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Opere esegetiche VI
ELIA E IL DIGIUNO
NABOTH
TOBIA
introduzione, traduzione, note e indici
di
Franco Gori
Milano Roma
Biblioteca Ambrosiana Città Nuova Editrice
1985
IN T R O D U Z IO N E
1. De H elia et ieiunio
a) Autenticità e data
b) Struttura
20 Ibid., 1, 1. M i sem bra che si possa dire che con questa espressione termini
l’esordio e inizi il prim o sermone. Parrebbe dunque non felice la paragrafazione
tradizionale che pone la fine del § 1 più oltre.
21 Ibid., 2, 2.
22 Basilio, h om ilia I de ie iu n io (PG 31, 164-184).
23 H el. 12, 41 loc. cit. in nota 18.
INTRODUZIONE 13
quel che segue nel § 41 (etenim qui ieiunantem 24...), che riterrei
essere l ’inizio del secondo discorso.
L’identificazione del secondo sermone poggia anch'essa su diver
si indizi■ Con il § 41 si passa a trattare dell'ubriachezza; anche se
l ’a rgom ento generale resta l ’intemperanza, la variazione tematica è
netta ed evidente. Da notare, però, che a ll’interno di questa seconda
parte il tema varierà ancora, quando con il § 69 si passerà, senza
incrinature, dall’ubriachezza ad alcune considerazioni sull’intempe
ranza e poi, quasi inavvertitamente, ad un breve ‘excursus’ sull auari-
tia; in seguito il discorso acquista un tono parenetico che accom pa
gna i temi dell'atleta e dell'agone cristiano fino alla conclusione.
Fonte di questo secondo sermone sono due om elie di Basilio 2S, non
contaminate, ma utilizzate separatamente in sezioni diverse. La du
plicità della fonte non deve far pensare che questa seconda parte
del De H elia sia composta da due s e rm o n i26; Am brogio ha trattato
in un solo sermone due argom enti sforzandosi di legarli insieme 27.
c) A rgom ento
24 Ibid.
25 BASILIO, h o m ilia X I V in ebriosos (PG 31, 444 C-464) e h o m ilia X I I I exhortatoria
ad sanctum baptisma (PG 31, 424-444).
26 La B u c k , S. A m b ro sii de Helia..., pp. 5 s., senza affrontare il problem a dell’iden
tificazione dei sermoni, ha distinto in tre parti il trattato, tenendo conto delle
diverse tematiche e badando anche, pare, che ad ogni sezione corrispondesse
un'omelia di Basilio come fonte. Le tre parti sono I = §§ 1-40, II = §§41-68, III =
§§ 69-85 (cf. ibid., pp. 7 s.).
27 N on sarebbe stato possibile form ulare l'ipotesi che i §§ 41-85 corrispondano
ad un unico serm one se non avessi rettificato il rinvio a Is 13, 5 dell’apparato di
Schenkl in H el. 21, 77, sostituendolo con Is 24, 1; si veda in proposito la mia nota
ad loc.
28 Hel. 2, 2 - 3, 5.
29 Ibid., 11, 40.
30 Ibid., 22, 83 e 85.
31 Ibid., 3, 5.
14 INTRODUZIONE
32 Ibid., 8, 22-23.
33 Ibid., 8, 23 (in fine) ie iu n iu m quietem diligit, lu xu ria in q u ietu d in em : ie iu n iu m
otia serit, luxus negotia.
34 Ibid., 8, 24-25.
35 Per una più am pia analisi delle im pronte di Plauto in questo passo si rinvia
a G. JACKSON, Una pagina pla u tin a nel De H elia di A m b ro gio, «V ic h ian a», 6 (1977),
pp. 331-340, ma già richiami a Plauto erano stati fatti da Buck, S. A m b ro sii de
Helia..., p. 9.
36 H el. 10, 30.
37 Ibid., 10, 36-37; cf. in proposito P. M e l o n i , I l p ro fu m o dell'im m ortalità, Roma
1975, pp. 252 s.
38 Cf. ibid., 11, 38 ie iu n iu m etenim culpae in terfecto riu m est.
35 Ibid., 12, 42-44.
40 Ibid., 12, 45: si veda quanto ho osservato ad loc.
41 Ibid., 13, 46 - 14, 52.
42 Ibid., 17, 65.
43 Ibid., 18, 66 caelum im p u ro co n ta m in a tu r aspectu, terra tu rp i saltatione p o l
lu itur.
44 Ibid., 19, 69 e 70.
45 Ibid., 19, 69. Am brogio cita Is 23, 1: l’inizio dell’oracolo su Tiro che indica
come il nono ( nona uisio)', di qui prende lo spunto per afferm are che l’intem peran
za, simboleggiata dalla città di Tiro che è collegata al num ero nove, è esclusa
dalla Legge che ha il suo sim bolo nel num ero sette, cioè nell'ebdom ade veterotesta
mentaria, ed è esclusa anche dall’evangelo della redenzione che è simboleggiato
INTRODUZIONE 15
d) L e fonti
dal num ero otto, cioè dall'ogdoade cristiana. Qui troviamo uno dei rari momenti
di esegesi mistica, per quanto riguarda il De Helia.
46 E sorprendente per i nostri orecchi la polem ica contro i mercanti e la
navigazione mercantile espressa nei §§ 70-72, m a bisogna innanzi tutto considerare
che in quel tempo, in cui assai diffuse erano la miseria e la fame, l’attività
mercantile, ritenuta da sem pre speculatrice, più facilmente attirava la riprovazione
morale; inoltre un simile atteggiamento aveva radici nella cultura antica, alimenta
ta da concezioni filosofiche che parteggiavano per l’ideale di una vita serena e
senza affanni. Più in particolare, nella letteratura l’attività del mercante che
affronta i rischi del mare era diventata un 'topos’ che si soleva contrapporre alla
vita agreste (si vedano i riferimenti nella m ia nota ad lo c.).
47 Hel. 20, 73-74.
48 Si veda in proposito V. M o n a c h in o , S. A m b ro g io e la cura pastorale a M ila n o
n el secolo IV , M ilano 1973, pp. 51-55 e J. S c h m it z , Gottesdienst im altchristlichen
M ailand, Kòln-Bonn 1975, pp. 31-34.
49 Per la strana lezione in ebrietate di Eccli 31, 32 (27) in H el. 12, 44 si veda la
mia nota ad loc.
50 Cf. supra nn. 20 e 21. Diam o la corrispondenza som m aria fra ciascuna omelia
e il testo di Am brogio: hom . de ie iu n io = §§ 1-39, hom. in ebriosos = §§ 42-66, hom.
exhort. ad s. baptisma = §§ 79-85.
51 Anche se per questo particolare aspetto dell’uso che Am brogio fa della fonte
m ancano indagini am pie e sicure (soprattutto m anca un’edizione critica di Basilio),
16 INTRODUZIONE
e) I destinatari
I serm oni sono stati pronu ncia ti con ogni probabilità nelle
domeniche fra la festa dell’Epifanìa e l ’inizio della Quaresima. S i
comprende facilmente com e fosse opportuno che in vista del tempo
quaresimale il Vescovo trattasse temi particolarm ente attinenti a
quel periodo dell'anno liturgico, com e il digiuno, la conversione, la
lotta con tro il male. Ma a n cor p iù ci aiuta a precisare il tempo
l'esortazione finale rivolta ai ca tecu m en i56 perché si iscrivano nella
lista dei com petentes, candidati a ricevere il battesimo nella notte
di Pasqua. I l giorn o dell’Epifania il Vescovo annunciava la data
della Pasqua. In quel giorno a M ila no si aprivano le iscrizioni per
g li aspiranti al battesimo, che probabilm ente si chiudevano con
l ’inizio della Q uaresim a57. È ragionevole supporre che p ro p rio in
questo periodo A m brogio si rivolgesse ai catecum eni esortandoli con
fermezza a non procrastinare con vari pretesti il battesimo. Tuttavia
fra g li uditori sembra che fossero in m aggior num ero i cristiani
battezzati58.
non sarà inutile esam inare qualche interessante esempio. In Hel. 1, 1 A m brogio
cita Ps 80 (81), 4 attestando la singolare lezione in die frequenti, mentre in Basilio,
ieiun. 1 (PG 31,164 A) si legge, come nei Settanta, èv EÙcrrinv Tipip<?., da cui discende
la lezione comunem ente attestata per l’antica versione latina in die insigni. In Hel.
4, 7 A m brogio non si limita a citare, con Basilio, ieiun. 3 (PG 31, 168 A), il prim o
emistichio di Gen 2,17, ma aggiunge anche il secondo, facendo seguire osservazioni
che non ritroviam o nella fonte. Nem m eno il testo di Is 5, 11 s. in Hel. 15, 53
corrisponde a quello citato da Basilio, in ebr. 6 (PG 31, 456 A): la lezione basiliana
oi [xévovTEq t ò òipé (= Settanta) non trova alcuna corrispondenza in quella am brosia
na q u i eb rii sunt uesperi e mentre in Basilio leggiamo |j,ETà yàp Hidàpaq x aì aùXwv
A m brogio ha cu m cithara en im et psalterio et tympanis (Settanta: i^e-cà yàp niflàpaq
xaì (Jja.XTT]piou xaì -ruijniàvwv).
52 SCh 238, p. 352; l’om elia ci è giunta in una traduzione latina di Girolamo,
m a p er il passo che ci interessa possediam o anche un fram m ento greco tramandato
nelle Catene (fr. 36, GCS 6, p. 216, 25 s.). La corrispondenza con il passo am brosiano
è stata rilevata da E. K l o s t e r m a n n , D ie U berlieferung der Jerem ia hom ilien des
Origenes, TU, N.F. 1, Leipzig 1897, pp. 60-61.
53 H el. 16, 58.
54 SCh 238, p. 358, 15 s. Invece Schenkl (C S E L 32, 2, p. X V IIII) rinvia a F il o n e ,
Cherub. 12.
55 H el. 16, 58.
56 Cf. H el. 22, 83-85.
57 Cf. MONACHINO, S. A m b ro g io e la cu ra pastorale..., pp. 57 s.
58 Cf. H el. 22, 83 si quis autem non est baptizatus, s e c u rio r co n u erta tu r rem issio
nem a ccipiens peccatorum .
INTRODUZIONE 17
g) Valore storico
2. De Nabuthae
a) Data
M Hel. 1, 1.
65 Ibid., 3, 4.
“ Ibid., 4, 6-7.
67 Ibid., 7, 19-20.
68 Ibid., 9, 31.
69 Cf. ibid., 10, 34 considera. Quadragesima totis p ra eter sabbatum et d om in ica m
ie iu n a tu r diebus.
70 Cf. DAL 2, 2, c. 2142.
71 PG 26, 1413.
72 Cf. DTC 2, 2, c. 1731.
INTRODUZIONE 19
b) Caratteri generali
che rivelano nelle altre due l ’o rigine oratoria. Tuttavia fra g li studiosi
è diffusa l'opinione che in questo trattato sarebbe utilizzato un
materiale proveniente da s e rm o n i86. Sarebbe anche questa un ’opera
p e r la quale A m brogio ha fatto uso di registrazioni tachigrafiche di
s e rm o n i87. Tale materiale sarebbe stato profondam ente rielaborato
e riform ulato in m odo che la prim a impressione che il lettore ne
ricava è quella di trovarsi di fronte ad u n ’opera scritta a tavolino.
D al punto di vista letterario 88 vi troviam o infatti le m ig lio ri pagine
di Am brogio scrittore, sia per la chiarezza e il vigore del pensiero
che p er il rilievo altamente dram matico dato ai sentim enti umani,
oltre che p er lo stile assai curato.
Anche se non evidenti, troviam o però degli indizi che, considera
ti nel loro insieme, ricond ucono a ll’origin e oratoria del trattato. Uno
di questi è rintracciabile, com e osserva Vasey89, n e ll’inizio. I l De
Nabuthae inizia ‘ex abrupto' senza un m in im o dì proem io che solita
mente introduce il lettore nell'argomento, anche quando si tratta di
opere che evidentemente raccolgono dei sermoni. Per non andare
lontano si vedano g li esordi del De H elia e del De Tobia. L'inizio
del De Nabuthae sarebbe problem atico, se non si presupponesse la
lettura del passo biblico ove si narra la storia di Naboth (3 Reg
20[21]); p iù volte in altre opere A m brogio si riferisce esplicitamente
alla lettura biblica proclam ata prim a della p re d ic a 90. In o ltre la
vivacità dell'esposizione, l'assenza di riflessioni dottrinali, il ricorso
agli aneddoti richiam ano i caratteri dell'oratoria ambrosiana 91. Ma
vi è anche un indizio più preciso che ci rivela che nell'opera è
rimaneggiato materiale preesistente: una frattura tra la fine del § 60
c) Contenuto
d) La fonte
latina, come si è già detto a proposito del D e H elia (cf. supra, nota 51). Per il De
N abuthae si confronti, per esempio, il testo di L e 12, 17-19 in Nab. 6, 29 con BASILIO,
in illud, Destruam 1 e 5 (PG 31, 261 C e 273 A).
” Su questo punto cf. M ara, La storia d i Naboth..., pp. 35-37.
100 Cf. B a s il io , in illud, Destruam 1 (P G 31, 264 A): oùx èp.vf)ih] rrjt; xoivf|<;
cpuuEiot;. Su questo punto si veda, com unque, M. P o ir ie r , “Consors naturae” chez
saint Am broise, in A m brosius Episcopus. Atti del Congresso internazionale..., 2,
Milano 1976, pp. 325-335.
101 C f. L. C r a c c o R u g g in i, E c o n o m ia e società n e ll’Ita lia annonaria, M ila n o 1961,
pp. 14-16.
102 Ricordiam o il polem ico articolo di C. M archesi su «l'U n ità» del 12 aprile
1950 e la replica ne « L ’Osservatore R om an o» del 14 aprile 1950 di P. Romano.
103 A.O. LOVEJOY, The C om m u n ism o f St. A m brose, «Journal o f thè History of
Ideas», 3 (1942), pp. 458-468; G. SQUITIERI, I l preteso com u niS m o di S. A m brogio,
Sarno 1946; S. Giet, La d octrin e de l'a p p rop ria tion des biens chez quelques-uns des
pères. P eu t-on p a rle r de com m u n ism e?, «R e ch S R », 37 (1948), pp. 55-91; S. C a l a f a t o ,
La p roprietà privata in S. A m b rogio, Rom a 1958; A. BlEGELMAIER, Z u r frage des
Sozialism us u nd K om m u n ism u s in Christentum d er ersten drei Jahrhunderte, «B ei-
tràge zur Geschichte des christlichen Altertums und der byzantinischen Literatur».
Festgabe A. Ehrhard, Am sterdam 1969, pp. 73-93; L. N d o l e l a , Le com m u n ism e
o rig in e l dans le De officiis d'Am broise de M ila n , «Justice dans le m onde», 12 (1970),
pp. 217-237. Per altra bibliografia si veda E. F r a t t in i , P roprietà e ricchezza nel
pen siero d i Sa nt'A m brogio, «Riv. Intern. di Filos. del Diritto», 39 (1962), p. 745, nota 2.
24 INTRODUZIONE
106 Secondo la disposizione del testo nei Settanta e nella Vetus Latina, ché
nell’originale e nella Vulgata i capitoli 20 e 21 sono disposti in ordine inverso,
come indica il num ero fra parentesi.
107 M a r a , La storia d i Naboth..., p p . 40-45.
101 P. SABATIER, B ib lio ru m sa croru m Latinae uersiones antiquae seu Vetus Italica,
I 2, Parisiis 1721, ad loc.
109 M a r a , La storia d i Naboth..., p. 41.
110 Di questa lezione esistono forse altre attestazioni in Am brogio: cf. infra
nota 116.
111 C. S c h e n k l , C S E L 32, 2, p. 505, 10 e M a r a , La storia d i Naboth..., pp. 41 s.
escludono che si tratti di testo biblico; di parere opposto è M c G u ir e , S. A m b rosii
de Nabuthae..., pp. 1 s. In mancanza di una dichiarazione o di un esplicito segnale
da parte di Am brogio, è im possibile per noi decidere con sicurezza se la frase è
da intendere come parafrasi am brosiana del testo biblico, oppure testo biblico
m anipolato: vedrem o che manipolazione c'è stata nei versetti successivi. Personal-
26 INTRODUZIONE
mente propen do per la prim a ipotesi, m a non sarebbe rilevante per la spiegazione
che sto per dare se fosse vera la seconda.
112 Non è facile intendere con precisione il grecism o ob tin u e ru n t p r o nobis, di
cui non sono registrati equivalenti esem pi nel ThlL.
113 La M ara (pp. 41 e 44) pensa che il soggetto di in q u it sia il profeta (Elia),
che qui riprend erebbe l’amm onizione al re Achab iniziata poco sopra.
IH Da notare che si n on ob tin u erim u s eos è una traduzione solo apparentem en
te fedele della frase interrogativa eì p-ì) xpot-rauócronEv ìmèp a u T o u q . In più Am brogio
muta la connessione sintattica, subordinando si non ob tin u erim u s eos alla proposi
zione seguente in locum ... che nel testo greco è separata da una frase intermedia
omessa da A m brogio x a ì. t ò pfjua t o ù t o tcoit| 0"ov.
115 La M a ra (p. 41) interpreta diversamente.
116 A questa mia interpretazione si potrebbe, forse, obiettare la difficoltà di
riferire i due in q u it a due soggetti diversi. A tal proposito bisogna osservare che
in A m brogio in q u it non è sentito com e un verbo strutturalmente funzionale nella
sintassi del discorso con uno specifico soggetto da identificare volta per volta,
ma com e uno stereotipo che ha la funzione di segnalare una citazione biblica.
INTRODUZIONE 27
3. D e Tobia
bus, sed a cogentibus diripi, p a u la tim conversus ad gentes est; exp. ps. 118 6, 7 (C S E L
62, p. 112, 6 ss.)... et aduenit n on super terrena, n on super ualles, sed aduenit saliens
super m ontes! Deus en im m o n tiu m est, n on uallium', epist. 12 (30), 2 (C S E L 82, 1,
p. 93, 31 ss.) ergo sa ncti ascendunt ad d om in um , flagitiosi ad uitia descendunt, sancti
in m ontibus, crim in o s i in uallibus; deus en im m o n tiu m est et n on deus u alliu m . In
verità, in tutti questi luoghi gli editori, senza eccezione, rinviano a 3 Reg 21 (20),
28; ma, a mio parere, potrebbe anche trattarsi di 3 Reg 21 (20), 23, dove i Settanta,
com e ho detto sopra, hanno xaì. où deòq xoiXàSuv.
118 Per questo com m ento a Nab. 17, 72 mi sono stati preziosi i suggerimenti
di L. E Pizzolato, che vivamente ringrazio.
119 Erasm o fu editore degli Opera om n ia di Am brogio, Basilea 1527.
120 Cf. P L 14, 793-794 e T h . FORSTER, Am brosius Bischof..., p. 98.
121 A g o s t in o , c. Iu i. Pelag. 1, 3, 30 idem ipse in expositione lib ri Tobiae: «q u is
iste» in q u it « pecca ti est faenerator, n isi diabolus, a q u o E u a m utuata peccatum ,
ob n oxiae successionis usuris om n e genus defaenerauit h u m a n u m » (Tob. 9, 33). Rursus
in eodem : «D ia b o lu s » in q u it «E u a m decepit, ut supplantaret uiru m , ob ligaret haeredi-
tatem» (Tob. 22, 88).
122 Secondo la testimonianza di A m m ia n o M a r c e l u n o , 31, 1-4.
123 FORSTER, A m brosius Bischof..., p. 87.
124 O. B a r d e n h e w e r , G eschichte der a ltk irch lich en Literatur, III, Freiburg 19232,
p. 515.
125 Epist. 19 (P L 16, 1024-1025).
126 Cf. ibid., 4-5 (1025); i passi paralleli del De Tobia sono indicati in nota dai
INTRODUZIONE 29
b ) Struttura
d) La fonte
4. Questa edizione
loro attività è stato fatto da L. C rac co Ruggini, E b re i e o rie n ta li n ell'Ita lia S etten trio
nale fra I V e V I secolo d.C., «S tu d ia et docum enta historiae et iuris», 25 (1959),
pp. 186-307. La Cracco Ruggini non condivide l’opinione diffusa secondo la quale
le attività prevalenti degli Ebrei erano quelle del com m ercio e del prestito ad
interesse (ibid., p. 231), m a il serm one di A m brogio sem bra conferm arla per quanto
riguarda l’attività feneratizia.
150 PG 29, 263-280.
151 Giaccherò, A m b ro sii de Tobia..., pp. 22-36.
152 Le due frasi da m e reintegrate sono Tob. 9, 33, linea 8 s. et quasi d ebitor
uenit ut a faenore pecca ti exueret debitores. N ih il debebat', ibid., 18, 60, linea 4 s.
iustus. Itaqu e du m te lego, de te requ iro, exponis m ih i q u id faeneret.
153 Cf. nota 155.
154 Cf. nota 156.
34 INTRODUZIONE
Id., A m b ro s iu s v o n M ailan d, ein sozia ler B ischof, das V o rb ild u n serer Zeit,
F u ld a 1946.
A .O . L o v e jo y , Th e C o m m u n is m e o f St. A m b ro s e , « J o u r n a l o f th è H is t o r y
o f I d e a s » , 1942, p p . 458-468.
G. S q u i t i e r i , I l p reteso c o m u n iS m o di S. A m b r o g io , S a r n o 1946.
A B B R E V IA Z IO N I
S IG LE D EI C O D IC I *
D e H e lia et ieiu n io
3
D e N a bu th a e
P Id . ( P a risin u s 1732).
R R e m e n sis 229, sec. IX .
B L o n d in ie n s is m u se i Brit. Add. M s. 18332, sec. IX .
V Vaticanus L a tin u s 5760, sec. I X 2.
D e Tobia
SE G N I D IA C R IT IC I C O N V E N Z IO N A L I
( ) le p a r o le in c lu s e n e g li u n c in i s o n o a g g iu n t e d a ll’e d ito re .
[ ] le p a r o le in c lu s e n e lle p a r e n t e s i q u a d r e s o n o e s p u n te .
*** lacuna.
E le n c h ia m o le v a r ia n t i d i q u e s t a e d iz io n e (p r im a d e lla p a re n te s i
q u a d r a ) ris p e tto a lle le z io n i d e l testo e d it o d a C. S c h e n k l , C S E L 32, 2
(d o p o la p a r e n t e s i). I r ife r im e n t i s o n o a c a p ito lo , p a r a g r a f o e lin e a d e lla
p r e s e n t e e d iz io n e :
D e H e lia et ieiu n io
2, 2, 3 e r i g e r e t ] e le u a r e t
3, 4, 15 c u r s u s a e r io s ] a e r io s c u r r u s
4, 6, 3 in i e iu n io ] ie iu n io
4, 8, 5 t u n ic a m p e llic ia m ] t u n ic a p e llic ia
6, 18, 3 in e m p t is s ilu e s t r ib u s h o le r i b u s ] in e p t is s ilu e s t r ib u s
8, 26, 3 d is p u t a t ] d is p u t a t u r
8, 26, 4 d ic it ] d ic it u r
8, 27, 6 in a q u a ] in a q u a m
9, 29, 1 e b r ie t a t e ] e b r ie t a t e m
9, 31, 2 a u g m e n tu m ] au g m en to
9, 31, 7 i e iu n ii] ie iu n i
10, 34, 2 fa m e s ] fa m is
11, 39, 7 f o r t e ] fo rti
11, 40, 3 e x te n d u n t] exten d en t
12, 42, 6 s u i c o r p o r i s ] (n i s i ) su is c o r p o r i b u s p r e t iu m
12, 42, 7 et n e s c iu n t ] n e sc iu n t
12, 43, 6 f a e t o r ] (u t ) fa e t o r
12, 44, 8 io c u n d itate... e b r ie t a t e ] io c u n d ita te m ... e b r ie t a t e m
12, 46, 8 p o c u lo r u m ] p o p u lo r u m
13, 46, 10 n o n e p u la r is s e d p r o e li a r i s ] n o n p r o e lia r is s e d e p u la r is
13, 47, 1 p r o lu d i t u r ] p r a e lu d it u r
15, 53, 6 u is u s ] u ersu s
15, 53, 18 n o n p o s t m u lt u m ] p o s t tu m u ltu m
15, 56, 7 s p e c ie ] s p e c ie s
17, 64, 8 nequequam non] nequaquam
17, 65, 5 i t a ] in
19, 72, 11 m e s s is in flu c t ib u s e s t ] (in a q u a ) m e s s is fr u c t u s est
19, 72, 16 c a e le stis o r i a t u r ] c a e le s te s o r ie n t u r
20, 75, 17 m e d ic in a ] m a g n a m e d ic in a
22, 84, 4 s. p a e n it e n t ia ] p a e n it e n t ia m
D e N a bu th a e
3, 12, 12 in s t r u is ] stru is
4, 17, 7 a d a e r a tis scripsit M a r a l a d o r n a t is
5, 19, 6 c ru o re ] cru o re m
6, 29, 4 s. d e n iq u e e u a n g e lic o u t a m u r e x e m p lo , u t p r o b e m u s d iu ite m
d o r m ir e n o n p o s s e ] exclusit S ch enk l
NOTA AL TESTO LATINO 41
6, 30, 7 a b e u n d i] o b e u n d i
8, 39, 5 s. in n u m e ro s ... o b s ig n a t o s ] in n u m e ra s ... o b s ig n a t a s
10, 44, 12 c o o p e r i ] u esti
11, 48, 6 iu b e re tu r] p ro h ib e re tu r
11, 48, 10 s p e c ie m ] s p e c ie
12, 53, 9 s. q u i u t u n t u r s u o q u a m q u i n o n u tu n tu r] q ui n o n u tu n tu r
q u a m q u i u tu n tu r
13, 55, 11 m a l a ] m a le
14, 60, 4 d iu e s e s t ] d iu ite s
16, 67, 10 d e o i d e o ] d e o
16, 68, 8 a g g e ra n t] ag ge re n t
D e Tobia
7, 25, 11 fe r a m ] a p e r t a
7, 27, 8 sibi, si m o ra r e t u r, i n f e r r e ] sib i, si m o r e r e t u r (m o r a m ) in fe r r e
9, 33, 8 s. et q u a s i d e b it o r u e n it u t a fa e n o r e p e c c a t i e x u e r e t d e b it o r e s .
N ih il d e b e b a t ] exclusit S ch en k l
18, 60, 4 s. iu stu s. It a q u e d u m te le g o , d e te r e q u ir o , e x p o n is m ih i q u id
fa e n e r e t ] exclusit S ch en k l
18, 60, 15 d ic c it o ] d ic ito
18, 60, 21 q u i ] q u ia
19, 66, 3 i n d i g e ] in d ig a
20, 75, 9 e u m ] cum
21, 84, 4 e s t ] et
23, 88, 12 u t ] et
24, 93, 5 e b r ie t a t e ] e b r ie t a t e m
De Helia et ieiunio
Elia e il digiuno
44 DE HELIA ET IEIVNIO, 1, 1
1. a Cf. N um 10, 9 s.
t>Ps 80 (81), 4.
= Cf. N um 10, 9.
d Cf. Lc 4, 2.
e Lc 4, 3.
f Lc 4, 4.
1, 12 q u o ] quod R.
19 ut] et RG (/ort.).
ELIA E IL DIGIUNO, 1, 1 45
b Cf. Mt 3, 1.
c Mt 3, 4.
d Mt 11, 9 s.
« Io 4, 34.
4. a Cf. Gen 1, 3.
b Cf. Gen 1, 6.
0 Cf. Gen 1, 11
15 cursus aerios P cursus aeris R currus aerios G H aerios currus falso scripsit
Sch.
6, 3 in P2RG om . P Sch.
ELIA E IL DIGIUNO, 3, 4 4,6
- 49
4 La citazione di Mt 11, 9 non è precisa: tra l’altro etiam nel testo biblico ha
una diversa posizione ed ha valore di risposta afferm ativa ( « s i » ) ad una precedente
interrogazione: etiam d ico uobis, et p lu s quam prophetam .
1 Anche se nel contesto biblico la parola angelum (à y y ìk oM ) significa generica
mente «m essaggero », A m brogio mostra (vedi sopra) di averla intesa in opposizione
a hom o, perciò traduciam o «an ge lo ».
6 II testo e l'apparato costituiti da Schenkl vanno corretti: la lezione di P non
è aerios currus, m a cursus aereos che è, a mio giudizio, la lezione buona. Infatti
cursus è attestato anche da R, mentre cu rru s dei mss. deteriori pare proprio una
banalizzazione favorita dal precedente currus. Quanto all’ordine delle parole,
Schenkl deve essere incorso in una svista anticipando aerios, perché i testimoni
danno concordem ente l’ordine contrario. Si noti da ultimo che aerios è forma
tipica della poesia per aereos; del resto anche il ricorrente uso del plurale per il
singolare contribuisce qui a elevare il tenore della prosa.
1 In effetti la figura di questo profeta è evocata in quasi tutte le opere am brosia
ne e in alcune ripetutamente. L'elenco dei riferimenti sarebbe qui troppo lungo
(si vedano gli indici dei nomi nei volum i di questa collana); del resto, data l’incerta
datazione di questa e altre opere di Am brogio, non sarebbe possibile stabilire a
quali scritti precedenti l’Autore allude.
