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Introduzione
di Graziano Lingua
1. Dalla matematica algulag
Pochi personaggi della cultura de! Novecento possono vantare un
cosi ampio spettro di interessi come quello che ha caratterizzato la ri-
cerca del matematico e filosofo russo Pave! A. Florenskij. Nonostante
cio la diffusione delle sue opere e de! suo pensiero si eper molti anni
bloccata a causa del velo di silenzio che esceso su di lui dopo la condan-
na a morte comminata dal regime sovietico ne! dicembre 1937. Da que-
sto silenzio, che ha privato la cultura mondiale di importanti intuizioni
nei campi piu disparati de! sapere, si sta oggi uscendo con fatica anche
perch ancora molta parte dell'opera di Florenskij giace manoscritta
nell'archivio conservato con cura dai suoi famigliari ne! piccolo centro
di Sergej Posad nei pressi di Mosca.
Pave! Aleksandrovi Florenskij nasce a Evlach nel governatorato
di Elizavetpol' (nell'attuale Azerbaigian) il9 gennaio 1882. Dopo ayer
trascorso la sua infanzia a Tiflis in Georgia si trasferisce a Mosca per
iscriversi alla facolta di Matematica. In que! periodo vi insegnava N. V.
Bugaev, esponente di spicco della scuola filosofico-matematica della
capitale. Florenskij viene profondamente influenzato da questo perso-
naggio e sulla scia della sue teorie sul numero e suBa discontinuiti scrive
la sua tesi sulle curve piane come luoghi di violazione del principio di
continuiti. Edegli anni universitari la profonda attrazione per il movi-
mento simbolista le cui idee avranno grande importanza in tutta la sua
riflessione matura. L'amicizia con A. Belyj, personaggio di spicco de!
movimento, lo avvicina al mondo della poesia e a una concezione misti-
ca della parola.
Malgrado gli sia offerta la possibiliti di continuare le sue ricerche in
Universiti dopo la tesi Florenskij sceglie di iscriversi all'Accademia Teo-
logica e di trasferirsi presso il Monastero della Triniti e di San Sergio a
Sergej Posad, dove soggiornera fino all'arresto. In una lettera a sua madre
spiega la sua sce!ta con l'intenzione di creare una sintesi tra tradizione cri-
stiana e cultura secolare, cercando di far dialogare l'insegnamento della
Chiesa ortodossa con la nuova visione scientifico-ftlosofica de! mondo.
8 / Pavel A. Florenskij
Frutto matura di questi anni di ricerca e l'opera piu famosa di Flo-
renskij, La colonna eilfondamento della veritd (1917) presentata come tesi di
dottorato alla fine degli studi teologici. L'opera suscita forte stupore per
lo sti1e originale e per la capacita di dominare in un solo filo conduttore
molteplici fonti ispiratrici. Non mancano per le critiche da parte di chi,
come N. Berdjaev, riscontra in questa originaliti una pericolosa deriva
estetizzante, attenta, a suo dire, piu alla magia che al cristianesimo.
In ogni caso La colonna impone Florenskij all'attenzione del mon-
do culturale moscovita e sanpietraburghese e gli permette di iniziare
l'insegnamento della filosofia in Accademia. Comincia cosi un periodo
di intenso lavora su Platone e Kant che lo portera a pubblicare una serie
di contributi tra cui JI significato dell'idealmo (1917) e a far parte di alcuni
dei salotti piu importanti della cosiddetta Rinascita filosofico-religiosa
russa. Questo momento di attiviti viene per interratto bruscamente
dalla Rivoluzione di Ottobre e dagli eventi che la seguono, tra cui il piu
drammatico e la chiusura dell'Accademia stessa. Rimasto senza uno
spazio per continuare il suo lavora teolot,tco Florenskij ritorna ai suoi
studi scientifici e si interessa ai dibattiti sorti a praposito delle avanguar-
die artistiche. Si fa cosi animatore di un gruppo di artisti che si raccolgo-
no intorno alla rivista Makovec e, su invito del grafico Favorskij, tiene
il corso di Teoria dello spa\Jo, all'interno della Facolti poligrafica del
Vchutemas di Mosca (a queste lezioni si riferisce il testo recentemente
pubblicato Lo spa\Jo eil tempo nell'arte
1
). Risalgono a questo periodo le ri-
cerche piu profonde nell'ambito tecnico-scientifico e la collaborazione
all'importante Enciclopedia tecnica diretta da L .K. Martens.
