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Platone nasce ad Atene nel 427 a.C. da una famiglia aristocratica; il suo vero nome è Aristocle, ma
viene chiamato Platone per via dell'ampiezza della fronte. Durante la sua giovinezza fu combattuta la
guerra del Peloponneso, che si concluse nel 404 a.C. con la sconfitta di Atene da parte di Sparta, la
responsabilità di ciò fu attribuito agli errori militari ed è proprio per questo motivo che si instaura
l'oligarchia dei 30 tiranni, alla quale partecipa anche Crizia, zio di Platone. L'anno successivo si
instaurò un regime democratico, che rese però Atene ancora più debole; ma è proprio in questo
quadro che Platone incontra Socrate, il filosofo più importante della città, che però nel 399 a.C. viene
processato, causando in Platone una ferita profonda che cambierà radicalmente la sua vita,
orientandola alla riflessione filosofica. Platone infatti si chiede continuamente come sia potuto
accadere che un governo democratico abbia condannato a morte il più giusto fra gli uomini, ed è
proprio questa la domanda che l'assillerà e lo condurrà alla critica della democrazia, iniziando una
ricerca per costruire uno Stato giusto.
Dopo la morte di Socrate ad Atene i filosofi non erano apprezzati, così Platone è costretto all'esilio:
egli si rifugia prima a Megara da Euclide, poi a Cirene, e infine a Siracusa, dove conosce Dionisio il
Vecchio, tiranno della città, e si illude di poterlo educare alla pratica di una politica giusta. Ma mentre
Dione, cognato del tiranno, si lasciò conquistare dagli insegnamenti di Platone, Dionisio ne risultava
irritato. Dall'esperienza Siracusa, Platone è convinto che le leggi non siano sufficienti a garantire la
giustizia di una società, ma per rendere giusti gli uomini occorrono anche l'educazione morale,
l'impegno e il senso del servizio alla comunità. Dionisio decide di vendere Platone come schiavo
all'isola di Egina, dove viene riscattato fortunatamente da Anniceride, discepolo di Socrate, che lo
aiuta a ritornare ad Atene e gli compra un giardino al di fuori delle mura della città, dedicato all'eroe
Academo, che comprende un ginnasio e un uliveto, in cui nel 387 a.C. Platone fonda la sua scuola.
L'Accademia platonica è una sorta di comunità religiosa autosufficiente, diretta da uno scolarca
eletto a vita dei membri della comunità. Questa struttura ospitava gli allievi per formare una classe
dirigente capace di costituire e governare lo Stato secondo la giustizia, con lo scopo di educarli
all'arte del governo che Platone chiama scienza regale. L'Accademia attrae molti giovani ed entra ben
presto in concorrenza con la scuola ateniese fondata da Isocrate, che metteva al centro del suo
progetto la formazione retorica e letteraria.
Vent'anni dopo la fondazione dell'Accademia, Platone riceve una lettera da Dione, che gli dice che il
nuovo tiranno, Dionisio II, mostra interesse per la sua educazione filosofica, quindi Platone decide di
abbandonare la fama e affrontare un secondo viaggio a Siracusa, confidando di trovare un terreno
fertile per i suoi insegnamenti. Arrivato a Siracusa scopre però che Dione è stato esiliato e il tiranno
aspira soltanto alla sua adulazione, quindi dopo un soggiorno di un anno, Platone decide di rientrare
ad Atene, portando con sé e Dione. Richiamato a Siracusa con insistenza da Dionisio II, Platone
intraprende un terzo viaggio a Siracusa nel 361 a.C., ma anche questo termina come il secondo,
quindi Platone torna nuovamente ad Atene dove muore nel 347 a.C.
