Introduzione
Lintento di questo lavoro quello di svolgere unindagine sul distacco cos come
questo ci stato insegnato da due grandi maestri: Meister Eckhart, mistico, teologo e
predicatore renano e Roberto Assagioli, psichiatra italiano fondatore della psicosintesi e
iniziatore della cosiddetta psicologia transpersonale.
Alla base della comparazione, losservazione che in entrambi questi autori il concetto
del distacco riveste un ruolo chiave allinterno del loro pensiero. Questa della centralit
della tematica del distacco anche una tesi che cercher di dimostrare nelle prime due
parti di questo lavoro.
La prima parte cerca di rintracciare la tematica del distacco nellopera eckhartiana con
particolare attenzione alle opere tedesche, dimostrando come il distacco sia davvero
punto cardine del suo insegnamento e come questo tema si colleghi in modo essenziale
a tutti gli altri temi importanti della sua predicazione.
Nella seconda parte passer in rassegna i vari momenti e le varie tecniche della
psicosintesi per ritracciare i punti in cui il distacco riveste un ruolo importante, cercando
di dimostrare come il distacco o la disidentificazione sia momento imprescindibile della
psicosintesi e come questo atteggiamento e questa pratica sia sempre presente in ogni
momento del cammino psicosintetico delineato da Assagioli.
La terza parte dedicata al confronto tra i due pensatori. Confronto, si potrebbe dire, un
po particolare, in quanto si cercher di far dialogare attorno a un tema comune due
autori apparentemente molto lontani fra loro. Lidea che sta alla base di questa ricerca e
che rende interessante il confronto quella di concentrarsi sullesperienza del distacco:
il distacco, vedremo, innanzitutto una prassi, una esperienza e come tale cercheremo
di evidenziarlo e confrontarlo nei nostri due autori che scopriremo, da questo punto di
vista, pi vicini di quanto non possa sembrare.
Le domande fondamentali che sottendono questo lavoro sono quindi: cosa possiamo
apprendere noi oggi da Eckhart e Assagioli? Come possiamo noi oggi praticare il
distacco seguendo i loro suggerimenti? Perch dovremmo praticarlo? Cosa pu portare
nelle nostre vite?
Un altro punto importante rester sullo sfondo del presente lavoro senza essere
esplicitamente tematizzato, pur costituendone un movente importante: la necessit di
stabilire un dialogo, un incontro tra mistica e psicologia.
Personalmente avverto come una necessit imprescindibile del nostro tempo quella di
tornare a far vivere il messaggio della mistica, anche portandolo allinterno di altre
dimensioni, diverse sicuramente da quelle originarie, ma pi vicine alla sensibilit
delluomo moderno: penso ad esempio alla psicologia, disciplina a cui luomo sempre
di pi si affida per superare difficolt e sofferenze e raggiungere un benessere e una
salute maggiori. Una psicologia che a mio avviso pu risultare molto pi efficace nella
misura in cui riesce a integrare al suo interno e a far rivivere il messaggio delle grandi
mistiche del passato: lunione dellanima con il divino, con qualcosa di pi grande, con
qualcosa che va oltre lio individuale.
In una civilt come la nostra che sta spingendo al massimo lindividualismo,
legocentrismo, la concezione secondo cui gli uomini sono esseri isolati che perseguono
ognuno il proprio interesse e i propri fini, concezione che oltre a creare sofferenza
inutile sta distruggendo il nostro pianeta, vedo proprio nel recupero della mistica e del
distacco una possibile via di uscita.
Appare del tutto assurdo, guardando a quello che ci sta portando questo tipo di pensiero,
continuare a pensare al soggetto come a una realt sostanziale autonoma e separata da
tutto il resto. Proprio i grandi mistici invece ci insegnano a vedere luomo come
essenzialmente interconnesso a tutto ci che c, ci insegnano a sentire questa
interconnessione, a praticare il distacco, e con esso ad andare oltre lio, ricollegandoci
alla nostra vera essenza: questo messaggio a mio avviso essenziale per la salute sia
individuale che globale dovrebbe essere sempre di pi recepito dalla moderna
psicologia.
Troviamo ad esempio in queste invocazioni finali la richiesta di aiuto a Dio per diventare Uno e uniti a
Lui, per giungere a queste verit e perfezioni appena espresse nei sermoni. In queste formule si rimanda
molto spesso a unesperienza da raggiungere, da realizzare concretamente; cfr. a questo proposito K. Ruh,
Meister Eckhart. Teologo-Predicatore-Mistico, Morcelliana, Brescia, 1989.
Nel trattato Del distacco, Eckhart si domanda quale sia la pi alta e migliore virt
attraverso cui luomo possa unirsi nel modo pi intenso e stretto a Dio [] 2 e risponde
che il puro distacco superiore a ogni cosa, giacch tutte le virt mirano in qualche
modo alla creatura, mentre il distacco svincolato da tutte le creature 3. Il distacco
detto superiore allamore, alla umilt e alla misericordia. Anche se in altri passi Eckhart
si esprime diversamente, qui importante notare come da questo punto di vista nelle
altre virt permanga un legame con la creatura che invece nel distacco viene annullato.
Tutte le virt hanno in vista la creatura mentre il distacco libero da esse.
Lumilt, ad esempio, che pure in altri passi viene investita di un senso e di una
importanza maggiori tanto da poterla uguagliare al distacco, qui viene considerata nella
sua tendenza non perfetta a porsi sotto le creature. Questo porsi sotto le creature
mantenere un rapporto con esse, uscire da s per andare verso di esse; pur essendoci
nellumilt lidea di annullamento di s, in essa mantenuto questo rapporto di
sottomissione alle cose, che nel distacco non c.
In questo senso qui Eckhart dice che lumilt pu esistere senza il distacco ma non il
contrario, proprio in quanto questo annullamento di s che si ha nellumilt non porta a
un distacco totale dalle creature, non porta a un permanere in se stesso senza riferirsi ad
altro.
Il perfetto distacco non intende in alcun modo piegarsi al di sotto o al di sopra della creatura;
non vuole essere n sopra n sotto, vuole sussistere da s, non per amore n per nocumento di
qualcuno; non vuole luguaglianza n lineguaglianza con la creatura, e neppure questo o
quello; vuole essere, e nientaltro. Non vuole essere questo o quello, perch chi vuole essere
questo o quello vuole essere qualcosa mentre il distacco vuole essere nulla. Perci tutte le cose
ne restano intoccate.4
Qui chiaro come il distacco sia la fine di ogni rapporto con le creature. Anche nella
misericordia luomo esce da se stesso per andare verso le miserie e i bisogni del
prossimo, da cui il suo cuore turbato. Finch qualcosa, qualsiasi cosa, pu turbare il
suo cuore, luomo non come dovrebbe essere, dice Eckhart: nel distacco luomo
permane in se stesso, insensibile a emozioni e turbamenti.
2
Luomo che permane cos in un totale distacco rapito nelleternit a tal punto che nulla di
effimero pu turbarlo e che egli nulla prova di quanto nella carne, e viene detto morto al
mondo perch non ha pi gusto per ci che della terra. 5
Lessere appartiene solo a Dio: chi aggiunge a Dio il mondo intero, dice Eckhart, non
ottiene nulla di pi che Dio stesso. La creatura, tutto ci che creatura in noi, tutto ci
che in noi dipende dalla creatura e noi stessi in quanto creatura, tutto questo ci
impedisce il contatto con Dio. Dove c Dio non c creatura e viceversa: nellanima
non c posto contemporaneamente per Dio e per la creatura. Solo se noi attraverso il
distacco abbandoniamo, rimuoviamo ci che creatura, allora Dio pu, anzi deve
scendere e prendere il suo posto.
5
Ivi, p.135
Ivi, p.136
7
Sermoni tedeschi. Adelphi, Milano, 1985, p.164
8
Ivi, p.273
6
Da un certo punto di vista, dal punto di vista della creatura, il distacco nulla perch in
esso nessuna cosa legata alla creatura ha pi presa sulla nostra anima, n sensazioni, n
emozioni, n pensieri, niente. Da un altro punto di vista il distacco tutto, pienezza,
perch una volta rimossa la molteplicit, resta quello che essenziale, lesperienza
dellUno, lesperienza dello spirito, Dio; e questa esperienza descritta da Eckhart in
termini positivi di gioia, di pienezza di vita, di pace. Cos Eckhart pu affermare che nel
cuore distaccato, libero dalla creatura e per questo conforme a Dio, vi pace completa e
beatitudine10, ch nessuno pi gioioso di colui che si trova nel pi grande distacco.11
Notiamo qui come la radicalit del distacco si rivolga proprio a tutti i contenuti, e come
la gioia e la pace del e nel distacco che abbiamo evidenziato, non vada confusa con la
9
gioia nella e per la creatura: siamo a due livelli diversi. Perci Eckhart commentando
Gv 16,7 in cui Cristo dice ai discepoli: necessario che io vi lasci perch se non vi
lascio non verr in voi lo Spirito santo, afferma che persino la gioia della presenza
fisica di Cristo un impedimento per ricevere la gioia perfetta dello Spirito santo;
perfino da questa gioia in quanto terrena dobbiamo distaccarci. Il distacco deve
estendersi quindi su tutti i contenuti, non solo su quelli per cos dire negativi: si tratta di
abbandonare ogni immagine e unirsi allessere senza forma.12
Il distacco come annullamento di s spesso collegato con il tema dellumilt: chi
dunque vuole giungere al perfetto distacco, cerchi la perfetta umilt, si avviciner cos
alla Divinit.13 Anche se allinizio del trattato il distacco detto superiore allumilt
per i motivi che abbiamo visto, il pi delle volte i due termini indicano il medesimo
processo: luomo nobile dellomonimo trattato luomo dellumilt e del distacco. Non
deve meravigliare che Eckhart si esprima differentemente in diversi punti, n questo
deve essere preso come segno di incoerenza: le realt spirituali di cui parla non si
prestano e definizioni precise; la stessa realt spirituale pu essere espressa, indicata in
molti modi diversi, e cos fa Eckhart, forse anche assecondando le differenti circostanze
dei suoi uditori o dei versi delle scritture presi come punto di partenza per illustrare la
sua dottrina.
che pu chiamarsi questo o quello, ed proprio quanto accade con il cuore distaccato 15.
Il cuore distaccato non ha per oggetto n questo n quello, ha sciolto tutti gli
attaccamenti, i legami alle cose del mondo, ha fatto il vuoto.
in questo vuoto, in questo distacco, in questa rimozione che lanima delluomo si fa
uguale a Dio. La creatura non pu farsi uguale a Dio se non nel distacco, se non muore
in quanto creatura, se non diventa essa stessa Dio, se non genera Dio nel fondo della sua
anima: lanima nel distacco si fa pura, semplice immutabile, si fa uguale a Dio. Questo
farsi uguale dellanima nel distacco portato da Eckhart alle sue estreme conseguenze
con laffermazione che Dio stesso supremo distacco 16, che Dio Dio per il suo
distacco immutabile.17
Con le parole di Marco Vannini:
Il distacco non una condizione estrinseca dello spirito, ma lo spirito stesso. Latto del
distacco, di gioia infinita perch di libert, lessere dello spirito, ed in questo atto che
consiste, per cos dire, il fondo dellanima, che lo spirito stesso, cio Dio. Non a caso
Eckhart chiama Dio supremo distacco: espressione inaudita e incomprensibile al di fuori di
questo quadro di riferimento.18
Qui dobbiamo capire che lo stesso atto del distacco, di rimozione della creatura e della
determinatezza, Dio stesso. Se cos non fosse saremmo costretti a pesare a un soggetto
che si distacca da questo e da quello ma resta ancora un soggetto determinato e si unisce
a un Dio che altro da s: evidente come qui ci troveremmo ancora nella molteplicit
e quindi nella finitezza, non ancora nello Spirito, nellUno.
Latto stesso con cui luomo si distacca da ogni determinatezza, e anche da se stesso in
quanto determinato, un farsi nulla in se stesso, un essere cos povero, tanto che in lui
non resta nulla se non questo puro distacco, che lo eguaglia a Dio in quanto Egli stesso
questo puro distacco. Qui si evidenzia la difficolt fondamentale del linguaggio
nellindicare questa esperienza di assoluta unit a cui vuole portarci Eckhart: non deve
esserci dualit, quindi non pu esserci il distacco e Dio, non possono esserci questi due
15
Ivi, p.142
Ivi, p.146
17
Ivi, p.136
18
M. Vannini, Storia della mistica occidentale, Mondadori, Milano, 1999, p. 197
16
10
termini distinti, non pu esserci il distacco come un qualcosa che ci porta a Dio come a
un qualcosaltro, non deve esserci due ma Uno.
Per indicare questa realt forse inevitabile che Eckhart quando si spinge al culmine
della sua predicazione, dovendo indicare lUno non possa fare altro che eguagliare
termini: cos Dio distacco, spirito, generazione del Logos nellanima, lo stesso
fondo dellanima, o ancora, proprio per sottolineare lassenza di determinazioni, nulla.
Tutti i termini che Eckhart usa e tutte le immagini di cui si serve per indicare lUno,
sono come altrettanti percorsi per raggiungere un punto a cui il linguaggio, che per sua
natura distingue, non pu portarci, ma che pu solo indicare oltre se stesso. Questo il
senso delle formulazioni strane e paradossali che spesso troviamo in Eckhart, che
richiamano ancora una volta il fatto che qui abbiamo a che fare non con una realt da
conoscere solo intellettualmente, ma con unesperienza da realizzare in noi a livello
spirituale.
Il distacco dunque lo spirito stesso, il distacco che separa dalla creatura e si unisce a
Dio.19 Cosa resta, potremmo chiederci, nellanima quando completamente distaccata
da se stessa e dalle creature, quando ha rimosso la dissomiglianza e la creaturalit? Non
resta nulla, quel nulla che rende lanima uguale e aperta a Dio, quel nulla che tutto e
che Dio, resta solo il puro distacco che Dio stesso.
11
verso Dio, ma tramite il distacco, lo costringo a venire a me; e infatti Eckhart dice che
Dio pu congiungersi pi intimamente a me e con me unirsi meglio di quanto io non
possa fare con lui.21
Come se questa azione di congiungimento, per essere pi nobile possibile, debba venire
da Dio stesso. Non potrebbe infatti venire da me in quanto soggetto determinato, in
quanto creatura, ma solo, in un certo senso, da me in quanto completamente morto a me
stesso. Se dunque nel completo distacco, la rimozione del soggetto in quanto finito
avvenuta nel modo pi completo possibile, si pu dire che non sono pi io ad andare
verso Dio perch non c pi un io, ma piuttosto Dio a venire in me, a generarsi in me.
In realt, in questa esperienza di supremo distacco in cui realizzata lunit dellanima
con Dio non si pu pi distinguere, non si pu dire che lazione venga dalluno piuttosto
che dallaltro, perch non ci sono due soggetti agenti ma solo lUno; ancora meglio, non
si pu neppure dire che ci sia un soggetto agente e unazione, e proprio per questo
Eckhart pu affermare che Dio stesso supremo distacco.
Questa idea spesso espressa con il tema della grazia: luguaglianza tra uomo e Dio
avviene per effetto della grazia; questa eguaglianza non deve essere operata dalluomo
in quanto creatura, ma dal divino che c nelluomo che lo stesso Dio. Nella grazia c
lidea di qualcosa che si compie indipendentemente da me, dalla mia volont personale
ancora legata alle creature, c lidea di essere agito da qualcosa di pi grande, lidea di
affidarsi, di venir condotto. La tematica della grazia si salda strettamente a quella del
distacco: luomo nobile, luomo distaccato luomo investito dalla grazia. La grazia
indica unazione senza sforzo, unazione senza azione: questo distacco non viene da noi,
cio dalla parte di noi finita e determinata, persa nei contenuti, che compie le sue azioni
per uno scopo altro da esse, ma viene da Dio e si compie in Dio stesso.
21
Ivi, p.132
12
2 - LANTROPOLOGIA ECKHARTIANA
13
Notiamo che la dimensione dellanima viene accostata a quella del corpo come qualcosa
a cui rinunciare: questo il tema della rinuncia a s, il tema della morte dellanima. Per
rinascere come spirito, per generare Dio nella nostra interiorit, la nostra individualit,
la nostra volont personale, quello che ci caratterizza come io individuale, distinto e
separato, deve morire, lanima deve morire perch possa nel suo fondo generare lo
spirito che Dio.
14
A questo si lega anche la distinzione tra le potenze dellanima e il suo fondo. Lanima ha
potenze o facolt, alcune delle quali legate ai sensi e al mondo animale, dette potenze
inferiori, altre dette superiori come memoria, intelletto e volont 27. Le potenze sono gli
strumenti con cui lanima opera nel mondo: queste potenze sono legate alluomo
esteriore, al servizio della volont personale, dellego.
Le potenze operano tramite un elemento mediatore che sono le immagini; questa, si
potrebbe dire, la teoria della conoscenza eckhartiana: le potenze dellanima traggono
unimmagine dalla creatura e la portano allinterno: in questo modo le potenze si fanno
unimmagine delle cose, in questo modo conoscono la creatura, attraverso la
mediazione delle immagini.
Radicalmente diverso dalle potenze, quello che Eckhart chiama il fondo dellanima:
questa dimensione dellinteriorit in cui risiede il contatto dellanima con Dio. Essa
chiamata da Eckhart in molti modi, con molte metafore, ma sempre della stessa realt si
tratta: scintilla, testa, cima dellanima, castello, fondo, ramoscello, qualcosa, essenza,
ragione pi alta, Nel fondo dellanima non vi alcuna mediazione: se la creatura
entra nelle potenze dellanima attraverso la formazione di unimmagine, essa non pu
toccare il fondo dellanima, perch questultimo non pu essere toccato tramite
mediazione. Nel fondo dellanima non pu penetrare che Dio solo.
Anche a proposito del fondo dellanima Eckhart parla di immagine ma in un senso
radicalmente diverso da quello che si riferisce alle potenze. C un qualcosa
nellanima, ed il suo fondo, in cui essa immagine della divinit in modo tale che
limmagine non pu essere separata da ci di cui immagine: se nel fondo dellanima vi
fosse mediazione, se vi fossero immagini, non vi sarebbe vera unit.
Limmagine e ci di cui immagine, in quanto tali, sono una cosa sola: Io e il Padre siamo
una cosa sola.28
Per questo diciamo che nel fondo dellanima c limmagine della divinit, dove questa
immagine non qualcosa di diverso, ma la divinit stessa.
27
28
15
Lanalogon, limmagine di Dio quindi non solo presente, ma inamovibilmente presente nel
fondo dellanima, o, come Eckhart ama anche esprimersi, nella scintilla animae. Pi
precisamente: lanalogo, quellimmagine di Dio che Dio imprestandosi alle creature, esso
stesso il fondo o la scintilla dellanima. 29
Eckhart usa il termine immagine in due significati diversi a seconda che si riferisca
alla creatura o a Dio: limmagine che pu e che non pu essere separata da ci di cui
immagine. Come in altri casi, Eckhart arriva a portare allestremo i termini con cui si
parla delle creature, di tutto ci che nel tempo, per arrivare al limite del paradossale a
indicare con questi stessi termini linesprimibile realt divina: in questo caso il discorso
sullimmagine, che viene usato per spiegare la conoscenza delle creature, portato
allestremo - una immagine che non pi niente di diverso da quello di cui immagine
- per esprimere la conoscenza di Dio.
Lanima dunque nelle sue potenze e tramite le immagini, opera, mentre nel suo fondo,
nella sua essenza, non opera. Lanima compie le sue opere per mezzo delle sue potenze:
conosce con lintelletto, ricorda con la memoria, ama con la volont: questo operare
allesterno si appoggia sempre su un elemento mediatore. Nel fondo dellanima, invece,
non c nessuna opera, nessuna mediazione, solo la quiete dellessere pieno della
divinit, senza alcun tipo di mediazione o differenza.30
Il fondo dellanima un luogo, ma tale solo metaforicamente, accessibile alla sola
essenza divina priva di determinazioni, lunico luogo dellanima capace, grazie alla
sua semplicit, di accogliere Dio nella sua nuda divinit. importante ribadire questa
assoluta assenza di determinazione perche, ci avverte Eckhart, Dio stesso non lo
penetrer mai per un istante [il fondo dellanima], n mai lha penetrato col suo sguardo,
in quanto egli esiste nella determinazione e propriet delle Persone.31
Il fondo dunque ci che resta dalla rimozione di ogni determinazione, di ogni modo, sia
per quanto concerne gli elementi della nostra anima, del nostro volere e del nostro agire, sia per
quanto riguarda il concetto di Dio, ossia ci che fa da riferimento assoluto. 32
29
A. Klein, Meister Eckhart. La dottrina mistica della giustificazione, Milano, Mursia, 1978, p. 46
Cfr. Sermoni tedeschi, cit., pp.141-142
31
Sermone 2 ne I sermoni, Paoline, Milano, 2002, p.106
32
M. Vannini, La mistica delle grandi religioni. Mondadori, Milano, 2004, p. 264
30
16
Questo luogo, lessenza dellanima, distinta dalle sue potenze, tanto che esse non
possono gettarvi nemmeno uno sguardo.33
V qualcosa nellanima da cui fluiscono la conoscenza e lamore, e questo qualcosa non
conosce e non ama come invece fanno le potenze dellanima. 34
17
37
18
La terra del desiderio terreno la nasconde e la occlude in modo che non possiamo pi
riconoscerla, ma la fonte resta viva in s e aspetta che questa terra venga rimossa per
tornare a zampillare. Lo stesso viene espresso con limmagine del sole, che splende
sempre anche se le nuvole lo coprono momentaneamente alla vista.
La natura divina quindi presente in noi, nella nostra parte pi intima: questa non pu
mai venir meno ma pu giacere coperta e non riconosciuta, nascosta dagli attaccamenti
alle cose esteriori. La realizzazione di questa natura divina sar quindi essenzialmente
un togliere tutto ci che la ricopre: questo togliere il distacco.
