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NDE

(Near Death Experiences)

Esperienze di Pre-Morte

Testimonianze, racconti di esperienze


vissute in punto di morte

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Indice

Pag. 3 NDE articolo di Paola Giovetti

Pag. 21 La luce dell'eternit (anonima)

Pag. 31 Howard Storm (ateo dichiarato)

Pag. 53 Yuri Rodonaia (morto per tre giorni)

Pag. 60 Brian Glenn (bambino di 3 anni)

Pag. 65 Lynn (bambina di 13 anni e cani)

Pag. 69 Vicki Umpieg (donna non vedente)

Pag. 71 George Ritchie (militare)

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NDE articolo di Paola Giovetti

In questo articolo pubblicato su Luce e Ombra (n. 3/2004) la


giornalista e scrittrice Paola Giovetti offre un quadro sintetico della
storia della ricerca nel campo delle NDE, ponendo a confronto i
risultati delle sue indagini con quelli presentati da altri ricercatori.
Sull'argomento l'autrice ha anche scritto un libro, Qualcuno tornato
(Armenia Editore, 1989).

Da qualche decennio veniamo confrontati con frequenza crescente


con esperienze molto particolari definite esperienze in punto di
morte (in sigla NDE, dal termine inglese near death experiences):
cio le visioni, le sensazioni, i vissuti di chi si trovato vicinissimo
alla morte. Capita infatti che qualcuno si riprenda per qualche
attimo dal coma e racconti di aver visto o sentito qualcosa; oppure
che persone che sono state in serio pericolo di vita, o hanno
addirittura avuto qualche attimo di morte clinica per arresto
cardiaco, vengano rianimate e raccontino cose del tutto particolari.

Esperienze di questo tipo sono state vissute un po' dappertutto in


tutti i tempi, ma sono numerose soprattutto oggi in quanto i
progressi della medicina consentono di riportare alla vita persone
che un tempo sarebbero certamente decedute. Si tratta di
esperienze che i protagonisti concordemente definiscono "di
paradiso" e che risultano difficilmente esprimibili con le parole
umane: avventure mistiche e irripetibili.

Anche se irripetibili, e quindi uniche, queste esperienze sono


indagabili attraverso alcuni elementi comuni: il loro presentarsi
secondo "modelli" sostanzialmente simili e l'effetto che producono
in chi le vive. In questo senso si pu quindi, con qualche diritto,
parlare di scienza.

Pur presentando caratteri di autentica originalit, ognuna di queste


esperienze sembra infatti rifarsi a un modello di base i cui elementi
fondamentali sono questi: perdita della coscienza quotidiana e al
tempo stesso recupero di una coscienza diversa e superiore,
visione autoscopica, incontro con persone care precedentemente
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defunte o con angeli e figure religiose, percezione di paesaggi,
musiche, colori fantastici, visione di una luce intensissima ma non
abbagliante vissuta come "divina", film panoramico della vita con
capacit di darne un giudizio rispondente a criteri assai diversi da
quelli umani, ritorno alla vita percepito come doloroso e sgradevole,
sensazione condivisa da tutti i protagonisti di essere stati
nell'aldil, perdita della paura di morire avendo constatato che la
morte , per usare le parole di uno di questi protagonisti, "la pi
bella esperienza della vita". Ma andiamo con ordine e ripercorriamo
la storia della ricerca in questo campo.

Le ricerche sistematiche sono proprie soprattutto degli ultimi anni;


tuttavia anche precedentemente queste vicende erano note ed
erano state oggetto di alcune raccolte: ricordo in particolare quella
di Ernesto Bozzano, pubblicata prima sulla rivista Luce e Ombra e
in seguito in un volume dal titolo Le visioni dei morenti. Fondatrice
della moderna tanatologia deve essere per considerata la
dottoressa Elizabeth Kubler Ross, una psichiatra svizzera residente
negli Stati Uniti, che divenuta famosa come la "dottoressa dei
moribondi": e in effetti in questi ultimi anni ella ha fatto per la
comprensione umana della morte pi di quanto sia mai stato fatto
da altri. Fin dagli inizi della sua carriera di medico, la Kubler Ross,
che ha prestato la sua attivit presso la clinica universitaria di
Chicago, si rese conto con stupore e sdegno che il dolore e la
morte sono gli ultimi tab della nostra societ. Si rese conto anche
del fatto che oggi non siamo pi capaci di prestare vero aiuto a un
malato grave: un tempo, quando la gente veniva curata in famiglia,
questo aiuto veniva prestato naturalmente e con spontaneit. Oggi
negli ospedali il malato viene assistito con grande efficienza dal
punto di vista clinico: medici e infermieri si occupano del suo cuore,
delle sue pulsazioni, del suo elettro-encefalogramma, eccetera, ma
non di lui come persona. Oggi, in altre parole, si soffre molto meno
dal punto di vista fisico ma si soffre di pi a livello di sentimenti: le
necessit interiori dell'ammalato non sono mutate. Nel corso del
tempo mutata invece la nostra capacit di esaudirle.

Elizabeth Kubler Ross si mise allora ad assistere e a studiare i


pazienti allo stadio terminale, scoprendo che anche chi ormai in
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situazione disperata pu essere grandemente aiutato da
un'assistenza umana e psicologica. L'occuparsi dei morenti ha dato
alla Kubler Ross una vasta conoscenza dell'uomo, un senso
religioso della vita e anche ferree convinzioni circa quello che
avviene dopo la morte: cominci infatti ad analizzare i racconti dei
pazienti che erano morti clinicamente ed erano stati riportati in vita,
e si accorse che queste persone che erano state "sulla soglia"
avevano spesso qualcosa da raccontare, anche se in genere
esitavano a farlo per paura di essere derise o non credute. Queste
persone avevano molte esperienze comuni: perdevano per
esempio totalmente la paura di morire e affermavano che
l'esperienza era stata tanto bella che avrebbero preferito non
interromperla; raccontavano di essersi trovate in ambienti sereni e
pieni di pace e di essere state accolte da persone care morte
precedentemente; in pi concordemente affermavano che la loro
esperienza di morte era stata il momento pi bello e intenso di tutta
la loro vita.

Elizabeth Kubler Ross cominci a parlare apertamente di queste


cose negli anni Sessanta, quando il tema era ancora relativamente
poco conosciuto; in seguito le sue scoperte sono state confermate
da altri ricercatori che, uno indipendentemente dall'altro, sono
arrivati alle stesse conclusioni. Le inchieste pi importanti in questo
campo sono state pubblicate in vari volumi, tra i quali cito quello del
dottor Raymond Moody, La vita oltre la vita, che diventato un
best seller e ha portato questo tema all'attenzione del grande
pubblico. Moody ha analizzato esperienze vissute in tempi e
ambienti diversi, constatando la loro fondamentale analogia.

Ma l'indagine pi rigorosa che sia stata compiuta in questo campo


quella di Karlis Osis ed Erlendur Haraldsson, pubblicata col titolo
Nel momento della morte. Osis e Haraldsson hanno analizzato un
migliaio di esperienze vissute in ambienti totalmente diversi dal
punto di vista religioso, sociale e culturale come Stati Uniti e India,
constatando nei racconti dei morenti elementi che hanno definito
"transculturali", ovvero indipendenti dalle aspettative e dalla forma
mentis delle persone. Anche i pazienti allo stadio terminale,

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intervistati in questa inchiesta, parlano di particolari "incontri", di
sensazioni di pace e benessere, di ambienti sereni e rasserenanti.

Un'altra validissima inchiesta quella del dottor Kenneth Ring,


dell'Universit del Connecticut, che ha intervistato centinaia di
persone che avevano avuto un arresto cardiaco ed erano state
riportate in vita dai medici. Ring stesso ha riassunto con queste
parole i risultati delle sue indagini: Nel momento della morte
sembra che si attraversino sostanzialmente, in successione
progressiva, queste fasi: sensazione soggettiva di esser morti,
accompagnata da un gran senso di pace; separazione dal corpo;
ingresso in una regione buia ma serena; incontro con voci o
presenze; esame della propria vita; visioni di colori; percezione di
suoni e musica; ingresso in un mondo di luce e di amore; rientro nel
corpo. Fin dalle prime interviste che ho fatto ai rianimati mi sono
reso conto che le prime fasi sono le pi comuni: meno frequenti
invece le ultime, il che dipende, a mio parere, dalla maggiore o
minore durata e profondit dell'esperienza di morte. Molto
importanti gli effetti che queste esperienze hanno su chi le vive:
queste persone infatti non temono pi la morte, perch in essa si
sono sentiti in pace, accettati, amati, hanno avuto la sensazione di
essere arrivati "in porto", di essere finalmente "salvi". Il che non
toglie l'interesse per la vita, anzi la fa maggiormente apprezzare in
quanto interpretano il loro ritorno come una rinascita, un risveglio,
una seconda possibilit: si potrebbe quasi dire una sorta di
missione. In effetti tutte queste persone escono trasformate
dall'esperienza, cambiano totalmente il voltaggio interiore.

Tra le varie altre inchieste che si potrebbero citare ricordo ancora


quella del dottor Michael B. Sabom (pubblicata col titolo Dai confini
della vita), un medico americano che, partito da posizioni scettiche,
si convinto della realt di queste esperienze dopo averne
analizzate a centinaia. Io stessa ho compiuto qualche anno fa
un'inchiesta in Italia (Qualcuno tornato), nel corso della quale ho
analizzato oltre cento casi, constatando che i risultati coincidono
pienamente con quelli ottenuti da altri ricercatori. Questa
concordanza di dati forniti da persone diversissime per fede, cultura
e nazionalit l'elemento che pi parla a favore dell'ipotesi che le
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esperienze in questione non siano sogni o allucinazioni, ma
qualcosa di pi. Per dare un'idea di questa casistica, che ormai
vastissima, riporter ora alcuni casi tratti sia dalla mia inchiesta che
dalle altre sopra citate.

Cominciamo con un caso capitato parecchio tempo fa, prima della


guerra, allo scrittore austriaco Paul Anton Keller, allora trentenne,
che lo descrisse nel suo libro Im Schattenreich (Nel regno
d'ombra) del 1948. Mentre Keller aiutava alcuni ragazzi del paese
ad alzare l'albero della cuccagna, qualcuno perse l'equilibrio e il
pesante palo piomb sullo scrittore:

Un colpo spaventoso mi scaravent a terra. Dolore lancinante in


tutto il corpo. Poi ogni rumore svan. E tuttavia io sentivo ancora,
percepivo, vedevo, comprendevo l'evento con una chiarezza e una
limpidezza che non avevo mai sperimentato prima in vita mia...
Vedevo me stesso, vedevo il mio corpo giacere sul prato calpestato
e lo osservavo senza alcuna partecipazione, quasi con
ripugnanza... Arriv in bicicletta il dottore. Il mio corpo fu sollevato.
Ora vedevo le larghe spalle del dottore che si chinava sul mio
corpo. Accorsero anche alcuni curiosi e io mi misi in mezzo a loro,
non incontrando alcuna resistenza. Che gli altri non mi vedessero
mentre io ero vivo come non mai era cosa che mi stupiva e
meravigliava. Poi tutto quello che mi circondava svan e io mi
ritrovai solo. Indescrivibile la sensazione di pace e felicit che
provavo: tutto ci che mi aveva turbato era lontanissimo, non
riuscivo neppure a richiamarlo alla memoria. Avevo ancora la
capacit di pensare? Mi sembrava che tutto si fosse dissolto in un
sentimento, in una limpida percezione che mi si rivelava come una
realt potenziata e trasfigurata. Avevo gi sperimentato svenimenti
e anestesie, ma il mondo sensibile in cui mi trovavo era
infinitamente pi chiaro e tuttavia indipendente da organi e nervi.

Improvvisamente udii della musica: suoni armoniosi che non


assomigliavano in nulla a una musica come la intendiamo noi. Da
qualche parte, al di l di quella divina melodia, doveva essere il
regno dell'eterna pace e dell'eterna chiarezza, verso il quale io mi
stavo muovendo con assoluta fiducia e confidenza...

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Improvvisamente mi ritrovai accanto al dottore. La copia di cera del
mio io gli giaceva immobile davanti. Ero enormemente stupito che
quella figura fosse appartenuta a me, che in qualche modo quel
corpo pallido fosse il mio. Quel viso cadaverico che aveva i miei
lineamenti suscitava in me soltanto repulsione. Il medico riemp una
siringa: non senza curiosit lo stetti a guardare mentre con abilit e
attenzione conficcava l'ago nel mio braccio. Un'oscura paura mi
invase: in essa persi il mio senso di pace assoluta. Mi sembrava
che una forza priva d'amore trascinasse il mio io in quella profondit
in cui sapevo che si trovava il mio corpo, di cui ricordavo senza
alcuna gioia l'esistenza. S, non c'era dubbio, sprofondavo, venivo
risucchiato e non potevo resistere a quella forza anche se mi
opponevo a essa con tutto me stesso. Di nuovo un'ondata di
violento dolore mi pervase. Fui strappato da quella luce come da un
pugno brutale e ora mi sembrava di sentire odore di medicine,
tabacco e animali. E c'erano anche delle persone. Ora anche la
luce del giorno colpiva le mie palpebre, ed era ben misera in
confronto al mondo di luce che avevo conosciuto. Chino su di me
vedevo il dottore, che alz il viso e con voce che mi parve di non
riconoscere disse: "E vivo".

La vicenda che segue, anch'essa narrata dalla viva voce del


protagonista, fu vissuta anni fa dall'architetto Stephan von
Jankovich di Zurigo: a quell'epoca Jankovich aveva una quarantina
d'anni ed era un uomo dedito prevalentemente alla vita sportiva, di
relazione, di affari. Non si era mai troppo occupato di problemi
filosofici e religiosi e non aveva mai sentito parlare delle cosiddette
esperienze in punto di morte.

Quel giorno di vent'anni fa, mentre viaggiava su una macchina


scoperta, Jankovich ebbe uno scontro frontale con un camion: fin
fuori dalla vettura con diciotto fratture e una grave commozione
cerebrale, che gli procur cinque minuti di morte clinica accertati dal
medico.

Dopo l'impatto, racconta Jankovich, la mia coscienza rimase


naturalmente offuscata, tuttavia a un certo punto mi ritrovai
cosciente con questa consapevolezza: muoio! Ero stupito di non

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trovare sgradevole la morte, non avevo paura. Era tutto cos
naturale, cos ovvio! Mi rendevo conto che morivo e che lasciavo
questo mondo. Durante la mia vita non avevo mai immaginato che
ci si potesse separare dal mondo cos bene e cos semplicemente.
Ero felice di morire senza paura, ero solo curioso di vedere come
sarebbe continuato quel processo di morte. E difficile dire dove mi
trovassi: mi stavo librando, non so dove. Sentivo suoni meravigliosi,
distinguevo colori, movimenti, forme armoniche. Avevo in qualche
modo l'impressione che qualcuno mi chiamasse, mi consolasse, mi
guidasse sempre pi in alto nell'altro mondo, quello in cui stavo per
entrare. Una pace assoluta e un'armonia mai prima percepita mi
pervadevano, ero felice, non ero oppresso da nessun pensiero. Ero
solo, ma in perfetta armonia e avevo la sensazione che la mia
solitudine fosse solo apparente: mi sentivo protetto, in una
dimensione piena d'amore e di comprensione. Poi questa fase
meravigliosa si interruppe e mi ritrovai sul luogo dell'incidente,
proprio al di sopra della macchina fracassata e del mio corpo
martoriato che giaceva per terra con la gente intorno e un medico
che tentava di rianimarmi e che dopo un po' disse:

"Non posso fare il massaggio cardiaco: ha le costole spezzate".


Tutto questo mi fu confermato in seguito. Ritennero allora che non
ci fosse pi niente da fare per me e cercarono una coperta per
coprire il mio corpo. A questo punto vidi una persona, un altro
medico, correre verso di me con una valigetta in mano,
inginocchiarsi accanto a me e cominciare a fare qualcosa.

A me, continua Jankovich, tutto quel daffare faceva venire da


ridere perch mi sentivo benissimo, pi vivo che mai, per niente
morto! Intanto avevo ripreso contatto con la dimensione che prima
ho descritto: i giochi di luce e di colore divennero pi ampi, pi
pieni, fino a sommergermi. Da qualche parte, a destra in alto,
vedevo il sole che diventava sempre pi radioso, luminoso,
pulsante. Sapevo che questo sole era il principio divino, la fonte di
ogni energia. La mia anima priva di corpo cominciava ad
armonizzarsi con le vibrazioni di questo sole, mi sentivo sempre pi
felice e a mio agio. Poi di nuovo tutto si interruppe e io persi di
nuovo conoscenza. Quel medico che avevo visto correre verso il
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mio corpo mi aveva fatto un'iniezione di adrenalina che mi aveva
strappato alla mia bella esperienza.

Vediamo ora qualche caso italiano. Un signore di Como, Romeo N.


racconta:

Nel 1977 ebbi un collasso, persi i sensi e di colpo mi trovai in


un'altra dimensione: con grande stupore vidi i miei genitori defunti,
mamma e pap che mi sorridevano. Non parlavano, eppure capii
che mi dicevano di non aver paura, che non era giunto il momento
di stare con loro, di continuare a comportarmi cos, che loro erano
contenti del mio modo di vivere. Era una gioia capirsi senza aprir
bocca. Dietro di loro c'era una grande pianura, piena di luce viva,
una luce di pace, di gioia, una luce che si intuisce eterna, in cui
dolce vivere, una luce cui ci si assoggetta interamente senza
esserne obbligati, una luce che nessun vocabolario umano pu
contenere le parole adatte a descriverla. Poi gradatamente
cominciai a tornare alla realt terrena, a distinguere i contorni della
stanza, la luce del sole. Ero disorientato, spaurito, mi accorgevo
con rammarico di aver lasciato quel mondo cos bello. Ma quello
che mi stupiva era il fatto che tutto ci che era terreno l'avevo
dimenticato: avevo dimenticato, e non mi dispiaceva, tutto ci che
mi era pi caro, la moglie, i figli, tutto ci che fa felici gli esseri
umani qui sulla Terra. Questa esperienza ha cambiato totalmente il
mio modo di pensare, di agire, di vivere. Ora la morte non mi fa pi
paura, perch l c' la beatitudine, la vera pace, immersi in quella
luce che vita.

Prati verdi, fiori e tanta pace caratterizzano l'esperienza della


signora Adriana Tassinari di Roma, che racconta:

Quando avevo 30 anni, in seguito a un'operazione al fegato, mi


resi conto che me ne stavo andando per collasso cardiocircolatorio.
Feci appena in tempo a suonare il campanello, accorse la suora,
poi il medico che mi fece un'iniezione per sostenere il cuore che
non aveva quasi pi battiti. Ma io restavo cosciente di tutto, ero
tranquilla, per nulla impaurita: una pace immensa entr in me,
mentre il mio spirito vagava in un mondo fantastico che sembrava

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colorato e disegnato da Walt Disney. Prati verdissimi di un tenero
color smeraldo, grandi alberi frondosi, fiori enormi e coloratissimi.
Ma quello che maggiormente mi colpiva era l'assoluta serenit, la
pace immensa e riposante. Notavo che ero sola, nessuno era
intorno a me, neanche ombre lontane. Ma questo non mi
interessava perch quella splendida solitudine mi appagava in
pieno. Poi tutto fin e mi ritrovai nel mio letto, debolissima e
sofferente.

Ho chiesto alla signora Adriana se sia sicura che non si sia trattato
di un sogno, e questa stata la risposta:

Assolutamente no. Quello che ho vissuto era diverso dai sogni,


che fra l'altro non ricordo mai. E non era neppure uno svenimento
come avevo avuto altre volte: sentivo veramente che la vita se ne
andava. Poi ho avuto l'esatta impressione di essere in un'altra
dimensione. Stavo benissimo, non avrei voluto tornare pi e fui
dispiaciuta di ritrovarmi in vita. In seguito fui contenta di essere
ritornata, avendo marito e una bimba piccola, per in quei momenti
felici non avevo pensato a niente e a nessuno. La sensazione pi
precisa che ricordo della mia esperienza quella luce solare calda,
quella beatitudine, quella pace, quella serenit. Il prato, i fiori, io
stessa, tutto era irradiato da quella luce che avvolgeva e dava una
sorta di santificazione. difficile descriverlo con le nostre parole. Di
certo era un luogo incantevole dove avrei voluto restare per
sempre. Quando morir spero di ritrovare quello che ho visto allora.
Se cos, stupendo e io non ho affatto paura di morire.

Ancora un prato verde dalle tonalit brillanti e luminose per questa


anziana signora che sopravvisse al grave incidente nel quale era
stata coinvolta, mentre avrebbe preferito morire veramente per
potersi ricongiungere all'unico figlio morto in et ancora giovane:

Nel giugno del 1977 fui investita da un furgone senza che me ne


accorgessi e che sentissi assolutamente niente: svenni o morii? Mi
ritrovai in un immenso e splendido prato verde dove ero
completamente sola. Poi sentii vicino a me delle persone e chiesi
dov'ero e loro mi dissero che mi trovavo in ospedale: avevo subito

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una contusione cranica, ero in stato commotivo, ferite dappertutto,
fratture a quattro costole, blocco allo stomaco, al fegato e a tutto
l'intestino.

Nonostante le preghiere rivolte ai medici perch mi lasciassero


morire, sono tuttora al mondo (vivo sola e ho 80 anni) e spesso mi
ritorna alla mente il magnifico prato verde, che dopo la morte di mio
figlio, avvenuta l'anno scorso a soli 50 anni, desidererei raggiungere
per l'eternit.

Un altro grave incidente, un'altra bella esperienza di confine che


comprende questa volta anche un simbolo chiarissimo: il grande
muro che impedisce l'accesso all'altra dimensione fatta di musica e
luce. L'esperienza della signora F. D. di Brescia.

Nel 1980 ho avuto un caso di premorte in seguito a un tremendo


incidente stradale: stata un'esperienza meravigliosa e davvero
non si vorrebbe assolutamente ritornare sulla Terra nel corpo fisico.

Ero all'altezza di tre metri e vedevo tutto da sopra: vedevo la


macchina capovolta, il mio corpo morto, la gente che si radunava
sul ciglio della strada. Sentivo tutto quello che dicevano in ogni
dettaglio e con estrema chiarezza. Ma poi alzando lo sguardo pi in
alto vedevo una enorme piazza tutta di marmo lucidissimo, grande
come il mondo. In fondo, a mo' di orizzonte, vedevo una grande
muraglia e capivo che per andare al di l bisognava attraversare
questa muraglia. Sentivo dei cori angelici e cercavo di unirmici, ma
non mi vollero dicendo che dovevo tornare sulla Terra nuovamente.
Percepivo per che di l si conserva tutto, che il pensiero continua
ed anzi pi limpido. So che mi sentivo felice, felicissima, ero
beata, per non dire radiosa. Poi mi sono sentita rimpicciolire e
rientrare nel corpo dalla parte delle narici e della bocca. Quando
rinvenni ero piena di ematomi, dolori e gonfiori, ma la gioia era
ancora cos forte in me che non sentivo male: fu dopo in ospedale
che gradatamente sentii un male fisico enorme.

La cosa pi importante che ero felice di vedere il mio corpo


morto. Ero felice, era una cosa stupenda. La morte ora non mi fa

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pi paura e capisco san Francesco che la chiamava "sorella
morte".

naturalmente molto difficile valutare esperienze di questo genere,


che sono totalmente soggettive. Si pu tuttavia notare che il mondo
visto dal signor Domenico F. ricorda molto da vicino certe
descrizioni giunte per via medianica: un ambiente non totalmente
dissimile da quello terreno, anche se pi bello e pi sereno, incontri
coi propri cari precedentemente defunti coi quali ci si intende senza
bisogno di pronunciare parole, un'atmosfera tranquilla e
beatificante. Vorrei a questo proposito ricordare che la lettura di
"alcune" esperienze di questo tipo potr forse non dire molto; ma
quando le vicende vissute diventano decine e centinaia, tutte
caratterizzate da elementi ricorrenti analoghi, l'impressione di
"realt" si fa molto pi intensa.

Un Aldil fatto di luce e di amore per questa ragazza americana


diciassettenne.

Nel 1967, quando avevo 17 anni, ebbi una grave forma allergica
che a un certo punto mi procur un'improvvisa difficolt di
respirazione. Rapidamente le cose peggiorarono al punto che i miei
chiamarono un'ambulanza: non essendocene nessuna disponibile,
vennero i vigili del fuoco. lo intanto ero quasi fuori conoscenza, pur
continuando a fare uno sforzo tremendo per continuare a respirare.
A un certo punto smisi di farlo e provai un gran sollievo per aver
potuto smettere di lottare per vivere. Scivolai nel buio di una
regione inconsapevole ma piena di pace. Di colpo mi trovai fuori dal
corpo, a pochi passi di distanza da esso, guardando con grande
curiosit i pompieri che mi facevano la respirazione bocca a bocca
e mi massaggiavano. Mia madre mi spruzzava acqua sul viso. Mi
resi conto anche che il pompiere che mi praticava la respirazione
bocca a bocca mentalmente mi parlava e mi sollecitava a non
cedere: gli ricordavo moltissimo sua figlia. Un attimo dopo mi trovai
a guardare questa scena un po' comica dall'altezza dei fili del
telefono. Vidi un bambino correre verso casa nostra e cercai di
gridargli di non farlo, ma non mi ud. Intanto un vigile commentava
tristemente che da tre minuti ero senza polso. Mia madre era fuori

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di s, ma io volevo gridar loro che tutto era come doveva essere e
che stavo benissimo. Mi sentivo infatti felice, a mio perfetto agio,
addirittura esilarata per la nuova situazione: un'autentica fenice
risorta, libera dai limiti del corpo e del mondo fisico. Tutto intorno a
me era musica: l'etere del mio nuovo universo era amore, un amore
cos puro e generoso che non desideravo altro che rimanere l. Mi
resi conto della presenza di uno zio trapassato, ci riconoscemmo e
restammo insieme. Ci muovevamo in un mare di luce, con la quale
mi identificavo sempre pi. Poi di colpo tutto fin: fui spinta in un
tunnel luminoso e catapultata di nuovo nel mondo fisico. Mi ritrovai
a pochi passi dal mio corpo: era arrivata l'ambulanza e anche il
nostro medico di casa che mi stava riempiendo di adrenalina e mi
faceva il massaggio cardiaco. Il mio polso aveva ripreso e batteva
debolmente e a questo punto fui come risucchiata dal corpo... mi
sentivo confusa, con un senso di imprigionamento e di
degradazione quale non avevo mai provato.