La filosofia platonica è una sorta di integrazione fra l'eraclitismo e l'eleatismo: da Eraclito Platone
prende la teoria secondo cui il mondo è il regno della mutevolezza; mentre da Parmenide tra è la
convinzione che l'essere autentico sia immutabile, infatti l'idea platonica alcune caratteristiche
dell'essere parmenideo, in quanto nei suoi dialoghi egli afferma che l'idea è immutabile, eterna e
perfetta. Dall'eleatismo, Platone trae anche il dualismo gnoseologico tra sensibilità e ragione, il
dualismo ontologico tra l'essere delle cose l'essere autentico; tuttavia, mentre per Parmenide il mondo
sensibile è separato da quello della ragione, per Platone tra i due mondi esiste un rapporto
indissolubile.
Nonostante le idee e le cose siano due cose distinte, esiste tra di loro uno stretto legame, che si
configura in una duplice direzione dal momento che le idee sono:
● Criteri di giudizio delle cose, in quanto per formulare i nostri giudizi sugli oggetti, dobbiamo
utilizzare le idee. Ad esempio diciamo che due cose sono uguali in base all'idea
dell'uguaglianza, quindi le idee sono la condizione della pensabilità degli oggetti.
● Cause delle cose, poiché gli individui "sono" in quanto imitano le idee, o partecipano di esse.
Ad esempio, le realtà che diciamo belle, sono tali in quanto partecipano dell'idea di bellezza,
che rappresenta dunque la causa per cui esse sono e vengono ritenute belle.
Platone però pur parlando di mimesi (le cose imitano le idee), di mettessi (le cose partecipano
all'essenza delle idee) e di parusia (le idee sono presenti nelle cose), rimane piuttosto incerto sulla
questione, infatti nella vecchiaia il filosofo ritornerà su questo problema, senza tuttavia arrivare ad un
esito definitivo.
Pur essendo molteplici le idee non formano una pluralità disorganizzata, anzi esse hanno un ordine
gerarchico piramidale, avente le idee valori in cima e l'idea del bene al vertice.
Questa teoria rappresenta una sorta di innatismo, in quanto si fonda sul principio che la conoscenza
non deriva dall'esperienza ma da metri di giudizio preesistenti nel nostro intelletto. Una prova di ciò
risiede nel Menone, dove uno schiavo ignorante, aiutato dalle domande di Socrate, arriva a ricordare
gli elementi di fondo della geometria e il teorema di Pitagora. La maieutica è quindi il fondamento
della teoria della reminiscenza. Platone è convinto che, conoscendo, noi partiamo da una sorta di
pre-conoscenza, o di ignoranza gravida di sapere, da cui dobbiamo tirare fuori la verità.
L'IMMORTALITA’ DELL'ANIMA
La teoria della reminiscenza conferma di per sè l'immortalità dell'anima, di cui si parla nel Fedone. In
quest'opera platone espone 3 prove dell'immortalità dell'anima.
● la 1 prova, detta "dei contrari": come in natura ogni cosa si genera dal suo contrario, così la
morte si genera dalla vita e viceversa: l'anima deve dunque rivivere dopo la morte del corpo.
● la 2 prova, detta "della somiglianza": l'anima, essendo simile alle idee che sono eterne,
dev'essere anch'essa tale. Infatti solo ciò che è composto può distruggersi, mentre ciò che è
semplice (come le idee e l'anima non può essere nè creato nè distrutto.
● la 3 prova, detta "della vitalità": l'anima è vita e partecipa alle idee della vita, e pertanto non
può accogliere in sé l'opposta idea della morte
Nel Fedone troviamo anche la teoria della preparazione alla morte: visto che filosofare significa
andare oltre i sensi e il corpo, allora la vita del filosofo risulta come una preparazione alla morte.
Nel Fedone viene anche dimostrato come nell'anima ci sia una forte religiosità, oltre che un momento
politico.
IL MITO DI ER
La teoria dell'immortalità dell'anima è necessaria anche per chiarire il problema del destino. Platone
ritiene che la sorte di ogni individuo dipenda dalla scelta che la sua anima ha compiuto nel mondo
delle idee, prima di incarnarsi un corpo. Questa tesi è illustrato nel mito di Er.
