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PLATONE: IL MITO DI PROMETEO

Daniela Leuzzi

PRESENTAZIONE DEL LAVORO

Il percorso prevede l’analisi del mito di Prometeo nel Protagora di Platone (320c-323a), centrata su
aspetti sia morfologici sia contenutistici.

Il lavoro è suddiviso in tre fasi:

 Fase 1: presentazione dell’autore, con note biografiche e inquadramento storico

 Fase 2: schema sulla struttura complessiva del Protagora

 Fase 3: lettura e commento al testo, con osservazioni morfo-sintattiche

COLLOCAZIONE

I Liceo classico, in parallelo con lo studio di Platone in Storia della filosofia.


Il percorso può essere inoltre proposto come laboratorio di traduzione, da realizzarsi nel corso di
lezioni partecipate, anche indipendentemente dall’approfondimento letterario. L’analisi del testo è
infatti mirata anche alla revisione di alcune strutture morfo-sintattiche essenziali.

TEMPI : 6/7 ore

 2 lezioni partecipate di 2 ore ciascuna (presentazione dell’autore e del dialogo selezionato,


laboratorio di traduzione, con fasi di lavoro autonomo degli allievi e momenti di controllo e
confronto con il docente)

 1 ora per la verifica finale

 1 ora per il commento alla verifica, associato a indicazioni per il recupero e il potenziamento
(da inserire, eventualmente, anche in 1 ora integrativa)
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SEQUENZA DIDATTICA

1) L’autore e l’opera

Si presenta la biografia dell’autore, collegandosi con le nozioni apprese nello studio della Storia
della filosofia e segnalando in particolare la connessione tra le fasi della vita del filosofo e la
produzione letteraria.

Platone nacque ad Atene, da una famiglia aristocratica, nel 428 a.C., in un periodo che coincide con
la crisi della Grecia periclea.

Il padre Aristone discendeva da Codro, mitico re di Atene, la madre Perictione apparteneva invece a
una famiglia imparentata con Solone. Fratelli di Platone furono Adimanto e Glaucone (che
compaiono come interlocutori di Socrate nel dialogo platonico Repubblica) e Potone, che avrebbe
poi dato alla luce Speusippo, successore di Platone nella guida della scuola da lui fondata,
l’Accademia.

Platone ricevette l’educazione tradizionale, incentrata sulla ginnastica e sulla musica. Nella sua
giovinezza fu discepolo di Cratilo, seguace di Eraclito, a venti anni iniziò a frequentare Socrate e ne
seguì l’insegnamento.

Nel 404, con la vittoria di Sparta nella guerra del Peloponneso, fu instaurato ad Atene un governo
oligarchico filospartano, capeggiato da quelli che in seguito sarebbero stati chiamati i Trenta
Tiranni.

Crizia, zio materno di Platone, era membro influente di questo governo dispotico e violento, che fu
abbattuto nel 403. Platone fu, tuttavia, deluso anche dalla democrazia restaurata che nel 399 mandò
a morte Socrate, con l’accusa di corrompere i giovani e di introdurre nuove divinità, non rispettando
gli dei della città.

La morte del maestro suscitò molte riflessioni in Platone, che finalizzò la riflessione filosofica a
rendere giusta una città, evidentemente ingiusta e corrotta, in quanto aveva condannato Socrate,
uomo senza dubbio giusto.

Dopo la morte di Socrate, Platone andò a Megara presso Euclide, secondo la tradizione si recò poi a
Cirene, a Creta e in Egitto, cominciando a comporre i suoi primi dialoghi. Nel 388 Platone andò a
Siracusa, governata dal tiranno Dionisio il Vecchio, fermandosi durante il viaggio anche in Italia
meridionale, in particolare a Taranto, dove conobbe il pitagorico Archita. Imbarcatosi in seguito su
una trireme spartana per tornare ad Atene sarebbe stato condotto, su istigazione di Dionisio, con il
quale era entrato in contrasto, a Egina, allora in guerra con Atene, venduto come schiavo e riscattato
da Anniceride di Cirene.

Tornato ad Atene nel 387, Platone acquistò il giardino dedicato all'eroe Academo e vi fondò
l’Accademia, una scuola di filosofia caratterizzata da una vita in comune tra maestro e discepoli,
riconosciuta sul piano giuridico come associazione religiosa, dedita al culto di Apollo e delle Muse.

L’Accademia rivaleggiò per principi educativi con una scuola di retorica, fondata da Isocrate poco
tempo prima, forse nel 392. Presso l’Accademia soggiornarono anche studiosi illustri, come il
matematico e astronomo Eucnosso di Cnido e il medico Filistione di Locri.

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Platone restò in Atene circa vent’anni e ripartì soltanto nel 367, nel momento in cui, morto Dionisio
il Vecchio e salito al potere Dionisio il Giovane, fu invitato dallo zio di quest’ultimo, Dione, a
tornare a Siracusa, per insegnare la filosofia al giovane tiranno. Platone trovò però in Sicilia una
grave tensione nei rapporti tra Dionisio e Dione, che fu ben presto esiliato.

Nel 365, scoppiata una guerra in Sicilia, Platone tornò ad Atene, ma nel 361, persuaso dalle
promesse di Dionisio di richiamare Dione dall'esilio, si recò nuovamente in Sicilia, dove fu
costretto a prendere atto dell'impossibilità di trasformare il tiranno in un filosofo. Gli fu impedito di
allontanarsi da Siracusa, fino a quando riuscì ad avvertire Archita, il quale, con il pretesto di
un'ambasceria, inviò una nave per imbarcarlo.