■ Qui cibus m entis è da intendere in antitesi a esca m aterialis’, cf. paragrafo
precedente (in in itio ), al quale lo stesso A m brogio rinvia, e la relativa nota 1.
9 ut: come nella precedente citazione biblica (u t faciam ), introduce una proposi
zione dichiarativa.
10 repositae epulae: cf. V ir g il io , georg. 3, 527 epulae nocu ere repostae.
50 DE HELIA ET IEIVNIO, 4, 6-8
che volavano sopra la terra sullo sfondo del firm am ento celeste, e
D io vide che erano cose buone. E D io le benedisse dicendo: Crescete
e m oltiplicatevi e riem pite le acque che sono nel mare e gli anim ali
che volano si m oltip lich in o sulla terra: e ancora digiuno. Infatti
sta scritto: Benedisse queste creature, e disse: Crescete, non disse:
«N u trite v i e m an giate». A l sesto giorn o furono creati gli anim ali
e con gli anim ali sorsero la possibilità di m angiare e l’uso dei
cibi. Quando si com in ciò a prendere cibo, allora si pose fine alla
creazione del m ondo, da quel m om en to il m ondo non conobbe
ulteriori accrescim enti, da quel m om ento l'opera creatrice di Dio
riguardo al m ondo cessò. Si ebbe cosi la dim ostrazione che il
m ondo sarebbe reg red ito 1 a causa dei cibi, per i quali cessò di
crescere 2. Nessuno conosceva il peccato, nessuno tem eva la pena,
nessuno sapeva della m orte.
7. I l Signore fece il paradiso per la felicità dei beati, vi pose
l ’uom o perché lo coltivasse e lo custodisse e, perché sappiam o che
il digiuno non è recente, per p rim o li stabili la legge del digiuno;
sapeva infatti che a causa del cib o sarebbe entrato il peccato. La
prim a pena è per la trasgressione del digiuno, secondo il com an
dam ento di Dio: N on mangerete dell'albero della scienza del bene
e del male; il gio rn o che ne mangerete ne m orirete 3. Tanto è vero
che nessuno conosceva la trasgressione, che ancora non era com
parsa colei che per prim a trasgredì il precetto d ell’astinenza. La
legge è venuta dal Signore Dio, la trasgressione dal d iavolo: a
causa del cibo la colpa, dopo il cibo il nascondiglio: nel cibo la
conoscenza della debolezza, nel digiuno la virtù della fortezza.
Infatti, finché si astenevano da ciò che era proibito, non sapevano
di essere nudi: d o p o che eb b ero m angiato il frutto dell'albero
proibito, seppero di essere nudi. Dunque giustam ente la donna,
dopo aver conosciuto il responsabile della colpa, interrogata ri
spose: I l serpente m i ha convinta e io ho mangiato. Il serpente
persuade la gola, il Signore stabilisce il digiuno. Infatti egli stesso
dice: Digiunate e pregate p e r non entrare in tentazione. Perciò la
gola ha cacciato dal paradiso l’u om o che vi regnava, l’astinenza
vi ha ricon dotto il peccatore 4.
8. E Dio disse: E cco Adamo è diventato com e uno di noi. Dio
parla in senso ironico, non in senso afferm ativo, cioè: «C re d e v i
che tu saresti diventato sim ile a noi? Poiché hai voluto essere
ciò che non eri, hai cessato di essere quello che eri. E cosi, poiché
4.1 Form a perifrastica ( haberet im m in u i), per esprim ere l'idea di futuro, com
nel paragrafo seguente ( haberet intrare).
2II pensiero si sviluppa con gradualità ascendente fino al paradosso. Schema
tizziamo: l. i l cibo com pare nel m ondo con la creazione delle bestie; 2. il cibo
segna la fine della crescita del mondo; 3. il cibo fa regredire il mondo.
3 Cf. B asilio , PG 31, 168 A.
4 Cf. ibid.., 168 B ètciSti o ù x Èvrio-TEucanEv, e ^ e h e c o jx e v -coG n a p a S e ic o u - v-qa-reù-
crcjj|j,Ev -cotvuv, iva itpòq aùròv ènavéXda>n.EV.
52 DE HELIA ET IEIVNIO, 4, 8 - 5, 10
r Gen 3, 21.
s Ps 68 (69), 11.
‘ Ps 31 (32), 1.
u Cf. Tob 4, 10.
v Cf. Gen 3, 7.
z Is 58, 8.
a Ps 103 (104), 2.
5. a Cf. Gen 9, 21 ss.
b Cf. Gen 9, 20.
auctori. Quid m irum si, cum dom inus ipse creaturas suas laudaue-
rit, et iste miratus est? Itaque cum delectaret eum rep erti muneris
gratia, tem ptauit u ehem entior creatura insuetos senis artus, tur-
bauit noua potio. D orm itauerunt inquit qu i ascenderunt e q u o s c.
Ascendit corp oris uoluptates: et iustus obdorm iuit. Sed illius
ebrietas nobis suadet sobrietatem . Sem el enim inebriatus est Noe;
ubi u ero malum ebrietatis agnouit, inuentum suum ad rem edium
tem perauit, non effudit ad uitium. Vnde apostolus ait: Vino m odico
utere p rop ter frequentes tuas infirm itates d.
c Ps 75 (76), 7.
d 1 Tim 5, 23.
e Cf. Gen 4, 4 s.
f Cf. Gen 9, 22.
6 Cf. Gen 19, 33 ss.
l>Cf. Gen 18, 2 et 8.
i Lc 7, 33.
2 Per l’uso del vino come m edicina nell’antichità si vedano I p p o c r a t e , ant. med.
13; A p u l e io , florid a 19; L i b a n io , epist. 1578; P l in i o , nat. hist. 23, 22.
3 Sul significato di consors naturae in Am brogio si veda M. PoiRIER, "Consors
naturae" chez saint Am broise. C op rop riété de la nature o u com m u n a u té de nature?,
in A m brosius Episcopus. Atti del Congresso internazionale..., 2, pp. 324-344, partico
larmente pp. 326-328.
4 pessimae generatricis: per sé è genitivo di specificazione di partus, ma implici
tamente è anche termine di paragone di deterior. La m edesim a costruzione in 19,
72 (in fra ): p essim orum u itio ru m heredes deteriores.
5 Cf. B a s il io , PG 31, 177 C, ove troviam o un’allusione a Lc 7, 33, per la quale
i Maurini rinviano, invece, a Mt 3, 4. A m brogio cita con esattezza Le 7, 33, ciò
nonostante Schenkl e la Buck riproducono l’errore degli editori di Basilio regi
strando Mt 3,4.
56 DE HELIA ET IEIVNIO, 5, 14 - 6, 18
15, 5 in om . G.
17, 5 qui Sch.
ELIA E IL DIGIUNO, 5, 14 - 6, 18 57
6.1 Cf. ibid.., 169 C òXkò. x a ì M aniaca 8ux vritrm a? £Yvuip.E\i itpouPaXóvTa x<J>
Où ifàp a v xaTETÓXp.t]aE X(X7ivi^o|j.Évtk t t K xopucpfjq, oùS’ a v È0àpo~r)crEv euteXBew tiq
t ò v yvócpov, e ì jj.T) v tic te iq l xa0ó)itXwTO. A ia vT]a~caac; rr|v è v t o X t) v ùiceSé^aTO S a x iu X y
ikoù YPatpEÌaav Év T a iq izXaSy K a ì àvto |jiv ri vritneia vo^oOeaxaq npó^Evo? f y , x à x u
8È T) ycLa-tp ip,apfia tiq EÌStoXoXaTpEiav è^Éjitivev... a q y à p V vrjarEux eXafk TtXàxa<;
SaxTuXy 5 eo 0 YEYpa^M-Évac;, -c av rag T) |a.É0T| OTjvétpu^Ev, oùx aijiov xpwav-coq t o ù
Ttp0<pT|T0u p,E0uovTa Xocòv vop.o0eT£lc0ai icapà t o ù &eoG.
2 g rem io foti: cf. VIRGILIO, Aen. 1, 692 e 718.
3 Cf. B a s il io , P G 31, 172 C-D.
4 Che cosa significhi l’espressione uitis agrestis gru m u lis è stato spiegato da A.
E n g e l b r e c h t , P h ilolog isch es aus Augustinus u nd Am brosius, «Zeitschr. f. d. òster-
reich. Gymn.», 49 (1908), p. 580. A m brogio allude a 4 Re 4, 39, dove si parla di
una cucurbitacea simile alla vite, la coloquintide che produce un frutto della
grandezza di una mela e di sapore am arissimo (testo dei Settanta: clq... EupEV
ap,itEXov Év -c(Ji àypV x aì ctumÉXe^ev à u ’aÙTf)<; ToXuirr|V àypiav). Engelbrecht ritiene
58 DE HELIA ET IEIVNIO, 6, 18 - 7, 19
18, 3 inemptis Weyman ineptis codd. (cf. quae ad loc. n ota ui) holeribus om . P
ELIA E IL DIGIUNO, 6, 18 - 7, 19 59
che g ru m u lis non è form a di g ru m u la (dim inutivo di glu m a ), come aveva giudicato
G e o r g e s , L e x ico n der lateinischen W ortform en, Leipzig 1890, s. u., ma ablativo
plurale di g ru m u lu m (= g lu m u lu m ) dim inutivo di g lom us (= ghiomo, sfera) e
indicherebbe il frutto della coloquintide. Il T hlL registra questo passo di A m brogio
sotto la voce g ru m u lu m , m a la segna con un punto interrogativo: la prudenza è
d ’obbligo perché il termine non ha altra attestazione in tutta la latinità, tuttavia
penso che A m brogio abbia usato g ru m u lu m come diminutivo di g ru m u s che egli
stesso attesta proprio in riferim ento al m edesim o 4 Re 4, 39, in epist. 14 (63), 30
(C S E L 82, 3, p. 251). Questa ipotesi è legata al giudizio di B l a is e , D ictionnaire...,
che registra s. u. grum us il passo dell’epistola am brosiana, mentre il redattore del
ThlL lo pone s. u. grum a (?) ed anzi vi sospetta una corruzione, grum iu tìis.
5 Per hospitalis hum anitas C. W e y m a n , in «Philol. Wochenschr.», 50 (1930), c.
876, rinvia a V a l e r io M a s s im o , 1, 1, 10.
6 inem ptis siluestribus h o le rib u s : ho em endato il testo di Schenkl ( ineptis silues
tribus) seguendo le considerazioni di C. Weyman, Z u Am brosius, «Rheinisches
M useum », 64 (1909), pp. 328 s. Per inem ptis Weym an adduce il luogo di V irg ilio ,
georg. 4, 132 s. dapibus mensas on era bat inem ptis, cui A m brogio chiaramente allude.
Per h oleribus lo stesso Schenkl avverte che tale lezione è attestata in alcuni mss.
e annota: «recte pu to». La prova che la lezione deve essere accolta è ancora
nell’articolo di Weym an: innanzi tutto senza un sostantivo l’espressione non sareb
be comprensibile, in secondo luogo h olerib us trova un preciso appoggio nella
fonte, B asilio, PG 31, 172 C où^ì X àxava a^pia xaì àXeupou (ipaxù tqv tpiXol^viav
£7tXr)pou. Si può ancora aggiungere il confronto con exam. 6, 2, 5 (C S E L 32, 1, p.
206, 13 s.) nec en im H eliseu m a m ic i quasi m a lu m co n u iu iu m agrestia adponentem
holera refutarunt, e la considerazione che la caduta di holeribus in P (e quindi nei
mss. da esso derivati) è paleograficam ente ben spiegabile. Recentemente sul passo
è tornato Zincone, A lcu n e osservazioni..., pp. 339-341, adducendo nuove testimonian
ze a favore sia di inem ptis che di holeribus, mentre in precedenza G. Jackson, S u
Ambr. Hel. 6, 18, in «V ic h ian a», 3 (1974), p. 173, aveva sostenuto un’im probabile
difesa di ineptis.
7.1 Cf. BASILIO, PG 31, 173 A E<m Tiq <puox£ truj|j.aTOq, fjv xaXoOoiv àp,{avT
à vàX uT O ^ nupd, Èv p,Èv vrj ykoyi XEipivri, àitT)v0paxù>cr0ai SoxeI, Èt;aipE0EÌ<ra Se
toO icupóc;, tòt; uScm Xap.7tpuv0EÌo'a, xaOapaixépa -fìvETat,. T o ia O ta rjv t ò tw v Tpiùv
itaiSiov ÉxeCvuv atóp,a-ca etcì ttìc; Ba|3uXcovia? Éx Tris vriuTeia? É'xovTa t ò àp.iavTov.
’Ev y à p Tfj (j.£YaX^i (pXoyì Tf|<; xap.w ou, oìoveì ypveoi ttjv cpuovv ovte?, outoj xpetrcou?
Tfiq i n o toO nupò<; SieSeixvuvto pXàpTjq. TH n ou x a ì xpuo’oij SvvaTU>TEpoi SieSeixvuvto-
où y à p èxwvEUEV aijxoùq t ò itùp, àXX’ àipuXaacEV àxEpououc;. KaÌTOi oùSÈv a v èxeìvtiv
t o t e r q v (pXóya ù ro a rn , T|v và<p0a x a ì Ttiaca x a ì xXr;naTiSE<; ETpEtpov, ù q èrà TEcraapa-
xovTaEvvéa ht)xe<.? aÙTT|v SiaxEiirOai, x a ì T à xuxX y aÙTiiq ÈTUVEponÉvTiv noXkoùq tw v
XaXSaiojv È^avaXwaai. ’Exeuit|\i to ivu v ttjv m jpxaiàv (j.et<x vr)0TEÌac; eÌueX0Óvtec;
xaTETtaTOuv o i TtalSeq, XeutÒv àépa x a ì EvSpoaov Èv outoj X aP p v mipì àvaitvéovTEq.
OÙ8È y à p T tjjv T p ix ò iv t ò TtOp xaTEToXpLTitTE, S ia t Ò ù icò vr|0"TEiaq a Ù T a q ÈXTpacpfjvai..
60 DE HELIA ET IEIVNIO, 7, 19 - 8, 23
8.
e la roccia fece sgorgare acqua.
22. E perché rico rrere a esèm pi del passato, se il digi
ci o ffre abbondanti b en efici anche al presente? Chi con il digiuno
ha rovin ato la sua casa, ha dilapid ato le sostanze *? Chi non diffida
d e ll’intem peranza, non ha rispetto p e r l’astinenza? Di chi la fruga
lità ha desiderato il letto? Di chi l’ubriachezza non ha offeso il
pudore? Il digiuno è insegnam ento della continenza, norm a della
pudicizia, um iltà della m ente, m ortificazion e della carne, m od ello
di sobrietà, regola di virtù, pu rificazione deH'anima, donazione
di m isericordia, educazione alla clem enza, attrattiva della carità,
ornam ento della vecchiaia, difesa della giovinezza 2, il digiuno è
sollievo della malattia, sostegno della salute 3. Nessuno digiunan
do è incorso nella pesantezza di stomaco, nessuno a causa della
continenza ha subito un colp o apoplettico, anzi ognuno lo ha
im pedito e tenuto lontano. È una buona provvista per il v ia g g io 4,
un bene p er tutta la vita, un bene nel m are: placa i naufragi,
conserva il cibo.
23. D icono che il digiuno sia dannoso: rispondano indican
chi è venuto m eno p er il digiuno. M o lti hanno esalato l’anima
8. * Tob 4, 13.
5 Intendiamo: gli animali sono catturati con l’esca; dunque per essi mangiare
è com e un delitto — il solo che possono commettere — punibile con la morte.
6 Cf. B a s il io , P G 31, 176 A tceuocutoci iiafeiptov ri p,axaipa.
7 Cf. O r a z io , sat. 1, 1, 10 sub g a lli ca n tum co n s u lto r ostia pulsat.
8 La matrice della scrofa era considerata un piatto prelibato: cf. Tob. 14, 50
(in fra ) e la relativa nota.
9 Per il senso di m im i ... natalis rinvio, come ha già fatto G. J a ck son , Una pagina
plautina nel De H elia d i A m b ro gio, «V ich ian a», 6 (1977), p. 237, nota 26, a 7òè. 5,
17 (in fra ) caupones qu oqu e m iscentes m e ro aquam, q u i nobilitatem uetusti generis
et patriae ac natalem diem u in i circum sonant.
10 licitatio-, in senso ironico. Il padrone, non fidandosi dei prezzi che il servo
furbo gli riferisce, fa delle offerte tendenti al ribasso, mentre il servo, che vuol
fare la cresta alla spesa, esalta le qualità dei prodotti acquistati per alzare il prezzo;
insomma si verifica una sorta di asta fra padrone e servo.
11 II significato di pa stor (riferito al padrone che prepara il banchetto per gli
invitati) è ben precisato da G. Jackson, Una pagina plautina..., p. 237, nota 27, che
rinvia ad alcuni ‘loci similes’ dello stesso Am brogio: 8, 24 (supra); 13, 49 (in fra );
Tob. 5, 19 (in fra ); expl. ps. 1 46 (C S E L 64, p. 38, 17 s.), mentre M.J. Buck, S. A m b rosii
de H elia et ieiu nio. A Commentary, w ith an In tro d u c tio n and Translation, Washington
1929, p. 61, intende pastor com e «ven ditore».
64 DE HELIA ET IEIVNIO, 8, 24-25
12 Con hasta quaedam agitatur si allude all’usanza rom ana secondo la quale il
magistrato, prim a di procedere alla vendita all'incanto, conficcava nel luogo ove
avveniva la vendita (nel foro o davanti a un tem pio) una lancia, attorno a cui si
riunivano coloro che erano interessati aU'acquisto.
13 Cf. B asilio, PG 31, 176 A.
14 D a ciò che se g u e si c o m p r e n d e c h e le e stre m ità irrigid ite s o n o le m ani, m a
a nche i p ie d i: le m a n i p e r c h é il c o p p ie r e d e v e c o n tin u am e n te m a n e g g ia re a c q u a
fred d a , i p ie d i p e rc h é è c o stretto a c a m m in a re su l p a v im e n to ba gn ato .
15 II vino, se m p re m e sc o la to c o n a cq u a, e r a se rv ito fre d d o . P e r re fr ig e r a r lo lo
si m ettev a in vasi che e ra n o sp ru zzati c on a c q u a o im m e rsi in a c q u a fre d d a ; a
volte si a g g iu n g e v a a l vin o d e lla n eve (cf. C h . DAREMBERG- M .E . S a c l io , 5, p. 921).
16 Ille e itti (dativo!) sono riferiti al m edesim o personaggio, il coppiere (si noti
l'anafora e il poliptoto). La Buck ha inteso illi com e nominativo plurale, frainten
dendo il passo, e dietro di lei è scivolato anche H. Savon, Sa in t A m broise devant
l'exégèse de P h ilo n le Juif, 1, Paris 1977, p. 253, dove questo luogo è esaminato —
con acume, bisogna riconoscere — e tradotto.
17 A m brogio sem bra aver presente il 'typos' dell'à^apu-coi; (pavimento non
spazzato dei resti di un banchetto) utilizzato dagli antichi scrittori e artisti. Si
veda STAZIO, silu. 1, 3, 56 (la casa di M anilio Vopisco) e PUNIO, nat. hist. 36, 184,
che parla della realizzazione di un pavimento, con rappresentazione dei resti del
pranzo, eseguito da Soso di Pergam o; cf. anche Sidonio APOLLINARE, ad consent.,
carm. 23, 52. Documentazione archeologica si trova nei mosaici di Aquileia e di
diverse località deH’Africa del Nord; si veda anche L. F0UCHER, line mosa'ique de
tric lin iu m trou vée à Thysdrus, «L a to m u s», 20 (1961), pp. 291-297.
18 Cf. B a s ilio , PG 31,176 A T)o\ix<xcàT(i) ic o t è x a ì ó olxoq aitò t ù v [lupiuv dopupuiv,
xaì t o ù xaitvoù, x a ì Tf;<; xviacrriq.
19 L a Buck (p. 145, nota 7) segnala in questo luogo un’im pronta di CICERONE,
p rò G allio, frg. 1 (ed. Miiller, p. 236, 26-33) e rinvia anche a Cain et Ab. 1, 4, 14
(C S E L 32, 1, p. 350, 15-24) — dove troviamo una descrizione simile di un banchetto
orgiastico — pu r senza analizzare in dettaglio il parallelism o fra i testi. Perciò
non è del tutto esatta l’afferm azione di Savon, S a in t A m broise devant..., 2, p. 113,
nota 58: «... l’utilisation de cette page du De Cain... n’a pas été relevée par les
éditeurs». Rinvio però a Savon , ibid., 1, pp. 253 s., che conduce un'interessante
analisi su questi tre testi paralleli, ai quali aggiunge anche expl. ps. 37 30 (C S E L
64, p. 159, 14-23). Qui basterà citare succintamente: C ic e ro n e , p r ò G a llio (loc. c it.):
fit clamor, fit c o n u ic iu m m u lieru m , fit sym phoniae cantus. Videbatur m ih i uidere
alios intrantis, alios autem exeuntis, p a rtim ex u in o uacillantis, p a rtim hesterna ex
p ota tion e oscitantis... hum us erat inm unda, lutulenta uino... et spinis cooperta piscium .
A m b r o g io , Cain et Ab. (lo c. cit.): solo u m id o natabant p auim enta uino. Fraglabat
66 DE HELIA ET IEIVNIO, 8, 26 - 9, 28
26. M alae dom inae seruitur gulae, quae sem per expetit,
num quam expletur. Quid enim insatiabilius uentre? H od ie susci
pit, cras exigit. Cum im pletus fuerit, disputat de continentia: cum
digesserit, uale uirtutibus dicit, quaerit luxuriam. In ter pocula
philosophia praedicatur, inter philosophos uina laudantur. Vigiliae
inquit et cholera et tortura uiro in sa tia b ilib. Manducat et paulo
post eum paenitet.
27. N on illum diutius sua intem perantia delectauit diuitem ,
qu i induebatur purpura et bysso et epulabatur cottidie splendide,
cuius ad ianuam Lazarus ille m endicus iacebat plenus ulceribus,
cupiens saturari ex his quae de mensa cadebant diuitis. Paulo
post cum esset mortuus, coep it rogare positus in inferno, ut
extrem um digiti sui pauper ille in aqua intingeret et refrigeraret
linguam eius, quae ardebat incendio c. V b i illae copiae, ubi illae
ebrietates? Sitit qui inebriabatur, abundat qui mendicabat. In ipso
conuiuio dum bibunt, sitiunt et cum inebriati fuerint, amplius
bibunt. Quasi aperto gurgite uinum iam non bibitur, sed infundi
tur: poculum non libatur, sed exinanitur.
unguento humus, spinis coop erta piscium ... illic com m essantium tum ultum , co n cer
tantium clamor, litig a n tiu m caedes... Notiam o nel nostro testo non solo corrispon
denze verbali (pa u im enta u in o madida, spinis cooperta p isciu m , clam or, le anafore
fit... fit... che fanno eco all’inizio del passo ciceroniano), ma anche, com e osserva
Savon, la somiglianza della situazione confusa e movimentata che si descrive, e
lo stile della descrizione caratterizzato da frasi vivaci, rapide, assonanti. Am brogio
ci propone, come si suol dire, un pezzo di bravura, utilizzando la reminiscenza
scolastica di un esem pio già da tem po divenuto classico nei manuali di retorica.
Non è probabile, cioè, che abbia avuto a disposizione l’orazione di Cicerone, che
è perduta. Non a caso infatti Yexem plum ciceroniano ci è attestato da tre maestri
di retorica: Q u in t il ia n o , inst. 8, 3, 66 (e più som m ariam ente in 11, 3, 165); A q u il a
R o m a n o , fig. sentent. 2 ( H a l m , p. 23, 12-21); G iu l io V it t o r e , ars rhet. 22 ( H a l m , p.
436, 18-20).
20 II testo di Schenkl, in luogo di disputat e dicit, presenta disputatur e dicitur,
che sono lezioni attestate dalla maggioranza dei codici utilizzati per l’edizione
viennese, compresi P e R, che in genere risultano maggiorm ente autorevoli, mentre
B H ’ hanno disputat e dicit. D opo qualche incertezza, mi sono convinto della validità
del giudizio di Zin co n e, A lcu n e osservazioni..., pp. 341 s. che ha trovato le lezioni
disputat e d icit anche in alcuni codici vaticani e laurenziani. Zincone osserva che
gli impersonali passivi disputatur e d icitu r presentano notevoli difficoltà inseriti
in una serie di verbi in form a attiva con soggetto il ventre, a cui Am brogio in
questo contesto dà grande rilievo, fino a personificarlo. M a la ragione più cogente,
indicata dallo stesso Zincone, è data dal confronto con il passo di B a s ilio , P G 31,
176 B , che A m brogio segue m olto da vicino: T) XanPàvoutra crr]|j,£pov xaì aupiov
È7tiXavdavopivr|. "O z a v èn,7tX.T)o^n, itepì ÉYxpa-ma<; cpiXotrocpEi- o z a v SianvEuffdfj, Èra-
XavitóvETai t ù v SoyijwxtijJV. Si osservi che il soggetto dei due verbi (<piXoaocpEÌ e
ÈmXavSàvETai) è il ventre personificato.
21 La Buck ha evidenziato con il corsivo questo passo che riproduce Le 16,
20 s.; tuttavia non si tratta di una citazione precisa, m a di testo biblico rielaborato
da Am brogio.
22 Cf. V ir g il io , Aen. 3, 354 libabant pocu la .
9.1 Stranamente la Buck (ad lo c .) nota una considerevole differenza fra il t
greco e quello di Am brogio, che invece si corrispondono perfettamente. Nei
Settanta si legge infatti: axav^ai (puovTai èv xEipì t o O [j^ducrou.
68 DE HELIA ET IEIVNIO, 9, 28-31
ferite sul petto. Con queste spine strappa la veste della fede che
ha ricevu to e non potrà conservare il suo tesoro; infatti ogni
ubriaco e forn icatore andrà in m iseria e si rivestirà d elle vesti
stracciate della stoltezza. E p erciò si proibisce ai potenti di bere
vino, affinché, quando hanno bevuto, non dim entichino la sapienza.
29. Infatti bevevano vino nell'ubriachezza i potenti che sma
niavano di consegnarsi a Oloferne, capo dell'esercito del re degli
Assiri, non b eveva invece Giuditta, la donna che digiunava tutti
i gio rn i della sua vedovanza, eccetto i giorni festivi d elle solennità.
Con queste arm i avanzò e sorprese l'in tero esercito degli Assiri.
Con la forza della sobria volon tà 2 decapitò 3 O loferne, conservò
la castità 4, riportò vittoria. Infatti costei, arm ata di digiuno, com
batteva n ellaccam p am en to nem ico, quello giaceva oppresso dal
vino 5 al punto da non p o ter sentire il colp o della spada. Cosi il
digiuno di una sola donna sbaragliò innu m erevoli eserciti di
ubriachi.
30. Anche Ester, divenuta più bella per il digiuno — il Signo
re infatti accresceva la bellezza di una m ente sobria 6 — liberò
tutta la sua razza, cio è tutto il p o p o lo dei Giudei, dalla crudeltà
della persecuzione, sottom ettendo a sé il re, non avvolto dal fuoco
della libidine, ma ravvedutosi p er divina m isericordia; e cosi la
pena fu rivolta con tro l'em p io e ai sacri altari fu di nuovo tributato
onore. E p erciò lei, che digiunò ininterrottam ente per tre giorni
e lavò il suo co rp o in acqua, piacque di più e rip ortò vittoria.
Aman invece, m entre si vantava per il con vito regale, prop rio
durante il b a n c h etto 7 scontò la pena p er la sua ubriachezza.
31. Il digiuno, dunque, è sacrificio di riconciliazione, p ro
gresso della virtù: ha reso più forti anche le donne; il digiuno è
aum ento della grazia 8. Il digiuno non conosce l'usuraio 9, ignora
gli interessi del denaro dato in prestito, la mensa di co loro che
digiunano non olezza d'usura, il fig lio di un uom o parco non è
10. a Ps 22 (23), 5.
b Cf. Ps 22 (23), 5.
7 ieiuni Sch.
ELIA E IL DIGIUNO, 9, 31 - 10, 33 71
c Is 55, 1.
d Is 65, 13.
e Is 65, 11.
f Ps 22 (23), 5.
34, 1 famis H et (e s. i) G.
2 fames P2G famis PH.
ELIA E IL DIGIUNO, 10, 33-34 73
35. Ipsa figura corp oris plena grauitatis. Nullus rubor eb rie
tatis circumfusus genas, qui intuentium offen dat aspectus, sed
uultus casto m icat pallore reuerendus. Serm o grauior, oculus
uerecundior, gressus stabilior atque m oderatior; plerum que enim
turbatiore incessu proditu r motus anim orum . Vultus intentior et
quidam cogitationis suae arbiter et tacitus cordis interpres, ut
neque tristitiam praetexat neque soluatur risu incontinenti. N on
enim hoc superfluum putes nostrae esse com m onitionis, cum
sapientia in euangelio dicat: Cum autem ieiunatis, nolite fieri sicut
hypocritae tristes '. Id e o dixit hypocritas, eo quod sim ulatione
alienam personam induant, sicut in scaena qui tragoedias canunt
[e t ] pro eorum dictis quorum personas gerunt motus suos exci
tant, ut aut irascantur aut m aereant uel exultent; adfectant enim
isti ut ieiunare uideantur, hom inibus magis quam d eo cupientes
probari, quod faciebant Iudaei.
s Is 58, 3-6.
h Is 58, 6 s.
i Cf. Ps 1, 2.