1 sospetti da parte del regime non tardano per a farsi sentire. I1
suo volume Gli immaginari nella geometria (1922) viene colpito dalla cen-
sura per ayer riabilitato, con l'aiuto della teoria della relativiti, la conce-
zione dello spazio contenuto nella Divina Commedia di Dante e, termina-
ta la relativa liberti culturale del periodo della Nep, viene arrestato una
prima volta nel 1928 e definitivamente condannato al gulag nel 1933 in
base all'articolo 58, commi 10 e 11 per propaganda antisovietica e par-
tecipazione a organizzazione contrarivoluzionaria2.
Cornincia cosi il periodo piu triste della vicenda di Florenskij. A te-
stimonianza di questi anni si possono leggere le lettere dal carcere, recen-
temente pubblicate in italiano a cura dei due piu importanti studiosi di
Florenskij, Natalino Valentini e Lubomir Zak, che sono uno spaccato im-
pressionante della condizione a cu e ridotto il suo lavora
3
. Un SUD com-
pagno di prit,tone, A. Favorskij in una lettera a uno dei nipoti di padre Pa-
vel, cosi descrive la sua figura: <<11 vostro nonno Pavel e stato molto amato
Introduzione / 9
nelle isole Solovki: era un fJlosofo geniale, urnile e coraggioso. La rnia e
l'impressione di tutti i prigionieri che condividevano il SUD destino in me-
rito a Florenskij era di un'alta spiritualiti, benevolenza nei confronti degli
uornini, ricchezza dell'anima, tutto ci che rende grande un uomo4.
Al regime comunista per non e sufficiente urniliare la sua figura
relegandolo alle isole Solovki: dopo un ulteriore ciclo di interragatori
padre Pavel viene fucilato nella notte dell'8 dicembre e si mette cosi per
sempre fine alla vita di un uomo di appena 55 anni la cui unica colpa era
stata la fedelti alla chiesa ortodossa.
Fino alla fine del 1989 la data ufficiale della morte di Florenskij era
considerata il15 dicembre 1943. Ancora ne11939 una richiesta avanzata
dalla moglie Anna per la sospensione della pena era stata rifiutata con la
motivazione che Florenskij non aveva deposto il SUD ufficio presbiteria-
le. Fatto sta che soltanto dopo la perestraika di Gorbac'ev, su richiesta
della famiglia, l'Ufficio di stato civile emette un nuovo certificato di
morte che suona: I1 cittadino Pavel A. Florenskij mori 1'8 dicembre
1937 all'eta di 55 anni. Causa della morte: fucilazione. Luogo della mor-
te: regione di Leningrado5.
2. L'estremajede/td alla Russia
Ma cos'e che fa dell'opera di questo pensatore encic1opedico uno
dei pilastri della cultura russa contemporanea? Malgrado il desiderio
quasi ossessivo di insistere sull'unitarieti della propria ispirazione, il pri-
mo elemento che ha creato interesse intorno alla figura di Florenskij e
stato senza dubbio la sua capacita di intervenire nelle discipline piu di-
sparate senza cadere mai in dilettantismi. 1 suoi studi sulle geometrie
non euc1idee o illungo lavora di ricerca sull'estrazione dello iodio dalle
alghe sono altrettanto innovativi quanto la sua teoria dell'icona o le sue
ipotesi per la fondazione di una nuova matematica della discontinuiti.