Nel 360 Platone rientrò ad Atene e nel 353 Dione, dopo essersi impadronito di Siracusa e aver
cacciato Dionisio, fu assassinato da un gruppo di congiurati guidati dall’ateniese Callippo.

Platone morì nel 347 a.C. ad Atene.

Elenco dei dialoghi


(in base alle 9 tetralogie ordinate dal grammatico Trasillo, vissuto al tempo dell'imperatore Tiberio)

1. Eutifrone, Apologia di Socrate , Critone, Fedone


2. Cratilo, Teeteto, Sofista, Politico
3. Parmenide, Filebo, Simposio, Fedro
4. Alcibiade I , Alcibiade II , Ipparco, Amanti
5. Teagete, Carmide, Lachete, Liside
6. Eutidemo, Protagora, Gorgia, Menone
7. Ippia maggiore, Ippia minore, Ione, Menesseno
8. Clitofonte, Repubblica, Timeo, Crizia
9. Minosse, Leggi, Epinomide, Lettere

Possiamo suddividere cronologicamente le opere in tre periodi fondamentali:

 Le opere del primo periodo: gli scritti giovanili che trattano della condanna inflitta a Socrate,
dell’esaltazione della vita di quest’ultimo e della critica contro i Sofisti (Apologia di Socrate;
Critone; Ione; Lachete; Liside; Carmide; Eutifrone; Eutidemo; Ippia minore; Cratilo; Ippia
maggiore; Menesseno; Gorgia; Repubblica I; Protagora).

 Le opere del secondo periodo: gli scritti della maturità, così chiamati perché in queste opere Platone
va oltre le teorie socratiche ed elabora un proprio pensiero, dalla dottrina delle idee alla dottrina
dell’amore e dell’anima, dalla teoria sullo Stato ideale al compito del filosofo (Menone; Fedone;
Simposio; Repubblica II-X; Fedro).

 Le opere del terzo periodo: gli scritti della vecchiaia rappresentano un approfondimento e una
rivisitazione di alcune opere (Parmenide; Teeteto; Sofista; Politico; Filebo; Timeo; Crizia; Leggi;
Lettera VII; Lettera VIII).

2) Struttura complessiva del Protagora

Prima di leggere e commentare i brani selezionati si presenta in sintesi la struttura dell’opera, per
consentire agli allievi di comprendere meglio il testo greco che dovranno esaminare.

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Si parte dalla collocazione cronologica del dialogo, presentando due ipotesi:

 che si tratti di uno dei primi dialoghi, risalente al periodo in cui Socrate era ancora vivo

 che sia da collocarsi dopo i dialoghi aporetici e costituisca quindi il punto di arrivo della
riflessione del giovane Platone su Socrate

Nel dialogo il personaggio principale, a fianco di Socrate, è Protagora, il celebre sofista,


rappresentato al culmine della sua fama come un uomo anziano. Compaiono anche altri sofisti, in
particolare Ippia di Elide e Prodico di Ceo. Il dialogo si svolge forse intorno al 430 a.C. presso la
casa di Callia, un ricco aristocratico che apparteneva a una delle famiglie nobili più importanti della
città, amico e protettore dei sofisti. Sono presenti anche Alcibiade e Crizia, che sarà uno dei Trenta
Tiranni, entrambi seguaci di Socrate. Un ruolo importante ha Ippocrate, un giovane di buona
famiglia, desideroso di fare carriera politica, che si lascia appassionare dalla nuova cultura dei
sofisti. Il dialogo è tutto narrato da Socrate a un amico, di cui tuttavia non viene detto il nome. Nel
Protagora si discute della possibilità di insegnare la virtù, della natura della virtù stessa e del tipo di
educazione da impartire ai giovani affinché acquisiscano la virtù politica. Tali questioni sono
connesse anche con il dibattito sulla via di ricerca della verità e perciò sul metodo della filosofia.

Il dialogo può essere, in sintesi, così suddiviso:

Socrate incontra un amico e gli racconta quanto è avvenuto poco prima a casa di Callia, dove si è
svolta una lunga conversazione tra Socrate stesso e Protagora, mentre Alcibiade è intervenuto in
difesa di Socrate.

A casa di Socrate: arriva Ippodoro agitatissimo e annuncia l’arrivo di Protagora


Socrate racconta che, prima dell'alba, è venuto da lui il giovane Ippodoro, eccitato dalla
notizia ricevuta: ad Atene è arrivato Protagora, il celebre sofista, e lui vuole diventare suo
allievo. Socrate cerca di calmare il ragazzo e gli chiede per quale ragione egli voglia
seguire il sofista. L'obiettivo del dialogo è far riflettere Ippodoro ed elevare la sua
consapevolezza sulla scelta che sta per compiere. Per decidere è tuttavia necessario
ascoltare Protagora, i due stabiliscono quindi di andare a casa di Callia e di parlare
direttamente con Protagora.

A casa di Callia: che vantaggio può trarre Ippodoro diventando allievo di Protagora?
Non soltanto Protagora, ma anche altri sofisti, tra cui Ippia e Prodico, sono riuniti a
gruppi a discutere con i loro allievi e seguaci. Su tutti spicca la figura dell'anziano
Protagora. Socrate gli chiede, a nome di Ippodoro, quale vantaggio potrà trarre dall’essere
suo allievo, visto che desidera diventare un cittadino importante e pensa che frequentare
Protagora potrà aiutarlo. Protagora conferma che potrà progredire poiché imparerà a
prendere decisioni sia riguardo alle questioni private, come amministrare la propria casa,
sia riguardo alle questioni pubbliche: imparerà a gestire gli affari della città. Socrate
ritiene che questa virtù politica non possa essere insegnata.

