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PLATONE

Platone nasce ad Atene nel 427 a.C. da una famiglia aristocratica; il suo vero nome è Aristocle, ma
viene chiamato Platone per via dell'ampiezza della fronte. Durante la sua giovinezza fu combattuta la
guerra del Peloponneso, che si concluse nel 404 a.C. con la sconfitta di Atene da parte di Sparta, la
responsabilità di ciò fu attribuito agli errori militari ed è proprio per questo motivo che si instaura
l'oligarchia dei 30 tiranni, alla quale partecipa anche Crizia, zio di Platone. L'anno successivo si
instaurò un regime democratico, che rese però Atene ancora più debole; ma è proprio in questo
quadro che Platone incontra Socrate, il filosofo più importante della città, che però nel 399 a.C. viene
processato, causando in Platone una ferita profonda che cambierà radicalmente la sua vita,
orientandola alla riflessione filosofica. Platone infatti si chiede continuamente come sia potuto
accadere che un governo democratico abbia condannato a morte il più giusto fra gli uomini, ed è
proprio questa la domanda che l'assillerà e lo condurrà alla critica della democrazia, iniziando una
ricerca per costruire uno Stato giusto.

Dopo la morte di Socrate ad Atene i filosofi non erano apprezzati, così Platone è costretto all'esilio:
egli si rifugia prima a Megara da Euclide, poi a Cirene, e infine a Siracusa, dove conosce Dionisio il
Vecchio, tiranno della città, e si illude di poterlo educare alla pratica di una politica giusta. Ma mentre
Dione, cognato del tiranno, si lasciò conquistare dagli insegnamenti di Platone, Dionisio ne risultava
irritato. Dall'esperienza Siracusa, Platone è convinto che le leggi non siano sufficienti a garantire la
giustizia di una società, ma per rendere giusti gli uomini occorrono anche l'educazione morale,
l'impegno e il senso del servizio alla comunità. Dionisio decide di vendere Platone come schiavo
all'isola di Egina, dove viene riscattato fortunatamente da Anniceride, discepolo di Socrate, che lo
aiuta a ritornare ad Atene e gli compra un giardino al di fuori delle mura della città, dedicato all'eroe
Academo, che comprende un ginnasio e un uliveto, in cui nel 387 a.C. Platone fonda la sua scuola.

L'Accademia platonica è una sorta di comunità religiosa autosufficiente, diretta da uno scolarca
eletto a vita dei membri della comunità. Questa struttura ospitava gli allievi per formare una classe
dirigente capace di costituire e governare lo Stato secondo la giustizia, con lo scopo di educarli
all'arte del governo che Platone chiama scienza regale. L'Accademia attrae molti giovani ed entra ben
presto in concorrenza con la scuola ateniese fondata da Isocrate, che metteva al centro del suo
progetto la formazione retorica e letteraria.

Vent'anni dopo la fondazione dell'Accademia, Platone riceve una lettera da Dione, che gli dice che il
nuovo tiranno, Dionisio II, mostra interesse per la sua educazione filosofica, quindi Platone decide di
abbandonare la fama e affrontare un secondo viaggio a Siracusa, confidando di trovare un terreno
fertile per i suoi insegnamenti. Arrivato a Siracusa scopre però che Dione è stato esiliato e il tiranno
aspira soltanto alla sua adulazione, quindi dopo un soggiorno di un anno, Platone decide di rientrare
ad Atene, portando con sé e Dione. Richiamato a Siracusa con insistenza da Dionisio II, Platone
intraprende un terzo viaggio a Siracusa nel 361 a.C., ma anche questo termina come il secondo,
quindi Platone torna nuovamente ad Atene dove muore nel 347 a.C.

GLI SCRITTI PLATONICI


Platone è il primo filosofo dell'antichità di cui ci sono rimaste tutte le opere, 35 dialoghi e 13 lettere.
L'attività letteraria di Platone viene divisa in tre periodi:
1. Il primo periodo comprende gli scritti giovanili come il Critone, il Cratilo, il Gorgia e il
Protagora.
2. Il secondo periodo comprende gli scritti della maturità come il Menone, il Fedone, il Simposio
e il Fedro.
3. Il terzo periodo comprende gli scritti della vecchiaia come il Parmenide, Teeteto e il sofista.
UNA RISPOSTA ALLA CRISI DELLA SOCIETÀ
Per comprendere al meglio il platonismo, dobbiamo fare riferimento alla crisi politico culturale
avvenuta in Grecia tra il V e il IV secolo a.C. Il periodo in cui ha vissuto Platone è stato caratterizzato
dal tramonto dell'età d'oro di Pericle, la sconfitta della guerra del Peloponneso e il periodo dei 30
tiranni. Essendo un filosofo, Platone viveva la situazione problematica come una crisi dell'umanità, e
quindi iniziò a idealizzare Socrate come simbolo della crisi e della speranza di superarla, in quanto
egli avvertiva la necessità di un rinnovamento etico dell'uomo. Platone si convince infatti sempre di
più che non bastava un semplice mutamento nel governo, ma un cambiamento di tutta l'umanità, che
poteva essere possibile solo grazie ad un rinnovamento filosofico.

