Perché Platone scrive dialoghi e perché è paradossale in un certo senso l’esistenza di un corpus di
dialoghi scritti?
I dialoghi platonici, per la loro stessa esistenza, costituiscono un paradosso. Si tratta del primo
grande corpus di scritti filosofici che l’antichità abbia conosciuto, eppure il suo autore è stato colui
che ha negato con maggiore fermezza la possibilità che il pensiero filosofico possa venire messo per
iscritto, rifiutando l’adeguatezza della scrittura a esprimere i modi, le forme, i contenuti di sapere.
In un passo della sua lettera settima sostiene che la scrittura sia inadeguata per trasmettere il sapere
filosofico in quanto la mancanza della presenza dell’autore implica: che il testo non possa essere
interrogato e non sia calibrato sulla capacità di fruizione di un lettore e non da’ la possibilità al
lettore di capire meglio quello che legge, inoltre l’autore non può difendersi. Un altro problema
legato alla forma scritta è che chi trasmette il proprio sapere per mezzo della scrittura lo fa
indipendentemente dal fatto che l’altro sia o meno in grado di accogliere questo pensiero. A questa
metodologia Platone oppone l’interrogazione con la quale attraverso l’interazione con l’altro si può
giungere ad una verità superiore rispetto a quella a cui si giungerebbe individualmente. In un altro
passo della lettera settima, affronta un ulteriore problema: la dichiarazione esplicita del fatto che
esistono dei saperi filosofici che Platone non ha affidato alla scrittura per due ragioni: il destinatario
deve essere una persona cresciuta intellettualmente che ha intrapreso un percorso con il maestro ed
è in grado di accogliere e comprendere queste dottrine; vi è inoltre una difficoltà teoria nel mettere
per iscritto queste dottrine che non hanno raggiunto un livello di elaborazione tale da poter essere
messe per iscritte e trasmesse universalmente. Ci sono diversi motivi per cui Platone ha deciso di
scrivere dialoghi: vuole dare delle indicazioni su come fare filosofia, offrendo dei modelli dialogici
basati sull’esperienza socratica. La forma dialogica inoltre permette a Platone di mettere in scena
un’intera società (chiamata da Vegetti “società dialogica”) per permettere al lettore di identificarsi
con i personaggi messi in scena e lasciarsi coinvolgere nel meccanismo dialogico.
(Questa risposta è di pari passo con gli appunti perché lei ha spiegato seguendo esattamente ciò che
diceva Quindici lezioni su Platone)
(Per rispondere a questa domanda ho seguito gli appunti, 15 lezioni su Platoneu e c’è una piccola
parte interessante nell’Introduzione a Platone a pagina 104, relativamente al problema
dell’interpretazione delle ombre)
(Allora, di questa non sono per niente sicura... comunque ho preso il tutto da Quindici Lezioni,
capitolo 7. Boh... non so se abbia un senso, Eleonora aiutami tu perché di Aristotele non ci capisco
una mazza)
(Questo è preso interamente da quindici lezioni, da pagina 31 a pagina 38. L’unica cosa è che non
ho inserito tutte le divisioni dei saperi che si trovano a pagina 35-36-37)
(Esercizio della ragione pagina 140 e 141, non volevo entrare troppo nel dettaglio quindi non so se
va bene come risposta... ditemi voi)
(Esercizio della ragione pagina 144-145, incontro con Aristotele, capitolo quinto)
(L’esercizio della ragione, per rispondere alla domanda ho dato solo una definizione di Dio e
materia, e non ho spiegato come da essi si generano gli enti perché la domanda non lo chiedeva, ma
se volete inserirlo, la risposta è a pagina 228 e 229)
Qual è il contenuto e il significato del primo discorso di Socrate sull’amore nel Fedro
Fedro che ha appena assistito ad un discorso di Lisia sull’amore, invita Socrate a provare a
comporre un discorso altrettanto bello. Socrate cede all'insistenza di Fedro e propone un suo
discorso che dimostra la stessa tesi di Lisia, facendo a gara di abilità tecnica con lui. Ma lo
pronuncia col capo coperto, come se ne provasse vergogna. Il discorso comincia esponendo uno dei
principi fondamentali della dialettica socratico-platonica: per evitare l'uso equivoco delle parole
tipico della retorica e della poesia, il primo passo del procedimento dialettico consiste nel
concordare una definizione esauriente e coerente dell'oggetto di cui si discute. Occorre pertanto
individuare la sua essenza, cioè il complesso di proprietà tipiche che identificano univocamente che
cos’è ciò di cui si sta parlando. Se non compiamo questo passo, non riusciremmo a parlare in modo
coerente dell'oggetto in questione e incorreremo in equivoci con gli altri, cioè non saremo d'accordo
neanche con loro. L'ambiguità delle parole può essere sfruttata a proprio vantaggio da chi comunica
a fini retorici; ma per chi va in cerca della verità, come sappiamo dalla lettera settima, è un limite e
un problema. L’eros è un desiderio che ha come oggetto il bello. Anche chi non ama, però, desidera
cose belle. Occorre dunque rendere più specifica la definizione. Si usa il metodo platonico della
dicotomia, cominciando da un genere molto ampio, e suddividendolo in due parti. Si compie,
eventualmente, la medesima operazione con ciascuno dei due termini ottenuti e si procede così
finché non si ottiene una definizione che identifichi precisamente l'oggetto di indagine. C'è in
ciascuno una coppia di principi che lo guidano e lo governano: il desiderio innato di piaceri e la
doxa acquisita che aspira all'ottimo. Questi principi possono essere reciprocamente in armonia
oppure in conflitto. Quando l'opinione conduce all'ottimo tramite la ragione e domina, il suo
dominio ha il nome di sophrosune (non so se sia corretta la trascrizione dal greco). Ma quando il
desiderio ci trascina irrazionalmente verso i piaceri e governa in noi, il suo governo viene
denominato “tracotanza”. Una persona può essere tiranneggiata o comandata da desideri diversi,
con diversi oggetti. Si ha Eros quando va al potere un desiderio irrazionale per il piacere della
bellezza, assieme con altri desideri affini per la bellezza del corpo. Ma se l'innamorato è dominato
dal desiderio e schiavo del piacere, non sarà vantaggioso avere relazioni con lui, perché non farà
l'interesse dell'amato, bensì sarà condotto esclusivamente a soddisfare la passione che lo trascina.
(Appunti, non ho letto tutti i libri sorry ahahah non trovavo la spiegazione del discorso, quindi sono
anche andata a farmi un giretto su Google e non sono molto sicura di questa risposta)
(Premetto che gli appunti del Fedro non li ho ancora visti, per rispondere alla domanda ho preso le
parti di Introduzione a Platone a pagina 98 e 99. È molto ripetitivo quindi ditemi voi, ripeto devo
ancora leggere gli appunti)
(Parte iniziale presa da Wikipedia ahahaha, ma solo perché non sapevo cosa fosse la palinodia e poi
Introduzione a Platone a pagina 160-161 spiega il discorso del Fedro)