Protagora risponde con due discorsi: con un mito e mediante un’argomentazione


Protagora racconta il mito di Prometeo, che ruba il fuoco agli dèi per regalarlo agli
uomini, e aggiunge che Zeus ha dato rispetto e giustizia a tutti gli essere umani perché
non potrebbe esistere città ordinata se tutti non possedessero queste virtù. Segue poi un
lunga argomentazione basata su esempi concreti a favore della tesi che la virtù politica sia
insegnabile.

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Dialogo tra Socrate e Protagora: la virtù è una sola?
Ha così inizio una lunga sequenza dialettica con cui Socrate mira a mettere in difficoltà
Protagora, mostrando che la sua idea di virtù è vaga e imprecisa.

Intermezzo
Socrate mostra l’intenzione di andare via poiché Protagora non sembra propenso a
discutere in base al suo metodo.

Interventi di mediazione dei presenti


Diversi dei presenti intervengono per trattenere Socrate e trovare una proposta sul metodo
da seguire per la conversazione che vada bene a tutti. Viene accolta la proposta di Ippia di
ricorrere a una via intermedia tra il "discorso breve" di Socrate e il più ampio discorso che
Protagora desidera.

Protagora interroga Socrate su alcuni versi di Simonide


Socrate, interrogato da Protagora in materia di poesia, si sente come colpito da un bravo
pugile. Ha poi inizio un ampio discorso di Socrate che tenta di spiegare i versi di
Simonide, forzandoli a un’interpretazione coerente con la tesi che aveva sostenuto prima
contro Protagora, ma ben poco fondata sulla realtà del testo; è un pezzo di bravura
davvero degno di un sofista.

Intermezzo
Ippia vorrebbe fare un suo discorso, ma viene fermato da un intervento di Alcibiade, che
propone che Socrate e Protagora riprendano la conversazione.

Riprende il dialogo sulla virtù prima interrotto


L’ultima parte del Protagora è interamente dedicata all’esame della virtù e in particolare
a ciò che accomuna tra loro le diverse virtù. Socrate non procede più per brevi domande e
risposte, ma in modo più ampio. È in queste pagine la più completa esposizione
dell’intellettualismo etico socratico: se si conosce il bene lo si compie, opposto a quanto
dirà il poeta latino Ovidio: video meliora proboque: deteriora sequor (cfr. Medea, vv.
1078-1080).

Conclusione
Socrate fa notare che lui e Protagora si sono scambiati le parti: se la virtù ha la sua base
nella conoscenza, allora deve essere insegnabile (al contrario di quello che egli stesso ha
detto all'inizio del dialogo), mentre ogni obiezione a questa tesi da parte di Protagora
favorisce l’idea che la virtù non sia insegnabile, che è il contrario di quello che Protagora
sosteneva all’inizio. Il dialogo si interrompe un po’ bruscamente e Socrate va via.

3) Lettura e commento: Protagora 320c-323a

La presentazione dell’intero dialogo consente di inserire meglio il mito di Prometeo, letto in lingua
originale, nel contesto della discussione tra il sofista Protagora e Socrate, riflettendo anche sulla
funzione del racconto nell’economia dell’opera. Il sofista di Abdera, discutendo sul tema della virtù,
illustra la propria tesi col mito di Epimeteo e Prometeo: Zeus, per render loro possibile vivere in
società, ha distribuito ai) d w/ j e di/ k h a tutti gli uomini, che hanno bisogno della cultura e
dell'organizzazione politica perché, a differenza degli altri animali privi di parola, non hanno doti
naturali, come artigli, zanne e corna, immediatamente funzionali ai loro bisogni. Tutti partecipano
di queste due virtù "politiche", che non vanno viste come connaturate all’uomo. Per questo è

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possibile insegnare ai)dw/j e di/kh agli uomini, mentre non si può "insegnare" a un toro ad avere
corna e zoccoli.

La lettura procede per sequenze: si traduce in classe il testo greco, inserendo un commento su
aspetti morfologici, sintattici e contenutistici.

1) Premessa: mu=qoj e lo/goj?

[320c] … 'All', w} Sw/kratej, e)/fh, ou) fqonh/sw: a)lla\ po/teron u(mi=n, w(j
presbu/teroj newte/roij, mu=qon le/gwn e)pidei/cw h2 lo/gw| diecelqw&n; polloi\
ou]n au)tw=| u(pe/labon tw=n parakaqhme/nwn o(pote/rwj bou/loito ou(/twj
diecie/nai. Dokei= toi/nun moi, e)/fh, xarie/steron ei]nai mu=qon u(mi=n le/gein.

Socrate, non mi rifiuterò; preferite però che ve lo dimostri raccontando un mito,


come gli anziani ai più giovani, o con un ragionamento?". Molti dei presenti
risposero che spiegasse come voleva. "Mi sembra più piacevole – disse –
raccontarvi un mito".

Protagora decide di affrontare la riflessione in merito alla virtù, ma chiede in quale forma sviluppare
il discorso, contrapponendo lo/goj e mu=qoj, rispettivamente associati a "ragionamento logico" e
"narrazione", simile a quella fatta dagli anziani ai più giovani (w(j presbu/teroj newte/roij),
modalità ritenuta anche più piacevole (xarie/steron)1.