In ogni campo che ha toccato egli e stato in grado di acquisire una com-
petenza straordinaria e apportare un contributo innovativo. E aquesto
ha accostato un continuo impegno pubblico come animatore di gruppi
culturali e come membra di diverse commissioni tra cui la Commissio-
ne per la conservazione dei beni artistici della Laura di San Sergio e il
Consiglio Superiore dell'Economia Naziona1e.
Tra le cause che portarano al suo arresto e alla condanna al gulag da
parte del potere staliniano si deve certamente annoverare la competenza
dimos trata nei piu disparati settori tecnici accostata per alla sua testarda
10 / Pave! A. Florenskij
fede!ti alla cruesa ortodossa. Ordinato sacerdote ne!1913, egli continuera
anche durante il periodo sovietico a vestire l'abito talare, manifestando
apertamente la sua fede. Contrariamente a quanto faranno altri intellet-
tuali, quali N. Berdjaev e S. Bulgakov, Florenskij non accettera mai di la-
sciare la Russia, convinto di dover servire la sua patria fino alla fine anche
a costo di pagare can la vita. E anche durante i quattra anni di interna-
mento nei gulag (prima a Skovoradino, poi nelle isole Solovki) cantinue-
d a lavorare alle sue ricerche e proseguid la sua testimonianza cristiana.
La fede!ti alla Russia e alla sua tradizione culturale e spirituale e
d'altro canto uno degli aspetti centrali di tutta la ricerca di Florenskij fin
dai primi passi compiuti durante gli studi matematici all'Universita di
Mosca. La stessa sce!ta di non praseguire la sua carriera come matema-
tica, ma di iscriversi all'Accademia Teologica edettata dall'esigenza di
riconciliare la nuova cultura scientifico-ftlosofica con i contenuti della
religione cristiana ortodossa che caratterizzano la trama piu profonda
della sensibilita russa. Si comprende casi il fatto che l'ingresso di Flo-
renskij ne! dibattito fJ1osofico sia sotto il segno della critica alla fJ1osofia
moderna, e in specifico al positivismo e al neokantismo, presenti nei
circoli filosofici de! primo novecento russo, particalarmente in quelli le-
gati alla cosiddetta inteffigencija russa.
A suo giudizio due sano i modelli che hanno alimentato la storia
della cultura: da una parte la antica che si radica nell'An-
tico Testamento ebraico e nell'antico testamento pagano (l'ellenismo),
dall'altra la cultura nuova, frutto del Rinascimento e che ha il praprio
culmine ne!la filosofia kantiana. La prima euna cultura interiore, reali-
sta, contemplativo-creativa, la seconda e invece esteriore, rapa-
ce-meccanica e nemica della vita
6

Flarenskij ritiene di callocarsi nel primo di questi modelli culturali.
11 soggettivismo moderno e, secando lui, uno psicologismo che non e
responsabile verso le cose, centri e grumi di essere, non pure apparenze
fenomeniche. La sua caratteristica el'illusione, la pre-determinazione
categoriale che invece di riconoscere la realti si preoccupa di legittimar-
la solo nella misura in cui la scienza ne autarizza l'esistenza. A esso va
contrapposto l'ontologismo realista, definito metafisica concreta, che
si basa su un'accettazione rispettosa della realri e che vede la conoscen-
za come una uscita dalla filosofia de! soggetto.
Florenskij arriva aquesta metafisica concreta partendo da tre dif-
ferenti ispirazioni, che a vario titolo hanno cantribuito alla sua formazio-
ne di pensatore: il medioevo russo, la tradizione slavoftla e la scuola arit-
metologica di Cantor. La cultura russa medioevale eI'erede diretta della
Introduzione /11
cultura antica e ha la sua connotazione piu propria nell'ontologismo esi-
casta; Florenskij afferma esplicitamente di collocare la propria visione de!
mondo all'interno di uno stile che carrisponde per forma aquello dei se-
coli XIV e XV del medioevo russo e che ha in san Sergio di Radonez il
momento di piu cruara espressione. Quest'epoca ecentrale perch in essa
si costruiscano le matrici teoriche fondamentali dell'ontologismo russo
ed essa eanche l'erede legittima della tradizione bizantina e, attraverso
questa, di tutta la tradizione culturale dell'anticruri. Secando Florenskij
solo la terra della Rus' eautorizzata aquesta erediri: il Rinascimento ita-
liano eun accaparramento illegittimo dell'antico.
