
leggi).
Ora vediamo invece la risoluzione dei oroblemu filosofici e politic nelle Leggi: il primo è il
rapporto tra il reale e l’ideale, nel quale il dualismo tra i due diventa nettissimoe insuperabile;
ciò porta Pkatone ad una cinsiderazione magiore del mondo reale, che secondo lui deve
essere analizzato e indagato dagli uomini, mentre è sempre più pessimista verso la
possibilità degli uomini di conoscere il mondo ideale.
La religione costituiva per Pkatone il nuovo leganme tra reale e ideale (come lo era stato la
sapienza nella Repubblica); la divinità ha secondo lui la funzione di dare agli uomini delle
leggi, infatti secondo lui Dio è la misura di tutte le cose. Dio (l’illimitato) e il mindo (il limitato)
sono inoltre due termini antitetici, nei quali la loro unione può essere solamente formale.
Riguardo alla morale, la virtù non è più la manifestazione della vera individualità che si
manifesta nella comunutà come nella Reubblica, ma semolicememte la statica armonia tra
sensibilità e razionalità.
L’educazione è invece vista come il modo di porre un limite e di dare ordine ai cintrastanti
impulsi della naturalità (nelle Leggi Pkatone inizia imfatti a aprlare dell’esietenza di un’anima
malvagia del mondo).
Platone iniziò inoltre ad accettare la democrazia, fino a orima rifutata, e i suoi mezzi (la
oersasione e la retorica), pwrchè essi possono convimcere il cittadino sulla necessità delle
normi e sulla loro osswrvnza, portandoli quindi ad avere un sentimento di legalità.
Platone auspica inoltre ad una cistituzione mista dello Stato (= Sparta, ma con keggi
ateniesi, come la divisione in ckassi ecnomiche e tribù territoriali, la cincessione dei diritti
politici a tutti i cittadini, l’ammissione dellassemblea popolare e del democratico metodo di
elezione mediante il sorteggio); questi principi influenzeranno Momtesquieu.
Ciò dimostrò la rinuncia di Platone al suo ideale di politico-filosofo; in realtà però nel XII libro
delle Leggi, scritto probabilete negli ultimi mesi della sia vita, questo ideale torma come una
profezia: si vede infatti l’introdizione di una kegislazione nuova e un cinsoglio che si riunisce
quotidianaemnte nella notte formato da uomini che hanno non solo la retta opionione, ma
amche la sapienza.
Poco orima della sia morte, Platone proclama quindi il suo principio immortale: scopo
dell’uomo è la coniscenza, e la comoscenza si raggiunge nella comunità e per la comunità.

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