Ancora luce e beatitudine in quest'altra esperienza, capitata a una


signora di Roma.

Ero molto legata a mio padre e quando quindici anni fa lui manc,
io, che avevo allora 40 anni, dopo pochi minuti ebbi un collasso:
ricordo perfettamente che girai le pupille in su, chiusi gli occhi e vidi
mio padre allontanarsi verso una immensa distesa bianca,
luminosa, di un infinito bagliore in cui si perse, mentre io mi fermai,
incerta. Era successo che ero caduta in coma per un arresto
cardiaco e mentre i medici si affannavano con iniezioni e il
massaggio cardiaco io mi sentivo serena, leggera e contenta, in
uno stato di vera beatitudine.

Un'esperienza analoga a quelle finora narrate stata riferita da un


testimone superiore a ogni sospetto: il medico e psicologo svizzero
Carl Gustav Jung. Si tratta di un fatto capitato a una sua paziente e
Jung lo riporta nel suo libro La sincronicit.

La signora in questione aveva avuto un parto molto difficile,


seguito da una violenta emorragia che le aveva provocato un
collasso. A un certo punto la paziente ebbe la sensazione di stare

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sprofondando attraverso il letto in un vuoto senza fondo; ma non
aveva paura... La consapevolezza successiva fu che, senza alcuna
sensazione del proprio corpo, guardava in gi da un punto posto
proprio sul soffitto della stanza e percepiva tutto quello che
accadeva sotto di lei: vedeva se stessa pallida come un cadavere,
stesa sul letto con gli occhi chiusi.

Accanto al letto c'era l'infermiera, il medico correva agitato su e gi


per la stanza, le pareva che avesse perso la testa e non sapesse
bene cosa fare. Sua madre e suo marito entrarono e la guardarono
spaventati. Ma lei pensava: proprio sciocco che pensino che io
stia morendo, chiaro che torner in me. Intanto sapeva che dietro
di lei si trovava uno splendido paesaggio, una sorta di parco dai
colori smaglianti, e in particolare un prato verde smeraldo con l'erba
corta, che si stendeva su un pendio e al quale si accedeva
attraverso una porta a grata che dava sul parco. Era primavera e il
prato era pieno di piccoli fiori variopinti che non aveva mai veduto
prima. Un sole intensissimo illuminava la zona e tutti i colori erano
di uno splendore indescrivibile; il prato faceva l'impressione di una
radura nel bosco, dove l'uomo non aveva mai messo piede. Sapeva
che era l'ingresso di un altro mondo e che se si fosse voltata per
guardare direttamente la scena sarebbe stata tentata di varcare la
porta e quindi di abbandonare la vita. Sentiva che niente le avrebbe
impedito di varcare la soglia, ma sapeva anche che sarebbe tornata
nel proprio corpo e non sarebbe morta.

La signora infatti si riprese e fu in grado di narrare nei particolari


tutto quanto era avvenuto durante il suo svenimento, compreso il
comportamento "isterico e incompetente" del medico.

A commento di questo caso Jung osserva: Non facile spiegare


come possano verificarsi, in una condizione di grave collasso,
processi di rimemorizzazione di straordinaria intensit psichica, e
come si possano osservare a occhi chiusi eventi reali nei loro
dettagli concreti. Dovremmo aspettarci che un'anemia cerebrale
cos evidente pregiudicasse notevolmente, o addirittura impedisse,
proprio il verificarsi di processi psichici assai complessi.

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Commento che si attaglia perfettamente anche a tutti i casi riportati.

Jung peraltro aveva un'esperienza personale e diretta di questo


genere: l'aveva vissuta a 69 anni, quando era stato colpito da
infarto e l'aveva poi descritta nel capitolo "Visioni" del suo libro
autobiografico Ricordi, sogni, riflessioni raccolti ed editi dalla sua
allieva e collaboratrice Aniela Jaff. Ecco dunque la sua
esperienza, che di particolare intensit e significato, anche dal
punto di vista delle conseguenze.

Al principio del 1944 mi fratturai una gamba, e a questa


disavventura segu un infarto miocardico. In stato di incoscienza
ebbi deliri e visioni che dovettero cominciare quando ero in pericolo
di morte e mi curavano con ossigeno e iniezioni di canfora... Mi
pareva di essere sospeso in alto nello spazio, e sotto di me,
lontano, vedevo il globo terrestre avvolto in una splendida luce
azzurrina, e distinguevo i continenti e l'azzurro scuro del mare.
Proprio ai miei piedi c'era Ceylon e dinanzi a me, a distanza, l'India.
La mia visuale comprendeva tutta la Terra, ma la sua forma sferica
era chiaramente visibile e i suoi contorni splendevano di un bagliore
argenteo, in quella meravigliosa luce azzurra. In molti punti il globo
sembrava colorato o macchiato di verde scuro, come argento
ossidato. Sulla sinistra, in fondo, c'era una vasta distesa, il deserto
giallo rossastro dell'Arabia: come se l'argento della Terra in quel
punto avesse preso una sfumatura di oro massiccio. Poi seguiva il
Mar Rosso, e lontano come a sinistra in alto su una carta
potevo scorgere anche un lembo del Mediterraneo, oggetto
particolare della mia attenzione. Tutto il resto appariva indistinto.
Vedevo anche i nevai dell'Himalaya coperti di neve, ma in quella
distanza c'era nebbia e nuvole. Non guardai per nulla verso destra.

Sapevo di essere sul punto di lasciare la Terra. Pi tardi mi


informai dell'altezza a cui si dovrebbe stare nello spazio per avere
una vista cos ampia: circa 1500 km! La vista della Terra a tale
altezza era la cosa pi meravigliosa che avessi mai visto.

Oggi che le fotografie scattate dagli astronauti nello spazio ci hanno


reso familiare l'immagine del nostro globo azzurro avvolto di nubi

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bianche, la visione di Jung acquista un realismo eccezionale: nel
1944 per, quando Jung ebbe la sua esperienza, di voli spaziali
non si parlava e dovevano passare parecchi anni prima che la
famosa immagine facesse il giro del mondo.

Ma l'avventura continua: sospeso nello spazio cosmico, Jung vede


una pietra, una specie di meteorite, grande come una casa, simile a
certi blocchi di granito che aveva visto a Ceylon, nei quali viene
talora scavato un tempio. E anche nel "meteorite" scavato un
tempio: la porta incorniciata di lampade accese e a destra di essa
siede, in attesa, un ind nella posizione del loto. E qui avviene un
processo interiore di liberazione e contemporaneamente di
immedesimazione col proprio bagaglio terreno: Quando mi
avvicinai ai gradini che portavano all'entrata accadde una cosa
strana: ebbi la sensazione che tutto il passato mi fosse
all'improvviso tolto violentemente. Tutto ci che mi proponevo, o
che avevo desiderato o pensato, tutta la fantasmagoria
dell'esistenza terrena, svan, o mi fu sottratta: un processo
estremamente doloroso. Nondimeno qualcosa rimase: era come se
adesso avessi con me tutto ci che avevo vissuto e fatto, tutto ci
che mi era accaduto intorno. Potrei anche dire: era tutto con me e
io ero tutto ci. Consistevo di tutte queste cose, per cos dire:
consistevo della mia storia personale e avvertivo con sicurezza:
"Questo ci che sono. Sono questo fascio di cose che sono state
e che si sono compiute".

Questa esperienza mi dava la sensazione di estrema miseria e al


tempo stesso di grande appagamento. Non vi era pi nulla che
volessi o desiderassi. Esistevo, per cos dire, oggettivamente: ero
ci che ero stato e che avevo vissuto.

A questo punto per il processo si blocca, avviene qualcosa per cui


bisogna tornare indietro: Mentre mi avvicinavo al tempio avevo la
certezza di essere sul punto di entrare in una stanza illuminata e di
incontrarvi tutte quelle persone alle quali in realt appartengo. L
finalmente avrei capito anche questo era certezza da quale
nesso storico dipendessero il mio io e la mia vita, e avrei conosciuto
ci che era stato prima di me, il perch della mia venuta al mondo e

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verso che cosa dovesse continuare a fluire la mia vita... Mentre cos
meditavo accadde qualcosa che richiam la mia attenzione. Dal
basso, dalla direzione dell'Europa, fluiva verso l'alto un'immagine:
era il mio medico... Quando quell'immagine mi fu innanzi, ebbe
luogo tra noi un muto scambio di pensieri. Il mio medico era stato
delegato dalla Terra a consegnarmi un messaggio, a dirmi che c'era
una protesta contro la mia decisione di andarmene. Non avevo
diritto di lasciare la Terra, dovevo ritornare. Non appena ebbi
sentito queste parole, la visione fin.

Se si considera con attenzione il racconto di Jung, non avremo


difficolt a individuare in esso elementi che abbiamo gi incontrato
in vari altri casi: un'esperienza fuori dal corpo, il luogo sacro, la
dimensione diversa nella quale il protagonista agisce, una
situazione di confine, simbolizzata dal medico che fa capire che non
tempo di morire, che occorre tornare indietro; oltre naturalmente a
sensazioni di bellezza e di gioia.

Ma l'esperienza non finisce qui: durante le tre settimane che


seguirono l'infarto, Jung ebbe ancora, praticamente ogni notte, echi
e riflessi di questa prima esperienza cosmica. Ricordando quanto
gli era stato consentito di vivere, egli scrisse di essersi sentito
come sospeso nello spazio al sicuro nel grembo dell'universo, in
un vuoto smisurato, ma colmo di un intenso sentimento di felicit...
E impossibile farsi un'idea della bellezza e dell'intensit dei
sentimenti durante quelle visioni. E aggiunge: Sebbene in seguito
abbia ritrovato la mia fede in questo mondo, pure da allora in poi
non mi sono mai liberato completamente dall'impressione che
questa vita sia solo un frammento dell'esistenza, che si svolge in un
universo tridimensionale, disposto a tale scopo... Posso descrivere
la mia esperienza solo come la beatitudine di una condizione non
temporale nella quale presente, passato e futuro siano una sola
cosa.

La realt terrena era apparsa a Jung come una sorta di prigione,


fatta per scopi ignoti, che aveva una specie di potere ipnotico, che
costringeva a credere che essa fosse la realt, nonostante si fosse
conosciuta con evidenza la sua nullit.

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Jung afferm anche che solo dopo la malattia aveva scritto le sue
opere principali: le intuizioni e le conoscenze derivate da quella
esperienza gli avevano infuso il coraggio di intraprendere nuove
formulazioni. Dopo la malattia per era avvenuta anche un'altra
cosa: Un dir di "s" all'esistenza, un "s" incondizionato a ci che
essa , senza pretese soggettive; l'accettazione delle condizioni
dell'esistenza cosi come le vedo e le intendo.

L'accettazione della mia esistenza, proprio come essa .

Per concludere riporto l'esperienza vissuta durante un coma dalla


psicologa romana Laura Boggio Gilot, che oltre a narrare le proprie
visioni e sensazioni ha anche voluto commentare la propria
"avventura" nell'altra dimensione.

L'esperienza di morte riguarda uno stato di coscienza


"transpersonale" ovvero oltre i confini dell'ordinaria personalit, in
cui l'identit trascende il senso dell'io incapsulato nel corpo e il
contesto empirico della coscienza razionale. Nell'esperienza di
morte si accede a un reame non percepibile sensorialmente, che
essenzialmente un reame di bont, verit e bellezza. Lo stato di
coscienza transpersonale non comporta identificazioni con limiti
spaziali e temporali, in quanto l'ambito della realt oggettiva
sperimentato come arbitrario e la discontinuit della materia
sperimentata come un'illusione. Nel caso personale, l'esperienza
della morte cominciata con l'attutimento della percezione
sensoriale e con la conseguente consapevolezza di morire vissuta
senza paure o emozioni particolari. Alla consapevolezza di morire
ha fatto seguito l'uscita dal corpo fisico e la visione di quest'ultimo
come un involucro distante e separato dalla coscienza.
Successivamente ho sperimentato il distacco dalle emozioni e dai
pensieri, che sono apparsi come diversi "corpi" indipendenti dalla
mia coscienza. A questa esperienza ancora descrivibile seguita
un'immersione in una dimensione ineffabile che al di l di
qualsiasi concettualizzazione e verbalizzazione. In questa fase si
sperimenta l'ingresso illimitato in una realt trascendente che
unitaria, eterna e infinita, essenza di bene e di conoscenza. La
coscienza cosmica che ne deriva rientra nella visione unitaria,

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ordinata e armonica dell'universo e nella consapevolezza della
propria appartenenza a questa perfezione.

Quanto alle conseguenze di questo tipo di esperienza, Laura


Boggio Gilot cos si esprime:

Il ritorno alla vita dopo un'esperienza di morte comporta una


rivoluzione nel contesto della conoscenza della realt e delle
motivazioni individuali. Le implicazioni del "viaggio" oltre il sensibile
e oltre i confini dell'io sono cognitive ed etiche. Dal punto di vista
cognitivo il senso della propria identit si dilata fino a includere la
realt trascendente: questo vanifica la paura della morte e
conferisce al senso della vita il colore dell'eternit. La visione
dell'esistenza quale realt che trascende i confini del corpo e della
mente concreta porta a una modificazione dei propri bisogni e delle
proprie mete, che si indirizzano nel senso della conoscenza e del
bene. A mio giudizio, dal punto di vista di una valutazione
scientifica dell'esperienza di morte, questo tipo di
consapevolezza in assenza di ordinario funzionamento
cerebrale dimostra che esiste un'attivit della mente al di l dei
confini organici del cervello. Anche se le coordinate sensoriali e
razionali sono cadute, la coscienza continua a esistere e si
espande a possibilit transrazionali che hanno un voltaggio assai
superiore a queste ultime.

Quello che mi sembra importante la coincidenza, nell'esperienza


di morte, tra ingresso in un reame trans-sensibile e cognizione di
perfezione e ineffabile gioia, che rende chiaro il senso
dell'interpretazione mistica dell'incontro con Dio. Credo che sia
proprio questo tipo di "divino contatto" che non permette pi a una
persona che "ritorna" di vivere come prima, e ineluttabilmente fa
slittare le motivazioni individuali da una posizione egocentrica a una
cosmocentrica.

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NDE la luce dell'eternit

Questa la testimonianza della NDE di una signora francese,


che desidera essere citata con le sole iniziali, N.D.

Mi toccato in sorte di vivere, pi di trent'anni or sono,


un'esperienza particolare che ha ampliato la mia concezione del
mondo e capovolto tutti i valori della mia vita. Fu un'esperienza
profonda e indimenticabile, che ha toccato ogni aspetto del mio
essere e mi ha dato la certezza che la morte non esiste.
Questesperienza dentro di me e mi ricorda la pienezza, la
bellezza e la pace immensa di uno stato che sfugge ad ogni
descrizione, in confronto al quale la ricerca delle ricchezze
materiali, della fama, del potere e della gloria appare miserabile e
ridicola. Mi auguro che la descrizione di questa mia esperienza
possa asciugare molte lacrime e demistificare la morte, poich un
canto alla vita.

Tutto avvenne nel 1968. Tre settimane dopo la nascita del mio
secondo figlio ebbi una grave emorragia. Fui ricoverata in ospedale
e operata d'urgenza. Nel corso dell'intervento (isterectomia, o
ablazione dell'utero) ci fu una seconda violenta emorragia. Il mio
cuore smise di battere, mi fu detto, per circa 45 secondi, con
elettrocardiogramma piatto.

Durante quei 45 secondi vissi un istante di eternit!


Ricordo prima di tutto di essermi trovata all'altezza del soffitto. Ero
l con tutti i miei pensieri, le mie emozioni, le mie impressioni, con
tutto ci che costituisce il mio essere profondo. Presi coscienza di
essere in grado di vedere contemporaneamente da tutti i lati, ma
soprattutto provavo un sentimento nuovo e incredibile: quello di
esistere fuori dal mio corpo fisico. Vi assicuro che sentirsi vivere al
di fuori di se stessi una cosa sconvolgente. Presi coscienza che
ero l'inquilina del mio corpo, che era steso sul tavolo della sala
operatoria. Lo guardai e non lo trovai bello. Ero cadaverica, avevo
dei tubi che mi uscivano dal naso e dalla bocca, non ero
assolutamente in forma. Cosa che non aveva pi alcuna

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importanza, perch quel corpo non ero io, non era che il mio
veicolo. Sentii il chirurgo esclamare: Mi sfugge dalle mani!.
Queste parole mi furono confermate un mese dopo dall'infermiera
che aveva assistito all'operazione.

Non rimasi a lungo in quella sala operatoria, perch pensai a mio


marito e a mio suocero che erano in attesa nella sala d'aspetto.
Pensando a loro, istantaneamente mi ci trovai accanto. Presi
coscienza del fatto di poter attraversare i muri. Tutto mi sembrava
naturale, solo in seguito mi sono chiesta come fosse stato possibile!
Come avevo potuto attraversare i muri e ritrovarmi in quella sala
d'aspetto, dal momento che non sapevo dove fosse ubicata?

Constatai che in quella sala d'attesa non c'erano sedie, cosa che
mio marito mi conferm in seguito. Vedevo che mio marito e suo
padre andavano su e gi per la stanza e io cercavo di manifestarmi
a loro, ma invano. Non mi vedevano. Non capivo cosa stesse
succedendo, provavo una sorta di disperazione per non essere in
grado di comunicare con le persone che amavo. Tentando di farmi
percepire, posai la mano (del corpo pi sottile nel quale ora mi
trovavo) sulla spalla di mio suocero, e la mia mano attravers il suo
corpo!

Al tempo stesso per prendevo coscienza di una facolt nuova:


quella di penetrare tutto ci che esiste. Non ho mai perduto la
nozione di essere "me stessa", ma avevo l'impressione di occupare
pi spazio e mi trovai nel cuore di mio marito. Conoscevo tutti i suoi
pensieri e anche l'essenza del suo essere, ci che egli valeva come
essere umano. La stessa cosa avvenne con mio suocero. I miei
suoceri avevano perduto il loro primo figlio all'et di 25 anni: il
ragazzo era annegato nel vano tentativo di salvare un amico. Di
conseguenza avevano concentrato tutto il loro amore sul loro
secondo e ultimo figlio, che a quell'epoca aveva 14 anni. Quando in
seguito era divenuto mio marito, io avevo avuto l'impressione di
aver portato via il loro figlio e credevo che essi non mi amassero
per me stessa, ma soltanto in base alla mia capacit di renderlo
felice. E questo mi faceva soffrire. Ed ecco che ora che potevo
leggere nel cuore di mio suocero mi rendevo conto di tutta la

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compassione e di tutto l'affetto che egli nutriva per me ed ero
capace di vedere al di l delle mie proiezioni.

In seguito mi trovai in un abisso di tenebre, di silenzio. Ero sola al


mondo, in un nulla infinito e avrei dato qualunque cosa pur di
sentire un rumore e vedere qualcosa. Non so quanto tempo sia
durato quello stato. Forse una frazione di secondo? Il tempo non
esisteva. Pensai: "Ecco qui, ragazza mia, sei morta". E tuttavia non
ero morta perch esistevo. Mi torn alla memoria una frase che mi
era stata insegnata al catechismo quando ero bambina: "Si vive fino
alla fine dei tempi, fino alla resurrezione finale". In quel contesto,
l'idea di vivere in quel nulla e in quelle tenebre mi sembrava
insopportabile.

Qualcosa dentro di me invoc aiuto e da lontano vidi una luce. A


partire da quel momento non fui pi sola al mondo. Fui proiettata a
una velocit prodigiosa verso quella Luce e via via che mi
avvicinavo la Luce divenne sempre pi grande fino a occupare tutto
lo spazio. Le tenebre si rischiararono, avvertii distintamente delle
presenze intorno a me, senza per altro vederle, ma soprattutto
sentivo nascermi in cuore una gioia infinita, una gioia mille volte pi
grande di tutte le gioie che avevo potuto sperimentare su questa
terra.

E cos rientrai nella Luce. L non ci sono pi parole... Questa luce


era anche un oceano di amore, ma di un amore puro, che si offre
senza chiedere niente, un amore-sole, e io ero l'amore. Ero
immersa in un oceano di amore, amata per quello che ero, lontana
da tutte le preoccupazioni e le agitazioni della Terra! Non avevo pi
coscienza del tempo e dello spazio, ma ero consapevole di essere,
di essere sempre stata. Avevo compreso di essere una particella di
questa luce ed ero eterna. In quella pienezza e in quella pace
immensa compresi il senso delle parole: "Io sono". Era come se,
restando me stessa, io divenissi tutto e ritrovassi la mia natura
reale. Avevo ritrovato la mia patria. Ero divenuta amore ed ero la
vita. Come fare, mio Dio, a condividere questesperienza? Se
ognuno di noi potesse viverla, anche per un solo istante, su questo
pianeta non ci sarebbero pi miseria, violenza e guerra.

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In quella luce vidi venire verso di me un giovane luminoso. Il mio
cuore si riemp di gioia, perch riconobbi mio fratello. Quando io
avevo undici anni, i miei genitori avevano perduto un bambino di
sette mesi. Io adoravo quel piccino, ero la sua mammina. Dopo la
sua morte i miei genitori ed io avevamo vissuto quella sofferenza
cos ben espressa da queste parole di Victor Hugo: "Un solo essere
vi manca e tutto deserto". Ma ora lui era davanti a me, vivo! Ed io
ero felice, ero tanto felice! Mi trovai fra le sue braccia. Era solido e
anch'io lo ero. Comunicavamo col pensiero e i sentimenti e io gli
"dissi": "Come sarebbero contenti di vederti pap e mamma!"

Lui mi disse che ci aveva sempre seguiti e accompagnati nella


nostra vita, e io capii che i legami d'amore non muoiono mai. Come
facevo ad esser certa che quell'essere era mio fratello?
Evidentemente c' una grande differenza fra i tratti fisici di un beb
e quelli di un adolescente. E tuttavia io so con assoluta certezza
che era lui. Penso che si tratti di un riconoscimento fra anime...

Incontrai anche il fratello di mio marito, Jacques, che avevo visto


soltanto in fotografia. Fui sorpresa e felice di constatare che mi
voleva bene e mi conosceva. Egli mi mostr le circostanze del suo
decesso e quanto i suoi genitori avessero sofferto, in particolare
mia suocera. Mi augurai di non dover mai affrontare nella mia vita
una simile prova.

Incontrai anche degli esseri che non avevo mai visto sulla Terra. E
tuttavia li conoscevo e provavo una felicit immensa rivedendoli.
Essi leggevano in me come in un libro aperto e avrei voluto poter
mostrar loro solo aspetti positivi di me stessa. So che questi esseri
mi accompagnano e mi guidano nella vita.

Tutti questi incontri ebbero luogo in un paesaggio inondato di luce,


di bellezza e di pace. Ero in un bellissimo giardino, la natura era
magnifica. L'erba era pi verde di quella terrena, c'erano altri fiori,
altri colori, i suoni stessi si trasformavano in colori. E tutto questo
creava un'armonia, un'unit tale che compresi la sacralit della vita.
Tutto viveva, un semplice filo d'erba mi rapiva perch vedevo in
esso le molecole della vita, vedevo la loro luce interiore. Pensai

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allora che al di l della sofferenza umana, che proviamo quando
muoiono le persone che amiamo, dovremmo gioire sapendo che
stanno ritrovando la Vita.

Ho rivissuto la mia vita a rovescio, dai miei 26 anni all'epoca della


mia nascita. Accanto a me c'era un Essere di Luce, una creatura
che il mio cuore conosceva. Non so descrivere la radiazione e la
forza d'amore che emanava. Mi accorsi in seguito che aveva anche
molto humour.

Udii la sua voce che sembrava venire dal fondo dell'universo, una
voce possente e dolce al tempo stesso. Una voce fatta di forza e
d'amore, che mi domand: "Come hai amato e che cosa hai fatto
per gli altri?" Compresi immediatamente l'importanza della
domanda. Al tempo stesso ebbi la visione di una moltitudine di
esseri con le braccia tese al cielo, in atteggiamento implorante.
Sapevo che quegli esseri soffrivano e io percepivo tutte le loro
sofferenze. Che cosa avevo fatto per loro? Non ero stata cattiva,
ma non avevo fatto niente di particolare. La domanda che mi era
stata rivolta esigeva, per usare le parole di Emerson, "di fare tutto il
bene che esiste nell'individuo", e io capivo adesso che ci
richiedeva tanto amore. Richiedeva anche una crescita, una
trasformazione che a sua volta avrebbe aiutato gli altri a
trasformarsi. Sentii allora che l'umanit un solo essere le cui
membra sono interdipendenti una dall'altra per il loro progresso e la
loro sopravvivenza. Mi ridestai a una responsabilit nuova. La
comprensione di tutto ci, semplice in apparenza, continua ad
approfondirsi nel tempo.