Quando un artefice fa una statua di legno o di pietra, non fa entrare limmagine nel legno, ma
cava i trucioli che occultavano e coprivano limmagine; non aggiunge nulla al legno, ma, al
contrario, toglie e scava ci che lo ricopre, leva via le scorie: allora rifulge ci che al di sotto era
nascosto. Tale il tesoro nascosto nel campo, come dice Nostro Signore nel Vangelo. 40
In questa immagine, che risale a Plotino, il distacco emerge in tutto il suo senso
positivo: il togliere via al tempo stesso un rivelare. Al tempo stesso, qui viene
testimoniata lintimit e la vicinanza essenziale tra Dio e lanima.
38
19
Dio viene trovato dallanima non aggiungendo, ma togliendo. [] Egli , infatti, intimo
allanima.41
Luomo nobile, dice Eckhart, realizza nel massimo grado la sua natura divina quando
spogliato di se stesso e trasformato dalleternit di Dio; quando giunto al perfetto e
totale oblio della vita effimera e temporale , [] quando divenuto figlio di Dio. 42 Nel
trattato non troviamo il termine distacco ma evidente che quando Eckhart parla di
spogliarsi di se stesso, o di abbandonare tutto il mondo e se stesso, si riferisce al
processo del distacco: luomo, infatti, deve abbandonare tutte le immagini e se stesso, e
diventare estraneo a tutto e da tutto dissimile, se vuole e deve veramente accogliere il
Figlio e divenire figlio, nel cuore e nel seno del Padre.43
Per realizzare la natura divina in noi, cio per diventare figlio, necessario abbandonare
tutte le immagini determinate, tutte le immagini creaturali con cui conosciamo e agiamo
esteriormente, diventare dissimili da tutto questo, per diventare simili a Dio.
Abbandonare le immagini delle creature per diventare quella particolare immagine che
si trova nel fondo dellanima che unimmagine senza immagine, assolutamente Uno
con quello di cui immagine.
Pi lanima con le sue potenze si rivolge verso lesterno, verso i contenuti, la creatura,
la finitezza, pi questa immagine viene coperta: lanima che va verso loggetto esterno,
che vi si attacca, dalloggetto cui si volge riceve una cappa, un velo 44 che ricopre il
seme o la fonte divina. Pi lanima distaccata, pi diventa dissimile dalla creatura, pi
si fa essa stessa simile allimmagine di Dio nel fondo dellanima, pi si avvicina alla
conoscenza di Dio. Questo processo di distacco investe senza distinzione tutto ci che
creatura e finitezza: anche la cosa somma e migliore fra le cose create e fatte nasconde
e scolorisce limmagine di Dio in noi45, si tratta quindi di un distacco radicale che si
esercita anche sui contenuti positivi.
Lanima delluomo, in tale distacco, si fa uguale a quello che deve conoscere. Abbiamo
visto che Eckhart non esita a chiamare Dio puro distacco per indicare proprio come
nel dualismo non si trova lUno: per poter arrivare alluno non dobbiamo trovare luno
come un oggetto esterno distinto dal soggetto; per trovare lUno dobbiamo essere lUno,
41
20
diventarlo. Per questo Eckhart esorta: sii Uno, affinch tu possa trovare Dio. 46 Questo
farsi uno e semplice in se stesso passa necessariamente attraverso il distacco, attraverso
il farsi dissimile da tutto ci che creatura e molteplicit.
Luomo nobile, luomo divino, luomo che uno con Dio, luomo umile.
Nota che homo deriva da humus, e da qui viene anche humilitas. Perci deve essere umile chi
vuole giungere a Dio. Infatti lumilt una scala celeste con cui Dio discende, ossia giunge
alluomo, e luomo a Dio.47
Umile perch si piega davanti a Dio e riconosce di essere nulla, riconosce la sua
finitezza, lassenza di fondamento del suo proprio essere in quanto io individuale, egli
luomo che annulla se stesso, che si fa nulla in se stesso per accogliere quel nulla che
Dio.
Ivi, p.228
Commento al vangelo di Giovanni, cit., III, 318, p.215-6
48
Sermoni tedeschi, cit., p. 131
49
Ivi, p.132
47
21
Abbiamo visto come il fondo dellanima sia un luogo solo in senso metaforico, un
luogo che non un luogo, il punto di passaggio tra la dimensione dellanima e quella
dello spirito, quel qualcosa che raggiungiamo e che diventiamo nel distacco da tutto
ci che determinato. Qui la povert questa semplicit: non deve esserci un luogo in
noi in cui Dio opera, piuttosto Dio deve operare in se stesso come in noi e in noi come
in se stesso.
Notiamo lappello a liberarsi da Dio, tanto pi significativo se ricordiamo che Eckhart
sta parlando a un pubblico di religiosi che a Dio hanno dedicato la loro vita. Liberarsi da
Dio in quanto determinato e contrapposto alla creatura, da un Dio che siamo tentati di
volere, di desiderare, di conoscere, nei modi del nostro io personale come appunto
qualsiasi altro oggetto determinato di cui ci serviamo.
Il distacco da queste immagini determinate di Dio, il liberarsi da Dio, lultimo atto, e
forse il pi difficile, del distacco da un io personale che difficilmente cede e trova modi
50
51
Ibidem.
Ivi, p.136
22
52
Ivi, p.138
23
4.1 - Il nulla
Distacco nientificazione di se stesso e di tutte le creature, un farsi nulla in se stesso
per diventare quel nulla che Dio. Distinguiamo in Eckhart due sensi diversi in cui
qualcosa detto nulla: le creature sono nulla perch sono prive di essere, infatti il loro
essere viene da Dio. Se Dio togliesse loro lessere queste si ridurrebbero a un puro
nulla, questo significa che non possiamo pensare alle creature al di fuori o
indipendentemente dallessere di Dio.
Chi conosce Dio, sa che tutte le creature sono nulla. Se si pone una creatura di fronte allaltra,
essa appare bella ed qualcosa; ma se la si mette di fronte a Dio, essa non nulla. 53
Se dal punto di vista dellio determinato le creature sono qualcosa e sono qualcosa a cui
vale la pena di attaccarsi, per cui vale la pena di vivere, dal punto di vista di Dio esse
sono un nulla e come tali vanno considerate; viste da una prospettiva pi alta perdono
tutta la loro importanza e la loro presa su di noi, per questo vanno lasciate andare.
Vedere le creature dal punto di vista di Dio vederle per quello che sono in realt, un
nulla a cui non vale la pena di attaccarsi, un nulla che va lasciato andare. Notiamo che
questo vale anche per noi stessi in quanto creatura: luomo in se stesso, in quanto
separato dal tutto, un puro nulla e il distacco essenzialmente riconoscere, prendere
atto di questo. Quando Eckhart parla di distacco da se stessi intende sempre da se stessi
in quanto creatura, ossia in quanto nulla.
In un altro senso Dio detto nulla in quanto, pensato nella sua purezza e assolutezza, e
assolutamente privo di ogni determinazione, non n questo n quello, al di sopra
dellessere e di ogni determinazione. Affermare che Dio nulla non significa affermare
che sia senza essere, ma che n questo n quello che si pu esprimere un essere al
di sopra di tutti gli esseri. un essere senza modo.54
53
54
24
Eckhart usa indicare con il termine Divinit (Gottheit) Dio sotto laspetto dellassoluta
unit, mentre con il termine Dio (Gott) egli pi spesso intende Dio nella distinzione
delle Persone e nel suo agire allesterno. Sotto laspetto della divinit, dellUno, Dio
propriamente nulla, al di sopra dellessere, assolutamente privo di determinazioni, anche
di quella trinitaria.
Qui Eckhart raggiunge i limiti estremi della teologia apofatica del neoplatonismo 55
arrivando a descrivere la divinit come un Nulla al di sopra dellessere:
Dio senza nome, perch di lui nessuno pu conoscere qualcosa, o parlarne. [] Potrei
aggiungere: Dio un essere - non vero; egli un essere e un nulla al di sopra dellessere!
Perci dice santAgostino: la cosa pi bella che luomo pu dire di Dio, tacere, per la saggezza
della interiore ricchezza.56
G. Faggin, Meister Eckhart e la mistica tedesca preprotestante, F.lli Bocca, Milano, 1946, p. 19
Sermoni tedeschi, cit., pp. 204-205
57
Ivi, p.42
58
Commento al vangelo di Giovanni, cit., I, 207, p.19
56
25
La natura di Dio lessere nulla, che qui viene espresso come essere dissimile da tutto:
il nulla non ha nulla in comune con nessuna cosa. Parallelamente lanima, nel distacco,
per realizzare la sua essenza e ricongiungersi a Dio, deve anchessa rendersi dissimile
da tutto: se vuole conoscere Dio non deve avere niente in comune con nessuna cosa che
sia nello spazio e nel tempo. In questo senso Eckhart sfrutta le immagini del deserto e
della solitudine: porter la mia fidanzata nel deserto e l parler al suo cuore. 61
Lanima, la fidanzata, deve allontanarsi dalle creature, e farsi condurre da Dio nel
deserto, cio nel nulla, nel distacco e nella lontananza da tutto; solo cos, nel silenzio
dallo strepito dei contenuti, Dio potr parlare al suo cuore, cio nel suo fondo.
Nel distacco noi stessi e tutte le cose in noi devono diventare nulla:
59
26
Poich dunque la natura di Dio quella di non essere simile ad alcuno, noi dobbiamo
necessariamente giungere al punto di essere niente, per poter essere trasportati in quello stesso
essere che egli .62
Tutte le cose devono essere poco in noi, e come un nulla. [] Se lintero mondo e tutto il
tempo non divengono piccoli in voi, non vedrete Dio.63
Per lasciare il posto a Dio nella nostra anima le creature - tutto ci che transitorio deve farsi piccolo fino a diventare nulla in noi, dobbiamo abbandonare ogni
attaccamento alle creature, ogni luogo in cui le creature possano albergare nella nostra
anima.
Commentando Surrexit autem Saulus de terra apertisque oculis nihil videbat64,
Eckhart sottolinea come quando san Paolo vide il nulla, allora vide Dio: vedere il nulla,
aver fatto il nulla in s, annullare se stessi e tutte le creature, cio latto del distacco,
vedere Dio, incontrare Dio. Dio che in questo senso nulla, in quanto non gli si pu
attribuire n questo n quello; non potremmo infatti incontrare Dio come questo o
quello: in questo caso non incontreremmo Dio: se tu vedi qualcosa, o qualcosa cade nel
tuo sapere, questo non Dio, proprio per questo, egli non questo ne quello. 65
Possiamo incontrare Dio solo nel distacco, come nulla e diventando noi stessi questo
nulla.
62
Ivi, p.227
Ivi, p.194
64
Crf. Sermoni tedeschi, cit., p.199 e seg.
65
Ivi, p.204
66
Ivi, p.233
67
Ivi, p.232
63
27
Questo linguaggio negativo con cui Eckhart indica lesperienza del divino: nulla, morte,
distacco, ecc. si accompagna sempre e non separabile da un linguaggio positivo:
lincontro con Dio gioia, beatitudine, pace.
Il nulla di cui ci parla che Eckhart qualcosa di intrinsecamente positivo e, come
evidenzia Penzo, di sacro.
La presenza di Dio nel molteplice come Dio nascosto e perci come Dio assente apre in tale
contesto la dialettica esistenziale tra essere e nulla. In tale dialettica il nulla non si rivela solo
sotto laspetto negativo, ma pure sotto quello positivo. Anzi, il nulla si mostra come il segno
della stessa positivit dellessere-Dio. [] La creatura non ha lessere in s, ma il suo essere
in rapporto a qualcosa che fuori di se stesso, pur essendo sempre dentro a se stesso. In altre
parole, questo essere-fuori contemporaneamente un essere-dentro, altrimenti la creatura non
potrebbe essere cosciente della sua natura di essere-in-rapporto-a. Perci il nulla come radice di
questo rapporto a un tempo stesso segno della dimensione autentica dellessere. [] Proprio il
non venir meno di tale stimolo rivela la natura del nulla come radice del sacro. 68
Se si tiene presente questa dimensione positiva o sacrale del nulla non mi sembra che si possa
definire il pensiero di Eckhart come una teologia negativa 69
Dobbiamo tenere presente che la dimensione del distacco e del nulla non ha un esito
nichilistico ma porta alla gioia, alla pienezza dellessere, alla beatitudine ed Eckhart
lo esprime molto chiaramente:
questa gioia a voi vicina ed in voi: non v alcuno di voi cos rozzo o povero di intendimento
o lontano da esso, da non poter trovare in s questa gioia, cos come essa in verit, con piacere
e conoscenza, ancor prima di andarsene da questa chiesa, o ancor prima che io finisca la mia
predica; egli pu trovarla, viverla ed averla in s, quanto vero che Dio Dio e che io sono
uomo!70
Questa gioia, questa pienezza dellessere che derivano dal contatto con il divino
accessibile a ogni uomo, adesso: la natura divina sempre presente in noi, nel fondo
della nostra anima, solo coperta come della terra pu coprire una sorgente, ma
sempre presente e attiva. Dio vicino, dice spesso Eckhart, siamo noi che siamo lontani
e persi nella molteplicit e nella finitezza.
68
G. Penzo, Meister Eckhart. Una mistica della ragione, Padova, Messaggero 1992, introd. P.69-70
Ivi, p.109
70
Sermoni tedeschi, cit., p.176
69
28
Il non tenere in sufficiente considerazione questo fatto potrebbe portare a pensare che il
distacco e lincontro con Dio in Eckhart fossero privazione, dolore, sofferenza, rinuncia,
quando invece non possono essere che pienezza, gioia, beatitudine.
La parola distacco, che potrebbe suggerirci ascetismo, rinuncia, immobilit in un senso
negativo, la vita dello spirito, e rimanda a un movimento incessante, alla positivit
della vita, allapertura al mondo, al gioco divino dellessere con se stesso. 74 Del resto il
fatto che Eckhart sottolinei, pi spesso e con maggiore intensit, il lato negativo, ci
aiuta ad evitare un altro pericolo, a cui erano sicuramente esposti i religiosi e le religiose
a cui Eckhart predicava: quello di esaltare lesperienza soggettiva dellincontro con Dio,
una gioia e un dolce sentire pi umani che divini e ancora legati a desideri e debolezze
dellego, che non provenivano da un animo autenticamente distaccato.
71
29
75
30
Anche rispetto alla volont lintelletto si distingue in quanto distacco: lintelletto ricerca
sempre allinterno, mentre la volont va verso lesterno, verso quello che ama. pi
difficile vedere e concepire una volont completamente distaccata in quanto essa
protesa verso qualcosa, rivolta ad altro; lintelletto invece riposa in se stesso, si
conosce in se stesso, proprio come Dio. Infine, lintelletto unimmagine che, come
abbiamo visto, non pu essere separata da ci di cui immagine: immagine e immagine
originaria coincidono assolutamente.
Lintelletto in questo modo penetra nel fondo della divinit, al di l della bont, della
saggezza, della verit e di Dio stesso, penetra nel fondo da cui sgorgano bont e verit,
dove esse sono prima di avere un nome, nel cuore dellessenza divina, in assoluta unit:
Lintelletto si spinge avanti: non gli bastano la bont, n la saggezza, n la verit, n Dio
stesso. S, in piena verit: Dio non gli basta pi di una pietra o di un albero. Mai egli ha tregua:
penetra nel fondo, dove erompono la bont e la verit, e coglie lessenza divina in principio, al
principio, dove la bont e la verit sono uscite, prima ancora di prendere alcun nome, prima che
erompa, la coglie in un fondo molto pi nobile della bont e della saggezza. Alla sua sorella, la
volont, Dio invece basta in quanto buono. Lintelletto divide tutto questo, va oltre, e penetra
nelle radici da cui sgorga il Figlio e si effonde lo Spirito Santo 76
Qui non si sta parlando dellintelletto come di una semplice potenza dellanima a fianco
alle altre. Come sempre in Eckhart, e anche parlando dellintelletto, possiamo
distinguere almeno due livelli di realt, a seconda che egli parli di quello che succede
nel tempo e sotto laspetto della creatura o a seconda che parli dellesperienza dello
spirito, distaccato da ogni determinazione e unito intimamente allessere divino.
Da una parte abbiamo lintelletto come potenza dellanima, lintelletto passivo: esso
servile, crea legami, strumentale cio asservito, dipende dalle creature, in balia dei
contenuti con i quali si identifica. Dallaltra parte abbiamo lintelletto attivo che
divino, separato, unico, libero e distaccato. Da questo punto di vista lintelletto il
tempio di Dio, Dio stesso intelletto.
La conoscenza di Dio non pu avvenire in altro modo che diventando quello stesso che
egli : non si pu conoscere o incontrare Dio diversamente. Cos, come Eckhart quando
parla del distacco come via che porta a Dio, arriva alla fine a chiamare Dio supremo
76
31
32
lintelletto, come le altre potenze, non pu arrivare nel fondo dellanima; 80 lesperienza
del fondo dellanima non un sapere: Dio, se parliamo di conoscenza naturale,
inconoscibile.81
Queste apparenti contraddizioni vengono superate se al di l della terminologia usata
che non sempre precisa, ricordiamo le distinzioni essenziali che abbiamo visto: un
conto il pensiero proteso verso le cose e dipendente dalle cose, un conto lintelletto
puro e distaccato che si muove in se stesso oltre lessere facendosi spirito.
Come si esprime a questo proposito Vannini:
tra amore e conoscenza Eckhart d il primato alla seconda, in quanto come abbiamo gi
accennato essa distacca. Perci talvolta egli dice anche che il fondo dellanima (o la sua
scintilla, il suo castello, ecc. ) essenzialmente intelletto, ma il suo pensiero pi compiuto che
esso sia l dove si coglie la radice prima tanto dellamore quanto della conoscenza, in un
qualcosa che non conosce e non ama, in quanto fondamento sia della conoscenza sia
dellamore.82
80
33
unire a Dio solo se assolutamente puro e distaccato, altrimenti lega alle creature e
rende schiavo di esse.
Vediamo che lamore deve essere necessariamente accompagnato dal distacco: non c
vero amore se non nel distacco, lamore porta a Dio solo in quanto distacco.
Amore infatti distacco dal proprio io e dallutile, dimenticandosi di s nel bene; distacco
amore, perch possibile staccarsi dallio solo nellamore verso lassoluto. Nel medesimo atto
si pensa ed ama Dio e in tal modo lo si genera in noi, in quanto Logos, spirito. 83
83
34
Uno solo infatti lamore, e si irradia ugualmente su tutto senza un perch, cio non
legato ad un interesse, ad un fine, e quindi alla propria volont personale, amore
distaccato.
88
35
Lamore non ha alcun perch. Se io avessi un amico e lo amassi per avere del bene da lui
secondo il mio pieno volere, allora non amerei il mio amico bens me stesso. 92
Il vero amore che porta a Dio, che lo stesso amore di Dio, non cerca nulla, non si lega
a nulla, senza perch, non ama che se stesso e tutto come se stesso.
Anche al culmine del discorso sullamore troviamo in Eckhart lidentificazione di Dio
con lamore, cos come era successo per lintelletto e per il distacco: lamore nel suo
essere pi puro, completamente distaccato in se stesso, non altro che Dio. 93 Dio
amore che ama se stesso, e nellamore in cui Dio ama se stesso, ama tutte le creature,
non in quanto creature, ma in quanto Dio. Nellamore in cui Dio ama se stesso, ama
tutte le cose.94 lo stesso amore, tradizionalmente chiamato lo Spirito santo, quello
con cui noi amiamo Dio e quello con cui Dio ama se stesso, noi e tutte le cose; questo
amore completamente nudo, puro, distaccato in se stesso: solo cos non c divisione
ma unit.
Trattando dellamore, in alcuni passi Eckhart attribuisce una sorta di primato allamore
sulla conoscenza: la conoscenza conduce lanima verso Dio, ma in Dio non pu portare:
perci Dio opera le sue divine opere non nella conoscenza, giacch essa nellanima viene
avvolta dalla misura; le opera piuttosto in quanto Dio e divinamente. Allora viene avanti la
potenza pi alta, che lamore, ed irrompe in Dio, e conduce lanima, con la conoscenza e con
tutte le altre potenze, in Dio e la unisce a Dio.95
In realt, come abbiamo visto, amore e conoscenza entrambi colgono aspetti importanti
dellessere divino e dellesperienza dello spirito, e allora qual la potenza dellanima
che porta allunione con Dio? Porta a Dio non la conoscenza in quanto divide e misura,
non lamore in quanto lega, ma qualcosa che allo stesso tempo conoscenza e amore e
nessuno dei due, qualcosa che al di l e al di sopra di entrambi, qualcosa che conserva
la visione e il distacco della conoscenza e lenergia unitiva dellamore senza esaurirsi in
nessuno dei due. Dio contemporaneamente distacco, amore, intelletto, giustizia senza
essere nessuno di questi ma un qualcosa di superiore, al di l di tutte queste
determinazioni.
92
36
6 - DISTACCO E VOLONT
Questa coincidenza tra volere delluomo e volere di Dio viene espressa talvolta da
Eckhart con espressioni come costringere dio: luomo distaccato, che ha rinunciato
alla sua volont personale, costringe Dio a volere quello che lui vuole.
Chi abbandona completamente il proprio volere a Dio, lo cattura, lo lega, in modo tale che Dio
non pu fare altro che quello che luomo vuole. A chi rinuncia completamente al proprio volere,
Dio d in cambio il suo proprio volere, tanto completamente che la volont di Dio diviene
propriet delluomo, e Dio ha giurato in se stesso di non compiere altro che quel che luomo
96
37
vuole.97
Teniamo presente, per comprendere passi come questo, che luomo di cui qui si parla
non luomo comune, ma luomo nobile, luomo distaccato, luomo che andato oltre
se stesso fino a diventare uno con Dio; nel suo volere non c quindi nulla di personale,
nulla di interessato, di legato alle creature.