LA TEORIA DELLE IDEE


Socrate tramite la domanda "che cos'è" voleva individuare, al di là degli esempi portati dei suoi
interlocutori, la quidditas, ossia l'essenza di una certa cosa, indipendentemente dalle opinioni di
ciascuno. Platone invece voleva trovare un oggetto stabile corrispondente alla definizione data da
Socrate. Per Platone l'oggetto proprio della scienza erano le idee; per noi moderni il termine idea
denota un pensiero, per Platone indica invece un'entità immutabile e perfetta che esiste per conto
proprio, tant'è che il filosofo la definisce un'opera, e che insieme alle altre idee forma una zona
dell'essere diversa da quella in cui viviamo. Platone chiama questa zona iperuranio, che significa al di
là del cielo. Per il filosofo le cose erano imitazioni imperfette, quindi copie delle idee, ad esempio nel
nostro mondo esiste una pluralità di cose più o meno belle, mentre nel mondo delle idee esiste
solamente la bellezza perfetta. L'idea platonica è dunque il modello unico e perfetto delle cose
molteplici e imperfette di questo mondo.

Per Platone esistono quindi 2° fondamentali di conoscenza, l'opinione e la scienza (dualismo


gnoseologico) alle quali fanno riscontro due tipi d'essere distinti, le cose e le idee (dualismo
ontologico).la verità imperfetta dell'opinione dipende dalla configurazione in perfetta del soggetto,
ossia dal carattere mutevole delle cose percepite mediante i sensi; mentre la verità perfetta della
scienza, dipende dalla configurazione perfetta del soggetto, ossia le idee. Quindi la scienza
costituisce una conoscenza stabile, duratura e perfetta, soltanto perché la realtà che si indaga (le
idee) è stabile, duratura e perfetta.

La filosofia platonica è una sorta di integrazione fra l'eraclitismo e l'eleatismo: da Eraclito Platone
prende la teoria secondo cui il mondo è il regno della mutevolezza; mentre da Parmenide tra è la
convinzione che l'essere autentico sia immutabile, infatti l'idea platonica alcune caratteristiche
dell'essere parmenideo, in quanto nei suoi dialoghi egli afferma che l'idea è immutabile, eterna e
perfetta. Dall'eleatismo, Platone trae anche il dualismo gnoseologico tra sensibilità e ragione, il
dualismo ontologico tra l'essere delle cose l'essere autentico; tuttavia, mentre per Parmenide il mondo
sensibile è separato da quello della ragione, per Platone tra i due mondi esiste un rapporto
indissolubile.

Nonostante le idee e le cose siano due cose distinte, esiste tra di loro uno stretto legame, che si
configura in una duplice direzione dal momento che le idee sono:
● Criteri di giudizio delle cose, in quanto per formulare i nostri giudizi sugli oggetti, dobbiamo
utilizzare le idee. Ad esempio diciamo che due cose sono uguali in base all'idea
dell'uguaglianza, quindi le idee sono la condizione della pensabilità degli oggetti.
● Cause delle cose, poiché gli individui "sono" in quanto imitano le idee, o partecipano di esse.
Ad esempio, le realtà che diciamo belle, sono tali in quanto partecipano dell'idea di bellezza,
che rappresenta dunque la causa per cui esse sono e vengono ritenute belle.

Platone però pur parlando di mimesi (le cose imitano le idee), di mettessi (le cose partecipano
all'essenza delle idee) e di parusia (le idee sono presenti nelle cose), rimane piuttosto incerto sulla
questione, infatti nella vecchiaia il filosofo ritornerà su questo problema, senza tuttavia arrivare ad un
esito definitivo.

LE IDEE: QUALI SONO


Nella fase della maturità del pensiero platonico si distinguono due tipi di idee:
● Le idee sono valori, che corrispondono ai supremi principi etici, estetici e politici, come ad
esempio il bene, la bellezza e la giustizia.
● Le idee matematiche, corrispondenti ai principi dell'aritmetica e della geometria, ad esempio il
quadrato, il cerchio e le classi dei numeri.
Oltre questi due tipi di idee Platone parla talvolta anche delle idee di cose naturali (come l'idea di
uomo) e delle idee di cose artificiali (come ad esempio l'idea di letto).