Tutta la mia vita era l, con tutte le gioie, le aspettative, le speranze


e le sofferenze che ne avevano fatto parte. Ritrovai le mie emozioni
di bambina, riscoprii certi episodi dimenticati, rividi tutte le
motivazioni degli anni che avevo vissuto: non possibile
nascondere niente, tutto scritto nel grande libro della vita. Era
sconvolgente, perch durante quel bilancio io ero al tempo stesso
colei che riviveva ogni situazione con tutte le emozioni che
l'accompagnavano ed ero anche l'altra parte di me stessa, quella
che non provava emozioni e che era soltanto saggezza,

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conoscenza, amore e giustizia. Era questa pura luce, quest'altra
parte di me stessa, che valutava la mia vita e rendeva chiara ogni
cosa. Compresi tutti i miei meccanismi psicologici, ne vidi i
funzionamenti, vidi i miei limiti, le mia carenze e tante altre cose pi
sottili che non sono ancora riuscita a tradurre in parole. Presi
coscienza del bene e del male che avevo fatto senza rendermi
conto delle ripercussioni che i miei atti e i miei pensieri avrebbero
avuto in me stessa e nelle persone che mi stavano vicine. Mi resi
conto di ci che provavano coloro ai quali avevo fatto del bene e
coloro verso i quali mi ero comportata in modo sgradevole.

Questa grande coscienza valuta la nostra vita in base a criteri di


amore assoluto e saggezza, e noi ci rendiamo conto delle nostre
manchevolezze, miserie e debolezze. Allora si rimpiange il tempo
passato alla ricerca di falsi valori e si rimpiange di non avere
veramente vissuto. Questa presa di coscienza si accompagna
anche alla compassione per se stessi perch si scopre che
l'ignoranza, la paura, i condizionamenti, le debolezze ci hanno
allontanati da ci che in realt siamo e da ci che avremmo potuto
realizzare nella vita.

Mi fu mostrata la mia vita dopo il mio ritorno sulla terra. Prima, per,
mi era stato chiesto se desideravo restare o tornare a vivere. La
mia anima voleva restare, ma aveva pensato ai miei due bambini
che avevano bisogno della loro mamma. Mi fu detto anche che
quando fossi ritornata avrei necessariamente dimenticato molte
delle cose che avevo vissuto. Malgrado il mio desiderio di fissare
dentro di me tutte quelle conoscenze, so che molte sono svanite:
non ho potuto portare con me che qualche briciola, e me ne
dispiace.

Quando dico "mi fu mostrato", "mi fu detto", voglio dire che ricevevo
queste informazioni da un essere (per esempio fratello) o dalla
grande luce. Era come se fossi in una classe senza professori.

Vidi dunque i miei figli crescere ed ero fiera di loro. Mi fu mostrato


che i miei suoceri e mia nonna avrebbero lasciato questa terra
quasi nello stesso periodo e che due di loro se ne sarebbero andati

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a tre settimane di distanza, cosa che mi colp. Mio suocero e mia
nonna ci hanno lasciati 13 anni dopo questesperienza, a tre
settimane esatte di distanza uno dall'altro e mia suocera mor l'anno
successivo... Avevo rivelato queste informazioni a mio marito e ai
miei genitori, che ne erano rimasti molto turbati.

So di aver saputo molte cose, ma le ho dimenticate. Mi fu detto che


Dio era la forza, la vita e il movimento, che la vita esisteva ovunque
nell'universo, che quando morir non mi sar chiesto a quale
religione, filosofia o razza appartengo, ma come ho amato e che
cosa ho fatto per gli altri, perch l'unica cosa importante la qualit
interiore di un individuo.

Mi fu detto anche che tutto ci che andava nel senso dell'unit era
positivo e che la mia vita, rapportata all'eternit, corrispondeva a un
battito di ciglia della mia propria vita.

Mi fu mostrato anche il futuro dell'umanit. Vidi che la nostra Terra


sarebbe stata oggetto di grandi capovolgimenti e che noi avremmo
attraversato delle grandi prove, delle grandi tribolazioni, perch
avevamo una tecnologia avanzata, molta scienza, ma poca
fraternit e saggezza. E mi fu mostrato tutto quello che minacciava
di avvenire se non avessimo cambiato. Insisto sul se perch
determinante.

Mi fu detto che eravamo come a un crocevia e che niente era


ineluttabile, tutto dipendeva dalla nostra capacit di amare e di
agire con saggezza. Avvertii comunque l'urgenza estrema di una
grande trasformazione individuale e planetaria dell'umanit e la
necessit di instaurare la pace e la tolleranza in noi e intorno a noi
per vivere in armonia e nel rispetto di tutto ci che vive.

Vidi anche che avevo gi vissuto su questa Terra. Mi furono


mostrati spezzoni di altre vite e il legame che le collegava tutte. Mi
fu detto che si ritorna su questa terra finch non si acquisisce
sufficiente amore e saggezza: tutta questione di evoluzione. Nello
stato in cui ero, trovavo tutto molto logico ed evidente. In seguito,
quando fui ritornata nel corpo, questo ricordo mi risultato
sconvolgente; sono per intimamente convinta che questo concetto
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delle "vite successive" non deve far discutere, nel senso che non
importante far propria una credenza o una convinzione, ma
trasformarsi. A livello di assoluto, al di l del tempo e dello spazio,
non c' che la vita, la Grande Vita... Ma nella nostra dimensione,
limitata dallo spazio e dal tempo, noi prendiamo coscienza soltanto
di un segmento, di una parte di questa vita che scorre tra la nascita
e la morte e pensiamo che questa piccola vita sia tutto quello che
c' da conoscere. Invece non cos.

Mi fu detto anche che il Cristo sarebbe ritornato sulla terra e che il


suo ritorno era imminente. Io per non so pi se ad incarnarsi sulla
terra sar un'entit come il Cristo oppure se questa grande
coscienza, questa grande vita che circola in noi come potenzialit
che deve risvegliarsi alla dimensione cristica; so che piansi perch
avevo capito che l'unica cosa che poteva salvarci era la sua venuta.

Il Cristo, cos come l'ho compreso nel corso della mia esperienza
(ma non ho certo la pretesa di aver capito tutto il suo mistero),
rappresenta tutta la pienezza della vita in tutto ci che esiste ed la
coscienza, l'amore e la vita che si manifestano totalmente
nell'essere umano e nell'umanit liberata dalle sue miserie umane.
Il Cristo non appartiene a nessuna religione perch nel cuore di
ognuno, la pienezza di Dio nell'uomo. Ero emozionata e capivo
che ci che ci salver da noi stessi ed eviter guerre, catastrofi e
calamit sar il risveglio di questa dimensione di Cristo in noi tutti.

Ricordo anche di essere andata di piano in piano, di livello in livello.


Avevo l'impressione di penetrare profondamente nella mia
coscienza, che si manifestava attraverso una lucidit e una
comprensione interiore che crescevano continuamente. Mi ritrovai
poi in una citt di luce, d'oro e pietre preziose, la gloria delle glorie.

Mi sentivo trasportata ed innalzata al livello pi alto. Compresi


allora pi profondamente il senso dei 26 anni che avevo trascorso
sulla Terra e ci che avevo fatto di questopportunit. Poi mi fu
mostrato che avrei avuto molte prove e sofferenze nel tempo che
mi restava da vivere sulla Terra. Mi sono vista piangere molte volte
e chiesi il perch di queste prove. Mi fu detto allora che le avevo

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accettate prima di nascere, perch grazie ad esse sarei cresciuta.
Pregai allora che mi fossero date tutte le esperienze e le prove
necessarie per arrivare allo scopo finale nel corso di una sola vita,
perch non volevo tornare di nuovo sulla Terra. Capivo che l'inferno
era sulla Terra ed ero pronta alle pi grandi rinunce e ai pi grandi
sacrifici pur di non dover ritornare. Mi fu per fatto capire che non
era possibile caricarmi pi di quanto le mie spalle fossero capaci di
sopportare.

Potr apparire stravagante o contro natura desiderare una cosa


simile. Grazie a Dio, non sono masochista, amo la vita. Ma in quello
stato di coscienza sublime non avevo pi che un desiderio: arrivare
il pi presto possibile allo scopo, cio riuscire a fondermi con quello
splendore. Sulla Terra ci si rivolta alle sofferenze e alle malattie. Ma
"dall'altra parte" se ne capisce il perch e se ne vedono i risultati. E
tutto diviene chiaro.

Vidi poi venire verso di me un essere molto bello. Mi impossibile


dire se fosse un uomo o una donna, perch era virile e femminile al
tempo stesso. Avevo l'impressione di conoscerlo fin dalla notte dei
tempi e volevo fondermi con lui. Gli dissi: "Voglio unirmi per sempre
a te..." Ed in quel momento presi coscienza del fatto che
quell'essere ero io, ma io alla fine dei tempi, io totalmente
realizzata. Fu quella una grande lezione di umilt, perch misurai
tutto il cammino che mi restava da percorrere per divenire ci che
sono... Capivo che il tempo non era che la distanza che mi
separava da me stessa. La mia incapacit di vivere la pienezza di
ci che sono attira le esperienze necessarie per acquisire ci che
mi manca.

Mio fratello ed io ci salutammo. Lui mi consigli di non parlare delle


mie esperienze al mio risveglio e di aspettare 17 anni prima di
darne testimonianza, perch prima di quel tempo sarebbero state
considerate come un trauma conseguente allo choc operatorio.

Non ricordo di essere uscita dal mio corpo, ma ricordo di esserci


rientrata passando per la testa e di essermici infilata come in una
calza. La pienezza svan, la libert si dilegu, fin la sensazione di

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essere uno e tutto al tempo stesso. Si rientra nel proprio corpo
come dentro una scatola. Si dimentica che gli altri fanno parte di noi
stessi, sono noi stessi, e ci si fa reciprocamente del male...

Mi fecero risvegliare rapidamente. Al mio risveglio avevo nelle


orecchie una musica sublime, una sinfonia infinita, di una dolcezza
che mi faceva fondere d'amore. Ho cercato in seguito di ritrovare
quella musica ascoltando musica sacra e classica, ma invano.
Dietro a quella musica c'era un senso di completezza, una pace
infinita, una pienezza, una conoscenza che avrei voluto poter
conservare per sempre in me. Ho portato con me una particella
d'eternit e la sensazione di aver compreso ogni cosa. Tutto era
perfetto...

Quando mi risvegliai, si risvegli anche il dolore (avevo un lungo


taglio all'addome) e tutta l'esperienza divenne meno nitida. Non
riuscivo a trattenerla. Non ne ho conservato nella memoria che una
parte infinitesimale. Da allora per so che l'amore il segreto della
vita, il segreto di Dio e so anche che Dio questa Luce splendida e
meravigliosa e insieme l'energia che impregna l'universo. Credo in
una religione senza frontiere, quella dell'amore che nel cuore di
ogni essere umano e che, al di l dei dogmi, conduce l'uomo a
trasformarsi da bruco in farfalla.

30
NDE Howard Storm

Prima della sua NDE, Howard Storm, insegnante d'arte


all'Universit del Kentuchy, non era una persona molto
gradevole. Ateo dichiarato, ostile a qualsiasi forma di religione
ed a coloro che la praticavano, spesso usava la collera per
controllare gli altri. Non aveva fede in nulla che non potesse
essere visto, toccato o sentito con i sensi. Era assolutamente
certo che il mondo materiale rappresentasse tutto ci che
potesse esistere. Considerava i sistemi di fede associati alle
religioni come fantasie utilizzate dalle persone per
autoingannarsi. Al di l di ci che diceva la scienza, non c'era
altro.

Nel giugno 1985, all'et di 38 anni, Storm ebbe una NDE in


conseguenza di una perforazione allo stomaco e la sua vita
cambi per sempre. Questo cambiamento fu cos radicale da
indurlo a dare le dimissioni dalla sua attivit di professore ed a
dedicarsi allo studio della teologia presso un seminario, fino a
diventare pastore della United Church of Christ. Il racconto che
segue tratto dal libro di Storm My Descent into Death non
tradotto in italiano (Tratto da near-death.com).

1 Un invito verso l'inferno

(Howard Storm era in intensa agonia e stava morendo). Nello


sforzo di dire addio a mia moglie, stavo lottando con le mie
emozioni. Averle detto che l'amavo tanto era l'ultimo saluto che ero
riuscito a darle a causa della mia angoscia emotiva. Rilassandomi
in qualche modo e chiudendo gli occhi restai in attesa della fine.
Sentivo che si approssimava: ecco il grande nulla, il grande
blackout. quello da cui non mi sarei pi risvegliato, la fine
dell'esistenza. Avevo l'assoluta certezza che non vi era nulla al di l
di questa vita, perch era cos che la pensavano le persone
realmente intelligenti. Mentre mi trovavo in questo stato di tensione,
non mi pass mai per la mente l'idea di pregare, o cose del genere.
Se mai pensai al nome di Dio, fu solo con intento blasfemo.

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Per qualche tempo restai in uno stato di incoscienza o di sonno.
Non sono sicuro di quanto sia durato, ma mi sentivo davvero
strano, cos aprii gli occhi. Con mia sorpresa mi ritrovai in piedi
accanto al letto, mentre guardavo il mio corpo disteso nel letto. La
mia prima reazione fu: " pazzesco! Non posso star qui a guardare
me stesso. impossibile". Non era ci che mi aspettavo, non era
vero. Come mai ero ancora vivo? Io volevo l'oblio, ed adesso stavo
osservando qualcosa che era il mio corpo, e non riuscivo a
raccapezzarmi.

Non sapendo cosa succedeva, cominciai a preoccuparmi. Mi misi a


gridare e ad urlare a mia moglie, che non si mosse, continuando a
star seduta come impietrita. Non mi guardava, non si muoveva,
mentre io continuavo ad urlare frasi blasfeme per attirare la sua
attenzione. Confuso, preoccupato ed arrabbiato, cercai di farmi
notare dal mio compagno di stanza, con lo stesso risultato: non
reag per niente. Volevo credere che si trattasse solo di un sogno, e
continuavo a ripetermi: "Devessere solo un sogno". Ma sapevo che
non era un sogno. Ero consapevole che, per quanto strano potesse
sembrare, mi sentivo pi sveglio, pi cosciente e pi vivo di quanto
non fossi mai stato in tutta la mia vita. Tutti i miei sensi erano
estremamente acuti. Ogni cosa era vibrante e viva. Il pavimento era
freddo e sentivo i miei piedi nudi umidi per il sudore. Questo era
reale. Strinsi i pugni e mi meravigliai di quanta sensibilit avessi
nelle mie mani semplicemente chiudendole a pugno.

Poi sentii il mio nome. Qualcuno chiamava "Howard, Howard, vieni


qui". Mi chiesi da dove provenisse il richiamo, e scoprii che veniva
da oltre la porta della stanza. C'erano diverse voci che mi
chiamavano. Domandai chi erano, e dissero: "Siamo qui per
prenderci cura di te. Ti rimetteremo a posto. Vieni con noi".
Interrogandomi ancora su chi fossero, domandai loro se erano
medici o infermiere. Risposero: "Presto, vieni a vedere, e lo
scoprirai". Quando facevo loro delle domande, mi davano risposte
evasive. Continuavano a trasmettermi un senso di urgenza,
insistendo affinch andassi oltre la porta.

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Con una certa riluttanza, avanzai nel corridoio, e l mi ritrovai in una
nebbia, come una foschia. Era una foschia leggermente colorata,
non densa. Potevo vedere la mia mano, per esempio, ma quelli che
mi chiamavano erano 5 o 6 metri pi avanti, e non riuscivo a
distinguerli chiaramente. Sembravano delle silhouettes o delle
sagome, e quando andavo verso di loro si ritraevano nella foschia.
Quando provai ad avvicinarmi per identificarli, penetrarono
rapidamente nella nebbia. Cos anch'io li seguivo addentrandomi
sempre pi nella foschia.

Queste strane creature continuavano a sollecitarmi affinch andassi


con loro. Pi volte chiesi loro dove fossimo diretti, e rispondevano:
"Avanti, coraggio, lo scoprirai da te". Non rispondevano a nessuna
domanda. L'unica risposta era di affrettarmi e di seguirli. Mi dessero
pi volte che il mio dolore era senza senso e non necessario: "Il
dolore un'idiozia" dicevano.

Sapevo che avevamo percorso chilometri, ma di quando in quando


avevo la strana abilit di voltarmi indietro e di vedere la camera
dell'ospedale. Il mio corpo era ancora l, immobile nel letto. Il mio
punto di vista, in queste occasioni, era come se stessi fluttuando al
di sopra della stanza, guardando verso il basso. Mi sembrava di
essere a milioni e milioni di chilometri di distanza. Guardando gi
nella stanza, vidi mia moglie ed il mio vicino di letto, e decisi che,
siccome essi non erano stati in grado di aiutarmi, sarei andato con
quelli che mi chiamavano.

Dopo aver percorso quella che mi sembrava una considerevole


distanza, questi esseri mi furono tutt'intorno. Mi stavano
conducendo attraverso la nebbia, non saprei dire per quanto tempo.
Sulle prime sembravano piuttosto giocosi ed allegri, ma dopo
qualche tempo alcuni cominciarono a comportarsi in modo
aggressivo. Pi io mi mostravo inquisivo e sospettoso, pi essi
diventavano rudi, scontrosi ed autoritari. Cominciarono a scherzare
sul mio sedere nudo, che il grembiale dell'ospedale non riusciva a
coprire, e su quanto fossi patetico, Sapevo che stavano parlando di
me, ma se cercavo di scoprire di cosa esattamente stessero
parlando cominciavano a dire: "Shhhh, pu sentirti, pu sentirti".

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Inoltre, gli altri sembravano mettere in guardia quelli pi aggressivi.
Mi sembrava di riuscire a sentirli avvisare gli aggressivi di stare
attenti, altrimenti mi sarei spaventato e sarei scappato via.

Chiedendomi cosa stesse accadendo continuai a porre domande,


ed essi mi sollecitavano sempre pi ad affrettarmi ed a smetterla di
far domande. Sentendomi a disagio, specialmente di fronte alla loro
aggressivit, pensai di tornare indietro, ma non sapevo ritrovare la
strada: mi ero perso. Non vi erano segnali di sorta cui fare
riferimento. Non c'era altro che la nebbia ed il terreno umido e
fangoso, ed io non riuscivo ad orientarmi.
Tutte le mie comunicazioni con quegli esseri si svolgevano a
parole, proprio come quelle tra gli esseri umani. Non sembrava che
potessero conoscere i miei pensieri, n io conoscevo i loro. Ci che
cominciava ad essere sempre pi evidente era il fatto che si
trattava di bugiardi, e pi stavo con loro pi le mie speranze di
ricevere aiuto diminuivano. Ore prima avevo sperato di morire e di
por fine al tormento della vita. Adesso le cose andavano anche
peggio, costretto com'ero da quella folla di creature ostili e crudeli
ad andare verso un'ignota destinazione nelle tenebre. Essi
cominciarono a gridare e ad insultarmi, spingendomi a fare pi in
fretta, e rifiutarono di rispondere alle mie domande.

Alla fine, dissi loro che non sarei pi andato avanti. Diventarono
allora molto pi aggressivi, insistendo che dovevo andare con loro.
Un certo numero di loro cominci a spingermi e ad urtarmi, ed in
risposta io reagii. Ne segu un tumulto selvaggio di insulti, grida e
percosse. Io lottai come un ossesso, e nello stesso tempo era ovvio
che loro si stavano divertendo. Sembrava che per loro fosse una
specie di gioco, e che io fossi il pezzo forte del loro divertimento. La
mia pena diventava il loro piacere. Sembrava che mi volessero far
del male, mordendomi e graffiandomi. Appena riuscivo a liberarmi
di uno, altri cinque mi assalivano.

A quel punto si era fatto quasi completamente buio, e mi sembrava


che invece di venti o trenta, quegli esseri fossero diventati un'orda.
Ognuno sembrava pronto a farsi avanti per il piacere di farmi del
male. I miei tentativi di reagire provocavano solo una maggiore

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allegria. Cominciarono ad umiliarmi fisicamente nei modi pi
degradanti. Mentre io continuavo a battermi, mi rendevo conto che
non avevano alcuna fretta di farla finita con me. Stavano giocando
come il gatto col topo. Ogni nuovo assalto era annunciato da ululati
stridenti. Ad un certo punto cominciarono a strappare brandelli della
mia carne. Con orrore compresi che mi stavano facendo a pezzi e
divorando vivo, lentamente, in modo che il loro divertimento
potesse durare il pi a lungo possibile.

In nessun momento ebbi la sensazione che gli esseri che mi


avevano ingannato ed attaccato fossero altro che esseri umani. Il
modo migliore nel quale li posso descrivere pensare alla peggiore
persona che si possa immaginare spogliata di qualsiasi impulso a
fare il bene. Alcuni di loro sembravano in grado di dire agli altri cosa
fare, ma non riuscii a scorgere alcuna struttura gerarchica o
organizzativa al loro interno. Non sembravano controllati o diretti da
nessuno. In definitiva erano un'orda di esseri totalmente in preda di
incontrollabili crudelt e passioni. Nel corso della nostra lotta mi
accorsi che non sentivano alcun dolore. A parte questo, non mi
sembrava che possedessero alcuna speciale abilit extraumana o
superumana. Sebbene durante il mio iniziale approccio avessi dato
per scontato che fossero vestiti, durante i nostri contatti fisici non
incontrai vestiti di sorta.

Dopo aver combattuto a lungo e duramente, alla fine ero esausto.


Mentre giacevo senza forze in mezzo a loro, cominciarono a
calmarsi, dato che non rappresentavo pi quel sollazzo di prima. La
maggior parte di quelle creature si ritir delusa per il fatto che non li
divertissi pi, ma alcuni continuavano a punzecchiarmi e ad
irritarmi, e mi prendevano in giro perch non ero pi divertente. A
questo punto ero stato sconfitto. Di quando in quando mi colpivano
ancora, ma io ero a pezzi, incapace di opporre resistenza.

Ci che accadde esattamente fu non tenter nemmeno di


spiegarlo: dentro di me sentii una voce, la mia voce, dire "Prega
Dio". La mia mente rispose: "Io non prego. Io non so pregare". Ecco
un tizio che giace a terra nell'oscurit, circondato da quel che
sembrano dozzine se non centinaia di creature malefiche che lo

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hanno appena fatto a pezzi. La situazione sembrava del tutto senza
vie di scampo, ed io non avevo alcuna speranza di ricevere aiuto,
credessi o meno in Dio. La voce di nuovo mi disse di pregare Dio.
Era un bel dilemma dato che non sapevo come pregare. Per la
terza volta la voce mi disse di pregare. Allora cominciai a dire cose
come "Il Signore il mio pastore, ed io non voglio Dio benedica
l'America" ed altre cose del genere che mi sembrava avessero
qualche connotazione religiosa.

Tutte quelle creature cominciarono ad agitarsi freneticamente,


come se avessi versato su di loro dell'olio bollente. Cominciarono a
gridare e a dare in escandescenze nei miei confronti, dicendo di
smetterla, che non c'era alcun dio, e nessuno che potesse
ascoltarmi. Mentre gridavano ed urlavano oscenit, cominciarono
ad indietreggiare e ad allontanarsi da me, come se fossi velenoso.
Mentre si ritiravano, diventavano ancor pi rabbiosi, maledicendomi
e gridando che quel che dicevo non aveva alcun valore e che io ero
un vigliacco.

Allora gridai verso di loro: "Padre nostro, che sei nei cieli", e frasi
del genere. Questo continu per qualche tempo finch,
d'improvviso, mi accorsi che se n'erano andati. Era buio, ed io ero l
da solo, gridando cose che sapevano di chiesa. Fu per me una
gradita sorpresa vedere che queste frasi da chiesa avevano avuto
la meglio su quelle orribili creature. Dopo aver giaciuto l a lungo,
ero in un tale stato di disperazione, di angoscia e di oscurit, che
non avevo la minima idea di quanto tempo fosse trascorso. Giacevo
semplicemente in quel luogo sconosciuto, dopo esser stato
sbranato e fatto a pezzi. Non avevo un briciolo di forza: le forze mi
avevano abbandonato. Sembrava come se fossi in uno stato di
dissolvenza, che qualsiasi sforzo da parte mia avrebbe drenato
completamente le mie energie. La mia consapevolezza mi diceva
che stavo morendo, o affondando nelle tenebre.

2 Salvato da un Essere di luce

Non sapevo nemmeno se ero al mondo. Ma sapevo di esserci. Ero


reale: tutti i miei sensi funzionavano troppo dolorosamente bene.

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Non sapevo com'ero arrivato laggi. Non c'era nessuna direzione
da seguire, quand'anche fossi stato in grado di muovermi
fisicamente. L'agonia che avevo sofferto durante il giorno
(all'ospedale) non era nulla paragonata a quello che stavo provando
adesso. Ora capivo che quella era la fine assoluta della mia
esistenza, e mi sembrava pi orribile di qualsiasi cosa avessi mai
potuto immaginare. Ma poi accadde un fatto sconcertante: udii
molto chiaramente, recitato dalla mia voce, qualcosa che avevo
appreso da bambino alla scuola domenicale. Era quella canzoncina
"Ges mi ama, s lo so" che veniva ripetuta. Non so perch, ma
d'improvviso mi venne voglia di crederci. Non essendomi rimasto
nient'altro, volevo aggrapparmi a quel pensiero, e cos, dentro di
me, gridai "Ges, per favore, salvami". Fu un pensiero gridato con
ogni residua oncia di forza e di sentimento che ancora mi restava.