Quando luomo rinuncia a se stesso, fa il vuoto in se stesso, Dio obbligato a entrare in
lui; quando luomo abbandona se stesso in quanto volont personale, non pi lui che
vuole, ma Dio che vuole in lui. Un tale uomo ha fatto posto in se stesso alla volont di
Dio, che non vuole in lui niente di diverso da quello che vuole per se stesso.98
Eckhart commenta in tal senso il sia fatta la tua volont del Paternoster, che significa
divenga la volont tua, cio divenga la mia volont personale, volont di Dio, si
spogli la mia volont di tutto ci che personale, di ogni attaccamento fino al punto di
coincidere con la volont di Dio. Con la preghiera sia fatta la tua volont noi
preghiamo Dio che egli ci tolga a noi stessi 99, preghiamo Dio per il distacco da noi
stessi. La volont umana, nel distacco e rinunciando a quanto c in lei di individuale e
di creato, si fonde con la volont di Dio, ma questa una grande trasformazione per
luomo, la pi grande trasformazione che si possa compiere: morire a se stesso per
rinascere in Dio.
38
dice che questo va accettato a tal punto che chi ha riposto totalmente la propria volont
in quella di Dio non deve volere che il peccato commesso non sia avvenuto e prosegue
tu devi avere piena fiducia in Dio: egli non lo avrebbe fatto accadere se non volesse
fartene derivare un bene maggiore.100
Questo accettare la volont di Dio un abbandonarsi a qualcosa di pi grande, un
lasciarsi condurre; questo abbandonarsi un aprirsi, un affidarsi allAssoluto e quindi
fede, intesa proprio come fiducia nella presenza di un Assoluto. Come evidenzia
Vannini, il distacco da se stessi avviene sempre in rapporto a un assoluto, il distacco
gi in s presenza dellassoluto, perci fede non nel senso di credenza ma in questo
senso di fiducia, di affidarsi, di abbandonarsi. Il distacco annullamento di se stessi, se
questo avvenisse senza il riferimento allassoluto sarebbe mero nichilismo; solo
ponendosi in qualcosa di superiore, affidandosi a qualcosa di pi grande ci pu essere
vero distacco, solo nella fede, nella fiducia e totale apertura allessere pu esserci
distacco.
Accettare la volont di Dio, accettare tutto quello che capita come un dono di Dio non
facile: Eckhart nota come luomo normalmente si lamenta o si irrita quando la volont
di Dio si compie e come non sia facile prendere tutte le cose come se fossero desiderate.
Anche in situazioni estreme Eckhart risoluto nellaffermare questa adesione totale alla
volont di Dio da parte delluomo nobile:
se malato, lessere tanto volentieri malato, quanto sano, e sano quanto malato. Se muore
lamico suo in nome di Dio! Se gli viene cavato un occhio in nome di Dio! 101
Affidarsi alla volont di Dio significa accettare tutto quello che viene, anche la
sofferenza. La sofferenza stessa, se viene accettata, si trasforma: soffrire quello che Dio
100
39
Ora chiedereste volentieri come si fa a sapere se [ci che accade] la volont di Dio. Vi
rispondo che se non fosse, anche per un attimo, la volont di Dio, non avverrebbe affatto: deve
essere sempre volont di Dio. Se ti piace la volont di Dio, tu sei proprio come in paradiso,
qualsiasi cosa ti avvenga o non avvenga. Invece a quelli che desiderano altro dalla volont di
Dio, capita giustamente che siano sempre nel dolore e nellinfelicit; essi subiscono sempre
violenza e torto e hanno continuamente sofferenza.104
103
104
40
Ogni turbamento, ogni scontentezza, derivano sempre dalla volont personale, che lo si sappia
o no. Bisogna affidarsi alla buona e cara volont di Dio, spogliandosi totalmente della volont e
del desiderio, e rinunciando a tutto quello che proprio, o che si pu desiderare nelle cose. 105
Lo spirito libero non legato a nulla, non fa dipendere il suo bene da nulla di estraneo,
ha abbandonato ci che suo e si abbandonato alla volont di Dio.
105
106
41
6.4 - La sofferenza
Nel Libro della consolazione divina Eckhart tratta ampiamente il tema della sofferenza.
In Dio non vi sofferenza ma solo pura gioia, la sofferenza deriva dalla volont
personale che si attacca alle creature: pi ci distacchiamo dalla nostra volont personale
per fonderci con la volont di Dio, pi ci allontaniamo dalla sofferenza. La creatura,
come abbiamo visto, porta in s amarezza e sofferenza, anzi in se stessa male e
sofferenza. Finch noi siamo rivolti alla creatura, dice Eckhart, non dobbiamo
meravigliarci se da essa otteniamo sofferenza:
ogni sofferenza deriva dallaffetto provato verso quella cosa che il danno mi ha sottratto. Se
dunque io soffro per un danno causato da cose esteriori, ci evidente segno che amo le cose
esteriori, e che dunque amo in verit la sofferenza e lo sconforto. Perch stupirsi allora che io
cada nella sofferenza, se amo e desidero la sofferenza? 107
impossibile trovare vera consolazione nella creatura; solo rivolgendoci a Dio, lunica
fonte di ogni bene, e unendosi a lui troveremo gioia e consolazione. Ogni sofferenza
deriva dal fatto che non ci rivolgiamo unicamente a Dio, ovvero ogni sofferenza deriva
dallattaccamento alla creatura: nel distacco, cio in Dio, non vi sofferenza.
Bisogna che luomo molto si adoperi nello spogliarsi di se stesso e di tutte le cose create, e non
riconosca altro padre che Dio soltanto. Cos, nulla potr farlo soffrire, n Dio n creatura, nulla
di creato o di increato, giacch tutto il suo essere, vita, conoscenza, sapere e amare, da Dio, in
Dio, Dio stesso108
Torna il tema dellabbandono della propria volont personale con le sue preferenze e
avversioni e dellaccettazione totale della volont di Dio. Solo in tale accettazione, che
profondo distacco, la sofferenza si trasforma in gioia. Luomo giusto, luomo nobile,
non toccato da alcuna cosa che possa capitargli, resta imperturbabile nellanimo e
nella pace del cuore. Cos si esprime Eckhart: io soffro senza soffrire, accetto la
sofferenza distaccandomi da essa, accolgo e attingo la sofferenza nella e dalla volont
107
108
42
di Dio.109
Rinnoviamo, insomma, il lamento di Giobbe, langosciato grido di protesta contro la mancanza
di significato e lingiustizia della sofferenza. Ma la verit a questo riguardo che il dolore non
mai senza significato e ingiusto, e subito si fa pi sopportabile se di questo ci rendiamo conto.
Eckhart questo ha capito con lautore del libro di Giobbe, assieme al quale conclude che il
fardello della nostra sofferenza diventa pi leggero non appena lo accettiamo e smettiamo di
combatterlo perch abbiamo finalmente compreso che non si configura come uningiustizia da
parte di Dio ma solo come uninevitabile conseguenza della natura delle cose. 110
Ivi, p.167
C. Smith, La via del paradosso. La vita spirituale secondo Maestro Eckhart, Paoline, Milano, 1992, p.
139
111
Cfr. Il libro della consolazione divina in Delluomo nobile, cit., p. 191
112
Ibidem.
113
Cfr. Trattato Istruzioni spirituali, in Delluomo nobile, cit., p. 78
114
Cfr. Il libro della consolazione divina in Delluomo nobile, cit., pp. 168-169
110
43
ringraziare Dio115; se siamo nel giusto, soffrire non per noi sofferenza ma letizia e
consolazione116; se la mia sofferenza in Dio e Dio soffre con me come pu essere una
sofferenza il soffrire?117; non bisogna pregare Dio perch ci liberi alla sofferenza, ma
piuttosto chiedere a Dio la grazia affinch si soffra volentieri.118
115
Ivi, p. 179
Ivi, p. 195
117
Ivi, p. 197
118
Ivi, p. 200
116
44
7 OPERE E DISTACCO
Le opere, ci dice Eckhart, sia buone che cattive, sono perdute ossia non hanno alcun
valore in se stesse in quanto opere. invece importante quello che si potrebbe chiamare
latteggiamento, la disposizione con cui le opere sono compiute; questa corretta
disposizione, questo corretto rapporto con le opere caratterizzato proprio dal distacco.
Lo spirito, nel distacco, compie lopera senza aspettarsi da questa una ricompensa,
senza pretendere un merito, compie lopera senza un perch, e in questo si libera
dallopera stessa. questo che ha veramente valore: non lopera, ma il distacco con cui
essa compiuta: questo ci che rende unopera veramente buona. Pi esattamente non
lopera in se stessa che buona, ma buono lo spirito a partire dal quale lopera
compiuta, e non permane lopera in quanto tale, ma permane lagire buono, cio
distaccato, sciolto e perci libero dallopera e dal tempo.120
Le opere quindi sono per il distacco, sono occasione per il distacco; lopera non deve
legarsi allo spirito, come succede se agiamo attraverso la nostra volont personale
interessata. Luomo nobile luomo che resta distaccato nelle opere, che agisce senza
attaccamento.
119
120
45
Lopera e il tempo sono utili proprio soltanto a che luomo abbandoni se stesso. E pi luomo
si libera e abbandona se stesso, pi si avvicina a Dio, che libero in s; e in quanto luomo si
libera, in tanto non perde n opera n tempo. 121
121
Ivi, p. 124
Cfr. Sermoni tedeschi, cit., p. 276
123
Ivi, p. 275
122
46
con Dio. Ci che conta, dunque, questo atteggiamento dellanimo, che coincide con il
distacco, che deve restare invariato in ogni nostra azione.
La resa a Dio con il suo distacco dalle creature e dalle immagini, non pu limitarsi ad avvenire
soltanto nella preghiera, come la nascita di Dio non pu identificarsi semplicemente con una
pratica di orazione, ma devono consistere in un completo rovesciamento interiore del nostro
atteggiamento e della nostra consapevolezza, che restano invariati in tutto ci che facciamo o
non facciamo.124
C. Smith, La via del paradosso. La vita spirituale secondo Maestro Eckhart, cit., p. 117
Sermoni tedeschi, cit., p. 109
126
Ivi, p. 276
127
Cfr. Istruzioni spirituali in Delluomo nobile, cit., p. 64
125
47
Luomo nobile cerca Dio per se stesso, senza nessun altro motivo, senza un perch. 128
Non dobbiamo cercare Dio per avere in cambio la beatitudine, la vita eterna, o la
conoscenza: se cerchiamo in questo modo in realt non troviamo Dio, se invece non
cerchiamo niente troviamo Dio e tutte le cose in lui. Se ci distacchiamo da qualcosa per
ottenere in cambio la beatitudine in realt non ci siamo distaccati da nulla, perch il
distacco consiste nellabbondare completamente se stessi assieme a tutti gli interessi
propri, a tutti i perch.
Chi abbandona tutte le cose, ricever il centuplo in cambio. Ma chi mira al centuplo non riceve
niente, perch non lascia tutto, ma vuole avere il centuplo in cambio. 129
48
133
49
Potremmo dire che lannullamento di se stessi, cio il distacco stesso, deve essere
compiuto anchesso con atteggiamento distaccato, ovvero non pu essere compiuto a
partire da una volont personale interessata, altrimenti appunto non sarebbe distacco; n
pu essere compiuto in vista di un fine, cosa che vanificherebbe immediatamente il
distacco.
Lannullamento di me stesso non pu essere compiuto completamente a partire da me
stesso, perch proprio quel me stesso che devo annullare; dire che lannullamento
devo compierlo io sarebbe dire che c ancora un io che pu compiere qualcosa, e
quindi il distacco e la rinuncia a s non sarebbero in questo caso totali. Questo
annullamento deve essere piuttosto compiuto da Dio: questo annullamento tale che
non sono io ad operare, ma Dio a operare in me, lassoluto a operare in me. Il
riferimento allassoluto essenziale: senza di esso, senza questo affidarsi, non pu
esserci vero distacco, ma solo perpetuazione della volont personale.
Il distacco un atto, e, insieme, non un atto, in quanto niente agisce in noi; si potrebbe dire
anche un non-agire, un patire, in quanto qualcosa che, in ultima analisi, deve essere
compiuto da Dio in noi, ove la nostra parte solo quella del far luogo a Dio. 139
Tocchiamo qui il tema della grazia che si lega strettamente a quello del distacco. Grazia
e distacco esprimono la stessa esperienza, la stessa realt. Troviamo il tema della grazia
molto presente nelle opere latine di Eckhart a indicare quella stessa realt che nelle
opere tedesche pi spesso espressa con il tema e il linguaggio del distacco.
La grazia lazione di Dio in noi. Non sono pi io a decidere, ad agire, ma qualcosa
di diverso e superiore, un universale che agisce in me senza sforzo. La grazia rimanda a
qualcosa che non viene da me, ma che viene da fuori, da Dio, e proprio il fatto che non
venga da me garantisce la radicalit del distacco.
138
139
50
Si dice grazia perch luomo distaccato, espropriato della sua accidentalit, reso interiore a
se stesso nella sua essenzialit, vive in una perenne condizione di armonia, di assenza di sforzo,
di rapporto sereno con gli altri e con le cose, che vede come tutte positive, tutte buone. Il
termine grazia indica proprio questa assenza di sforzo, in una profonda consapevolezza di
trovarsi immerso nellessere, condotto dolcemente per mano, per cos dire, da qualcosa che non
possiamo non chiamare Dio realt ignota finche durava lo sforzo dellio, il legame
allaccidentale, allopera e al suo frutto. 140
Il distacco si compie nel modo pi perfetto se lascio che Dio agisca in me, allora
lazione e lopera non pi mia, non pi legata alla mia volont personale in quanto
non c pi una volont personale, ma sono talmente sprofondato in Dio e la mia
volont talmente una con la sua, che non posso pi distinguere tra unazione mia e
unazione sua.
140
141
Ivi, p. 283
M. Vannini, La morte dellanima, Le Lettere, Firenze, 2003, p. 110
51
8 IL DISTACCO E DIO
52
Cos, i nostri sensi, le nostre volont, intenzioni, forze e membra, devono essere trasferiti in lui,
in modo da sentirne la presenza in tutte le forze del corpo e dellanima. 145
radice
della
egoit,
dellattaccamento
al
proprio
io
(Eigenschaft),
Il negare se stessi ci garantisce il distacco da ogni cosa poich essendo venuto meno lio
viene automaticamente meno al tempo stesso linteresse appropriativo verso ogni cosa,
verso ogni creatura.
Chi abbandona se stesso abbandona tutte le cose:
145
53
Abbandonare noi stessi quindi condizione necessaria per abbandonare ogni cosa;
abbandonare ogni cosa fare il vuoto in noi stessi e questo assolutamente necessario
per poter accogliere Dio: se resta in noi anche solo lombra di una creatura, Dio non pu
entrare, c un rapporto di reciproca esclusione tra Dio e le creature. Come un otre non
pu contenere due bevande cos se vuoi ricevere la gioia divina e Dio, bisogna
necessariamente che tu rigetti le creature149; essere vuoti dalle creature, dai contenuti a
cui ci attacchiamo, essere pieni di Dio. Luomo che rinuncia a se stesso per Dio,
possiede Dio: pi noi abbiamo di nostro e meno abbiamo di lui, e meno amore
abbiamo per le cose, pi possediamo lui con tutto quello che ha da offrire.150
Per ricevere Dio dobbiamo essere vuoti, lanima deve essere talmente spoglia e povera
da non possedere nulla. Pi e povera e spoglia, pi accoglie Dio ed accolta in Dio, pi
diviene identica a Dio.
Qual , infatti, lo scopo di tutto quellinsieme di distacco, rinuncia, abbandono e rigetto del
proprio volere di cui continuamente parla Eckhart, se non il creare uno spazio vuoto entro noi
stessi che serva da cassa di risonanza della Parola. 151
Il vuoto, il nulla dellanima ha una forza trasformativa, rende lanima uguale a Dio e
Dio uguale allanima. Questo eguagliarsi dellanima a Dio, questa realizzazione
dellunit originaria, avviene quando lanima si liberata di ogni mediazione, quando
non c pi nulla fra lanima e Dio. Se resta una qualche mediazione, avverte Eckhart,
per quanto piccola, lanima non vede Dio. Se non vi fosse alcuna mediazione tra Dio e
lanima, essa vedrebbe senzaltro Dio.152
Quando sparisce ogni mediazione, ogni mezzo, ogni elemento intermedio attraverso il
quale lanima si pu avvicinare e pu conoscere Dio, svanisce ogni dualit e ci troviamo
al cospetto dellUno: non pi unanima che conosce Dio attraverso un qualcosa, ma la
stessa anima che diventa Dio, che lo stesso Dio. Tutto ci tramite cui ci avviciniamo a
148
54
Dio, sia esso piacere, paura, speranza o fiducia, mediazione e come tale deve sparire
per poter realizzare la pienezza dellunione con Dio in Dio. La conoscenza di Dio, a
differenza della conoscenza delle creature che avviene attraverso immagini, deve
avvenire senza immagine n somiglianza in quanto limmagine ancora un elemento
intermedio. Abbandonare immagine e somiglianza significa il venir meno dellultima
dualit che resta sul cammino dellunione con Dio, la distinzione fra conoscente e
conosciuto, fino ad arrivare a conoscere Dio come egli stesso si conosce, cio a
conoscerlo senza alcuna mediazione, nellUno.
Se devo conoscere Dio immediatamente, senza immagine e senza somiglianza, bisogna che io
divenga assolutamente Dio, e che egli divenga assolutamente me [] 153.
Questo conoscere Dio senza mediazione, che un diventare uno con Dio, una irruzione
dellanima nella divinit, espresso da Eckhart con la tematica del Figlio e del
diventare il Figlio.
153
154
55
Il Padre e il Figlio sono lo stesso: il Padre con il Figlio non di pi che il Figlio solo,
e, reciprocamente, il Figlio con il Padre non di pi del Padre solo. 155 Ma questo loro
rapporto dialettico fondamentale perch esso il movimento e la vita stessa dellUno,
da questo movimento hanno origine al tempo stesso Dio, il Figlio, lanima, e tutte le
creature.
Nel verbum pronunciato dal Padre in principio, cio in un ora sempre e continuamente
presente, il Padre genera il Figlio e al tempo stesso tutte le creature. Dal punto di vista
unitario delleternit, dal quale parla Eckhart, incarnazione e creazione coincidono e
non sono un fatto storico avvenuto una sola volta nel passato, ma avvengono
continuamente ora in questo istante presente:
Perci creatio non per Eckhart un atto creativo storico, bens il rapporto dinamico che
sussiste sempre tra creatore e creatura; ovvero, temporalmente espresso, creatio continua.156
155
Ivi, p. 105
A.M. Haas, Introduzione a Meister Eckhart. Nardini, Firenze, 1997, p. 63
157
Sermoni tedeschi, cit., p. 224
158
Il libro della consolazione divina in Delluomo nobile, cit., p. 189
156
56
Nessuno conosce il padre se non il figlio. Se non si , non si sa, e si parla dallesterno
di queste cose come i ciechi parlano dei colori: come pu sapere cosa sia la giustizia
solo colui che giusto, cos per conoscere Dio bisogna diventare Dio. E questa
possibilit ci data in quanto uomini, in quanto appunto figli di Dio, in quanto la parte
pi profonda della nostra anima da sempre in contatto essenziale con la divinit.
Arriviamo qui al significato pi profondo e universale dellincarnazione che esprime
non tanto o non solo un fatto avvenuto una volta sola con Cristo, ma questo rapporto tra
luomo, ogni uomo, e Dio, e questa possibilit da parte delluomo di ricongiungersi al
suo principio e l trovare vera gioia e beatitudine. Il cammino per arrivare a questa
realizzazione proprio il cammino del distacco, in cui luomo abbandona se stesso in
quanto individualit e particolarit, muore a se stesso e a tutte le cose create, per essere
veramente Figlio di Dio, generato da Dio come lo stesso Dio, senza ricevere niente di
meno di quello che il Padre.
Cos Eckhart esprime la intima ed essenziale vicinanza tra Dio e lanima, la presenza
del divino in noi. Da questa essenziale vicinanza la possibilit sempre presente nel qui
ed ora di generare Dio nel fondo dellanima, di farci uguali a lui. Dio sempre vicino,
dice Eckhart, siamo noi che siamo lontani, siamo persi nella creatura, negli interessi
particolari, nella divisione e nella separatezza. La vicinanza, nel distacco, diventa vera e
propria coincidenza, tanto che Eckhart pu negare persino il rapporto di similitudine tra
uomo e Dio, in quanto pur sempre di un rapporto tra due distinti si tratta, in quanto la
159
160
57
Questa identit assoluta tale solo nel distacco in quanto lanima si distolta dalla
creatura, dallo spazio e dal tempo e, sprofondata nel suo fondo, accede alla sua vera
essenza divina, dal momento che fondo dellanima e fondo di Dio sono un unico e
medesimo fondo. In questo sprofondare lanima si fa divina, viene attirata da Dio e
diventa Dio, dopo essere morta a se stessa con un atto di supremo distacco. Come una
goccia gettata nel mare si trasforma nel mare cos accade allanima:
Se Dio la attira in s, essa si muta in lui, in modo da diventare divina, ma Dio non diventa
lanima. Allora lanima perde il suo nome e la sua potenza, ma non il volere e lessere. Allora
lanima permane in Dio, cos come Dio permane in se stesso. 163
Questo rapporto tra Dio e lanima veramente essenziale: potremmo dire che Dio ha
bisogno dellanima, nel senso che altrimenti non potrebbe essere; non possiamo infatti
pensare Dio come semplice oggetto, dobbiamo concepirlo come intelligenza,
soggettivit e vita, cio come spirito. Dio non pensabile al di fuori dellanima, della
soggettivit: Dio Dio solo in quanto generato in unora al di fuori del tempo nel
fondo della nostra anima, quando questa ha distolto lo sguardo da tutto ci che finito e
temporale.