Pur essendo molteplici le idee non formano una pluralità disorganizzata, anzi esse hanno un ordine
gerarchico piramidale, avente le idee valori in cima e l'idea del bene al vertice.

LE IDEE: DOVE E COME


Le idee sono sicuramente trascendenti, in quanto esistono oltre la mente e oltre le cose. Secondo la
tradizione esse risiedono nell'iperuranio, il mondo platonico delle idee che è considerato analogo, ad
esempio, al paradiso cristiano. Altri studiosi del '900, hanno considerato le idee platoniche non come
cose, ma come modelli di classificazione delle cose.
La prima interpretazione risulta troppo legata al mito, e per questo gli studiosi affermano che il mondo
delle idee non dev'essere interpretato come un universo collocato in qualche cielo metafisico, ma solo
come ordine eterno di forme o valori ideali che non esistono in alcun luogo empireo. In
conclusione, le idee costituiscono una zona dell'essere diversa da quella delle cose, mentre la
questione su come esse esistano è ancora irrisolta.

LE IDEE: COME SI CONOSCONO


Per Platone, le idee non possono derivare dai sensi: sono quindi frutto di una visione intellettuale,
ossia di uno "sguardo della mente", in grado di definire l'idea come una forma esemplare comune a
una pluralità di oggetti. Per spiegare ciò, Platone ricorre alla dottrina della reminiscenza ("anàmnesi"):
sulla base della teoria della metempsicosi, egli afferma che l'anima, prima di calarsi nel nostro corpo,
ha vissuto nel mondo delle idee dove ha potuto contemplare gli esemplari perfetti delle cose; una
volta discesa nel nostro corpo, conserva un ricordo lieve di ciò che ha visto. Grazie all'esperienza,
può ricordare ciò che ha contemplato nell'iperuranio. Per questo, Platone dice che "conoscere è
ricordare", in quanto portiamo le idee dentro di noi e, con uno sforzo, è possibile ricordarle tutte.

Questa teoria rappresenta una sorta di innatismo, in quanto si fonda sul principio che la conoscenza
non deriva dall'esperienza ma da metri di giudizio preesistenti nel nostro intelletto. Una prova di ciò
risiede nel Menone, dove uno schiavo ignorante, aiutato dalle domande di Socrate, arriva a ricordare
gli elementi di fondo della geometria e il teorema di Pitagora. La maieutica è quindi il fondamento
della teoria della reminiscenza. Platone è convinto che, conoscendo, noi partiamo da una sorta di
pre-conoscenza, o di ignoranza gravida di sapere, da cui dobbiamo tirare fuori la verità.

L'IMMORTALITA’ DELL'ANIMA
La teoria della reminiscenza conferma di per sè l'immortalità dell'anima, di cui si parla nel Fedone. In
quest'opera platone espone 3 prove dell'immortalità dell'anima.
● la 1 prova, detta "dei contrari": come in natura ogni cosa si genera dal suo contrario, così la
morte si genera dalla vita e viceversa: l'anima deve dunque rivivere dopo la morte del corpo.
● la 2 prova, detta "della somiglianza": l'anima, essendo simile alle idee che sono eterne,
dev'essere anch'essa tale. Infatti solo ciò che è composto può distruggersi, mentre ciò che è
semplice (come le idee e l'anima non può essere nè creato nè distrutto.
● la 3 prova, detta "della vitalità": l'anima è vita e partecipa alle idee della vita, e pertanto non
può accogliere in sé l'opposta idea della morte
Nel Fedone troviamo anche la teoria della preparazione alla morte: visto che filosofare significa
andare oltre i sensi e il corpo, allora la vita del filosofo risulta come una preparazione alla morte.
Nel Fedone viene anche dimostrato come nell'anima ci sia una forte religiosità, oltre che un momento
politico.