L'eredita di cu deve andare fiera la Russia si pu raccogliere in due
principi: l'assolutezza de! divino (messa in gioca dalle controversie tri-
nitarie e dal concetto di ousia in Palamas) e l'assoluto valore spirituale
de! mondo (teandria e dottrina delle energie di Palamas). 11 suo ontolo-
gismo contrappone al principio dell'illusione rinascimentale la canvin-
zione che tutta la vita esegnata dalla presenza de! divino, marcando allo
stesso tempo che questa presenza eanche assenza in quanto l'ousia di
Dio ci resta comunque nascosta. La matrice dell'ontologismo palamita
equindi antinomica, perch antinomico eil cristianesimo e antinomica
pu essere soltanto la sua dogmatica.
Il rifiuto de! razionalismo occidentale a favare de! realismo onto-
logico e uno dei temi fondamentali della corrent dello slavoftlismo,
corrente ben presente negli ambienti culturali della Russia di inizio se-
colo (bisogna ricordare che Florenskij era malta legato a V. Ern, pensa-
tare dai tratti fortemente slavofili). 11 nostra eredita dalla slavofilismo la
convinzione che solo un pensiera integrale fondato sulla saggezza pos-
sa vincere l'antiontologismo gnoseologico occidentale.
L'erediri piu diretta dallo slavofilismo ela dottrina della verita vi-
vente che Florenskij sostiene in molte opere giovanili e sistematizza
nella Cofonna. Essa sottolinea I'inscindibile nesso tra veriri e vita, non
nel senso di un cieco vitalismo, ma come responsabiliri nei confronti
dell'esistenza nella sua globaliti spirituale. Questa sensibiliri si trasmet-
te nella parala russa istina ed ela stessa che ha fatto da contesto alla spiri-
tualiri russa dello stareestt'o.
3. Magia eforza ontologica del nome
Lo stesso desiderio di fedelri alla tradizione propriamente sla-
vo-ortodossa costituisce il cantusflrmus dei saggi sulla filosofia del nome
12 / Pavel A. Florenskij
che qui proponiamo in traduzione parziale. Essi appartengono a una se-
rie di scritti dedicati al linguaggio che Florenskij aveva progettato di rac-
cogliere in un volume sotto il titolo Mysl' ija'{Yk [pensiero e linguaggioJ,
volume che e stato pubblicato soltanto dopo la perestroika nel 1990. 1
manoscritti sono tutti datati tra gli anni 1920-1922, anche se del proble-
ma dellinguaggio padre Pavel si era interessato fin dagli anni Dieci. A
suscitare la sua attenzione, infatti, erano state due esperienze di quegli
anni: in primo luogo la vasta polemica sulla venerazione del nome [ime-
slavie] sorta all'interno della Chiesa ortodossa a partire dal 1912 e con-
cIusasi con la condanna dei monaci del Monte Athos che sostenevano
di sperimentare I'essenza di Dio pronunciandone il nome; in secondo
luogo lo stretto sodalizio con A. Belyj e gli altri simbolisti che avevano
fatto del linguaggio lo strumento principale del rapporto tra finito e
Infinito.