161
Ivi, p. 235
G. Faggin, Spiritualit medievale e moderna, Vicenza, Accademia olimpica, 1978, cap. II Maestro
Eckhart, p. 43
163
Sermoni tedeschi, cit., p. 246
162
58
Se lanima, elevata allapice della conoscenza, lo stesso Verbo generato dal Padre, se Dio non
oggetto del nostro pensiero, ne consegue che Dio Soggettivit universale che pensa in noi;
che nella nostra anima Dio arriva alla coscienza di se stesso. 164
Questo piacevole sentire, questo inebriarsi nella gioia della contemplazione di Dio,
proprio questo rappresenta un ostacolo verso il raggiungimento della pi perfetta unit
con Dio. Questa gioia e dolcezza restano pur sempre un elemento di mediazione che si
frappone a quella conoscenza di Dio in cui lanima si ritrova assolutamente una con
Dio. Questo piacevole sentire resta un qualcosa che tiene in vita la propria egoit e non
permette di realizzare quel distacco da se stessi che costituisce la vera chiave
dellunione mistica. Evidentemente quando parliamo di distacco da Dio intendiamo
distacco da Dio come oggetto, come contenuto.
Il Dio vero non un ente, e perci non , n parla, come altro, ma diviene (wird), si genera
come spirito nelluomo distaccato e l anche disviene (entwird), ovvero viene meno nella sua
alterit determinata.167
164
59
Dio solo in quanto generato nel fondo della nostra anima, nel distacco; se resta un
oggetto esterno, un qualcosa che desideriamo e a cui vogliamo unirci, un qualcosa che
ci d delle piacevoli sensazioni, allora quello non Dio.
Dio, che Spirito, non pu infatti esser conosciuto e posseduto come un oggetto, perch
assoluto soggetto, e dunque non pu stare oggettivamente di riserva, per cos dire a
disposizione, e neppure essere descritto e dimostrato dallesterno, appunto come un oggetto,
perch cos scade a idolo: deve esser conosciuto come soggetto, ovvero lo si deve essere, lo si
deve generare.168
Cos avverte Eckhart mettendo in guardia i religiosi e le religiose a cui si rivolge da una
mistica contemplativa che gode di se stessa, attenta alle sensazioni personali e in ultima
analisi profondamente egoistica, probabilmente piuttosto diffusa tra gli ascoltatori del
Maestro. Interiorit e contemplazione possono portare ad un piacere e a un dolce sentire
che ha molto pi di umano che di divino, si deve abbandonare queste sensazioni per
qualcosa di migliore; questa esperienza percepibile di amore mistico non lultimo
gradino dellesperienza di unione concessa da dio alluomo.
Lultimo passo del distacco, e forse il pi difficile per un religioso, proprio quello di
liberarsi da Dio come contenuto. Cos Marta che con un fondo dellanima ben
esercitato, agisce nel mondo senza restare attaccata alle sue opere e resta distaccata
anche dalle pi alte gioie della contemplazione.
168
60
61
In ogni caso, anche in questi casi di uso pi generico del termine distacco, o in
riferimento ad altre dottrine, possibile tradurre secondo la concezione pi propria di
Assagioli, utilizzando il concetto di disidentificazione cio, come vedremo subito, come
una disidentificazione dellio da un qualche contenuto della coscienza.
Inizieremo con delle domande che segneranno la strada che percorreremo per esplorare
il nostro tema. Il distacco implica almeno due termini, per cui potremmo chiederci:
quali sono i due termini che sono identificati e che devono essere separati, distaccati?
Potremmo chiederci: disidentificazione di cosa da che cosa? Uno dei due termini lio:
quando si parla di disidentificazione in psicosintesi si parla di disidentificazione dellio.
lio che ha il compito e la possibilit di disidentificarsi, lio il soggetto della
disidentificazione. E da cosa deve distanziarsi lio? Dai contenuti della coscienza, dai
molteplici e mutevoli contenuti con cui solitamente si identifica, e cio ad esempio
pensieri, emozioni, ruoli, funzioni, subpersonalit. E perch lio dovrebbe distaccarsi da
questi contenuti? Per acquisire libert e ritrovare la sua vera essenza. E, infine, in che
modo lio pu disidentificarsi dai contenuti della coscienza? A questa domanda la
psicosintesi risponde con numerose tecniche fra cui lesercizio di disidentificazione.
Iniziamo a sviluppare questo percorso appena accennato dalla concezione assagioliana
dellio.
62
Inconscio inferiore
la sede delle attivit che coordinano la vita organica, la sede degli istinti primordiali,
dei complessi psichici risalenti al passato, delle nostre subpersonalit; quella
dimensione della vita psichica scoperta da Freud e dalla psicanalisi. La psicosintesi si
pone come un superamento della psicanalisi 175 proprio in questo non fermarsi
allinconscio inferiore, ma ammettendo anche un livello pi elevato che Assagioli
173
63
Vedi Intervista con Sam Keen, Centro studi di Psicosintesi R. Assagioli, Firenze, 1987, p. 5: In una
delle sue lettere Freud disse: Io sono interessato soltanto alla cantina dellessere umano. La psicosintesi
interessata a tutto ledificio.
64
9.2 - Lio e il S
Apparentemente ci sono due io, e Assagioli usa una terminologia diversa per riferirsi
alluno piuttosto che allaltro. Lio al centro dellovoide, il punto al centro del campo
della coscienza, lio cosciente. chiamato anche: io fenomenico, io empirico, io
ordinario, piccolo io, s personale, ego. Noi lo chiameremo io con liniziale
minuscola.
La stella irradiante posta alla sommit dellovoide, ai confini dellinconscio superiore e
dellintera personalit, il S superiore, chiamato anche Io profondo, Io reale, vero Io,
Io o S superiore, anima, S spirituale. Noi lo chiameremo S con liniziale maiuscola.
importante innanzitutto distinguere lio dai contenuti della coscienza: altro sono i
mutevoli contenuti della coscienza (i pensieri, i sentimenti, ecc.) altro lio, il centro di
coscienza che li contiene, per cos dire, e che li percepisce. 177 Lio tende quindi
naturalmente a identificarsi, a confondersi con i vari contenuti della coscienza, siano
questi sensazioni corporee, emozioni, funzioni o ruoli che svolgiamo nella vita o altro
ancora.
E tuttavia nonostante queste continue identificazioni con elementi diversi noi abbiamo
un senso di identit perdurante: io sono io anche se sono ora triste, ora felice, anche se
se mi identifico ora con unemozione ora con unaltra, anche se ricopro ora un ruolo ora
un altro nella mia vita, ho un senso di identit perdurante: sono sempre io che mi
identifico. Ci significa che c qualcosa dietro o sopra lio cosciente che non si
identifica, e che assicura la continuit del mio senso di identit personale anche
attraverso il mutare degli stati danimo e nei momenti di interruzione della coscienza
ordinaria come avviene ad esempio nel passaggio tra il sonno e la veglia.
Questo qualcosa il S, il nostro vero Io. Assagioli non fornisce dimostrazioni
dellesistenza del S, ma fedele allatteggiamento pragmatico proprio della psicosintesi,
177
Principi e metodi della psicosintesi terapeutica. Astrolabio, Roma, 1973, p. 24 (dora in poi
semplicemente Principi e metodi)
65
afferma che possibile fare esperienza del S, che molti uomini lhanno avuta, e che
questa esperienza ha per loro lo stesso grado di certezza che ha un esploratore il quale
abbia percorso regioni sconosciute agli altri.178 Come esploratori che ritornano da un
territorio appena scoperto, questi uomini ci indicano le vie per poter fare a nostra volta
questa esperienza.
Lio e il S sono tuttavia un unico e medesimo Io, non dobbiamo fare lerrore di
considerarli due entit diverse e separate, come se ci fossero nelluomo due io distinti e
indipendenti. Il rapporto fra io e S reso da Assagioli con unanalogia: il S la
sorgente, lio il riflesso, ma sono ununica e medesima luce. Pensiamo quindi a livelli di
manifestazione diversi di ununica realt e a livelli di consapevolezza diversi.
Nellovoide lasse tratteggiato che unisce io e S indica questo collegamento, questa
unit sostanziale pur nella diversit di manifestazione.
Vediamo meglio ora quali sono questi contenti della coscienza con cui lio tende
naturalmente ad identificarsi.
Ivi, p. 25
Psicosintesi, cit., p. 9
180
Ivi, p. 13
179
66
propri, schemi di comportamenti specifici che possono anche essere in contrasto con
quelli portati da altre subpersonalit o non integrarsi fra loro nel migliore dei modi
possibile.
Queste identificazioni del nostro io con le varie subpersonalit sono parziali e limitanti:
io sono ad esempio figlio, padre o marito, a seconda della funzione familiare che
esercito, ma non mi esaurisco in nessuno di questi ruoli, sono anche molto altro. 181 Una
identificazione esclusiva con un ruolo o funzione pu portare a un impoverimento
generale della personalit: certe funzioni psichiche resteranno inutilizzate e non si
svilupperanno, certe potenzialit non saranno mai espresse.182
Arriviamo cos a formulare il compito della psicosintesi, o pi precisamente della
psicosintesi personale: lunificazione armonica della personalit. Queste identificazioni
con subpersonalit, ruoli e funzioni, sono identificazioni parziali e tuttavia in noi c
una forte spinta, spesso non realizzata, allintegrazione della personalit, alla sintesi
(ricordiamo che lio uno, non ci sono, in realt, diversi io in noi). Questa unit - ci dice
Assagioli - un fatto possibile, dato che molti lhanno realizzata: possibile una sintesi,
possibile coordinare, armonizzare queste parti, questa molteplicit interna. Chi deve e
pu operare questa sintesi? Lio, il nostro centro. Ma per poterlo fare, lio deve essere
almeno in parte disidentificato da questa molteplicit interna, dai contenuti, ruoli,
funzioni con cui abitualmente si identifica.
Esaminiamo ora pi da vicino il processo della psicosintesi che abbiamo sopra delineato
e vediamo meglio come la disidentificazione sia un elemento di base che accompagna
tutto questo cammino.
181
182
Cfr. Ivi, p. 54
Cfr. Ivi, p. 45
67
183
68
Occorre quindi fare di pari passo lesplorazione del subcosciente e rafforzare il Centro
cosciente. Il primo metodo per farlo, base necessaria per luso di tutti gli altri, quello del
distacco, delloggettivazione, della non-identificazione. 186
69
Questa la meta pi alta, ma ci sono varie tappe intermedie, ognuna delle quali implica
nuove identificazioni: lio sceglie come centro unificatore un modello ideale, in cui riidentificarsi e attorno al quale costruire la sua nuova personalit: questi modelli ideali
possono essere interni (ad esempio lideale dellartista, del ricercatore del vero,
delleducatore) oppure esterni (un compito, una missione).
Lio quindi sale al S attraverso la disidentificazione: in questo processo, mano a mano
che si allontana dai contenuti della coscienza ordinaria, si avvicina alla sua vera natura.
da notare come alla disidentificazione segua comunque una nuova identificazione in
un diverso centro unificatore. Tali centri nel caso di psicosintesi parziali possono essere
di vario tipo: ci si pu identificare con una tendenza della personalit, una funzione
vitale (ad esempio la maternit), unattivit o compito sociale o professionale, un
189
190
Ivi, p. 30
Ibidem.
70
modello ideale che ammiriamo. In tutti questi casi lio dopo essersi disidentificato con il
centro precedente, si reidentifica nel nuovo centro e questo pu rappresentare un
momento di crescita della personalit, un ampliamento di prospettive rispetto alla
situazione precedente.191
Questo processo di costruzione di una nuova personalit avviene naturalmente nei
momenti di crescita e passaggio fra le varie et della vita, ma pu essere attuato o
favorito consapevolmente; limportante ricercare via via centri di identificazione
superiori, senza fermarsi in una identificazione che pu risultare parziale e limitante e
non consentire di esprimere tutte le nostre potenzialit. Lidentificazione pi alta, pi
ampia e comprensiva, la meta, la psicosintesi completa, lidentificazione con il S
spirituale, lessenza pi profonda del nostro essere. 192 Dobbiamo identificarci con chi
realmente siamo, con la nostra natura pi intima e profonda, non con qualcosa di
parziale o di estraneo, solo cos pu esserci pienezza e vera realizzazione.
Il processo della psicosintesi come metodo di autorealizzazione si pu dire che consista
essenzialmente nella disidentificazione dellio e nella reidentificazione dello stesso in
un centro unificatore pi alto: un modello ideale o nel migliore dei casi il proprio S o
vera essenza.
La quarta e ultima fase, la vera e propria psicosintesi, consiste appunto in questa
ricostruzione della personalit attorno a questo nuovo centro. Questo processo prevede
lutilizzazione delle energie scoperte e liberate nella precedente fase di analisi, lo
sviluppo degli elementi deficienti, e la coordinazione e subordinazione dei vari
elementi, energie e funzioni. Ricordiamo qui che proprio grazie alla disidentificazione
abbiamo liberato le energie interne e possiamo ora disporre di esse, trasformarle e
indirizzarle per gli alti scopi unificatori dellio.
191
192
71
72
73
psicosintesi198, infatti lio come centro di coscienza e volont che deve operare la
psicosintesi, quindi necessario prenderne coscienza.
74
75
Ci significa che nel compiere queste azioni importante che ci osserviamo agire, cio
che facciamo nascere un io osservatore dietro lio che agisce, senza essere assorbiti o
identificati unicamente nellazione. Pi volte Assagioli raccomanda per fare tutti gli
esercizi della psicosintesi un atteggiamento di distacco, che esplicita come questo
sdoppiamento di percezione: il creare una distanza interiore tra chi agisce e chi osserva.
La volont, tema veramente centrale in Assagioli, considerata la funzione che in
rapporto pi diretto con lio, tanto che Assagioli arriva a dire che lio volont. Detto
questo riusciamo a capire come si possa parlare di una volont, cio un io, identificata
con impulsi e desideri: chiaro che una tale volont non libera.
Potremmo dire che lio, fin tanto che identificato, non pu esprimere una volont
libera, ma la sua volont sar asservita agli impulsi, desideri, subpersonalit con cui
identificata. Invece che essere lio, il centro, che con la sua volont coordina le varie
parti interne, saranno queste ultime a volere in lui e per lui. Se lio intrinsecamente
volont, come ci sono due manifestazioni dellio, cos ci saranno due manifestazioni
della volont. Assagioli chiama volont transpersonale la diretta espressione del S.
Se il compito dellio quello di ricongiungersi alla sua sorgente, il compito della
volont personale sar quello di liberarsi dallasservimento di desideri e impulsi,
attraverso la disidentificazione, e di fondersi con la volont transpersonale.
206
76
Queste tecniche sono utili perch dimostrano che lio pu evocare ed eliminare a
volont le immagini di ogni tipo di sensazioni. 207 In questo evocare o eliminare a
piacere le sensazioni implicita la disidentificazione: lio non resta attaccato a
immagini e a sensazioni, ma pu utilizzare la volont per includere o escludere certi
contenuti dal campo della coscienza. Lio, in questo, diventa cosciente di s quale
osservatore distaccato.208 Comprendiamo ora meglio lutilit di queste tecniche: sono
tecniche che allenano lio ad avere un controllo su immagini e sensazioni che
solitamente non sono volute, ma si producono spontaneamente in noi a seconda delle
situazioni e delle influenze di ogni tipo a cui siamo sottoposti.
Accade frequentemente che determinate immagini e sensazioni con cui lio si identifica,
producano in noi conseguenze nocive, ad esempio tensione o ansia; ebbene, lio pu
deliberatamente eliminare unimmagine che giudica dannosa e sostituirla con unaltra
che considera utile, pu evocare immagini per sfruttare il loro potere trasformativo e
leffetto che queste possono avere sullintero psichismo e sul corpo, secondo i principi e
le leggi psicologiche che abbiamo accennato e che Assagioli enuncia in modo completo
nel testo Latto di volont209; tutto questo lio pu farlo in quanto riesce almeno in parte
a disidentificarsi da queste immagini e sensazioni.
Ivi, p. 138
Ivi, p. 132
209
Cfr. Latto di volont, cit., pp. 45-50
210
Cfr. Principi e metodi, cit., p. 141
208
77
78
79
12 - LESERCIZIO DI DISIDENTIFICAZIONE E
AUTOIDENTIFICAZIONE
Lio solitamente si confonde con i contenuti della coscienza e per questo lesperienza
dellautocoscienza o della coscienza dellio, che ci che distingue la nostra coscienza
da quella degli animali, in genere implicita, offuscata. Lio la coscienza stessa ma si
identifica erroneamente con i contenuti cosicch non pu essere percepito in quanto tale
e in modo chiaro, ci appare sempre mescolato con i vari contenuti con cui via via si
identifica.
Abbiamo visto come solitamente lio si identifichi con una parte di noi stessi: questa
parte pu essere una funzione o un ruolo predominante in un dato momento della nostra
vita. Tali identificazioni avvengono per vari motivi, magari perch ci danno
soddisfazioni o vantaggi, o perch attraverso esse otteniamo la vicinanza e laffetto
degli altri. Queste identificazioni in s stesse possono avere funzioni importanti, in s
non sono giuste n sbagliate, il problema che proprio in quanto sono identificazioni
solo con una parte di noi, possono soddisfarci solo temporaneamente e presentano degli
inconvenienti.
Innanzitutto ci impediscono di realizzare lesperienza dellio, il senso profondo di
autoidentificazione, quindi di realizzare la nostra vera natura, ci precludono
unesperienza fondamentale di contatto con la nostra essenza, che dice Assagioli,
unesperienza di intensa gioia, serenit, pace interiore, un intenso stato di connessione
e di allargamento della coscienza.
Lidentificazione con una sola parte inoltre ci limita, esclude le altre possibili
identificazioni, quindi ci impedisce di accedere alle risorse che esse portano con s, ci
impedisce di sviluppare e utilizzare pienamente le altre nostre parti. Questo ci porta
generalmente a un senso di insoddisfazione, di cui possiamo essere pi o meno
consapevoli, per tutte le possibilit che in qualche modo sentiamo di avere o di poter
avere ma che non esprimiamo perch restiamo bloccati in una identificazione parziale.
Infine lidentificazione continua ed esclusiva con un ruolo o una funzione pu dare
luogo a grosse crisi nel momento in cui sentiamo che per qualche motivo
quellimmagine a cui restavamo attaccati come alla nostra stessa identit crolla o
80
minacciata. Assagioli porta gli esempi dellatleta che perde la sua forza fisica, del
lavoratore che va in pensione o della madre quando i figli si allontanano. In questi casi
lidentificazione resta rigida ma la vita cambia. Chi si identificato profondamente con
quel ruolo e ora deve abbandonarlo, sente che non abbandona solo un ruolo, ma che
abbandona o perde tutto se stesso e questo molto doloroso, pu essere vissuto come
una
vera
propria
morte
psicologica.
La
soluzione
passa
attraverso
la
214
215
81
Notiamo come ogni parte dellesercizio inizia e termini con unaffermazione chiave, in
questo caso io ho un corpo ma non sono il mio corpo.
Questa affermazione come le altre si basa sulluso del verbo avere al posto del verbo
essere. La disidentificazione espressa dal cambio di verbo, dal passaggio tra la frase
che esprime identificazione con il corpo io sono il mio corpo che viene negata, e la
frase che esprime il corretto rapporto dellio con il corpo io ho un corpo. Il verbo
essere esprime identificazione: la copula esprime identit tra il soggetto e il predicato
nominale. Il verbo avere presuppone due entit distinte: lio e quello che esso ha. Il
contenuto della coscienza in questione da cui cerchiamo di disidentificarci, il nostro
corpo, diventa da predicato nominale, complemento oggetto.
Il verbo avere rimanda a un avere a disposizione, a un dominio, a un possesso ed
infatti questo il giusto rapporto che deve avere lio con i vari aspetti della personalit.
Ricordiamo che quando Assagioli parla di dominio non intende ovviamente il dominio
rigido di uno spietato tiranno ma la saggia guida di un leader che sa ascoltare le varie
parti del suo reame interno e dirigerle e armonizzarle al meglio in vista di un bene
superiore.
Questo cambio di verbo va a correggere un errore di grammatica psicologica che spesso
commettiamo ingenuamente ma che ha delle conseguenze importanti sulla nostra
psiche. Prendiamo ad esempio proposizioni come io sono stanco oppure io sono
ammalato: esse presuppongono una identificazione con il mio corpo, cio
presuppongono la proposizione io sono il mio corpo. In realt il mio corpo che pu
essere stanco o ammalato, non lio: disidentificandosi dal nostro corpo, quindi
affermando io ho un corpo, ne consegue che le frasi precedenti vengono corrette in
questo modo: io ho un corpo che pu essere stanco oppure malato. Questo implica un
diverso atteggiamento esistenziale nei confronti della malattia: se il mio corpo
216
82
ammalato io mantengo la consapevolezza che il mio io, essendo qualcosa di diverso dal
corpo, non intaccato da questa malattia, resta stabile, non si fa prendere da essa.
Il punto rendersi conto che, quando parliamo al nostro interno utilizzando il verbo
essere in questo modo, creiamo identificazioni e queste hanno influenza su tutte le
nostre funzioni e sul comportamento. I processi psichici sono influenzati e a loro volta
influenzano le immagini e luso del linguaggio, perci cercando di modificare luso del
linguaggio interno possiamo iniziare a modificare anche il processo psichico
corrispondente: utilizzare al nostro interno una corretta grammatica psicologica un
modo per allenarci alla disidentificazione, per cambiare di conseguenza il mostro modo
di agire e di pensare e per renderci conto della vera natura dellio e delle sue possibilit
di dirigere il nostro mondo interno.