IL MITO DI ER
La teoria dell'immortalità dell'anima è necessaria anche per chiarire il problema del destino. Platone
ritiene che la sorte di ogni individuo dipenda dalla scelta che la sua anima ha compiuto nel mondo
delle idee, prima di incarnarsi un corpo. Questa tesi è illustrato nel mito di Er.
Er è un guerriero che, morto in battaglia e resuscitato dopo 12 giorni, può raccontare agli uomini ciò
che li attende dopo la morte. Alle anime malvagie spettano 1000 anni di sofferenze, mentre alle anime
virtuose 1000 anni di felicità: dopo questo periodo, entrambi i gruppi di anime si presentano in ordine
casuale di fronte a Làchesi, una delle tre Moire, per scegliere la loro vita futura. Le anime che
scelgono per prime hanno una possibilità di scelta più ampia. Una volta scelto il proprio destino, Cloto
e Atropo (le altre due Moire) lo confermano e lo rendono definitivo. Le anime si abbeverano al fiume
Lete, le cui acque infondono il sonno e si sveglieranno incarnate in un nuovo corpo terreno senza
ricordare nulla.
La parte centrale del racconto riguarda la scelta del destino effettuato dalle anime. Attraverso le
parole di Lachesi, Platone sottolinea che si tratta di una scelta libera, alla quale la divinità non
partecipa in alcun modo. Ogni anima sceglie quindi il modello di vita che incarnerà, e tutto sta nel
compiere una scelta giudiziosa. Ad esempio Ulisse, visto il suo passato, sceglie una vita modesta e
oscura, che le altre anime disdegnano.
Per Platone, ogni individuo sceglie liberamente il proprio destino, benché in ciò sia condizionato dalla
sua vita precedente. Per questo, per il filosofo, la felicità dipende dalla capacità di considerare il
proprio passato per migliorarsi. Numerosissime anime compiono scelte sbagliate, e la possibilità di
salvezza risiede solo nell'esercizio della conoscenza.

LA TEORIA DELL'AMORE E DELLA BELLEZZA


Il sapere stabilisce tra gli esseri umani e le idee, e tra gli uomini associati nella comune di ricerca, un
rapporto definito da Platone come amore (eròs). Alla teoria dell'amore sono dedicati due dialoghi, Il
Simposio e il Fedro:
● il Simposio considera l'oggetto dell'amore, cioè la bellezza.
● il Fedro considera l'amore dal punto di vista del soggetto, come aspirazione dell'essere
umano ed elevazione progressiva dell'anima verso il mondo delle idee.

IL SIMPOSIO
Nella tradizione greca antica, il Simposio era il momento conclusivo del banchetto. Platone descrive
un Simposio a cui partecipano Socrate e altre figure politiche e culturali ateniesi. Ogni invitato
pronuncia un discorso lungo in elogio di Eros, e questi discorsi descrivono l'amore.
Il primo a prendere parola è Fedro, allievo di Socrate, che elogia Eros come il più antico degli Dei.
secondo lui l'amore incoraggia gli atteggiamenti nobili. Dopo interviene Pausania (avvocato), che
distingue tra un Eros volgare, rivolto ai corpi, e un Eros celeste, rivolto alle anime.
Segue il medico Erissimaco, che vedi nell'amore una forza cosmica e generatrice che determina tutti i
fenomeni. Aristofane espone il mito degli "andrògini", un antico racconto secondo cui in origine gli
esseri umani erano tondi e doppi, composti da due essere uniti indiscibilmente./ genere umani erano
3: maschio, femmina e androgino (composti da una metà maschile e una femminile). Zeus decise di
dividere gli esseri umani in due, per dimezzarne la potenza: da allora le due parti vanno l'una in cerca
dell'altra, per riunirsi e ricostruire l'essere originario. Uno dei caratteri fondamentali dell'uomo è quindi
l'incompletezza.
Successivamente Agatone descrive Eros come il più felice tra gli dei, il più bello e il più buono, e il più
giovane, portatore di valore e virtù di cui rende partecipi gli uomini.
Socrate descrive l'amore come una mancanza; secondo il mito, Eros era figlio di Penìa (povertà) e di
Poros (abbondanza), e non è un dio, quanto un demone. Eros non ha la sapienza ma aspira ad essa,
e in questo senso è un filosofo. Eros è desiderio di procreare, e procreando gli esseri umani cercano
di sanare il desiderio di immortalità.
La bellezza ha gradi diversi; in un primo momento si è attratti dalla bellezza di un singolo corpo, poi
si passa ad amare la bellezza corporea nella sua totalità. Al di sopra di questa c'è la bellezza
dell'anima, poi la bellezza delle istituzioni e delle leggi, e poi la bellezza delle scienze. infine, al di
sopra di tutto, c'è la bellezza in sé. A questi diversi gradi di bellezza corrispondono forme di amore, in
una scala gerarchica che sale fino all'amore filosofico. L'amore secondo Platone non era però una
relazione sentimentale asessuata: egli ritiene in realtà che l'eros sia radicato nei sensi e apprezza la
corporeità. L'amore secondo Platone è quindi come uno strumento per una conoscenza superiore.