2) Origine delle stirpi mortali e distribuzione delle facoltà naturali

]Hn ga/r pote xro/noj o(/te qeoi\ me\n h)=san, qnhta\ de_ ge/nh [320d] ou)k h]n.
'Epeidh\ de\ kai\ tou/toij xro/noj h]lqen ei(marme/noj gene/sewj, tupou=sin au)ta\
qeoi_ gh=j e)/ndon e)k gh=j ka\i puro\j mei/cantej kai\ tw=n o(/sa puri_ kai_ gh=|
kera/nnutai. 'Epeidh\ d' a)/gein au)ta\ pro\ j fw= j e)/mellon, prose/tacan
Promhqei= kai\ )Epimhqei= kosmh=sai/ te kai_ nei=mai duna/meij e(ka/stoij w(j
pre/pei. Promhqe/a de\ paraitei=tai 'Epimhqeu\j au)to\j nei=mai, “nei/mantoj de\
mou,” e)/fh, “e0pi/skeyai:”

C’era un tempo in cui esistevano gli dei, ma non esistevano le stirpi mortali.
Quando giunse anche per queste il momento, stabilito dalla sorte, della nascita,
gli dei le plasmarono nel cuore della terra, mescolando terra, fuoco e tutto ciò
che si amalgama con terra e fuoco. Quando le stirpi mortali stavano per venire
alla luce, gli dei ordinarono a Prometeo e a Epimeteo di dare con misura e
distribuire a ciascuno le facoltà naturali come conveniva. Epimeteo chiese a
Prometeo di poter fare da solo la distribuzione: "Dopo che avrò distribuito –
disse – tu controllerai".

Si realizza in classe la traduzione del brano, soffermandosi in particolare sui seguenti aspetti:

1
Per una riflessione su mu=qoj e lo/goj cfr. il percorso in Loescher Mediaclassica, Greco, Lessico e civiltà
(http://www.loescher.it/mediaclassica/greco/lessico).

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]Hn ga/r pote xro/noj o(/te qeoi\ me\n h)=san, qnhta\ de\ ge/nh [320d] ou)k h]n: verbo ei)mi/ con funzione
di predicato verbale, associato alla contrapposizione tra gli dei e le stirpi mortali, posti in risalto
anche dalle particelle me/n e de/.

a)/gein au)ta\ pro\j fw=j e)/mellon: verbo me/ l lw con infinito, per esprimere azione imminente,
talora connessa con intenzionalità, simile semanticamente alla perifrastica attiva latina.

prose/tacan Promhqei= kai\ 'Epimhqei= kosmh=sai/ te kai_ nei=mai: verbo prosta/ssw con dativo e
infinito. Si commenta in classe la traduzione, guidando gli allievi nella consultazione del
vocabolario e nella ricerca della costruzione legata al periodo che si sta esaminando (tini +
infinito)2.

w(j pre/pei: w(j + indicativo, con valore modale.

nei/mantoj de\ mou,” e)/fh, “e0pi/skeyai: genitivo assoluto (nei/mantoj de\ mou) che mette in risalto la
funzione di Epimeteo di effettuare la distribuzione delle facoltà naturali, associato a un imperativo
aoristo medio seconda persona singolare (e0 p i/ s keyai), utile per segnalare il compito di
osservazione, dato a Prometeo.

3) Epimeteo provvede alla distribuzione

Kai\ ou( / t w pei/ s aj ne/ m ei. Ne/ m wn de\ toi= j me\ n i) s xu\ n a)/neu ta/xouj
prosh=pten,[320e] tou\j d' a)sqeneste/rouj ta/xei e)ko/smei: tou\j de\ w(/plize,
toi=j d' a)/oplon didou\j fu/sin a)/llhn tin' au)toi=j e)mhxana=to du/namin ei)j
swthri/an. a4 me\n ga\r au)tw=n smikro/thti h)/mpisxen, pthno\n fugh\n h)
kata/geion oi)/khsin e)/nemen: a4 de\ hu]ce mege/qei, tw=|de [321a] au)tw=| au)ta\
e) / s w| z en: kai_ ta] l la ou( / t wj e)panisw=n e)/nemen. Tau= t a de\ e0mhxana=to
eu)la/beian e)/xwn mh/ ti ge/noj a)i+stwqei/h: e0peidh\ de\ au)toi=j a)llhlofqoriw=n
diafuga\j e)ph/rkese, pro\j ta\j e)k Dio\j w(/raj eu)ma/reian e)mhxana=to
a)mfiennu\j au)ta\ puknai=j te qrici\n kai_ stereoi=j de/rmasin, i(kanoi=j me\n
a)mu=nai xeimw=na, dunatoi=j de\ kai\ kau/mata, kai\ ei)j eu)na\j i0ou=sin o(/pwj
u(pa/rxoi ta\ au)ta\ tau=ta strwmnh\ oi)kei/a te kai_ au)tofuh\j e9ka/stw| kai_
[321b] u(podw=n ta\ me\n o(plai=j, ta\ de\ qrici\n kai_ de/rmasin stereoi=j kai\
a)nai/moij. Tou)nteu=qen trofa\j a)/lloij a)/llaj e)cepo/rizen, toi=j me\n e)k gh=j
bota/nhn, a)/lloij de\ de/ndrwn karpou/j, toi=j de\ r(i/zaj: e)/sti d' oi[j e)/dwken
ei]nai trofh\n zw/|wn a)/llwn bora/n: kai\ toi=j me\n o)ligogoni/an prosh=ye, toi=j
d' a)naliskome/noij u(po\ tou/twn polugoni/an, swthri/an tw=| ge/nei pori/zwn.
a( / t e dh\ ou] n ou) pa/ n u ti sofo\ j w! n o( 'Epimhqeu\ j e)/laqen au(to\n
[321c] katanalw/saj ta\j duna/meij ei)j ta\ a)/loga:

Così [Epimeteo, n.d.T.] inizia a distribuire, avendo persuaso [Prometeo, n.d.T].