> Mt 6, 16.
mMt 6, 17 s.
35, 12 et d e i Costerius.
36, 6 corpori GH.
ELIA E IL DIGIUNO, 10, 34-36 75
13 Nel testo latino la frase ha una costruzione alquanto anomala, che, però, si
spiega come calco sul testo dei Settanta: ... x aì rpépav toctieivoGm av^ptoirov tt |v
4'ux'Hv aÙTOÙ.
H species et form a ie iu n ii: analogam ente in Abr. 1, 1, 1 (C S E L 32, 1, p. 501, 5 s.):
form a uirtu tis et quaedam species.
15 Cf. B a s il io , PG 31, 165 B imoxpiTriq kcrtiv ó év ztótpijj àXXóxpiov npócioitov
ÙTtEXdùv.
76 DE HELIA ET IEIVNIO, 10, 36-37
n Cant 1, 3.
o Ps 22 (23), 5.
p Cf. Ps 44 (45), 8.
Q Eccle 2, 14.
r Ps 132 (133), 2.
s 1 Cor 11, 3.
t Cf. 1 Cor 11, 3.
“ Cf. M t 26, 7.
v Cf. Lc 7, 37 s.
z Mt 6, 17.
sposo: Profum o che si spande è il tuo nome, diverso è l’o lio con
cui si ungono le articolazioni e, per cosi dire, le m em bra d e ll’ani-
ma. Perciò anche Davide dice: H ai unto di o lio il m io capo; ecco
l'olio della letizia, con cui Gesù Cristo è stato unto da D io Padre,
perché risplendesse al di sopra di tutti i suoi simili. Con questo
profum o 16 si ordina di ungere il nostro capo, affinché con l’olio
della letizia sia elim inata ogni ipocrita tristezza, affinché non
sem bri che tu voglia vantare il tuo digiuno di fron te agli uomini,
affinché tu non sem bri afflitto p er la salvezza d e ll’anima 17; infatti
nessuno, se è triste, riceve la corona, nessuno, se è avvilito,
tr io n fa 18. Ungiti, dunque, il capo, dove sono i sensi dell'uom o
sapiente; infatti gli o cch i del sapiente sono nel suo capo. Sei chiam a
to a prendere parte ai m is t e r i19 e non lo sai; lo saprai quando
verrai. M a ricordati: Come il profu m o sul capo, che scende sulla
barba: allora conoscerai che cosa significa ungere il vostro capo,
com e puoi piacere a Dio affinché egli ti perm etta di accedere ai
suoi sa cra m en ti20, ti dia la grazia spirituale.
37. C’è anche un altro capo, m istico 21. Qual è? Ascolta
m arito è il capo della moglie, il capo del m arito è Cristo. Spargi il
profum o su Cristo, spargilo anche sul suo capo; il suo capo è Dio.
Quella donna, che è prefigurazione della Chiesa, spargendo il
profum o sul capo di Cristo, ha dichiarato la sua divinità, e quella
che lo ha sparso sui suoi piedi ha annunciato la sua passione 22.
Entram be sono lodate: anche tu fa’ in m odo di essere lodato, di
ottenere la rem issione dei peccati. Lava il tuo volto, purifica la
tua anima peccatrice 23, lava la tua coscienza. M o lto spesso infatti
il vo lto è specchio della co scie n za 24 e com e tacito linguaggio
della m e n te 2S, sia quando si è toccati dal rim orso per avere
peccato che quando si gioisce p er essere integri. Non deturpare
questo vo lto 26, lavalo e pulisci ogni sporcizia della tua coscienza.
Deturpa il p rop rio vo lto colui che una cosa pensa nel prop rio
cuore, un’altra m ostra al di fu o r i27. N on copriam oci com e con
un velo 28: quello che c’è dentro risplenda al di fuori, quello che
42, 6 sui corporis P sui pretium G H (nisi) suis corporibus pretium Sch. et om . Sch.
E U A E IL DIGIUNO, 11, 40 - 12, 42 81
fossero strum enti di guerra. E perché non si pensi che questa sia
sregolatezza, si fissa la quantità, si gareggia sotto la sorveglianza
di un giudice, si decide a norm a di regolam ento. D irettore d elle
loro gare è il furore, ricom pensa è la debilitazione, p rem io è il
peccato u . L’esito della battaglia resta a lungo sospeso nell’in cer
tezza; quello è il fu rore della battaglia. Cadono le mani dei cop p ie
ri per la fatica di versare il vino, ven gon o m eno le forze ai cuochi
che preparano bevande calde 12, si arrendono quelli che m anten
gono in eq u ilibrio recipien ti pieni fin o all’orlo di una generosa
porzione 13 di vino, evitando di versarlo: i bevitori non si arren
dono.
49. Solo queste sono le battaglie da cui non c’è possibilità
di sottrarsi con una giustificazione. In guerra, se uno si accorge
di essere inferiore, ritrae le arm i e ottiene clem enza: qui, se uno
ritrae il calice, è costretto a bere. N ella lotta, se uno alza la mano,
certam ente è escluso dalla vittoria, ma non è soggetto a ingiuria:
nei banchetti, anche se uno ritrae la m ano dal vino, glielo si versa
in bocca. Tutti si ubriacano, vin citori e vinti, tutti giacciono ubria
chi, m olti sono m orti, e non possono essere sepolti prim a che
colui che ha dato il banchetto abbia punito tutti, per vendicare
le perdite subite. Chi invece non si preoccupa delle perdite, ritiene
che sia un vanto della sua mensa se tutti ne escono feriti e
m alconci com e dall’arena.
50. È uno spettacolo triste e m iserevole agli occhi dei cristia
ni 14. Si osservano giovani, alla cui vista i nem ici sono a tte r r iti15,
che sono portati fuori dal con vito e riportati dentro, che si riem
piono p er svuotarsi e si svuotano p e r bere 16. Se qualcuno ha
quel tanto di tim idezza p er cui si vergogn a di alzarsi, quando non
può reggere quello che ha bevu to in misura eccessiva, ansima
fortissim am ente, gem e, suda, esprim e a gesti ciò che si vergogna
di dire. Là ognuno narra le sue battaglie, m agnificano le p rop rie
gesta coraggiose 17, raccontano pieni di vin o le vittorie e, abbando
nati al sonno 18, la loro m ente non sa quello che la lingua dice.
Ognuno russa e beve, dorm e e com batte, e se finalm ente giunge
14. 51. Quis tale miscuit furoris poculum, quis tantum inf
dit m entibus uenenum? Periclitatur hom o lutum esse de corp ore
et ipse sibi reus est insaniae uoluntariae, corru ptelae spontaneae.
Tamen nec uos excusamini, qui uocatis ut am icos et em ittitis ut
inim icos. Quanto m elius in terram tua uina fudisses! Sed et terra
inebriat et asperiores etiam ipsas feras reddit, si uini contigerit
odor. Denique uindem iae tem pore si uineam intrauerint, solent
eb rietate succendi. Quid te delectant dam na sine gratia? Rogas
ad iocunditatem , cogis ad m ortem : inuitas ad prandium, eeferre
uis ad sepulchrum: cibos prom ittis, torm enta inrogas: uina prae
tendis, uenena suffundis. Om ne enim quidquid nocet uenenum
est. Tollit sensus, uiscera exurit, somnum infestat, caput uexat.
52. Etiam m aior uis uini quam ueneni est. Denique uenenum
uino excluditur, non uinum ueneno. M erito deus p er M oysen non
solum ueneno sed etiam draconum ueneno uinum conparauit
dicens: F u ro r draconum uinum illoru m et ira aspidum insanabilis a.
Et pulchre addidit insanabilis; m ulti enim a reliqu o serpentium
ueneno curantur, nem o ab ebrietate. C erte ueneno caro uulnera-
tur, mens sine noxa est: ebrietas ad corporis m ortem m entis etiam ,
crim en adiungit. A duerte autem et p erfidiae uenenum uini decla
ratum nom ine. Ait enim supra de alienigenis, qui nescirent deum:
De uinea enim Sodomae uinum eorum est et uitis eorum uitis
G om orrae: uua eorum uua fellis, botrys amaritudinis in ipsis b.
15. a Is 5, 11 s.
b Prou 23, 29.
c 3 (1) E sdr 3, 21-23.
15.1 Su questo passo si veda l'In trod u zion e, p. 10, nota 15.
2 II testo tràdito da P e accolto da Schenkl (e Buck) è certamente corrotto.
Lo ha rilevato C. W e y m a n , in «Philol. Wochenschr.», 50 (1930), c. 875, che ha
suggerito di integrare u iros davanti a uersus, supponendo, pare, una sorta di tmesi
della preposizione com posta in-uersus. Il suggerim ento mi è sem brato tutto som
mato un p o ’ ardito per questo testo di Am brogio; preferirei, se mai, sostituire
uiros a uersus. M a la m ia proposta è più conservativa. Stando all'apparato di
Schenkl risulterebbe che il codice G concordi con P sulla lezione uersus, invece
questo importante testimone da me ricollazionato ha uisus, com e H. Tale lezione
non è da ritenere impossibile, se le attribuiam o il significato di «v iste » (immagini
che stanno di fronte agli occhi); con questo significato uisus è usato in 16, 60
(in fra ). A m brogio sem bra riferirsi alle scene di ubriachi descritte sopra in 13,
49-50, e ivi ritroviamo, forse, il senso della lezione da me difesa: spectaculum triste
C hristianorum ocu lis et m isera b ili specie (13, 50).
3 N e i Settanta e d a n c h e in B a s il io , P G 31, 456 A, d o v e ritro v ia m o la citazione
di Is 5, 11 s., si leg g e ot pivovxE? t ò òiJjé che n on c o rris p o n d e a lla lezion e di
A m b ro g io , q u i e b rii sunt uesperi. P. S a b a t ie r , B ib lio ru m sacrorum..., 2, ad loc., p e n sa
che A m b r o g io «fo rta s s e legit (icuvov-cai, (in s a n iu n t), n on pivovTEq » : la sp iegazion e
è p lau sib ile , a n ch e se è d iffic ile p e r n oi stabilire se A m b r o g io ha tro v ato la falsa
lezion e in B a silio (d i cui ci m a n c a u n ’e d izion e critica), o p p u r e n el testo d e lla Vetus
Latina usato d a l n o stro A u tore.
4 Cf. B a s il io , P G 31, 456 A.
5 uae: qui non è interiezione, m a sostantivo, come poco più oltre in questo
paragrafo (ergo uae sib i debitu m habent concentation es): cf. BLAISE, Dictionnaire...,
s. u. H o perciò ritoccato la punteggiatura di Schenkl (c u i uae in q u it..).
6 II terzo libro di E sdra (nei Settanta è indicato come prim o) è considerato
apocrifo. Schenkl ha riconosciuto solo parzialmente la citazione di 3 (1) Esdr
94 DE HELIA ET IEIVNIO, 15, 54-55
d Cf. Is 5, 12.
e Cf. M al 4, 2.
ELIA E IL DIGIUNO, 15, 54-55 95
3,21-23, fino a necessitudinis del v. 22, non avvedendosi che Am brogio cita di
seguito anche la seconda parte del v. 22 e il v. 23 (sed n on post m ultum ... gesserint).
Per questo, forse, l’editore non ha notato la stravaganza della lezione di P post
tu m u ltu m e l'ha approvata. Già sarebbe abbastanza irragionevole afferm are che
gli ubriachi im pugnano le spade «d o p o il tum ulto», m a è il testo biblico latino
di 3 (1 ) E sdr 3 ,22 che conforta chiaramente la lezione di G n on post m u ltu m (cioè,
«p o co d o p o » aver bevuto), che è precisamente la lezione dell’antica versione latina
attestataci dal codice Amiatino: si veda l’apparato ad loc. in B ib lia sacra iuxta
vulgatam versionem , 2, ed. R. W e b e r , Stuttgart 19752, p. 1915. L’errore p ost tu m u ltu m
di P, o di qualche suo ascendente, si può spiegare osservando che nel contesto
am brosiano si tratta appunto dei tu m u ltu s degli avvinazzati. Questa considerazio
ne, oltre che la testimonianza di G, rende assai im probabile l’ipotesi che la
corruttela fosse già nel manoscritto biblico utilizzato da Am brogio.
7 C. W eym a n , in «Philol. Wochenschr.», 29 (1930), c. 875, rinvia a C u r z io R u fo ,
5, 1, 38, dove si parla della partecipazione di donne (non di donne disonorate,
per la verità, ma di m atrone) ai banchetti dei Persiani.
8 Questo luogo ricorda T a c it o , Germ . 23 si indulseris ebrietati suggerendo quan
tum concupiscu nt, haud m inu s facile u itiis quam arm is uin cen tu r. Su questo atteggia
mento morale, che sem bra condiviso da A m brogio e che rivela ancora una volta
il suo attaccamento alla Romanità, cf. J.R. P a la n q u e , S a in t A m broise et l'E m p ire
R om a in , Paris 1933, pp. 325-354, particolarm ente p. 332 (cf. anche A . A lfO d i, The
M o ra l B a rrie r o n R h in e and Danube. The Congress o f R om a n F ro n tie r Studies,
Durhan 1972, pp. 1-16). Un atteggiamento analogo in Tob. 11, 39 (in fra ) a proposito
degli Unni combattuti con l’arm a dell’usura.
’ Cf. B a s il io , P G 31, 456 B.
10 Cf. ibid., 460 B.
11 Sulla preghiera mattutina cf. exp. ps. 118 19, 32 (C S E L 62, p. 438, 22) mane
festina ad ecclesiam, defer p rim itia s p ii uoti. Attestazioni simili anche in M a ss im o
da TORINO, serm. 36, 23 ss. (C C L 23) an putatis illu m ieiunare, fratres, q u i p rim o
d ilu cu lo n on ad ecclesiam uigilat, ibid., 77 ss. surgentes p rim o d ilu cu lo ad ecclesiam
festinemus; in proposito cf. L. PAVESE, L’origin a lità cristiana. I l pensiero etico-sociale
di a lcu n i vescovi n ord ita lia n i del I V secolo, R om a 1983, pp. 52-62.
12 Cf. B a s il io , P G 31, 460 D. L’a c c e n n o agli inni è p re se n te n el testo d i B asilio,
m a b is o g n a ric o r d a re c h e A m b r o g io fu g ra n d e p ro m o to r e d e ll’in n o lo g ia o c c id en ta
le; ha in tro d o tto gli inni n e lla litu rgia m ila n e se (cf. A g o s t in o , conf. 9, 7; P a o l i n o ,
uita Am br. 13, 3 B a s t ia e n s e n , p. 70) ed egli stesso ne c o m p o se. Q u e sto lu o g o ci
attesta che il De H elia è stato c o m p o s to d o p o il 386, a n n o d e ll’in tro d u zio n e d eg li
inni a M ilan o .
96 DE HELIA ET IEIVNIO, 15, 55 - 16, 58
57. Constitue ante oculos pom pam huius saeculi: uides spe
ciosam inlecebram , sed inanem gratiam. N on te inducant aurea
uasa et argentea; habemus et nos thensaurum in uasis fictilibus s.
Vas apostolicum fictile est, sed in eo thensaurus est Christi. Vae
siceram m ane sectantes h! Aureum est hoc uas ‘, poculum est: in
eo pocu lo uenenum mortis, uenenum libidinis, uenenum ebrieta
tis est. H oc qui biberit com m ou etu r et cadit. C om m ouetur non
solum co rp ore sed etiam cord e turbato; com m ou eri enim peccati
est.
f Ier 28 (51), 7 s,
s 2 C o r 4, 7.
hCf. Is 5, 11.
i Cf. Act 9, 15.
16. a Gen 4, 16.
b Cf. Gen 4, 14.
c Cf. Mc 15, 29.
d Cf. Ier 5, 8.
e Ier 32, 13 (25, 27).
4 Cf. ibid.., 181 A; 448 C-D; 449 C. Sull'uso e significato di a dhinn ire cf. M.
M cGuire, s. A m b ro sii de Nabuthae, Washington 1927, p. 222.
5 Sul concetto di natura in questo luogo si veda B. Maes, La lo i naturelle selon
A m broise de M ila n , Rom a 1967, p. 50.
6 Cf. B a s il io , PG 31, 448 C. Dunque sull’incontinenza sessuale degli ubriachi
A m brogio attinge alla sua solita fonte; tuttavia non è da escludere l’opinione di
Schenkl, C S E L 32, 2, p. X V III, che ritiene che il nostro Autore rammenti qui
anche il passo a lui noto di SENOFONTE, com m . 1, 4, 12; cf. exam. 5, 10, 30 (C S E L
32, 1, p. 165, 3 ss.).
7 L’ideale filosofico di A m brogio è l'uom o che vive secondo natura, nel quale
la razionalità esercita il suo prim ato dom inando e regolando ogni attività: il vino
sovverte quest’ordine e scatena gli istinti animaleschi; tutto l’uom o è sconvolto,
la ragione com e l’aspetto fisico. Cf. 12, 43 (supra).
8 Una scelta sicura fra le due lezioni ugualm ente attestate, excid u n t ed excedunt
non è possibile. Soprattutto nella tarda latinità la somiglianza grafica e fonetica
delle due voci (excedo e excld o ) e una certa loro contiguità semantica favorisce
la confusione (cf. T hlL 5, 2, 1205, 28 ss. e 1234, 4 ss.). Il senso richiesto dal contesto
è «escono di senno», «van eggian o», che nel latino tardo può essere reso sia con
sensu excidu n t che con sensu excedunt (cf. ibid., 1206, 79 ss. e 128 ss.); si potrebbe
anche connettere excedu nt con la lezione sensum che è ben attestata (cf. ibid.,
1210, 61 ss.). Qui si accetta la lezione adottata da Schenkl (excidun t), che sem bra
‘difficilior’.
9 Cf. B a s il io , PG 31, 449 A-B.
10 co n cu rren tib u s m ontibus: cf. V ir g il io , Aen. 8, 692.
11 Z in c o n e , A lcun e osservazioni..., p. 345, conforta la lezione fragor, che Schenkl
ha tratto dall’edizione am erbachiana (1492), segnalando che essa è attestata anche
in alcuni mss. vaticani. M a già a fugare ogni d u b b io era intervenuta una annotazio
ne di C. W e y m a n , in «Philol. Wochenschr.», 50 (1930), c. 875, che rinvia a V ir g il io ,
georg. 1, 357 ss. aridus altis m on tib u s a u d iri f r a g o r , aut r e s o n a n t i a longe
l i t o r a m isceri; cf. anche Id., georg. 3, 338 e Aen. 1, 154.
100 DE HELIA ET IEIVNIO, 16, 60 - 17, 62
61. V nde bene H ierem ias huiusm odi hom inem tam qua
superfluam creaturam deflendum putat. Quid est enim hom o
ebrius nisi creatura superflua? Itaque sic ait: S icut fletum Iazer
deflebo te, uitis, quia deserta est ciuitas Ia z e rf, et infra: V inum erat
in torcularibus tuis: mane non calcauerunt, m eridie autem non
fecerunt e. Iazer TzoLr\criq uepwaóq, factura superflua est — m odera
tio enim naturalis est, supra m ensuram quidquid est superfluum
habetur — ita est ebrietas, quae fletu p rop h etico deploratur. Vnde
ait apostolus: N olite inebriari uino, in quo est luxuria, sed im p lem ini
spiritu h. Est ergo ebrietas culpae, est et gratiae. Et fo rte haec
naturae quae gratiae, quia ad im aginem et sim ilitudinem dei facti '
spiritu sancto rep leti esse debemus.
17.1 Si riferisce al banchetto funebre che ancora alla fine del quarto seco
cristiani erano soliti celebrare sulla tom ba dei martiri secondo una tradizione che
traeva la sua origine dall'agape. Con il passare del tempo, tuttavia, erano subentrati
gravi abusi e intemperanze, tanto che A m brogio decise di proibire tale usanza
(cf. A g o s t in o , conf. 6, 2). Sul culto dei martiri si veda D A L 1, 816-820 ed anche
M o n a c h in o , S. A m b ro g io e la cu ra pastorale..., pp. 153 ss.
2 Evidentemente accusati di em pietà o tradimento.
3 N o n m i p a re c h e la lettu ra d i q u esto p a r a g ra fo sia su fficien te p e r d e d u r re
che A m b r o g io accettasse la to rtu ra (c o s i J. G a u d e m e t , D ro it sécu lier et d ro it de
l ’église chez Am broise, in A m brosius Episcopus. Atti d e l C o n g re s s o internazionale...,
1, p. 309). Il riferim ento alla tortura non coinvolge il giudizio — qualunque esso
fosse — dell'Autore, m a è stato introdotto com e elemento utile per creare enfasi
retorica attorno agli effetti del vino, più deleteri di quelli che provoca la tortura.
L’opinione di Gaudemet, però, potrebbe trovare migliore fondam ento in Cain et
Ab. 2, 9, 27 (C S E L 32, 1, p. 401, 15 s.).
4 II cym biu m e ra u n a g ra n d e c o p p a d i fo rm a stretta e lun ga, so m ig lian te a d
u n a nave; cf. M a c r o b io , satum . 5, 21 cymbia, p ocu la p rocera ac nauibus sim ilia.
5 Cl. B a s il io , P G 31, 460 B.
6 Schenkl presenta aestim arim come propria congettura: ZINCONE, A lcu n e osser
vazioni..., p. 346, avverte che tale lezione è attestata in due mss. laurenziani non
conosciuti da Schenkl.
7 II corno fungeva da imbuto. Si hanno testimonianze dell’uso del corno per
far ingerire sostanze medicinali agli animali: VIRGILIO, georg. 3, 509; COLUMELLA, 6,
2, 7.
104 DE HELIA ET IEIVNIO, 17, 64 - 18, 66
8 non om . G H Sch.
65, 5 ita] in falso Sch.
ELIA E IL DIGIUNO, 17, 64 - 18, 66 105
67, 5 faciunt, quid faciant unita] cf. S. Zin con e, «A u g u s tin ia n u m », 1976, pp. 246 sq.
68, 9 m oriebantur G m onebantur P m ordebantur cet.
ELIA E IL DIGIUNO, 18, 66 - 19, 69 107
b ls 23, 1.
c Cf. Ex 35, 3 (?).
dCf. Mt 28, 1.
e Cf. 1 Tim 6, 10.
f Is 23, 2 s.
19.1 q u ia : è una congettura di Schenkl, ora conferm ata dal Vat. Lat. 264 (
X I-X II) collazionato da Z in c o n e , A lcu n e osservazioni..., pp. 347 s., che fa anche
notare come quia corrisponda al testo greco dei Settanta: ÓXoXu^ete, itXoìa Kap-
X T iS ó v o q ó x i (x to ó X e to .
2 Non è chiaro il senso di questo versetto, il cui testo diverge sia da quello
dei Settanta che dall’originale.
3 Si tratta in effetti del nono ed ultimo oracolo di quelli — detti oracoli contro
le nazioni — contenuti in Is 13-23. Il num ero nove, messo in relazione al sette
della Legge e all’otto del Vangelo, offre qui ad A m brogio lo spunto per una breve
e rara (in quest’opera) riflessione mistica. Sul valore del num ero otto in Am brogio
si vedano P. ROLLERO, La ‘expositio eu an gelii secundum L u ca m ’ d i A m b ro gio com e
fonte della esegesi agostiniana, Torino 1958, pp. 129 ss.; A. L u n e a u , L ’h istoire du salut
chez les Pères de l'Èglìse. La d octrin e des àges du monde, Paris 1974, pp. 249 s.; J.
D a n ié l o u , La typologie de la sem aine au I V siècle, «R c h S R », 35 (1948), pp. 382-411.
4 Lo scorrere del tem po settimanale è immaginato come un movimento circola
re che si apre con la dom enica e, al termine del ciclo, si chiude con la domenica,
prim o e ottavo giorno della settimana.
5 C f. C ic e r o n e , de orat. 2, 171 auaritiam si tollere uultis, m ater eius est tollenda
luxuries.
6 Ritengo vano il tentativo di intendere con sicurezza il senso letterale di
questa citazione. Il testo latino citato da A m brogio diverge profondam ente da
quello originale e nem m eno riproduce quello dei Settanta, che presenta esso
stesso dei problem i di interpretazione.
7 Nel valutare questo luogo, ove sem bra che si condanni la mercatura e la
navigazione, bisogna anche tener presente che la polem ica contro la cupidigia del
guadagno, che spinge i mercanti ad affrontare i gravi rischi del mare, è un ‘topos’
nella letteratura antica; si veda p er es. C a t o n e , agr., praefatio (dove però non è
espressa una condanna m orale nei confronti dei mercanti); C ic e r o n e , Tusc . disp.
5, 40; rep. 3, 48, fr. 4 ( B r é g u e t , p. 79): P o e n i p r im i m ercaturis et m ercibus suis
a uaritiam et m agnificentiam et in exp leb ilis cupiditates o m n iu m reru m im porta u eru n t
in G raecia m -, T i b u l l o , 1, 3, 40; O r a z io , carm . 1, 1, 15-18; S e n e c a , breu. uit. 2, 1 a liu m
m ercandi praeceps cupiditas circa om n is terras, om n ia m aria spe lu c ri ducit. Per la
110 DE HELIA ET IEIVNIO, 19, 70-71
e Gen 1, 28.
h Cf. Ion 1, 1 - 2, 1.
> Ps 8, 7-9.
1 Is 23, 4.
72. N on partu riu i inquit nec peperi nec enu triui iuuenes
Quid m e inquietant quos nescio, quos non agnosco? Ite in Cartha
ginem, ululate qu i inhabitatis insulas!n. Supra dixit: Vlulate, naues
Carthaginis! °. Carthaginem etenim Tyrii condiderunt et id eo Car-
thaginenses sequuntur luxuriam conditorum transfusa in se d eco
lora successione nequitiae, pessim orum uitiorum heredes d eterio
res. Et bene luxuriosos naues dixit. Sicut illae uento ita hi cibo
iactantur et uino. Insulas rep leta potu inhabitant corpora, naufra
giis circumsonant, tunduntur fluctibus ebrietatis, nec p er diem
nec noctu quiescunt. H orum igitu r m ercatorum sem en in aqua,
messis in fluctibus est p . In aqua enim labores suos seminant, ut
pericula metant, in aqua illis seges pullulat, in aqua messi exube
rat, fructus ipse in aqua est, num quam tutus et solidus. Vnde
recte ait: « Qui seminabat in terra non introiuit in negotiationem ,
im m o qui sem inabat in caelo. Sed est et bona terra, in qua
quicum que seminauerit, fructus ei caelestis o ria tu r» q.
mIs 23, 4.
n Is 23, 6.
° I s 23, 1.
p Cf. Is 23, 3.
i M t 13, 23.
20. a Is 23, 14 s.
b Is 23, 15.
9 Cf. 5, 12 (supra).
10 Parafrasi di Is 23,3 sopra citato in 19,70. Qui, come altrove, Schenkl dimostra
eccessiva fiducia in P: per difenderne la lezione fructus ricorre ad un’integrazione,
costituendo (in aqua> messis fru ctu s est, mentre il testo di G da m e stampato, non
ha bisogno di restauri. N o n è questo l’unico caso in cui G si rivela testimone
indipendente e portatore di buone lezioni contro P, anche se quest’ultimo, in
genere, sem bra migliore. Schenkl ha forse sospettato che la lezione di G sia un
tentativo di emendazione da parte di un copista dotto? In ogni caso, rifiutarla
non è metodologicam ente corretto.
11 II testo costituito dallo Schenkl ha fru ctu s ei caelestes orien tu r. A proposito
di caelestes bisogna osservare che si tratta di una correzione di P 2, mentre la
buon a tradizione attesta caelestis. Accogliendo questa lezione, il soggetto della
frase, fructus, con cui caelestis concorda, va inteso come singolare, e singolare
dovrà essere, ovviamente, il verbo. Del verbo va detto che è sicuramente non
accettabile la lezione adottata da Schenkl, orien tu r, che egli attribuisce a P, perché
P da me controllato, ha oria n tu r. Le possibilità sono, dunque, due: oria n tu r per
chi volesse insistere sulla scelta di caelestes, invece oriatu r, cioè la lezione di GH,
per chi, come me, ritiene m eglio attestato il soggetto singolare (fructus caelestis).
A tale riguardo, poiché la frase è un'allusione a Mt 13, 23, non è del tutto inutile
avvertire che nel luogo evangelico si parla di «fru tto » al singolare: la lezione
fru ctu m non ha varianti fra i testimoni della versione latina, sia Vetus Latina che
Vulgata (cf. I. WORDSWORTH - H.I. W h it e , N o u u m Testamentum D o m in i nostri Iesu
C hristi Latine..., 1, O xford 1889-1898, ad loc.).
114 DE HELIA ET IEIVNIO, 20, 73-75
c Is 23, 16.
d Cf. Ios 2, 1.
e Lc 7, 32.
f Ps 95 (96), 1.
§ Mt 21, 31.
h Lc 8, 28.
i Cf. 2 Cor 6, 15.
1 Eccle 10, 4.
•"Tob 12, 9.
n Prou 13, 8.
° Lc 16, 9.
21. a Is 24, 1.
qualche cosa, ora non lo siam o più. Siam o corsi dal m edico. Egli
ci ha curato le ferite del passato, e se resta ancora qualcosa di
amaro, non m ancherà il rim edio. Anche se abbiam o com m esso
qualche ingiustizia, non lo ricord erà colui che ha perdonato una
volta per sem pre. Anche se abbiam o com m esso gravi delitti,
abbiam o trovato un grande m edico, abbiam o ricevuto la grande
m edicina della sua grazia; infatti la medicina toglie grandi p e cca ti4.