Ora, non e possibile comprendere gli scritti contenuti in N!y
sl
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ja'{Yk se non si fa riferimento a questi due movimenti culturali, anche se
negli anni Venti si era gia spenta la polemica sull'imeslavie e consumata la
forza creativa del simbolismo. Del dibattito sulla glorificazione del no-
me a Florenskij non interessa soltanto il relativo significato teologico
(che troviamo analizzato nel saggio Sul nome di Dio), ma piu in generale
lo considera come occasione a cui riferire la centralita del rapporto tra
linguaggio e realta. La venerazione del nome e un esempio esplicito del-
la necessita di concepire un legame sostanziale e non soltanto conven-
zionale tra il nome e ci che viene nominato. Negare I'imeslavie significa
quindi negare il valore ontologico del linguaggio, ridurre la parola a gu_
scio vuoto e convenzionale.
Anche qui ci troviamo di fronte a due prospettive antitetiche che
hanno attraversato la storia della cultura occidentale. Da una parte colo-
ro che hanno sostenuto un realismo linguistico e dall'altra coloro che
sono invece caduti in un esplicito nominalismo. Per Florenskij e impor-
tante tracciare una chiara linea di demarcazione tra le due posizioni per-
ch spesso le si confonde e la confusione non aiuta a combattere l'er-
rore. Eppure I'abisso che separa le due tesi e profondo. Lo si coglie ana-
lizzando lo svuotamento che ha subito la parola nella societa attuale.
Che cos'e la paroIa agli occhi dei piu? Un senso enucIeato piu o meno
felicemente; un concetto, plasmato in modo piu o meno preciso, tra-
smesso a un altro mediante una traccia sonora e un segnale collegato
esternamente al concetto7. Su queste basi si infiltra un'abitudine, prima
linguistica e poi globalmente culturale, a sottovalutare la parola. Sono
solo parole, si sente dire, come a significare che le parole non hanno
Introduzione / 13
nessun valore intrinseco, sono un nihilaudibile come dicevano i nomina-
listi medioevali, un puroflatus vocis. Ma se si fa un passo indietro e ci si
stacca anche per un solo momento dalla superficialita abituale con cui si
guarda alla paroIa ci si rende conto che essa e qualcosa di piu della sem-
plice articolazione di un suono. Ci che si chiama buon senso e che in
realta e la comune coscienza umana deve invitare ciascuno a prendere
in considerazione i principi fondamentali della venerazione del nome8.
Riportare la parola alla sua forza originaria significa allora cogliere
la potenza creativa in essa contenuta e la capacita che ogni nome ha di
condensare strati differenti di significato. Tale era la convinzione che
animava i simbolisti e Florenskij stesso e convinto che il rinnegamento
del nome e il rinnegamento della possibilita del simbolo, perch signi-
fica negare che diversi strati dell'essere possano entrare in relazione tra
loro, che individuale e universale possano coappartenere alla parola
senza separarsi e senza confondersi.
Anzi per sottolineare ulteriormente la capacita di mediazione sim-
bolica della parola egli parla di potenza magica del nome. Esso eredita
e traduce filosoficamente la visione del mondo magica, cioe non media-
ta dalle astratte categorie scientifiche. All'interno di questo rapporto
magico con il mondo, il nome e centrale in quanto spetta alla paroIa la
funzione fondante di identificazione della realta. Nella misura in cui il
nome rappresenta il nodo di tutti gli incantesimi e di tutte le forze magi-
co-teurgiche e comprensibile che la filosofia del nome sia la filosofia piu
diffusa e risponda alle aspirazioni piu profonde dell'uomo. Anche una
ftlosofia fine ed elaborata pone il nome come' il suo concetto base, co-
me principio metafisico dell'essere e della conoscenza9.