Nella distribuzione, ad alcuni dava forza senza velocità, donava invece velocità ai
più deboli; alcuni forniva di armi, mentre per altri, privi di difese naturali,
escogitava diversi espedienti per la sopravvivenza. [321] Ad esempio, agli esseri
di piccole dimensioni forniva una facoltà di fuga attraverso il volo o una dimora
sotterranea; a quelli di grandi dimensioni, invece, assegnava proprio la
grandezza come mezzo di salvezza. Secondo questo stesso criterio distribuiva
tutto il resto, con equilibrio. Escogitava mezzi di salvezza in modo tale che
2
Si fa riferimento al vocabolario GI a cura di Franco Montanari, Loescher editore. Per la riflessione è
possibile avvalersi anche del CD allegato al vocabolario.

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nessuna specie potesse estinguersi. Procurò agli esseri viventi possibilità di fuga
dalle reciproche minacce e poi escogitò per loro semplici espedienti contro le
intemperie stagionali che vengono da Zeus, avvolgendoli di folti peli e di dure
pelli, per difenderli dal freddo e dal caldo eccessivo. Peli e pelli costituivano
inoltre una coperta naturale per ciascuno, al momento di andare a dormire. Sotto
i piedi di alcuni mise poi zoccoli, sotto altri unghie e pelli dure e prive di sangue.
In seguito procurò agli animali vari tipi di nutrimento, per alcuni erba, per altri
frutti degli alberi, per altri radici. Alcuni fece in modo che si nutrissero di altri
animali: dando però agli uni scarsa prolificità, agli altri diede invece fecondità,
offrendo così un mezzo di sopravvivenza alla specie. Ma Epimeteo non si rivelò
bravo fino in fondo: senza accorgersene aveva consumato tutte le facoltà per gli
esseri privi di ragione.

Nel brano si nota la contrapposizione tra alcune specie alle quali è assegnata la forza e altre più
deboli, ma dotate di velocità oppure di difese naturali o di altri espedienti. La successione delle
specie è indicata attraverso le particelle me/n e de/ (toi=j me\n … tou\j d' … tou\j de/ … toi=j d') alle
quali si ricorre con variatio dei casi, disposti a chiasmo (dativo plurale – accusativo / accusativo
plurale – dativo plurale).

L’uso attento di me/n e de/ si ritrova nel periodo successivo (a$ me\n… a$ de/), nel quale si segnala anche
la prolessi della proposizione subordinata relativa (a$ me\n ga\r au)tw=n smikro/thti h)/mpisxen,
pthno\n fugh\n h) kata/geion oi)/khsin e)/nemen: a$ de/ hu]ce mege/qei, tw=|de [321a] au)tw=| au)ta\
e)/sw|zen – agli esseri di piccole dimensioni forniva una facoltà di fuga attraverso il volo o una
dimora sotterranea; a quelli di grandi dimensioni, invece, assegnava proprio la grandezza come
mezzo di salvezza): il pronome neutro plurale (a$ de/) è infatti ripreso nella proposizione principale
(au)ta\ e)/sw|zen). Il brano procede poi con una rassegna di difese natuali assegnate alle specie
animali (ali, pelliccia, zoccoli) e si conclude evidenziando la stoltezza di Epimeteo che, senza
avvedersene, ha esaurito tutte le protezioni senza riservarne all’uomo.

'Epimhqeu\j e)/laqen au(to\n katanalw/saj ta\j duna/meij ei)j ta\ a)/loga: verbo lanqa/ n w +
participio predicativo. Si segnalano i due significati di tale costruzione (“non accorgersi di…”,
“agire di nascosto”, compiendo l’azione espressa dal participio predicativo), entrambi connessi con
il significato di base del verbo lanqa/nw “stare nascosto.” In questo caso la costruzione
contribuisce a porre in risalto la mancanza di riflessione di Epimeteo, già implicita nel suo nome
('Epimhqeu\j cfr. e0pimhqh/j –e/j da e)pi/ + manqa/nw, “penso o capisco dopo”).