Er è un guerriero che, morto in battaglia e resuscitato dopo 12 giorni, può raccontare agli uomini ciò
che li attende dopo la morte. Alle anime malvagie spettano 1000 anni di sofferenze, mentre alle anime
virtuose 1000 anni di felicità: dopo questo periodo, entrambi i gruppi di anime si presentano in ordine
casuale di fronte a Làchesi, una delle tre Moire, per scegliere la loro vita futura. Le anime che
scelgono per prime hanno una possibilità di scelta più ampia. Una volta scelto il proprio destino, Cloto
e Atropo (le altre due Moire) lo confermano e lo rendono definitivo. Le anime si abbeverano al fiume
Lete, le cui acque infondono il sonno e si sveglieranno incarnate in un nuovo corpo terreno senza
ricordare nulla.
La parte centrale del racconto riguarda la scelta del destino effettuato dalle anime. Attraverso le
parole di Lachesi, Platone sottolinea che si tratta di una scelta libera, alla quale la divinità non
partecipa in alcun modo. Ogni anima sceglie quindi il modello di vita che incarnerà, e tutto sta nel
compiere una scelta giudiziosa. Ad esempio Ulisse, visto il suo passato, sceglie una vita modesta e
oscura, che le altre anime disdegnano.
Per Platone, ogni individuo sceglie liberamente il proprio destino, benché in ciò sia condizionato dalla
sua vita precedente. Per questo, per il filosofo, la felicità dipende dalla capacità di considerare il
proprio passato per migliorarsi. Numerosissime anime compiono scelte sbagliate, e la possibilità di
salvezza risiede solo nell'esercizio della conoscenza.
IL SIMPOSIO
Nella tradizione greca antica, il Simposio era il momento conclusivo del banchetto. Platone descrive
un Simposio a cui partecipano Socrate e altre figure politiche e culturali ateniesi. Ogni invitato
pronuncia un discorso lungo in elogio di Eros, e questi discorsi descrivono l'amore.
Il primo a prendere parola è Fedro, allievo di Socrate, che elogia Eros come il più antico degli Dei.
secondo lui l'amore incoraggia gli atteggiamenti nobili. Dopo interviene Pausania (avvocato), che
distingue tra un Eros volgare, rivolto ai corpi, e un Eros celeste, rivolto alle anime.
Segue il medico Erissimaco, che vedi nell'amore una forza cosmica e generatrice che determina tutti i
fenomeni. Aristofane espone il mito degli "andrògini", un antico racconto secondo cui in origine gli
esseri umani erano tondi e doppi, composti da due essere uniti indiscibilmente./ genere umani erano
3: maschio, femmina e androgino (composti da una metà maschile e una femminile). Zeus decise di
dividere gli esseri umani in due, per dimezzarne la potenza: da allora le due parti vanno l'una in cerca
dell'altra, per riunirsi e ricostruire l'essere originario. Uno dei caratteri fondamentali dell'uomo è quindi
l'incompletezza.
Successivamente Agatone descrive Eros come il più felice tra gli dei, il più bello e il più buono, e il più
giovane, portatore di valore e virtù di cui rende partecipi gli uomini.
Socrate descrive l'amore come una mancanza; secondo il mito, Eros era figlio di Penìa (povertà) e di
Poros (abbondanza), e non è un dio, quanto un demone. Eros non ha la sapienza ma aspira ad essa,
e in questo senso è un filosofo. Eros è desiderio di procreare, e procreando gli esseri umani cercano
di sanare il desiderio di immortalità.
La bellezza ha gradi diversi; in un primo momento si è attratti dalla bellezza di un singolo corpo, poi
si passa ad amare la bellezza corporea nella sua totalità. Al di sopra di questa c'è la bellezza
dell'anima, poi la bellezza delle istituzioni e delle leggi, e poi la bellezza delle scienze. infine, al di
sopra di tutto, c'è la bellezza in sé. A questi diversi gradi di bellezza corrispondono forme di amore, in
una scala gerarchica che sale fino all'amore filosofico. L'amore secondo Platone non era però una
relazione sentimentale asessuata: egli ritiene in realtà che l'eros sia radicato nei sensi e apprezza la
corporeità. L'amore secondo Platone è quindi come uno strumento per una conoscenza superiore.