FEDRO
Nel Fedro Platone distingue nell'anima tre parti:
● la parte razionale, che ha sede nel cervello e grazie alla quale l'essere umano ragiona e
domina gli impulsi corporei
● la parte concupiscibile, o desiderante, che ha sede del ventre ed è il principio di tutti gli
impulsi
● la parte irascibile, o coraggiosa, che ha sede del petto e dà sostegno alla parte razionale.
Questa tripartizione è chiarita da un racconto mitologico, nel quale l'anima è paragonata a una biga
alata, guidata da un auriga e trainata da una coppia di cavalli, uno bianco e obbediente, l'altro nero e
disobbediente. L'auriga corrisponde alla parte razionale dell'anima, che deve guidare la vita
dell'individuo; il cavallo bianco corrisponde alla parte coraggiosa dell'anima, mentre il cavallo nero
corrisponde agli impulsi corporei, che cercano il piacere. Dato il disaccordo tra i due cavalli, il compito
dell'auriga è difficile. Egli cerca di condurre il carro nel cielo, verso
l'iperuranio, in cui risiede la "vera sostanza", priva di colore e di forma, che può essere contemplata
per poco poichè il cavallo nero la trascina verso il basso. Ogni anima contempla la sostanza
dell'essere per più o meno tempo, e quando si appesantisce perde le ali e si incarna nel corpo di un
essere umano.
Allora l'anima che ha visto di più costituirà un individuo che si apparterrà al culto della sapienza o
dell'amore, mentre le anime hanno visto di meno si incarneranno in individui lontani dalla ricerca della
verità e della bellezza. Nell'anima che è caduta e che si è incarnata, il ricordo delle sostanze ideali
venne risvegliato proprio dalla bellezza. La bellezza fa dunque da mediatrice tra l'anima caduta e il
mondo delle idee, e sfocia nell'amore. L'eros diventa così dialettica, e l'amore diviene psicagogia,
guida dell'anima verso la contemplazione del mondo delle idee.
Alla dialettica riconduce la vera retorica, che è diversa da quella descritta dai sofisti. La seconda metà
del fedone è occupata dall'analisi della retorica: la "retorica del vero" non cerca il favore delle masse,
ma quello degli Dei. Platone continua a pensare che soltanto la filosofia possa accedere alla verità,
mentre la retorica è lo strumento della dialettica, che è l'unico metodo autentico della filosofia

LO STATO IDEALE
Tutti i temi trattati nei dialoghi di Platone sono riassunti nella sua massima opera, la Repubblica, che
descrive uno Stato ideale e una comunità perfetta, immaginaria.
Il titolo originale dell'opera è Politèia (Costituzione), che per i greci indicava la comunità politica di cui
ogni individuo faceva parte. Il termine Repubblica risale alla traduzione latine dell'opera. Nell'opera
egli sostiene che a governare la costituzione di una comunità politica dovrebbero essere i filosofi.

LA GIUSTIZIA
Per Platone il fine di una società governata da filosofi è la giustizia. Nessuna comunità umana può
sussistere senza la giustizia, che è la condizione fondamentale della nascita e della vita di uno Stato.
Lo Stato ideale ipotizzato da Platone è costituito da tre classi: quella dei governanti, quella dei
guerrieri e quella dei lavoratori, o produttori. La virtù caratteristica della classe dei governanti è la
saggezza, poiché è necessario che i governanti siano saggi affinché tutto lo stato sia saggio; il
coraggio è la virtù della classe dei guerrieri; La temperanza, intesa come dominio della ragione sui
sensi, è tipica di tutte le classi, ma in particolar modo dei produttori.
La giustizia comprende tutte e tre queste virtù: essa si realizza quando ciascun cittadino esegue il
proprio compito e ha ciò che gli spetta. In uno stato, i compiti sono tanti e tutti necessari, e ognuno
deve sceglierne uno per cui è adatto e dedicarsi a esso; solo così lo Stato sarà formato da parti
diverse ma armonicamente unite.
La giustizia garantisce così l'unità dello Stato e dell'individuo. Infatti, considerando le tre parti
dell'anima: di quella razionale è tipica la saggezza, di quella concupiscibile è tipico il coraggio, mentre
l'accordo di tutte le parti nel lasciare il comando dell'anima razionale è la temperanza. Anche nel
singolo uomo, la giustizia comprende le tre virtù della saggezza, del coraggio e della temperanza, e si
avrà quando ogni parte dell'anima svolgerà soltanto la propria funzione.
La giustizia consiste anche nell'accordo dell'individuo con la comunità.