Ne e un esempio I'uso che si fa del nome nell'incantesimo o nel-
l'esorcismo. Non esiste popolo primitivo che non abbia visto nella pa-
rola e neI nome una reale possibilita di intervenire nel mondo, anche se
in modo misterioso e occulto. Nelle parole dello sciamano il nome por-
ta con s la presenza reale di ci che viene pronunciato, fa essere ci che
viene nominato. Certo, l'uomo contemporaneo, alla scuola dell'il-
luminismo e del positivismo, non si lascia piu cosi facilmente suggestio-
nare, ma non si pu negare che resti in lui una nostalgia per un rapporto
diretto con il mondo, che non sia offuscato da una visione frammentata
della realta. E in questo senso che va interpretato I'uso non casuale del
termine magia. Magico e il rapporto che il linguaggio instaura con mon-
do, la sua capacita di farsi tramite della spinta centrifuga del soggetto
verso la realta e di condensare la sua volonta. Di questo si era gia accor-
to uno dei primi interpreti di Florenskij, A. F. Losev che aveva mostrato
14 / Pavel A. Florenslcij
come il termine magia non avesse un significato di basso profilo, ma fa-
cesse riferimento alla tradizione coIta della magia rinascimentale e alla
sua concezione olistica del mondo10. In questo senso piu propriamente
la forza magica della parola ein reaIta un modo estremo per esprimere
l'irriducibilita dell'energia della parola all'analisi razionalistica. La parola
ein fondo la forma per eccellenza dell'esperienza spirituale e mistica del
mondo: solo se la parola erealmente il ponte misterioso tra mondo e
soggetto si pu pensare a un rapporto reale con l'essere delle cose e piu
ancora, solo se si mantiene e si porta agli estremi la capacita di media-
zione simbolica del nome si pu cogliere che essa diventi mediazione
del divino, concreta presenza dell'energia di Dio nel mondo.
4. L'antinomia della pamla
Per cogliere a pieno il valore magico della parola eper necessario
porre attenzione alla struttura interna dellinguaggio e al processo che
porta l'uomo alla nominazione. In russo come in greco il termine slovo
[parola] non indica soItanto la parola come singola parte del discorso,
ma anche la frase, in quanto ogni singolo termine non eesistente in mo-
do autonomo, ma solo come nodo di quei processi che costituiscono il
discorso, per cui ela parlata viva che fa la parola e non la solitudine del
vocabolario.
Ora, in questo senso forte la parola estrutturata al suo interno da
due elementi in rapporto antinomico: per un verso la lingua eun pro-
dotto finito, ergon e per l'aItro einvece una inarrestabile attiviti energeia:
Ecco l'essenza dell'antinomia secando Humboldt: nella lingua tutto
vive, tutto scorre, tutto si muove; ed effettivamente nella lingua soItan-
to c'e l'origine istantanea, l'atto istantaneo dell'animo, l'atto singolo nel-
la sua peculiariti e per di piu proprio nella sua realizzazione concreta.
Per questo l'uomo ecreatore della lingua, divinamente libero nella sua
creazione linguistica, completamente definito dalla sua vita spirituale,
dal di dentro. Tale ela tesi, la costellazione di tesi dell'antinomia hum-
boldtiana. Al contrario l'antitesi, o la costellazione di antitesi, parla del
carattere monumentale della lingua. Le parole e le regale della loro
combinazione sano fornite al singolo individuo dalla storia come qual-
cosa di pronto e di assoluto. Noi possiamo far uso della lingua, ma non
siamo affatto i suoi creatoril1.
Secando Florenskij il merito di Humboldt e di ayer coIto
l'intrinseco legame tra linguaggio evita, per cui la lingua non pu essere
Introduzione / 15
ridotta a una statica oggettivazione dello spirito umano, ma deve conce-
pirsi come un equilibrio mobile12 tra energeia ed ergon, tra creativita e
monumentalita. Per il filosofo tedesco la lingua, a cui Florenskij si riferi-
sce come modello, euna fresca e palpitante creazione dello spirito;
l'uomo eun libero creatore della lingua, ma essa nello stesso tempo e
anche patrimonio di un popolo, tanto che, isolando uno dei poli della
tensione, si decreterebbe la morte dellinguaggio. Se ci si limita al fattore
creativo, individuale, originale della lingua si cade nell'incomunicabilita:
eil caso, secando Florenskij, della poesia futurista dove la parola si svuo-
ta di senso e diventa pura inarticolazione, perdendosi in suoni naturali
come rumori, battiti, sibili, bisbigli e grida. Se si assolutizza il momento
oggettivo si rischia di considerare la lingua come un oggetto marta e ci
si adopera alla sua fredda analisi negli stantii laboratori dei positivisti.