FEDRO
Nel Fedro Platone distingue nell'anima tre parti:
● la parte razionale, che ha sede nel cervello e grazie alla quale l'essere umano ragiona e
domina gli impulsi corporei
● la parte concupiscibile, o desiderante, che ha sede del ventre ed è il principio di tutti gli
impulsi
● la parte irascibile, o coraggiosa, che ha sede del petto e dà sostegno alla parte razionale.
Questa tripartizione è chiarita da un racconto mitologico, nel quale l'anima è paragonata a una biga
alata, guidata da un auriga e trainata da una coppia di cavalli, uno bianco e obbediente, l'altro nero e
disobbediente. L'auriga corrisponde alla parte razionale dell'anima, che deve guidare la vita
dell'individuo; il cavallo bianco corrisponde alla parte coraggiosa dell'anima, mentre il cavallo nero
corrisponde agli impulsi corporei, che cercano il piacere. Dato il disaccordo tra i due cavalli, il compito
dell'auriga è difficile. Egli cerca di condurre il carro nel cielo, verso
l'iperuranio, in cui risiede la "vera sostanza", priva di colore e di forma, che può essere contemplata
per poco poichè il cavallo nero la trascina verso il basso. Ogni anima contempla la sostanza
dell'essere per più o meno tempo, e quando si appesantisce perde le ali e si incarna nel corpo di un
essere umano.
Allora l'anima che ha visto di più costituirà un individuo che si apparterrà al culto della sapienza o
dell'amore, mentre le anime hanno visto di meno si incarneranno in individui lontani dalla ricerca della
verità e della bellezza. Nell'anima che è caduta e che si è incarnata, il ricordo delle sostanze ideali
venne risvegliato proprio dalla bellezza. La bellezza fa dunque da mediatrice tra l'anima caduta e il
mondo delle idee, e sfocia nell'amore. L'eros diventa così dialettica, e l'amore diviene psicagogia,
guida dell'anima verso la contemplazione del mondo delle idee.
Alla dialettica riconduce la vera retorica, che è diversa da quella descritta dai sofisti. La seconda metà
del fedone è occupata dall'analisi della retorica: la "retorica del vero" non cerca il favore delle masse,
ma quello degli Dei. Platone continua a pensare che soltanto la filosofia possa accedere alla verità,
mentre la retorica è lo strumento della dialettica, che è l'unico metodo autentico della filosofia
LO STATO IDEALE
Tutti i temi trattati nei dialoghi di Platone sono riassunti nella sua massima opera, la Repubblica, che
descrive uno Stato ideale e una comunità perfetta, immaginaria.
Il titolo originale dell'opera è Politèia (Costituzione), che per i greci indicava la comunità politica di cui
ogni individuo faceva parte. Il termine Repubblica risale alla traduzione latine dell'opera. Nell'opera
egli sostiene che a governare la costituzione di una comunità politica dovrebbero essere i filosofi.
LA GIUSTIZIA
Per Platone il fine di una società governata da filosofi è la giustizia. Nessuna comunità umana può
sussistere senza la giustizia, che è la condizione fondamentale della nascita e della vita di uno Stato.
Lo Stato ideale ipotizzato da Platone è costituito da tre classi: quella dei governanti, quella dei
guerrieri e quella dei lavoratori, o produttori. La virtù caratteristica della classe dei governanti è la
saggezza, poiché è necessario che i governanti siano saggi affinché tutto lo stato sia saggio; il
coraggio è la virtù della classe dei guerrieri; La temperanza, intesa come dominio della ragione sui
sensi, è tipica di tutte le classi, ma in particolar modo dei produttori.