76. Abbiam o anche m olte cose a disposizione, con le qu
possiam o riscattare i nostri peccati. Hai del denaro, riscatta il
tuo peccato. Il Signore non è venale, ma tu sei venale. Ti sei
venduto ai tuoi peccati, riscàttati con le tue opere, riscàttati con
il tuo denaro. Il denaro è vile, ma preziosa è la m isericordia.
Infatti l ’elemosina libera dal peccato, e altrove: Redenzione d ell’uo
m o sono le sue ricchezze, e nel Vangelo: Fatevi degli am ici con il
denaro dell'iniquità. Spesso anche il velen o è neutralizzato con
l’antidoto, cioè: il velen o è elim inato con il veleno, con il veleno
la m orte è respinta, la vita è conservata. Anche tu, com e un buon
dispensatore, cam bia gli strum enti d e ll’avidità in sussidi di m iseri
cordia, la seduzione corru ttrice nella grazia della sincerità.
21. 77. A vete udito quello che oggi è stato letto: E cco v
il Signore a distruggere il m ondo '. II santo profeta, com e se indicas
se con la mano, com e se vedesse con gli occhi ven ire il giorno
del giudizio, cosi dice: E cco viene il S ignore a distruggere il mondo.
Anzi, poiché ai p rofeti le cose future sono svelate in spirito, com e
se fossero p re s e n ti2, p erciò vo leva m ostrare anche a noi ciò che
vedeva, per richiam arci d a ll'erro re e indurci alla conversione.
78. M a nessuno deve abbattersi, quando ode che il Signo
distruggerà il m ondo, perché non abbia a dire: «E b b e n e noi
abbiam o com m esso gravi peccati, ma quali delitti hanno com piu
to il cielo, la terra, il mare, perché anch'essi siano distrutti? Perché
deve p erire questo così b e ll’apparato?». Queste idee sono proprie
b Cf. 1 C o r 9, 24.
c 1 Cor 4, 9.
d 1 C or 9, 26 et 27
e Phil 3, 13 s.
f Cf. 2 Tim 2, 5.
b Cf. 1 C or 9, 25.
hCf. Cant 1, 3.
ELIA E IL DIGIUNO, 21, 78-79 119
3 Cf. O r a z io , carm . 1, 1, 4-6 m etaque feru id is / euitata rotis palm aque n ob ilis /
terra ru m d om in os eueh it ad deos.
4 Cf. B a s il io , PG 31, 440 A.
5 La lezione e n ito r è conferm ata in expl. ps. 36 56 (C S E L 64, p. 113, 20 s.): ...
q u o d latine d ixit « e n ito r», G raece a it uuxteuoj; exp. Lue. 4, 24 (C S E L 32, 4, p. 150, 14).
6 Sul cibo degli atleti nell'antichità cf. Th. P ich ler, Das Fasten bei Basileios...,
p. 64 e RAC, s. u. Fasten.
7 Si allude alla prassi, prevista dalla disciplina battesimale del IV secolo,
secondo cui i catecumeni, che avevano seguito i corsi di catechesi prebattesimale
per alm eno due anni, davano prim a dell'inizio della Quaresim a il loro nome, si
iscrivevano, cioè, nella lista dei com petentes che nella notte di Pasqua avrebbero
ricevuto il battesimo. Le iscrizioni (forse una sottoscrizione fatta di propria mano
dal candidato, se do bbiam o intendere letteralmente in questo passo l’espressione
subscripsisti...) avevano inizio in alcuni luoghi a Natale, m a a M ilano il giorno
dell'Epifania, com e attesta A m brogio in exp. Lue. 4, 76 (C S E L 32, 4, p. 177, 9 s.):
n em o adhuc dedit n om en suum... nisi ia cu lu m uocis p e r epiphania et adhuc n ih il
cep i; al riguardo si veda V. Monachino, S. A m b ro g io e la cura..., p. 57 e G. Coppa,
in SAE M O 11, p. 361, nota 76, 1; cf. anche sacram. 3, 2, 12 (C S E L 73, 44, 38) dedisti
nom en tuum', Abr. 1, 4, 23 (C S E L 32, 1, p. 518, 13) q u i ad gratiam baptismatis nom en
dederunt, Agostino, conf. 9, 6, 14 u b i tem pus aduenit q u o me n om en dare oportebat...
120 DE HELIA ET IEIVNIO, 21, 79 - 22, 81
tuus cibus sobrietatis sit, nihil habeat intem perantiae, nihil luxu
riae, potus tuus parcior, ne quid ebrietatis obrepat, custodi co rp o
ris castim oniam , ut possis esse habilis ad coronam , ne existim atio
tua offen dat spectatoris affectum , ne te fautores tui neclegentem
uideant et deserant. Spectant te archangeli et potestates et d o m i
nationes * et illa angelorum decem m ilia decem m ilium ’. Sub
tantis erubescere considera quam dedecorosum sit, ingressus
stadium uigorem anim ae tuae excita, lacertos excute. Progressus
in scamma necesse est excipias puluerem , subeas aestiui solis
flagrantiam. Grauis aestus, sed dulcis uictoria: m olesta caligo
pulueris, sed speciosa tolerantia. N em o stadium puluerulentus
ingreditur, sed puluerulentum reddunt certam ina: ibi colligitu r
puluis, ubi palm a proponitur. N em o iterum nitidus coronatur,
puluerulentum decet uictoria.
80. Veni ergo, dom ine Iesu, exeat corona tua, dim itte ui
res in requiem , uictos ad conpunctionem . Etsi disperdis orbem
terrarum, plura sunt inuisibilia opera tua quam quae uidimus.
Qui angustioris est anim i illa non cernit, d olet quod disperdas
orbem terrarum , sed qui nouit spectare quae inuisibilia sunt
gaudet ut uenias et om nes liberes. Gaudent athletae, qui possunt
dicere: Veniat regnum tuum, fiat uoluntas tua sicut in caelo et in
terra m. Gaudebit creatura mundi, ut a uanitate mundi istius lib ere
tur, quae nunc congem iscit et parturit, quia uanitati etiam illa
creatura subiecta est, donec m ultiplicetur a d op tio filioru m et
totius corporis red em p tio conpleatur n. In bono ergo disperdet
orbem terrarum °. Erit eten im caelum nouum p et nox non erit
amplius q. Denique reuelabit, inquit, faciem eius, ut reuelata facie
spectemus gloriam C h ris tir.
3 A mio avviso A m brogio non allude solo a Lev 10, 9, cui rinvia Schenkl, ma
anche all’episodio ivi narrato (10, 1-4).
4 Analogamente in exp. Lue. 7, 10 (C S E L 32, 4, p. 286, 17 s.): sed etiam nos
co tid ie uidem us M oysen cu m dei filio ; uidem us en im legem in euangelio. Si veda
anche Nab. 1,1: Nabuthae historia tem p ore uetus est, usu cotidiana, e la nota relativa.
Sull’operatività e attualità della Sacra Scrittura cf. P iz z o l a t o , L a Sacra Scrittu ra
fondamento..., p. 398 e I d ., La dottrina esegetica..., pp. 19 s.
5 II peccatore (o chi non era stato battezzato) era escluso dall’eucaristia: cf.
paen. 2, 3, 14 (C S E L 73, p. 169, 9 s.) a sacris altaribus separatus; cf. anche R. G r y s o n ,
Le prétre selon saint Am broise, Louvain 1968, p. 280.
6 Cf. B a s il io , PG 31, 428 D-429 A. L’episodio di Elia (4 Re 18, 34 ss.) è più volte
evocato da A m brogio come prefigurazione del battesimo e non solo per la presenza
del fuoco e dell’acqua in quell’evento biblico, m a anche per un particolare che
anticipava le modalità dell’antico rito battesimale: come Elia per tre volte fece
gettare acqua sulla legna, cosi il catecum eno per tre volte veniva immerso nel
fonte battesimale. Cf. anche sacram. 2, 7, 20 (C S E L 73, p. 34); myst. 5, 26.28 (ibid.,
p. 108).
7 Cf. B a s il io , PG 31, 425 B .
8 Cf. ibid., 425 C.
9 Cf. ibid. «xpTFTÓq é o t w , iXacppó? è tm v »- o ù Tpiftei t o v aùxÉva, àXXà Soijà^Ei,.
124 DE HELIA ET IEIVNIO, 22, 83-85
" C f. Mt 3, 11.
«C f. 3 Reg 17, 1; 18, 4 4 s.
p Cf. Io 3, 5.
q Cf. Gen 5, 24.
r Cf. 4 Reg 2, 11.
15 sed uoluntatem (-te G H ) boni operis diligit G H et codices Vat. Lat. 264 et
269 (ap. Z in con e, p. 249) om . P Sch. q u i signum lacunae posuit.
84, 4 sq. paenitentiam G Sch.
ELIA E IL DIGIUNO, 22, 83-85 125
1. a Is 5, 8.
bCf. Io b 1, 21.
l.1 Sull’attualità della Scrittura si veda supra, Hel. 22, 81 et hodie Moyses ue
cum lex recensetur: Moyses uocat, cum lex praecipit, e la nota relativa. Inoltre cf.
exp. Lue. 2, 84 (C S E L 32, 4, p. 88, 7 ss.) non enim simplicem tantum rei gestae seriem
debemus haurire, sed etiam actus nostros ad aemulationem scriptorum referre', Ios.
7, 43 (C S E L 32, 2, p. 103, 2 ss.) non semel hoc Iacob dixit, cotidie omnibus filiis suis
dicit, qui serius ueniunt ad gratiam Christi.
2 In più luoghi A m brogio usa il termine poetico pignus con il significato di
«fig lio », «p r o le »; cf. McGuiKE, ad loc.
3 Sull'interpretazione di con sors naturae in questo luogo si veda M. POIRIER,
“C on sors naturae' chez saint Ambroise..., pp. 325 s., 331, 333.
* Per una traduzione ragionata dell'espressione in c o m m u n e vedi ibid., p. 326,
da cui mi distinguo per una sfumatura, intendendo om n ibu s unito a in com m un e,
non al verbo fundata est. Il m edesim o concetto — che è stato ed è al centro
d ell’interesse di quanti hanno studiato le idee sociali di Am brogio — è ribadito,
con gli stessi termini, in off. 1, 28, 132 (S A E M O 13, p. 102) natura en im om nia
om n ib u s in co m m u n e profundit; exam. 6, 8, 52 (C S E L 32, 1, p. 244, 2 ss.); exp. ps.
132 DE NABVTHAE, 1, 2-3
118 8, 22 (C S E L 72, p. 163, 23 ss.). In questi luoghi troviam o somiglianza non solo
concettuale, ma anche verbale, con L attanzio , diu. inst. 5, 5 quippe cu m deus
co m m u n e om nibus terram dedisset, ut co m m u n e m degerent uitam, n on ut rabida et
furens auaritia sib i om n ia uindicaret, nec u lli deesset q u o d om n ib u s nasceretur. La
corrispondenza è spiegabile con la com une origine di questi concetti dalla diatriba
stoica. Nel passo qui sopra citato del De officiis lo stesso A m brogio rinvia alla
dottrina stoica sull’argomento.
5 L’enunciato di questo concetto, fondam entale per l’intero trattato e sul quale
si è appuntata l'attenzione di molti studiosi, è chiaram ente influenzato da B a s il io ,
PG 31, 276 B i à yàp xoivà itpojcaxaaxóvTEq, E5ia tioioOvtou (scil. ot tzXouozol) 5ià
tt)v npoXT^iv. Questa impronta, assai più interessante di altre nel corso del trattato,
è stata segnalata da H. D r e s s l e r , A note on thè ‘De N abuthae' o f St. Ambrose,
«T raditio», 5 (1947), p. 311, in una nota m olto scarna che è sfuggita all'attenzione
degli studiosi e degli editori successivi.
6 Cf. BASILIO, PG 31, 276 B oòy i yu\i\>òq è^éneaec; rii? Yaorpóq; où yu[j,vòq iraXiv
eù; tt|v yrjv ùitoo-cpÉ^Eit;;
I affectus: nel senso di cu pid ita s: cf. infra, 12, 50 cu iu s n on ca pit m undus
cupiditates.
8 Cf. expl. ps. 1 46 (C S E L 64, 38,23) nudus exibis, n em o illic consu lem recognoscet.
9 Riflessioni molto simili in exam. 6, 8, 51 (C S E L 32, 1, p. 243, 11-12).
10 Q uella del profum o.
II II passo è «estrem am ente conciso e stilisticamente com plesso», osserva D.
Fogazza, recensione all’ed. del De Nabuthae di M.G. M ara, cit., «Riv. di filol. », 106
(1978), p. 462; e l’incertezza della tradizione manoscritta ne accentua la problem ati
cità. Per quanto riguarda il testo, la M a ra sceglie la lezione malis, e questo è anche
il parere della Fogazza (ib id .), che ritiene ‘difficilior’ la lezione rispetto a malos
accolta da Schenkl. Al riguardo osserverei che il giudizio su quale sia la ‘lectio
difficilior’ dipende, in questo caso, in gran parte dal significato che si attribuisce
134 DE NABVTHAE, 2, 4-5
al verbo dim ittis. Ora, sono d ’accordo con la Fogazza (ib id .) nel ritenere non
appropriata la traduzione della M a ra (« metti gli eredi scapestrati in una condizione
tale da maledire le tue o p ere»), m a non ho seguito nem m eno l’ipotesi interpretativa
che la stessa Fogazza presenta con molta prudenza («lasci ai cattivi qualcosa con
cui dim ostrare la stoltezza del tuo o p erato »). Il punto debole di questa interpreta
zione a me pare l’aver inteso dim ittis sinonim o di relinquis, come è suggerito da
M cGuire, ad loc. (la cui traduzione, peraltro, è peregrina). Attribuirei, invece, a
dim ittere il significato m orale-giuridico di «assolvere», che qui p arrebbe voluto
dall’antitesi con il precedente condem nas e il seguente condem nent. Se cosi è, la
lezione m alos è obbligata e il passo acquista sotto l’aspetto stilistico e retorico
quell’arm onia che è insistentemente cercata da Am brogio. Un significato simile
di dim ittere è inteso anche da J. Huhn, De Nabuthae. Des heiligen K irch en va ters
A m brosius W a m u n g v o r d er H absucht u nd M a h n u n g zum Alm osengeben, Freiburg
1950, p. 21 («s o verurteilst du ordentliche Erben zu dauernder Sorge o der du
entlàssest die nichtsnutzigen aus ihrer Verpflichtung, so dass sie eben dadurch
dein Tun verurteilen»), tuttavia nem m eno questa interpretazione è convincente
nell’insieme, perché i m alos (heredes) non sono « i buoni a nulla», ma i cattivi in
senso morale, quelli che poco sopra sono detti lu xu riosi.
2.’ Cf. Basilio, PG 31, 292 B-293 A yàp èo-tiv ó -noXKCìm èvSeti?. noXXtóv
Sé ù|j,àc; évSeeù; ttoiei t ò tt|<; èmduiua^ àxópE0~cov... aXka ToaaÙTa èici&tvteì;, x aì àe£
0*01 T Ò TCpOaTlSÉlJ.EVOV, O U / Ì T T )V Ópp.T|V W7TT|aTV, àXk' a v a t p X i f E l TT)V OpE^lV... (IjOTtEp O Ì
Tàq x)a[a.axa<; àva(ìaivovTEq, aEÌ n p òq tt)v ùicépxEi pivt)v PafyuSa t ò i^voi; ai'povTEq,
où icpÓTEpov toravTai npìv av tt|c; axpaq ècpìxojvTai,- ovrao x aì outoi où toxuovtoi Trj<;
xaTa tt)v SuvaaTEiav óp|jt.fi<;, eojc; av ùiJjoj&évtei;, aitò iiETEiipou toù itTwnaToq ÈauTOÙq
xaTappà^utri.
2 Affectus è nominativo e diues il suo attributo. Questa interpretazione, seguita
anche da M cG uire e Huhn, è confortata dalla struttura retorica del passo. La frase
precedente (a lter certe p a u p er c e n s u uidetur, a lter p a u p er a f f e c t u est) è
form ata da due ‘com m ata’ in cui censu e affectu sono ablativi di limitazione,
entrambi in penultim a posizione; nei due 'com m ata' seguenti ( a f f e c t u s diues
egere n on nouit, c e n s u s abundans n eq u it a ua ri pectus explere) gli stessi termini
136 DE NABVTHAE, 2, 5-8
3. a Is 5, 8.
b Act 8, 20.
= Is 32, 9.
NABOTH, 3, 12 - 4, 16 141
fai entrare il m are nei tuoi possedim enti perché non v i m anchino
animali m a r in i5, estendi i confini della terra p er non avere v ic in i6.
13. Abbiam o udito la vo ce d el ricco che chiede i beni altrui;
ascoltiam o la vo ce del p o vero che rivendica ciò che è suo: M i
guardi D io — dice — dal cederti l'eredità dei m iei padri. Egli
disprezza il denaro del ricco com e una pestilenza, quasi dicesse:
Perisca il tuo denaro e tu con esso. Io non posso vendere l’eredità
dei m iei padri. O ricco, ti si dà un insegnamento, se lo intendi:
non vendere il tuo p o d ere p er una notte con una prostituta, non
alienare i tuoi diritti p er far baldoria, per sperperare in piaceri,
non giocare ai dadi la tua c a s a 7, p er non perd ere il diritto al
sentim ento di riconoscenza che ti è dovu to da parte degli eredi.
14. A tali parole lo spirito d e ll’avido re rim ase turbato. S i
coricò nel suo letto, si c o p ri il volto, non si cibò del suo pane. I
ricchi piangono, se non possono im possessarsi dei beni altrui; se
il p o vero non ha perdu to le sue sostanze, non possono nascondere
il lo ro forte dispiacere. Cercano di dorm ire, copron o il vo lto per
non ved ere che sulla terra qualcosa appartiene ad altri, p er non
sapere che qualcosa in questo m on d o non appartiene a loro, per
non udire che il vicino possiede qualcosa accanto a lui, per non
sentire il p o vero op p orre loro un rifiuto. A lle lo ro anim e si rivolge
il profeta dicendo: D onne ricche, svegliatevi.
4. 15. E non si cibò — dice — del suo pane: perché desider
il pane altrui; infatti i ricchi preferiscon o m angiare il pane altrui
piuttosto che il proprio, essi che vivon o di rapine 1 e p rovved on o
a m a n ten ersi2 con le rapine. O, veram ente, non m angiò pane,
volen d o cosi condannarsi a m orte 3, perché gli si negava qualcosa.
16. Si m etta a con fron to ora lo stato d ’anim o del pove
N on ha nulla e non sa digiunare di sua spontanea volontà se non
p er Dio, non sa digiunare se non per necessità. Voi, ricchi, strappa
te ai p o veri ogni cosa, togliete tutto senza lasciare loro nulla e
ciò nonostante vi trovate a sopportare al loro posto i disagi dei
poveri. Essi digiunano quando non hanno cibo, voi digiunate
m entre avete di che m angiare. Im pon ete disagi a v o i stessi ancor
prim a di im porli ai poveri. Voi dunque p er le vostre bram e
non habent quo utantur, uos autem nec ipsi utim ini nec alios uti
sinitis. Eruitis aurum de m etalli uenis et rursus absconditis. Quan
torum uitas in illo infoditis auro!
4. a Ps 38 (39), 7.
5. a Cf. Lc 16, 21.
17, 7 adaeratis scripsit M ara adornatis Sch. (cf. quae in ad.para.tu notauit).
19, 6 cru ore] cruorem R B Sch.
NABOTH, 4, 16 - 5, 20 143
quas deferat, quibus digna conuiuio tuo uina fundantur. Ille mari
mersus est, dum ueretur, ne piscis mensae tuae desit aut ostrea.
Ille brum ali frigore, dum lepores inuestigare aut laqueis studet
aues captare, diriguit. Ille ante oculos tuos, si quid forte displicuit,
uerberatur ad m ortem atque ipsas epulas fuso cru ore respergit.
Denique diues erat, qui sibi ad mensam caput prophetae pauperis
iussit a d ferri et aliud unde saltatrici praem ium solueret non
inuenerat nisi ut pauperem iu beret occidi b.
b c f . M t 14, 6 ss.
NABOTH, 5, 20-21 145
6. 27. Quis artifex unum diem uitae hom inis potuit adiun
re? Quem diuitiae ab inferis redem erunt? Cuius aegritudinem
pecunia mitigauit? N on in abundantia inquit uita e iu s a. Et alibi:
N ih il prosunt thensauri iniustis, iustitia autem liberat a m orte b.
M erito clam at Dauid: Diuitiae si fluant, nolite c o r adponere c. Quid
enim m ihi prosunt, si m e a m orte liberare non possunt? Quid
m ihi prosunt, si m ecum post m ortem esse non possunt? H ic
adquiruntur, hic relinquuntur. Som nium igitur loquimur, non pa
trim onium . Vnde bene ait idem propheta de diuitibus: D orm ieru nt
som num suum et n ih il inuenerunt omnes u iri diuitiarum in manibus
suis d, hoc est: nihil inuenerunt operibus suis diuites, qui nihil
pauperi contulerunt. Nullius iuuerunt inopiam , nihil ad utilitatem
suam proficiens rep p erire potuerunt.
6. a Lc 12, 15.
b Prou 10, 2.
c Ps 61 (62), 11.
d Ps 75 (76), 6.
NABOTH, 5, 26 - 6, 27 151
201 com pedes erano catene che legavano i piedi di schiavi o prigionieri, ma
lo stesso termine poteva indicare anche catenelle o anelli ornamentali che le
donne portavano al di sopra della caviglia (cf. P l in io , hist. nat. 23, 54, 2; P e t r o n io ,
sat. 67).
21 Cf. B a s i u o , PG 31, 289 B xoupouoT, Y“ P a i (piXóxpoua-oi. SeSepivai xaù; x ^ o i t é -
Sai?, pióvov Éàv xpuo'òq ó Seapiùv auTa? fj.
22 V. T a n d o i , recensione cit., «A tene e R om a», 25 (1980), p. 94, segnala che
l’espressione tamen pretia iu u an t sintetizza G io v e n a l e , sat. 11, 16 magis illa iuuant,
quae p lu ris em untur.
23 Cf. B a s il io , P G 31, 297 B . S u l lu sso d e lle vesti, d ei p ro fu m i e d ei gioielli si
v e d a H el. 10, 36 (supra); Tob. 5, 17.19; 6, 23 (infra)-, exp. Lue. 5, 107 (C S E L 32, 4, p.
225, 22 ss.); 8, 14 (p. 398, 7); u irg in it. 12, 68 (C a z z a n ig a , p. 31, 19 ss.); uirgin ib. 1, 9,
55 (C a z z a n ig a , p. 29); exhort. uirg. 2, 9 (P L 16, 534); uid. 4, 28 (P L 16, 255); paenit.
2, 9, 88 (C S E L 73, p. 198); Cain et Ab. 1, 4, 14 (C S E L 32, 1, p. 350, 7 s.).
6.1 M . M c G u ir e , ad loc., rin v ia a M t 6, 27 quis autem uestrum cogitans po
adicere ad staturam suam cu b itu m u nu m ? M a p iù g iu stam en te H . D r e s s l e r , A note
o n thè 'De Nabuthae'..., p. 311, s e g n a la il p a ra lle lis m o c on B a s il io , P G 31, 297 B tu;
xaXXiomoTTiq n ia v -ripipav T)5vivf|ìhi t<J> (ÌUjj itpootteivai; twoc; ÉtpEiaaTO d àv c ra x ; Sia
tòv uXoOtov;
2 Cf. B a s il io , PG 31, 269 D: vi troviam o la stessa citazione.
152 DE NABVTHAE, 6, 28-29
29. N aturae ipsius nescit munia nec som ni ipsius uices nouit
aut cibi fungitur suauitate, cuius nullum est inmune seruitium;
dulcis enim somnus serui, et si m odicum et si m ultum edat, et
satiato diuitiis non est qu i sinat eum dorm ire h. Denique euangelico
utamur exem plo, ut probem us diuitem dorm ire non posse. Excitat
eum cupiditas, exagitat cura peruigil aliena rapiendi, torquet
inuidia, m ora uexat, sterilitas prouentuum infecunda perturbat,
sollicitat abundantia. Vnde illi diuiti, cuius possessio uberes fruc
tus adtulit, qui cogitauit intra se dicens: Q uid faciam, quod non
habeo quo congregem fructus meos? E t dixit: H o c faciam, destruam
horrea et m aiora faciam, et illo congregabo om nia quae nata sunt
m ih i et dicam animae meae: Anima, habes m ulta bona in annos
m ultos posita: requiesce, manduca, bibe, epulare', respondit deus:
Stulte, hac nocte anim am tuam repetunt a te; quae autem parasti
cuius erunt? '. N e ipse quidem deus eum dorm ire perm ittit. In ter
pellat cogitantem , excitat dorm ientem .
e Eccle 5, 9.
f Eccle 5, 15 s.
g Io 8, 34.
h Eccle 5, 11.
i Lc 12, 17-19.
I Lc 12, 20.
29, 4 sq. denique usque posse exclusit Sch. (cf. quae ad loc. notaui).
NABOTH, 6, 28-29 153
31. Quid faciam inquit quod non habeo? Clamat se diues non
habere: paupertatis hic serm o est; de inopia queritu r abundans
fructibus. N o n habeo inquit quo congregem fructus. Putares illum
dicere: non habeo fructus, unde uiuendum est mihi. Beatus qui
de abundantia periclitatur? Im m o m iserior iste fecunditatibus
suis quam pauper, cui periculum de egestate est. H abet ille unde
excuset aerumnam, habet certe iniuriam, non habet culpam : iste
non habet quem praeter se arguat.
9 Cf. ibid., 264 B òp,oux toiq itsvojjivoiq òSupETCu. H oùxì t<xuti]v ttjv
q>a>vT)v x aì ò Sià o~t£voxi*)poup,evoq; « T i noiticru);». n ó fev xpo<poa; itófev
È\iSu|_iaTa;
10putes adhuc: p e r in te n d e re l’a v v e rb io adhuc b is o g n a te n e r p re se n te che
qu esta e sp re ssio n e rip r e n d e q u e lla sim ile d e l p a r a g ra fo p re c e d e n te putares...
11 Cf. B a s il io , P G 31, 265 A.
12 sinu s : u n a sp ecie d i tasca che a ll’o c c o rre n z a si fo rm a v a rip ie g a n d o il le m b o
d e lla to ga (o d e lla tunica).
13 Cf. B a s il io , P G 31, 265 A.
7.1 M c G u ir e , ad loc. se g n a la V ir g il io , georg. 1, 49 illiu s im mensae ru per
h orrea messes', S id o n io A p o l l in a r e , 1, 6 fru gibu s rupta congestis horrea: A m b r o g io ,
exp. Lu e. 7, 122 (C S E L 32, 4, p. 334, 11-14) frustra en im congregat opes, q u i se his
n escit u suru m : sicut ille q u i cu m repleta horrea n ouis messibus rum perentur, exube
ra ntium sibi fru ctu m receptacula praeparabat, c u i congregaret ignarus.
156 DE NABVTHAE, 7, 33-36
36. Habes inquit multa bona. N escit auarus bona nisi ea quae
quaestuosa sunt nom inare. Sed adquiesco ei, ut bona dicantur
quae sunt pecuniaria. Cur ergo de bonis facitis mala, cum de
m alis bona facere debeatis? Scriptum est enim : Facite uobis ami
cos de m am m ona in iqu ita tis c. Ei ergo qui uti sciat bona sunt, qui
uti nesciat recte mala. Dispersit, dedit pauperibus, iustitia eius
manet in a etern u m d. Quid hoc melius? Bona sunt, si pauperi
largiaris, in quo tibi d ebitorem deum quadam pietatis faeneratio-
2 Cf. BASILIO, PG 31, 265 A (j.i(j.T|0'0 [ji.ai. -uòv ’luxrricp xtjj tt|<; cpiXav&pwruac; xr)puY[xa-
Ti- cp&ÉY^oiJm (pwvTjv p.EYttXóiJ;uxov.
1 Ponendo la virgola dopo abundantia — Schenkl l'ha posta dopo diuitis —
propon go una diversa interpretazione del passo. La Mara, seguendo la punteggiatu
ra di Schenkl ha inteso: « l ’aum entato benessere del ricco, la ricchezza del m ondo
intero, deve essere fertilità di tutti»; analogam ente M cG uire e Huhn.
4 Cf. B a s ilio , P G 31, 273 B X,ue x à aiToSoxEìa, o&em où5elq ànf\kdé tote
tuxióv.
5 Cf. ibid. Ttt Tap.i£Ìa tt|<; àSixiat;.
6 Cf. ibid. xaTatncanTE raìq écujtoù yzpaiv, a xaxùx; yxoSoy.TjacK;.
7 Queste riflessioni lasciano trasparire una situazione caratterizzata da difficol
tà economiche e da carestie negli anni 389-390 (quando pressappoco fu definitiva
mente redatta quest’opera); cf. C r a c c o R u g g in i , A m b ro g io d i fronte..., pp. 232-241.
1 Cf. B a s il io , P G 31, 264 C.
» Cf. ibid., 284 B.