4) L’uomo è privo di difese naturali

Loipo\n dh\ a)ko/smhton e)/ti au)tw=| h]n to\ a)nqrw/pwn ge/noj, kai_ h)po/rei o(/ti
xrh/saito. 'Aporou=nti de\ au)tw=| e)/rxetai Promhqeu\j e)piskeyo/menoj th\n
nomh/n, kai_ o(ra=| ta_ me\n a)/lla zw=|a e0mmelw=j pa/ntwn e)/xonta, to\n de\
a)/nqrwpon gumno/n te kai_ a)nupo/dhton kai\ a)/strwton kai\ a)/oplon: h)/dh de\ kai\
h( ei(marme/nh h(me/ra parh=n, e)n h[| e)/dei kai\ a)/nqrwpon e0cie/nai e0k gh=j ei0j fw=j.
'Apori/a| ou]n sxo/menoj o( Promhqeu\j h(/ntina swthri/an tw=| a)nqrw/pw| eu(/roi,
[321d] kle/ptei 9Hfai/stou kai_ 'Aqhna=j th\n e)/ntexnon sofi/an su\n puri\
a)mh/xanon ga\r h]n a)/neu puro\j au)th\n kthth/n tw| h)\ xrhsi/mhn gene/sqai kai\
ou(/tw dh\ dwrei=tai a)nqrw/pw|. Th\n me\n ou]n peri\ to\n bi/on sofi/an a)/nqrwpoj
tau/th| e)/sxen, th\n de\ politikh\n ou)k ei]xen: h]n ga\r para_ tw=| Dii/. Tw=| de\
Promhqei= ei)j me\n th\n a)kro/polin th\n tou= Dio\j oi)/khsin ou)ke/ti e)nexw/rei
ei)selqei=npro\j de\ kai_ ai9 Dio\j fulakai\ foberai\ h]san.

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Il genere umano era rimasto dunque senza mezzi e [Epimeteo, n.d.T.] non sapeva
cosa fare. Mentre era in difficoltà, arriva Prometeo per controllare la
distribuzione e vede gli altri esseri viventi forniti di tutto il necessario, mentre
l’uomo era sia nudo sia scalzo sia privo di giaciglio sia privo di armi. Intanto era
ormai giunto il giorno fatale, in cui anche l’uomo doveva venire alla luce. Allora
Prometeo, non sapendo quale mezzo di salvezza procurare all’uomo, ruba a
Efesto e ad Atena la perizia tecnica, insieme al fuoco – infatti era impossibile per
chiunque ottenerla o usarla senza fuoco – e li dona all’uomo. L’uomo ebbe in tal
modo la perizia tecnica necessaria per la vita, ma non la virtù politica, [322] che
si trovava presso Zeus. A Prometeo non era più possibile accedere all’Acropoli,
la dimora di Zeus, protetta da temibili guardie.

Prometeo interviene a svolgere il controllo della distribuzione svolta da Epimeteo, come era stato
prestabilito (cfr. sopra: nei/mantoj de\ mou,” e)/fh, “e0pi/skeyai: dopo che avrò distribuito – disse – tu
controllerai), e si accorge della netta differenza tra gli animali e l’uomo, messa in risalto dalle
particelle me& n e de/: tutti gli animali (ta_ me\n a)/lla zw=|a) sono forniti di difese adeguate, l’uomo
invece (to\n de\ a)/nqrwpon) ne è totalmente privo (gumno/n, nudo), condizione chiarita ulteriormente
da tre aggettivi con a)- privativo (kai\ a)nupo/dhton kai\ a)/strwton kai\ a)/oplon: sia scalzo sia
privo di giaciglio sia privo di armi).

Si commenta ulteriormente il periodo che illustra l’osservazione di Prometeo:

o(ra=| ta_ me\n a)/lla zw=|a e0mmelw=j pa/ntwn e)/xonta: verbo o(ra/w + participio predicativo (“vedo
che…”), uso del verbo e)/xw + avverbio per indicare “stare in una determinata condizione”.

Questa sequenza si conclude con la contrapposizione, nuovamente indicata da me&n e de/, tra l’abilità
tecnica utile per la vita (th\n me\n ou]n peri\ to\n bi/on sofi/an) e l’arte politica, che l’uomo non
possiede ancora (th\n de\ politikh\n ou)k ei]xen).

5) Il furto del fuoco

Ei0 j de\ to\ th= j 'Aqhna= j kai\ 9 H fai/ s tou oi) / k hma to\ koino/ n , e) n w{ |
[321e] e0filotexnei/thn, laqw\n ei)se/rxetai, kai\ kle/yaj th/n te e)/mpuron
te/xnhn th\n tou= 9Hfai/stou kai\ th\n a)/llhn th\n th=j 'Aqhna=j di/dwsin
a)nqrw/pw|, kai\ e0k tou/tou eu)pori/a me\n a)nqrw/pw| tou= [322a] bi/ou gi/gnetai,
Promhqe/a de\ di ) 'Epimhqe/a u(/steron, h|[per le/getai, kloph=j di/kh meth=lqen.
'Epeidh\ de\ o( a)/nqrwpoj qei/aj mete/sxe moi/raj, prw=ton me\n dia_ th\n tou= qeou=
sugge/neian zw/|wn mo/non qeou\j e0no/misen, kai\ e)pexei/rei bwmou/j te i9dru/esqai
kai\ a)ga/lmata qew=n: e)/peita fwnh\n kai_ o)no/mata taxu\ dihrqrw/sato th=|
te/xnh|, kai_ oi0kh/seij kai\ e0sqh=taj kai\ u(pode/seij kai\ strwmna\j kai\ ta\j e0k
gh=j trofa\j hu(/reto.

Entra allora di nascosto nella casa comune di Atena ed Efesto, dove i due
lavoravano insieme. Rubando quindi la scienza del fuoco di Efesto e la perizia
tecnica di Atena, le dona all’uomo. Da questo dono deriva all’uomo abbondanza
di risorse per la vita, ma, come si narra, in seguito la pena per il furto colpì
Prometeo, per colpa di Epimeteo. Dopo che l’uomo era diventato partecipe della
sorte divina, in primo luogo, per la parentela con gli dei, unico fra gli esseri
viventi, cominciò a credere in loro e cominciava a innalzare altari e statue di dei.

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Poi, subito, attraverso la tecnica, articolò la voce con parole e inventò case,
vestiti, calzari, giacigli e l’agricoltura.