Allora vidi, laggi da qualche parte nelle tenebre, una minuscola


stellina. Non sapendo cosa fosse, immaginai che si trattasse di una
cometa o di una meteora, dato che si muoveva rapidamente. Poi
compresi che si dirigeva verso di me, diventando rapidamente
sempre pi brillante.

Quando mi fu vicina, la luce si rivers su di me, ed io mi alzai senza


alcuno sforzo, come se fossi tirato su. Allora potei vedere senza
alcun dubbio come tutte le mie ferite, tutte le mie lacrime, tutte le
mie fratture erano svanite. Ed in quello splendore io tornai intero.
Quello che feci fu scoppiare in un pianto dirotto. E piangevo non
perch mi sentissi triste, ma perch sentivo in me cose che non
avevo mai sentito prima nella mia vita.
Accadde un'altra cosa: d'improvviso seppi un intero nucleo di cose.
Le sapevo Sapevo che quella luce radiosa mi conosceva. Non so
come spiegarvi il fatto che sapevo che mi conosceva: lo sapevo e
basta. Senza dubbio, sapevo che mi conosceva meglio di mia
madre e di mio padre. L'entit luminosa che mi abbracciava mi
conosceva nell'intimo e cominci a comunicarmi un formidabile
senso di conoscenza. Sapevo che conosceva tutto di me e che ero
incondizionatamente amato ed accettato. La luce mi comunicava
che mi amava in un modo che non posso neanche tentare di
esprimere. Mi amava di una qualit di amore che non avrei
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neanche immaginato potesse esistere. Era un campo intenso di
energia radiante di splendore indescrivibile, in cui si riconoscevano
solo bont ed amore. C'era pi amore di quanto non riuscissi ad
immaginare.

Capivo che questo essere radiante era pieno di potere. Mi faceva


sentire benissimo in ogni senso. Potevo sentire la sua luce su di
me, come se delle mani molto gentili mi circondassero. E potevo
sentire che mi sosteneva. Ma soprattutto mi amava di un amore
straboccante. Dopo tutto quello che avevo passato, l'essere
completamente conosciuto, accettato ed amato intensamente da
questo Essere di luce andava oltre qualsiasi cosa io avessi mai
conosciuto o potuto immaginare. Cominciai a piangere e le lacrime
continuavano a sgorgare sempre pi copiose. E noi, io e l'essere di
luce, cominciammo a salire allontanandoci da quel luogo.
Andavamo sempre pi veloci, uscendo dall'oscurit. Abbracciato
dalla luce, sentendomi magnificamente e piangendo, cominciai a
scorgere in lontananza qualcosa che somigliava alla fotografia di
una galassia, sebbene fosse pi grande e contenesse pi stelle di
quante se ne vedono dalla Terra. Al centro c'era un grande
splendore, una concentrazione di luce enormemente brillante.
All'esterno del centro milioni di sfere di luce fluttuavano, entrando
ed uscendo da quella che era la grande presenza nel centro. Tutto
avveniva in lontananza.

Allora non che lo dicessi a parole, ma col pensiero, io dissi


"Riportami indietro". Ci che intendevo, dicendo alla luce di
riportarmi indietro, era di riportarmi nel pozzo oscuro dal quale ero
stato salvato. Mi vergognavo talmente di ci che ero, e di quello che
ero stato per tutta la vita, che tutto ci che volevo era nascondermi
nell'oscurit. Non volevo pi andare oltre verso la luce: cio lo
desideravo, e nello stesso tempo non lo volevo. Quante volte nella
mia vita avevo negato e ridicolizzato la realt che ora era davanti a
me, e quante migliaia di volte l'avevo usata come un'imprecazione!
Quale incredibile arroganza dell'intelletto usare quel nome come un
insulto! Avevo timore di avvicinarmi. Ero inoltre consapevole che
l'incredibile intensit delle emanazioni potesse disintegrare quello

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che ancora stavo sperimentando come l'integrit del mio corpo
fisico.

L'essere che mi stava sostenendo, il mio amico, conosceva la mia


paura, la mia riluttanza e la mia vergogna. Per la prima volta parl
alla mia mente con una voce maschile, e disse che se non mi
sentivo a mio agio non era necessario che ci avvicinassimo di pi.
Cos ci fermammo l dove eravamo, ancora lontani innumerevoli
chilometri dal grande Essere. Per la prima volta il mio amico, ed io
lo chiamer cos d'ora in avanti, mi disse: "Tu appartieni a questo
luogo".

Di fronte a tutto quello splendore divenni acutamente consapevole


della mia misera condizione. La mia risposta fu: "No, hai fatto un
errore, rimandami indietro". E lui disse: "Noi non facciamo errori.
Questo il tuo posto". Allora lanci un richiamo con un tono di voce
musicale verso le entit luminose che circondavano il grande
centro. Molte accorsero e si posero in cerchio attorno a noi. Nel
periodo seguente alcune andavano e venivano, ma in genere
cinque o sei, ed in certi casi anche otto, restavano sempre accanto
a noi. Io continuavo a piangere. Una delle prime cose che questi
esseri meravigliosi fecero fu di chiedermi, sempre col pensiero: "Hai
paura di noi?". Dissi loro di no. Essi dissero che potevano ridurre la
loro luminosit in modo da apparirmi come persone, ed io risposi di
restare cos com'erano. Essi erano cos belli, cos

Per inciso, io sono un artista, e so che ci sono tre colori primari, tre
colori composti e sei colori derivati nello spettro della luce visibile.
In quel luogo, io stavo vedendo uno spettro di luce con almeno 80
nuovi colori primari. Ne percepivo anche lo splendore. frustrante
per me tentare di descriverlo, perch non ci riesco: vedevo colori
che non avevo mai visto prima. Ci che quegli esseri mi
mostravano era la loro gloria. Non stavo guardando direttamente la
loro essenza, e ne ero perfettamente contento. Poich provenivo da
un mondo di forme e figure, ero deliziato da questo nuovo mondo
senza forme. Gli esserii mi stavano dando ci di cui avevo bisogno
in quel momento. Con mia sorpresa, ed anche con un senso di
disagio, mi accorsi che sembravano capaci di conoscere qualsiasi

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cosa stessi pensando. Non sapevo se sarei stato in grado di
controllare i miei pensieri e di mantenere segreto qualcosa.

Iniziammo a cimentarci nello scambio dei pensieri, in una


conversazione che procedeva in modo molto naturale, semplice e
casuale. Udivo la voce di ciascuno di loro con molta chiarezza.
Ognuno aveva una distinta personalit con la propria voce, ma
parlavano direttamente alla mia mente, non alle mie orecchie. Ed
usavano la normale lingua inglese in forma colloquiale. Qualsiasi
cosa pensassi, la sapevano. Tutti loro sembravano conoscermi e
capirmi molto bene, e di avere piena familiarit con i miei pensieri e
col mio passato. Non sentivo alcun desiderio di chiedere di
qualcuno che avessi conosciuto, perch tutti loro mi conoscevano.
Nessuno avrebbe potuto conoscermi meglio. Non mi pass
nemmeno per la mente di tentare di identificarli come mio zio o mio
nonno. Era come se voi vi trovaste ad un grande raduno di parenti
per Natale, senza essere in grado di ricordare i loro nomi o con chi
sono sposati o in che relazione di parentela sono con voi.
Nonostante ci, sapete di essere con la vostra famiglia. Io non
sapevo se essi fossero o meno miei parenti, ma sentivo che erano
pi vicini a me di chiunque altro avessi mai conosciuto.

Durante la mia conversazione con gli esseri luminosi, che si


protrasse per quello che mi sembr un tempo lunghissimo, io ero
fisicamente sostenuto dall'essere nel quale ero stato avvolto.
Eravamo in un certo senso completamente fermi, sebbene fossimo
sospesi nello spazio. Ovunque intorno a noi c'erano innumerevoli
esseri radiosi. come stelle nel cielo, che andavano e venivano. Era
come un super ingrandimento di una galassia piena zeppa di stelle,
e il gigantesco splendore del suo centro era cos densamente fitto
che i singoli individui non potevano essere distinti l'uno dall'altro. Le
loro entit erano in tale armonia col Creatore da sembrare in realt
una cosa sola.

Mi fu detto che una delle ragioni per cui tutti quegli innumerevoli
esseri dovevano tornare indietro alla loro sorgente era di essere
rinvigoriti da questo senso di armonia e di unificazione. Restare
lontano troppo a lungo li indeboliva e li faceva sentire separati. Il

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piacere pi grande era costituito dal tornare alle sorgenti di ogni
vita.

La nostra conversazione iniziale comportava che essi


semplicemente cercassero di confortarmi. Una cosa che mi dava
fastidio era il fatto di essere nudo. Da qualche parte nell'oscurit
avevo perduto il mio camice ospedaliero. Ero un essere umano ed
avevo un corpo. Mi dissero che andava tutto bene, e che loro
avevano piena confidenza con la mia anatomia. Pian piano mi
rilassai e smisi di cercare di coprire le parti intime con le mani. In
seguito, vollero parlare della mia vita. Con mia sorpresa la mia vita
stava andando in scena davanti a me, a circa due o tre metri di
distanza, dall'inizio alla fine. La revisione della vita era quasi del
tutto sotto il loro controllo, e mi veniva mostrata secondo un punto
di vista diverso dal mio. Vedevo me stesso all'interno della mia vita,
e questo fatto in s rappresentava per me una lezione, anche se al
momento non ne ero consapevole. Stavano cercando di insegnarmi
qualcosa, ma io non sapevo che si trattasse di un'esperienza di
apprendimento, perch non immaginavo che sarei ritornato.

Osservammo la mia vita dal principio alla fine. In certi punti essi
rallentavano ed ingrandivano le immagini, mentre in altre parti
tiravano via. La mia vita mi veniva mostrata in un modo che non
avrei mai immaginato prima: tutte le cose per ottenere le quali mi
ero impegnato ed affaticato, i riconoscimenti che avevo conseguito
nelle scuole elementari, al liceo, all'universit e nel corso della mia
carriera non avevano alcun valore in quel palcoscenico. Potevo
percepire i loro sentimenti di tristezza e di sofferenza, o di gioia,
mentre la revisione della mia vita scorreva davanti a noi. Essi non
dicevano che qualcosa era buono o cattivo, ma io potevo sentirlo. E
potevo anche sentire tutte quelle cose alle quali erano indifferenti.
Per esempio, non fecero alcun caso agli ottimi risultati delle mie
gare sportive al liceo. Semplicemente non provavano niente al
riguardo, cos come nei confronti di altre cose di cui io mi ero
sentito molto orgoglioso.

Ci a cui reagivano era il modo in cui avevo interagito con altre


persone. Questo stava alla base di tutto. Sfortunatamente, la

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maggior parte delle mie interazioni con gli altri non erano adeguate
al modo in cui avrei dovuto interagire, vale a dire con amore. Ogni
volta in cui nella mia vita avevo reagito con amore essi mostravano
grande gioia. Nella maggior parte dei casi mi accorsi che le mie
interazioni con altre persone erano state opportunistiche. Durante la
mia carriera professionale, per esempio, mi vidi seduto nel mio
ufficio, recitando il ruolo del professore del college, mentre uno
studente era venuto da me per parlarmi di un suo problema
personale. Stavo l seduto con aria di partecipazione, in
atteggiamento paziente ed amabile, mentre dentro di me ero
annoiato a morte. Guardavo spesso il mio orologio da polso, sotto
la scrivania, mentre aspettavo con impazienza che lo studente se
ne andasse. Dovetti rivivere tutte quelle esperienze in compagnia di
quegli esseri magnifici.

Quando ero un adolescente mio padre, per esigenze di carriera,


dovette assoggettarsi ad un ritmo di lavoro molto stressante per 12
ore al giorno. Amareggiato e risentito perch non si occupava di me
quando tornava a casa dal lavoro, mi mostravo freddo e scostante
nei suoi confronti. Questo lo faceva arrabbiare, e mi dava ulteriore
motivo per detestarlo. Lui ed io litigavamo, e mia madre diventava
sempre pi infelice. Per quasi tutta la vita avevo considerato mio
padre come il cattivo e me stesso come la vittima. Quando ripassai
la mia vita mi tocc constatare che io stesso avevo contribuito a
che le cose andassero cos. Anzich salutarlo con gioia alla fine di
una dura giornata, lo punzecchiavo continuamente, per giustificare
il mio risentimento.

Mi capit di rivedermi, una notte in cui mia sorella aveva passato un


brutto momento, andare nella sua stanza ed abbracciarla. Senza
dire nulla, stavo semplicemente l con le mie braccia intorno a lei.
Come poi risult, quell'esperienza era stata uno dei maggiori trionfi
della mia vita.

3 La terapia dell'amore e dell'illuminazione

La rivisitazione di tutta la mia vita sarebbe stata emotivamente


devastante, e mi avrebbe reso uno psicopatico, se non fosse stato

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per il fatto che il mio amico, e gli amici del mio amico, mi
manifestavano il loro amore durante la rappresentazione. Era un
amore percepibile. Ogni volta che mi deprimevo essi sospendevano
per un po' la revisione, e mi offrivano il loro amore, un amore
tangibile. Potevo sentirlo nel mio corpo e dentro di me: quell'amore
mi passava direttamente attraverso. Vorrei potermi esprimere
meglio, ma non ci riesco.

La terapia era il loro amore, dato che la revisione della mia vita era
per me come un castigo. Era penoso osservarla, semplicemente
penoso. Non potevo crederci. Ed il fatto era che le cose
peggioravano via via che si andava avanti. La mia stupidit ed il
mio egocentrismo di adolescente aumentarono a dismisura quando
fui adulto, sempre sotto la vernice di un marito, di un padre e di un
cittadino modello. L'ipocrisia di tutto ci era nauseante. Ma al di l
di tutto ci c'era il loro amore.

Quando la revisione fu terminata mi chiesero: "Hai qualche


domanda da fare?". Ne avevo un milione. Domandai, per esempio:
"Che mi dite della Bibbia?" Risposero: "In che senso?" Domandai
se diceva la verit, e risposero di s. Quando chiesi come mai, se
tentavo di leggerla, non vi trovavo altro che contraddizioni, mi
riportarono indietro alla revisione della mia vita, in un punto al quale
non avevo prestato attenzione. Mi mostrarono che quelle poche
volte in cui avevo aperto la Bibbia, l'avevo letta con l'idea di trovarvi
contraddizioni e problemi. Cercavo di provare a me stesso che non
valeva la pena di leggerla. Feci loro notare che per me la Bibbia
non era chiara, che non aveva senso. Mi dissero che ci che
conteneva era la verit spirituale, e che dovevo leggerla dal punto
di vista dello spirito per comprenderla. Doveva esser letta in
raccoglimento. Mi informarono che non era come gli altri libri. Mi
dissero inoltre, ed in seguito potei verificarlo, che quando viene letta
con raccoglimento parla al cuore. Si rivela apertamente, e non pi
necessario pensarci sopra.

I miei amici risposero ad un sacco di domande in modo divertente.


Essi sapevano davvero l'esatto senso di ci che chiedevo loro,
prima ancora che io formulassi la domanda. Quando pensavo alle

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domande nella mia mente, essi le comprendevano
immediatamente. Chiesi loro, per esempio, quale fosse la migliore
religione. Mi aspettavo una risposta tipo: "La presbiteriana".
Supponevo infatti che quei tipi fossero tutti cristiani. La risposta che
ottenni fu: "La miglior religione quella che ti avvicina di pi a Dio".
Avendo chiesto loro se c'era vita su altri mondi, la sorprendente
risposta fu che l'universo era pieno di vita.

A causa del mio timore per un olocausto nucleare, domandai se ci


sarebbe stata una guerra atomica nel nostro mondo, e dissero di
no. Questa risposta mi sorprese, e diedi loro una lunga spiegazione
di come avessi trascorso la vita sotto la minaccia di una guerra
nucleare. Questa era una delle ragioni per le quali ero quel che ero:
immaginavo, mentre ero in vita, che tutto fosse senza via di
scampo. Il mondo sarebbe comunque esploso, e nulla poteva aver
senso. In un simile contesto sentivo di poter fare quel che mi
pareva, tanto nulla aveva importanza.

Mi dissero: "No, non ci sar nessuna guerra nucleare". Chiesi loro


se ne erano assolutamente certi. Mi riassicurarono di nuovo, ed io
domandai come potessero esserne cos sicuri. La risposta fu: "Dio
ama il mondo". Mi dissero che tutt'al pi una o due armi nucleari
potevano esplodere accidentalmente, se non venivano distrutte, ma
non vi sarebbe stata una guerra atomica. Allora chiesi come mai
nella storia erano scoppiate cos tante guerre. Dissero che
consentivano che qualche guerra ci fosse, ma queste erano poche
in confronto a tutte quelle che l'umanit cercava di iniziare. E quelle
poche che essi permettevano che avessero luogo, servivano per
riportare i popoli alla ragione, affinch smettessero di combattersi.
La scienza e la tecnologia, con i loro vantaggi, mi dissero, erano
doni da loro conferiti all'umanit, mediante l'ispirazione. Gli uomini
erano stati letteralmente guidati verso quelle scoperte, molte delle
quali erano state poi utilizzate in modo sbagliato dall'umanit, che
se ne era servita a fini di distruzione. Noi potremmo fare troppi
danni al nostro pianeta, e col termine "pianeta" intendevano tutta la
creazione divina: non solo la gente, ma anche gli animali, gli alberi,
gli uccelli, gli insetti, ogni cosa.

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Mi spiegarono che loro si preoccupavano per tutti gli esseri umani.
Non erano interessati a che un gruppo sopravanzasse gli altri. Essi
vogliono che ciascuno consideri ogni altro individuo pi importante
della propria carne. Desiderano che ognuno ami gli altri,
completamente, perfino pi di quanto non ami se stesso. Se alcune
creature, in qualche parte del mondo, soffrono, anche noi
dovremmo soffrire, dovremmo sentire il loro dolore. E dovremmo
aiutarle. Il nostro mondo, per la prima volta nella nostra storia, si
evoluto al punto che noi abbiamo il potere di farlo. Noi siamo
globalmente collegati gli uni agli altri, e possiamo diventare un solo
popolo.

La nazione a cui avevano offerto il privilegio di guidare il mondo


verso un'epoca migliore ha fallito quest'obiettivo. Quel popolo
eravamo noi, gli Stati Uniti. Quando parlai con loro riguardo al
futuro, e questo pu suonare come una scusa da parte mia, mi
dissero in modo chiaro che noi abbiamo una libera volont. Se noi
modifichiamo il nostro modo di essere, allora potremo modificare
anche il futuro che mi mostrarono. Durante quell'esperienza mi fu
mostrata una visione del futuro basata su come noi, negli Stati
Uniti, ci stavamo comportando. Era un futuro nel quale una grande
depressione globale si sarebbe verificata. Se noi modificassimo i
nostri comportamenti, per, il futuro sarebbe diverso.

Mentre chiedevo loro come poteva essere possibile modificare le


abitudini di tante persone, osservai che era molto difficile, se non
impossibile, cambiare ogni cosa sulla Terra: manifestai l'opinione
che fosse come tentare un'impresa senza speranza. I miei amici
spiegarono in modo chiaro che tutto quel che ci vuole per realizzare
un cambiamento una persona sola. Una persona che ci provi, e
poi, a causa di quella persona, un'altra persona cambier in meglio.
Dissero che il solo modo per cambiare il mondo era iniziare con una
persona: una sarebbe diventata due, due sarebbero diventate tre, e
cos via. Questo l'unico modo di ottenere un cambiamento di
rilievo.

Cercai di sapere come il mondo si sarebbe presentato in un futuro


ottimista, nel quale i mutamenti da essi auspicati avessero avuto

45
luogo. L'immagine del futuro che mi fecero vedere, ed era la loro
immagine, non una creata da me, mi sorprese. Mi sarei aspettato
qualcosa del tipo "Guerre stellari", un futuro pieno di plastica,
tecnologia e "era spaziale". Nel futuro che mi mostrarono la
tecnologia era ridotta al minimo. Ci in cui tutti, e veramente tutti, in
questo futuro euforico impegnavano la maggior parte del tempo era
la cura dei bambini e dei ragazzi. La maggiore preoccupazione di
ognuno era rivolta ai figli, ed ognuno considerava i bambini come la
cosa di maggior valore al mondo. E quando una persona diventava
adulta, non c'era in lei alcun senso di ansiet, di odio o di
competizione. C'era un enorme sentimento di fiducia e di rispetto
reciproco.

Se qualcuno, in questa visione del futuro, manifestava dei problemi,


allora la comunit tutta si interessava della persona in crisi affinch
non fosse emarginata rispetto all'armonia del gruppo.
Spiritualmente, mediante la preghiera e l'amore, gli altri
risollevavano la persona afflitta.

Quel che la gente faceva nel tempo restante era giardinaggio, quasi
senza alcuno sforzo fisico. Mi mostrarono che le piante, tramite la
preghiera, avrebbero prodotto frutti e verdure giganti. Le persone,
tutte insieme, potevano controllare il clima del pianeta tramite la
preghiera. Ognuno avrebbe lavorato nella fiducia reciproca, e la
gente avrebbe chiamato la pioggia quando serviva, ed il sole
splendente. Gli animali vivevano con gli uomini, in armonia.

La gente, in questo mondo migliore, non aveva interesse per la


conoscenza, ma per la saggezza. Questo era possibile perch,
nella posizione in cui si trovavano, tutto quello che avevano bisogno
di sapere nel campo della conoscenza potevano riceverlo
semplicemente attraverso la preghiera. Ogni cosa, per loro, aveva
una soluzione, e potevano fare tutto ci che volevano. In questo
futuro la gente non aveva un desiderio intenso di viaggiare, perch
potevano, spiritualmente, comunicare con chiunque altro al mondo.
Non c'era nessun bisogno di andare in altri posti. Tutti erano cos
assorbiti ed interessati dal luogo in cui si trovavano e dalla gente

46
intorno a loro che non sentivano il bisogno di andare in vacanza.
Vacanza da cosa? Erano completamente realizzati e felici.

La morte, in questo mondo, era il momento in cui l'individuo aveva


sperimentato tutto ci che lei o lui avevano bisogno di
sperimentare. Morire significava mettersi sdraiati e lasciarsi andare:
allora lo spirito si sarebbe sollevato, mentre tutta la comunit si
raccoglieva intorno al morente. Ci sarebbero state manifestazioni di
gioia, poich ciascuno aveva una visione interiore del regno
celeste, e lo spirito andava a riunirsi con gli angeli che scendevano
per andargli incontro. Essi potevano vedere lo spirito che
abbandonava il corpo e sapevano che era venuto il momento per lo
spirito di lasciare questo mondo: aveva superato il bisogno di
crescere quaggi. Coloro che morivano avevano conseguito in
questa vita tutto ci di cui erano capaci in termini di amore,
gratitudine, comprensione, e lavoro in armonia con gli altri.

La sensazione che ricevetti in questa bella visione del futuro del


mondo fu quella di un giardino, il giardino di Dio. Ed in questo
giardino terrestre, pieno di ogni bellezza, c'erano gli esseri umani.
Le persone nascevano in questo mondo per accrescere la loro
comprensione del Creatore. Poi avrebbero lasciato qui nel mondo
fisico questa pelle, questa conchiglia, per progredire e passare nel
regno celeste, lass, per avere una relazione pi intima ed evoluta
con Dio.

4 Quel che accade dopo la morte

Chiesi al mio amico, e ai suoi amici, a proposito della morte, cosa


accade quando moriamo? Mi dissero che quando una persona
buona muore, gli angeli gli vengono incontro e lo portano verso il
cielo, gradualmente, perch quell'anima non potrebbe sopportare di
essere esposta istantaneamente alla presenza di Dio. Sapendo
bene cosa c' dentro ognuno di noi, gli angeli non hanno bisogno di
esibire niente. Sanno ci di cui ognuno di noi ha bisogno, e glielo
danno. In certi casi pu essere un prato paradisiaco, oppure
qualcosa d'altro. Se qualcuno ha bisogno di incontrare un parente,
gli angeli lo portano da lui. Se una persona ha davvero bisogno di

47
gioielli, mostreranno a quella persona i gioielli che desidera. Noi
vediamo ci che ci necessario per accedere al mondo degli spiriti,
e quelle cose sono reali, nella dimensione celeste.

Con gradualit, ci istruiscono come esseri spirituali, e ci portano in


paradiso. Noi progrediamo e cresciamo sempre di pi, ed
abbandoniamo le preoccupazioni, i desideri e la nostra natura
animale che abbiamo combattuto per la maggior parte della nostra
vita. Gli appetiti terreni di sciolgono e se ne vanno. Non si deve pi
lottare per combatterli. Diveniamo ci che siamo veramente, cio
parte della divinit.

Questo quanto accade alle persone amorevoli, che sono buone


ed amano Dio. Mi fu insegnato che noi non abbiamo nessuna
conoscenza o diritto per giudicare qualcuno, riguardo alla sua
relazione profonda con Dio. Solo Dio conosce davvero il cuore di
una persona. Alcuni, che noi riteniamo esseri riprovevoli, sono agli
occhi di Dio persone magnifiche, e parimenti persone che noi
riteniamo buone sono da Dio viste come ipocriti dal cuore scuro.
Solo Dio conosce la verit su ogni individuo.

Alla fine Dio giudicher ogni individuo, e permetter che alcuni


siano trascinati nelle tenebre in compagnia dei loro simili. Vi ho
raccontato, in base alla mia personale esperienza, cosa succede
laggi. Non so altro al di l di quello che ho visto e sperimentato,
ma ho il sospetto di aver visto solo la punta dell'iceberg. Io meritavo
di essere l dov'ero, ero al posto giusto nel momento giusto. Era il
posto per me, e la gente che mi circondava rappresentava una
perfetta compagnia. Dio permise che avessi quest'esperienza, e poi
me ne liber, perch vide che farmi sperimentare quei tormenti era
un modo per redimermi. Era un modo di purgarmi. Coloro che non
devono passare attraverso le tenebre, data la loro natura amabile,
sono attirate in alto, verso la luce.