158 DE NABVTHAE, 7, 36 - 8, 38
rat. Auaro nox sem per est, dies iusto, cui dicitur: Amen, amen
dico tib i: hodie m ecum eris in paradiso b. Stultus autem sicut luna
mutatur, iusti autem fulgebunt sicut sol in regno patris s u ic. Recte
arguitur stultitiae qui in m anducando et bibendo locarit spem
suam. Et id eo tem pus ei m ortis urgetur secundum quod dictum
est ab ipsis qui gulae seruiunt: Manducemus et bibamus; cras enim
m oriem u r d. R ecte dicitur stultus qui anim ae suae co rp oralia sub
ministrat, quia recondit quae cui seruet ignorat.
b Lc 23 43
c Eccli'27, 11; Mt 13, 43.
d Is 22, 13.
e Lc 12, 20.
f Mt 5, 3.
g P ro u 11, 26.
hps 40 (41), 2.
i Cf. Eccli 35, 11.
1 Prou 3, 28.
9. a 3 Reg 20 (21), 7.
NABOTH, 8, 40 - 9, 43 163
cita anche in expl. ps. 48 17 (C S E L 64, p. 371, 16, m a la citazione non vi è registrata);
epist. 2, 11 (P L 16); epist. 10, 4 (C S E L 82, 1, p. 74, 31 s.); epist. 14, 86 (C S E L 82, 3,
p. 281, la citazione non vi è segnalata); off. 2, 14, 66 e 3, 1, 7 (SA E M O 13, pp. 220
e 278, ove manca il rinvio); Abr. 2, 7, 37 (C S E L 32, 1, p. 593, 3), luogo molto
interessante perché vi si afferm a che il passo biblico anticipa una massima della
dottrina stoica; ibid. 2, 10, 77 (p. 629, 12, la citazione non vi è segnalata). Su tutti
questi luoghi e sulle connessioni con la dottrina stoica, che la citazione di Prov
17, 6a rivela, si veda l’am pia analisi di V.R. Vasey, P roverb s 17, 6b (L X X ) and St.
Am brose's M an o f Faith, «A ugustinianum », 14 (1974), pp. 259-276; avverto, però,
che Vasey omette di segnalare la citazione nel De N abuthae di Prov 17, 6a (la
differenza con 17, 6b è puram ente nom inale) e trascura anche quella in la c. 1, 8,
37 (C S E L 32, 2, pp. 28, 23-29, 1); inoltre, alle fonti stoiche citate dallo studioso si
dovrà aggiungere quella, dalla quale tutte le altre probabilm ente dipendono,
costituita da un frammento di Crisippo: S V F 1, fr. 220 ( A r n im ).
J Sul valore di aenigm a nell’esegesi am brosiana si veda P iz z o l a t o , La dottrina
esegetica..., pp. 85 s.; a proposito di questo luogo vi si legge: « è questo un uso di
evidente ascendenza classica e filoniana, laddove aenigm a è accostato all’interpre
tazione intellegibile a chiara finalità m orale».
« Elia (cf. 3 Re 17, 1).
5 T raccia d i u n p a r a d o s s o stoico; cf. V a s e y , The socia l Ideas..., p. 69.
172 DE NABVTHAE, 12, 52-53
O Eccli 3, 30 (29).
p Lc 16, 24.
q Prou 3, 28.
r Eccli 4, 8.
facere mala et non fe c itd. Aurum ergo uobis, in quo tanta erroris
inleceb ra est, non tam sua gratia quam hom inum poena com
mendat.
55, 11 male P.
57, 10 si quam a liq u i codd. Mara.
NABOTH, 13,55-57 177
12 dixit R B V Mara.
NABOTH, 13,57 - 14,59 179
ripetere quanto egli dice, che cio è ha pianto e fatto lam enti su
ogni malato, quando ved eva un u om o nella necessità m entre egli
era n ell’abbondanza, m a p er lui erano p rop rio quelli i giorni della
sofferenza, quando costatava di possedere beni, m entre gli altri
erano n ell’indigenza? Se dice questo lui, che non fece mai languire
gli occhi della vedova, che m ai ha m angiato da solo il suo pane
negandolo all’orfano, che egli fin dalla giovinezza ha nutrito a lle
vato educato con affetto di padre, che m ai ha trascurato l’ignudo,
che ha cop erto il m orente, che con la lana d elle sue pecore ha
riscaldato le spalle dei malati, non ha oppresso l’orfano, non si
è m ai rallegrato p er le ricchezze, m ai ha gioito per la caduta dei
suoi nemici, se chi ha fatto questo, da ricchissim o che era, è
diventato bisognoso, se da cosi grande patrim on io nulla ha ricava
to, se non il solo frutto della m isericordia, che cosa sarà di te
che non sai usare del tuo patrim onio, che pur avendo grandi
ricchezze sopporti giorni di miseria, perché non dai nulla a nessu
no, nessuno soccorri? 14.
14. 58. Dunque sei custode d elle tue ricchezze non padro
tu che sotterri l’oro, sei al suo servizio, non il suo padrone. Ma
dove è il tuo tesoro, là è anche il tuo cuore '. Dunque in q u ell’oro
hai infossato il tuo cuore. Vendi piuttosto l’oro e com pra la
salvezza, vendi la pietra preziosa e acquista il regno di Dio, vendi
il cam po e riscatta la vita eterna. D ico il véro, perché m etto
insiem e parole di verità. Se v u o i essere perfetto — dice — vendi
tutto quello che hai e dallo ai p o v e r i2, e avrai un tesoro nel cielo.
E non essere triste quando ascolti queste cose, affinché non ti si
dica: Come è difficile che c o lo ro che hanno ricchezze possano entrare
nel regno di D io 3. Soprattutto quando leggi queste parole, pensa
che la m orte può strapparti queste cose, te le può togliere un
potere superiore al tuo, e poi pensa che ch iederesti per te cose
p iccole invece d elle grandi, beni caduchi invece degli eterni, tesori
di ricchezze invece dei tesori di grazia. Questi si corrom pono,
quelli rim angono.
59. Pensa che non sei il solo a possederli; con te li possied
la tignola, li possiede la ruggine, che co rrod e la ricchezza. L’avidità
ti ha dato queste com pagne. M a guarda quali d ebitori ti dà la
14 II giudizio sulla ricchezza è qui chiaram ente influenzato dal testo di G iobbe
(si veda l'apparato delle fonti bibliche). In genere nella concezione veterotestamen
taria le ricchezze non erano considerate un male, anzi un segno della benedizione
divina. Am brogio ne è consapevole, perciò rivolge la condanna non alle ricchezze,
m a contro l’uso che il ricco peccatore fa di esse: cf. supra, 7, 36; expl. ps. 36 28
(C S E L 64, p. 93, 7 s.) n on ergo diuitia e accusantur, sed diuitiae peccatorum , pleraque
tam en sunt incentiua uirtutum ... non eos q u i habent diuitias, sed eos q u i u ti his
nesciant sententiae caelestis auctoritate condem n at; exp. Lue. 8, 85 (C S E L 32,4, p. 434)
discant n on in facultatibus crim e n haerere, sed in his q u i u ti nesciant facultatibus;
nam diuitiae ut inpedim enta in in p rob is ita in bonis sunt adium enta uirtutis. Non
mancano, tuttavia, luoghi che sem brano contraddire questo orientamento: cf. off.
1, 9, 29 e 2, 27, 133 (S A E M O 13, pp. 38 e 258); in proposito si veda J. Huhn, De
Nabuthae..., pp. 96 s.
14.‘ Cf. B a s il io , PG 31, 285 C.
2 Cf. ibid., 280 B.
3 Cf. ibid., 288 A.
180 DE NABVTHAE, 14, 59-61
ipse est enim Istrahel, in quo profunda fides ad cogn ition em dei
potuit peruenire.
62. E t factus est inquit in pace locus eius ‘, ubi quietus affect
nullis diuersarum cupiditatum exagitatur fluctibus, nullis auari-
tiae turbatur procellis, nullis diuitiarum quaerendarum ignescit
incendiis. Ipse est qui speculatur aeterna et habitat, in Sion u,
confringens om nia spiritualium instrumenta bellorum , conterens
arcus v, quibus diabolus ignita dirigens ia cu la z graues pectoribus
hom inum solet inurere passiones. Sed illa iacula iusto nocere
non possunt, cui deus lux e s t a, tantumque abest a caligantium
h orrore tenebrarum , ut aduersarius in eo locum habere non
possit, qui etiam principibus se consueuit infundere, sicut infudit
Iudae etiam p rod ito ri b concidens tam quam in silua lig n o ru m c
fid ei ianuas, ut in co r eius haberet ingressum d et aeterni nom inis
tabernaculum e possideret apostolatus conlati m unere dedicatum .
E rgo ille quasi inprobus usurpator concidit ianuas, ut uiolentus
introeat, dom inus autem quasi pius inlustrat seruolos et eoru m
fulgentibus m eritis et claritate uirtutum tenebras m undi huius
inluminat. Hanc pacifici atque mansueti habent aput deum gra
tiam sobria m entis suae tranquillitate fundati, insipientes autem
cord e turbantur et ipsi sunt sibi prop riae exagitationis auctores,
quia desideriorum suorum uoluuntur aestu et quodam salo fluc
tuant.
nei consoli, m a in colui che vede Dio; questo infatti è Israele, nel
quale una fede profon d a è potuta p erven ire alla conoscenza di
Dio.
62. E il luogo dove abita — dice — divenne un luogo di pac
dove la tranquillità d e ll’anim a non è sconvolta dai flutti delle
diverse passioni, non è turbata dalle tem peste d e ll’avidità, non è
attaccata dal fuoco della bram a di cercare ricchezze. È lui che
contem pla i beni eterni e abita in Sion, che distrugge tutte le
arm i d elle guerre spirituali, spezza gli archi con cui il diavolo,
scagliando frecce infuocate 9, suole infiam m are gravi passioni nel
cuore d egli uom ini. M a quelle frecce non possono nuocere al
giusto che possiede la luce di Dio e che è tanto lontano dalla
paura deH’oscurità tenebrosa che nulla su di lui può l'avversario,
il quale suole insinuarsi anche nei potenti, com e si insinuò in
Giuda traditore, abbattendo le porte della fede, com e alberi in
un bosco 10, per po ter entrare nel suo cuore e per poter possedere
l’abitazione del N om e eterno consacrata con il dono d ell’apostola
to che gli era stato conferito. Perciò quello, com e m alvagio usurpa
tore, abbatte le porte e irrom p e violentem ente, il Signore invece
a m orevolm en te fa luce sui s e r v i11 e illum ina le tenebre di questo
m ondo con il lum inoso splendore dei loro m eriti e delle loro
virtù. Hanno questa grazia presso Dio i pacifici e i mansueti che
sono sorretti dalla sobria serenità della loro mente, gli insipienti
invece sono turbati nel loro cuore ed essi stessi sono la causa
della propria agitazione, perché sono sconvolti dal fuoco dei loro
desideri e ondeggiano com e p er il m oto del mare.
15. 63. Chi siano costoro la Scrittura lo ha espressam e
indicato, quando ha detto: Tutti gli uom in i della ricchezza. Ha
detto tutti, nessuno eccettuato. E giustam ente li ha chiam ati «u o
m ini della ricchezza», non «ricch ezza di u om in i», per m ostrare
che essi non sono possessori di ricchezze, m a sono posseduti
dalle ricchezze; infatti la p rop rietà deve essere del proprietario,
non il prop rietario della prop rietà '. Chi dunque non usa del suo
patrim on io com e di una proprietà, chi non sa donare e distribuire
al povero, questi è servo, non padrone delle sue ricchezze, perché
custodisce le ricchezze altrui com e un servitore, non le usa com e
un padrone usa d elle prop rie ricchezze. Con questo intendim ento,
9 È rim a sta fin o ra cela ta l ’a llu sio n e a E f 6, 16 tela n equissim i ign ea: cosi la
Vulgata, m a la lezion e ignita d i A m b r o g io è a n c h e attestata d a d iversi altri scrittori
e cclesiastici (cf. Vetus Latina, 24, 1. Epistu la ad. Ephesios, h erau sg. von H.J. F r e d e ,
F r e ib u r g 1961-1964, ad loc.).
10 A llu s io n e a Sai 73 (74), 5-6 sicu t in silua lig n o ru m securibus exciderunt ianuas
eius in idipsum.
11 F o rse u n ’a llu s io n e (cf. M c G u ir e , ad lo c.) a Sai 30 (31), 7 illustra faciem tuam
super seruum tuum .
15.1 Il con cetto e sp re sso in q u esta sp ie g a zio n e d e lle p a r o le d e l sa lm o è attin
d a lla d ia trib a stoica: cf. H u h n , De Nabuthae..., p. I l i , che rin via a S e n e c a , uit. b.
22 apud m e diuitiae a liqu em lo cu m habent, apud te su m m um ; ad p ostrem u m diuitiae
meae sunt, tu d iu itia ru m es; ibid., 26 d iuitiae apud sapientem u iru m in senectute
sunt, apud stu ltum in im p erio ; V a l e r io M a s s im o , 9, 4 p r o c u l d u b io h ic n on possidebit
diuitias, sed a d iuitiis possessus est.
184 DE NABVTHAE, 15,63-64
uir diuitiarum sit, non diuitiae uiri. Intellectus enim bonus uten
tibus eo b, qui autem non intellegit, is utique intellectus sibi gra
tiam non potest uindicare et id eo som no tem ulentiae consopitus
obdorm iuit. H uiusm odi igitu r uiri som num suum, d o rm iu n tc, hoc
est suum somnum, non Christi dorm iunt. Et qui somnum Christi
non dorm iunt non habent Christi quietem , non surgunt Christi
resurrectione. Qui ait: E go d orm iu i et quieui et surrexi, quoniam
dominus suscipiet me d.
2 La m etafora di Cant 6, 11, sulla traccia di un passo del Com m ento al Cantico
dei Cantici di Origene, conservato negli E xcerpta Procop ia na , PG 31,211 A, è ancor
più ampiamente sviluppata in Abr. 2, 8, 54 (C S E L 32, 1, p. 608, 1 s.); Isaac 8, 64
(ibid.., p. 687, 22 ss.); u irg in it. 15, 94 (Cazzaniga, p. 44). In tutti e tre questi luoghi
le riflessioni di A m brogio si arricchiscono con riferimenti al mito della biga di
Platone, Phaedr. 246 ss. Sull’uso del Fedro da parte di Am brogio, si veda P.
COURCELLE, N ou v ea u x aspects du p la ton ism e chez saint Am broise, « R E L », 34 (1956),
pp. 226-232, articolo ripreso in R echerches su r les ‘Confessioris’, Paris 19682, pp.
312-319. Su questo argom ento si veda, da ultimo, G. Madec, S a in t Am broise et la
ph ilosoph ie, Paris 1974, pp. 121 ss. Ai luoghi paralleli sopra citati si aggiunga exp.
ps. 118 2, 34 s. (C S E L 62, pp. 40 s.).
3 Con u ig o r m entis tenendo conto dei tratti fondam entali della concezione
antropologica di Am brogio, si intende la parte superiore dell'anima, che governa
l’uom o sapiente e ogni suo moto; cf. W. S e ib e l , Fleisch und Geist beim heiligen
A m brosius, Miinchen 1958, pp. 27-28: « d e r hohere Teil des Seele entspricht dem
Xoyixóv Piatos, dem N ous des Aristoteles und dem T|Y£|J.ov«cóv der Stoa und des
Posidonius. E r tràgt bei Am brosius verschiedene Nam en: mens oder voùq, rationa
bile, uigor mentis, ratio, animae principale oder uirtus anim ae».
4 II tema del dom inio della mente sulla carne e sui sensi è frequente in
A m brogio e ha una chiara ascendenza stoica: cf. anche Abr. 2, 5, 20 (C S E L 32, 1,
p. 578, 19 ss.) m e rito diues erat Abraham, quia regebat sensus inrationabiles. D enique
et d o m u it et m ansuetos fe d i, ibid., 2, 6, 27 (p. 583, 19) q u i sunt ergo pastores sensuum
nisi praeceptores et quasi quidam rectores et duces e oru m u el m on itores a licuius
serm onis uel m entis nostrae cogitationes?; Iac. 1, 2, 4 (C S E L 32, 2, p. 6, 5 ss.).
5 L’immagine del cavaliere che guida il cavallo, sim bolo della mente che
governa i sensi è cara ad Am brogio: cf. Abr. 2 , 7, 43 (C S E L 32, 1, p. 597, 19) habenas
tenuit, frena rationis in p osu it; exp. ps. 118 19, 19 (C S E L 62, p. 431, 9) ne effrenata
libertate lu x u rie t atque in dom ita feruens cupiditate habenas a n im i regentis abrum pat;
off. 1, 3, 12 (S A E M O 13, p. 28) habet suas habenas m entis sobrietas; u irgin it. 15, 94
(C a z z a n ig a , p. 44, 11 ss.) u elu t cu rru m a gita tor ascendens (C hristus) u erbi habenis
gubernat.
186 DE NABVTHAE, 15, 64-65
g 4 Reg 2, 12.
•> H ab 3, 8.
i Gen 49, 17.
> Ex 15, 21.
mZach 12, 4.
" Ps 32 (33), 17.
» Ps 19 (20), 8 s.
p Cf. Ier 5, 8.
qCf. Ps 75 (76), 8 et 13.
r Cf. Ps 75 (76), 9.
6 lectu m est', invece di scrip tu m est, come anche lectio significa testo (scritto)
della Sacra Scrittura.
7 Cf. Abr. 2, 7,43 (C S E L 32, 1, p. 598,3 s.) fertu r (equ u s) in praeceps et ascensorem
su um p ro ic it in m are istud huius saeculi.
8 C f. Abr. 2, 6, 27 (C S E L 32, 1, p. 583, 24 s.) in un contesto simile: im petu suo
fe rri et in pra eru p tu m ac p e ricu lu m ruere; u irg in it. 15, 94 (CAZZANIGA, p. 44) ne
u io le n to ru m eq u oru m fu ro re in abrupta ra p ia tur (cu rru s).
9 La metafora del cavallo che nitrisce, per dare cruda rappresentazione della
libidine carnale, è attinta dal linguaggio biblico (cf. G er [V u lg a ta ] 5, 6 unusquisque
ad uxorem p ro x im i su i h in nieb at ; ibid., 13, 27) e spesso usata da Am brogio: Abr. 2,
7, 43 (C S E L 32, 1, p. 597, 21); expl. ps.-36 32 (C S E L 64, p. 96, 13); exam. 6, 3, 10
(C S E L 32, 1, p. 210, 20); exp. ps. 118 4, 8 (C S E L 62, p. 71, 27). Altri luoghi sono
citati da M cGuire, ad loc.; cf. anche GIROLAMO, adu. Io u . 50.
188 DE NABVTHAE, 16, 66-67
16. a Gen 4, 7.
b 1 Cor 4, 4.
c Ibid.
dCf. Ps 75 (76), 11.
* 1 C o r 5, 8.
f Ps 75 (76), 12.
8 Cf. 1 Chron 29, 14.
hps 15, 2.
i H e b r 11, 4 (G en 4, 4 s.).
I Ps 67 (68), 30.
placare p rop ter flagitia uestra a liter non potestis. Quem u ltorem
tim etis facite debitorem . N o n accipiam inquit de dom o tua uitulos
neque de gregibus tuis hircos, quoniam meae sunt omnes ferae
siluarum m. Quidquid optuleritis, inquit, m eum est, quia totus
orbis est meus. N on exigo quae m ea sunt; est quod de uestro
possitis o fferre studium deuotionis et fidei. N on sacrificiorum
am bitione delector; tantum m odo, o hom o, im m ola deo sacrificium
laudis et redde altissimo uota tua n.
69. Ergo uos prop e positi orate et red dite m unera terrib ili
et ei qu i aufert spiritum principum , terribili aput reges terrae ', eo
quod nullo redim atur diuitis praem io, nullo inflectatur potentium
supercilio, qui culpae pretia discrim inat, qui quo plus alicui contu
lerit eo plus exigit ab eo u; Saul priuato contulit regnum v, sed
quia mandatum non custodiuit, et regnum am isit et spiritum,
m ultos reges gentium prop ter perfidiam fecit e popu lo patrum
esse captiuos et, ut iam de proposita loquam ur historia, qui Achab
regem ingratum caelestibus beneficiis ita iussit occidi, ut a ca
nibus eius uulnera la m b eren tu rz. Etenim quia pauperis uineam
mPs 49 (50), 9.
n Ps 49 (50), 14.
o Cf. Ps 75 (76), 6.
PPs 75 (76), 12.
<i Act 10, 34.
r Cf. Act 3, 6.
s Eph 2, 13.
t Ps 75 (76), 13.
“ Cf. Lc 12, 48.
v Cf. 1 Reg 9, 21.
* Cf. 3 Reg 20 (21), 19.
i 3 Reg 21 (20), 35 s.
• 3 Reg 21 (20), 42.
l . a c f . Tob 1, 2 et 16s.
b Cf. Tob 3, 3-6.
c Cf. Tob 1, 17 ss.
TOBIA, 1, 1-3 199
l.1 Qui p rop h eticu s non ha valore tecnico, quasi che Am brogio intenda inser
Tobia fra i libri profetici — del resto poco più oltre si dice che appartiene al
genere storico — . Piuttosto il libro è profetico com e il suo protagonista è propheta
(cf. infra, 2, 6), perché trasmette un insegnamento divino. Perciò in proph eticu s si
può vedere l’afferm azione che Tobia è libro ispirato e va considerato a pieno
diritto parte della Sacra Scrittura. È da ricordare infatti che Tobia è un deuteroca-
nonico e controversa era nel IV secolo la sua accettazione nel canone: Girolam o
che pure l’ha tradotto in latino propen deva per l’esclusione (cf. il prologo a Tobia
nella Vulgata). Dunque la testimonianza di A m brogio è importante, perché, oltre
a riferire un suo personale giudizio, attesta anche che questo libro era in uso
nella liturgia milanese (lecto p ro p h e tico lib ro ).
2 Troviamo Tobis anche in 2, 7 e 24, 93, mentre in tutti gli altri luoghi incontria
mo la form a più consueta Tobias.
3 Sul significato di digerere in A m brogio cf. PlZZOLATO, La dottrina esegetica...,
p. 137.
4 L’intenzione di A m brogio è dunque di offrire un com pendio schematico,
secondo il m etodo «retorico-didascalico», non dei fatti narrati nel libro sacro, ma
dei suoi significati m orali attualizzabili, in m odo che l'uditore (o il lettore) abbia
a disposizione «u n a specie di breviario morale, sul m odello dei manuali scolastici»
( P iz z o l a t o , La dottrina esegetica..., p. 287). In realtà questa prem essa non sarà
mantenuta, perché nel trattato si parla quasi esclusivamente del faenus e dei
faeneratores.
5 ex filiis captiuitatis: espressione tratta dal linguaggio biblico (cf. Esd 2, 1; Neh
7, 6).
200 DE TOBIA, 1, 3 - 2, 6
2.1 Questa è l'unica attestazione di alb u go con questo significato: cf. ThlL, s. u.
2 obsequium', nel senso di obsequiae, com e giustamente osserva L.M. ZUCKER,
S. A m b ro sii de Tobia. A Commentary, w ith an In tro d u c tio n and Translation, W ashing
ton 1933, ad loc.\ cf. anche BLAISE, D ictionnaire..., s. u.
3 Intendo honestas come «o n o re »: Tobia difendeva la sua onorabilità mante
nendo fede all'im pegno preso, di non accettare donativi la cui provenienza non
fosse chiara.
4 Qui p roxim u s significa parente. Il personaggio è Gabael: cf. Tob 4, 20, ove
non è specificato se fosse un parente di Tobia, m a lo si può dedurre da Tob. 6, 11.
202 DE TOBIA, 2, 6-8
uit filio non tam cupiens conm endatum rep oscere quam sollicitus
ne fraudaret heredem .
3. a Eccli 29, 10 s.
TOBIA, 3, 9-10 205
13. Quid uobis iniquius, qui nec sic capitis estis solutio
contenti? Quid uobis iniquius, qui pecuniam datis et uitam ob liga
tis et patrim onium ? A ccipitis aurum argentum que pro pignore
et adhuc illum d eb itorem dicitis qui uobis plus cred id it quam
accepit a uobis? Vos creditores adseritis, qui amplius debeatis,
uos inquam dicitis creditores, qui non hom ini, sed pignori cred id i
stis. B ene faenus appellatur, quod datis: ita uile ac faeneum est.
5. a Sap 2, 6-9.
b Ps 67 (68), 14.
TOBIA, 5, 17-19 213
c Prou 5, 15.
dCf. Prou 15, 17.
TOBIA, 5, 19-21 215
prestiti. Poi, una volta incappato nei debiti, d o vevo porvi rim edio
con m ie risorse. In casa c’erano vasi più piccoli. Sarebbe stato
m eglio se fosse m ancato il servizio invece del cibo, m eglio m ettere
in vendita una veste costosa che m ettere all’asta la lib ertà ? 1. À
che m i ha giovato Tesserm i vergogn ato di m ettere in pubblico la
m ia povertà? Ecco l’ha messa in pu bblico un altro. N on ho voluto
vendere i servi che m i hanno allevato, ecco un altro se li pren de».
22. Tardiva è questa riflessione. Sarebbe stato convenien
se allora ti fossi preoccupato per i tuoi beni, quando contraevi
dei debiti; allora si d oveva ricorrere ai ripari al m om ento d elle
p rim e ferite. Sarebbe stato m eglio dim inuire le spese all’inizio e
rim ediare con il rigore nella gestione fam iliare alla necessità di
ricorrere al debito, piuttosto che, d o p o esserti tem poraneam ente
arricchito con denaro altrui, essere poi spogliato anche dei p rop ri
beni.
6. 23. N oi ora accusiam o il deb itore perché si è com port
con imprudenza, m a niente è più iniquo d egli usurai che giudicano
com e guadagni le altrui disgrazie e ritengono una perdita tutto
ciò che è posseduto da altri Insidiano quelli che hanno di
recente ricevuto un’eredità, spiano i giovani ricchi attraverso i
lo ro amici, si uniscono a lo ro sim ulando am icizia paterna e di
vecchia data, cercano di conoscere i lo ro bisogni di fam iglia. Se
scoprono qualcosa, condannano la riservatezza, biasim ano il pu
dore, perché non si è avuto fiducia in loro e non si è fatto conto
su di loro; se invece non hanno tro va to il tranello di qualche
bisogno, inventano storie, dicon o che è in vendita un p odere
signorile, una casa grande, gonfiano la quantità dei prodotti,
esagerano la rendita annua, esortano ad acquistarlo. Si com p orta
no allo stesso m odo quando parlano di vesti preziose e di gioielli
pregiati. Se uno dice di non avere denaro offron o il loro dicendo:
«U salo, com e fosse tuo; con i p rod otti m oltiplicherai il prezzo
del possedim ento acquistato e pagherai il d e b ito ».
24. M etton o di fron te agli occhi dell'adolescente i fondi
altrui, per spogliarlo dei suoi; tendono le reti appena quello è
entrato n ello spazio cinto tutto intorno 2, lo prendon o nelle reti
d elle cauzioni, nei lacci d e ll’usura; vo glio n o ipotecare a p rop rio
favore la villa degli a v i 3, la tom ba del padre. Si fissa il giorno
del pagam ento, si ignora il contratto, quando il pagam ento può
essere effettuato. Appena lo hanno reso abbastanza sicuro di sé,
all'im provviso piom bano su di lui e gli stanno addosso con accani-
26. Quid fugis hom inem , quem poteras et non tim ere? Q
fugis aut quousque fugies? Si quis pulsauerit nocte, faeneratorem
putas: sub lectum ilico. Si quem subito intrare senseris, tu foras
exsilis. Canis latrat, et cor tuum palpitat, sudor effunditur, anheli
tus quatit, quaeris quid m entiaris ut faen eratorem differas, et,
cum dilationem inpetraueris, gaudes. Funere tuo simulat se faene
rator grauari, sed liben ter inpertit: quasi uenator, qui feram cin xe
rit, securus est praedae. Tu oscularis caput, am plecteris genua et
quasi ceruus sagittae toxico ictus paululum procedens tandem
uictus ueneno procum bis aut quasi piscis, qui fuscina fu erit in fi
xus, quocum que fu gerit uulnus uehit. Et u ere piscis ille in esca
m ortem deuorat, ille hamum gluttit, dum cibum quaerit, sed
cibo, ma non vede l’am o che è nascosto dalla preda: tu vedi l'am o
e lo inghiotti. Il tuo am o è il prestito d el creditore, d ivori l’am o
e il verm e ti rode continuam ente. È l’esca che trae in inganno.
E cosi anche a te il cib o del prestito non ti giova e l’am o ti ferisce.
0 non sai che chi una volta è preso in un cappio, se cerca di
fuggire, lo stringe egli stesso di più e chi è preso nelle reti, se
fugge, ancor di più le avviluppa su di sé? Tu fuggi nelle piazze,
perché non puoi essere sicuro dentro casa. L’usuraio ti trova
quando vuole. E cosi, quando scadrà il tem po, com e un lupo
irrom p e di notte, non ti lascia dorm ire, nel giorn o stabilito ti
trascina in pu bblico o ti costringe a sottoscrivere il contratto di
vendita. Per nascondere il disonore, subito sottoscrivi la vendita
della tom ba dei tuoi antenati M. Evidentem ente, per m ostrare un
certo rispetto p er la prop rietà d el padre 12, si acquista un terreno
arido, ci si vanta di aver venduto terreni infruttuosi, di aver
indotto il ven ditore a gravi perdite, e i guai del presente si
attribuiscono a perdite del passato. Dopo un p o ’ si vendono anche
1 possedim enti prim a lodati, e orm ai non si m ostrano più contrat
ti 13, ma catene.