L'ORIGINE DELLE CLASSI SOCIALI


1. da dove deriva la distinzione degli uomini in classi sociali?
Platone afferma che lo Stato deve essere per forza diviso in classi, poiché in uno Stato ci sono
compiti diversi che devono essere esercitati da individui diversi.
2. che cosa fa sì che un individuo appartenga a una certa classe anziché un'altra?
Platone afferma che la diversità tra gli individui e la loro differente destinazione sociale dipendono
dalla predisposizione di una parte dell'anima sulle altre. Abbiamo così gli individui prevalentemente
razionali (portati quindi alla sapienza e al governo), individui prevalentemente impulsivi (portati al
combattimento) e individui prevalentemente soggetti al corpo e ai suoi desideri (portati al lavoro
manuale). La distinzione in classi dipende quindi da un'inclinazione naturale, ossia da come si è fatti
in quanto uomini. Ciò è spiegato anche dal "mito delle sterpi", ossia un antico mito fenicio, secondo
cui alcuni nascono con una natura aurea, altri con una natura argentea, altri con la natura ferrea o
bronzea.
La società platonica ammette la mobilità sociale, e si dice esplicitamente che un bimbo ferreo nato tra
gli uomini aurei dovrà essere retrocesso di classe e, viceversa, che un bimbo aureo nato da uomini
Ferri dovrà essere innalzato tra gli uomini aurei.
Solitamente però i figli assomigliano ai padri e quindi rimangono delle classi di provenienza.

IL COMUNISMO PLATONICO
Affinché lo Stato funzioni bene, Platone suggerisce l'eliminazione della proprietà privata e la
comunanza dei beni per le classi superiori, così che esse potranno concentrarsi sulla gestione del
governo. I governanti e Filosofi dovranno avere case piccole e nutrirsi di cibo semplice, senza
ricevere compensi se non i mezzi necessari per vivere. Per loro l'oro e l'argento sono proibiti, poiché il
loro scopo principale è il bene di tutti, e non solo quello della loro classe.
Nella città ideale non deve esistere né la ricchezza, né la povertà, in quanto entrambe nocive. La
società ideale della prima classe di Platone si presenta come una sorta di comunismo.
La classe al potere non avrà inoltre famiglia, e i governanti avranno in comune le donne, che
godranno di completa uguaglianza con gli uomini e partecipano alla vita politica. Le unioni
matrimoniali saranno temporanee e stabilite dallo Stato, in vista della procreazione di figli sani. I figli
saranno tolti fin dalla nascita ai loro genitori; i genitori non sapranno mai chi sono i loro figli,
così come i figli non sapranno mai chi sono i loro genitori. Si vivrà così in una sorta di grande
famiglia.
I governanti saranno ugualmente felici, poiché la felicità risiede nella giustizia. I filosofi, in quanto tali,
sono felici di per sé senza il bisogno di beni materiali.
LE DEGENERAZIONI DELLO STATO (NO)
Platone è consapevole che lo Stato che descrive sia solo un modello ideale, da prendere in
considerazione per migliorare gli Stati esistenti.
La società ideale di Platone può essere definita come un'aristocrazia di filosofi, che può essere
considerata come una forma di governo, di cui Platone elenca le possibili degenerazioni:
- la timocrazia, il governo fondato sull'onore, che nasce quando i governanti si appropriano di terre e
di case. L'uomo timocratico è amante del comando e diffidente verso sapienti.
- L'oligarchia, il governo fondato sul censo, nel quale il comando è riservato a pochi. l'uomo
oligarchico è avido di ricchezze e pone il risparmio al primo posto.
- la democrazia, il cui avvento è causato, nello stato di oligarchico, dalla ribellione del ceto povero
contro il ceto ricco che detiene il potere. Tutti i cittadini sono liberi di fare quello che vogliono.
- la tirannide, la forma di stato più spregevole, poiché il tiranno si circonda di individui senza scrupoli.
Il tiranno è il più infelice tra gli uomini.