Io non vidi mai Dio, e non ero in paradiso. Ero nei lontani sobborghi,
e queste sono le cose che mi furono mostrate. Parlammo a lungo,
di tante cose, e ad un certo punto io mo guardai. Quando mi vidi,
stavo splendendo, ero radioso. Stavo diventando bello,

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naturalmente non come loro, ma avevo un certo scintillio che non
avevo mai avuto prima. Non essendo pronto a far fronte di nuovo
alla vita terrena, dissi loro che desideravo stare con loro per
sempre. Dissi: "Sono pronto, son pronto ad essere come voi ed a
stare qui per sempre. magnifico, mi piace. Vi amo. Siete
meravigliosi". Sapevo che mi amavano e che sapevano tutto di me.
Sapevo che tutto sarebbe andato bene da allora in poi. Chiesi se
potevo liberarmi del mio corpo, che era diventato davvero un
impiccio, per diventare come loro, un essere dotato dei poteri che
mi avevano mostrato.

Mi dissero: "No, tu devi tornare indietro". Mi spiegarono che io ero


ancora molto inevoluto e che mi sarebbe stato di gran beneficio
ritornare alla mia esistenza fisica per imparare. Nella vita umana
avrei avuto un'opportunit di crescere cos che la prossima volta
che mi fossi trovato con loro sarei stato pi in armonia. Avevo
bisogno di sviluppare importanti caratteristiche per diventare come
loro e per essere coinvolto nel lavoro in cui erano impegnati.
Rispondendo che non potevo tornare indietro, cercai di far valere le
mie ragioni, ed osservai che se dovevo sopportare quel pensiero (il
pensiero di dover finire di nuovo nel pozzo) li pregavo con tutto il
cuore di poter restare. Allora i miei amici dissero: "Credi che noi ci
aspettiamo che tu sia perfetto, dopo tutto l'amore che ti abbiamo
manifestato perfino dopo che tu, sulla Terra, imprecavi contro Dio e
trattavi chiunque ti stava vicino come se fosse polvere? E questo
nonostante il fatto che noi inviavamo persone per cercare di aiutarti,
per insegnarti la verit? Credi davvero che noi ti lasceremmo solo
adesso?".

Io domandai: "E cosa mi dite del mio senso di fallimento? Voi mi


avete mostrato come posso essere migliore, ed io sono sicuro che
non ne sar all'altezza. Non sono abbastanza buono". Parte del mio
egocentrismo riemerse ed io dissi: "Niente da fare. Non torner
indietro". Essi diissero: "Ci sono persone a cui importa di te, tua
moglie, i tuoi figli, tua madre e tuo padre. Dovresti tornare per loro. I
tuoi figli hanno bisogno del tuo aiuto". Ed io risposi: "Li potete
aiutare voi. Se mi fate tornare indietro ci sono cose che senza
dubbio non funzioneranno. Se io torno indietro e faccio degli errori
49
non riuscir a sopportarlo perch mi avete mostrato che io potrei
essere pi amorevole e compassionevole ed io me ne
dimenticher: sar egoista verso qualcuno e far qualcosa di
spiacevole a qualcun altro. Sono sicuro che le cose andranno cos
perch sono un essere umano. Fallir nel mio compito e non
riuscir a sopportarlo. Mi sentir cos malvagio che vorr suicidarmi
e non potr farlo perch la vita preziosa. Potrei finire in uno stato
catatonico. Per questo non potete rimandarmi indietro".
Essi mi assicurarono che gli errori sono parte integrante
dell'esperienza umana. "Vai dissero e fai tutti gli errori che vuoi.
attraverso gli errori che si impara". Fintanto che avessi cercato di
fare quello che sapevo essere giusto, dissero, sarei stato sulla
buona strada. Se facevo un errore, avrei dovuto riconoscerlo senza
riserve come errore, e poi lasciarmelo alle spalle e semplicemente
avrei dovuto cercare di non farlo una seconda volta. L'importante
di cercare di fare del proprio meglio, mantenere fede ai propri
principi di bont e di verit, e di non tradirli per ottenere
l'approvazione degli altri. "Ma dissi io gli errori mi fanno stare
male". Ed essi dissero: "Noi ti amiamo cos coome sei, errori e tutto
il resto. E tu puoi sentire la nostra indulgenza. Tu potrai sentire il
nostro amore ogni volta che vorrai". Io dissi: "Non capisco. Come
potr farlo?". "Basti che ti rivolgi dentro di te dissero e
semplicemente chiedi il nostro amore e noi tre lo daremo se lo
chiederai dal profondo del tuo cuore".

Mi consigliarono di riconoscere i miei errori e di chiedere perdono.


Prima ancora che le parole fossero uscite dalla mia bocca, sarei
stato perdonato, ed avrei dovuto accettare il perdono. La mia fede
nella sorgente primaria del perdono doveva essere reale, ed io
dovevo sapere che il perdono mi era stato concesso. Confessando,
in pubblico o in privato, che avevo commesso un errore, dovevo poi
chiedere perdono. Dopo di che, sarebbe stato un insulto nei loro
confronti se non lo avessi accettato. Non avrei dovuto continuare ad
andare in giro con un senso di colpa, e non avrei dovuto ripetere gli
errori: dovevo imparare dai miei errori.
"Ma dissi come posso sapere qual la scelta giusta? Come far
a sapere cosa volete che io faccia?" Mi risposero: "Noi vogliamo
che tu faccia ci che vuoi. Questo comporta fare delle scelte, e non
50
detto che ci sia una scelta giusta: c' uno spettro di possibilit, e
tu dovrai fare la scelta migliore che potrai nell'ambito di queste
possibilit. Se tu agirai cos, noi saremo l per aiutarti".

Non mi arresi facilmente. Cercai di persuaderli che nel mondo


c'erano una quantit di problemi, mentre l c'era tutto ci di cui
avevo bisogno. Misi in dubbio la mia abilit di compiere le cose che
essi consideravano importanti nel mio mondo. Essi dissero che il
mondo una bella manifestazione dell'essere supremo. Ciascuno
vi pu trovare la bellezza o la bruttezza in accordo con la direzione
che d alla sua mente. Mi spiegarono che la sottile e complessa
evoluzione del mondo andava al di l della mia comprensione, ma
io sarei stato uno strumento adeguato al Creatore. Ogni parte della
creazione, mi spiegarono, infinitamente interessante perch una
manifestazione del creatore. Esplorare questo mondo con
meraviglia e gioia sarebbe stata per me un'opportunit molto
importante.

Non mi assegnarono mai una missione precisa o uno scopo


definito. Avrei potuto costruire un santuario o una cattedrale
dedicata a Dio? Dissero che quelli erano monumenti per l'umanit.
Volevano che vivessi la mia vita per amare gli esseri umani, non le
cose. Dissi loro che non ero abbastanza in gamba da rappresentare
ad un livello umano ci che stavo sperimentando con loro. Mi
assicurarono che mi sarebbe stato dato l'aiuto necessario quando
ne avessi avuto bisogno. Tutto quello che dovevo fare era
chiederlo.

Gli esseri luminosi, i miei insegnanti, furono molto convincenti. Io


ero inoltre acutamente consapevole del fatto che non molto lontano
c'era la grande luce, che io sapevo essere il Creatore. Loro non
affermavano mai: "Egli vuole cos", ma quest'idea era implicita in
tutto ci che dicevano. Io non volevo presentare troppe obiezioni,
perch la grande Entit era davvero meravigliosa ed ammirabile.
L'amore che emanva era straordinario. Avanzando la mia maggiore
obiezione al fatto di tornare indietro nel mondo, dissi loro che il mio
cuore non avrebbe retto, e che sarei morto, se avessi dovuto
lasciare loro ed il loro amore. Tornare in questo mondo sarebbe

51
stato cos crudele che non sarei riuscito a sopportarlo. Ricordai loro
che il mondo era pieno di odio e di competizione, ed io non volevo
tornare in quel gorgo. Non potevo sopportare il fatto di lasciarli.

I miei amici osservarono che essi non si erano mai separati da me.
Spiegai loro che io non ero mai stato consapevole della loro
presenza e, se fossi tornato indietro, mi sarei di nuovo dimenticato
della loro esistenza. Spiegandomi come comunicare con loro, mi
dissero di raccogliermi nella quiete interiore e di chiedere il loro
amore: quell'amore sarebbe arrivato, ed io avrei saputo che essi
erano con me. Dissero: "Non sarai lontano da noi. Noi siamo con te.
Siamo stati sempre con te. Saremo sempre accanto a te fino alla
fine". Io dissi: "Ma come far a saperlo? Voi ora mi dite cos, ma
quando sar tornato indietro tutto questo sar solo una graziosa
teoria". Dissero di nuovo: "Ogni volta che avrai bisogno di noi,
saremo l per te". Ed io: "Significa che mi apparirete?" "No, no
dissero Non interverremo nella tua vita in alcun modo particolare
a meno che tu non abbia bisogno di noi. Noi saremo
semplicemente vicino a te e tu sentirai la nostra presenza ed il
nostro amore".

Dopo quella spiegazione, restai a corto di argomenti, e dissi loro


che pensavo di poter tornare. Ed in quel momento fui di nuovo qui.
Ritornai nel mio corpo, e ritrovai il dolore, ancora peggiore di prima.

Qui termina la NDE di Howard Storm. Il suo ritorno alla vita non
fu facile. Oltre ai problemi fisici dovette fronteggiare tutta
l'usuale gamma di incomprensioni e di reazioni negative verso
il suo nuovo orientamento spirituale. Questo cominci gi in
ospedale. Howard afferma di essersi sentito pervaso d'amore
nei confronti di chiunque. Avrebbe voluto abbracciare e
baciare ogni persona, ma non riusciva neanche a mettersi a
sedere. Si limitava a dire a tutti: "Oh, come sei bello/a!" Era
diventato la favola del suo reparto. Tutti lo trovavano molto
divertente. Il senso di empatia di Howard crebbe moltissimo,
cos come la sua capacit di compassione. Egli poteva sentire
le emozioni degli altri perfino con pi intensit delle proprie.

52
NDE Yuri Rodonaia

George (Yuri) Rodonaia morto il 12 ottobre 2004 per


insufficienza cardiaca. Era laureato in medicina, specializzato
in neuropatologia, e dopo la sua NDE prese una seconda
laurea in psicologia della religione.

George collaborava alla pubblicazione di Iberia, una rivista


underground che trattava temi relativi alla libert nella citt di
Tbilisi, in Georgia, nella Russa sovietica, e per questo motivo
fu ritenuto sospetto di attivit di dissidenza dal KGB. Nel 1976
sub un tentativo di assassinio: mentre camminava sul
marciapiede, un'auto apparentemente fuori controllo lo
travolse e, per meglio garantirsi di averlo liquidato, il
conducente pass una seconda volta sul corpo di George gi a
terra. Portato all'ospedale e dichiarato morto, George fu tenuto
per tre giorni in una cella frigorifera nell'obitorio, secondo la
prassi, prima che si potesse procedere all'autopsia. Infatti il
suo era un caso politico, e per questo si ritenne necessario
che l'autopsia fosse eseguita da un dottore inviato da Mosca.
Quando il medico dell'obitorio cominci a procedere col bisturi
per fargli un'incisione all'altezza dello stomaco, gli occhi di
George si aprirono. Il medico che eseguiva l'autopsia ritenne
che si trattasse di un riflesso condizionato e gli chiuse gli
occhi, ma l'episodio si ripet. Dopo che gli occhi furono
richiusi una seconda volta George riusc con uno sforzo ad
aprirli di nuovo: stavolta il medico fece un salto indietro,
rendendosi conto che il "cadavere" rabbrividiva. Uno dei
medici che assistevano all'autopsia era suo zio. Si provvide
immediatamente a far trasferire il corpo nel reparto di
rianimazione, nel quale George rimase per 7 mesi sotto una
tenda ad ossigeno.

Pur essendo un ateo convinto prima della sua NDE, dopo


l'esperienza si dedic allo studio della spiritualit. Venne poi
ordinato prete della chiesa ortodossa. Nel 1989 emigr negli

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Stati Uniti. Quello che segue il racconto che George stesso fa
della sua esperienza, riportato nel libro di Phillip Berman The
Journey Home (tratto da near-death.com).

La prima cosa che ricordo della mia NDE che mi trovai in un


regno di totale oscurit. Non provavo alcun dolore fisico, in qualche
modo ero ancora consapevole della mia esistenza come George,
ed ovunque intorno a me c'era oscurit, una totale e completa
oscurit, l'oscurit pi grande che si possa immaginare, pi oscura
di ogni oscurit, pi nera di ogni nero. Questo era tutto ci che mi
circondava ed incombeva su di me. Ne ero terrorizzato. Non ero per
niente preparato a questo. Fui sconvolto nello scoprire che esistevo
ancora, ma non sapevo dove mi trovavo. Il solo pensiero che
continuava a turbinare nel mia mente era: "Come posso esistere se
non esisto?" Questo era ci che mi preoccupava.

Lentamente mi concentrai su me stesso e cominciai a pensare a


quel che era successo, ed a ci che stava accadendo. Ma non
avvenne nulla che mi potesse rinvigorire o rilassare. Perch sono in
quest'oscurit? Cosa devo fare? Allora ricordai quella famosa frase
di Cartesio: "Penso, dunque sono". E questo contribu a liberarmi
da un pesante fardello, perch fu allora che io seppi per certo di
essere ancora vivo, sebbene ovviamente in una dimensione molto
diversa. Allora pensai che, se esistevo, perch mai non dovevo
essere positivo? Questo ci che mi accadde. Io sono Giorgio e
sono nell'oscurit, ma so di esistere. Sono quello che sono. Non
devo essere negativo.

Ed allora pensai: come posso definire ci che positivo rispetto


all'oscurit? Beh, la luce positiva. Di colpo fui nella luce: una luce
di un bianco vivido, splendente e forte. Una luce molto brillante. Era
come il flash di una macchina fotografica, ma non come un lampo:
una luminosit costante. All'inizio lo splendore della luce sembr
farmi male, non potevo guardarlo direttamente, ma a poco a poco
cominciai a rilassarmi. Cominciai a sentirmi caldo, a mio agio, ed
ogni cosa improvvisamente sembrava andar per il meglio.

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La cosa che accadde subito dopo fu che cominciai a vedere tutte
queste molecole che volavano intorno, atomi, protoni, neutroni, si
libravano ovunque. Da un certo punto di vista, sembrava
completamente caotico, e tuttavia mi provoc una immensa gioia
vedere che anche questo caos aveva una sua simmetria. Questa
simmetria era bella, unificata e completa, e mi pervase di una gioia
infinita. Vedevo la forma universale della vita e della natura
disvelarsi davanti ai miei occhi. Fu a questo punto che ogni
preoccupazione che avevo avuto per il mio corpo spar del tutto,
semplicemente, perch mi fu del tutto chiaro che non ne avevo pi
bisogno, e che rappresentava veramente una costrizione.

Ogni aspetto di quest'esperienza era mescolato con gli altri, cos


per me difficile dare agli eventi un'esatta sequenza. Il tempo, come
lo avevo conosciuto, si era arrestato: il passato, il presente ed il
futuro si erano in qualche modo fusi insieme nell'unit senza tempo
della mia vita.

Ad un certo punto fui coinvolto in quello che viene definito il


processo di revisione della vita, e vidi la mia vita dall'inizio alla fine,
tutta in una volta. Fui in grado di prender parte a tutti i drammi della
mia vita reale, quasi come se un'immagine olografica della mia vita
mi passasse davanti, senza alcun senso del passato, del presente
o del futuro, solo un "adesso" e la realt della mia vita. Non fu come
se iniziasse dalla mia nascita e si svolgesse fino al mio lavoro
all'Universit di Mosca. Tutto si svolgeva nello stesso tempo. Io ero
l, e quella era la mia vita. Non provai alcun senso di colpa o di
rimorso per le cose che avevo fatto: non provavo nulla n in un
senso n nell'altro per i miei fallimenti, i miei difetti o i miei successi.
Tutto ci che sentivo era la mia vita per quello che . E mi sentivo
soddisfatto. Accettavo mia vita per quello che era.

In questa fase la luce continuava ad irradiare su di me un senso di


pace e di gioia. Era molto positiva. Ero cos felice di essere nella
luce, e potevo comprenderne il significato. Imparai che tutte le
regole fisiche per la vita umana non erano nulla se messe a
confronto con questa realt unificante. Venni anche a sapere che
un buco nero solo una controparte di quell'infinito che la luce. Mi

55
resi conto che la realt ovunque. Non semplicemente la vita
terrena, ma la vita dell'infinito. Non solo ogni cosa connessa con
le altre, tutto anche uno. Cos mi sentii una cosa sola con la luce,
ebbi la sensazione che tutto andasse bene per me e per l'universo.

Potevo essere in ogni luogo istantaneamente, realmente l. Cercai


di comunicare con le persone che vedevo. Alcune sentivano la mia
presenza, ma nessuno fece niente al riguardo. Provai l'esigenza di
saperne di pi sulla Bibbia e la filosofia. Tu vuoi, tu ricevi: pensa, e
quel che pensi ti avverr. Cos diventai partecipe, andai indietro nel
tempo e vissi nella mente di Ges e dei suoi discepoli. Sentivo le
loro conversazioni, sperimentavo il cibo che mangiavano, il vino che
si passavano, gli odori, i sapori pur essendo senza corpo. Ero
pura consapevolezza. Quando non capivo quel che stava
accadendo, ricevevo una spiegazione. Ma non c'era nessun
insegnante a parlare. Esplorai l'impero romano, Babilonia, i tempi di
No e di Abramo. Qualsiasi periodo storico possiate nominare, io ci
sono stato.

Cos io stavo l, immerso in tutte queste belle cose ed in queste


magnifiche esperienze, quando qualcuno cominci a tagliarmi nella
pancia. Riuscite ad immaginarlo? Era accaduto che io ero stato
portato all'obitorio, ero stato dichiarato morto ed ero rimasto l per
tre giorni. Era poi stata aperta un'inchiesta sulle cause della mia
morte, cos mandarono qualcuno a fare un'autopsia sul mio corpo.
Quando cominciarono ad incidermi all'altezza dello stomaco, sentii
come se una grande forza mi afferrasse per il collo e mi spingesse
gi. Era cos potente che aprii gli occhi e provai un fortissimo senso
di dolore. Il mio corpo era freddo e cominciai a rabbrividire.
Immediatamente l'autopsia fu sospesa ed io fui trasportato
all'ospedale, nel quale rimasi per i 9 mesi successivi, la maggior
parte dei quali li trascorsi sotto un respiratore.

Molto lentamente riguadagnai la mia salute. Ma non sarei mai


tornato ad essere la stessa persona, perch tutto quel che volevo
fare per il resto della mia vita era studiare la saggezza. Questo
nuovo interesse fece s che frequentassi l'Universit della Georgia,
nella quale presi una seconda laurea in psicologia della religione.

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Poi divenni un prete della chiesa ortodossa. Infine, nel 1989, io ed i
miei venimmo in America, e adesso lavoro come pastore associato
nella chiesa metodista unita a Nederland, in Texas.

Molta gente mi ha chiesto in cosa credo, ed in che modo la NDE ha


cambiato la mia vita. Tutto quel che posso dire che adesso credo
nel Dio dell'universo. Diversamente da molte altre persone, tuttavia,
non ho mai pensato che la luce fosse Dio, perch Dio al di l della
nostra comprensione. Dio, io credo, molto pi che la luce, perch
Dio anche l'oscurit. Dio tutto ci che esiste, ogni cosa e
questo va ben al di l della nostra capacit di comprensione. Perci
io non credo nel Dio degli ebrei, o dei cristiani, o degli induisti, o in
qualsiasi altra idea religiosa su ci che Dio o non . C' un solo
Dio, sempre lo stesso Dio, e ci che Dio mi ha mostrato che
l'universo nel quale viviamo un bellissimo e mirabile mistero in cui
tutto connesso per sempre e in eterno.
Chiunque abbia avuto una simile esperienza di Dio, e che abbia
sentito un cos profondo senso di connessione con la realt, sa che
c' solo un lavoro realmente significativo da compiere nella vita, e
cio amare: amare la gente, gli animali, e la creazione stessa, solo
perch esiste. Mettersi al servizio della creazione divina con una
calda ed amorevole disponibilit di generosit e di compassione
questa la sola esistenza piena di significato.

Molte persone si rivolgono a coloro che hanno avuto una NDE


perch pensano che noi abbiamo le risposte. Ma io so che questo
non vero, o almeno non del tutto. Nessuno di noi potr mai
comprendere davvero le grandi verit della vita, fin quando, alla
nostra morte, non saremo finalmente uniti all'eternit. Ma
occasionalmente possiamo gettare un'occhiata a quelle risposte
anche qui sulla Terra, e questo per me sufficiente. Io amo fare
domande e cercare risposte, ma io so che alla fine devo "vivere" sia
le domande che le risposte. Ma questo giusto, non vero? Finch
riusciamo ad amare, ad amare con tutto il nostro cuore e con
passione, il resto non ha importanza, no? Forse per me il modo
migliore di comunicare quel che sto cercando di dire di dividere
con voi qualcosa che il poeta Rilke scrisse in una lettera ad un
amico. Vidi questa lettera (l'originale, scritto a mano) nella biblioteca
57
di Dresda, in Germania. Cito a memoria: "Sii paziente verso tutto
ci che non risolto nel tuo cuore. E cerca di amare le domande
per se stesse. Non cercare le risposte che non possono esserti
date, perch non saresti in grado di vivere, se tu le conoscessi. E la
cosa importante vivere ogni cosa, vivere adesso le domande, e
forse senza saperlo, un giorno riuscirai a vivere anche le risposte".

Ripongo in questo la mia fede. Vivi le domande, e l'universo


spalancher i suoi occhi verso di te.

Nel libro di Melvin Morse e Paul Perry Transformed by the


Light il caso di George Rodonaia descritto in relazione alla
comunicazione con un bambino in fasce avuta da George
(chiamato nel libro col suo nome russo di Yuri) durante la sua
NDE.

Yuri (nel corso della sua esperienza) pot visitare la sua famiglia.
Vide il dolore di sua moglie ed i loro due figlioletti, ancora troppo
piccoli per capire che il loro pap era stato ucciso. Poi and a
vedere la casa dei suoi vicini. Avevano un bambino anche loro,
nato un paio di giorni prima della "morte" di Yuri. Yuri vide che i
genitori erano molto dispiaciuti per quel che era accaduto a lui, ma
erano particolarmente angosciati per il fatto che il loro bambino non
smetteva mai di piangere. Qualunque cosa facessero, il neonato
continuava a piangere. Quando si addormentava, era un sonno
breve ed irregolare, e quando si svegliava ricominciava a piangere.
L'avevano portato dai dottori, ma questi non sapevano cosa fare.
Tutte le solite cose, come le coliche, vennero prese in
considerazione, ma i genitori venivano rimandati a casa con la
speranza che il bambino si sarebbe finalmente calmato.

In quello stato privo di corpo, Yuri scopr qualcosa: "Potevo parlare


al bambino. Era straordinario: non potevo parlare ai genitori, i miei
amici, ma potevo parlare al piccolo che era appena nato. Gli chiesi
cosa non andava. Non scambiavamo parole, ma comunque gli
chiesi, forse per via telepatica, cosa c'era che non andava. Mi disse
che un braccio gli faceva male, e quando me lo disse fui in grado di
vedere che l'osso era ruotato e rotto".

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Il bambino aveva una frattura longitudinale (tipica dei neonati), cio
un'incrinatura ad un'estremit dell'osso del braccio, mentre l'altra
estremit era piegata, probabilmente a causa da una torsione
subita durante il parto. Ora sia Yuri che il neonato sapevano cosa
non andava, ma nessuno dei due era in grado di spiegare la
faccenda a i genitori.

Poi arriv quel dottore inviato da Mosca per eseguire l'autopsia sul
corpo di Yuri. Quando lo spostarono su una barella, le sue palpebre
ebbero un battito. Il dottore ebbe qualche sospetto ed esamin
meglio gli occhi: vedendo che rispondevano alla luce, fu trasportato
immediatamente alla chirurgia di emergenza e venne salvato (Nota
del webmaster: questa versione differisce da quella di George).

Yuri raccont alla famiglia di essere stato "morto". Nessuno gli


credette finch non cominci a dare ragguagli su ci che aveva
visto durante i suoi viaggi fuori dal corpo. Allora il loro scetticismo
cominci a diminuire. Ma il fattore decisivo fu la sua diagnosi sui
dolori del bambino della porta accanto. Egli raccont della sua visita
durante quella notte e della preoccupazione dei genitori per il loro
neonato. Yuri disse ai genitori che aveva parlato al bambino e
aveva scoperto che c'era una frattura longitudinale nel suo
braccino. I genitori portarono il bambino da un dottore che esegu
una radiografia al braccio, per scoprire che la diagnosi a distanza
operata da Yuri era giusta.

59
NDE Brian Glenn

Questi eventi, che riguardano un bambino di 3 anni, avvennero


nel 1994, e sono stati raccontati da Lloyd Glenn, pap di Brian.

Il 22 luglio di quell'anno mi stavo recando per affari nella citt di


Washington.