Occorre allora affermare che la parola ecome un ponte che mette
in comunicazione l'energia interiore (energeia) con il deposito di signifi-
cati contenuto nel termine che viene usato (ergon). E in modo ancora piu
radicale distrugge la barriera che la filosofia moderna ha eretto tra sog-
getto e oggetto. Se si riconosce a fondo questa capaciti mediativa della
parola si deve riconoscere che l'uomo non eil soggetto dellinguaggio.
Nella parola eil cosmo stesso a parlare, o piu correttamente el'umaniti
stessa a esprimersi: il singolo parlante esoltanto uno strumento di que-
sto linguaggio universale che cerca sfogo nell'tto della denominazione.
Si giunge casi a quella che ela tesi centrale di tutta la filosofia del
nome comune a Florenskij e ad aItri filosofi russi di inizio secolo come
S. N. Bulgakov e A. Losev. L'uomo nonpossiede la parola come un suo
tesoro, ma la trova come un dono. Il suo compito ecoltivarla, portarla a
maturazione, incrementando attraverso la propria energia il deposito da
sempre esistente nei termini. AlIara si riconosce quanto afferma Bulga-
kov: Si eacceso il senso e la parola enata, ecco tutto... Le parole nasco-
no, non egiusto dire che vengono utilizzate, nascono prima di questa o
quella utilizzazione, etutta qui la faccenda13.
1 P. A. Florenslcij, Lo spazio ei/ tempo nell'arte, trad. it., Adelphi, Milano 1995.
2 Le diverse fasi dell'istruttoria di Florenskij sono reperibili in traduzione italiana
nell'opera di V. Sentalinslcij, 1manoscritti non bmciano. G/i archilJi /ettfran del KGB, Garzanti,
Milano 1994, pp. 171-206.
J P. A. Florenslcij, Non dimm/icatemi (a cura di N. Valentini e L. Zak), Mondadori, Mi-
lano 2000.
4 Citato in P. Florenskij, Eine Chronik seines Lebens, Ostfildern 1995, pp. 38-39.
5 Per ulteriori elementi biografici si veda G. Lingua, O/tre I'illusione de/I'Occidente. P. A.
l'Iorenskij eifondamenti dellaji/osofia mssa, Zamorani, Torino 1999, pp. 35-54
16 / Pave!A. Florenskij
6 P. A Florenskij,Abratnaja Perspektiva, Moskva 1919 (trad. it. L1prospettiva rovesciata,
Roma 1990,p.90.
7 P. A. Florenskij,valore magico della parola, nfra.
BP.A. Florenskij,L1venera:jone del nome come presupposto jilosofico, infra.
9P. A. Florenskij,Obscce1oveceskie komi idealizma, inBogoslovskijvestnilo>, 4(1909),
p.49.
10 P. A. Florenskij,Antinomijajovka, in U vodorazde1ov mysli, Moskva1990,p. 155.
11 Cfr.Ju. Rostvcev,P.V. Florenskij (acura),Pave1 Fforenskijpo vospominanijam A. Lo
seva, in"Kontekst",(1990),pp.6-24.
12 P. A. Florenskij,Termin, in U vodorazde1ov mysli, p. 201.
13 S. N.Bulgakov,Filosofija imeni, y mcaPress,Paris 1953,p. 15.
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18 / Pavel A. Florenski
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menti dellafilosofta russa, Zamorani, Torino 1999.