Il testo termina con la ripetizione della frase chiave io ho un corpo ma non sono il mio
corpo, Assagioli invita a concentrare lattenzione sul concetto espresso dalla frase e a
cercare di prenderne coscienza come di un fatto sperimentato.217
Sottolineiamo qui il ruolo dellesperienza: lobiettivo non la comprensione solo
intellettuale della disidentificazione, ma la realizzazione interiore di un fatto, di uno
stato di coscienza. Questa frase chiave come le altre dopo una certa pratica possono
essere usate da sole per richiamare subito lo stato di disidentificazione ricercato.
Lesercizio prosegue con altri due passaggi: la disidentificazione dalle emozioni e dalla
mente:
Io ho delle emozioni, ma non sono le mie emozioni. Le mie emozioni sono varie, mutevoli, a
volte contraddittorie. Possono passare dallamore allodio, dalla calma allira, dalla gioia al
dolore, e tuttavia la mia essenza la mia vera natura non cambia, io rimango. Sebbene
unondata dira possa temporaneamente sommergermi, so che con il tempo passer; dunque io
non son questira. Poich posso osservare e comprendere le mie emozioni e poi imparare
gradualmente a dirigerle, utilizzarle e integrarle armoniosamente, chiaro che esse non sono
me stesso. Io ho delle emozioni, ma non sono le mie emozioni.
Io ho una mente ma non sono la mia mente. La mia mente un prezioso strumento di ricerca e
di espressione, ma non lessenza del mio essere. I suoi contenuti cambiano continuamente
mentre essa abbraccia nuove idee, conoscenza ed esperienza. A volte si rifiuta di ubbidirmi.
Non pu dunque essere me stesso. un organo di conoscenza sia per il mondo esterno che per
il mondo interno, ma non me stesso. Io ho una mente, ma non sono la mia mente.
217
83
Tutto quello che abbiamo detto riguardo alla disidentificazione con il corpo vale anche
per questi due passi successivi. Qui notiamo che Assagioli d una sorta di dimostrazione
del fatto che io non sono le mie emozioni: le emozioni sono mutevoli mentre lio
permane, nonostante lavvicendarsi di varie emozioni anche intense e opposte, lio resta
stabile. Le emozioni hanno il loro corso, hanno un inizio, un apice e una fine, ma io
resto sempre io nonostante tutte le cose che mi succedono, lemozione passa e io resto.
Attraverso la disidentificazione possiamo riuscire ad elevare lio al di sopra delle
emozioni in modo da poterle osservare, comprendere, dirigere, utilizzare. Questa
esperienza, una volta raggiunta anche solo in parte, la miglior dimostrazione che io
non sono le mie emozioni.
Anche per la mente viene ripetuto che, come il corpo, un prezioso strumento ma non
lessenza del mio essere. Anche della mente Assagioli sottolinea lestrema mutevolezza,
la paragona a una scimmia impazzita che salta freneticamente di qua e di l, cio di
contenuto in contenuto. Spesso, pi che essere io che uso la mia mente per pensare, la
mente che pensa in me, essa opera indipendentemente dalla mia volont. Per poter fare
della mente luso che vogliamo, e quindi per poter dire veramente di pensare, riflettere o
meditare dobbiamo innanzitutto disidentificarci da essa.218
Oltre che con le principali funzioni fisica, emotiva e mentale, lio si pu identificare con
qualsiasi contenuto della coscienza, ad esempio ruoli, subpersonalit, possessi materiali,
perci lesercizio pu essere adattato a seconda delle esigenze specifiche. Riportiamo
gli esempi che ci fornisce Assagioli:
Io ho dei desideri, ma non sono i miei desideri. I desideri sono provocati dagli impulsi, fisici ed
emotivi, e da altre influenze. Spesso sono mutevoli e contraddittori, con alternanze di attrazioni
e di repulsioni; dunque non sono il mio io. Io ho dei desideri, ma non sono i miei desideri.
Io mi impegno in varie attivit e interpreto vari ruoli nella vita. Devo interpretare questi ruoli e
li interpreto volentieri come meglio posso, sia che si tratti del ruolo di figlio o di padre, di
moglie o di marito, di insegnante o di studente, di artista o di dirigente. Ma io sono pi del
figlio, del padre, dellartista. Questi sono ruoli, specifici ma parziali, che io, io stesso, sto
interpretando, accetto di interpretare, e posso guardare ed osservarmi mentre li interpreto.
Dunque io non sono nessuno di essi. Mi sono autoidentificato, e non sono lattore, ma il regista
della rappresentazione.
218
84
Troviamo qui, oltre a temi che abbiamo gi analizzato, unaltra bella immagine della
disidentificazione: lio nella disidentificazione il regista e non lattore della
rappresentazione.
Osserviamo che quello che accomuna tutti i contenuti da cui dobbiamo disidentificarci
la mutevolezza, mentre lio caratterizzato da stabilit e permanenza.
Il corpo, i sentimenti, la mente sono strumenti di esperienza, di percezione e di azione,
strumenti mutevoli ed impermanenti. Invece lIo essenzialmente diverso: semplice,
immutabile, cosciente di s.219
anche
attraverso
la
fase
successiva
dellesercizio:
la
fase
di
autoidentificazione.
Il cuore della fase di autoidentificazione, che la fase positiva, affermativa
dellesercizio, si pu riassumere nellaffermazione:
Io sono un centro di pura autocoscienza e di volont, capace di osservare dirigere ed usare tutte
le mie funzioni psichiche e il mio corpo.220
219
85
centro di volont capace di osservare, dirigere ed usare tutti i miei processi psicologici ed il
mio corpo fisico.
Allora io che cosa sono? Che cosa rimane quando mi sono disidentificato dal mio corpo, dalle
mie sensazioni, sentimenti, desideri, mente e azioni? Lessenza di me stesso: un centro di pura
autocoscienza. Il fattore permanente nel flusso mutevole della mia vita personale. questo che
mi d il senso di essere, di permanenza, di equilibrio interiore. Io affermo la mia identit con
questo centro e ne riconosco la permanenza e lenergia.
Io riconosco e affermo me stesso quale centro di pura autocoscienza e di energia creativa,
dinamica. Riconosco che da questo centro di vera identit posso imparare ad osservare,
dirigere e armonizzare tutti i processi psicologici e il corpo fisico. Voglio raggiungere una
coscienza permanente di questo fatto, in mezzo alla mia vita di tutti i giorni, e usarla per
aiutarmi a dare alla mia vita un significato e un senso di direzione crescenti.
86
Questa distinzione che abbiamo visto nelle fasi della disidentificazione, prerequisito per
acquisire coscienza di s, deve essere costantemente mantenuta durante la meditazione
riflessiva sullio, tanto che, dice Assagioli, se durante la meditazione dovessero affiorare
elementi disturbanti, questo significa che non siamo sufficientemente disidentificati, per
cui consigliabile sospendere la meditazione e fare un passo indietro alla fase di
disidentificazione.
222
87
13 - VOLONT E DISIDENTIFICAZIONE
88
queste energie come meglio crede, con questo guadagna libert e capacit di azione e
viene ad esercitare una funzione particolare e importante.
Questa funzione con cui lio dirige, coordina la molteplicit della vita psichica, funzione
che la sua stessa essenza, la volont. Lintimo legame tra io e volont rappresentato
graficamente da Assagioli nella cosiddetta stella delle funzioni 226, dove troviamo la
volont posta al centro, in contatto con lio.
Larea centrale della volont tocca tutte le altre sei funzioni, che sono sensazione,
emozione-sentimento, impulso-desiderio, immaginazione, pensiero e intuizione, ad
indicare come lio, attraverso la volont, possa agire su queste funzioni, dirigerle e
regolarle.227 Per dirigere le varie funzioni, lio deve mantenere una certa distanza
interiore, senza identificarsi con esse. Dato lo stretto legame tra io e volont, invece, lio
pu identificarsi con la volont, come abbiamo visto avviene al termine dellesercizio di
disidentificazione: io sono un centro di coscienza e volont, oppure io sono una
volont cosciente potente e dinamica, io sono un io vivente che vuole che ama.228
Lidea che Assagioli ha della volont, non quella di una volont dura inflessibile,
autoritaria e repressiva: questa una concezione errata che lui chiama concezione
vittoriana della volont. La volont non repressione, non censura: tutto quello che
tentiamo di reprimere prima o poi ci si ripresenta spesso in modo ancora pi insidioso.
Se reprimiamo diventiamo vittime di ci che neghiamo, se usiamo saggiamente
226
89
La funzione della volont paragonata da Assagioli al timoniere della nave: egli deve
conoscere la rotta e mantenerla con fermezza, ma deve anche saper sfruttare al meglio
lenergia del vento, cio le nostre energie psichiche: la volont non deve essere solo
forte ma anche sapiente.
90
Cfr. Ivi, p. 47
Cfr. Ivi, p. 56; questa la tecnica della sostituzione
234
Cfr. Latto di volont, cit., p. 108
235
Ivi, p. 109
233
91
236
La trasformazione e
92
239
240
93
La psicologia transpersonale, la cosiddetta quarta forza della psicologia, esplora bisogni e aspirazioni
che vanno al di l della auto-attualizzazione della psicologia umanistica.
242
Cfr. Latto di volont, cit., p. 93
243
Principi e metodi, cit., p. 162
244
Cfr. Lo sviluppo transpersonale, Astrolabio, Roma, 1988, p. 17
245
Cfr. Lo sviluppo transpersonale, cit., p. 12
94
I mistici di tutti i tempi affermano di aver sperimentato stati di coscienza molto diversi
dai soliti che li hanno portati in contatto con una Realt che al di sopra o oltre quella
ordinaria, sentita come qualcosa di pi reale, di pi duraturo del mondo di tutti i giorni,
una Realt pi ampia e pi piena.
Nelluomo spirituale (in qualche misura) tutto ci che lo induce a trascendere il suo
esclusivismo egoistico, [] tutto ci che lo induce a riconoscere una realt pi ampia e
superiore, sociale o ideale, e a inserirsi in essa, varcando i limiti della propria personalit. 246
14.2 - Il S Superiore
Evidenziamo innanzitutto la differenza tra il supercosciente e il S Superiore: questa
differenza testimoniata dal fatto che molte persone hanno avuto esperienza di fatti o
funzioni supercoscienti, senza aver avuto coscienza del S.248 Supercosciente indica una
porzione dellinconscio, linconscio superiore. Supercosciente principalmente un
aggettivo che indica tutti i contenuti, di cui normalmente non siamo coscienti, presenti
nella sfera pi alta della nostra psiche e che a volte irrompono nella nostra coscienza
come ispirazioni artistiche, valori etici, intuizioni, slanci altruistici, illuminazioni,
contenuti che trascendono la personalit ordinaria.
La differenza fondamentale che questi contenuti sono di vario genere, dinamici,
mutevoli, mentre il S immobile, stabile, immutabile e questo senso di permanenza
trasmesso, seppur in modo attenuato dal S spirituale al suo riflesso, lio cosciente.
Questo ci d il senso di permanenza, di identit personale, attraverso tutti i cambiamenti, e
lavvicendarsi degli stati danimo, dei mutevoli contenuti della coscienza. Per quanto noi ci
246
95
identifichiamo continuamente con i vari personaggi, con le varie subpersonalit, con le varie
emozioni che via via occupano il campo della coscienza, pure in fondo ognuno sa di essere
sempre se stesso.249
96
grande differenza che esiste fra lo spirito individuale nella sua natura essenziale quello che
stato chiamato il fondo o il centro o lapice dellanima, lIo superiore, il S reale e la
piccola personalit ordinaria, il piccolo io di cui siamo abitualmente consapevoli. 252
Ivi, p. 101
Ivi, p. 68
254
Latto di volont, cit., p. 96
253
97
98
dagli attaccamenti non comporta nessuna perdita, anzi, al contrario, tramite il distacco si
conquista la pi alta delle libert.257
99
Al fine di acquisire un tale distacco lamore deve essere sottomesso ad una completa
trasmutazione e sublimazione; lamore personale deve essere purificato dai suoi elementi
personali ed egocentrici, in modo da liberare e rivelare la sua vera natura: quella di una benefica
irradiazione, di un altruismo che si fonde in ununit pi grande, in un grande tutto. 260
260
Ivi, p. 21
100
15 - ELEVAZIONE E DISIDENTIFICAZIONE
101
102
I simboli del S sono diversi: tra questi quello della rosa o del fior di loto, del sole, della
sfera di fuoco irradiante, del Maestro, del Saggio interiore.
Assagioli propone un esercizio particolare che utilizza il simbolo della rosa. Questo
consiste nellidentificarsi con una rosa che sboccia e vivere simbolicamente questo
processo, simbolo del rivelarsi del nostro Essere spirituale.
Il S di solito, celato, chiuso, avviluppato; anzitutto dal corpo con le sue sensazioni; poi dalle
molteplici emozioni ed impulsi (paure, desideri, attrazioni e repulsioni, ecc.) e dallattivit
mentale inquieta e tumultuosa. necessario togliere o allargare questi viluppi affinch si riveli
il Centro spirituale.267
Notiamo come i viluppi che avvolgono il S sono il corpo, le emozioni e la mente, gli
stessi elementi da cui lio deve disidentificarsi nellesercizio di disidentificazione.
Queste identificazioni quindi nascondono il S, che pure sempre presente in noi anche
se inavvertito, lo chiudono e impediscono che esso si manifesti, che sbocci. Lesercizio
della rosa pu essere letto in termini di disidentificazione e autoidentificazione. Con la
disidentificazione lasciamo andare, lasciamo cadere i viluppi, le identificazioni con il
corpo, le emozioni e la mente: questo permette al S di manifestarsi, di sbocciare; una
volta che siamo in contemplazione del fiore sbocciato, del S manifestato, ci
autoidentifichiamo con esso, e lo riconosciamo come la nostra vera essenza in tutta la
sua bellezza, potenza e perfezione.
Altri simboli possono essere utilizzati per sviluppare determinate qualit transpersonali
e in questo processo Assagioli sottolinea luso della volont e della disidentificazione.
Invece che lasciarci assoggettare passivamente da tutti i simboli, le forme artistiche, i
messaggi che ci circondano, e che spesso sono dei veri e propri veleni psicologici, noi
possiamo scegliere e usare tutto questo deliberatamente agli scopi della nostra
psicosintesi. Possiamo procurarci e utilizzare una serie di immagini, simboli, opere
darte che esprimano la qualit o le qualit che desideriamo evocare o sviluppare e,
attraverso lidentificazione volontaria e consapevole, lasciare che queste forme suscitino
in noi le forze che rappresentano, ottenendo cos gli effetti trasformativi desiderati. 268
Qui il punto proprio la capacit di disidentificarsi volontariamente da immagini
negative e identificarsi volontariamente con quelle pi utili per la nostra evoluzione.
267
268
103
104
16 - IL S E LA DISIDENTIFICAZIONE
Lio disidentificato tende quindi a salire, a percorrere la linea che nellovoide lo unisce
al S e a ricongiungersi alla sua origine. Una volta che lio abbandona i contenuti con
cui normalmente si identifica, di lui cosa resta? Niente se non la sua essenza, e questa
essenza il S, perci pi lio si disidentifica, pi si riavvicina alla sorgente.
Lo stato di coscienza delluomo normale che si lascia vivere uno stato di illusione che
pu essere paragonato al sonno: luomo preda di illusioni emotive e mentali,
attaccamenti, fantasmi interni, che producono errori di valutazione e sofferenze. Il salto
di consapevolezza dal sonno alla veglia viene espresso da Assagioli in termini di
disidentificazione. Per risvegliarci spiritualmente occorre innanzitutto riconoscere
questa molteplicit psicologica che in noi, e, riconoscendo la sua illusoriet e non
sostanzialit, disidentificarcene: in questo passaggio non siamo pi il piccolo io, attore
indaffarato che si affanna inutilmente dietro alle illusioni, ma diventiamo, o scopriamo
quello che realmente siamo: il S, lIo spirituale, lo Spettatore della tragicommedia
umana.271
269
105
Il fatto che qui Assagioli indichi il S come lo Spettatore rimanda chiaramente al ruolo
fondamentale della disidentificazione: proprio in essa infatti che diventiamo spettatori
di tutto ci con cui prima ci identificavamo, quindi in essa che ci avviciniamo e che
realizziamo il S.
Gli attaccamenti sono causa di schiavit: quando siamo attaccati, identificati a qualche
contenuto, non siamo liberi ma determinati da quel contenuto. Ad esempio abbiamo
visto come luomo comune sia posseduto da desideri di vario tipo: pi che essere lui a
volere, sono questi desideri che vogliono in lui, e in questo sta la sua schiavit.
Lattaccamento fondamentale, dice Assagioli, quello relativo alla propria personalit,
allidentificazione con essa che viene scambiata per il proprio vero io. 272
Lidentificazione con la propria personalit ordinaria, anzich con la nostra vera natura,
il S, ci rende schiavi: il processo di liberazione passer quindi attraverso la
disidentificazione o il non attaccamento a tutto ci che compone la personalit: lIo
disidentificato, privo di contenuti, centro di pura autocoscienza, risale verso la Sorgente.
Il canale che unisce lio personale con il S transpersonale, normalmente ostruito da
varie impurit, per cui lio vive la sua vita ordinaria senza sapere di essere un S.
Ripulire questo canale unoperazione che comporta in realt la purificazione
dellintera personalit e una cosciente disidentificazione da essa per mezzo della
coltivazione di una divina indifferenza alle sue pretese, e quindi lidentificazione con il
S.273 Ancora una volta la strada che porta al S passa per la disidentificazione con i
contenuti della personalit che libera il canale che unisce lio al S e permette di
ricomporre lunit dellIo.
Noi non abbiamo normalmente coscienza del S a causa del fatto che la nostra
coscienza occupata dal continuo fluire dei vari stati danimo; il nostro io empirico si
identifica via via con essi.274 Per raggiungere la consapevolezza del S, occorre
arrestare per qualche istante la corrente mentale, tenere il campo della coscienza libero
dagli stati danimo che di solito lo occupano. Occorre cio disidentificarsi dai contenuti
della coscienza. Pi siamo disidentificati, pi ci allontaniamo dallio empirico e
possiamo cogliere il S.
Questo stretto legame tra distacco ascesa al S rappresentato da Assagioli, nei colloqui
riportati da Caldironi275, con unimmagine: la nostra coscienza di veglia, lio empirico,
272
106
come una mongolfiera frenata, trattenuta a terra dalla zavorra e da una serie di corde,
che rappresentano gli attaccamenti.
La coscienza-mongolfiera ha quindi in s una tendenza a salire, tende cio a
ricongiungersi al S, sua vera natura, a patto per che lasci andare tutti gli attaccamenti
che la trattengono, a patto che sappia disidentificarsi da tutte le cose della pianura.
Questi pesi o queste corde, che ostacolano lelevazione della coscienza verso il
supercosciente e il S Spirituale, sono simbolo di attaccamenti ai contenuti ordinari
della personalit276, e possono essere, ci dice Assagioli, di varia natura: fisica, emotiva,
immaginativa, mentale, volitiva e ambientale. La disidentificazione, il non attaccamento
a questi contenuti ordinari e mutevoli della coscienza, dunque necessaria affinch essa
possa elevarsi.
B. Caldironi, Luomo a tre dimensioni, colloqui con Roberto Assagioli, Edizioni del Girasole,
Ravenna, 2004
276
Lo sviluppo transpersonale, cit., p. 41
107
Ora questa esperienza di per se stessa, non ha nulla di transpersonale, non riguarda il
supercosciente, lesperienza dellautocoscienza in pianura, un senso di io sono io
che pu manifestarsi anche in modi aggressivi ed egoistici.
Sono io che lo faccio, io che coscientemente, dirigo la mente o tento di dirigerla, mi accorgo
delle emozioni, cerco di evocare dei sentimenti o di trascurarne altri, e sono io che percepisco
certe sensazioni. Questa lautocoscienza. 277
108
di
disidentificazione
la
seconda
fase
riguarda
appunto
280
Ivi, p.74
In verit, per gli scopi educativi e terapeutici della psicosintesi, non necessario, dice Assagioli,
insistere molto sulla realizzazione del S: meglio concentrarsi sulla realizzazione di una vita pi piena,
pi intensa e gioiosa, che propria del supercosciente, lasciando il S, che pu sembrare astratto e
inafferrabile, come sfondo trascendente. Si evidenzia anche qui latteggiamento pragmatico dellAssagioli
terapeuta che antepone alla speculazione il rapporto concreto con il paziente e le valutazioni su come sia
pi proficuo presentargli la teoria e il percorso della psicosintesi.
281
109
di dare risposta sono problemi pratici, mai puramente speculativi e il suo approccio
empirico e fenomenologico, anche quando tratta gli argomenti pi alti: si pu
giustamente parlare a questo proposito di pragmatismo spirituale.282
Il giusto processo, dice Assagioli, di posporre le teorie e le discussioni intellettuali e
cominciare dallesperienza esistenziale diretta: ad esempio, per quanto riguarda la
volont, ma questo vale anche per tutti gli altri concetti fondamentali della psicosintesi,
Assagioli non fa nessuna asserzione metafisica sulla sua esistenza, ma tratta dellatto di
volont e di coloro che vogliono secondo un approccio empirico.283
La psicosintesi, nota Assagioli ha un approccio antiteoretico, anti intellettualistico: si
base sempre sulla vita vissuta. Non legata a nessuna teoria, a nessuna dottrina,
indipendente e assolutamente agnostica verso qualunque cosa: ogni sua concezione il
risultato di dati constatati nellesperienza vivente dellatto terapeutico, della prassi
terapeutica; , cio, una concezione, una prassi scientifica che non legata a alcuna
ideologia.284
N troviamo asserzioni metafisiche in Eckhart: non conosce Dio chi non diviene uguale
a Dio; conoscere Dio non conoscere un qualche oggetto esterno, ma diventare noi
stessi, attraverso la pratica del distacco, un luogo, o meglio un nulla, in cui Dio possa
operare. Ogni affermazione metafisica o dogmatica sarebbe dunque in contrasto con il
cuore dellinsegnamento eckhartiano, che recisamente afferma a questo proposito che
chi non non sa e parla come i ciechi possono parlare dei colori. 285 Questo non
contrasta con il fatto che per Eckhart si parli, e a ragione, di una mistica speculativa, e
certo in lui rispetto ad esempio ad altri mistici laspetto speculativo importante, ma
questo non significa affatto lesclusione dellesperienza.