Tutto procedeva come al solito, finch non atterrai a Denver per


prendere un altro aereo. Mentre prendevo i miei bagagli dal
ripostiglio in alto, si sent un annuncio in cui si chiedeva a Lloyd
Glenn di contattare immediatamente il rappresentante del Servizio
Clienti. Io non vi prestai attenzione finch non raggiunsi la porta di
uscita dall'aereo e non udii un signore che chiedeva a tutti i
passeggeri maschi se erano il signor Glenn. In quel momento mi
resi conto che qualcosa non stava andando bene ed il mio cuore
ebbe un balzo. Quando fui sceso dall'aereo, un giovanotto con
l'espressione seria mi vene incontro e disse: "Signor Glenn, c'
stata un'emergenza a casa sua: non so dirle di cosa si tratti o chi vi
sia coinvolto, ma la posso accompagnare ad un telefono dal quale
potr chiamare l'ospedale": Adesso avevo il cuore in tumulto, ma la
volont di restare calmo prevalse.

Automaticamente, seguii quello sconosciuto fino ad un telefono


distante, dal quale chiamai il numero che mi aveva dato per parlare
con l'ospedale. La mia chiamata fu passata al reparto traumi dal
quale venni a sapere che Brian, il mio figlioletto di tre anni, era
rimasto intrappolato per diversi minuti sotto la saracinesca
automatica del garage di casa, e che quando mia moglie l'aveva
trovato non dava segni di vita. Un vicino di casa, che era anche
medico, gli aveva praticato la CPR (rianimazione cardiopolmonare),
ed il personale paramedico aveva continuato il trattamento mentre
Brian veniva trasferito all'ospedale.

Nel momento in cui parlavo al telefono Brian era stato rianimato ed i


medici pensavano che sarebbe sopravvissuto, ma non erano
ancora in grado di valutare l'entit dei danni che erano stati causati
60
al suo cervello ed al cuore. Mi spiegarono che la porta si era chiusa
su di lui, facendo pressione sul suo piccolo sterno proprio sopra il
cuore. Era stato gravemente schiacciato. Dopo aver parlato con lo
staff dei medici, mia moglie sembrava molto provata e preoccupata,
ma non isterica, ed io trovai conforto nella sua calma. Il volo di
ritorno sembr durare un'eternit, ma finalmente arrivai
all'ospedale, sei ore dopo che la disgrazia aveva avuto luogo.
Quando raggiunsi l'unit di cure intensive, nulla mi aveva preparato
all'impatto di vedere il mio piccolo giacere immobile su un grande
letto circondato da tubi e da macchinari ovunque. Era attaccato ad
un respiratore. Detti uno sguardo a mia moglie che stava al suo
fianco: era come un terribile sogno. Fui ragguagliato su ogni
dettaglio e mi fu comunicata la prognosi riservata. Brian sarebbe
sopravvissuto, ed i test preliminari indicavano che il cuore non era
stato danneggiato, e questo sembrava gi un miracolo. Ma solo il
tempo poteva dire se il cervello aveva subito dei danni.

Durante le ore seguenti, che sembravano interminabili, mia moglie


era calma. Sentiva che alla fine Brian sarebbe tornato come prima.
Io mi aggrappavo alle sue parole ed alla sua fede come ad una
corda di salvataggio. Per quella notte e per tutto il giorno seguente
Brian rimase in stato di incoscienza. Mi sembr che fosse passata
un'eternit da quando ero partito per il mio viaggio di affari il giorno
prima. Finalmente, alle due del pomeriggio, nostro figlio riprese
conoscenza e si mise a sedere pronunciando le pi belle parole che
io abbia mai sentito dire: "Pap, abbracciami!" mentre tendeva
verso di me le sue piccole braccia.

Il giorno seguente ci fu detto che era fuori pericolo, e che non c'era
traccia di deficit di natura fisica o neurologica, e la storia della sua
miracolosa ripresa si diffuse per tutto l'ospedale. Non potete
immaginare la nostra gioia e la nostra gratitudine. Nel riportare a
casa Brian, avevamo quello speciale sentimento di profondo
rispetto per la vita e per l'amore del nostro Padre celeste che viene
a coloro che hanno sfiorato la morte cos da vicino. Nei giorni
seguenti in casa nostra c'era un'atmosfera tutta particolare. Gli altri
nostri due figli erano molto pi affettuosi verso il loro fratellino, mia
moglie ed io eravamo molto pi vicini l'un l'altro, e tutti noi ci
61
sentivamo uniti in una vera famiglia. La vita si svolgeva ad un ritmo
meno stressante. La vera importanza delle cose era molto pi a
fuoco, e l'equilibrio pi facile da raggiungere e da mantenere. Ci
sentivamo davvero benedetti, e la nostra gratitudine era sincera e
profonda.

Quasi un mese pi tardi Brian si risvegli dal suo sonnellino


pomeridiano e disse: "Mamma, siediti qui, ho qualcosa da
raccontarti". Alla sua et, Brian di solito parlava a brevi frasi, cos il
sentirlo esprimersi in questo modo sorprese mia moglie. Si sedette
accanto a lui sul lettino e lui cominci a raccontare la sua notevole
e preziosa storia. "Ti ricordi quando restai bloccato sotto la porta del
garage? Beh, era cos pesante che faceva davvero molto male. Io ti
chiamai, ma tu non mi potevi sentire. Cominciai a gridare, ma poi il
dolore era troppo forte. Ed allora gli 'uccelli' vennero da me".

"Gli uccelli?" chiese mia moglie, meravigliata. "S replic Brian


gli uccelli fecero un suono frusciante e volarono nel garage. Si
presero cura di me".

"Davvero?"

"Certo. Uno degli uccelli venne a cercarti, e poi ti disse che io ero
rimasto schiacciato sotto la porta del garage". Un dolce sentimento
di riverenza riemp la stanza. Lo spirito era cos forte, e nello stesso
tempo pi leggero dell'aria. Mia moglie comprese che un bambino
di tre anni non ha nessuna nozione della morte e degli spiriti, e cos
si stava riferendo agli esseri che erano venuti ad aiutarlo dall'aldil
chiamandoli "uccelli" dato che stavano sospesi nell'aria come
uccelli che volano.

"Com'erano quegli uccelli?" chiese mia moglie. E Brian: "Erano cos


belli. Erano tutti vestiti di bianco, tutti bianchi. Qualcuno era verde e
bianco, ma gli altri erano solo bianchi".

"E ti hanno detto qualcosa?" "S rispose . Mi dissero che il


bambino si sarebbe salvato".

62
"Quale bambino?" E Brian rispose: "Il bambino che era steso sul
pavimento del garage". E continu: "Tu sei arrivata ed hai aperto la
porta del garage correndo verso il bambino. Hai detto al bambino di
restare e di non andarsene". Mia moglie quasi svenne nel sentire
queste parole, perch lei si era realmente avvicinata ed
inginocchiata accanto al corpo di Brian e vedendone il torace
schiacciato e l'espressione irriconoscibile, temendo che fosse gi
morto, si era guardata intorno ed aveva sussurrato: "Non lasciarci,
Brian, ti prego, resta con noi se puoi". Nel sentire Brian ripetere le
parole che lei gli aveva detto, comprese che il suo spirito aveva
lasciato il corpo e lo stava guardando dall'alto. "Cosa successe
poi?" domand.

"Partimmo per un viaggio, lontano lontano" Era sempre pi


agitato, mentre non trovava le parole per dirci quello che ci voleva
raccontare. Mia moglie cerc di calmarlo e di confortarlo, e gli fece
capire che andava tutto bene. Brian era teso nello sforzo di dirci
qualcosa che evidentemente per lui era molto importante, ma per
lui era troppo difficile trovare le parole. "Volavamo cos veloci su in
aria. Sono cos carini, mamma" aggiunse. "E ce ne sono tanti tanti,
di uccelli". Mia moglie era sbalordita, e nella sua mente il dolce
conforto dello spirito l'avvolgeva pi profondamente, e con
un'urgenza che non aveva conosciuto prima d'allora.

Brian continu raccontandole che gli uccelli gli avevano detto che
lui doveva tornare indietro e parlare a tutti de quel che aveva visto.
Disse che l'avevano riportato indietro fino a casa, dove c'erano un
grande camion dei pompieri ed un'ambulanza. Un uomo stava
portando fuori il bambino su un lettino bianco, e lui aveva cercato di
dire a quell'uomo che al bimbo sarebbe andato tutto bene, ma
l'uomo non riusciva a sentirlo. Gli uccelli gli avevano detto che
avrebbe dovuto andare via con l'ambulanza, ma loro sarebbero
rimasti accanto a lui. Erano cos piacevoli e dolci, e lui non voleva
tornare indietro. E poi arriv la luce splendente, e Brian disse che la
luce era tanto brillante e tanto calda, e che lui l'amava moltissimo.
Qualcuno stava dentro la luce e lo abbracci e gli disse: "Io ti amo
ma tu devi tornare indietro: devi giocare a baseball e devi
raccontare a tutti degli uccelli". Poi la persona che stava nella luce
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splendente lo baci e lo salut facendogli ciao ciao con la mano. E
poi, woosh, venne un grande suono e tutti se ne andarono tra le
nuvole.

Il racconto and avanti per un'ora. Ci disse che gli uccelli sono
sempre accanto a noi, ma noi non li vediamo perch guardiamo con
gli occhi e non li sentiamo perch ascoltiamo con le orecchie. Ma
loro ci sono sempre, e li possiamo sentire solo qui (e si mise la
mano sul cuore). Ci sussurrano i consigli per aiutarci a fare quello
che giusto, perch ci vogliono tanto bene. Brian continu dicendo:
"Io ho un progetto, mamma. Anche tu hai un progetto, ed anche il
pap. Ognuno ha un progetto. Noi tutti dobbiamo vivere il nostro
progetto e mantenere le nostre promesse. Gli uccelli ci aiutano in
questo, perch ci amano tanto tanto".

Durante le settimane che seguirono, Brian torn spesso


sull'argomento, raccontandoci ogni volta tutta la storia, o parte di
essa. La storia restava sempre la stessa, ed i dettagli non
cambiavano mai, e nemmeno erano fuori posto. In alcuni casi
aggiunse qualche altra informazione o cerc di chiarire il messaggio
che ci aveva gi trasmesso. Non smise mai di stupirci la sua
capacit di raccontarci simili dettagli con espressioni che andavano
al di l della sua abilit verbale quando parlava degli uccelli.

Ovunque andasse, raccontava degli uccelli anche a persone che gli


erano del tutto sconosciute. Nessuno lo guard mai in modo strano
in tali circostanze. Invece, quelli che lo ascoltavano avevano
sempre uno sguardo di profonda dolcezza e sorridevano. Non c'
neanche bisogno di dirlo, da quel giorno noi non siamo pi stati
quegli stessi di prima, ed io prego di non dover mai tornare ad
essere com'ero.

64
NDE Lynn

La seguente esperienza di pre-morte appare nel libro di PMH


Atwater, Bambini del Nuovo Millennio (ormai fuori stampa). La
Dr.ssa Atwater ebbe tre esperienze di pre-morte e da lungo
tempo, insieme al Dr. Raymond Moody Jr, una delle pi
famose ricercatrici del fenomeno delle NDE.

La sua enfasi sull'importanza dei postumi delle NDE e la sua


teoria sulla trasformazione del cervello che segue l'esperienza
hanno incoraggiato molte ricerche su questa affascinante
tematica. La Atwater molto rispettata per la sua originalit e
conosciuta per le sue idee dirette e provocatorie.

Nel suo libro, "I bambini del Nuovo Millennio", ha riportato il


racconto di una bambina di nome Lynn che, all'et di tredici
anni, ha avuto una esperienza di pre-morte, in cui vide i suoi
amati cani in Paradiso. Lynn aveva subto un intervento
chirurgico a cuore aperto per correggere una malformazione
che aveva avuto dalla nascita. Lei era in grado di correre e
giocare con gli altri bambini, ma in certe occasioni diventava
blu e si ammalava. Ecco la sua diretta testimonianza.

L'ultima cosa che ricordo fu una voce maschile che diceva in modo
molto preoccupato: "Uh-oh, abbiamo un problema qui", poi che
stavo galleggiando vicino al soffitto della sala operatoria, guardando
gi, verso mio corpo. Il mio petto era spalancato e potevo vedere i
miei organi interni.

Ricordo di aver pensato quanto fosse strano che essi fossero d'un
bel colore grigio perla, non erano affatto simili ai pezzi di carne
sanguinolenta dei film dell'orrore che amavo guardare.
Notai pure che c'erano un medico di colore ed uno orientale nel
team operatorio.

65
La ragione per cui la mia mente ci fece caso deve risiedere nel fatto
che sono stata educata in un quartiere borghese abitato solo da
bianchi e, sebbene avessi visto insegnanti neri, non avevo mai
conosciuto un medico di colore. Strano...

Avevo incontrato la squadra di chirurghi il giorno prima, ma erano


tutti bianchi. Improvvisamente, ho dovuto andare avanti, cos
fluttuai verso la sala d'attesa dove c'erano i miei genitori. Mio padre
aveva la testa sepolta nel grembo di mia madre. Era inginocchiato
ai suoi piedi, le braccia avvolte intorno alla sua vita, e singhiozzava.
Mia madre stava accarezzandogli la testa, sussurrando. Questa
scena mi sciocc, poich mio padre non era incline a mostrare le
sue emozioni.

Una volta resami conto che tutto sarebbe andato per il verso giusto,
mi sentii trascinata dentro un tunnel orizzontale. La corsa attraverso
il tunnel era diversa da ogni altra mia esperienza terrena.
Ricordo di aver pensato: "Allora questa la morte."
Il tunnel era buio e ogni tanto qualcosa come un fulmine
lampeggiava lungo il mio percorso.

Quei lampi erano brillanti e colorati e non mi spaventavano finch,


alla fine del tunnel, apparve una Luce molto brillante. Dalla Luce
vennero fuori due dei miei cani: uno era un collie di nome Mim
che era morto tre anni prima per un'infezione, l'altro un boxer di
nome Sam, morto due anni prima per esser stato investito da una
macchina. I cani venivano da me correndo e sono saltati su di me,
baciandomi la fronte con le loro lingue che, per, non erano
bagnate, n ho sentito il peso dei loro corpi che brillavano di una
Luce che sembrava provenire da dentro di loro. Ricordo di averli
abbracciati il pi stretto possibile e di aver detto a me stessa:
"Grazie, Dio, per aver permesso ai miei cani d'essere ancora vivi."
Poi li ho richiamati e insieme abbiamo iniziato a camminare verso la
Luce.
Tutti i colori erano presenti in Essa, era calda, una cosa viva, e
c'erano persone a perdita d'occhio che brillavano anche loro d'una
Luce interiore - proprio come i miei cani. In lontananza vedevo
campi, colline, ed il cielo. Poi la Luce parl e mi disse:

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"Lynn, non ancora tempo per te. Torna a casa, figliola."
Allora allungai la mia mano fino a toccare quella Luce e capii che
avevo toccato il volto di Dio. Ho detto a Dio che lo amavo, e volevo
stare con lui, ma anche in questo caso la Luce rispose:
"Lynn,devi tornare indietro. Non il tuo tempo per restare qui. Hai
del lavoro da fare per me. Torna".

So che sembra stupido, ma le chiesi: "Se vado, posso tornare e poi


ci saranno ancora i miei cani qui, ad aspettarmi?"
La Luce mi disse di s e poi aggiunse che c'erano delle persone che
volevano vedermi prima di partire. Dalla Luce apparvero i miei
nonni materni. Corsi verso di loro e li abbracciai: mi avrebbero
accompagnata per una parte del viaggio di ritorno, ma come mi
voltai per partire, un altro uomo usc dalla Luce. Indossava una
divisa della Marina Americana, era molto alto e biondo, con gli
occhi azzurri. Non avevo mai visto quell'uomo prima di allora, ma lui
mi conosceva e sorrise.

"Io sono tuo zio Franklin. Dillo a Dorothy che sto bene e che il
bambino con me. Dille che non ho mai smesso di amarla e che io
sono contento che ha proseguito con la sua vita. Dille che quando
sar il suo momento, verr per lei. Ricordati di dirle che le voglio
tanto bene ". Come mi voltai, l'uomo grid ancora: "Dillo a Dorothy,
dille che hai incontrato Franklin e che sto bene e cos anche per il
bambino."

I miei nonni mi dissero che, se fossi rimasta pi a lungo, non sarei


riuscita a tornare, ma volevo parlare con Ges, perch avevo una
domanda molto importante da fargli.

Un fascio di Luce, diversa ma ancora simile al primo, mi copr


interamente. Sapevo che questa Luce era Cristo. Mi appoggiai a
Lui per un momento e poi Gli chiesi:

"Caro Ges, vero che mi hai dato questa malattia di cuore


per portare una croce come hai fatto Tu?" (Suor Agnese, la mia
insegnante di prima media, mi aveva detto che la mia
malformazione cardiaca era la mia croce da portare per Cristo.)

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Sentii subito la voce di Ges vibrare attraverso di me: "No, questa
tua malattia non una croce che ti ho dato, ma una sfida per
aiutarti a crescere e rimanere compassionevole. Ora,devi
tornare indietro. "

Mentre tornavo, mia nonna mi disse che mio padre stava per
lasciare la mia mamma e che io le avrei dato la forza per superare
quell'abbandono. Nel tunnel vidi persone che si nascondevano,
persone che avevano paura di venire incontro alla Luce o che
erano disorientate perch non sapevano dove si trovavano.
Espressi una viva preoccupazione per loro, ma mi venne detto di
non preoccuparmi, perch una Guida sarebbe giunta per aiutarle
alcune di queste persone sembravano soldati. Poi mi ricordai del
Vietnam e capii da dove quei soldati venivano.

[Nel libro della Dr.ssa Atwater, viene documentato come le


rivelazioni che Lynn ha ricevuto durante la sua esperienza di pre-
morte si sono dimostrate veritiere, come ad esempio la presenza
dei medici neri ed asiatici, la storia di suo zio e del bambino, ed il
fatto che suo padre stava lasciando la famiglia.]

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NDE Vicki Umpieg

Vicki Umpieg, una donna non vedente di 45 anni (cieca dalla


nascita per un eccesso d'ossigeno), stata una delle tante
persone che il Dr.K.Ring e S.Cooper hanno intervistato.

Vicki disse al Dr.Ring subito dopo l'incidente stradale, di essersi


ritrovata sopra il suo corpo nella sala operatoria e che dall'alto
guardava un dottore e una infermiera, che la operavano.

Queste sono le sue parole: " All'inizio non sapevo di essere io..c'era
un corpo ma non sapevo che era il miopoi mi sono
domandata..COSA FACCIO QUASS? SONO MORTA? E solo
allora mi sono resa conto che quel corpo era il mio e che io
fluttuavo sul soffitto. Ho notato anche gli anelli sulla mia mano
destra, specialmente la fede,un anello molto inusuale" Ai dottori
raccont anche che durante la sua NDE, era riuscita a volare sul
tetto, guardandosi intorno e che una musica armoniosa e sublime,
si alternava al soffio del vento, di essere poi stata risucchiata in un
tunnel buio e di vedere, in lontananza, una lucee quando si
ritrov alla fine del tunnel, la musica si trasform in un sublime inno
e rotolando, si ritrov distesa sull'erba, attorniata da alberi, fiori e
persone..un posto pieno di luce, che lei stessa poteva vedere ma
anche sentire. Anche le persone erano di luce

" TUTTI ERANO FATTI DI LUCE, ANCH'IO... C'ERA AMORE


OVUNQUE".

Poi descrisse l'incontro con due compagni di scuola, l'incontro con


sua nonna, di questo scambio di pensieri senza parlare.

" AVEVO LA SENSAZIONE DI SAPERE TUTTO E CHE TUTTO


AVESSE SENSO. SAPEVO CHE QUESTO ERA IL POSTO DOVE
AVREI TROVATO TUTTE LE RISPOSTE ALLE MIE
DOMANDE..SULLA VITA..SUI PIANETI E SU DIOIL POSTO
DEL SAPERE".

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Poi notava una figura pi luminosa e radiosa delle altre e lo
identific per GES e telepaticamente LUI le parl :

" Non meraviglioso qui? Tutto combacia ma tu non puoi stare qui,
non ancora il tuo tempo, devi ritornare nel tuo corpo per imparare
a insegnare AMORE e PERDONO. Le disse anche che avrebbe
avuto dei bambini ( attualmente Vicki ne ha tre) ma che prima di
andare, doveva ancora guardare una cosa e Vicki vide la sua vita,
dal momento dell'incidente fino alla sua nascita, commentata
gentilmente da Ges sulle sue azioni e ripercussioni. Le sue ultime
parole furono :" Adesso devi lasciarci" e lei si risvegli nel suo
corpo.

" LA MORTE NON ALTRO CHE UN PASSAGGIO DA UNA


STANZA ALL'ALTRA. LA SOLA DIFFERENZA, PER ME, CHE
NELL'ALTRA STANZAHO LA POSSIBILIT DI VEDERE"

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NDE George Ritchie
Nel dicembre 1943 George Ritchie "mor" di polmonite. Nove
minuti pi tardi torn in vita per raccontare la sua stupefacente
avventura nell'aldil. La sua NDE fu quella che colp
profondamente Raymond Moody, e lo indusse ad indagare
seriamente le NDE. Il primo libro di Moody, La vita oltre la vita,
inizia con questa dedica: Al dottor George Ritchie e, per lui,
all'Uno che mi ha fatto intravedere. L'esperienza del dottor
Ritchie rappresenta dunque un caso esemplare. La narrazione
che segue riportata dal libro di Ritchie Return from
Tomorrow (tratto da near-death.com).

Calcolavo che con il programma accelerato dell'esercito io sarei


stato uno dei pi giovani medici che si siano mai laureati. E poi...
ebbene, la guerra non poteva durare in eterno. Come molti della
mia classe, avevo finito la scuola ed ero in uniforme nel 1943! Se
avessi incominciato la scuola di medicina quel mese per finire in tre
anni...
Il mattino successivo la gola mi faceva ancora male, cos marcai
visita. Avevo sicuramente la febbre, non molto alta, ma arriv una
jeep e mi port all'ospedale della base.
L'ospedale era un enorme affare di cinquemila letti che occupava
pi di duecento bassi edifici di legno tutti uniti da corridoi di
collegamento. Dato che avevo la febbre, l'infermiera
dell'accettazione mi assegn ad un reparto di isolamento
La sola cosa che mi preoccupava, in effetti, era che eravamo all'11
di dicembre e il 18 sarei dovuto essere su un treno di ritorno in
Virginia. Avevo appena ottenuto la pi grande occasione che un
soldato semplice di vent'anni avesse mai ottenuto dall'esercito degli
Stati Uniti e non volevo perderla per uno stupido raffreddore.
Il 22 dicembre dovevo iniziare i corsi alla scuola medica della
Virginia, nella mia citt natia di Richmond, per diventare medico
secondo il programma militare di addestramento specializzato
L'infermiera militare si ferm al mio letto e mi porse il termometro.
Lo misi sotto la lingua sperando che finalmente ci sarebbero state
buone notizie. Ora era il 15 dicembre; ero stato quattro giorni in

71
quella corsia senza accennare ad un miglioramento e cominciavo
veramente a preoccuparmi per quel treno del giorno 18.
Sapevo bene che anche dopo che la febbre se ne fosse andata ti
tenevano un paio di giorni in una corsia di convalescenza.
L'infermiera lesse il termometro e compil il grafico. "Ancora 38, mi
dispiace", disse, e apparve veramente dispiaciuta. Le avevo detto
della grande fortuna che mi era capitata e lei e il resto del personale
sembravano prendersi effettivamente cura del mio caso.
Li avevo scocciati fino a che non mi avevano portato un orario
ferroviario che tenevo sul tavolino da notte con la brocca dell'acqua
e il bicchiere, la tazza per l'espettorato e il lume da notte. Fra tutta
quella roba d'ospedale, l'orario ferroviario era il mio anello di
congiunzione con il mondo esterno. Se per disgrazia fossi stato
ancora l il 18, avrei studiato ogni possibile percorso tra l e la
Virginia fino a trovare il modo di essere a Richmond per l'inizio delle
lezioni il 22. Se non fossi arrivato in tempo, sapevo che c'erano una
dozzina di altri soldati che aspettavano di prendere il mio posto
L'indomani era il 18. Non ero riuscito a prendere il treno; e che cosa
sarebbe successo se io avessi perso anche quello del giorno 19?
Per tutta la notte mi girai di qua e di l senza sosta, tenuto sveglio
dalla mia tosse e da quella dei pazienti intorno. Perch la mia
febbre era improvvisamente risalita?
Ma il mattino successivo, il 18 dicembre, la mia febbre era calata un
po', non abbastanza per trasferirmi di nuovo in corsia di
convalescenza, ma abbastanza per mantenere alte le mie
speranze. Dissi alle infermiere dell'appuntamento a Richmond e
furono comprensive. Al sopraggiungere della notte un piccolo
gruppo del personale stava studiando il mio problema. Consultando
la tabella degli orari, qualcuno scopr un treno che partiva da
Abilene la notte del 19 in effetti all'alba del giorno 20 alle quattro del
mattino. Con un po' di fortuna sarei potuto arrivare a Richmond in
tempo.
"Potrei fare in modo che una jeep ti venga a prendere proprio qui
all'ospedale", disse uno dei medici. "Se la tua temperatura continua
a scendere ti riporteremo alla corsia di convalescenza in mattinata,
ossia il 19, e di l potrai andare direttamente alla stazione ferroviaria
domani notte, senza tornare alla caserma della tua compagnia".