27. M a al d ebitore che ancora cerca garanti è concessa u
tregua, non perché tro vi una preda 14 che gli procuri libertà, ma
perché coinvolga un com pagno di schiavitù che si associ allo
sventurato. Ma a che serve aggiungere la disgrazia di altri? Orm ai
anche gli am ici fuggono, i com m ensali non lo riconoscono: lui
anche sfugge lo sguardo di tutti, e com e il pugile cerca di evitare
i colpi degli a v v e rs a ri1S, cosi questi evita di incontrare le persone
tus, ubi in aliquem offen derit, uigilanti exit obtutu. R edit paratus
ad uincula, red it m ortem optans, cogitans eam sibi, si moraretur,
inferre. R edit m isere se ipse condemnans, quod alienam pecuniam
non refu gerit et faeneratoris se aere deuinxerit.
doveva sem brare non limpido, dal m om ento che erroneam ente vi leggeva xpT)o-roù
invece di fpr\aio\j. Insomma, se avesse avuto sotto gli occhi la lezione autentica,
avrebbe dovuto scrivere cred itoris uitat occursus e non h onestoru m uitat occursus.
In effetti, stando ai M aurini (cf. PG 29, 276, nota 55), la lezione ypTicToO ci è
attestata alm endo da un codice, m a è del tutto inattendibile nel contesto dell’om e
lia di Basilio, com e la com parsa delle «p erso n e rispettabili» (h on e storu m ) nel
contesto am brosiano ne indebolisce un po’ la coerenza.
16 V ir g il io , Aen. 5, 438 ocu lis uigilan tibu s exit; exam. 6, 8, 50 (C S E L 32, 1, p.
242, 19); off. 1, 10, 32 (S A E M O 13, p. 42).
17 Cf. B a s il io , PG 29, 277 A Q> -rcócouc; <xt:u)Xeo-e x à òX k óTpia à y a M !
18 Cf. ibid., 277 A B àXXà noXXoC, <pr|ai, x aì Èx SavEicja.aTiov EitXouxTiaav. IlXeiouq
SÉ, otpLai, xaì Ppóxwv ifyavTO. Xù Sè toùq nèv itXovnfjffavTa^ pXiitEu;, to ù q SÈ àitay!;a-
HÉvouq oùx àpu>p,EÌ<;, oi, ttiv èrti Tale; àna.iT(]<re<7i\> aìcrxuvTiv |xt) cpépovxEc;, to v Si’
àfxóvT|c; M v a to v toù èidoveiSuj-tox; £f)v •rcpoETipi.Tia'av.
19 II v e r b o oppetere è q u i u sato sen za il c o m p le m e n to o g g etto e sp re sso (m o r
tem )] cf. VIRGILIO, Aen. 1, 95 s. quis ante ora p a trum Troiae sub m oenibus altis co n tig it
oppetere', TACITO, Agr. 2, 24 oppetere n on senio, sed fame.
8.1 Parafrasi di B a s il io , PG 29, 277 B eISov èyw éXeeivòv 5Éap.a, icaìSat; iXtuMp
ùitèp fptCìM uaTpixùv IXxo|_LÉvouq eit; t ò 7tpa'CT|pt.ov. La corrispondenza è quasi
letterale, ma non escluderei che Am brogio, quando era consularis, o in seguito,
da vescovo, abbia avuto sotto gli occhi casi come quello qui descritto. È interessan
te notare che il m edesim o episodio è narrato in Nab. 5, 21 u idi ego pauperem
duci... deducere in a u ction em filio s suos. Ora, mentre l’utilizzazione dell’om elia di
Basilio con tra faeneratores è consueta nel De Tobia, nel De Nabuthae è eccezionale.
Questa constatazione non rende forse probabile l’ipotesi che Nab. 5, 21 contenga
una saltuaria reminiscenza di una trascorsa utilizzazione dell’om elia basiliana, che
il De Tobia, cioè, sia anteriore al De N abuthae?
226 DE TOBIA, 8, 29-31
nem peruenitur, ubi sors poscitur. H aec est faeneratoris inhum ani
tas, haec debitoris stultitia, ut filiis, quibus pecuniam non relin
quit, libertatem auferat, pro testam ento chirographum dim ittat,
pro em olu m ento hereditatis syngrapham obligationis. Quid sibi
uult paterni in liberos scriptura m aledicti, ubi nulla est im pii
offensa peccati? An potest durius aliquod esse m aledictum gra-
uiusque seruitium? Et illa saepe post m ortem habet defunctus
conpendia, quod non spectat m iserias filiorum .
2 hasta a gita tur: secondo la consuetudine rom ana nella vendita all’asta. Cf.
supra, H el. 8, 24 (in fine): hasta quaedam agitatur.
3 Traccia di queste riflessioni troviam o in B a s il io , PG 29, 277 B .
4 In 5, 19 (supra) A m brogio ha parlato del banchetto, come causa di debiti.
5 Lo stesso caso è immaginato in Nab. 5, 21 in u entum forte aliquem , q u i in illa
necessitate subueniret.
6 Insom m a il poveretto passa di venditore in venditore e il suo prezzo cresce
sempre.
7 Cioè il popolo infedele, com e è detto sopra.
228 DE TOBIA, 8, 31 - 9, 33
c Is 50, l.
9. a Mt 4, 9.
b Io 14, 30.
c Ps 68 (69), 5.
8 Per materia con questo significato cf. A g o s t in o , nat. et grat. 22, 24 materia
peccati.
9 Cf. B a s il io , PG 29, 269 B iJ^euSouq àpxT) t ò Savefl^Etrftat,- àxa.pia~ua.q acpopp-ri,
ày>jijj|j.oawnc;1 è m o p x ia ? .
9.1 II b r a n o quis... h um an um è citato d a AGOSTINO, c. l u i Pelag. l t 3, 10 (P L
646). L o stesso con cetto è sp ie g ato d a A m b r o g io in 23, 88 (in fra ).
2 II diavolo, usuraio di peccato, rende schiavo il peccatore, Cristo lo libera;
questo pensiero è più volte ripetuto da Am brogio; cf. epist. 1 (41), 7 (C S E L 82, 3,
p. 149); u irgin it. 126 (CAZZANIGA, p. 61, 1 ss.) eramus op p ign ora ti m alo cre d ito ri
peccatis; contra xim u s ch iro gra p h u m culpae, p oen a m sanguinis debebamus; uenit
dom in us lesus, suum p ro n ob is obtulit', ap. D a uid 1, 14, 63 (C S E L 32, 2, p. 344, 4 ss.).
3 H o creduto opportuno evidenziare come testo biblico (Gv 14, 30) anche
suum , sebbene ritenga che sia un'aggiunta di Am brogio. Infatti di suum non vi è
traccia nel testo greco né in alcun testimone della Vulgata o della Vetus Latina
(cf. W o r d s w o r t h - W h it e , cit. e A. JUl ic h e r , Itala, 4, Berlin 1963). A m brogio cita Gv
14, 30 alm eno altre otto volte senza suum-, solo in bon. m ort. 5, 16 (C S E L 32, 2, p.
717, 22 s.) su um com pare, m a in una parafrasi di tale versetto. Penso si possa
afferm are che qui, come in bon. m ort., sia stato aggiunto suum perché cosi, e solo
cosi, la citazione di Gv 14, 30 poteva ben adattarsi al contesto ambrosiano. È
interessante notare anche che in fug. saec. 4, 23-24 (C S E L 32, 2, p. 183, 2 e 12 ss.)
A m brogio discute due diverse lezioni (a prescindere da su um ) di Gv 14, 30. Dopo
aver spiegato in me in u e n it n ih il, aggiunge: aut si sic quem adm od um ple riq u e habent:
« non in u e n it in me n ih ih . La differenza sta nella doppia negazione, che ritroviamo
in questo passo del De Tobia. M a in fug. saec. Am brogio dà un'interpretazione
singolare, perché intende: «in me non trova il nulla». Infatti spiega: n on in u eniet
in m e m alitiam , quia m alitia n ih il est. Anche se — relativamente alla tradizione
manoscritta di questo luogo del De Tobia — solo P conserva la doppia negazione,
si può dunque essere sicuri sull’autenticità di tale lezione, che, peraltro, è conforta
ta dal testo greco (oùx è'xei oùSév) e ci risulta anche altrimenti attestata per la
Vetus Latina (cf. WORDSWORTH-WHITE e JULICHER 4).
230 DE TOBIA, 9 ,3 4 - 10, 36
4 L’espressione caput ob lig a t è giuridica, com e osserva Zucker. Cf. ThlL 3, 416,
38, dove è citato anche questo luogo di Am brogio.
5 illa: riferito al termine più lontano nel tempo, non in questo contesto,
viceversa haec.
6 L a m e d e sim a citazion e d i Is 5, 20 si tro v a in B a s il io , P G 29 280 A, m a in un
a ltro contesto.
7 Z u c k e r , ad. loc., nota un’eco di L u c r e z io , 1, 938 p riu s oras p ocu la circu m
co n tin g u n t m ellis d u lci flau oque liquore.
8 Un gioco di parole fidelis... incredulus... fidelis, che rende contorto il pensiero
di Am brogio. Vivacissime descrizioni di questo atteggiamento dell’usuraio si trova
no in 3, 10-11 e 6, 23 (supra).
IO.1 Si notino i giochi di parole, assonanze, ripetizioni: funus... faenus, m ortem
sortem, personat personat, funebrem... faenebris.
232 DE TOBIA, 10, 36-37
2 Questo discorso diretto potrebbe non essere del tutto fittizio, anche se il
tono ironico risponde bene alle esigenze oratorie del momento. N o n è probabile
che A m brogio rievochi una sentenza da lui stesso pronunziata quando era ancora
consu la ris in Milano; è però possibile che si riferisca all'esercizio d e ll'episcopalis
a udien tia: cf. C. ESMEIN, Débiteurs p rivés de sépulture, in M élanges d’h istoire du d roit
et de la critiqu e, Paris 1886, pp. 253-258; G. G a u d e m e t , L'église dans l'em pire R om a in
(IV -V s.), Paris 1958, pp. 230-240; V. WASEY, S a in t Ambrose's M ir r o r fo r Judges, «The
Judges», 39 (1979), pp. 438 s. La pratica legale del sequestro del cadavere del
debitore non è di origine rom ana; la troviamo documentata solo nel Basso Im pero
(cf. L. A r u , S u l sequestro del cadavere del debitore in d iritto rom an o, in «S tu d i in
m em oria di A. A lbertoni», 1, Padova 1936, p. 293). Oltre che in questo passo di
Am brogio, ci è attestata in una costituzione dell’im peratore Giustino: cod. Iust. 9,
19, 6 cu m sit in iu stu m et nostris a lien u m tem p orib u s in iu ria m fieri reliq u iis defuncto-
ru m ab his, q u i debitorem sib i esse m o rtu u m dicendo debitum que exigendo sepulturam
eius im pediunt, ne in posteru m eadem in iu ria p roced eret cogendis his ad quos funus
m o rtu i pertinet sua iura perdere, ea quidem , quae m o rtu o p osito ante sepulturam
eius facta fu e rin t uel exigendo q u o d debitum esse d icitu r uel confessiones aliquas aut
fideiussorem ut p ig n ora capiendo, penitus a m p u tari praecipim us... (a. 526). Questa
costituzione non dovette trovare com pleta applicazione se lo stesso Giustiniano
rinnovò la proibizione in N ou . 60, c. 1, § 1 (a. 537) e N ou . 115, c. 5, § 1 (a. 542). Si
ritiene che nel periodo classico la pratica del sequestro del cadavere fosse punita
dalla lex Iu lia de u i priu a ta (cf. Sent. Paul. 5, 26, 3: lege Iu lia de ui priu a ta tenetur...
q u i fu n era ri sepeliriue a liq u em p roh ib u erit, funusue erip u erit turbauerit...), anche se
non menziona il caso di un defunto debitore. Il diritto riconosciuto dalle X II
tavole ( tab. 3, 6) ai creditori di spartirsi il cadavere del debitore non è assimilabile
al diritto del sequestro. Nel Basso Im pero questa pratica dovette essere importata
dalla Germ ania o dalla Gallia, dove era am m essa e rimase in vigore fino al tardo
m edioevo (cf. L. A r u ,ibid., pp. 297, n. 14; 302).
3 Non c'è contraddizione fra questo inciso e l'affermazione all'inizio del prece
dente § 36, perché qui A m brogio riferisce, senza garantire personalmente l'autenti
cità dell'informazione (d icu n tu r), che altrove (presso i barbari?) si accettano come
pegni anche i cadaveri; sopra invece aveva dato per certa (q u otiens u id i) la pratica
del sequestro del cadavere del debitore da parte del creditore.
234 DE TOBIA, 11,38-39
11. 38. Ascoltate un altro esem pio non m eno grave. Cos
osservano i gruppi di giocatori di dadi e giudicano la sventura
di chi perde propria fortuna. Garantiscono per ciascuno. Dappri
ma la sorte illude con risultati alterni ', spesso la vittoria passa
dall'uno all’altro e i suoi guadagni e le preoccupazioni si scambia
no a vicenda. Tutti p erd on o e vincono, l’usuraio è il solo che
guadagna: per gli altri è gloria vana l’a ver vinto, solo all’usuraio
va il frutto, non di un anno, m a di un m om ento: solo lo ro si
arricchiscono a danno di tutti, solo p er loro c'è il profitto della
vittoria. Puoi ved ere gli altri all’im provviso poveri, d'un tratto
ricchi, poi nudi, mutare la lo ro situazione ad ogni lancio di dadi.
La loro vita infatti si getta com e un dado, il patrim onio rotola
sul tavolo, si gioca sul rischio e si rischia sul gioco; quante poste
tante confische. C lam ore di chi applaude, pianto dei rovinati,
lam ento di chi si dispera. Siede fra questi il creditore com e un
tiranno, condannando ognuno alla pena capitale, bandisce le aste,
dà inizio ad una ferale vendita all’incanto delle spoglie dei singoli.
Destina alcuni alla confisca, altri alla schiavitù: non cosi num erosi
sono stati uccisi sotto i tiranni. Sarebbe più giusto dire che cosi
si gioca la vita non il denaro; in un istante si decide ciò che varrà
p er sempre. Giudica l’ebbrezza e nessuno può appellarsi. Anche
il g ioco dei dadi ha le sue leggi, che la giustizia del fo ro non può
annullare. È bollato d ’infam ia — in credib ile! — chi ha pensato
di tirarsi in d ietro e l’opin ion e di persone infam i marchia d ’ob b ro
b rio più gravem ente che non la condanna di un tribunale, perché
quelli che sono condannati da un giudice, presso costoro sono
degni d ’onore, quelli che sono da lo ro condannati, sono colp evoli
anche di fron te al giudice. M osè istituì il celeb re tribunale degli
anziani: questi tuttavia giudicavano i reati più leggeri ed erano
soliti riservare al giudizio di M osè le sentenze di più grave m om en
to, cioè sulle questioni di m aggiore im portanza. Qui si dice: « I l
consesso dei giocatori d ’azzardo ha d eciso», e si ha più paura
della loro forza che di quella dei leoni. Tu, o usuraio, vivi ed
eserciti il tuo m estiere fra queste belve, a queste belve contendi
il cibo, sei giudicato più tetro di loro, più di loro sei tem uto
perché più crudele.
39. Si dice che i p o p oli d egli Unni fanno guerra a tutte le
nazioni, ma sono asserviti agli usurai, e, viven d o senza leggi,
obbediscono solo alle leggi del gioco, giocano in assetto di guerra,
portano i dadi e insiem e le arm i e soccom bono più num erosi
p er i p rop ri lanci che p er i colpi del nem ico 2; pur vin cen do in
guerra sono fatti prigion ieri e patiscono d’essere spogliati dalla
propria gente, m entre non p erm ettereb b ero di esserlo dal nemico.
N on sm ettono m ai di v o le r com battere, perché chi è vinto al
g ioco dei dadi, avendo perduto ogni p roven to ottenuto dal bottino
di guerra, cerca nel rischio della guerra ricchezze da giocare, e
11.1 uarios... euentus: cf. VIRGILIO, Aen. 10, 160 euentus b e lli uarios.
2 La ‘concinnitas’ dell’espressione nel testo latino poggia sull'ambivalenza di
iactus (lancio di dadi e colpo d ’arma).
236 DE TOBIA, 11, 39 - 12,41
41, 4 ut Sch.
TOBIA, 1 1 ,3 9 - 12,41 237
ligat, solo capite interficit: saluo capite, etiamsi reliqua pars eius
dilapidata fuerit, reuiuiscit.
42. Diuersa quoque serpentibus sunt conueniendi et par
riendi tem pora, pecunia faenebris a die initae conuentionis cre
scentibus serpit usuris, quae parturire non nouit, quia d olores
magis in alios ipsa transfundit. Ib i dolores sicut parturientis b. Vnde
etiam TÓxouq Graeci usuras appellauerunt eo quod dolores partus
animae debitoris excitare uideantur. Veniunt calendae, parit sors
centesim am : ueniunt m enses singuli, generantur usurae m alorum
parentum m ala proles. H aec est generatio uiperarum c. Creuit
centesim a: petitur, non soluitur: adplicatur ad sortem . Fit m aledic
tum propheticum dolus in dolo d, usura inprobi sem inis fetura
deterior. Itaque non iam centesim a incipit esse, sed summa, hoc
est non faenoris centesim a, sed faenus centesim ae.
s Per la terza volta in questo paragrafo troviam o un’eco virgiliana; cf. VIRGILIO,
Aen. 2, 217 spirisque ligan t ingentibus.
6 Com e caput («te sta » e «c a p ita le ») anche il verbo dilapidare è qui usato con
la doppia valenza semantica: «co lpire con pietre» con riferimento al serpente, e
«d ila p id a re » con riferim ento al denaro prestato.
7 Com e osserva L.M. Zucker si allude alla credenza popolare secondo cui i
serpenti possono rigenerare il corpo che sia stato fatto a pezzi, purché salvino la
testa; cf. anche exp. ps. 118 20, 2 (C S E L 62, p. 445, 19 ss.) fertu r coluber, cu m u rgetur
p ericu lo, caput sem per abscondere et in orb em se collig en s obiecta reliqua parte
co rp o ris h oc solum tueri, q u o d inlisa fera tu r m em bra cetera saluo capitis uigore
reparare. Tale credenza è fatta risalire al mito dell’Idra Lernea dalle cento teste,
di cui una era creduta immortale, mentre le altre anche se tagliate ricrescevano.
8 magis: com e spesso in A m brogio va inteso nel senso di potius. Con questo
avverbio si sottolinea che la similitudine fra il denaro prestato e il serpente non
è perfetta, in quanto, mentre il serpente partorisce da sé la prole, il prestito fa
sopportare al debitore i dolori del parto, cioè il peso del pagam ento degli interessi.
9 Di due possibili derivazioni della parola xóxot; indicate da Basilio, Am brogio
segue la seconda; cf. B asilio, PG 29, 273 C tì -zàya. xóxoq XéyETai, 8ià l à q ùSZvaq
x aì Xunaq, aq Èp/rcoiEÌv ta l? i^uxaiq t ù v 8avet,(ra|jiva>v racpuxEv. Si vedano in proposito
le osservazioni di S. Giet, De saint Basile à saint Ambroise..., p. 115.
10 Cf. B a s il io , PG 29, 273 C tóxo<; etcì -tóx<*), tcovtjpùv yovéuv novripòv Exyovov.
11 La medesim a citazione di Ier 9, 6 in B a s il io , PG 29, 265 B .
12 La mia interpretazione corrisponde a quella di Zucker, mentre si differenzia
da quella di M. Giaccherò. Il senso dell’espressione in p ro b i sem inis fetura deterior
risulterà più chiaro dal confronto con una frase assai simile di H el. 5, 12 pessimae
generatricis partus deterior.
13.1 Una spiegazione di questa frase è data in una nota dei M aurini (cf
14, 813 D). A m brogio accenna al suono lugubre della prim a lettera u della parola
usura scritta in cima alla tavoletta cerata su cui era steso il contratto che regolava
il prestito (o si tratta, forse, della tavoletta su cui venivano registrati gli interessi?).
2 N e ll’edizione di Schenkl il passo è cosi interpunto: ... sonat. P a rtu rit u ox
d o lo ris est. Il verbo p a rtu rit non connesso con la frase precedente, con funzione,
p er di più, di soggetto, lascia perplessi. Né mi è parsa accettabile la traduzione
della Giaccherò — peraltro l'unica possibile — da quel testo cosi interpunto:
240 DE TOBIA, 13,43-44
r 6 Cf. ibid., 276 A t ù v i^iótov x à xaxù xixxovxa xaxù tou yevv?ìv irauexou- x à 8è
XpTip,aTa, xaxEwxv X,ap,Pavovxa toC T^Xeovac^ioG tq v àp‘/x]v, (Ìté/vEctov ÉiriSéxExai tt)v
d q t ò tcXeiov 7Cpo<ri)r)XT)v. Tàiv aù!;avo|jivcov Exatnov, ÈTOiSàv Ttpòt; tò oÌxeìov àcpi-
XT)xai p,EYE0oq, xf]q aij^T)CEuc icTaTai' t ò Sè tójv tt/.eovextòjv àpyupiov t<J> xpóvy
TtavTi. aunitapauijETOU,. T a ^ùa, mapaSóvTa to ù ; iyyóvoLC tò tlxteiv, aÙTà xfjq xueceojc;
■rcauETca- Tà Se t ù v SavEitrtòiv àpyùpia x aì x à ÉmYivó|j£va tixtei, xaì Tà àpxaìa vEa^ei.
1 Questo luogo non è lim pido e la ragione ci è svelata da Giet, De saint Basile
à saint Ambroise..., pp. 114 s., che ha notato che Am brogio, attingendo al passo di
Basilio sopra citato (cf. nota precedente): xaì Ta ÉraYivónEva tlxtel xaì Tà àpxaìa
VEa^Et, ne ha travisato il significato (non ha colto l’opposizione ETtLyivó|j^va/àpxaìa),
perché ha inteso àpxaìa non nel senso specifico tecnico di «capitale», ma in quello
generale ed ha reso questa parola con uetustatem. N on ci si m eravigli troppo:
nella versione latina a fronte del testo greco in PG 29, 275 A xaì t ò àpxaìa vedrei
è tradotto: et ueteres renouantur.
14.1 Con questo paragrafo inizia la seconda parte del trattato e, se si acce
la mia ipotesi (cf. In tro d u zio n e, pp. 30 s.), il secondo sermone. Com e ho osservato
ne\ì'Introdu zione (p. 32), i §§ 57-70 risulteranno più chiari se si terrà presente che
i principali destinatari di questa parte sono gli Ebrei.
244 DE TOBIA, 14, 46-48
inplere c? Quam dom inus non soluit uos soluitis! « V su ram » inquit
«p e te re suffocare est». H oc quoque foris sero est dictum a quibus
dam eorum prudentibus: Quid est faenerare? H om inem inquit
occidere. Sed utique non Cato p rio r quam Moyses, qui legem
accepit. M ulto ille posterior.
c Mt 5, 17.
d Ex 22, 25 (26).
e Cf. Eph 4, 26.
f Cf. M al 4, 2.
g Cf. Io 13, 2.
h Cf. Io 13, 30.
i Cf. M al 4, 2.
1 Cf. Io 13, 25.
mCf. Io 13, 27.
" Ex 22, 26 (27).
0 Deut 23, 19 s.
TOBIA, 14,46-48 245
2 foris\ nel senso di «fu o ri della Chiesa», cf. B l a is e , Dictionnaire..., s. u., che
cita tra l'altro Vulg., 1 C o r 5, 12 q u id m ih i de iis, q u i foris sunt?
1 C ic e ro n e , off. 2, 89, d o v e si rife risc e l'o p in io n e di C atone.
4 Ricom pare qui una teoria tante volte espressa anche da Am brogio: la sapienza
della Sacra Scrittura è anteriore alla sapienza pagana, perciò è di li che i sapienti
hanno tratto le loro verità (cf. G. M a d e c , Saint A m b roise et la ph ilosoph ie, Paris
1974, p. 93, note 388 e 399).
s La frase di san Paolo (E ph 4, 26 sol n on occid at supra iracundiam uestram)
non subisce solo un adattamento verbale, m a assume un significato allegorico
alieno al contesto paolino.
6 n o x inruit'. cf. VIRGILIO, Aen. 2, 250.
7 Più oltre, in 15, 51 A m brogio preciserà chi deve essere considerato fratello:
quelli che professano la m edesim a fede e quelli che sono cittadini romani.
8 È in teressante o s se rv a re c o m e a n ch e q u i la n ota c o n cezio n e so ciale a m b ro s ia
n a e sp re ssa n ella fo rm u la om n ia habere co m m u n ia sia c o n n e ssa con u n con cetto
filo so fico a n c h ’e sso fre q u e n te in A m b r o g io : consors naturae, al q u a le in q u esto
c a so si a g g iu n g e u n 'id e a te o lo g ic a: coheres gratiae. M o lto sim ilm en te in Nab. 1, 2
c u r eicitis consortem naturae...? In co m m u n e om n ib u s terra fundata est. P e r u n 'a p p r o
fo n d ita an alisi di consors naturae, si v e d a M . PoiRIER, "C onsors naturae’’..., pp.
325-335, partic. p e r q u esto lu o g o p. 327, e B . M a e s , La lo i naturelle..., p. 25, n o ta 33.
246 DE TOBIA, 14, 48-50
exigere amplius a quo durum est rep etere quod dederis, nisi cum
habuerit unde dissoluat.
49. Et quia pleriqu e refugientes praecepta legis, cum dede
rint pecuniam negotiatoribus, non in pecunia usuras exigunt, sed
de m ercibus eoru m tam quam usurarum em olum enta percipiunt,
ideo audiant quid lex dicat: Neque usuram inquit escarum accipies
neque om n iu m rerum, quascumque faeneraueris fratri tuo. Fraus
enim ista et circum scriptio est legis, non custodia. Et putas te
pie facere, quia a n egotiatore uelut mutuum suscipis? Inde ille
fraudem facit in m ercium pretio, unde tibi soluit usuram. Fraudis
illius tu auctor, tu particeps, tibi p roficit quidquid ille fraudauerit.
Et esca usura est et uestis usura est et quodcum que sorti accedit
usura est. Quod uelis ei nom en inponas, usura est. Si licitum est,
cur uocabulum refugis, cur uelamen obtexis? Si inlicitum, cur
increm entum requiris?
I
50. Quod peius est, hoc uitium plurim orum est et m axim e
diuitum, quibus hoc nom ine instruuntur cellaria. Si quis instau
randum conuiuium putat, ad negotiatorem mittit, ut absentiati
cupellam sibi gratis deferat: ad cauponem dirigit, ut Picenum
uinum aut Tyriacum requirat, ad lanium, ut uuluam sibi procuret,
ad alium, ut pom a adornet. Itaque hum anitatem iudicant quae
alieno constant periculo. Tu bibis et alius difflu it lacrimis, tu
epularis et alios cibo tuo strangulas, tu sym phonia delectaris et
alius m iserabili deplorat ululatu, tu pom a degustas et alius spinam
uorat. N u m quid colligu n t de spinis uuas aut de tribulis ficus??.
Spina usura est, spina centesim a est, tribulus faenus est, m ale
urit. Q u om odo ergo potes fructum habere de spinis? Si iste fructus
de spinis non nascitur, ille nascetur aeternus? De aerumnis ditaris.
p Mt 7, 16.
dal quale è già d ifficile riavere q u ello che hai dato, se non quando
possegga i m ezzi per pagare.
49. E poiché m olti, sfuggendo ai precetti della Legge, danno
denaro ai m ercanti e non esigono gli interessi in denaro, ma
ricevon o in m erce una sorta di pagam ento di interessi, perciò
ascoltino ciò che dice la Legge: N on prenderai — dice — gli
interessi sul cibo né su tutte quelle cose che tu presterai al tuo
fratello. Questa infatti è una frod e e un raggiro della Legge, non
osservanza. E credi di agire piam ente, perché ricevi dal m ercante
una sorta di contraccam bio? Per questo egli froda nel prezzo
d elle m erci, per avere di che pagarti gli in teres si9. Tu sei la causa
della sua frode, tu sei corresponsabile, è tuo profitto tutto quello
che lui ha frodato. Anche il cib o è interesse, anche la veste è
interesse e qualsiasi cosa si aggiunga al capitale prestato è interes
se. Com unque li chiami, sono interessi. Se si tratta di una cosa
lecita, perché eviti la parola, perché la copri con un velo? Se si
tratta di una cosa illecita, perché ricerchi un profitto?
50. Quel che è peggio, questo è un vizio di m olti e soprattutto
dei ricchi che cosi riforniscon o le loro dispense. Se qualcuno
pensa di preparare un banchetto, manda dal com m erciante per
ché gli dia gratuitam ente un vasetto d'assenzio: si rivolge all'oste
per avere un vin o del Piceno o di T iro 10, al m acellaio per procurar
si una m atrice n, ad un altro perché gli procuri della frutta 12. E
cosi giudicano cortesia ciò che è di danno p er gli altri. Tu bevi
e un altro si scioglie in lacrim e, tu banchetti e col tuo cib o
strangoli gli altri, tu ti diletti di musica e un altro piange gridando
m iserevolm ente, tu gusti la frutta e un altro trangugia una spina.