Prometeo, per sopperire agli errori di Epimeteo nella distribuzione agli esseri viventi delle
facoltà utili alla sopravvivenza, ruba il fuoco di Efesto e la perizia tecnica di Atena.
Emerge l’uso del verbo lanqa/nw + participio predicativo per indicare l’azione compiuta
di nascosto (laqw_n ei0se/rxetai: entrò di nascosto). Si tratta, come si è detto, di uno dei
due significati di lanqa/nw (“compiere un’azione di nascosto” e “non accorgersi di”, cfr.
sopra e)/laqen au(to\n katanalw/saj ta\j duna/meij ei)j ta\ a)/loga: senza accorgersene
aveva consumato tutte le facoltà per gli esseri privi di ragione).

Dopo aver ricevuto il fuoco e la perizia tecnica e dopo essere diventato partecipe della
sorte divina (e0peidh\ de\ o( a)/nqrwpoj qei/aj mete/sxe moi/raj – mete/xw tinoj: “prendo
parte a qualcosa”), l’uomo inizia a distinguersi da tutti gli altri essere viventi, in quanto
venera gli dei, articola la voce con parole, inventa case, vestiti, calzature, giacigli e pratica
l’agricoltura.

6) La formazione delle città e la discordia

Ou(/tw dh_ pareskeuasme/noi kat' a)rxa\j [322b] a)/nqrwpoi w)/|koun spora/dhn,


po/leij de\ ou)k h]san: a)pw/llunto ou]n u(po\ tw=n qhri/wn dia_ to_ pantaxh=|
au)tw=n a)sqene/steroi ei]nai, kai\ h( dhmiourgikh\ te/xnh au)toi=j pro\j me\n
trofh\n i(kanh\ bohqo\j h]n, pro\j de\ to\n tw= n qhri/wn po/lemon e)ndeh/j
politikh\n ga_ r te/xnhn ou)/pw ei]xon, h[j me/roj polemikh/, e0zh/toun dh\
a(qroi/zesqai kai\ sw/|zesqai kti/zontej po/leij: o(/t' ou]n a(qroisqei=en, h)di/koun
a) l lh/ l ouj a( / t e ou) k e) / x ontej th\ n politikh\ n te/ x nhn, w( / s te pa/lin
skedannu/menoi diefqei/ronto.

Con questi mezzi in origine gli uomini vivevano sparsi qua e là, non esistevano
infatti città; perciò erano preda di animali selvatici, poiché erano in tutto più
deboli di loro. La perizia pratica era di aiuto sufficiente per procurarsi il cibo, ma
era inadeguata alla lotta contro le belve (infatti gli uomini non avevano ancora
l’arte politica, che comprende anche quella bellica). Cercavano allora di unirsi e
di salvarsi costruendo città; ogni volta che stavano insieme, però, commettevano
ingiustizie gli uni contro gli altri, non possedendo ancora la politica; a tal punto
che, disperdendosi di nuovo, morivano.

Gli uomini, dopo aver ricevuto da Prometeo il fuoco e la sapienza tecnica per gestirlo, non hanno
però risolto i problemi connessi con la sopravvivenza poiché, vivendo sparsi, sono preda degli
animali selvatici. L’uso di me&n e de/ mette in risalto l’utilità della perizia pratica che serve per
procurarsi il cibo (pro\j me\n trofh\n i9kanh\ bohqo\j h]n), ma non è sufficiente per difendersi dalle
belve (pro\j de\ to\n tw=n qhri/wn po/lemon e0ndeh/j).

La fase successiva della trasformazione delle comunità umane prevede la formazione delle città, ma
l’assenza dell’arte politica ha come immediato esito una nuova disgregazione, messa in notevole
risalto dalla proposizione subordinata consecutiva (w(/ste pa/lin skedannu/menoi diefqei/ronto: a
tal punto che, disperdendosi di nuovo, morivano).

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7) Rispetto e giustizia

[322c] Zeu\j ou]n dei/saj peri\ tw=| ge/nei h(mw=n mh\ a)po/loito pa=n, 9Ermh=n
pe/mpei a)/gonta ei0j a)nqrw/pouj ai0dw= te kai\ di/khn, i(/n' ei]en po/lewn
ko/smoi te kai\ desmoi_ fili/aj sunagwgoi/. 'Erwta=| ou]n 9Ermh=j Di/a ti/na
ou]n tro/pon doi/h di/khn kai\ ai0dw= a)nqrw/poij: “po/teron w(j ai9 te/xnai
nene/mhntai, ou(/tw kai\ tau/taj nei/mw; nene/mhntai de\ w{de: ei[j e)/xwn
i0atrikh\n polloi=j i9kano\j i0diw/taij, kai\ oi( a)/lloi dhmiourgoi/: kai\
di/khn dh\ kai\ ai0dw= [322d] ou(/tw qw= e)n toi=j a)nqrw/poij, h2 e0pi\ pa/ntaj
nei/mw;” “e0pi\ pa/ntaj,” e)/fh o( Zeu/j, “kai\ pa/ntej metexo/ntwn: ou) ga\r
a2n ge/nointo po/leij, ei0 o)li/goi au)tw=n mete/xoien w(/sper a)/llwn texnw=n.