Notiamo come anche Assagioli riconosca in Eckhart la prevalenza dellaspetto
conoscitivo. Secondo Assagioli, a seconda delle differenze individuali, ovvero della
tipologia, viene dato maggior risalto a certi aspetti della manifestazione del
supercosciente nella coscienza di colui che entra in contatto con esso, aspetti diversi che
in realt non sono separati ma che si compenetrano lun laltro. Cos, qualcuno sar
portato a enfatizzare maggiormente laspetto conoscitivo, qualcuno quello estetico,
qualcuno quello dellamore o della volont e cos via, ma questi aspetti sono tutti
282
A. Berti, Roberto Assagioli profilo biografico degli anni di formazione. Istituto di Psicosintesi,
Firenze, 1987, p. 26
283
Cfr. Latto di volont, cit., p. 8 e p. 13
284
B. Caldironi, Luomo a tre dimensioni, colloqui con Roberto Assagioli, cit., p. 95
285
Cfr. Commento al Vangelo di Giovanni, cit., n. 620, p. 378
111
egualmente presenti nella realt supercosciente; il fatto di enfatizzarne uno piuttosto che
un altro solo una differenza di accento. 286 Utilizzando questa logica inclusiva,
Assagioli pu affermare ad esempio che non ha senso sostenere che la saggezza,
espressa prevalentemente da Buddha, sia superiore allamore, espresso prevalentemente
da Cristo, o viceversa: sono entrambe qualit del divino. 287 Il che ci riporta ad Eckhart
secondo cui, come abbiamo visto288, sia intelletto che amore, purch permeati dal
distacco, possono portarci a Dio.
286
112
Cfr. Sermone Dum medium silentium in Sermoni tedeschi, cit., pp. 139-152
113
292
Cfr. ad es. Delluomo nobile, cit., p. 107: Si deve cercare Dio in ogni cosa [] Cos si cresce e si
migliora in ogni momento senza interruzione, e senza mai smettere di migliorare.
114
115
stesso Vannini a questo proposito nota come il maestro domenicano non parta dalla
religione, non sia un pi o meno larvato apologeta del cristianesimo, ma faccia un
discorso che noi chiameremmo con la nostra terminologia, scientifico, anche e
soprattutto per il suo rilievo psicologico (ovvero spirituale).296
296
297
116
298
Cfr. Psicosintesi, cit., p. 93 in cui Assagioli cita Eckhart sul distacco e commenta cos: questo pu
dare limpressione di qualcosa di talmente alto da sembrare vano il tentarlo o lo sperare di poterlo
raggiungere.
299
Quasi tutte le psicoterapie - dice Assagioli nel 1968 - non tengono conto del S. Nel 90% dei casi si
fermano prima, ponendosi unicamente il problema di rendere normale lanormale, di adattare socialmente
il nevrotico o lo psicotico, ma ci, in psicoterapia, non basta e non possibile. in B. Caldironi, Luomo a
tre dimensioni, cit., p. 97
117
18 DISTACCO E DISIDENTIFICAZIONE
118
spirito delluomo sia distaccato nel momento in cui vuole unirsi a Dio, bisogna che vi
sia un ben esercitato distacco sia prima che dopo.305 Lo stesso possiamo dire di
Assagioli che consiglia di praticare lesercizio disidentificazione ogni giorno per essere
poi in grado di applicarlo alloccorrenza, nelle situazioni della vita quotidiana: Il fine
di questi esercizi di imparare a disidentificarsi in ogni momento della giornata, di
disidentificare il s da qualsiasi emozione, persona, pensiero o ruolo la domini, e
adottare la posizione strategica dellosservatore distaccato.306
Entrambi gli autori ci propongono una prassi, una askesis quotidiana, linvito quello di
esercitarsi al distacco come disposizione interiore dello spirito nella vita quotidiana, i
cui avvenimenti non devono essere considerati impedimenti indesiderabili da eliminare,
ma occasioni per il distacco. Linvito a praticare il distacco non una fuga o un ritiro
dal mondo, un vivere nel mondo ma con diverso atteggiamento spirituale nei confronti
di ci che accade. Eckhart a questo proposito molto chiaro quando parla delle opere: le
opere sono per il distacco, sono unoccasione per praticare il distacco e imparare ad
agire senza attaccamenti. Il maestro domenicano non ci invita a stare senza opere, il che
sarebbe impossibile, ma ad agire con distacco, in modo che le cose con cui abbiamo a
che fare non ci ostacolano e non imprimono in noi immagini durature, giacch, quando
il cuore colmo di Dio, non possono trovarvi posto le creature. 307 lazione distaccata,
esemplificata come abbiamo visto dal modello di Marta, unazione che non si perde
allesterno, ma che sempre accompagnata dalla consapevolezza: in tutte le cose e in
tutte le opere si deve attentamente fare uso della ragione, prendere coscienza di noi
stessi e del nostro essere interiore, in tutte le cose si deve cogliere Dio nel modo pi alto
possibile.308
Unazione che non attaccata a un fine, unazione senza perch, in cui quello che
importa veramente non lazione in s stessa, tanto vero che ogni opera uguale,
afferma Eckhart e Dio risplende nelle cose profane tanto chiaramente quanto in quelle
divine309, ma il nostro atteggiamento interiore nei confronti di essa. E questo
atteggiamento interiore proprio il distacco.
305
119
Non ritiro dal mondo quindi, ma azione nel mondo in modo distaccato. In questo
aspetto Eckhart in piena sintonia con Assagioli, anchegli lontano da forme di
isolamento ascetico ma al contrario fautore di una pratica che si applica nella vita
quotidiana e che anzi trova in questa spunti e occasioni per il proprio sviluppo
spirituale, a patto di cambiare ottica e non lasciarsi travolgere dagli avvenimenti ma
utilizzarli con consapevolezza e distacco per la propria crescita.
La disidentificazione non negare il nostro corpo, pensieri ed emozioni; luomo
distaccato un uomo che vive nel mondo, che utilizza le situazioni e le opere per il
distacco stesso. Possiamo praticare la disidentificazione quotidianamente nel nostro
agire nel mondo senza smettere di agire, ma agendo senza identificarci; quello che fa
veramente la differenza la nostra disposizione interiore, lessere in contatto e
identificati con la nostra vera essenza, con il nostro S. Possiamo essere interiormente
liberi anche consentendo a svolgere le nostre funzioni e a interpretare i nostri ruoli nella
famiglia e nella societ secondo la situazione in cui ci troviamo.310
Una caratteristica della psicosintesi quella di proporre un gran numero di tecniche e
metodi per lo sviluppo delluomo; Assagioli ne propone una gran quantit: esercizi,
visualizzazioni, meditazioni, con degli obiettivi specifici e una determinata procedura da
seguire. Tutto questo corpus di tecniche costituisce un elemento di specificit proprio
della psicosintesi stessa.
Eckhart dal canto suo sembra indicare una via diversa. A questo proposito il maestro
domenicano si chiede cosa si debba fare per ottenere la nascita di Dio nellanima, e ci
mette di fronte a questa alternativa: luomo deve cooperare, esercitarsi, meditare,
formare in s delle rappresentazioni, compiere qualcosa, usare tecniche particolari,
oppure meglio che luomo si spogli e si liberi di ogni pensiero, parola e opera, e di
ogni rappresentazione, e si mantenga completamente in passivit di fronte a Dio,
inattivo, lasciando che Dio operi in lui?.311 La risposta di Eckhart prevedibilmente la
seconda: la cosa migliore che luomo si mantenga nel silenzio, nella pace e nella
quiete, e lasci parlare ed operare in s Dio, aspettando soltanto lazione di Dio. 312 da
notare come Eckhart, quando ci prospetta questa soluzione, ribadisce che questo
compito e questo comportamento riguardano soltanto gli uomini buoni e perfetti 313,
310
120
come dire che per un uomo che non abbia ancora raggiunto un sufficiente livello di
evoluzione spirituale pu certo essere utile esercitarsi, meditare, praticare delle opere, e
questo si pu accettare, ma non certo il punto di arrivo, non certo la cosa migliore.
La cosa migliore arrivare al punto in cui tutte le opere e le rappresentazioni sono
superate, al punto in cui luomo, nel silenzio e nel vuoto della sua anima lascia parlare e
agire Dio solo.
Anche qui troviamo un Eckhart pi attento a indicare il punto pi alto di arrivo del
cammino spirituale delluomo, quello della nascita eterna nellanima, che a parlare di
come fare a raggiungere questa vetta partendo dal basso. Lopposto in Assagioli,
impegnato invece a delineare con pi chiarezza possibile tutte le tappe, i modi e le
tecniche per intraprendere un cammino di conoscenza e crescita psicospirituale e
sempre prudente a parlare dei pi alti stati di identificazione con il S.
Le tecniche che Assagioli propone, oltre che rifarsi alla psicanalisi freudiana,
provengono o si ispirano ai pi svariati campi che costituivano la sua vastissima cultura:
dottrine orientali, filosofia, mistica cristiana, esoterismo, ecc.314 La sua intenzione e il
suo merito stato quello di raccogliere questo materiale, filtrarlo attraverso la sua
esperienza e pratica clinica, e mettere a punto un insieme di metodi e di pratiche esposte
in modo concreto e preciso, vicino alla sensibilit moderna, tali da poter essere
utilizzate in modo pi efficace possibile per la terapia, leducazione e lo sviluppo
spirituale delluomo.
Eckhart da parte sua pi essenziale: non parla di metodi, se non di quel unico metodo
che il distacco, tanto che il lettore dei sermoni pu restare affascinato dalla radicalit
della sua predicazione, ma al contempo sconcertato e disorientato sul modo in cui debba
seguire il suo insegnamento. Si pu dire che Assagioli (e pi in generale la psicologia
transpersonale) cerchi di colmare quel vuoto che pu lasciare Eckhart (o in generale i
maestri spirituali del passato) quando il lettore moderno di fronte alla potenza e
allispirata bellezza della sua predicazione si trova a chiedersi come poter realizzare
quello di cui il maestro domenicano ci parla.
18.2 - Il distacco e i contenuti
314
Per fare solo un esempio, la tecnica della sublimazione, dice Assagioli, stata intuita e indicata pi
meno esplicitamente anche dagli alchimisti e dai mistici cristiani. Cfr. Lo sviluppo transpersonale, cit., p.
178
121
Questa discriminazione quindi latto essenziale del distacco, che porta a separarci da
tutti quei contenuti mutevoli che erroneamente chiamiamo io.
Il distacco il rimuovere come inessenziali, parziali e vani, i contenuti presenti nellanima. Ci
che appartiene alle facolt dellanima e le facolt medesime si scoprono cos come inessenziali,
ovvero si impara a distinguere tra laccidentale - il determinato, condizionato dallo spazio e dal
tempo - delle facolt e dei loro prodotti, e lessenziale, universale, libero, di un qualcosa
315
122
(come talvolta dice Eckhart) nellanima che permane immutabile di fronte allincessante
mutevolezza della psiche e dei suoi contenuti. 319
123
Qui la psicosintesi viene definita come quel metodo che mira a liberare luomo da
questo dominio e a farlo diventare signore del proprio mondo interno: questa liberazione
avviene innanzitutto attraverso la disidentificazione.
Troviamo questa correlazione tra attaccamento e dipendenza anche in Eckhart quando
egli afferma che nel nostro cuore pu dimorare Dio oppure la creatura, ma fin quando
vive la creatura noi siamo sotto il suo dominio:
Perci un uomo buono dovrebbe vergognarsi di fronte a Dio e a se stesso nellaccorgersi che
Dio non in lui, che non il Padre compie in lui le opere, ma che ancora vive in lui la misera
creatura, determinando le sue inclinazioni e compiendo le sue opere. 322
Se nel cuore delluomo dimora la creatura, sar questa ad agire in lui e per lui e un tale
uomo sar cos determinato dalla creatura e dalla finitezza, mentre solo nel distacco, una
volta che lanima delluomo sar completamente rivolta a Dio, pu esserci libert.
321
322
124
323
125
identificazione con una parte della personalit distrugge la libert che viene dallesperienza del
puro io.326
Il distacco il principio della libert interna, del volere libero, che lessenza della
vita spirituale.327 Possiamo quindi correlare dipendenza e attaccamento e dallaltra
parte distacco e libert, libert che viene dallesperienza del S per usare la terminologia
assagioliana o dallincontro con Dio per dirla con Eckhart.
Lio, come abbiamo visto, si appropria della creatura attraverso limmagine e in questo
modo lanima entra in dipendenza dalla creatura. Lattaccamento alle creature, o alle
immagini delle creature, produce legame, dipendenza e infelicit; in altri termini
lidentificazione con un contenuto della coscienza porta a dipendere da quel contenuto,
ad essere agiti da esso piuttosto che ad agire. Notiamo che questa dipendenza causata
non tanto dalle immagini o dai contenuti in se stessi ma proprio dal mio attaccamento ad
essi: nel distacco infatti le immagini o i contenuti della coscienza continuano ad esserci,
ma dal fondo dellanima possiamo guardarli scorrere senza attaccarci e senza legarci ad
essi.
La nostra ragione, ci dice Eckhart, quando si indirizza sulle creature, ne viene affetta,
deformata, e indebolita a tal punto da diventare incapace di dominare se stessa. 328 Il
distacco questa uscita dal condizionamento del flusso dei contenuti. Lio nel distacco
privo di identificazioni con i contenuti e perci cessa la sua dipendenza da questi ultimi.
curioso notare come Vannini si esprima in certi punti, parlando del distacco in Meister
Eckhart, in modo molto simile ad Assagioli. Egli evidenzia come la scintilla dellanima
nel suo fondo eserciti la sua signoria su tutti i contenuti, cio come lio passi dallessere
dominato dai contenuti, quando ne identificato, al dominarli quando se ne distacca.
Come nota Vannini, nel distacco, atto di suprema signoria su tutti i contenuti, lio non
c pi, al suo posto c lessere, o, detto in termini assagioliani, lio si disidentificato
da tutti i contenuti del livello ordinario di coscienza e si autoidentificato al livello del
S.
326
126
Un altro punto di contatto tra i nostri autori che abbiamo evidenziato la sostanziale
inconsistenza e mutevolezza dei contenuti con cui ci identifichiamo. Assagioli dipinge
pi volte lestrema mutevolezza dei contenuti della coscienza con cui lio via via si
identifica, e Eckhart richiama continuamente linconsistenza delle creature arrivando a
dire che esse non hanno un essere proprio ma sono un puro nulla. Per contro, al di l di
tutto ci con cui ci identifichiamo che mutevole e finito, c qualcosa di stabile che
costituisce la nostra vera essenza, il S o il fondo dellanima, e questo qualcosa
raggiungibile proprio in quanto siamo capaci di distacco con tutto il resto.
C nei nostri due autori questa opposizione tra la mutevolezza dei contenuti con cui ci
identifichiamo e lesperienza di stabilit che ci viene dal contatto con la nostra vera
essenza. Nella formulazione di Assagioli io non sono il mio corpo, le mie emozioni, la
mia mente, i ruoli che gioco nella vita, ma sono un centro di coscienza e volont,
qualcosa di stabile al di sopra di tutti questi contenuti mutevoli. I contenuti con i quali il
mio io si identifica sono caratterizzati dalla mutevolezza: il mio corpo pu essere in vari
stati di salute e malattia, le mie emozioni sono varie, mutevoli e contraddittorie, i miei
pensieri cambiano continuamente.329 Proprio questa mutevolezza e inconsistenza che
caratterizza i contenuti, ci aiuta per converso a individuare e a sentire quello che c di
stabile dietro o sopra lo scorrere dei contenuti stessi. Lintrospezione mostra che i
mutevoli contenuti della nostra coscienza, sensazioni, pensieri, sentimenti sono una
cosa, mentre lio, il S, il Centro, unaltra. Alla fine dellesercizio di
disidentificazione, arrivati alla fase dellautoidentificazione, si afferma infatti che
lessenza di me stesso un centro di pura autocoscienza, il fattore permanente nel
flusso mutevole della mia vita personale. questo che mi d il senso di essere, di
permanenza, di equilibrio interiore. Io affermo la mia identit con questo centro e ne
riconosco la permanenza e lenergia.330
Lanimo distaccato, il S o il fondo dellanima, caratterizzato dalla stabilit, dalla
centralit, dalla fermezza. Il distacco abbandonare tutto ci che luomo essenzialmente
non , abbandonare tutto ci che in noi accidentale e mutevole per trovare lessere
stabile, la nostra essenza pi profonda; distacco restare ben saldi nel centro senza
identificarsi con i contenuti della coscienza nel loro flusso incessante.
I contenuti tuttavia continuano ad esistere, lio tende per sua natura continuamente a
identificarsi e, come dice Eckhart, luomo non pu vivere senza attivit; il punto
329
330
127
quindi non identificarsi con questi contenuti della coscienza, non attaccarsi a queste
opere ma padroneggiare contenuti e opere da un punto centrale che resta saldo e
immutabile; il punto , come si esprime Eckhart, imparare a possedere Dio in tutte le
cose e a permanere senza ostacoli in ogni opera e in ogni luogo, in mezzo a qualsiasi
tipo di contenuti.331 Restare saldi nel centro per Eckhart impadronirsi fortemente di
Dio e fissarlo con fermezza nel proprio cuore - unirsi a lui con ogni pensiero,
intenzione, volont e forza - in modo che dentro di s non possa formarsi nessunaltra
immagine.332 Restare nel principio senza che le nostre potenze dellanima o le nostre
funzioni psicologiche siano rivolte e disperse nella molteplicit, senza identificarsi con
nessuna immagine, con nessun contenuto.
In Assagioli il corpo, i sentimenti e la mente sono strumenti di esperienza, di percezione
e di azione, mutevoli e impermanenti, mentre lio essenzialmente diverso: semplice,
immutabile, cosciente di s.333 Parallelamente in Eckhart, noi essenzialmente non
siamo le potenze dellanima, che sono accidentali, bens siamo il fondo
dellanima334, realt essenziale di noi stessi (e di Dio) in cui non si compie alcuna opera
ma che permane semplicemente in se stessa.
Questo qualcosa di permanente per Assagioli dunque il S e per Eckhart il fondo
dellanima o luomo interiore. Per converso possiamo tracciare un parallelismo tra
luomo esteriore e lio identificato: luomo esteriore rivolto alle cose terrene, alle
creature; lio normalmente identificato con desideri, emozioni e pensieri, rivolto verso
ci che temporaneo e transitorio. La transitoriet proprio il tratto distintivo dellio
identificato: lio passa da unidentificazione ad unaltra sotto il segno della costante
mutevolezza. Per raggiungere la dimensione interiore, la dimensione del S, il principio
divino allinterno delluomo, necessario allontanarci da tutti i contenuti per
identificarci solo con quello che siamo essenzialmente, necessario permanere nel
fondo dellanima che il fondo stesso di Dio.
Cos per Eckhart luomo esteriore pu essere preso da unattivit, mentre luomo
interiore permane libero e insensibile, in un distacco immutabile. A sottolineare proprio
questa permanenza e stabilit pur nel flusso incessante dei contenuti, significativo il
paragone che qui usa Eckhart: quello della porta che si apre intorno a un cardine.
331
128
129
Anche in Eckhart si pu trovare un pensiero simile, che ci illumina sul rapporto tra le
emozioni e lanimo distaccato. Commentando le parole di Cristo lanima mia triste
fino alla morte Eckhart fa notare come la sofferenza di Cristo deve essere stata
certamente enorme, ma questo dolore che pure egli provava toccava solo luomo
esteriore, mentre luomo interiore in lui restava immutabile e distaccato. Non mai
esistito un santo a cui la pena non abbia fatto male e lamore non sia stato piacevole, e
nessuno giunger mai a questo punto.340 Tuttavia a chi mantiene lanimo distaccato e
unito a Dio, quel che allora gli accade, non ostacola leterna beatitudine, in quanto ci
non tocca la pi alta cima dello spirito, lass dove esso permane unito con la carissima
volont di Dio.341
Non si vuole qui negare il dolore che pu affliggere in vari modi luomo, nel fisico come nel
morale, ma sottolineare che ci che colpisce le potenze dellanima non tocca il suo fondo, il
quale permane in un distacco immutabile, e in una gioia altrettanto immutabile. 342
Psicosintesi, cit., p. 93
Sermoni tedeschi, cit., p. 274
341
Ivi, p. 275
342
M. Vannini, La mistica delle grandi religioni, cit., p. 292
340
130
questa
consapevolezza
si
raggiunge
proprio
attraverso
la
disidentificazione.
Non si pu diventare insensibili a gioia e dolore, n, come si esprime Eckhart, un suono
penoso pu essere una dolce musica darchi, ma lessenziale il distacco, lo spirito
che domina la gioia e il dolore; la disidentificazione ci d libert interiore: agendo nel
mondo ma restando disidentificati, accediamo a una dimensione di libert radicalmente
nuova, accediamo a una dimensione spirituale.
343
131
132
C di pi: non c in noi una sola personalit, ovvero la personalit non qualcosa di
unitario e coerente, ma al nostro interno albergano varie personalit, chiamate appunto
subpersonalit, che sono insiemi di sentimenti, pensieri e comportamenti diversi che si
condensano e si organizzano in modo da formare entit con esigenze e scopi propri, a
volte indipendenti o al di fuori della coscienza, a volte in contrasto con la nostra volont
o con altre subpersonalit.
