L’Apologia di Socrate è uno dei componimenti in età giovanile
del filosofo greco Platone, composto tra il 399 e il 388 a.C, il quale contesto storico in cui si inserisce è quello che ha portato Socrate verso la condanna a morte ( 399 a.C.). In questo testo il protagonista Socrate viene nuovamente accusato da accusatori più recenti, dato che in età più giovane già fu accusato da altre persone detti “vecchi accusatori”, mentre gli accusatori più detti “nuovi” furono Meleto, Anito e Licone che lo accusarono di corruzione dei giovani, di non credere negli dei della città e di volerne aggiungere altri. Varie sono le motivazioni delle accuse contro Socrate, sicuramente fu accusato poiché era l’unico che riusciva a combattere con il potere, visto che al tempo ad Atene prese nuovamente forza la corruzione, un’altra motivazione la enuncia lo stesso Socrate durante il suo dialogo con il suo accusatore principale, cioè Meleto, dove dice che forse era stato accusato semplicemente per un qualche genere di insolenza o sfrontatezza giovanile. Socrate aveva una grande missione da compiere, assegnatagli da Dio, che viene descritta da Platone nel verso che dice :” Cittadini ateniesi, io non parlo per difendere me stesso, ma per voi, perché non abbiate ad errare su quello che il dio vi ha dato, votando contro di me. Infatti se mi condannate, non troverete facilmente un altro che venga assegnato dal dio alla città come un cavallo grande e nobile, ma pigro a causa della sua grandezza e bisognoso di essere svegliato da un qualche tafano”. Con questi versi Platone riesce a far capire che Socrate fu una figura di salvezza del popolo ateniese, a cui gli viene assegnato il compito di “risvegliare” la popolazione, tramite l’uso della filosofia. Ad un punto della vicenda Socrate si sente in dovere di difendersi dalle accuse non veritiere fatte dai tre accusatori, ma uno su tutti fu Meleto con cui nasce un dialogo molto acceso dove il protagonista lo attacca, mostrando ai giudici che le accuse di quest’ultimo sono delle contraddizioni o meglio ancora dei paradossi. Si potrebbe dire che con le sue conoscenze e con la sua sapienza Socrate avrebbe potuto far parte della vita politica ateniese, ma non fu così per vari motivi, i più influenti appunto furono l’odio di Atene verso il protagonista, soprattutto dai “letterati” dagli “artigiani” e ovviamente dai “politici”, affermazione detta da lui stesso. Socrate viene rappresentato molto legato ad Atene, il quale si può notare nella metafora che dice:" Cittadini ateniesi, io non parlo per difendere me stesso, ma per voi, perché non abbiate ad errare su quello che il dio vi ha dato, votando contro di me. Infatti se mi condannate, non troverete facilmente un altro che venga assegnato dal dio alla citta come a un cavallo grande e nobile, ma pigro a causa della sua grandezza e bisognoso di essere svegliato da un qualche tafano”. In una di queste grandi citazioni possiamo anche intuire che il protagonista non teme affatto la morte, anzi possiamo dire che teme di più la vita, affermazione presente nel verso dove dice che, quando si vive si è certi che si può soffrire, mentre quando si muore non si sa nulla del viaggio ultraterreno che ci aspetta, e quindi non gli si può attribuire né il bene né il male. Mentre riguardo ad altre pene a lui proposte come l’esilio, lui non lo condivide e lo si può vedere, perché nei versi da parte sua c’è una convinzione che per lui il contrasto fra la vita dedicata all’indagine e la comunità politica non sia una questione limitata solo ad Atene, ma è un problema che si riproporrebbe in qualsiasi altra città. Un verso che mi ha colpito molto è sicuramente questo:” Uomini, il più sapiente fra voi è chi, come Socrate, ha riconosciuto che in verità non è di nessun valore, per quanto concerne la sapienza”. Una frase che fa capire due cose, la prima è l’importanza della sapienza del filosofo Socrate che viene menzionata anche in fase di accusa, mentre la seconda è che i valori del tempo sono rimasti ancora oggi, perché per le persone del tempo anche se una persona era munita di una grande sapienza non aveva il diritto di vantarsi.