La giustizia comprende tutte e tre queste virtù: essa si realizza quando ciascun cittadino esegue il
proprio compito e ha ciò che gli spetta. In uno stato, i compiti sono tanti e tutti necessari, e ognuno
deve sceglierne uno per cui è adatto e dedicarsi a esso; solo così lo Stato sarà formato da parti
diverse ma armonicamente unite.
La giustizia garantisce così l'unità dello Stato e dell'individuo. Infatti, considerando le tre parti
dell'anima: di quella razionale è tipica la saggezza, di quella concupiscibile è tipico il coraggio, mentre
l'accordo di tutte le parti nel lasciare il comando dell'anima razionale è la temperanza. Anche nel
singolo uomo, la giustizia comprende le tre virtù della saggezza, del coraggio e della temperanza, e si
avrà quando ogni parte dell'anima svolgerà soltanto la propria funzione.
La giustizia consiste anche nell'accordo dell'individuo con la comunità.
IL COMUNISMO PLATONICO
Affinché lo Stato funzioni bene, Platone suggerisce l'eliminazione della proprietà privata e la
comunanza dei beni per le classi superiori, così che esse potranno concentrarsi sulla gestione del
governo. I governanti e Filosofi dovranno avere case piccole e nutrirsi di cibo semplice, senza
ricevere compensi se non i mezzi necessari per vivere. Per loro l'oro e l'argento sono proibiti, poiché il
loro scopo principale è il bene di tutti, e non solo quello della loro classe.
Nella città ideale non deve esistere né la ricchezza, né la povertà, in quanto entrambe nocive. La
società ideale della prima classe di Platone si presenta come una sorta di comunismo.
La classe al potere non avrà inoltre famiglia, e i governanti avranno in comune le donne, che
godranno di completa uguaglianza con gli uomini e partecipano alla vita politica. Le unioni
matrimoniali saranno temporanee e stabilite dallo Stato, in vista della procreazione di figli sani. I figli
saranno tolti fin dalla nascita ai loro genitori; i genitori non sapranno mai chi sono i loro figli,
così come i figli non sapranno mai chi sono i loro genitori. Si vivrà così in una sorta di grande
famiglia.
I governanti saranno ugualmente felici, poiché la felicità risiede nella giustizia. I filosofi, in quanto tali,
sono felici di per sé senza il bisogno di beni materiali.
LE DEGENERAZIONI DELLO STATO (NO)
Platone è consapevole che lo Stato che descrive sia solo un modello ideale, da prendere in
considerazione per migliorare gli Stati esistenti.
La società ideale di Platone può essere definita come un'aristocrazia di filosofi, che può essere
considerata come una forma di governo, di cui Platone elenca le possibili degenerazioni:
- la timocrazia, il governo fondato sull'onore, che nasce quando i governanti si appropriano di terre e
di case. L'uomo timocratico è amante del comando e diffidente verso sapienti.
- L'oligarchia, il governo fondato sul censo, nel quale il comando è riservato a pochi. l'uomo
oligarchico è avido di ricchezze e pone il risparmio al primo posto.
- la democrazia, il cui avvento è causato, nello stato di oligarchico, dalla ribellione del ceto povero
contro il ceto ricco che detiene il potere. Tutti i cittadini sono liberi di fare quello che vogliono.
- la tirannide, la forma di stato più spregevole, poiché il tiranno si circonda di individui senza scrupoli.
Il tiranno è il più infelice tra gli uomini.
IL SOFISTA
Vengono analizzati i 5 attributi fondamentali delle idee che sono l'essere, l'identico, il diverso, la
quiete, il movimento. Secondo Platone ogni idea esiste, quindi è e appartiene all'essere. Ogni idea poi
è identica a sé stessa, queste due caratteristiche sono distinte perché non tutte le idee sono uguali e
quindi non vanno insieme. Dato che le idee sono identiche a loro stesse, tra di loro le idee sono
diverse. Con questi primi tre punti Platone trova degli "errori" nella filosofia parmenidea, perchè
secondo il filosofo, Parmenide non prende in considerazione la condizione del diverso e dicendo "A
non è B" Parmenide credeva si sfociasse nel non essere, quando per Platone la frase corretta
dovrebbe essere "A è diverso da B" quindi al posto del non essere subentra l'essere diverso.