I TRATTI DELL'ARTICROCRATICISMO PLATONICO (NO)


La dottrina politica di Platone deriva da un'ostilità nei confronti della democrazia. La teoria
platonica dello Stato nasce infatti in opposizione con la degenerazione della democrazia del suo
tempo. Egli critica anche gli uomini che sostenevano la democrazia, come Pericle.
Oltre a questo, ci sono altre giustificazioni allo Stato Platonico.
In primo luogo, con la divisione delle classi, egli voleva definire un modello gerarchico basato su ruoli
fissi e differenziati. Infatti, uno stato è sano quando ognuno svolge il proprio ruolo; al contrario, uno
stato è malato quando i cittadini pretendono di fare i governanti. Per questo motivo, lo stato Platonico
si può definire anche come una forma di organicismo politico, che richiede un accordo tra le funzioni
di tutte le sue parti.
Platone ritiene inoltre che la politica era destinata unicamente alla parte aurea della città, e non a tutta
la popolazione.
Lo Stato secondo Platone è inoltre caratterizzato da uno statalismo esasperato, cioè una concezione
che prevede la regolamentazione della vita della società fin nei minimi particolari.
Lo Stato platonico non deve essere confuso con l'aristocrazia; si parla infatti di uno Stato dove la
ragione è al potere e filosofi sono al governo, e quindi è una forma di sofocrazia (governo dei
sapienti), o di nòocrazia (governo dell'intelligenza)

CHI CUSTODIRÀ I CUSTODI? (NO)


Platone è sicuro che i governanti siano in grado di custodire sé stessi, in quanto filosofi. Da questa
convinzione deriva l'importanza che attribuisce all'educazione: educazione e politica risultano
connesse, tanto che lo Stato è considerato come una sorta di grande Accademia. Platone è quindi
convinto che gli individui aurei, addestrati per governare, agiranno per il bene dello stato. Non
considera l'educazione del resto della popolazione, anzi sostiene che il sapere sia una cosa esclusiva
delle classi superiori.

IL MITO DELLA CAVERNA


E' uno dei miti più importanti del Repubblica in quanto è riassunto in sé gran parte della sua dottrina:
TRAMA
Degli schiavi sono incatenati da tutta la vita in una caverna sotterranea in modo tale da poter vedere
di fronte a loro soltanto un muro di pietra. Alle loro spalle è posto un altro muretto più basso dietro il
quale delle persone camminano portando con loro delle statuette di varie forme, dietro il muretto arde
una fiamma che dà l'illuminazione alla grotta e permette agli schiavi di vedere le ombre delle statuette
alle loro spalle sul muro. Gli schiavi vivono da sempre guardando solo e soltanto le ombre sul muro e
non conoscono altra vita all'infuori di quella.
Un giorno però uno di loro riesce a liberarsi e come prima cosa si rende conto che le figure che ha
visto da sempre sul muro erano soltanto delle ombre di oggetti tangibili, successivamente egli riesce
ad uscire dalla caverna e vedere per la prima volta la luce del sole. Inizialmente però, perché abituato
alla luce soffusa della fiamma, non riesce a guardarsi attorno accecato dalla troppa luce e inizia a
vedere il mondo esterno tramite il riflesso dell'acqua e ad ammirare il cielo stellato della notte.
Dopo qualche giorno lo schiavo liberato riesce ad adattarsi alla luce e a vedere finalmente le
meraviglie del mondo sconosciute fino ad allora. Ovviamente egli è totalmente rapito da quella nuova
realtà e vorrebbe restare "sempre là" e non tornare mai più alla vita di prima, allo stesso tempo però
lo schiavo sente il dovere di informare i suoi compagni rimasti nella caverna di questa nuova
realtà.
Per questo rientra nella caverna, ma dopo aver passato cosi tanto tempo alla luce, non riesce più a
vedere nel buio della caverna come prima, quando arriva dai compagni questi iniziano ad accusarlo
di avere gli occhi malati e a considerarsi migliori perchè riescono a vedere nel buio.
Lo schiavo libero cerca comunque di slegare gli altri i quali però si infuriano e lo uccidono.
INTERPRETAZIONE
Gli schiavi nella caverna rappresentano gli uomini comuni nel nostro mondo incatenati dell'ignoranza
che guardano le immagini (ombre) delle cose sensibili (statue) che corrispondono al grado
gnoseologico dell'immaginazione grazie al principio che illumina le cose sensibili (fuoco).
Lo schiavo poi viene richiamato dalla filosofia che lo fa entrare nel mondo delle idee (fuori la caverna)
dove per prima cosa viene a contatto con le idee matematiche base della filosofia e poi ha
l'illuminazione completa. Anche se vorrebbe restare lì sente il dovere di ogni filosofo di spargere la
propria conoscenza e la verità delle cose acquisita agli uomini e di renderla utile a tutta la comunità.
Ma verrà preso per pazzo, come ogni filosofo che tenta di cambiare il pensiero comune degli uomini e
di farli avvicinare alla verità, e proprio per questo che verrà ucciso come Socrate.
In questo mito ritorna il dualismo gnoseologico della teoria delle idee e l'afflato religioso dove
Platone descrive la nostra realtà come un mondo di tenebre.
Secondo Platone poi lo stato dovrebbe essere governato da "schiavi liberi" e non uomini travolti dalla
passione a dalla brama di potere.