Questo lanimo molteplice che ci dipinge Assagioli: un mondo interno ricco di
contrasti in cui diverse subpersonalit, ognuna con i propri scopi, agiscono come esseri
differenti allinterno di noi stessi, che ci identifichiamo ora con luna ora con laltra
senza riuscire a coordinarle in ununit superiore, cosa che appunto il compito della
psicosintesi. La nostra personalit, che scambiamo per il nostro io, quindi a sua volta
la risultante di tutte le subpersonalit che si contendono la nostra interezza. Assagioli
evidenzia pi di una volta quali sono i pericoli di unidentificazione esclusiva con una
subpersonalit o un ruolo, e da qui la necessit di disidentificarsene per poterle
riconoscere, utilizzare e modificare. Finch lio si identifica nelle varie subpersonalit
resta perso nella molteplicit e lontano dal suo principio. Finch resta identificato con la
personalit o con le personalit, non pu identificarsi con il S, principio divino
nelluomo e sua vera natura. La disidentificazione dalla personalit ordinaria, che
smette allora di condizionare la nostra condotta in modo inconsapevole, porta
allesperienza del S. Per identificarsi con il S, lio deve disidentificarsi dalla
personalit, quindi in un certo senso, anche se non questo il modo di esprimersi di
Assagioli, la personalit deve morire.
Se ascoltiamo lespressione di Eckhart distacco da se stessi, questa pu suonare
paradossale: potrebbe venire da chiedersi come faccio io a staccarmi da me stesso, o
cosa resta di me se mi distacco da me, o da che cosa di se stessi ci si deve distaccare. Il
tema del distacco da s porta in Eckhart a un esito radicale: lio deve morire, dobbiamo
morire a noi stessi per generare Dio in noi, dobbiamo fare il vuoto di ogni creatura e di
noi stessi: solo allora, nellassoluta povert dello spirito, pu avvenire la generazione
del logos nellanima. Una volta che ci siamo spogliati totalmente da noi stessi, nel fondo
dellanima non pu che entrare Dio, e in questo caso propriamente non c pi un io, un
soggetto individuale determinato che morto, ma solo Dio, che viene in questo modo
generato nel fondo dellanima. E in effetti arrivati fin qui possiamo forse parlare di un
esito paradossale, come di un punto in cui tutte le categorie logiche e il linguaggio
133
134
artificiali create dallio cosciente, per stupidit e ignoranza; cos facendo lio infatti
crede di difendersi, ma soltanto perch non riconosce la propria origine. 348 Lio
personale si circonda di difese, di armature che gli impediscono di entrare in contatto
con il S: sono proprio queste strutture che vanno abbandonate e rimosse.
Altri spunti sul rapporto tra S e personalit e su temi che possono essere ricollegati a
quello della morte dellio li troviamo quando Assagioli parla della notte oscura
dellanima, cos com stata testimoniata da diversi mistici. Questa, egli dice, una
intensa lotta tra la personalit e il S che avviene nel momento decisivo del risveglio
spirituale. La personalit, prima di entrare in contatto consapevole con il S,
unistanza egocentrica e separativa;349 quando irrompono in essa le potenti energie dello
spirito, luomo ha paura di abbandonarsi, non vuole lasciare andare i puntelli che lo
sostengono, gli attaccamenti a persone o a cose che teme di perdere, e perci resiste pi
che pu agli inviti e ai comandi dello Spirito. 350 Latteggiamento giusto per superare
questa crisi, quello di accettare e amare questo annientamento, invece che temerlo,
perch attraverso di esso si pu trovare gioia e una nuova vita. Al di l del fatto che al
medico Assagioli questo discorso interessa soprattutto per individuare la causa dei
disturbi psichici che possono insorgere in casi come questi e trattarli nel modo pi
adeguato, ritroviamo qui il tema dellannullamento di se stessi come momento di
passaggio per entrare in una dimensione spirituale superiore.
19.2 - La volont
Il tema dellabnegare proprium in Eckhart strettamente connesso a quello della
volont: morire a se stessi significa rinunciare alla propria volont personale. Qui
abbiamo unaltra importante differenza tra i nostri due autori: mentre per Eckhart il vero
distacco quello da se stesso come centro di volizione, in Assagioli il processo di
disidentificazione porta a identificasi con lio che viene presentato come centro di
volont. Mentre in un caso il distacco porta a negare la propria volont, nellaltro porta
a scoprirsi come volont.
348
Ibidem.
Cfr. I tipi umani, cit., p. 26
350
Lo sviluppo transpersonale, cit., p. 93
349
135
351
136
soggetti, spesso abbiamo unesperienza che pu essere cos riassunta: io sono una
forza, una causa. Questa lesperienza della volont umana.355
La scoperta di se stessi come volont, lesperienza che lio volont (esperienza che
indicata anche alla fine dellesercizio di disidentificazione), un passo essenziale per
poter iniziare il lavoro su se stessi e sulle proprie parti. Per questo motivo importante,
dopo aver scoperto e iniziato ad esperire la volont, svilupparla, rafforzarla e renderla
pi efficace nella sua azione, e in psicosintesi vengono infatti utilizzati diversi esercizi
per raggiungere questi scopi. Non dobbiamo per pensare che il tipo di volont che la
psicosintesi ci spinge a sviluppare sia una volont separativa, egoica, al solo servizio
degli interessi personali, quel tipo di volont insomma che anche Eckhart condanna. Tra
gli aspetti della volont infatti Assagioli parla, oltre che di volont forte, espressione con
cui si indica il potere e lenergia necessari per intraprendere una qualsiasi azione, e di
volont sapiente, con cui si intende labilit di trovare la strategia pi efficace grazie
alla conoscenza delle leggi della vita psichica, anche di volont buona. significativo
che Assagioli introduca il concetto di volont buona affermando proprio che luomo
isolato non esiste e che la volont per essere veramente efficace deve considerare non
solo il limitato punto di vista dellego, ma tutto linsieme di relazioni in cui inserito
lessere umano.
Il compito della volont buona quello di scegliere mete coerenti con il benessere
degli altri e il bene comune dellumanit; 356 si tratta - potremmo dire - di una volont
ecologica di cui legoismo, ossia il desiderio di possedere e dominare, legocentrismo,
ossia il considerare ogni cosa dallangolatura della propria personalit, e infine la
mancanza di comprensione per gli altri, costituiscono i principali ostacoli. 357 La volont
buona implica quindi un allargamento di prospettiva: non c pi solo il piccolo io
isolato e distinto dagli altri, che come tale non pu che essere portatore di interessi
parziali e quindi come dice Eckhart, essenzialmente ingiusti e malvagi.
Un allargamento di prospettiva ancora pi grande lo abbiamo con quella che Assagioli
chiama volont transpersonale e volont universale, che egli stesso mette in relazione
con quella che nel mondo cristiano chiamata volont di Dio:
Lessere umano parte di una volont universale, con cui deve in qualche maniera entrare in
sintonia e partecipare volontariamente. Larmonizzazione e lunificazione della volont
355
137
individuale con quella universale il Tao dei Cinesi, il destino degli Stoici, o la volont di Dio
per il Cristianesimo - uno degli scopi umani pi alti, anche se raramente realizzato. 358
138
Tutto ci che accade, sia esso anche povert o malattia come qualsiasi altra cosa
quindi gradito alluomo che ha unificato la sua volont con quella di Dio e tale uomo si
trova, lontano dalla propria volont personale, in una pace totale: se ti piace la volont
di Dio, tu sei proprio come in paradiso, qualsiasi cosa ti avvenga o non ti avvenga. 365
Cos in Assagioli:
Ci che caratterizza il vero sviluppo spirituale sano e puro il senso dellunit della vita, dei
rapporti fra spirito individuale e Spirito universale; il superare quella che stata chiamata
leresia della separativit. Spirito unit, universalit. Realizzato ci, si ha verso il Divino
un nuovo atteggiamento di dipendenza e di obbedienza, ben diverso da quello delluomo
primitivo: non pi dipendenza e obbedienza separata ed esteriore, bens interiore; si ha cio
unobbedienza al Dio interiore, allo Spirito in noi; c un appello della personalit allo Spirito
profondo che essa riconosce come se stessa, come il suo vero essere. Questo atteggiamento
spirituale stato ben manifestato nellespressione cristiana: sia fatta la Tua volont. Tale
atteggiamento va per bene inteso: non in senso dualistico, non come rassegnazione passiva e
triste, bens in senso unitario, come adesione gioiosa, come immedesimazione della volont
personale con la Volont Universale. E questa unificazione d anzitutto un gran senso di
sicurezza, di letizia, di beatitudine, di pace. 366
Le differenze che abbiamo riscontrato tra i nostri autori sul tema della volont
riguardano la volont personale, da Eckhart assolutamente condannata, da Assagioli
considerata positivamente; abbiamo visto anche che per Assagioli la volont personale,
la sua scoperta e il suo potenziamento, rappresenta per solo una fase del percorso di
sviluppo delluomo, la fase iniziale e non certo la fase finale che anche egli individua
nelladesione alla volont universale o volont di Dio.
Seguendo Assagioli, che ricordiamo a differenza di Eckhart intenzionato ad offrire un
metodo di sviluppo che possa essere praticato dalluomo che parta da un qualsiasi
livello di evoluzione psicospirituale, verrebbe da dire che per poter abbandonare la
propria volont prima necessario scoprirla, che labbandono della volont personale
per un uomo che non lavesse ancora contattata non avrebbe senso e non potrebbe
essere praticato. Chi non sa di avere una volont e non ne ha mai fatto esperienza come
pu rinunciarvi? Si tratta qui di una fase iniziale di un processo di evoluzione che
365
366
Ivi, p. 331
Lo sviluppo transpersonale, cit., pp. 232-233
139
prevede prima la scoperta della propria volont e il suo utilizzo, per arrivare poi alla
rinuncia ad essa, potremmo dire il suo uso pi nobile.
Con Assagioli siamo portati a distinguere vari gradi: prima necessario rafforzare lio,
poi lio deve rendersi conto di non essere isolato, di essere in connessione con qualcosa
di pi grande e allora pu aprirsi al transpersonale fino ad arrivare alla completa
rinuncia della propria volont personale. Questi gradi intermedi in Assagioli hanno tutti
una loro importanza ed egli non biasima luomo che si dovesse fermare a una tappa
intermedia del cammino psicospirituale, se questa rappresentasse per lui gi un
traguardo considerevole; egli si preoccupa di studiare gradi diversi di realizzazione,
anche a livello personale, mentre Eckhart non ammette gradi ma predica direttamente
lincontro totale con Dio, indicandoci risolutamente e arditamente il punto di arrivo del
cammino.
140
20 - LA REALIZZAZIONE SPIRITUALE
141
142
Psicosintesi, cit., p. 80
I Sermoni, p. 232
372
M. Vannini, La morte dellanima, cit., p. 120
373
Cfr. I Sermoni, p. 338 e p. 106
371
143
non pu essere se non nel fondo dellanima, Dio non pu essere se non generato nel qui
ed ora nel fondo della nostra anima. Il fondo dellanima dunque il vero luogo della
nascita di Dio, qui il Padre fa nascere il suo unico Figlio come in se stesso: nel fondo
dellanima, che il fondo stesso di Dio, leterno Padre genera incessantemente il suo
eterno Figlio in modo tale che nello stesso atto con cui egli genera in me il Figlio
unigenito, io lo genero di rimando nel Padre.374 Si tratta di una generazione reciproca:
di me in Dio e di Dio in me.375
Assagioli ci parla del S come del principio e della scintilla divina presente allapice
della nostra anima: perenne, immortale ed eterno, il S la sorgente di cui lio empirico
un semplice riflesso e di cui pu diventarne in vario modo o misura consapevole. Il S
assicura il senso di continuit e permanenza dellio anche se quella dellio cosciente
soltanto un pallido riflesso della perenne, immortale essenza dellIo spirituale, del
S.376
Al di l dei linguaggi specifici evidenziamo alcune sostanziali corrispondenze tra il
fondo dellanima e il S: innanzitutto in entrambi i casi con questi termini viene indicata
la presenza del divino in noi, che corrisponde alla nostra essenza pi profonda, quello
che ci caratterizza essenzialmente come uomini. S e fondo dellanima indicano la parte
pi alta, pi pura e pi nobile della nostra anima in radicale discontinuit con i contenuti
e gli stati di coscienza ordinari, e rappresentano il punto di passaggio tra una
dimensione umana e una divina, il punto di contatto tra uomo e Dio.
Notiamo come, sebbene questa dimensione sia sempre presente in noi, essa sia per lo
pi non avvertita. Per Eckhart il fondo dellanima qualcosa di misterioso, segreto e
nascosto in cui il sapere umano non pu penetrare e di cui si pu sapere, almeno con la
conoscenza naturale, poco o nulla.377 Il fondo dellanima sempre presente, indica un
grado pi profondo e permanente di realt, sopra di esso scorrono tutti i contenuti
mutevoli ed Eckhart lo paragona a una sorgente coperta: nonostante sia sempre viva pu
restare nascosta e non avvertita per lungo tempo.
Assagioli afferma che il S inconscio ( collocato nellarea dellinconscio superiore):
sempre presente ma per lo pi non esperito dalluomo ordinario. Per Assagioli quasi
impossibile averne unesperienza completa, anche se di esso si possono avere delle
374
Ivi, p. 233
Cfr. M. Vannini, La mistica delle grandi religioni, cit., p. 290
376
Lo sviluppo transpersonale, cit., p. 27
377
Cfr. I Sermoni, cit., p. 139
375
144
145
molte indicazioni sulla pura realizzazione del S in quanto egli volutamente non insiste
molto su questo punto. Piuttosto che farne un punto di arrivo irrinunciabile, egli
preferisce tenerlo sullo sfondo come una guida per orientare nel modo corretto il
processo della psicosintesi, tant vero che si pu avere una vita ricca del superconscio
senza avere lesperienza del S, come capitato a molti.383
Infine, un ultimo tratto comune che sottolineiamo e che gi emerso pi volte come,
sia in Assagioli che in Eckhart, lesito dello sprofondamento nel fondo dellanima o
dellidentificazione con il S, porti al raggiungimento di una dimensiona radicalmente
nuova caratterizzata da gioia, amore, beatitudine, pienezza dellessere, unit, espansione
della coscienza e pace.
20.3 - Lio e il S
La realizzazione spirituale, lincontro con Dio, la realizzazione di questo principio
presente nellanima delluomo, viene presentata da Meister Eckhart prevalentemente
attraverso limmagine della nascita, nel modo e con le caratteristiche che abbiamo visto.
Per arrivare a questa nascita condizione necessaria il farsi nulla dellanima, il farsi
umile, povera, vuota di questo e di quello e di ogni determinatezza, in una parola la
condizione necessaria (e anche sufficiente) il distacco.
Assagioli da parte sua ci d unindicazione precisa su come il tema dellunione
spirituale con Dio, in termini psicologici si pu esprimere [] come il rapporto sempre
pi stretto, ed infine lunione, la sintesi tra lio o s personale ed il S
transpersonale.384 Evidenziamo qui come la disidentificazione sia momento centrale di
questo processo, lio personale per potersi elevare e ritornare alla sua sorgente deve
disidentificarsi necessariamente da tutti i contenuti della coscienza, tanto dai contenuti
del livello medio e basso, quanto da quelli del supercosciente. Per arrivare
allidentificazione con il S necessario eliminare le impurit dal canale che unisce lio
personale al S transpersonale, attraverso una purificazione dellintera personalit e
una cosciente disidentificazione da essa per mezzo della coltivazione di una divina
indifferenza alle sue pretese.385 Analogamente in Eckhart:
383
146
Se luomo si libera dalla Eigenshaft scopre nel fondo della natura umana la parentela con Dio.
Unione con Dio non significa affatto divinizzazione dellio personale, ma la sostituzione di esso
con il vero io, che giace per cos dire nascosto nel fondo dellanima. 386
Si possono evidenziare in parallelo tra i nostri autori, due livelli di realt della nostra
coscienza: in Eckhart abbiamo da una parte lanima che con le sue potenze si lega alle
cose esteriori, e dallaltra il fondo dellanima di natura divina che permane in se stesso
vuoto di determinazioni; in Assagioli abbiamo lio che si identifica continuamente con i
mutevoli contenuti della coscienza e il S spirituale, stella irradiante posta allapice
della nostra costituzione psichica, sintesi di individualit e universalit e in contatto con
la Realt trascendente.
Di questi due livelli il primo lo stato in cui per lo pi vive luomo ordinario, il
secondo, sempre presente a livello potenziale, il pi delle volte inconscio, nascosto,
celato. Il nascondimento di questo secondo pi profondo e pi vero livello di realt della
nostra anima, avviene proprio ad opera del primo: lio empirico, identificandosi con
contenuti della coscienza, subpersonalit e tutta la moltitudine di elementi che popolano
il nostro psichismo, non pu trovare la consapevolezza di se stesso, della sua
permanenza essenziale e della sua vera natura, se non in quanto capace di
disidentificarsi da quei contenuti e autoidentificarsi in s stesso, in quanto puro centro di
coscienza. La conoscenza rivolta verso le cose esteriori, che si attua attraverso i sensi e
lintelletto, con rappresentazioni e concetti, ci nasconde la conoscenza della scintilla
dellanima, la conoscenza spirituale che in essa si attua. 387 Il passaggio tra questi due
livelli di realt, che rappresenta la realizzazione spirituale delluomo, presuppone un
cambio di stato di coscienza e si attua attraverso il processo del distacco, che dunque in
entrambi i nostri autori momento centrale di tale realizzazione.
Delineiamo meglio questo rapporto tra queste due dimensioni: lio e il S, o lio
psicologico e il fondo dellanima. Assagioli ce lo chiarisce presentando il diagramma
dellovoide: in esso vediamo schematizzati due io che vanno per considerati come due
aspetti di ununica realt. Ecco come egli si esprime su questa apparente esistenza di
due io:
386
387
147
Infatti, come se ci fossero due io, poich lio ordinario ignora teoricamente e praticamente
laltro, fino a negarne lesistenza, mentre questultimo latente, non si rivela di solito in modo
diretto alla coscienza.388
Dualit questa che tuttavia non sostanziale, e non deve farci dimenticare la reale
unicit dellio:
Non ci sono veramente due io, due entit del tutto diverse e separate. Lio uno e ha soltanto
diversi gradi di manifestazione, di attuazione, di consapevolezza. Il riflesso distinto dalla
sorgente luminosa, ma non ha sostanzialit propria e autonoma, non unaltra e diversa luce. 389
Possiamo rintracciare una distinzione analoga in Eckhart: Marco Vannini nelle sue
analisi sul pensiero del Maestro domenicano nota:
Sono cos evidenti, per cos dire, i due io: il primo, che la Ichheit, la egoit, luomo
psichico, fatto di mentalit appropriativa, di male e menzogna, e il secondo [] che luomo
spirituale, la realt dello spirito.390
148
pu essere la luce riflessa.392 Questa metafora d ragione sia della distinzione tra essi - la
sorgente distinta dal suo riflesso - sia della loro unit sostanziale: la luce la stessa
nella sorgente e nel riflesso, a indicare come io e S siano della stessa natura.
Il S personale e il S nella sua essenza divina, non devono essere considerati come due entit
separate, bens come due aspetti di ununica realt: luno infatti una proiezione dellaltro, un
riflesso, cos come la luce della luna un riflesso del sole, del quale continua lazione anche di
riflesso, illuminando la terra, come un ripetitore. 393
Di una immagine analoga si serve Eckhart per indicare i rapporti fra lanima e il suo
fondo che , ricordiamo, il fondo stesso di Dio. Limmagine quella dello specchio e
del sole dove lo specchio lanima e il sole Dio che in essa si riflette: con questa
immagine viene espressa lidentit essenziale tra anima e Dio, o tra lanima e il suo
fondo, ma anche la loro distinzione. Il raggio che si riflette nello specchio del sole,
anche se pu sembrare provenire dallo specchio, e nel sole, ma tuttavia il sole altra
cosa rispetto allo specchio:
Il raggio di riflesso nello specchio del sole sole nel sole, e tuttavia lo specchio resta quello
che . Lo stesso per Dio. Dio nellanima con la sua natura, col suo essere e con la sua
Divinit, e tuttavia egli non lanima. Il riflesso dellanima Dio in Dio, e tuttavia essa resta
quello che .394
Cfr. Lo sviluppo transpersonale, cit., p. 37: La luce del S, nellio, attenuata e colorata dai contenuti
del livello medio della personalit.
393
B. Caldironi, Luomo a tre dimensioni, cit., p. 148
394
Sermone 100 ne I sermoni, cit., pp. 263-264
149
Cfr. Commento al Vangelo di Giovanni, cit., p. 342: La causa di ogni male [] il fatto che la cosa
in s divisa.
396
B. Caldironi, Luomo a tre dimensioni, cit., p. 64
397
Sermoni tedeschi, cit., p. 41
150
semplice.398 Da questo punto di vista Eckhart pu parlare del distacco da Dio come del
momento estremo e pi difficile del distacco: distacco da Dio in quanto oggetto di
conoscenza, di ammirazione e di devozione, in quanto appunto ancora oggetto e quindi
ancora qualcosa di altro da s, di diverso e di determinato. Il fondo dellanima un
qualcosa in cui la divinit riposa in se stessa, o piuttosto, dice Eckhart, un nulla, in
quanto assolutamente vuota di contenuti e determinazioni.