Sempre secondo la filosofia parmenidea, l'errore non esiste in quando implicherebbe il nulla e il nulla,
che appartiene al non essere, non esistendo è indicibile. Per Platone tutto questo viene "semplificato"
definendo l'errore come il dire le cose in modo diverso da come esse sono effettivamente.
Le idee inoltre possono essere fine a sé stesse (quiete) o entrare in relazione con altre idee
(movimento) Dopo aver determinato queste 5 caratteristiche Platone vuole dare una nuova
definizione di essere: Secondo Platone l'essere corrisponde alle idee e ad esse appartengono sia le
entità materiale che immateriali in quanto entrambe sono. Nello specifico l'essere per Platone è
possibilità ovvero "è tutto ciò si trovi in possesso di una qualsiasi possibilità; di agire o di subire da
parte di un altra cosa, che possa compiere un'azione minima anche solo una volta”
IL TIMEO
In quest'opera viene affrontato il problema cosmologico dell'origine dell'universo.
IL MITO DEL DEMIURGO
Per Platone l'origine dell'universo non può essere una scienza esatta ma prova comunque con il mito
a darne un origine plausibile. Introduce così la figura del demiurgo, letteralmente vuol dire artigiano,
ma il demiurgo è un'entità intermedia tra l'essere perfetto delle idee e l'imperfezione delle cose.
Nell'idea di Platone non esiste un Dio inteso come una "persona" ma bensì come entità divina che
comprende tutte le cose intangibili come il bene, l'anima e le idee etc.
Platone spiega come in origine esistesse soltanto il caos informe chiamato chòra o anànke
rispettivamente "spazio" e "necessità". Successivamente il demiurgo organizza la madre del mondo a
immagine e somiglianza delle idee. In questa idea il demiurgo non è visto come il creatore ma come
plasmatore. Il divino artefice fornisce poi l' anima del mondo.
Il lavoro del demiurgo continua creando il tempo a immagine e somiglianza del movimento dell'essere
e riproduce il moto eterno degli astri.
Nel racconto di Platone il demiurgo incontra alcune resistenze da parte della materia, infatti tutte le
cose positive create e descritte sono rimandate alla figura del demiurgo, mentre le cose negative
sono associate alla materia.
Inoltre nell'opera viene anche ripreso il concetto di arte, il cosmo viene addirittura considerato come
un'opera d'arte grande e meravigliosa e il lavoro del demiurgo paragonato a quello di un artista;
Platone nel Repubblica aveva bandito qualsiasi forma di arte a eccezione della musica, ma qui l'arte
viene rivalutata e anche se la definisce sempre come una copia lontana delle idee, la divide in due
forme. la prima è detta icastica e indica tutta quell'arte che segue una mimesi reale, che rappresenta
la realtà senza stravolgere o inventare le cose, inaspettatamente Platone dice che questo tipo di arte
può essere utilizzata come strumento di verità
L'altra è detta fantastica ed è quella ripudiata da Platone perché essa stravolge la realtà e produce
illusioni. Vengono poi considerati gli attori che con la loro bravura riproducono scene di vita reale,
anche i poeti, prima completamente banditi, vengono considerati utili per la loro cultura.
Platone introduce la sua idea di storia: il regresso di una mitica e felice età primordiale
Secondo il filosofo la felicità finisce con l'inizio della civiltà che porta alla corruzione dei costumi. Per
parlare di ciò il filosofo introduce il mito di Atlantide, regno creato da Poseidone, inabissato da Zeus
dopo che la sua popolazione si era corrotta.