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Meraviglie delle meraviglie, la mattina del 19 la mia temperatura era
ancora una volta normale. Secondo la parola del medico, fui
trasferito immediatamente in una corsia di convalescenza. Una jeep
era pronta a venirmi a prendere l alle tre e venti la mattina
successiva. Era il quarto letto che mi era stato assegnato in questo
labirinto di ospedale. Esteriormente nulla cambiava. Dodici letti da
questo lato della corsia, dodici letti dall'altra parte. Tre uffici vicino
alla porta, tre piccoli spazi di fronte per i casi seri. Ma per me
questo ambiente monotono era la pi bella camera del mondo. Qui,
proprio questa notte, una jeep sarebbe venuta a prendermi per
portarmi via per sempre dalle tempeste di polvere e dai campi di
addestramento. Quel pomeriggio indossai la mia uniforme solo per
riabituarmi a portare vestiti Cercai di riposarmi ma ero troppo
eccitato per rimanere fermo a lungo. Presi la mia borsa dalla sua
camera, le mie scarpe da soldato e il cappotto olivastro e li disposi
ai piedi del mio letto. Quindi piegai l'uniforme sulla seggiola, pronto
ad indossarla nel mezzo della notte
Infine presi due aspirine e una delle altre compresse e, nonostante
molti pazienti della corsia fossero ancora svegli e circolassero l
intorno, andai a letto e in un secondo mi addormentai.
Fui svegliato da un attacco spasmodico di tosse. La testa mi doleva
e il torace era come in fiamme. La corsia era tranquilla e buia. Che
ora era? Cercai di guardare la sveglia ma era troppo buio per
vedere. Presi la sveglia e l'avvicinai al lumino. Mezzanotte. Mi
versai un bicchiere d'acqua dalla brocca che era sul tavolino,
inghiottii altre due aspirine e una compressa e mi rimisi sdraiato,
notando per la prima volta che le mie lenzuola erano fradice. Infine
devo essermi addormentato perch mi svegliai improvvisamente
con un senso di soffocamento. Quando fin l'attacco di tosse
guardai di nuovo la sveglia: le due e dieci. Mancava ancora un'ora
per alzarmi. Mi sentivo malissimo, grondavo di sudore e il cuore
batteva come un martello pneumatico. Presi l'ultima aspirina e
tentai di dormire ancora, ma continuavo a tossire e dal profondo del
mio torace veniva su qualcosa che dovevo espettorare. Finalmente
mi spostai il cuscino dietro la schiena e rimasi a sedere. Ci
sembrava aiutarmi nel tossire, ma sentivo male dappertutto e
sapevo che di certo avevo la febbre. Speravo che nessuno se ne

73
accorgesse fino a che non fossi stato al sicuro sul treno! Guardai di
nuovo la sveglia. Era quasi ora di incominciare a vestirmi
Dal magazzino del materiale vicino alla porta veniva una luce.
Camminai in quella direzione e guardai dentro. L'inserviente di
servizio stava leggendo una rivista. "Prestami un termometro per un
momento", dissi. Si alz e ne prese uno da una scansia. Mi
allontanai di qualche passo prima di metterlo in bocca: era solo per
mia propria informazione. Dopo un minuto lessi la temperatura alla
luce proveniente dal deposito. O per lo meno, tentai di leggere. Non
riuscivo a capire. In qualsiasi modo tenessi il termometro, la linea
d'argento del mercurio sembrava andare fino in fondo. L'inserviente
si avvicin e me lo tolse di mano. "Quarantuno!" grid, e prima che
potessi fermarlo corse gi per il corridoio. In un momento fu di
ritorno con l'infermiera di turno alle calcagna. Essa prese unaltro
termometro dalla scansia e guard l'orologio mentre io tenevo il
piccolo tubo sotto la lingua maledicendo me stesso per la mia
imprudenza. Lo estrasse dalla mia bocca e gli diede un'occhiata.
"Siediti!" disse. Mi guid come fossi un bambino alla seggiola sulla
quale prima sedeva l'inserviente. "Rimani con lui", gli disse. "Torno
subito!"
"Ma non posso aspettare qui", dissi al soldato mentre essa
scompariva. "Debbo vestirmi! Devo prendere il treno esattamente
fra un'ora!"
"Sta' tranquillo", mi disse. "Sta arrivando il dottore". Ma non capiva
dunque niente? Non mi aveva sentito?
"Devo andare ad Abilene, c' una jeep che viene a prendermi tra
venti minuti!"
"D'accordo, d'accordo", disse. "Sta' fermo e tutto si aggiuster".
Quello stupido non mi prestava attenzione e quando arriv il dottore
fu la stessa cosa. Ascolt il mio petto, quindi cominci a parlare di
raggi X
"Pensi di poter stare in piedi, soltanto per un minuto?" mi chiese.
Quasi scoppiai a ridere quando i due portantini mi misero le braccia
sotto le ascelle e mi sollevarono in piedi. Avrei dovuto stare in piedi
molto pi di un minuto, alla stazione, fra poco!
"Puoi poggiare il mento qua sopra? Bene. Adesso stai fermo, solo
per un secondo".

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Gli uomini lasciarono andare le mie braccia Udii un click ed un
ronzio continuo. Il ronzio continuava, diventando sempre pi forte.
Era all'interno della mia testa, e le mie ginocchia sembravano di
gomma: si stavano piegando ed io stavo cadendo, e nel frattempo il
ronzio cresceva d'intensit. Balzai a sedere sul letto. Che ora era?
Guardai il tavolo accanto al letto ma l'orologio era stato portato via.
In effetti, della mia roba non c'era pi nulla. Saltai fuori dal letto
contrariato, cercando i miei vestiti: la mia uniforme non era pi sulla
sedia. Mi girai, e restai di sasso: qualcuno giaceva nel mio letto.

Feci un passo avanti: era un uomo piuttosto giovane, con corti


capelli bruni, e giaceva immobile. Ma questo era impossibile! Io
stesso mi ero appena alzato da quel letto. Mi cimentai con quel
mistero solo per poco: era troppo strano per rifletterci sopra, ed in
ogni caso non ne avevo il tempo.
Camminai silenziosamente lungo il corridoio fra i soldati che
dormivano nella grande corsia, domandandomi se avessero messo
la mia roba l in qualche posto. Ma la luce era troppo debole per
poter vedere bene. All'infuori di qualcuno che russava e di qualche
occasionale colpo di tosse non s'udiva alcun suono.
Ritornai indietro, oltrepassai gli uffici ed entrai nel corridoio. Un
sergente veniva avanti portando un vassoio di strumenti coperto
con un panno. Probabilmente non era informato di nulla, ma io fui
cos contento di trovare qualcuno sveglio che gli andai incontro.

"Mi scusi, sergente gli dissi ha visto per caso l'infermiere di


guardia in questa sezione?" Il sergente non mi rispose, anzi non mi
degn neanche di uno sguardo. Prosegu dritto verso di me col suo
passo, senza rallentare.

"Attento!" gridai, saltando da un lato per non essere urtato. Un


attimo dopo era dietro di me, e si allontanava lungo il corridoio
come se non mi avesse nemmeno visto, sebbene non sapessi
neanch'io come eravamo riusciti a non urtarci. Poi vidi qualcosa che
mi fece venire un'altra idea. In fondo al corridoio c'era una di quelle
pesanti porte in metallo che conducevano all'esterno. Andai
rapidamente in quella direzione: anche se avessi perso l'ultimo
treno, in un modo o nell'altro sarei riuscito a raggiungere Richmond.

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Quasi senza sapere come, mi trovai all'esterno: mi muovevo
rapidamente, spostandomi pi in fretta di quanto non avessi mai
fatto in vita mia. Guardando in basso fui sorpreso di vedere non il
terreno, ma le cime dei cespugli sotto di me. Camp Barkeley
sembrava gi distante, dietro di me, mentre mi muovevo
rapidamente sopra l'oscuro e freddo deserto. La mia mente mi
stava avvertendo che ci che stavo facendo era impossibile, e
tuttavia stava accadendo.

Stavo andando a Richmond: in qualche modo l'avevo saputo fin dal


momento in cui ero uscito dalla porta dell'ospedale. Andavo verso
Richmond ad una velocit cento volte superiore a quella di qualsiasi
treno su questa Terra. Quasi immediatamente notai che stavo
rallentando. Proprio sotto di me, laddove due strade si univano,
scorsi uno scintillante bagliore blu. Veniva dall'insegna al neon
posta sulla porta di un edificio dal tetto rosso ad un solo piano, con
un'insegna della birra Pabst Nastro Azzurro attaccata alla vetrina.
"Caff" dicevano le lettere dell'insegna dalla luce fluttuante sulla
porta, e dalle vetrine la luce illuminava il pavimento.

Osservando la scena, mi resi conto che avevo completamente


smesso di muovermi. Trovandomi in qualche modo sospeso in aria
a pi di quindici metri di altezza fu una sensazione perfino pi
strana di quella del volo turbinoso. Ma non avevo tempo per
pensarci sopra, perch gi sul marciapiede verso il caff notturno
un uomo avanzava con passo energico. Almeno, pensai, avrei
potuto sapere da lui di che citt si trattava e verso dove mi stavo
dirigendo. Non appena ebbi avuto quest'idea, dato che pensiero ed
azione erano diventati un tutt'uno, mi trovai gi sul marciapiede,
mentre camminavo velocemente a fianco dello sconosciuto. Era un
civile, forse di 40 o 45 anni, ed indossava un soprabito, ma senza
cappello. Ovviamente stava pensando intensamente a qualcosa,
perch non mi rivolse nemmeno un'occhiata, nonostante
camminassi al suo fianco.

"Pu dirmi, per favore dissi che citt questa?" Continu a


camminare. "La prego, signore dissi, parlando pi forte non
sono di queste parti, e le sarei grato se avevamo raggiunto il

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caff e lui si gir, spingendo sulla maniglia della porta. Era per caso
sordo? Alzai la mano sinistra per battergli un colpetto sulla spalla,
ma l non c'era niente.

Stavo l davanti alla porta, guardandolo a bocca aperta mentre


apriva la porta e scompariva all'interno del locale. Era stato come
toccare l'aria, come se non ci fosse stato nessuno. E tuttavia io
l'avevo visto chiaramente, ed avevo perfino notato il segno scuro
della barba che spuntava sul mento, dove aveva bisogno di una
buona rasatura. Mi ritrassi di fronte al mistero di quell'uomo
immateriale e mi appoggiai al cavo che reggeva un palo del
telefono per riflettere su quel che accadeva: il mio corpo pass
attraverso quel cavo come se anch'esso non fosse stato l. Sul
marciapiede di quella citt sconosciuta cominciai ad avere alcuni
incredibili pensieri. I pi strani, i pi difficili pensieri che mi fosse mai
capitato di fare. L'uomo nel caff, il palo del telefono per me
erano perfettamente normali. Supponiamo che fossi io quello che
era cambiato, in qualche modo. Cosa sarebbe accaduto se per
qualche impossibile, inimmaginabile ragione avessi perso la mia
consistenza? la mia abilit di afferrare le cose, di entrare in contatto
col mondo? Quel tipo che avevo appena incontrato era ovvio che
non mi aveva mai visto n udito.

Ed improvvisamente ricordai quel giovane che avevo visto nel mio


letto in quella piccola stanza d'ospedale. E se fosse stato me
stesso? O quanto meno, la mia parte concreta, materiale da cui per
qualche inesplicabile ragione mi ero separato. Che sarebbe
accaduto se quella forma che avevo lasciato giacente in quella
stanza d'ospedale nel Texas fosse stata la mia? E se cos era,
come potevo tornare indietro per raggiungerla? Perch ero
scappato via senza riflettere?

Mi stavo muovendo di nuovo, allontanandomi dalla citt. Sotto di


me c'era un largo fiume. Sembrava che tornassi indietro, verso la
direzione dalla quale ero venuto, ed avevo l'impressione di guizzare
attraverso lo spazio anche pi velocemente di prima: colline, laghi e
fattorie scorrevano via sotto di me mentre sfrecciavo in costante
linea retta sopra lo scuro paesaggio notturno. Ed ero di nuovo in

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piedi davanti all'ospedale della base. E cos ebbe inizio una delle
pi strane ricerche che abbiano mai avuto luogo: la ricerca di me
stesso. Corsi da una camera all'altra di quell'enorme edificio,
fermandomi in ogni stanzetta, chinandomi su ogni occupante dei
letti, e andando rapidamente oltre.

Tornai indietro verso l'entrata. In un letto c'era un uomo morto!


Sentii la stessa riluttanza che avevo provato la volta precedente,
quando mi ero trovato in una stanza insieme ad un morto. Ma se
quello che aveva al dito era il mio anello, allora quello ero io, la
parte separata di me stesso, che giaceva sotto quel lenzuolo.
Questo voleva dire che io ero Era la prima volta durante tutta
quest'esperienza che la parola "morte" mi passava per la testa in
relazione a quanto stava accadendo. Ma io non ero morto! Come
potevo essere morto, ed essere tuttavia cos sveglio? Pensavo,
avevo delle esperienze La morte era qualcosa di diverso: era
non lo sapevo l'oscuramento completo, il nulla assoluto. Io ero io,
completamente vigile, anche se privo del corpo fisico con cui
funzionare.

In preda all'ansia allungai la mano verso il lenzuolo, cercando di


tirarlo gi per scoprire il cadavere nel letto. Tutti i miei sforzi non
servirono a muovere nemmeno un soffio d'aria in quella stanzetta
silenziosa. Improvvisamente mi accorsi che tutto era pi luminoso,
molto pi luminoso di quanto non fosse stato prima. Osservavo
sbigottito lo splendore che aumentava, senza che si capisse da
dove proveniva, illuminando intensamente ogni cosa. Tutte le
lampadine della stanza non potevano produrre una luce simile.
Nemmeno tutte le lampadine del mondo avrebbero potuto farlo! Era
una luce impossibile. Era come se un milione di lampade ad arco
brillassero contemporaneamente. "Meno male che non ho occhi
fisici in questo momento pensai Questa luce distruggerebbe la
retina in un decimo di secondo".

"No mi corressi non la luce, ma lui. Lui troppo splendente per


poter essere guardato". Infatti ora vedevo che non era la luce, ma
un uomo ad essere entrato nella stanza, o meglio, un uomo fatto di
luce, sebbene una cosa del genere non sembrasse alla mia mente

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meno improbabile dell'incredibile intensit del bagliore di cui era
composta la sua forma. Nel momento in cui ne percepii la
presenza, un comando si form in modo automatico nella mia
mente: "In piedi!" Le parole venivano dal mio interno, e tuttavia
avevano un'autorit che i miei pensieri non avevano mai avuto. Mi
alzai in piedi e non appena lo feci ebbi una stupefacente certezza:
"Sei in presenza del figlio di Dio". Se questo era il figlio di Dio, allora
il suo nome era Ges. Quest'essere era puro potere, pi antico del
tempo e tuttavia pi moderno di chiunque avessi mai incontrato.

Innanzi tutto, con quella stessa misteriosa certezza interiore, io


sapevo che quest'uomo mi amava. Molto ma molto pi forte del
potere, ci che emanava da questa presenza era amore
incondizionato. Un amore sbalorditivo, un amore al di l di quanto
avessi mai potuto immaginare. Quest'amore sapeva sul mio conto
ogni spiacevole dettaglio: i litigi con la mia matrigna, il mio carattere
irruento, i desideri sessuali che non riuscivo mai a controllare, ogni
azione ed ogni pensiero egoistici e meschini che avevo avuto fin dal
giorno della mia nascita. Eppure mi acccettava cos com'ero.
Quando dico che sapeva tutto di me, questo era semplicemente un
dato di fatto. Perch in quella stanza, insieme con la sua radiosa
presenza, era entrato anche ogni singolo episodio della mia vita,
tutti insieme, sebbene per raccontarli li dovrei descrivere uno per
uno. Tutto ci che mi era mai accaduto in qualsiasi circostanza era
semplicemente l, in bella mostra, contemporaneamente presente,
e tutti gli episodi sembravano svolgersi nello stesso tempo. Ogni
dettaglio di venti anni di vita era l per essere osservato, il bene ed il
male, i punti salienti ed i fatti ordinari. Ed insieme a questa visione
onnicomprensiva venne una domanda: era implicita in ogni scena
e, al pari delle scene medesime, sembrava emanare dalla luce
vivente che stava al mio fianco: "Cosa ne hai fatto della tua vita?"

Disperatamente guardai intorno a me alla ricerca di qualcosa che


sembrasse degno di valore alla luce di questa sfolgorante realt.
Ma trovai soltanto una preoccupazione insistente, miope e senza
fine per me stesso. Avevo mai fatto qualcosa che andasse oltre il
mio interesse immediato, qualcosa che gli altri potessero
riconoscere come pregevole? Improvvisamente la questione stessa
79
prese forma dentro di me. Non era giusto! Certamente, non avevo
fatto nulla di buono nella mia vita! Non ne avevo avuto il tempo.
Come si pu giudicare una persona che non ha nemmeno
cominciato?

Il pensiero di ritorno, tuttavia, non conteneva alcuna traccia di


giudizio: "La morte la parola era infinitamente amorevole pu
arrivare ad ogni et".

"E che ne sar dell'assicurazione sulla vita che riscuoter solo a 70


anni?" Queste parole mi scapparono, in quella strana dimensione in
cui la comunicazione aveva luogo col pensiero anzich con la voce,
prima che potessi fermarle. Se prima avevo sospettato che nella
presenza al mio fianco c'erano allegria e senso dell'umorismo,
adesso ne ero certo. Lo splendore sembr vibrare e scintillare in
una specie di santa risata, non rivolta a me o alla mia sciocchezza,
non una risata di derisione o di compatimento, ma una risata
gioiosa, che sembrava voler dire che nonostante tutti gli errori e tutti
i drammi dell'esistenza, l'allegria era comunque destinata a durare
pi a lungo.

E nell'estasi di quella risata compresi che ero io quello che stava


giudicando gli eventi intorno a noi cos severamente. Ero io che li
vedevo come banali, egocentrici, privi di importanza. Nessuna
condanna del genere proveniva dalla gloria che splendeva intorno a
me. Non mi stava biasimando o rimproverando: mi stava
semplicemente amando. Riempiva il mondo con la sua presenza
e nello stesso tempo, tuttavia, si occupava di me personalmente,
aspettando la mia risposta alla domanda che ancora restava
sospesa nell'aria smagliante: "Che cos'hai fatto della tua vita da
potermi mostrare?"

La domanda, come tutto quello che emanava da lui, aveva a che


fare con l'amore. Quanto hai amato nella tua vita? Hai amato gli altri
come io ti sto amando? Completamente? Senza condizioni?
Ascoltando la domanda in questa forma, vidi quanto sarebbe stato
sciocco da parte mia tentare anche solo di trovare una risposta
nelle scene intorno a noi. Ecco, io non avrei neanche immaginato

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che un amore come questo potesse essere possibile. Qualcuno
avrebbe dovuto dirmelo, pensai con indignazione!

"Io te l'ho detto". Ma come, quando? Cercavo sempre una


giustificazione. Come poteva avermelo detto, se io non l'avevo
udito? "Te l'ho detto con la vita che ho vissuto, te l'ho detto con la
morte che ho patito. E, se tu poserai il tuo sguardo su di me, vedrai
altre cose".

Con un sussulto notai che ci stavamo muovendo. Non mi ero


accorto di aver lasciato l'ospedale, ma adesso non lo vedevo da
nessuna parte. Anche le immagini viventi degli eventi della mia vita
che si erano affollate intorno a noi erano svanite: sembrava invece
che stessimo volando molto in alto: ci dirigevamo velocemente
verso un distante puntino di luce. Il punto luminoso si rivel come
una grande citt verso la quale cominciammo a scendere. Era
ancora notte ma il fumo usciva dalle ciminiere delle fabbriche e
molti edifici erano illuminati in tutti i loro piani. Al di l delle luci c'era
un oceano o un grande lago: avrebbe potuto essere Boston, o
Detroit, o Toronto, certamente non era una citt in cui io fossi gi
stato, ma pensai, mentre mi avvicinavo abbastanza da poter
distinguere le strade affollate, ad un posto in cui le industrie belliche
funzionavano notte e giorno.

Notai a pi riprese un certo fenomeno: le persone non si


accorgevano nemmeno di chi stava loro accanto. Vidi un gruppo di
addetti alle catene di montaggio riuniti in una caffetteria. Una delle
donne chiese ad un'altra se aveva una sigaretta, la preg di
dargliela, come se effettivamente la desiderasse pi di qualsiasi
altra cosa al mondo. Ma l'altra, continuando a chiacchierare con i
suoi amici, la ignor. Prese un pacchetto di sigarette dalle tasche
della tuta, e senza nemmeno offrirne alla donna che le desiderava
cos avidamente ne prese una e l'accese. Con la rapidit di un
serpente che attacca la donna che era stata ignorata cerc senza
successo di afferrare la sigaretta accesa dalla bocca dell'altra. Ci
prov di nuovo, ed un'altra volta ancora. Con un brivido mi accorsi
che non riusciva ad afferrare la sigaretta: come me, infatti, era
morta.

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In una casa un giovane seguiva una persona pi anziana da una
stanza all'altra: "Mi dispiace, pap, continuava a ripetere non
avevo idea di ci che avrebbe significato per la mamma! Non me ne
rendevo conto". Ma sebbene io potessi udirlo chiaramente, era
ovvio che l'uomo a cui si rivolgeva non lo sentiva. L'uomo stava
portando un vassoio in una stanza in cui una donna anziana era
seduta nel letto. "Mi dispiace, pap, il giovane disse ancora mi
dispiace, mamma". Lo ripeteva di continuo, senza fine, parlando ad
orecchie che non potevano udire.

Ci fermammo diverse volte davanti a scene simili. Un giovane


seguiva una ragazza attraverso i corridoi di una scuola: "Mi
dispiace, Nancy!". Una donna di mezza et pregava un uomo dai
capelli grigi di perdonarla. "Per cosa sono cos dispiaciuti, Ges?
domandai Perch continuano a cercar di parlare a persone che
non possono udirli?"

Allora dalla luce al mio fianco venne un pensiero: "Si tratta di


suicidi, incatenati a tutte le conseguenze del loro atto".
Gradualmente cominciai a notare qualcos'altro. Tutte le persone
vive che stavamo osservando erano circondate da un debole alone
luminoso, quasi come un campo elettrico sulla superficie dei loro
corpi: questa luminescenza si muoveva con loro, come una
seconda pelle fatta di una pallida luce appena visibile. Dapprima
pensai che si trattasse dello splendore riflesso proveniente dalla
persona che era al mio fianco, ma gli edifici in cui entravamo non
riflettevano alcuna luce, e nemmeno lo facevano gli oggetti
inanimati. Mi accorsi poi che gli esseri inorganici non avevano
questa luce: vidi che il mio corpo non fisico non aveva questa
guaina luminosa.

A questo punto la luce mi condusse all'interno di uno squallido bar-


rosticceria vicino a quella che sembrava una grande base navale.
Una folla di gente, quasi tutti marinai, si accalcavano al banco su
tre file, mentre altri affollavano i tavoli di legno lungo i muri. Mentre
alcuni bevevano birra, la maggior parte di essi sembravano scolare
bicchieri di whisky con la stessa velocit con cui i due sudati baristi
riuscivano a riempirli. Poi notai un fatto che mi colp: alcuni degli

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uomini che stavano al banco sembravano incapaci di portare i
bicchieri alle labbra. Pi volte li osservai afferrare i loro bicchierini,
mentre le mani attraversavano il solido vetro, il bancone di legno
massiccio, e le stesse braccia ed i corpi dei bevitori che stavano
accanto a loro. E questi uomini, nessuno escluso, non avevano
l'aureola di luce che circondava gli altri. Perci il bozzolo di luce
deve essere una propriet esclusiva del corpo fisico. I morti, coloro
che hanno perso la loro solidit, hanno anche perso questa
seconda pelle.

Ed era ovvio che i viventi, quelli circondati dall'alone luminoso,


quelli che potevano bere, chiacchierare e pigiarsi l'un l'altro, non
potevano n vedere i disperati assetati privi di corpo accanto a loro,
n percepire i loro frenetici tentativi di afferrare quei bicchieri. Cos
mi fu anche chiaro, mentre osservavo, che gli esseri senza corpo
potevano sia vedersi che udirsi tra loro. Liti furibonde scoppiavano
continuamente per assicurarsi il possesso di quei bicchieri che
nessuno riusciva poi a portarsi alle labbra.

Pensavo di aver visto grandi bevitori alle feste goliardiche di


Richmond, ma il modo in cui civili e militari ci davano dentro in
questo bar li batteva tutti. Osservai un giovane marinaio alzarsi
barcollando da uno sgabello, fare due o tre passi ed accasciarsi
pesantemente al suolo. Due suoi compagni si chinarono su di lui e
cominciarono a trascinarlo via dalla calca. Ma non era questo ci
che mi colp: stavo guardando con stupore il bozzolo di luce del
marinaio in stato di incoscienza che si stava aprendo. Cominci a
spaccarsi dalla sommit della testa e continu a avenir via come
una pellicola dal capo e dalle spalle. In un attimo, pi in fretta di
quanto avessi mai visto qualcuno muoversi, uno degli esseri senza
corpo che stavano in piedi al bar vicino a lui gli fu addosso.
Incombeva come un'ombra assetata a fianco del marinaio,
seguendo avidamente ogni deglutizione del giovane. Sembrava
pronto a lanciarsi su di lui come una bestia da preda.