IL SOFISTA
Vengono analizzati i 5 attributi fondamentali delle idee che sono l'essere, l'identico, il diverso, la
quiete, il movimento. Secondo Platone ogni idea esiste, quindi è e appartiene all'essere. Ogni idea poi
è identica a sé stessa, queste due caratteristiche sono distinte perché non tutte le idee sono uguali e
quindi non vanno insieme. Dato che le idee sono identiche a loro stesse, tra di loro le idee sono
diverse. Con questi primi tre punti Platone trova degli "errori" nella filosofia parmenidea, perchè
secondo il filosofo, Parmenide non prende in considerazione la condizione del diverso e dicendo "A
non è B" Parmenide credeva si sfociasse nel non essere, quando per Platone la frase corretta
dovrebbe essere "A è diverso da B" quindi al posto del non essere subentra l'essere diverso.
Sempre secondo la filosofia parmenidea, l'errore non esiste in quando implicherebbe il nulla e il nulla,
che appartiene al non essere, non esistendo è indicibile. Per Platone tutto questo viene "semplificato"
definendo l'errore come il dire le cose in modo diverso da come esse sono effettivamente.
Le idee inoltre possono essere fine a sé stesse (quiete) o entrare in relazione con altre idee
(movimento) Dopo aver determinato queste 5 caratteristiche Platone vuole dare una nuova
definizione di essere: Secondo Platone l'essere corrisponde alle idee e ad esse appartengono sia le
entità materiale che immateriali in quanto entrambe sono. Nello specifico l'essere per Platone è
possibilità ovvero "è tutto ciò si trovi in possesso di una qualsiasi possibilità; di agire o di subire da
parte di un altra cosa, che possa compiere un'azione minima anche solo una volta”

IL TIMEO
In quest'opera viene affrontato il problema cosmologico dell'origine dell'universo.
IL MITO DEL DEMIURGO
Per Platone l'origine dell'universo non può essere una scienza esatta ma prova comunque con il mito
a darne un origine plausibile. Introduce così la figura del demiurgo, letteralmente vuol dire artigiano,
ma il demiurgo è un'entità intermedia tra l'essere perfetto delle idee e l'imperfezione delle cose.
Nell'idea di Platone non esiste un Dio inteso come una "persona" ma bensì come entità divina che
comprende tutte le cose intangibili come il bene, l'anima e le idee etc.
Platone spiega come in origine esistesse soltanto il caos informe chiamato chòra o anànke
rispettivamente "spazio" e "necessità". Successivamente il demiurgo organizza la madre del mondo a
immagine e somiglianza delle idee. In questa idea il demiurgo non è visto come il creatore ma come
plasmatore. Il divino artefice fornisce poi l' anima del mondo.
Il lavoro del demiurgo continua creando il tempo a immagine e somiglianza del movimento dell'essere
e riproduce il moto eterno degli astri.
Nel racconto di Platone il demiurgo incontra alcune resistenze da parte della materia, infatti tutte le
cose positive create e descritte sono rimandate alla figura del demiurgo, mentre le cose negative
sono associate alla materia.

Inoltre nell'opera viene anche ripreso il concetto di arte, il cosmo viene addirittura considerato come
un'opera d'arte grande e meravigliosa e il lavoro del demiurgo paragonato a quello di un artista;
Platone nel Repubblica aveva bandito qualsiasi forma di arte a eccezione della musica, ma qui l'arte
viene rivalutata e anche se la definisce sempre come una copia lontana delle idee, la divide in due
forme. la prima è detta icastica e indica tutta quell'arte che segue una mimesi reale, che rappresenta
la realtà senza stravolgere o inventare le cose, inaspettatamente Platone dice che questo tipo di arte
può essere utilizzata come strumento di verità
L'altra è detta fantastica ed è quella ripudiata da Platone perché essa stravolge la realtà e produce
illusioni. Vengono poi considerati gli attori che con la loro bravura riproducono scene di vita reale,
anche i poeti, prima completamente banditi, vengono considerati utili per la loro cultura.
Platone introduce la sua idea di storia: il regresso di una mitica e felice età primordiale
Secondo il filosofo la felicità finisce con l'inizio della civiltà che porta alla corruzione dei costumi. Per
parlare di ciò il filosofo introduce il mito di Atlantide, regno creato da Poseidone, inabissato da Zeus
dopo che la sua popolazione si era corrotta.

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