Anche Assagioli ci presenta il S come privo di contenuti. Il S, egli dice, diverso dal
supercosciente: si pu infatti avere lesperienza di fatti o funzioni supercoscienti senza
avere lesperienza del S.399 Mentre nel supercosciente vi sono contenuti di vario tipo,
seppur di livello superiore a quello ordinario, nella pura identificazione con il S non vi
sono affatto contenuti, resta solo la pura e intensa esperienza del S. Ogni forma di
identificazione in qualche tipo di contenuto infatti, tanto che provenga dallinconscio
inferiore quanto da quello superiore, proprio in quanto contenuto, pu rappresentare un
ostacolo per la realizzazione del S:
lascesa ai livelli supercoscienti e la loro esplorazione, mentre avvicina alla coscienza del S
transpersonale, pu talvolta costituire un ostacolo alla sua piena realizzazione e alla sua fusione
con lio o s personale. Ci perch si pu divenire cos affascinati dalle meraviglie del regno del
supercosciente, cos assorbiti in esso, cos identificati con alcuni dei suoi aspetti e
manifestazioni particolari da perdere o deviare limpulso a raggiungere la vetta della
realizzazione del S.400
Notiamo come questo fatto venga evidenziato anche da Eckhart, secondo il quale per
penetrare nel fondo della divinit senza nome, necessario il distacco da Dio, cio
labbandono di tutti i contenuti, anche di quelli pi alti e pi nobili.
Proprio su questo punto incontriamo una diversa valutazione dei nostri due autori:
mentre il pi delle volte Eckhart spinge allestremo la sua predicazione indicando
risolutamente il pi puro distacco come meta delluomo, Assagioli pi spesso afferma
che non occorre trovare il S per avere la vita piena, intensa e gioiosa, che
raggiungibile con la psicosintesi spirituale. Pi che indicare come unica meta il
raggiungimento del S, egli ci spinge piuttosto, tenendo presente il S come guida, a
cercare di innalzare il pi possibile il nostro centro cosciente nella zona del
398
Cfr. I Sermoni, cit., p. 104: Dio e la divinit sono lontani come il cielo e la terra.
Cfr. Principi e metodi, cit., p. 166: Il supercosciente una vasta regione mentre il S un punto.
400
Principi e metodi, cit., p. 43
399
151
401
152
153
Questo passo ricorda certe affermazioni di Eckhart sulluomo distaccato: pi che agire e
compiere qualcosa, Dio che agisce in lui, tanto un tale uomo una cosa sola con Dio.
Il distacco stesso un atto che proviene da Dio piuttosto che dalluomo, un atto che
Dio porta a compimento in noi per grazia.412
Abbiamo visto come lidentificazione con il S, la realizzazione spirituale, comporti il
raggiungimento di una dimensione universale. Assagioli tuttavia sottolinea con uguale
forza anche il momento opposto, quello dellindividualit: nella realizzazione del S
lindividualit non viene mai smarrita del tutto. Lesperienza del S, egli dice,
contemporaneamente individuale e universale: questo pu suonare paradossale e
incomprensibile, ma uno stato di coscienza che pu essere sperimentato e vissuto e
che resta sostanzialmente ineffabile, inesprimibile in parole.413
La realizzazione di questo rapporto tra S transpersonale e Realt trascendente pu
avvenire in vari gradi: lattenzione del S pu rivolgersi verso linterno della psiche
individuale, pu distribuirsi uniformemente tra la personalit e la Realt trascendente, o
pu rivolgersi prevalentemente verso lalto. Notiamo come, nel secondo caso,
lindividuo percepisce di partecipare a uno stato universale di Essere, mantenendo
nello stesso tempo un senso vivo, e perfino accentuato, di essere pienamente se
stesso. E nel terzo il senso dellidentit individuale offuscato e pu anche sembrare
temporaneamente smarrito.414 Anche in questi ultimi e pi alti stadi di trascendenza
tuttavia, sottolinea Assagioli, il senso di individualit non mai completamente perduto.
410
154
In Eckhart pu sembrare che non venga data altrettanta importanza a questo momento
dellindividualit nella realizzazione spirituale delluomo. La dottrina del distacco come
completo annullamento di se stessi, come morire a se stessi per diventare assolutamente
puri e semplici e in questo farsi uguali a Dio, sembra che non lasci molto spazio
allindividualit. Nellunione con Dio nel fondo dellanima, che lo stesso fondo della
divinit, non c pi un soggetto determinato che si unisce a un Dio-oggetto anchesso
determinato. Sembra che nel distacco come ingresso e irruzione nellAssoluto la nota
dellindividualit debba sparire. Cosa resta dellanima quando completamente
distaccata da se stessa? Di lei non resta nulla, ci dice Eckhart, se non questo puro
distacco che la eguaglia a Dio in quanto anchEgli puro distacco, se non quel nulla che
la rende uguale a Dio in quanto anchEgli puro nulla. Ha senso a questo punto parlare di
una individualit? Cosa resta di individuale nel fondo dellanima, nel fondo della
divinit, nel nulla? Resta qualcosa di me nel momento in cui mi riunisco in Dio?
Una metafora a volte usata da Eckhart per indicare il rapporto fra anima e Dio quello
della goccia dacqua nel mare, o in questo caso, nel vino:
Lanima [] smarrisce se stessa - come se si versasse una goccia dacqua in un recipiente
pieno di vino -, in modo tale che essa non sa pi niente di se stessa, ed immagina di essere
Dio.415
415
416
155
Al posto di una goccia che una volta entrata nel mare perde la sua identit di goccia e si
fonde con qualcosa di immensamente pi vasto, Assagioli propone la metafora di una
cellula che diventa consapevole della sua essenziale appartenenza allorganismo ma che
mantiene, se pur immersa in una rete di connessioni e relazioni vitali con tutte le altri
parti di tale organismo, la sua identit di cellula. Alle espressioni dei mistici perdersi in
Dio, fondersi in Dio, che Assagioli considera dal suo punto di vista immaginose, non
sufficientemente esatte, precise e scientifiche, egli preferisce sostituirne altre parlando,
piuttosto di consapevolezza del rapporto di partecipazione o unit del S transpersonale
con il S universale.417
In un altro passo Assagioli, parlando della scelta di un centro unificatore che pu
consistere come abbiamo visto in un modello ideale o nel proprio S, afferma che certi
mistici - e il discorso sembra potersi adattare anche al caso di Eckhart - eleggono a
proprio centro Dio, cio un Essere, una Realt spirituale che sta oltre e al di sopra
dellIo spirituale ma su ci non mi soffermo perch solleva alti problemi dordine
meta-psicologico.418 Il centro unificatore in cui identificarsi in questo caso non pi il
S, seppure individuale e universale allo stesso tempo, ma un centro ancora superiore, il
S universale, la Realt assoluta in cui sembra che la nota dellindividualit venga
completamente perduta, tanto che qui Assagioli si arresta perch, dice, si esce dallo
psicologico e da quello di cui si pu parlare.
Nonostante quanto detto fin qui, dobbiamo per sempre tenere presente come in Eckhart
la generazione di Dio non pu avvenire se non nel fondo dellanima, quindi in un certo
senso nel mio fondo. Il momento dellindividualit, della soggettivit pertanto un
momento essenziale, che non sparisce nellincontro con Dio: tanto vero che per
Eckhart io propriamente pu dirlo solo Dio. Ego, la parola io, a nessuno
appartiene pi propriamente che a Dio nella sua unit.419
Eckhart rileva infatti come, a ben vedere, solo Dio potrebbe pronunciare il pronome personale
ego: perduto nella regione della dissomiglianza, smarrito nel molteplice, nella catena infernale
dei contenuti, luomo non lo pu affatto.420
417
Cfr. Ibidem
Principi e metodi, cit., p. 32
419
Sermoni tedeschi, cit., p. 94; Cfr. anche Sermone Ecce mitto angelum meum, Ivi, p. 234: Cos, la
parola io indica la nuda purezza dellessere di Dio, come in se stesso , senza quellessere-accanto che
rende estraneo e lontano.
420
M. Vannini, La morte dellanima, cit., p. 134 nota
418
156
Dio soggettivit e spirito, non potrebbe in alcun modo essere come semplice ente, non
potrebbe essere se non generato nel fondo della nostra anima. Non si pu infatti pensare
Dio senza lanima, non si pu pensare lassoluto come mero oggetto, questultimo pu
essere pensato solo come spirito, soggettivit e vita, in rapporto a noi che lo viviamo e
lo generiamo. Dio o nel fondo dellanima o non , o nasce come spirito o non .
Detto questo si comprende come in Eckhart, nellunione con Dio, il momento
dellindividualit venga al tempo stesso conservato e superato. Tornando alla metafora
del sole e dello specchio, possiamo vedere come in questa unione, o meglio in questa
generazione in cui generante e generato, cio anima e Dio, coincidono, il sole (Dio)
resta il sole e lo specchio (lanima) resta lo specchio, ma la luce la stessa e proviene
sia dal sole che dallo specchio. In questa generazione reciproca non c pi lanima
nella sua individualit e separazione, e non c pi Dio nella sua alterit e fredda
oggettivit; in questo luogo dellanima in cui avviene questa nascita, individuo, inteso
come essere separato, non lo pi n lanima delluomo, n Dio.
E tuttavia il momento umano, il momento dellindividualit essenziale perch solo
attraverso lindividualit delluomo, solo attraverso la sua anima, pu esserci la nascita
di Dio, ovviamente solo una volta che questa si sia distaccata da tutto ci che
accidentale, poich lindividualit di cui stiamo parlando non certo lindividualismo
dellego. La generazione dello spirito avviene anche da parte delluomo, che,
ponendosi in rapporto con Dio, lo aiuta a essere:421 uomo, morto a se stesso e che ha
scoperto la sua nullit, e Dio, morto in quanto alterit positiva e determinata.
Universale e individuale sono termini correlati e complementari: lindividualit
lunico punto attraverso cui si pu avere lesperienza delluniversalit, non possiamo
aprirci alluniversalit se non a partire da una individualit, da una soggettivit.
Lesperienza dello spirito si caratterizza come il superamento delle opposizioni umanodivino, individuale-universale, oggettivo-soggettivo, finito-infinito, ecc. Eckhart si
spinge fino al punto in cui tutte queste opposizioni sono superate e resta solo lUno, una
realt di cui non si pu parlare se non tramite negazione.
In una nota Assagioli cita esplicitamente Eckhart sostenendo come questultimo abbia
messo in evidenza soprattutto la Realt non manifesta o trascendente in senso assoluto,
su cui nulla si pu dire, ma solo indicare o accennare per mezzo di negazioni: nonquesto, non-quello, non-cosa, il vuoto.422 E infatti Eckhart si spinge spesso l dove nulla
421
422
157
si pu dire se non appunto per negazione: nel profondo distacco lanima si rende
dissimile da tutto, non deve essere n questo n quello e solo cos pu farsi simile a quel
nulla che Dio nella sua nuda divinit.
Il S di Assagioli il principio divino in noi, mentre in Eckhart il luogo dove nella
nostra anima alberga il divino il suo fondo: in entrambi i casi a questa dimensione
accediamo solo grazie al distacco o alla disidentificazione. Il S, come abbiamo visto,
individuale e universale al tempo stesso, e parallelamente il fondo della mia anima
(momento individuale) il fondo stesso di Dio (momento universale). In Eckhart, nella
generazione reciproca che avviene come momento ultimo del processo del distacco,
nella generazione di Dio in me e di me in Dio, abbiamo un superamento dei momenti
dellindividualit e delluniversalit che vengono entrambi annullati e conservati in una
sintesi dialettica superiore che esprime lunit, il movimento e la vita dello Spirito.
Assagioli parla del S transpersonale e del S universale: usa la parola s anche per
esprimere la Realt suprema; Eckhart parla di Dio ma dice anche che, propriamente,
Dio lunico che pu dire io. Anche questo suggerisce a mio parere come si debba
pensare a Dio o alla Realt assoluta come contenente in modo essenziale il momento
della soggettivit: una soggettivit tuttavia diversa da quella che caratterizza lo stato di
coscienza separativo ordinario in cui normalmente viviamo, che pu essere raggiunta
attraverso il distacco o la disidentificazione da tutto ci che non essenziale.
158
Conclusione
Nelle prime due parti di questo lavoro abbiamo cercato di rintracciare la concezione del
distacco in Eckhart e Assagioli, con lintento di evidenziare elementi utili per il
successivo confronto e di dimostrare come il distacco sia tema essenziale nel pensiero
dei due pensatori cha abbiamo scelto di far dialogare.
Nella prima parte abbiamo ricercato il tema del distacco nella predicazione eckhartiana
per evidenziare come sia un tema veramente centrale nel suo pensiero: il distacco viene
a coincidere con il processo stesso di realizzazione spirituale delluomo, con lo stesso
cammino della mistica. Il distacco rappresenta la virt per eccellenza con cui luomo
pu unirsi a Dio, tanto che Eckhart arriva ad affermare che Dio stesso puro distacco,
ovvero che lanima, completamente distaccata dalle creature e da se stessa, non nulla
di diverso da Dio nella sua pi pura divinit. Non che lanima si distacchi da tutto e
successivamente si unisca a Dio come altro da s, ma piuttosto essa, nellatto stesso del
distacco, diviene quello stesso che Dio, anchEgli appunto supremo distacco, o in altri
termini, lanima genera Dio nel suo fondo, che non nulla di diverso dal fondo stesso
della divinit. Il distacco estrema povert, nulla come nulla Dio stesso in quanto
privo di determinazioni e al di sopra dellessere: abbiamo evidenziato come a questo
linguaggio negativo si accompagni in Eckhart in modo essenziale un linguaggio
positivo che delinea lesperienza del distacco come pienezza, libert, gioia, salvezza e
pace. I due linguaggi non sono affatto in contrasto fra loro: a questa dimensione di
beatitudine ci porta proprio il distacco in quanto estrema povert e annullamento di s.
Abbiamo in seguito illustrato i rapporti tra distacco e altri termini chiave del pensiero di
Eckhart come intelletto, amore, volont, grazia, sofferenza, opere, evidenziando come il
distacco si accompagni sempre necessariamente a questi altri temi. Anche quando
Eckhart parla, ad esempio, dellintelletto come della potenza pi adatta a cogliere la
realt divina, ne parla sempre in termini di distacco; lintelletto non distaccato,
viceversa, resta una potenza dellanima che ci lega alle creature e ci allontana da Dio.
Cos lamore ci porta a Dio solo in quanto distacco, solo in quanto equanime e si
irradia ugualmente verso tutto, solo se non passione che lega alla creatura o a se stessi
in quanto creatura.
159
161
riflessione.
Entrambi gli autori ci propongono due prassi prima che due teorie: il distacco
innanzitutto unesperienza da fare, uno stato di coscienza da realizzare piuttosto
presente in noi.
Nella visione delluomo di ambedue intrinsecamente presente la dimensione
divina. La natura divina in Eckhart sempre presente nelluomo come una fonte
sempre viva, che pu essere coperta ma mai distrutta. Il S in Assagioli sempre
presente, anche se inconscio: il S solitamente chiuso, celato, avviluppato, ma
pu sempre sbocciare come una rosa rimuovendo tutte le identificazioni che lo
tengono chiuso.
C sempre la possibilit, in ogni momento e in ogni luogo, di accedere a questa
dimensione divina e di realizzarsi spiritualmente e la via per accedervi il
distacco o la disidentificazione.
162
di stabile e di permanente.
Importante in entrambi gli autori lo stretto legame tra attaccamento e dipendenza
e per converso tra distacco fine della dipendenza. Il distacco d libert,
padronanza sui contenuti, con esso usciamo dal rapporto di dipendenza con la
creatura.
Il processo del distacco porta a ci che caratterizza luomo nella sua essenza
universale, porta alla realizzazione della realt divina presente nelluomo.
Momento essenziale di tale percorso il distacco da se stessi di cui parla
Eckhart, o la disidentificazione, secondo Assagioli, dai molteplici aspetti della
personalit per raggiungere lidentificazione con il proprio S.
Affrontando il tema della volont abbiamo rilevato come entrambi gli autori pongano la
volont in stretto rapporto con lio; diversa tuttavia la valutazione che essi danno di
questo fatto: mentre per Eckhart la volont personale deve morire, per Assagioli, che
dedica molti esercizi al rafforzamento della volont, lio disidentificato si scopre come
volont e attorno a questa scoperta inizia ad attuare la propria psicosintesi.
Questa differenza ci sembrata paradigmatica di un diverso atteggiamento dei nostri
autori che si pu riscontrare anche in altri luoghi del loro discorso: in Eckhart abbiamo
rilevato un atteggiamento pi radicale per cui lincontro con Dio o non c o c
assolutamente; in Assagioli, viceversa, vediamo il percorso delineato attraverso tutte le
sue tappe intermedie. Mentre Eckhart insiste pi spesso a indicare il punto pi alto ed
estremo del cammino spirituale, delineando in modo ardito e ispirato lincontro con Dio
e portando spesso il linguaggio al paradosso, Assagioli accenna solamente a tali vette,
preferendo indicare meglio i gradi intermedi di questa via, descrivendo in maniera pi
scrupolosa la strada a chi parte dal basso senza soffermarsi molto a parlare di
qualcosa su cui in ultima analisi, niente si pu dire. I due pensatori, tuttavia, si
rincontrano al punto di arrivo di questo percorso seppure con le rispettive differenze di
espressione.
Cos, per tornare al tema della volont, abbiamo visto che la volont che Assagioli mira
a sviluppare non certo una volont di tipo separativo ed egoico, tanto che egli parla di
volont buona e di volont transpersonale segnando un importante allargamento di
prospettiva in cui si arriva alladesione alla volont Universale. Su tale punto di arrivo si
163
rincontrano i nostri due autori: per entrambi la realizzazione della volont consiste nella
morte o nellallargamento o nella resa della volont personale, quindi nel distacco dalla
propria volont o da se stessi in quanto volont, che arriva cos a coincidere con la
volont transpersonale o volont di Dio, in uno stato di gioiosa accettazione di tutto ci
che accade.
Abbiamo infine considerato in modo pi attento il processo di realizzazione spirituale in
entrambi gli autori osservando come questultimo sia contrassegnato in modo essenziale
dal distacco: per Eckhart il distacco da tutte le creature e da se stessi porta alla nascita di
Dio nel fondo dellanima, per Assagioli lio disidentificatosi da tutti i contenuti pu
identificarsi con il S, la sorgente di cui semplice riflesso.
Ambo gli autori ci portano a considerare, per cos dire, due io: lanima che si lega con
le sue potenze alle creature e alle cose esteriori da una parte, e il fondo dellanima di
natura divina dallaltra; lio che si identifica con i contenuti della coscienza da una
parte, e il S spirituale dallaltra. Tali dimensioni, abbiamo visto, non sono da
considerare come implicanti una dualit sostanziale, ma piuttosto come aspetti o gradi
di manifestazione di ununica realt. S e fondo dellanima esprimono la presenza del
divino in noi, la vera realt dellanima o dellio, in cui questo viene in contatto con Dio.
Interessante notare come S e fondo dellanima siano caratterizzati dallessere
essenzialmente vuoti e privi di determinazioni e contenuti, privi di quei contenuti da cui
lio appunto deve distaccarsi. Per converso, lio psicologico non ha una consistenza e
una sostanzialit propria ma il riflesso di una realt ben pi grande raggiungibile con il
distacco; lio psicologico normalmente non riconosce questa dimensione pi ampia, si
crede separato, resta identificato con se stesso e con i suoi contenuti e da questo deriva
la sua sofferenza. Il distacco dunque momento centrale di questa realizzazione, di
questo passaggio da una dimensione umana segnata da finitezza, sottomissione alle
creature, infelicit, dolore, a una dimensione spirituale caratterizzata da gioia, libert e
pienezza della vita.
Tale realizzazione, che sempre nei nostri autori unesperienza e non un fatto
puramente intellettuale, viene a coincidere con il distacco stesso, atto per un verso
semplicissimo e per un verso difficilissimo, che porta a superare lillusione di
separatezza in cui vive il nostro io ordinario per arrivare a scoprire o meglio a sentire di
far parte di una Realt pi grande.
164
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VANNINI Marco, La mistica delle grandi religioni. Mondadori, Milano, 2004
167
INDICE
Introduzione
5
5
6
8
9
11
2. Lantropologia eckhartiana
13
2.2
Uomo interiore e uomo esteriore
2.3
Corpo, anima e spirito
2.4
Uomo e umanit
2.5
Potenze e fondo dellanima
3. Luomo nobile e la povert dello spirito
3.1
Il distacco delluomo nobile
3.2
Distacco e povert
4. Il distacco, il nulla, la gioia
13
13
14
15
19
19
21
24
4.1
Il nulla
4.2
Negazione di negazione
4.3
La morte dellanima
4.4
Il tutto e la gioia
5. Distacco intelletto e amore
24
25
26
27
30
5.1
Distacco e intelletto
5.2
Distacco e amore
6. Distacco e volont
6.1
Volont personale e volont di Dio
6.2
Accettazione e fede
6.3
La volont distaccata
6.4
La sofferenza
7. Opere e distacco
7.1
Le opere sono per il distacco
7.2
Lazione distaccata
7.3
Essere senza perch
7.4
La preghiera e le opere esteriori
7.5
La grazia e il distacco
30
33
38
38
39
41
43
46
46
47
48
49
51
8. Il distacco e Dio
8.1
Il distacco porta a Dio
8.2
Abbandonare se stessi
8.3
Diventare il Figlio
8.4
Dio e lanima
8.5
Il distacco da Dio
53
53
54
56
58
60
168
62
64
9.1
9.2
9.3
Il diagramma dellovoide
Lio e il S
Lio e i contenuti della coscienza
16. Il S e la disidentificazione
16.1
16.2
La disidentificazione porta al S
Disidentificazione orizzontale e verticale
64
66
67
69
69
70
71
73
73
75
76
77
78
81
89
89
91
94
95
95
96
99
100
102
102
103
106
106
108
111
111
113
169
17.3
Mistica e psicologia
Distacco da se stessi
La volont
117
119
119
123
124
128
130
133
133
136
142
142
144
147
152
153
Conclusione
161
Bibliografia
168
170