S i raccoglie forse uva dalle spine o fich i dai tr ib o li? 13. Spina è
l ’usura, spina è la centesim a, il trib olo è il prestito, procura
bru ciori che fanno male. C om e dunque si può avere un frutto
dalle spine? Se questo fru tto terren o non nasce dalle spine, da
esse nascerà quello eterno? T i arricchisci sulle sventure, cerchi
15. 51. Sed forte dicas quia scriptum est: Alienigenae faen
bis a et non consideras quid euangelium dicat, quod est plenius.
Sed hoc interim sequestremus: legis ipsius uerba considera. Fratri
tuo non faenerabis inquit ad usuram; alienigenam exiges b. Quis
erat tunc alienigena nisi Am alech, nisi Am orraeus, nisi hostis c?
Ibi, inquit, usuram exige. Cui m erito n ocere desideras, cui iure
inferuntur arma, huic legitim e indicuntur usurae. Quem b ello
non potes facile uincere, de hoc cito te potes centesim a uindicare.
Ab hoc usuram exige quem non sit crim en occidere. Sine ferro
dim icat qui usuram flagitat, sine glad io se de hoste ulciscitur qui
fuerit usurarius exactor inim ici. Ergo ubi ius belli, ibi etiam ius
usurae. Frater autem tuus omnis, fid ei prim um, deinde Rom ani
iuris est populus: Narrabo nom en tuum fratribus meis, in medio
ecclesiae laudabo te d.
q Lc 6, 24.
15. a Deut 23, 20.
b Deut 23, 19 s.
c Cf. Deut 25, 17; 31, 4.
d Ps 21 (22), 23.
e Leu 25, 36 et 37.
f Ps 14 (15), 1 et 5.
g Cf. Ez 18, 7.
TOBIA, 14,50 - 15, 52 249
53. Cur sem per tristes, cur sem per amarissimi, cur sem
solliciti? Procedat aliquando a uobis m isericordia, procedat ueri-
tas: ablegetur m endacium , fraus o d io sit. Docuistis periurium .
Faeneratorium sacram entum dicitur, ubi paratur periurium . Peie-
ratis frequenter, cum reddita fuerit pecunia, quod syngrapha non
appareat, peieratis postea quod non receperitis pecuniam. N olite
ergo sem per m iseri esse, sem per auari, sem per maesti. Leones
sunt et feritatem suam mutant. De manducante inquit exiuit esca
et de forte et tristi exiuit dulce '. Graecus et tristi habet; sic inueni-
mus. Tamen de forte hoc intellegitur, quia leo fortis est feritate
et qui ferus tristis. Et de uobis, qui pecuniam et auaritiam deuora-
tis, exeat m isericordia — haec enim esca est egenorum — et de
hEz 18, 9.
i Ez 18, 12 s.
1 Iudic 14, 14.
tristi exeat dulce, ut dim ittatis ei qui non habet unde dissoluat.
Quid trahitis peccata ut fune longo et ut iugi loro uitulae m? Quod
fit utique, cum faenus producitis, tenetis pauperem debitorem .
Vel ibi sit aliqua gratia, ubi nulla spes com m odi. Et hoc secundum
uestram auaritiam loquor.
mIs 5, 18.
16. a Lc 6, 34-36.
t o b ia , 15,53 - 16, 55 253
il deb ito che egli non può pagare. Perché trascinate i peccati com e
con una fune lunga e com e la correggia del giogo di una vitella 10?
Questo accade quando tirate in lungo il prestito, quando tenete
in vostro p otere il p o vero com e d eb itore n . A lm eno vi sia un p o ’
di m isericordia, d o ve non vi è alcuna speranza di guadagno. E
dico questo tenendo conto della vostra avidità.
16. 54. Del resto il Signore nel Vangelo dice che biso
piuttosto dare in prestito a co lo ro dai quali non si ha speranza
che restituiscano. Cosi infatti dice: E se avete prestato a colo ro
dai quali sperate di riavere, che m erito ne avete? Infatti i peccatori
prestano ai peccatori p e r riavere. Ma amate i vostri nem ici e fate
del bene e date in prestito senza sperare nulla, e la vostra ricompensa
sarà grande nel cielo e sarete fig li dell'Altissimo, perché egli è
benevolo sugli ingrati e i cattivi. Siate m isericordiosi, com e anche
il Padre vostro è m isericordioso. Fate attenzione al nom e che
l’usuraio ha ricevu to dal Signore, anche al nom e che ha ricevuto
colui che è rim asto vin colato dal vostro prestito. / peccatori —
dice — prestano ai peccatori, per riavere. Entram bi peccatori, sia
l’usuraio che il debitore. Voi invece amate — dice — i vostri nemici.
N on discutete che cosa m eritano i vostri nemici, ma che cosa
d ovete fare voi. Date in prestito a co loro dai quali non sperate
di riavere q u ello che è stato dato 1: qui non c’è alcuna perdita,
ma profitto. Date pochissim o, riceverete m olto. Date sulla terra
e sarete ripagati nel cielo: p erd ete ciò che avete prestato, ma
riceverete una grande ricom pensa 2. Sm ettete di essere usurai,
sarete figli d e ll’Altissim o. Sarete m isericordiosi, vo i che vi con fer
m erete ered i d e ll’eterno Padre.
55. Ma vi piacciono le parole «u su ra io » ed «in tere sse ».
concedo anche questo. V i insegnerò com e potete essere buoni
usurai, com e cercare buoni interessi. Dice Salom one: Presta al
Signore co lu i che ha pietà del povero 3, e secondo quanto ha dato,
lo ricompenserà. Ecco, da cattivo il prestito è diventato buono.
17. 57. R edd ite erg o pignora, quae tenetis, quoniam fide
sorem idoneum repperistis. Sed obm urm urant adhuc dicentes
quia licet tenere pignora et se lege defendunt. Aiunt enim : «S c rip
tum in D euteronom io: S i debitum fuerit tibi a proxim o tuo quod-
cumque, non introibis in dom um ipsius pignorare pignus, sed foris
stabis, et hom o aput quem est dèbitum tuum proferet tibi foris pignus.
S i autem hom o ille pauper fuerit, non dormies in pignore ipsius,
sed redditione reddes ei pignus ipsius ad occasum solis, et dorm iet
in uestimento suo et benedicet te et erit in te m isericordia coram
dom ino deo tuo a. Et alibi, inquiunt, scriptum est: N o n pignorabis
m olam neque lapidem superiorem molae, quoniam ( animam) hic
60. Quid ergo faen eret dic m ihi, sancte Dauid! Contra m
protuli testim onium , nisi m ihi subuenis. Petrus dicebat: Argentum
et aurum non habeo e: num quid non erat iustus? Tu m ihi ergo
expone quid faeneret iustus. Itaque dum te lego, de te requiro,
exponis m ihi quid faeneret. Dixisti enim : Beatus u ir qu i m iseretur
et commodat, disponet sermones suos in iud icio f. Inueni quid faen e
rat iustus. Petrus quoque m e doceat et ipse quid faeneret, qui
dixit inopi adtendenti ad se et ad Iohannem : Argentum et aurum
non habeo. N ihil ergo dabis pauperi, apostole? Das tam en et plus
das quam alii, das in op i quod alii donare non possunt, das inopi
post quod egere non possit, das in op i quod etiam diuites accipere
concupiscunt, das inopi quod hi qui istud argentum et aurum
habent con ferre non nouerint, quia auaritia eos inpedit, das inopi,
qui eum diuitibus facias ditiorem . Incitasti anim um meum, concu
pisco hoc donum tuum. Dic cito, rogo, quid des. N o li m e diu
suspensum reddere; cupio petere si cito soluas. Sed soluisti cito:
non distulisti inopem , non despexisti precem pauperis, non diu
tius eum desperare fecisti, non uacuus ad tem plum ascendisti
dicens: Argentum et aurum non habeo. N on illi soli plenis manibus
ascendunt qui aurum et argentum habent: ascendit et pauper
non uacuus, ascendit et ille non uacuus qui aurum et argentum
non habuit. Audiamus quid det iste pauper. Sed quod habeo inquit
do tibi. In nom ine Iesu Nazaraei surge et ambula s. O optanda
paupertas, o d itior inopia! Claudicabat cui diuites dabant: unus
pauper dedit, et statim qui claudus erat sanus est factus.
c Ps 36 (37), 21.
d Mt 19, 23.
^ Act 3, 6.
f Ps 111 (112), 5.
g Act 3, 6.
l’argento del giusto; infatti le parole del Signore sono parole caste,
sono argento passato al fuoco, purificato dalla terra, raffinato sette
volte. Questo dà in prestito chi accoglie la Legge, chi m edita la
Legge, chi m ette in pratica la Legge: questo ha dato in prestito
Pietro, questo ha prestato Paolo. Ai quali è d etto di andare dagli
uom ini pagani, a P ietro dal centurione C ornelio; a lui è detto:
Alzati e va' senza avere alcun dubbio, perché io li ho mandati. E si
alzò e andò. E più oltre disse: Possiamo forse negare l'acqua,
affinché non siano battezzati questi che hanno ricevuto lo Spirito
Santo? E com andò che fossero battezzati, cioè: Darai in prestito ai
pagani, p er rim ettere i peccati, estinguere i debiti, ma tu non
prenderai in prestito; infatti il peccatore prende in prestito e non
pagherà p er i suoi peccati, perché è peccatore. A Paolo è detto:
Darai in prestito ai pagani, lui che fu m andato ai pagani, a Giovanni
è detto: Darai in prestito ai pagani, a G iacom o è detto: Darai in
prestito ai p a g a n i 6 * * * ai quali fu detto: Andate, battezzate i pagani.
62. Al p o p o lo dei padri è detto: «S e osserverai i comand
menti, sarai ben ed etto e darai in prestito ai pagani la p a rola ».
Infatti ciò che segue m ostra che non si riferisce al denaro: Sarai
capo di m olti p o p o li: tu invece non sarai dom inato da alcuno. I l
Signore D io tuo ti metterà in testa e non in coda, e allora sarai
sopra e non sotto, se esaudirete la voce del Signore D io vostro. E
prosegue: Ma se non la ascolterete, tu sarai maledetto in città e
sarai maledetto in campagna. E più oltre: Maledetta la tua discen
denza. Certam ente non il denaro rende benedetti, ma la conoscen
za di Dio, la predicazione della parola, se darem o in prestito la
grazia del Signore, se p o rterem o ai bisognosi le parole del Signore,
se osserverem o i com andam enti celesti. Al contrario non rende
m aledetti la mancanza di denaro da prestare; ma se manca lo
zelo, se manca l'osservanza dei precetti celesti, sarai m aledetto.
19. 63. E cosi è chiaram ente espresso il m istero della C
sa *. Innanzi tutto infatti ha d etto al discepolo della L egge: «S e
ascolterai la L egge e la osserverai, darai in prestito ai pagani».
Questo è stato fatto dai nostri padri. M osè ha dato in prestito ai
pagani, facendo proseliti, d ied ero in prestito Giosuè, G edeone,
Samuele, Davide, Salom one, Elia, Eliseo, e se qualcuno voleva
conoscere la parola, andava da loro: la regina del sud venne ad
ascoltare la sapienza di Salom one.
65, 7 ut Sch.
12 quadratam ecL Am erb. quadrata codd.
TOBIA, 19, 64-65 263
6 Qui, ancor più sorprendentem ente che sopra (cf. nota 3), gli editori hanno
sem pre rinviato a Cant 7, 13 (14), mentre non vi è du bbio che si tratti di un'eco
di Mt 13, 52.
7 in d ige: Schenkl accetta la lezione tràdita indiga', Zucker la traduce con «thè
needs», intendendola com e neutro plurale sostantivato, m a non sem bra esserne
sicuro, perché innanzi tutto avverte che i lessici non danno alcun esempio di
questo uso di indigus, poi, contrariam ente al solito, segnala la ‘uaria lectio' indicta
(che non ritengo considerevole, perché è dei codici 'descripti'), infine cita, senza
pronunciarsi, la nota dei M aurini in cui si spiega indiga come femminile singolare,
d a intendere riferito a un termine non espresso, come synagoga o Iudaea. Come
luogo simile Zucker cita exp. ps. 118 6, 25 (C S E L 62, p. 121, 7) tu nc om n ia erant
flo ru m indigua nuda u irtu tu m ; accanto a questo segnalerei anche expl. ps. 39 27
(C S E L 64, p. 230, 2) reliqua plana et facilia nec indiga interpretationis, ma solo per
mostrare che il senso ovvio di indigus in questi due luoghi non è applicabile al
nostro contesto. Il T hlL 7.1, 1195, 22 s., che registra questo luogo di Am brogio,
rinvia a Zucker, senza offrire alcun altro esem pio che conforti quell’interpretazione.
La libera traduzione della Giaccherò evita una precisa interpretazione di indiga.
La mia conclusione è che tale lezione non è sostenibile; pertanto ho proposto
l'emendazione indige.
8 Ormai A m brogio non ha più come interlocutori gli usurai ebrei, ma più in
generale il popolo ebreo; con la citazione di Rom 10, 4 tocca un punto cruciale
della controversia teologica fra cristiani ed Ebrei.
20.1 L’espressione è da ricollegare a 18, 59 (supra), dove A m brogio ave
program m ato di trattare prim a del prestito spirituale e poi del pegno spirituale.
266 DE TOBIA, 20, 67-70
prim a del tram onto. Quale esso sia, ascolta l’A postolo che dice:
D io c i ha dato com e pegno lo S pirito nei nostri cuori. Ma lo si può
chiam are con tre term ini: pegno, affidam ento, deposito. Chiama
no pegno ciò che è preso in cam bio di denaro; affidam ento,
invece, e deposito ciò che abbiam o dato a qualcuno in custodia.
Perciò l'A postolo dice: So in ch i ho avuto fiducia e sono certo che
egli è capace di custodire ciò che g li ho affidato fin o a quel giorno.
Egli ha inoltre spiegato che cosa era il deposito, dicendo: Custodi
sci il buon deposito per mezzo dello S pirito Santo che abita in noi.
Forse che lo Spirito è il custode dell'argento e d e ll’oro affidato,
o si custodisce il denaro p er m ezzo d e llo Spirito Santo? Dunque
il pegno spirituale è custodito dallo Spirito, affinché gli uccelli
del cielo venen do non lo portin o via dai nostri cuori.
6 8 . Preghiam o allora che Cristo custodisca in noi questo
pegno che egli ci ha donato, e conservi ciò che egli ha depositato
e affidato a noi; egli infatti non ha preso nulla da noi, ma egli ci
ha affidato ciò che non era nostro. P erciò si m acchia di disonestà
colui che non abbia custodito l'altrui deposito. Se non dobbiam o
m inim am ente frod are ciò che ci è stato affidato da un uom o,
quanto più è g iu s to 2 che noi conserviam o con buòna fede il
deposito divino e spirituale per non incorrere in gravi danni della
nostra reputazione e del nostro interesse!
69. Dunque questo è il pegno che la L egge vieta di prendere
e di asportare con violenza. Cosi infatti si legge nella Scrittura:
Se il tuo prossim o ha con te un qualsiasi debito non entrerai nella
sua casa a prendere il pegno, e c o lu i che ha il debito con te ti
porterà fu o ri il pegno. Ma, se qu ell'uom o è povero, non dorm irai
sul suo pegno, ma g li restituirai il suo pegno al tram onto del sole
e dorm irà nel suo m antello e ti benedirà e tu sarai m isericordioso 3.
70. Perciò m i dirai: ecco la L egge ha p roib ito di prendere
il pegno, non di riceverlo, e ha prescritto di restituirlo al povero,
non a tutti. M a dei pegni m a te ria li4 ci ha detto abbastanza anche
Esdra, di m od o che, o usurai, non potete op p orvi a ciò che è
stato proclam ato dai vostri p a d r i5! Infatti, quando si ordin ò a
q uelli che avevano prestato e preso in pegno i beni altrui di
restituirli, essi dissero: Restituiam o e nulla chiediam o a loro. Buoni
padri, essi che stabilirono che i pegni dei d ebiti dovevan o essere
restituiti, buoni anche i prestatori i quali risposero che a vreb bero
71. Est autem et aliud pignus, quod lex spiritalis proh ibet
auferri et, si datum fuerit, reddi iubet ante solis occasum, quod
hom o d eb itor red d it et ipse protulit. D ebitor est autem om nis
qui audit uerbum regni et non intellegit. Venit malus et rapuit
quod seminatum est in corde ipsius s. N o li ergo in troire in dom um
eius, ut illud pignus accipias. Vae enim qui scandalizauerit unum
de pusillis istis! h. Si sua stultitia am iserit pignus suum, tu non
habebis delictum . Si autem pauper fuerit, redde pignus ante solis
occasum; pignus autem uestim entum est. Si sibi diues uidetur,
ipse se decipit, si pignus tradid erit suum: si autem pauper, qui
non habeat diuitias spiritus, red de illi uestim entum suum ante
solis occasum.
6 ce n sition is: termine m olto raro e con significato diverso, sembra, a seconda
che lo si ricollegava a censere oppure a censire. Nel ThlL, ove non è registrato
questo passo di Am brogio, troviam o solo due attestazioni: S p a r z ia n o , Pese. 7, 9,
ove il termine ha il significato di «trib u to », e nel L ib e r col. 1, grom ., ed. B l e m e -
L a c h m a n n -R u d o r f f , p. 211, 8 Vespasiani censitione et iussu, che si può ben accostare
al nostro passo, ma che è lezione di un codice (P ) non accettata dagli editori, che
stampano una lezione ‘facilior’, se non erro, ab... Vespasiano censita ex iussione. Il
passo di A m brogio è, dunque, im portante, perché conferm a un significato altrimen
ti non ben attestato di censitio (= decisione) e pare appoggiare la lezione che gli
editori del L ib e r col. 1 hanno rifiutato.
7 his: diversamente ha interpretato questo pronom e Zucker: «to these things»,
intendendo his dativo invece che ablativo.
8 Chi siano, è detto poco oltre: gli evangelisti.
270 de TOBIA, 2 0 ,7 3 -7 4
° P s 21 (22), 19.
P Cf. Act 1, 25 s.
q Cf. Act 2, 6.
r Rom 13, 14.
s Cf. 1 C o r 12, 23.
t Cf. Lc 1, 78.
“ Cf. 1 C o r 1, 23.
v Cf. Rom 1, 16.
z Gai 6, 14.
* Cf. Lc 7, 47.
b Cf. Rom 6, 4.
c Coi 3, 9 s.
TOBIA, 20,7 3-7 4 271
19 cleros: intendiamo sortes, com e A m brogio leggeva nel testo di Sai 67 (68),
14, che è stato citato sopra in 5, 18.
20 Schenkl ha om esso di segnalare com e citazione di Prov 27, 13 l’espressione
a ufer uestim entum tuum , già citata nel paragrafo precedente. Am brogio cita di
nuovo la frase per mostrarne la connessione con quanto precede nel testo biblico
e chiarirne cosi il senso in rapporto con il contesto.
21 Questa espressione, di per sé oscura, è chiarita nel commento da Am brogio.
N el testo biblico originale ha tutt’altro significato: «sta’ alla parola».
n filia Iud a : espressione biblica di Dan 13, 57 (Sus 57).
276 de TOBIA, 2 0 ,7 9 - 2 1 ,8 2
22. a Lc 7, 41-43.
b Lc 7, 43.
c Cf. Lc 7, 38 et 44-46.
d Lc 7, 47.
23. a Cf. H eb 8, 13.
22.1 Zucker nella sua introduzione (p. 2), a proposito di questo luogo, r
che Schenkl non ha indicato l’allusione a Lc 7, 44 (p e r errore egli scrive 17, 44).
L’osservazione non è esatta, innanzi tutto perché Schenkl aveva dato il riferimento
a Lc 7, 44-46 poco sopra e si deve intendere che abbia voluto com prendervi anche
questo luogo, e poi perché l’espressione et ca p illis capitis su i tersit non è allusione
a Lc 7, 44, ma una citazione, a mio avviso, di Lc 7, 38. Si obietterà forse che in
quel versetto si legge tergebat e non tersit, m a l’apparato di WORDSWORTH-WHITE,
cit. ed anche A. JU l ic h e r , Itala, 3. Luca s-E u a ngeliu m , Berlin 1954, attestano anche
tersit com e lezione Vetus Latina.
23.' Questo è un passo importante perché attesta il carattere oratorio anche
di questa seconda parte del De Tobia e docum enta che il trattato è composto da
due sermoni pronunciati a distanza di due giorni l’uno dall’altro.
282 DE TOBIA, 2 3 ,8 8 -9 0
24. 91. Sed non his tantum uirtutum finibus contentus sanc
tus Tobias m ercennario quoque sciuit soluendam esse merce-
dem a. D im idium usque optulit m eritoqu e pro m ercennario inue
nit angelum b. Et tu unde scis, ne forte iustum aliquem m ercede
defraudes, peius, si infirm um — uae enim illi qui scandalizauerit
unum de pusillis istis!c — qui scis an in eo angelus sit? N eque
enim dubitare debem us quod in m ercennario possit esse angelus,
cum esse possit Christus, qui in m inim o quoque d esse consueuit.
93. Tobis tibi dicit: Luxuria m ater est famis s, in quo continen
tiam docet. Dicit etiam : Mercedem om n i hom ini, qu i penes te
operatus fuerit, redde eadem die et non maneat penes te merces
hom inis; et merces tua non m in o ra b itu rh. Dicit tibi: N o li bibere
uinum in ebrietate ', dicit tibi: De pane tuo com m unica esurientibus
— uides quid te faenerare cupiat — et de uestimentis tuis nudos
tege. E x om nibus quae tibi abundauerint fac elemosynam '. O m ni
tempore benedic dom inum m. In his itaque faenus aeternum est et
usura perpetua.
7 Per la Vetus La tina questa è la sola attestazione di Prov 22, 26-27, che non
trova riscontro nel testo della Vulgata né in quello originale; corrisponde, invece,
com e un calco, alla .versione dei Settanta, che ho tenuto presente per tradurre la
prim a parte della citazione, diversam ente intesa da Zucker e dalla Giaccherò. Si
legge nei Settanta: |o.t) SiSou o-egcutòv eic; èyyut)v aùrxu volevo? npóo-ojnov.
24.1 Una riflessione simile ritroviamo in epist. 2, 12 (P L 16, 920).
2 Ci si può dom andare quale collegam ento vi sia fra le esortazioni di quest'ulti
mo capitolo e il tema precedentem ente svolto. Per Am brogio vi è senza dubbio
continuità. Per esempio, questa espressione, rivolta a chi non paga la ricompensa
al prestatore d'opera, richiama un pensiero già espresso sopra a proposito degli
usurai il rinvio è di Schenkl — in 14, 46 che si conclude con la citazione biblica:
q u id est faenerare? H om in em , inquit, occidere.
3 Con la citazione di Tob 4, 13 si richiama un concetto sviluppato sopra in
H el. 8, 23.
4 Pur con qualche dubbio, ho accolto ebrietate, che l'apparato di Schenkl
attribuisce ad alcuni codici m eno validi, affidandom i al confronto con H el. 9, 29
(.supra), dove ricorre la m edesim a citazione, ed anche con H el. 12, 44 (supra), dove
troviamo la medesim a espressione.
I N D IC I
(E L I A E I L D IG IU N O )
IN D IC E SCRITTURISTICO
Ex
1 R eg
14, 21: cf. 7, 21.
1, 15: cf. 6, 17.
14, 22: cf. 18, 68.
1, 20: cf. 6, 17.
15, 25: cf. 4, 15.
16, 3: cf. 18, 68.
16, 13: cf. 11, 40. 3 R eg
17, 16: 2, 2. Is
17, 2 2: cf. 2, 3.
5, 11: c f. 15, 57.
18, 1: cf. 2, 2.
18, 34 s.: cf. 22, 83.
5, 11 s.: 15,53.
18, 3 8: cf. 2, 3; 22, 83. 5, 12: cf. 15, 54.
18, 44 s.: c f. 22, 84. 22, 13: 19, 69.
18, 4 5 : c f. 2, 3.
23, 1: 19, 69.72.
19, 8 : c f. 2, 3.
23, 2 s.: 19,70.
23, 3: cf. 19, 72.
4 R eg
23, 4: 19, 71; 19, 72.
23, 6 : 19, 72.
2, 8 : c f. 2, 3. 23, 14 s.: 20, 73.
2, 11: c f . 2, 3 (b is ); 22, 85. 23, 15: 20, 73.
2, 15: c f . 3, 4. 23, 16: 20, 74.
4, 3 8 ss.: c f . 6, 18. 24, 1: 21, 77; cf. 21, 80.
4, 3 9 : c f. 11, 40. 55, 1: 10, 33.
58, 3-6: 10, 34.
Ps 58, 6 s.: 10,34.
1, 2: cf. 10, 34. 58, 8 : 4, 9.
6 5 ,1 1 : 10,33.
8 7-9: 19 71.
22 (23), 5: 10, 33; 10, 34; 10, 36; c f.
65, 13: 10, 33.
10, 33.
31 (32), 1: 4, 9. I er
33 (34), 6: 22, 83.
44 (45), 8: cf. 10, 36. 5, 8: cf. 16, 59.
68 (69), 11: 4, 9. 28 (51), 7: 15, 56.
75 (76), 7: 5, 10. 31 (48), 32: 16, 61.
80 (81), 4: 1, 1. 31 (48), 33: 16, 61.
95 (96), 1: 20, 74. 32, 13 (25, 27): 16, 59.
103 (104), 2: 4, 9.
04 (105), 37 ss.: cf. 18, 68. ION
32 (133), 2: 10, 36. 1, 1 - 2, 1: cf. 19, 70.
iOV
Mal
, 8: 20, 76. 4, 2: cf. 15, 55.
29: 15,53.
9: 9,28.
4s.: 9,28. 3 (1) E sdr
3,21-23: 15,53.
LE
: 10, 36. Tob
20, 75. 4,5: 9,29.
4, 10: cf. 4, 9.
4, 13: 8, 23.
0, 36; et 21, 79. 12, 9: 20, 76.
cf. 17; 64.
IVDITH
3, 1 ss.: cf. 9, 29.
f. 18, 67. 8,6: cf. 9, 29.
): 18,67. 13, 8: cf. 9, 29.
}): 8,26.
\): 12,43, E sth
): 12, 44 (bis). 4, 16: cf. 9, 30.
'27-29): 12,44. 7,1 ss.: cf. 9, 30.
INDICE SCRITTURISTICO 291
D an A ct
1 Cor
lOEL
4, 9: 21, 79.
I, 5: 22, 81.
9, 24: cf. 21, 79.
9, 25: cf. 21, 79.
Mt
9, 26: 21, 79.
3, 1: cf. 3, 4. 9, 27: 21, 79; cf. 22, 81
3, 4: 3, 4; cf. 11, 40. 11 , 3 : 10, 37; cf. ib id .
3, 11: cf. 22, 83; 22, 84. 14, 34 s.: cf. 18, 66.
6, 2: cf. 11, 40.
6, 10: 21, 80. 2 Cor
6, 16: 10, 35.
3, 16: 21, 80.
,6, 17: 10, 37.
3, 18: 21, 80.
6, 17 s.: 10, 36.
4, 7: 15, 57.
11, 9 s.: 3, 4.
6, 15: cf. 20, 75.
I I , 29 s.: cf. 22, 83.
12, 49 s.: cf. 22, 82.
E ph
13, 23: 19, 72.
21, 31: 20, 74. 5, 18: 16, 61.
26, 7: cf. 10, 37. 6, 17: 22, 82.
26, 41: 4, 7.
28, 1: cf. 19, 69. P h il
3, 20: cf. 2, 3.
Lc 3, 13 s.: 21, 79.
3, 16: cf. 22, 83.
4, 2: cf. 1, 1. C ol
4, 3: 1, 1.
1, 16: cf. 21, 79.
4, 4: 1, 1.
6, 38: cf. 13, 48.
2 T hess
7, 32: 20, 74.
7, 33: 5, 14. 3, 6: 22, 82.
7, 37 s.: cf. 10, 37.
8, 28: 20, 75. 1 T im
15, 10: 22, 81.
5, 23: 5, 10.
16, 9: 20, 76.
6, 10: cf. 18, 68.
16, 19 ss.: 8, 27.
2 T im
Mc
2, 5: cf. 21, 79.
15, 29: 16, 58.
A poc
Io
5, 11: cf. 21, 79.
3, 5: cf. 22, 84. 21, 1: cf. 21, 80.
4, 34: 3, 5. 22, 5: 21, 80.
INDICE DEGLI AUTORI ANTICHI *
MBROSIVS De mysteriis
'e Abraham 5, 26: /23.
, 1., 1: 9. 5, 28: 123.
1,11, 9 ss.: 101. De Nabuthae
>,11, 79: 125. I, 1: 123.
2,11,81: 125.
2, U , 84: 125. De Noe
2, 11, 85: 101. II, 38: 69.
De Cain et Abel 31, 17-18: 53.
1, 4, 14: 65. De officiis ministrorum
2,9,27: 103. 1, 3, 12: 69.
Epistulae De paenitentia
1 (7), 19: 69. 2, 3, 14: 123.
26, 7: 125. 2,11,99: 127.