Zeus dunque, temendo che la nostra specie si estinguesse del tutto, manda
Ermes per portare agli uomini rispetto e giustizia, affinché fossero
fondamenti dell’ordine delle città e vincoli d’amicizia. Ermes chiese a Zeus
come dovesse distribuire rispetto e giustizia agli uomini: “Devo distribuirli
come sono state distribuite le arti? Per queste, infatti, ci si è regolati così:
se uno solo conosce la medicina, basta per molti che non la conoscono e
questo vale anche per gli altri artigiani. Mi devo regolare allo stesso modo
per rispetto e giustizia tra gli uomini, o posso distribuirli a tutti gli uomini?
“A tutti – rispose Zeus – e tutti ne siano partecipi; infatti non potrebbero
esistere città, se pochi fossero partecipi di rispetto e giustizia, come succede
per le arti.

Nel brano che conclude il percorso proposto emerge la paura di Zeus dell’estinzione del genere
umano, preda delle discordie (Zeu\j ou]n dei/saj peri_ tw=| ge/nei h(mw=n mh\ a)po/loito pa=n - Zeus
dunque, temendo che la nostra specie si estinguesse del tutto), espressa con la costruzione dei verba
timendi (dei/dw mh/ = temo che / dei/dw mh_ ou)k = temo che non).

Zeus manda perciò Ermes a portare agli uomini rispetto (ai)dw/j) e giustizia (di/kh), con l’obiettivo
di farne i valori di base delle città (i3n' ei]en po/lewn ko/smoi te kai\ desmoi_ fili/aj sunagwgoi/:
affinché fossero fondamenti dell’ordine delle città e vincoli d’amicizia – i(/na + ottativo =
proposizione subordinata finale).

Ermes, avendo ricevuto da Zeus l’incarico di portare agli uomini rispetto e giustizia, chiede al padre
degli dei se dovrà distribuire tali facoltà solo ad alcuni, come è stato fatto per altre abilità oppure a
tutti. Il suo dubbio è espresso da un’interrogativa diretta disgiuntiva (po/teron … h)/ cfr. latino
utrum … an).

Zeus risponde al quesito di Ermes affermando che rispetto e giustizia devono essere dati a tutti
poiché sono condizione indispensabile per l’esistenza delle città, come emerge dal periodo ipotetico
della possibilità (ottativo nell’apodosi con particella a)/n / ei) + ottativo nella protasi) in cui si dice
che non potrebbero sussistere le organizzazioni urbane, se soltanto pochi fossero in possesso dei
due valori citati (ou) ga\r a2n ge/nointo po/leij, ei0 o)li/goi au)tw=n mete/xoien: non potrebbero
esistere città, se pochi fossero partecipi di rispetto e giustizia).

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MODALITÀ DI VERIFICA

Si colloca alla fine del lavoro una verifica di 1 ora, con domande su alcuni testi, scelti tra quelli
esaminati durante il percorso. È prevista poi 1 ora per il chiarimento di eventuali dubbi sorti durante
la prova e per considerazioni conclusive.

RECUPERO E/O POTENZIAMENTO

In base all’andamento della prova in uscita si propone 1 ora di lavoro differenziato, durante il quale
la classe è divisa in due gruppi:

Recupero: si riesaminano i brani letti in classe, evidenziando i nodi concettuali essenziali.

Potenziamento: si propone la lettura di altri brani tratti dal Protagora, utili per il confronto con
i testi affrontati durante il percorso.

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BIBLIOGRAFIA
PER LA PROGETTAZIONE DEL PERCORSO E PER APPROFONDIMENTI

Adorno F. Introduzione a Platone, Roma-Bari 1978.


Agnello G. AGALMATA THS ELLADOS, Bologna 1994.
Burnet J. Platonis Opera, 5 vol., Scriptorum Classicorum
Bibliotheca Oxoniensis, Oxford 1899-1906.
Cambiano G. Platone e le tecniche, Torino 1971.
Cambiano G. Platone, Dialoghi filosofici, Torino 1970.
Carotenuto G. Letteratura greca. Storia. Testi. Traduzioni, vol. II. Il
periodo attico, Treviso 1989.
Croiset M. Platon, Oeuvres complètes, Les Belles Lettres, Paris
1920.
Doratti M. Platone, Protagora, Milano 1993.
Duke E.A. Platonis Opera, Oxford 1995.
Havelock E.A. Preface to Plato, Cambridge Massachusetts 1963,
traduzione italiana Cultura orale e civiltà della
scrittura: da Omero a Platone, introduzione di Gentili
B., traduzione di Carpitella M..
Havelock E.A. The Greek concept of justice from its shadow in Homer to
its substance in Plato, traduzione italiana Dike. La nascita
della coscienza, Roma – Bari 1981.
Jaeger W. Paideia : la formazione dell’uomo greco, introduzione di
Reale G., traduzione di Ermery L. e Setti A., indici di
Bellanti A., Milano 2003.
Mariano B.M., Pacati C.M. Il canto, la sapienza, la città, Firenze 1989.
Monaco G., Casertano M., Nuzzo G. L’attività letteraria nell’antica Grecia. Storia della
letteratura greca, Palermo 1991.
Montanari F. Storia della letteratura greca, Roma-Bari 1998.
Reale G. Platone, Protagora, con bibliografia a cura di Andolfo
M., Milano 1998.
Reale G. Platone, Tutti gli scritti, Milano 1991.
Rossi L.E. Letteratura greca, Firenze 1995.
Taylor A.E. Plato. The man and his work, traduzione italiana di Corsi
M., Platone. L’uomo e l’opera, Firenze 1987.
Tosi R. Dizionario delle sentenze latine e greche, Milano 1991.

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