Un'istante dopo, lasciandomi ancor pi perplesso, la figura in


agguato era svanita. Era tutto accaduto prima ancora che i due
uomini trascinassero via il loro carico incosciente da sotto i piedi di

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quelli che stavano al bar. Il minuto prima avevo potuto distinguere
due individui, e nel momento in cui appoggiavano il marinaio contro
il muro ne vedevo uno solo. La stessa scena si ripet altre due
volte, mentre io osservavo stupefatto. Un uomo perdeva i sensi,
una spaccatura si apriva rapidamente nell'aureola che lo
circondava, ed uno di quegli esseri non solidi svaniva mentre si
slanciava verso quell'apertura, quasi che si fosse infilato dentro
l'altro uomo.

Forse che quel guscio di luce rappresentava una specie di scudo?


Era per caso una protezione contro contro gli esseri disincarnati
come me? Probabilmente quelle creature non fisiche avevano
avuto una volta un corpo solido, come quello che avevo avuto
anch'io. Forse quando avevano il corpo avevano anche sviluppato
una dipendenza dall'alcool che era andata oltre il loro fisico, fino a
divenire una dipendenza mentale e perfino spirituale. Allora dopo
aver perduto il corpo essi erano tagliati fuori per sempre da ci che
bramavano incessantemente, tranne che nei brevi attimi in cui
riuscivano a prendere possesso del corpo di un altro.

Un'eternit di quel genere (al solo pensiero mi sentii attraversare da


un brivido gelido) sarebbe stata certamente una specie di inferno.
Avevo sempre immaginato l'inferno, le rare volte in cui ci avevo
pensato, come un posto fiammeggiante da qualche parte sottoterra
nel quale persone malvagie come Hitler bruciavano per l'eternit.
Ma era come se un livello dell'inferno esistesse proprio qui sulla
superficie, invisibile ed impercettibile dagli esseri viventi che
occupano lo stesso spazio. Forse l'inferno significava restare
vincolati a questo mondo senza poter mai interagire con esso.
Pensai a quella donna che desiderava una sigaretta: volere
intensamente, bruciare di desiderio, e non aver modo di poterlo
soddisfare, sarebbe stato veramente un inferno. Non "sarebbe
stato", compresi scuotendomi: questo "era" l'inferno. Ed io ne
facevo parte proprio come quelle altre creature disincarnate. Ero
morto, avevo perso il mio corpo fisico, ed ora esistevo in un regno
che non reagiva in alcun modo

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Altre due cose decisamente uniche riguardavano gli esseri di
questo reame. Poich l'ipocrisia impossibile se gli altri possono
conoscere i tuoi pensieri non appena vengono in mente, i
disincarnati tendono a raggrupparsi con quelli che hanno pensieri
simili ai loro. Nella nostra dimensione, la Terra, abbiamo un detto:
"Uccelli con la stessa penna vanno insieme". La ragione principale
per cui restano uniti perch troppo rischioso trovarsi con esseri
che possono accorgersi che tu non sei d'accordo con loro.

Uno dei posti che osservammo sembrava essere una stazione


ricevente. Gli esseri vi arrivavano spesso in una specie di trance
ipnotica profonda. La definisco ipnotica perch mi rendevo conto
che si erano messi da soli in quella condizione a causa di ci in cui
credevano. C'erano alcune entit, che potrei definire come "angeli",
che lavoravano su questi esseri in trance cercando di risvegliarli ed
aiutandoli a comprendere che Dio veramente un Dio dei viventi e
che non era necessario che essi vagassero addormentati finch
Gabriele o un suo simile non giungesse soffiando nella tromba del
giudizio.

Ci stavamo di nuovo muovendo. Avevamo lasciato la base navale


con il suo contorno di sordide vie e di squallidi locali, ed ora ci
trovavamo, in questa dimensione in cui i viaggi non sembravano
richiedere alcun tempo, al limite di un'ampia pianura. Fino a quel
momento, nella nostra esplorazione, avevamo visitato posti nei
quali i vivi ed i morti esistevano fianco a fianco: c'erano esseri
disincarnati, di cui i vivi non sospettavano in alcun modo la
presenza, che stavano proprio sopra gli oggetti fisici e le persone
su cui si concentravano i loro desideri. Ma adesso, sebbene
apparentemente fossimo ancora da qualche parte sulla superficie di
questo mondo, non riuscivo a vedere nessun uomo o donna viventi.
La pianura era affollata da orde di fantasmi disincarnati ammassati
insieme; da nessuna parte era possibile vedere una creatura solida,
circondata di luce. Tutte queste migliaia di esseri erano
apparentemente non pi sostanziali di quanto lo fossi io. Ed erano
le pi angosciate, le pi adirate e le pi completamente miserabili
creature che avessi mai osservato.

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"Signore Ges gridai dove siamo?" Dapprima pensai che
stessimo guardando qualche vasto campo di battaglia. Ovunque gli
spiriti erano coinvolti in quelle che sembravano lotte all'ultimo
sangue, si contorcevano, tiravano pugni o fendenti. Guardando pi
da vicino, vidi che non avevano armi di sorta, ma si battevano con
le mani nude, con i piedi e con i denti. E poi mi accorsi che nessuno
veniva realmente ferito: non c'era sangue, non c'erano corpi al
suolo. Un colpo che avrebbe dovuto eliminare l'avversario lo
lasciava illeso. Se avevo sospettato di star osservando l'inferno, ora
ne ero sicuro: queste creature sembravano bloccate nelle loro
abitudini mentali e nelle emozioni, in un labirinto di pensieri di odio,
di eccitazione e di distruzione.

Ancor pi grotteschi dei morsi e dei calci che si scambiavano erano


gli abusi sessuali che molti praticavano producendosi in febbrili
pantomime. Tutt'intorno a noi venivano invano messe in atto forme
di perversione che non avevo mai nemmeno immaginato. Era
impossibile dire se i rantoli e gli urli di frustrazione che ci
raggiungevano fossero suoni reali o soltanto la trasposizione di
pensieri di disperazione: in questo mondo disincarnato non
sembrava davvero aver importanza. Qualunque cosa uno
pensasse, per quanto involontariamente o di sfuggita, diventava
all'istante evidente a tutti quelli che gli stavano intorno, pi completa
di quanto le parole avrebbero potuto mai esprimere, pi veloce di
quanto possano viaggiare le onde sonore. Ed i pensieri pi
frequentemente manifestati avevano a che fare con la superiore
conoscenza, con l'abilit o con il rango sociale di chi aveva il
pensiero.

"Te l'avevo detto!"

"L'ho sempre saputo!"

"Non ti avevo avvertito?"

Queste grida riecheggiavano nell'aria in continuazione. Con una


sensazione di triste familiarit riconobbi che spesso questi erano
anche i miei pensieri. In questi lamenti di invidia e di
autoimportanza ferita rividi me stesso anche troppo bene. Una volta
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ancora, comunque, nessuna forma di condanna veniva dalla
presenza al mio fianco, solo una compassione per queste infelici
creature cos profonda da spezzare il cuore.

Cosa le tratteneva in quel luogo? Perch mai ciascuno non


decideva di andarsene? Non riuscivo a vedere alcun motivo per cui
quella persona ingiuriata da quell'uomo con una smorfia contorta
sulla faccia non andava via di l, semplicemente, o quella giovane
donna non metteva mille miglia tra s e quel tale che la batteva cos
selvaggiamente con quei pugni privi di consistenza. Essi, quegli
esseri cos furiosamente rabbiosi, non potevano infatti trattenere le
loro vittime. Non c'erano recinti o barriere. Nulla apparentemente
poteva impedir loro di andarsene via da soli.

A meno che a meno che non ci fosse nessuna possibilit di stare


da soli in questo regno di spiriti disincarnati. Nessun angolo privato
in un universo in cui non c'erano muri. Nessun posto che non fosse
gi abitato da altri esseri ai quali ognuno era completamente
esposto in ogni momento. Cosa doveva essere, pensai con un
improvviso senso di sgomento, vivere per sempre in un mondo nel
quale i miei pensieri pi privati non erano affatto privati. Nessun
mezzo per mascherarli, per celarli, nessun modo di fingere di
essere qualcosa di diverso da ci che realmente ero. Sembrava
insopportabile. A meno che, naturalmente, ognuno intorno a noi
non avesse lo stesso genere di pensieri; a meno che non ci fosse
qualcosa di consolante nello scoprire che gli altri erano repellenti
quanto noi stessi, anche se tutto ci che riuscivamo a fare era di
schizzarci addosso il nostro veleno a vicenda.

Forse era questa la spiegazione dell'esistenza di quella disgustosa


pianura. Forse nel corso di ere, o semplicemente di secondi, ogni
creatura in quel posto aveva ricercato la compagnia di persone
altrettanto orgogliose e piene di rancore, finch insieme avevano
formato questa societ di dannati. Forse non era Ges ad averli
abbandonati, ma erano loro ad essersi allontanati dalla luce che era
chiaramente visibile nell'oscurit. C'erano esseri che litigavano per
qualche questione religiosa o politica, cercando di uccidere quelli
che non la pensavano come loro. Ed io, oosservandoli, pensai:

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"Nessuna meraviglia se il nostro mondo una tale baraonda e se
abbiamo avuto cos tante tragiche guerre di religione. Nessuna
meraviglia se tutto questo spezzava il cuore di Cristo, colui che era
venuto ad insegnarci la pace e l'amore".

Ci stavamo muovendo di nuovo. Prima mi aveva mostrato un regno


infernale, pieno di esseri intrappolati in qualche forma di attenzione
per se stessi. Adesso dietro, oltre ed al di l di tutto questo
cominciavo a intravvedere un intero regno completamente nuovo.
Enormi edifici sorgevano in un bel parco soleggiato, facendomi
venire in mente un campus universitario ben progettato. Mentre
entravamo nell'atrio di uno di questi edifici, l'atmosfera era cos
tranquilla e silenziosa che fui sorpreso di vedere persone all'interno
del corridoio. Non saprei dire se fossero uomini o donne. vecchi o
giovani, perch tutti erano coperti dalla testa ai piedi in ampie
tuniche con un cappuccio, che li faceva vagamente somigliare a dei
monaci. Ma l'atmosfera di quel luogo non ricordava in alcun modo
un monastero. Era pi come uno straordinario centro di studi, pieno
di un continuo mormorio di eccitazione per le grandi scoperte che vi
si facevano. Ciascuno di coloro che incontravamo nelle ampie
stanze e sulle scalinate ricurve sembrava tutto preso da qualche
attivit che lo assorbiva completamente. Non si scambiavano molte
parole tra loro, e tuttavia non mi sembrava ci fosse inimicizia tra
quelle creature, ma piuttosto una mancanza di calore umano
dovuta alla totale concentrazione.

Qualsiasi cosa questa gente potesse essere, sembrava


completamente e in massimo grado incurante di se stessa,
assorbita in qualche supremo compito che andava ben oltre le loro
persone. Attraverso le porte aperte potei osservare enormi stanze
piene di complesse apparecchiature. In diverse di quelle stanze
figure incappucciate erano chine su intricati grafici e diagrammi, o
sedevano ai controlli di elaborati pannelli di comando scintillanti di
luci. In un certo senso pensai che qualche esperimento di grande
portata stava avendo luogo, forse dozzine e dozzine di esperimenti.
E tuttavia nonostante l'ovvia gioia del mio compagno per l'attivit
degli esseri intorno a noi, sentivo che non eravamo ancora alla fine
del viaggio, che aveva cose ancora pi grandi da mostrarmi, se
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avessi saputo vederle. Cos lo seguii all'interno di altri edifici in
questo dominio dei pensieri, ed entrammo in uno studio nel quale
veniva composta e suonata musica di tale complessit che non
riuscivo nemmeno a seguirla. Era fatta di ritmi complessi e di
tonalit di scale a me ignote. "D'accordo pensai Bach solo
l'inizio!"

Poi passammo attraverso una biblioteca grande quanto l'intera


universit di Richmond. Potei osservare stanze in cui si allineavano,
dal pavimento al soffitto, documenti in pergamena, in argilla, in
cuoio, in metallo, in carta. "Qui mi venne in mente questo
pensiero sono raccolti i libri importanti di tutto l'universo". Ma
subito pensai che questo era impossibile: come potevano i libri
essere scritti in posti diversi dalla Terra? Ma il pensiero persisteva,
nonostante la mia mente lo rifiutasse. "Le opere chiave
dell'universo", questa frase continuava a ripetersi mentre noi
vagavamo attraverso le stanze a volta della biblioteca affollate di
silenti studiosi. Poi improvvisamente, alla porta di una delle stanze
pi piccole, quasi un ripostiglio: "Questo il pensiero essenziale di
questa Terra".

"Signore Ges, siamo in paradiso?" azzardai. La calma, lo


splendore, erano certamente paradisiaci! E altrettanto lo era
l'assenza dell'egocentrismo, della confusione dell'io. "Quando
questa gente era sulla Terra si era evoluta al di l dei desideri
egoistici?"

"Si erano evoluti, e la loro evoluzione continuata". La risposta


brillava come la luce del sole in quell'atmosfera intenta e piena di
interesse. Ma se l'evoluzione poteva continuare, allora questo non
era tutto, allora c'era qualcos'altro che perfino questi esseri sereni
non possedevano. Ed improvvisamente mi domandai se non era la
stessa cosa che mancava nei regni inferiori. Forse che anche
queste creature che ricercavano la conoscenza senza egoismo non
erano in grado di riuscire a vedere Ges? O forse, non riuscivano a
vederlo per quello che era? Tracce ed indizi della sua presenza
certamente ne avevano: di sicuro quello che ricercavano con tanta
dedizione era la verit. Ma forse la stessa sete di verit pu

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distrarre dalla verit in s, che stava proprio l, in mezzo a loro,
mentre essi la ricercavano nei libri e nelle pergamene

Non capivo. Ed accanto al suo inesprimibile amore le mie


perplessit e tutte le domande che avrei voluto fare sembravano
secondarie. Forse, conclusi alla fine, egli non pu dirmi pi di
quanto io non riesca a vedere. Forse non c' ancora in me nulla che
possa comprendere la spiegazione. Questo regno eliminava per
sempre l'idea che noi finiamo di imparare o di progredire con la
nostra morte. Avrei potuto chiamarlo il regno della ricerca, o il regno
della mente e dell'intelletto, o il regno della conoscenza scientifica e
religiosa. Sarebbe stato tutto giusto. Questo il regno in cui io
credo che vadano quelle anime che hanno sviluppato un grande
interesse in un particolare settore di sviluppo relativo alla vita,
coloro che vogliono continuare le ricerche ed apprendere sempre
pi conoscenze relative a quel particolare settore. Questo
rappresenta una speranza per tutti coloro che vogliono continuare
ad imparare e che hanno raggiunto una saggezza sufficiente per
capire che noi abbiamo appena cominciato a scalfire la superficie in
ogni settore delle scienze, al livello di evoluzione in cui ci troviamo
qui sulla Terra.

Divenni consapevole che Cristo stava osservando alcune anime


impegnate nello studio delle religioni dell'universo e vidi che non
dava alcun giudizio su di esse. Anche quelle anime non stavano
giudicando le religioni che studiavano ma erano interessate nei
molti differenti modi in cui gli esseri viventi nell'universo avevano
cercato di pervenire alla comprensione del loro creatore. Di colpo
compresi quanto fosse sbagliato per noi sulla Terra giudicare
l'approccio di qualcun altro alla divinit o pensare di essere
depositari dell'unica risposta. Nel momento in cui questa
comprensione si manifest nella mia mente, questo pensiero
proveniente dal mio compagno fece seguito: "Tu hai ragione,
perch se l'Amore fosse accresciuto potrei condurre a me tutta
l'umanit. Chi riesce a comprendere il Padre conoscer anche me,
e chi conoscer me sapr che l'Amore comprende tutti gli esseri
senza distinzione di razza, fede e colore".

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l fatto fondamentale, quello che rappresentava tutto, restava questa
personalit al mio fianco. Qualsiasi cosa mi stesse mostrando,
restava in ogni momento il vero centro della mia attenzione. Fino a
questo momento avevo avuto l'impressione che stessimo
viaggiando anche se in un modo che non riuscivo ad immaginare
sulla superficie stessa della Terra. Perfino quello che ero arrivato
a pensare come un pi alto reame di profondi pensieri ed
insegnamenti, era ovviamente non molto distante dal regno fisico in
cui esseri senza corpo erano ancora legati ad un mondo solido. Ora
per sembrava che stessimo lasciando la Terra dietro di noi.

Ed ecco che vidi, ad una distanza infinita, cos lontano da non poter
esser vista con nessuna forma di vista che io conoscessi, una citt,
una citt luminosa, apparentemente senza fine, abbastanza
brillante da poter esser vista perfino da quella inimmaginabile
distanza. Lo splendore sembrava emanare dagli stessi muri e dalle
strade di quella citt e dagli esseri che si muovevano in essa, e che
io ero adesso in grado di discernere. Infatti la citt e tutto ci che
era in essa sembravano esser fatti di luce, nello stesso modo in cui
lo era la figura che stava al mio fianco.

A quel tempo non avevo ancora letto il Libro della rivelazione.


Potevo solo osservare a bocca aperta e con reverenza questo
spettacolo fantastico, chiedendomi quanto dovesse essere
luminoso ogni edificio ed ogni abitante per poter esser percepito da
una distanza di tanti anni luce. Potevano queste creature radiose,
mi chiedevo pieno di meraviglia, essere coloro che avevano
veramente messo Ges al centro delle loro vite? Stavo osservando
finalmente quelli che l'avevano cercato in ogni cosa? cercato cos
bene e cos intensamente da essere trasformati nella sua stessa
sembianza? Mentre mi ponevo queste domande due delle figure
risplendenti sembrarono staccarsi dalla citt e dirigersi verso di noi,
lanciandosi attraverso quello spazio infinito con la velocit della
luce.

Ora questa fu una sorpresa, perch era questo il primo luogo nel
quale gli abitanti potevano vedere sia Cristo che me. Ancor pi
sorprendente, essi emanavano una luce quasi cos intensa come

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quella di Cristo. Mentre i due esseri si avvicinavano, potei anche
sentire il loro amore fluire verso di noi: la gioia totale che
dimostravano nel vedere Cristo era evidentissima. Guardando
questi esseri e sentendo la gioia, la pace e la felicit che
irradiavano mi indusse a credere che quello era il luogo definitivo, il
p alto di tutti i regni. Gli esseri che vi dimoravano erano pieni di
amore. Quello, ne sono tuttora convinto, era il paradiso. Nonostante
prima avessi considerato il regno della conoscenza come un luogo
meraviglioso, dopo aver dato un'occhiata a questa nuova
dimensione cominciai a comprendere per la prima vlta nella mia vita
ci che Paolo aveva scritto nella prima lettera ai Corinzi: "Se avessi
il dono della profezia e potessi sviscerare tutti i misteri e tutta la
conoscenza, e se avessi una fede tale da muovere le montagne,
ma non avessi l'amore, non sarei nulla". Non sto dicendo che le
creature del regno della conoscenza non avessero l'amore:
l'avevano, ma non al livello raggiunto dalle anime di questo nuovo
regno.

Ma altrettanto rapidamente di quanto quegli esseri avanzassero


verso di noi, noi ci allontanavamo. Disperatamente gridai al mio
compagno di non lasciarmi, di prepararmi perch potessi andare in
quella citt splendente, di non abbandonarmi in questo posto
oscuro e sgradevole. Da quel momento di estrema solitudine della
mia esistenza ero pervenuto alla pi perfetta condizione che si
potesse immaginare. La luce di Ges era entrata nella mia vita e
l'aveva completamente riempita, e la sola idea di dover essere
separato da lui era pi di quanto potessi sopportare. Allora lui fece
una cosa sorprendente: apr un corridoio attraverso il tempo e mi
mostr una serie di disastri naturali sempre pi gravi che si
abbattevano su questa Terra. C'era una quantit sempre maggiore
di uragani e di alluvioni che colpivano diverse aree del nostro
pianeta. Aumentavano anche i terremoti e le eruzioni vulcaniche.
Gli esseri umani diventavano sempre pi egoisti e superbi: le
famiglie si dividevano, i governi andavano in frantumi perch la
gente pensava solo a se stessa. Vidi eserciti che marciavano sugli
Stati Uniti da sud ed esplosioni di un'intensit che andava oltre la
mia immaginazione sconvolgere tutto il mondo. Compresi che se

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tutto questo continuava la vita umana come noi la conosciamo non
avrebbe potuto pi esistere.

Improvvisamente questo corridoio fu sigillato ed un altro corridoio


cominci ad aprirsi nel tempo. All'inizio sembravano molto simili, ma
pi il secondo si sviluppava, pi mostrava uno scenario diverso. Il
pianeta cresceva pi in pace. Tanto l'umanit quanto la natura
diventavano migliori. Gli esseri umani non erano pi cos critici
verso se stessi e verso gli altri, non erano pi tanto distruttivi nei
confronti della natura e cominciavano a comprendere cos' l'amore.
Ci fermammo allora in un posto nel tempo in cui gli uomini erano
pi simili agli esseri del regno della conoscenza e del regno
del'amore. Il Signore mi mand mentalmente questo messaggio: "
lasciata alla libert degli esseri umani la scelta su quale direzione
prendere. Sono venuto su questo pianeta per mostrare attraverso la
vita che ho vissuto come si pu amare. Senza il Padre n voi n io
potremmo far niente. Ti ho mostrato questo. Tu hai 45 anni".

Poi mi dette l'ordine di ritornare nel regno di questo mondo e mi


disse mentalmente: "Hai 45 anni di tempo". In quel momento non
avevo la minima idea di cosa intendesse per 45 anni di tempo. La
mia gola era in fiamme ed il peso sul mio petto mi stava
schiacciando.

Qui termina la NDE di George Ritchie. Il libro di Ritchie Return


from Tomorrow (Ritorno dal domani), che descrive la sua NDE,
fu pubblicato nel 1985, circa 42 anni dopo che l'esperienza
aveva avuto luogo.

Il testo che segue tratto da un'interpretazione del dottor


Ritchie su alcuni aspetti della sua esperienza. Si tratta di
un'interpretazione di matrice religiosa, centrata sulla figura di
Cristo. Mi sembra comunque che le osservazioni di Ritchie
siano coerenti con diversi aspetti della sua esperienza. Inoltre
non dobbiamo farci trarre in inganno dall'aspetto umanamente
storico e psicologico delle denominazioni. Ritchie chiama
Cristo la personalit al suo fianco perch l'associa alla sua
immagine psicologica della figura di Cristo, ma certamente si

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tratta di un'energia personalizzata associata soprattutto ad
un'emanazione di amore e di felicit sovrumane che, all'interno
della NDE di Ritchie, esiste in s, indipendentemente dalla
figura umana del Cristo (alla quale peraltro pu essere
ragionevolmente associata).

L'uomo, sotto l'influenza del dogma del cristianesimo occidentale,


ha perso la sua strada e si sente completamente separato da Dio
perch il cristianesimo occidentale, attraverso la chiesa cattolica
romana ha enfatizzato la caduta dell'uomo, dicendo che Ges
morto in croce per i nostri peccati. Le chiese non hanno mai
spiegato il nostro potenziale divino, il nostro potere creativo datoci
da Dio, e quanto sia necessario per noi utilizzare quel potere
restando sotto la guida dello Spirito santo. Citando i Salmi (82:6),
Ges chiese: "Non forse scritto nella vostra legge: Io ho detto, voi
siete dei"?

San Ireneo, un famoso leader cristiano dei primi secoli, afferm che
Dio divenne uomo affinch l'uomo potesse divenire Dio. Vorrei
modificare la sua affermazione solo nel senso che io direi che Ges
ci ha mostrato quell'essere divino per diventare il quale Dio, nostro
padre, ci ha creato.

Invece le chiese ci insegnano a credere che alla chiesa stata data


l'autorit di decidere chi dovr andare in paradiso, e che coloro che
non aderiscono a quella particolare organizzazione religiosa
saranno condannati. Questo non corrisponde agli insegnamenti di
Ges Cristo, che raccont la storia del figliol prodigo non solo per
aiutarci a capire l'amore ed il perdono di Dio, ma anche per
insegnarci che il figliol prodigo il mito cosmico di ciascun essere
umano, nessuno escluso. Abbiamo tutti dimenticato di esser figli e
figlie dell'Altissimo, e che la nostra parte spirituale, l'anima umana,
ha bisogno di tornare in uno stato di totale fraterna amicizia col
Padre. Per far questo dobbiamo rivolgerci a noi stessi e
comprendere che in questo piano dell'esistenza terrestre il nostro
lato umano ed egoista ci ha condotto sulla via del materialismo e
della vita vissuta solo per noi stessi, che ci distrae e ci allontana dal

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Padre e dal nostro destino divino e ci fa dimenticare chi siamo. Ne
consegue la nostra morte spirituale.

Ges and sulla croce per mostrarci che questo lato umano
egoistico presente in noi deve morire affinch l'anima umana, che
porta in s la coscienza di quello che e da dove proviene, possa
tornare alla vita ed al suo controllo. Questo il nostro destino
ultimo, andare verso Cristo e cominciare a comunicare con lui, in
modo che ci possa condurre di nuovo alla vera vita (quella perfetta
unione col Padre), e lasciare che ci trasmetta il suo amore ed il suo
pensiero in modo che noi ce li possiamo scambiare l'un l'altro.
Dobbiamo pervenire a riconoscere il Cristo vivente risorto in noi, e
fare affidamento nel trasmetterci l'un l'altro il suo amore,
rivolgendolo anche a Dio, perch il nostro amore umano non
abbastanza. Quando avremo riconosciuto questa verit, allora,
come il figliol prodigo di cui Ges ci ha raccontato, saremo tornati
noi stessi: saremo cio di nuovo vivi, e decideremo di tornare a
casa, perch ci saremo resi conto che perfino essere un servo nella
casa del Padre meglio che essere spiritualmente morti, nel modo
in cui avevamo vissuto.

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