E xa m e ro n De sacramentis
5, 10, 30: 99. 2, 7, 20: 123.
6 , 2, 5: 59. 3, 2, 13: 127.
E xp lan atio Psalm i X X X V I 5, 3, 17: 69.
56: 1 1 9. D e S p iritu Sancto
E xplanatio Psalm i X X X V I I 1 ,3 ,4 1 : 125.
3: i 25. 1, 3, 43: 125.
* C on il n u m e r o in c o rs iv o si r i n v i a a lla p a g in a .
INDICE D E G Ù AUTORI ANTICHI
C l e m e n s A l e x a n d r in v s LVCRETIVS
DECRETVM GRATIANI M a x im v s T a v r in e n s is
P la v tv s
L a c t a n t iv s
P l in iv s T ertvlu anvs
P o r p h y r io n 1, 3, 40: 109.
Commentarii Horatii serm.
2, 3, 254: 85. V a l e r i v s M a x im v s
* Con il num ero in corsivo si indica la pagina; con i num eri in tondo si rinvia
a capitolo e paragrafo del testo am brosiano.
INDICE DEI NOMI 297
U n n i : 95.
N a id : 16; 16, 58.
N a t a le : 119.
V a le n t in ia n o II: 10.
N a z z a r o A.V.: 111.
N i n i v e : 19, 70. V a n g e lo : 10, 35; 89; 19, 69; 109; 20,
76.
N o è : 13; 5, 10; 5, 14.
V a s e y V.R.: 11.
73.
V e n e r d ì S a n to :
O lo fe r n e : 9, 29 (bis). Vetus Latina-. 79; 105; 113; 121.
Vulgata: 81; 105; 113; 125 (bis).
P a la n q u e J.R.: 10; 95.
P asqu a: 16; 1, 1; 10, 34; 73; 119. W e b e r R.: 83; 95.
P a v e s e L.: 95. WEYMAN C.: 34; 59; 69; 71; 95; 99.
P e r s ia n i : 95. W h i t e H.I.: 113; 125.
P i c h l e r Th.: 17; 119. W ilb r a n d W.: 11.
.P i z z o l a t o L.F.: 9; 10; 115; 123 (bis). W o r d s w o r t h I.: 113; 125.
P la u t o : 14.
P o ir ie r M .: 55. 33; 34; 45; 59; 67; 79;
Z in c o n e S.:
P o le m o n e : 14; 16; 85. 83; 85; 99; 103; 107; 109; 125.
IN D IC E ANALITICO
A b s te m ia : 3, 4.
A g o n e (c ris tia n o ): 1, 1; 21, 79.
A m ia n t o : 7, 19.
A n g e lo : Giovanni Battista era ritenuto un a. 3, 4; cibo degli a. 3, 5; 21,
79.
A n i m a : c ib o d e ll’a. 3 ,5; il d ig iu n o è p u r ific a z io n e d e ll’a. 8,22; a. p e c c a tr ic e
10, 37.
A p o s t o l o (P a o lo ): 18, 66; 19, 69; 22, 82.
A r c a n g e l i : 21, 79.
A s tin e n z a (dal cibo): l'a. riconduce il peccatore in paradiso 4, 7; la. di
Daniele chiuse la bocca dei leoni 7, 20; 7, 22.
A t l e t a : il b u o n a. d i C ris to 21, 79.
A t t o r i (d i tr a g e d ia ): 13, 47.
A v id ità : l’a. dei mercanti 19, 71.
D a n z a : d. d i d o n n e in te m p e ra n ti 18, 66.
D i a v o l o : le o p e r e d e l d. 20, 75; le te n ta z io n i d e l d. 20, 75.
D ig iu n o : d. d i C ris to 1, 1; la fo r z a d e l d. 2, 2-3.7, 21; q u a lità d e l d. 3, 4.8,
22; il d. d i G io v a n n i B a ttis ta 3, 4; il d. a ll'o r ig in e d e l m o n d o 4, 6; il
d. è la v e s te d e ll'a n im a 4, 9; il d. lib e r a d a l p e c c a to 4, 9; il d. è
in s e g n a m e n to d i c o n tin e n z a 8, 22; il d. è c o n d im e n to d e l c ib o 9, 32;
d. e u c a r is tic o 10, 33; d. q u a r e s im a le 10, 34; il d. d is tru g g e il p e c c a to
10, 37.11, 38.
D iv in ità : d. di Cristo 10, 37.
D o m e n ic a : 19, 69.
D o m in a z io n i : 21, 79.
INDICE ANALITICO 299
F i l o s o f ia : la f. d e g li in te m p e r a n ti 8, 26.
F i l o s o f o : 8, 26; 12, 45 (b is ).
I m p a z ie n z a : e s e m p i d i i. 12, 41.
Im p e r a t o r e : 12, 42; 17, 62 (b is ).
I n c e s t o : e b b e o r ig in e d a ll’u b r ia c h e z z a 5, 12.
I n f e r n o : 8, 27.
I n n i : il c a n to d e g li i. 15, 55.
I n t e m p e r a n z a : 2, 2; 8, 23; 8, 26; 18, 68; 19, 69.
N e o m e n ie : 1, 1.
P a r s im o n ia : 8, 22.
P a s s io n e : p. di Cristo 10, 37.
P e c c a t o : 4, 9; remissione dei p. 10, 37; il p. di ribellione 11, 40; 20, 76.
Pe rip eta sm a (velo): 10, 79.
P r o f u m o : i p. d e lla lib id in e 10, 36; p. d e lla s o b r ie tà 10, 36.
P r o s t it u t a : 20, 74.
P u d ic iz ia : 8, 22.
R e m is s io n e : r. d e i p e c c a ti 10, 37.
R is u r r e z io n e : il g io r n o d e lla r. è l’o t ta v o 19, 69.
S a c r a m e n t o : 10, 36.
S a c r if i c i o : s. di Caino e di Abele 22, 85.
S a c r il e g io : 12, 40.
S a l m i : il c a n to d e i s. 15, 55.
S c h ia v itù : ebbe origine daH’ubriachezza 5, 11.
S o b r ie t à : 3, 4; 8, 22; 8, 23; 10, 36; e s e m p io d i s. 12, 45; la s. è d ife s a d e lla
c a s tità 18, 66; 18, 68.
S t o l t e z z a : s . d i c h i si u b r ia c a 9, 28.
T o r t u r a : 17, 62.
T r io n f o (s p iritu a le ): 1, 1.
Typus: 10, 37; 22, 83; 22, 84.
300 INDICE ANALITICO
U b r ia c h e z z a : a g li e s o r d i d e l g e n e r e u m a n o e r a s c o n o s c iu ta 5, 10; u. d i
N o è 5, 10; h a in t r o d o tto la s c h ia v itù 5, 11; p e r l’u. fu r o n o sp ezza te
le ta v o le d e lla L e g g e 6, 16; è m a d r e d e ll'in fe d e ltà 12, 41; e ffe tt i d e ll’u.
12,42-44; i r iti d e ll’u. 15, 54; l'u. c o m e s tr u m e n to p e r v in c e r e i b a r b a ri
15, 54; il v e le n o d e ll'u . 15, 57; l ’u. è s tim o lo d e lla lib id in e 16, 59; l’u.
è v e le n o d i s to lte z za 15, 59; l’u. d e lle d o n n e 18, 66.
U m i l t à : 8, 22.
(N A B O T H )
IN D IC E SCRITTURISTICO
G en 4 R eg
3, 6: 15, 63.
8, 3: 7, 37.
3 R eg
15, 2: 16, 67.
17, 6: cf. 12, 51. 16 (17), 3: 12, 51.
18, 45: cf. 2, 7. 1 9 (2 0 ), 8 s.: 1 5,65.
19, 20 s.: cf. 2, 7. 32 (33), 17: 15, 65.
20 (21), 1-4: 2, 6. 33 (34), 11: 1 4 ,6 0 .
20 (21), 7: 9, 41. 38 (39), 7: 4, 17.
20 (21), 7-10: 9, 43. 40 (41), 2: 8, 40.
20 (21), 10: 11,46. 49 (50), 91: 16, 67.
20 (21), 13: 11, 46; cf. ib id . 49 (50), 14: 16, 67.
20 (21), 16: 11,47. 61 (62), 1 1 : 6 , 27.
20 (21), 19: 11, 48; cf. 16,69. 67 (68), 6: cf. 7, 36.
20 (21), 20: 12, 50.51. 67 (68), 30: 16, 67.
20 (21), 25: 17, 71. 73 (74), 5 s.: cf. 14, 62.
20 (2 1 ), 27: 17, 70. 73 (74), 7: cf. 14, 62.
20 (21), 29: 17, 70; cf. 2, 7 (?). 75 (7 6 ), 2: 14, 61 (b is ).
21 (20), 22: 17, 72. 75 (76), 3: 14, 62; cf. 14, 63.
21 (20), 23 s.: 17, 72. 75 (76), 4: cf. 14, 62. .
21 (20), 29 ss.: 17, 72; cf. ib id . 75 (76), 6: 6, 27; 15, 63 (fcis); cf. 16,
21 (20), 35 s.: 17, 72. 68 .
21 (20), 42: 17, 72. 75 (76), 7: 15, 64.
22, 34 ss.: cf. 17, 70. 75 (76), 8: 15, 65.
2 2 ,3 8 : 1 1,49. 75 (7 6 ), 9: cf. 15, 65.
304 INDICE SCRITTURISTICO
Is Io
5, 8: 1, 2; 3, 12. 8, 21: cf. 12, 51.
22, 13: 8, 38. 8, 34: 6, 28.
32, 9: 3, 14.
58, 5-9: 10, 44. A ct
I er 3, 6: cf. 16, 68.
8, 20: 3, 13.
5, 8: cf. 15, 65.
10, 34: 16, 68.
12, 13: 14, 60.
R om
H ab
2, 16: cf. 10, 45.
3, 8: 15, 64.
INDICE SCRITTURISTICO 305
1 Cor E ph
4, 4: 16, 66 (b is). 2, 13: 16, 68.
5, 8: 16, 66. 6, 12: cf. 11, 49; 14, 61.
9, 11 ■(?): cf. 14, 60. 6, 16: cf. 14, 62.
2 C or H ebr
3, 3: cf. 10, 45. 11, 4: cf. 16, 67.
8, 2: 14, 60.
IN D IC E D EG LI AUTORI ANTICHI *
A m b r o s iv s Explanatio Psalmi I
De Abraham 29: 139.
1, 2, 5: 27. 46: /33; Ì75.
1, 3, 12: 737. Explanatio Psalmi X X X V I
2, 5, 20: YS5. 28: /79.
2, 6 , 27: 7S5; 787. 32: 187.
2, 7, 37: 171.
2, 7, 43: 185; 187 (bis). Explanatio Psalmi XL
2, 8 , 54: 185. 5: 181.
2, 10, 77: 171; 189.
Explanatio Psalmi XL1II
De bono mortis 51: 27.
5, 16: 139.
Explanatio Psalmi X LV III
6 , 22-24: 139.
17: 171.
De Cain et Abel 25: 139.
1, 4, 14: 151.
Explanatio Psalmi L X V III
1, 5, 21: 139.
1 2 , 2 1 : 181.
E p is tu la e
Expositio Euang. sec. Lucam
2, 11: 171.
2, 12: 169. 2, 84: 131.
2 , 16: 181. 3, 26: 27.
7 (37), 43: 139. 5, 107: 151.
10,4: 171. 7, 122: 155.
10, 9: 181. 8 , 14: 151.
14, 86 : 171. 8, 39: 27.
8, 85: 179.
Exameron
5, 5, 14: 139. Expositio Psalmi C XV III
5, 10, 27: 141. 4, 8 : 187.
6 , 3, 10: 187. 6 , 7: 28.
6 , 8 , 51: 133. 6 , 20: 139.
6 , 8 , 52: 175. 6 , 32: Ì39.
6 , 8 , 52: 139. 8 , 4-5: 139.
8, 22: 133.
Exhortatio uirginitatis 8 , 58: 139.
2, 9: 151. 16, 6-7: 139.
5, 30: ./63. 19, 19: 7S5.
10, 65: 181. 20, 47: 739.
De fuga saeculi A v g v s t in v s
8 , 51: 189. De doctrina Christiana
De Helia 2, 19: 165.
10, 36: 151; 165. Enarrationes in Psalmos
22, 81: 131.
147, 12: 177.
De Iacob
Epistulae
1, 2, 4: 185.
1, 3, 10: 139. 189, 3: 181.
1, 6 , 25: 169. Sermones
1, 8 , 37: 171. 61, 11, 12: 177.
De Ioseph B a s i u v s C a e s a r ie n s is
7,43: 131. Hom. in illud, Destruam
De Noe PG 31 261 C: 23; 153.
27, 102: 139. PG 31 264 A: 23; 167.
PG 31 264 B: 155.
De Isaac PG 31 264 C: 157.
8, 64: 185. PG 31 265 A: 153; 155 (bis); 157
PG 31 265 C: 159 (ter); 161.
De officiis ministrorum PG 31 265 D: 161.
1, 3, 12: 185. PG 31 268 C - 269 A: 147.
1, 9, 29: 179. PG 31 268 C: 147.
1, 16, 63: 139. PG 31 268 D: 147.
1, 28, 132: 131. PG 31 269 D: 151.
1, 28, 137: 139. PG 31 272 B: 173.
1, 30, 158: 139. PG 31 273 A: 23; 153 (bis).
1, 32, 160: 177. PG 31 273 B-C: 159.
1, 49, 243: 139. PG 31 273 B: 157.
2, 14, 66 : 171. PG 31 273 C: 159 (bis).
2, 15, 69: 139. PG 31 276 A: 173.
2, 27, 133: 179. PG 31 276 B: 133; 175.
3, 1, 7: 171. PG 31 280 B: 179.
PG 31 285 C: 179.
De poenitentia PG 31 288 A: 179.
2, 9, 88 : 151. Hom. in diuites
De Tobia PG 31 284 B: 157.
PG 31 285 A: 175.
5, 17-19: 151.
PG 31 289 B: 151.
6 , 23: 151.
PG 31 292 A: 177.
8, 29: 145.
PG 31 292 B - 293 A: 135.
11,38-39: 141. PG 31 293 A: 139.
16, 55: 189. PG 31 297 B: 151 (bis).
De uiduis PG 31 300 A: 149.
4, 28: 151.
9, 58: 139. C ic e r o
De natura deorum
De uirginibus
2, 60: 153.
1, 9, 55: 151.
3, 5, 25: 107. Post reditum in senatum
34: 141.
De uirginitate
12, 68 : 151. De republica
15, 94: 185 (bis); 187. 1, 38: 189.
308 INDICE DEGLI AUTORI ANTICHI
Pro Sextio O r ig e n e s
83: 169. Commentarius in Cant.
ap. Procop. G.
CODEX IVSTINIANVS
PG 31, 211 A: 185.
4, 43, 1: 145.
4, 43, 2: 145. OVIDIVS
Vita Ambrosii
DIGESTVM
41: 19.
5, 20, 1: 145.
5, 20, 37: 145. P e tr o n iv s
Satyricon
FRAGMENTA VATICANA
67: 151.
26: 145.
33: 145. P lato
34: 145.
Phaedrus
246 ss.: 185.
G r e g o r i v s N a z ia n z e n v s
H ie r o n y m v s
Ps. - Q v in t il ia n v s
Aduersus Iouinianum
Declamationes
50: 187.
4, 8 : 143.
Liber interpr. Hebr. nom.
ed. Lagarde, p. 42, 11: 163.
ed. Lagarde, p. 80, 20: 163. Seneca
De uita beata
IUVENALIS 22: 183.
26: 183.
Satyrae
11, 16: 151.
11, 175: 175. SENTENTIAE PAVLI
5, 1, 1: 145.
L a c t a n t iv s
S id o n iv s A p o llin a r is
Diuinae institutiones
1, 6: 155.
5, 5: 133.
5, 16: 181.
T a c it v s
Livivs Annales
23, 47, 6 : 169. 14, 7: 167.
INDICE D E G Ù AUTORI ANTICHI 309
T e r e n t iv s V e r g iu v s
Andria Aeneis
301 ss.: 147. 1, 726: 175-, 177.
3, 57: 753.
Heautontimorumenos
4, 319: 147.
141 ss.: 141. 6 , 128: 747.
6 , 205: 145.
7, 279: 777.
T ertvlu anvs 7, 749: 747.
De cultu feminarum 8 , 645: 745.
1, 4: 749: 9, 798: 745.
Georgica
V a l e r j v s M a x im v s
1, 49: 755.
1, 139: 745.
9, 4: 183. 2, 506: 749.
IN D IC E D E I NOM I *
ABACUC: 15, 64. E lia : 26; 2, 7 (bis); 171; 12, 50; 12,
A b e le : 16, 67 (bis); 189. 51 (ter); 15, 64; 17, 70.
A c h a b : 22; 24; 25; 26; 27; 1, 1 (fcis); E l is e o : 2, 7; 15, 64.
2, 5; 2, 6 (quater); 9, 42; 11, 47 E r n o u t A.: 161.
( t e ) ; 11, 49; 12, 50; 12, 51; 16, 69; E s o d o : 15, 65 (bis).
17, 70 (bis); 17, 71; 17, 72 (bis). E v a : 16, 68.
A d am o: 12, 51; 16, 68.
A l l a r d P.: 145. F O r s t e r T.: 19.
A m in a d a b : 15, 64. F o g a z z a d.: 34; 133; 135.
A r a m e i : 26. F o r c e l l i n i A.: 161.
A r i s t o t e l e : 185. F r a t t i n i E.: 23.
F r e d e H.J.: 183.
B a a l : 26; 17, 72.
B a l l e r i n i : 19. G e z a b e le : 22; 9, 41; 9, 42; 163; 167;
B a s ilio di C e s a r e a : 19; 22; 23. 11, 49; 17, 70.
B i e g e l m e i e r A.: 23. G iu d a : 14, 62.
B la is e A.: 137; 143. G iu d e a : 14, 61; 14, 62.
B l o c h H.: 161. G iu seppe: 5, 23 (bis); 7, 33.
B o n f a n t e P.: 145 (bis). G iu s tin ia n o : 145.
C o r d in i D.: 24.
C a i n o : 16, 66; 16, 67.
C a l a f a t o S.: 23. H o fm a n n J.B.: 161.
C ap padocia: 23. h u h n J.: 21; 135 (bis); 141; 157; 179;
C la u s F.: 20. 183; 193.
C o s ta n tin o : 145.
C o u r c e l l e P.: 185. Ih m M .: 19.
C r a c c o R u g g in i L.: 23; 141; 143; I s r a e l e : 25; 26; 2, 5; 14, 61 (bis);
145 (ter); 157. 15, 64; 17, 72 (bis).
I s r a e l it i : 26.
D a v id e : 6, 27; 12, 51 (bis); 14, 61; I t a l i a : 23.
181.
D e L a b r i o l l e P.: 20. Ja h v é : 26.
D io c le z ia n o : 145. J U lic h e r A.: 159.
D is: 6, 28; 153.
D r e s s l e r H .: 34; 133; 151. K e l l n e r J.: 19.
D u d d e n F.H.: 19.
L a z z a r o : 14, 60.
E c c l e s ia s t e : 5, 25. L e h a n n e u r L.: 20.
E g it t o : 5, 23. L o v e j o y A.O.: 23.
* C o n il n u m e r o in c o rs iv o si in d ic a la p ag in a; c o n i n u m e r i in to n d o si rin v ia
a c a p ito lo e p a r a g r a fo d e l testo a m b ro s ia n o .
INDICE DEI NOMI 311
D e b it o s p ir it u a l e : 14, 59.
D ia v o l o : 14, 62.
E r e d i: 1, 3.
G io c o d ’ a z z a r d o : 3, 13.
G i o i e l l i : 5, 25.
I n f e r n o : 6, 28.
N o b il t à : n. d e l r ic c o 13, 54.
P a g a n i : 6, 28.
P e c c a t o : la s c h ia v itù d e l p. 6, 28; i p. d e i r ic c h i 16, 67.
P e c c a t o r e : 12, 51.
P e n it e n z a : 17, 70; 17, 71.
P ie t r e p r e z io s e : 5, 26.
P o v e r o : v ittim a d e lla s o p r a ffa z io n e d e l r ic c o 1,1; il p. c o s tr e tto a v e n d e r e
i f ig li 5, 21-24.
P r e s t it o : p. fa tto a D io 14, 60.
P r o p r ie t à : il d ir it to d i p. 1, 2; p. a v ita 3, 13.
d e l r. 2, 7; im p u d e n z a d e l r. 2, 8; m is a n tr o p ia d e l r. 3, 12; le ra p in e
d e l r. 4, 15; s to lte z za d e l r. 4, 16-17; a v a r iz ia d e l r. 4, 18; il r. è un
in d ig e n te 6, 30-31; il r. è ip o c r ita 10, 44; la s u p e rb ia d e l r. 12, 54; il
r. si v a n ta p e r la p r o p r ia n o b iltà 13, 54.
R i s u r r e z i o n e : 15, 63.
V e n d i t a d e i f i g l i : 5, 21-24.
IN D IC I
(T O B IA )
IN D IC E SCRITTURISTICO
Gen I ob
3, 7: cf. 20, 77. 20, 15: cf. 8, 30.
9, 23: cf. 20, 75. 30, 25: 1, 5.
31, 35-37: 17, 58.
Ex
Ps
18, 25 s.: cf. 11, 38.
22, 24 (2 5 ): 14, 43. 3, 6: 20, 73.
22, 25 (2 6 ): 14, 47. 11 (12), 7: 18, 61.
22, 25 s. (26 s.): 14, 46. 14 (15), 1: 15, 52.
22, 26 (27): 14, 47. 14 (15), 5: 15, 52.
21 (22), 19: 20, 73.
L ev 21 (22), 23: 15, 47.
36 (37), 21: 18, 59 (b is ).
16, 8: 20, 76.
36 (37), 21: 1 9,66.
25, 36: 15, 47.
36 (37), 26: 2, 7.
25, 37: 15, 52.
47 (4 8 ), 7: 12, 42.
54 (55), 10: 4, 12.
N vm
54 (5 5 ), 12: 4, 12.
16, 48 (17, 13): cf. 20, 76. 67 (68), 14: 5, 18.
67 (68), 14: cf. 20, 76.
Devt 68 (69), 5: 9, 33.
23, 19: cf. 2, 7. 71 (7 2 ), 14: 4, 14.
23, 19 s.: 14, 48; 15, 51. 108 (109), 2 ss.: cf. 4, 12 (?).
23, 20: 15, 51. 108 (109), 11: cf. 4, 12.
24, 8 (6 ): 18, 59; cf. 21, 83. 1 1 1 (1 1 2 ), 5: 18,60.
113 (114), 13-14: 19,64.
24, 12-14 (10-13): 20, 69.
24, 12-15 (10-15): 17, 57.
Prov
24, 19 (1 7 ): 17, 57; cf. 21, 84.
25, 17: cf. 15, 51. 5, 15: 5, 21.
28, 1 s.: 18, 62. 15, 17: 5, 21.
28, 4: 18, 62. 17, 18: 23, 90.
28, 12: 18, 61.62; 19, 63. 19, 17: 16, 55.
28, 12 s.: 18,62. 22, 9: 16, 56.
28, 15 s.: 18,62. 22, 26 s.: 23, 90.
28, 18: 18, 62. 27, 11: 20, 77.
28, 43: cf. 19, 66. 27, 12 s.: 20, 77.
28, 44: 19, 66. 27, 13: 20, 76.
31, 4: cf. 15, 51. 29, 13: 7, 25.
29, 40 (31, 22): cf. 20, 77.
IVDIC E ccle
1, 2: cf. 1, 2. Lc
1, 14 (1 7 ): cf. 23, 89. I, 78: cf. 20, 74.
1, 16 s.: 1, 2. 6, 24: 14, 50.
1, 17 ss.: cf. 1, 3. 6, 34-36: 15, 54.
2, 1-8: cf. 1, 4. 6, 35: cf. 17, 58.
2, 9 s.: cf. 2, 6. 7, 38: cf. 22, 86.
2 ,11 -1 4 : cf. 2, 6. 7, 41-43: 22, 85.
3, 3-6: cf. 1, 2. 7, 43: 22, 85.
4, 7-10: cf. 2, 8. 7, 44-46: cf. 22, 86.
4, 13: 24, 93. 7, 47: 22, 86; cf. 20, 74.
4, 14 (1 5 ): 24, 93; cf. 24, 91. 8, 5: cf. 20, 67.
4, 15: 24, 93. 8, 12: 20, 71.
4, 16 (1 7 ): 24, 93. I I , 31: cf. 19, 63.
4, 19 (20): 24, 93. 12, 58: 9, 35.
INDICE SCRITTURISTICO 319
2 Cor
Io
1, 22: 20, 67.
5, 39 21, 83.
8, 9: 16, 56.
8, 25 19, 66.
13, 2 cf. 14, 47.
G al
13, 25: cf. 14, 47.
13, 27: cf. 14, 47. 6, 14: 20, 74.
13, 30: cf. 14, 47.
14, 30: 9, 33. E ph
19, 23 s.: cf. 20, 73
4, 26: 14, 47.
A ct
Col
1, 25 s.: cf. 20, 73.
3, 9 s.: 20, 74.
2, 6: 20, 73.
3, 6: 18, 60 (b is ).
1 T im
9, 15 cf. 18, 61.
10, 20: 18, 61. 4, 14: cf. 19, 64.
10, 47 s.: 1 8,61.
16, 1 cf. 19, 64. 2 T im
LE X X II TABVLARUM QVERVLVS
3, 6 : 233. 4, 2: 207.
Commentarius in Ps. 36 V e rg iu v s
3, 11: 259.
Aeneis
P e t r o n iv s 1, 95: 225.
1, 536: 211.
57: 213. 1, 706: 213.
2, 204: 239.
P h il o A l e x a n d r in v s 2, 217: 239.
De uirtutibus 2, 250: 245.
3, 210 ss.: 221.
82: 293.
4, 121: 217.
De somniis 5, 199: 227.
1,92, 102 ss.: 259. 5,432: 221.
I, 92, 102: 273. 5, 438: 225.
6 , 598 s.: 237.
P lavtvs 9, 814: 227.
10, 160: 235.
Curculio 12, 395: 203.
431: 223.
Georgica
Truculentus 2, 154: 237.
42: 223. 2,446: 237.
3, 261: 211.
P U N IV S 4, 133: 273.
Naturalis historia Eclogae
II, 84, 21o: 247. 2, 26: 277.
IN D IC E D E I NOM I *
* Con il num ero in corsivo si indica la pagina; con i num eri in tondo si rinvia
a capitolo e paragrafo del testo am brosiano.
324 INDICE DEI NOMI
A m o : m e ta fo r a d e ll’a. 7, 26.
A n g e l o : 24, 92.
A n i m a : 19, 65.
A s t a : v e n d ita d e i fig li a ll’a. 8, 29-30.
B a r b a r i : 3, 9; 11, 39.
E l e m o s in a : il p r e c e tto d e l l e . 2, 7.
E r e d e : il b u o n e. 2, 6.
E v a n g e l i s t a : 20, 73.
Infer no : 19, 66 .
L e t t e r a : in t e r p r e ta z io n e s e c o n d o la 1. 21, 84.
PEGNO: 4, 13; il p. del cadavere del debitore 10, 36; illiceità del p. 17,
57-58; il p. lecito 20, 67 ss.; il p. proibito dalla Legge 20, 69.
P r e s t it o : il p. a in te r e s s e è r ip r o v e v o le 2, 7; il p. ad in te r e s s e p e r il
tr a d im e n to d i G iu d a 4, 12; il p. è o r ig in e d e lla m e n z o g n a 8, 32;
b is o g n a fa r e p. a c h i n o n p o tr à r e s titu ire 16, 54; il p. d e l g iu s to 18,
61; il p. d e lla p a r o la 18, 62 ss.; p. s p iritu a le 19, 66; l ’u m ilia z io n e di
c h i c h ie d e un p. 21, 81.
V e n d it a d e i f i g l i : 8, 29-30.
V e s c o v o : 23, 88.
V ir t ù : 1, 1; 1, 2.
IN D IC E G ENER ALE
Introduzione pag. 9
1. De Helia et ieiunio
a) Autenticità e data .................................................. » 9
b) S tru ttu ra .................................................................... » 11
c) A rgom ento .............................................................. » 13
d) L e f o n t i .............................................................. » 15
e) I d e s t in a ta r i.............................................................. » 16
f) L’ascesi del d ig iu n o .................................................. » 17
g) Valore s t o r i c o ........................................................... » 18
2. De Nabuthae
a) D a t a ........................................................................... » 18
b) Caratteri g e n e r a li..................................................... » 19
c) C o n t e n u t i ................................................................. » 21
d) La f o n t e .................................................................... » 22
e) La prop rietà dei r i c c h i ............................................ » 23
f) Esegesi biblica (interpretazione di 3 R eg 21 [20],
22-24 ........................................................................... » 24
3. De Tobia
a) Autenticità e data di c o m p o s iz io n e ...................... » 28
b) S tru ttu ra .................................................................... » 30
c) Polem ica a n t ig iu d a ic a ............................................ » 32
d) La f o n t e .................................................................... » 33
4. Questa e d i z i o n e ........................................................... » 33
B ibliografia e s s e n z ia le ..................................................... » 37
A b b r e v ia z io n i.................................................................... » 38
Sigle dei c o d i c i ................................................................. » 39
N ota al testo l a t i n o ........................................................... » 40