La venerazione del nome
come presupposto fl1osofico
(1-10)*
La venerazione del nome / 21
1
La parola eenergia umana: sia quella del genere umano, sia
quella della singola persona, el'energia dell'umanid che si rivela
attraverso la persona. Ma, in senso proprio, non possiamo con-
siderare questa energia come oggetto della parola, o come suo con-
tenuto: nella sua attivita conoscitiva la parola guida lo spirito al di
Id dei confini della soggettivid e lo mette in contatto con il mon-
do che si trova oltre i nostri stati psichici. Grazie alia sua natura
psico-fisiologica la parola nel mondo non svanisce come fumo,
ma piuttosto ci mette faccia a faccia con la reald e pu pertanto,
toccando il suo oggetto, essere riferita allo stesso modo sia alia
rivelazione dell'oggetto in noi, sia alla nostra rive1azione in lui e
di fronte a lui. Siamo cosi giunti a una convinzione che non ese-
parabile dal pensare onni-umano [obsceceloveceskqj mysl]: l'idea
che vi sia un nesso tra l'essenza e la sua energia. Questa dottrina
eassodata per ogni pensiero vivo; in ogni tempo e presso tutti i
popoli estata alla base della concezione del mondo. Elaborata
filosoficamente dall'antico idealismo e poi dal neoplatonismo, e
stata quindi tramandata al realismo medio'evale e nel XIV secolo
approfondita dalla Cruesa Orientale, precisamente in relazione
alle dispute sulla luce taborical. In seguito ha nutri to W. Goethe;
era presente, seppure in modo non del tutto chiaro, in E. Mach,
e infine e ricomparsa ai nostri giorni nelle dispute del monte
Athos intorno al nome di Dio, come vibrante protesta contro
l'illusionismo e il soggettivismo teologico. La genealogia storica
delle idee che innervano la dottrina dell'essenza e delle energie
potrebbe essere ampiamente sviluppata seguendone le radici
che giungono nel passato profondo, stabilendo quali sono gli
anelli intermedi e seguendone le ampie ramificazioni; e aliora
difficile dire quali sistemi di pensiero non sarebbero da trattare
sotto un tale punto di vista. Ogni evento del pensiero osi ebasa-
to su un presupposto onni-umano 00 chiameremo, dopo l'ul-
tima grande disputa, venerazione del nome [imeslavie]) olo ha
contrastato, rifiutandone il principio fondamentale. Per il mo-
mento non enecessario addentrarsi nella genealogia della vene-
razione del nome, tanto piu che su alcuni dei suoi momenti ci
22 / Pave! A. F!orenskij
soffermeremo piu avanti. Un'osservazione eper necessaria: il
significato della tendenza alla venerazione del nome per il pen-
siero non elimitato all'una o all'altra specifica questione della fi-
losofia o della teologia, ma abbraccia la generalevisione del mon-
do, addirittura tutte le visioni del mondo. Nel suo rapporto con
il mondo ognuno deve decidersi in via di principio per o contro la
venerazione del nome. La particolare definizione di tale presup-
posta viene scelta dall'autore in relazione ai suoi interessi bio-
grafici, in parte a causa della dura controversia apertasi sul ver-
sante teologico e non su altri versanti, cosa che fra l'aItro edel
tutto naturale. Non occorre tuttavia essere teologi, n filosofi
per riconoscere il significato generale della dottrina da discutere.
Ci che si chiama buon senso, e che in realti ela coscienza on-
ni-umana [vseeeloveeeskoe soznanie], deve invitare ciascuno a pren-
dere in considerazione i principi fondamentali della venerazione
del nome. E veramente: ecco, io vivo nel mondo, nel vasto mon-
do e con il mondo, con le persone, con gli animali, con le piante,
con gli elementi e con le stelle. Come non potrei pormi la do-
manda se davvero la realti ecasi, o invece eun'illusione, un so-
gno necessario, ben fondato, secando quanto dice Leibniz,
oggettivo, secando quanto dice Kant. La coscienza onni-uma-
na mi conferma che appare (kaiet!Ja) ci che enella reald; la mag-
gior parte dei rappresentanti della filosofia e della scienza cerca-
no con ogni sforzo di smascherare questo appare come con-
cetto vuoto e ingannevole: sembra ci che non e. Per me non e
assolutamente indifferente il fatto di pensare e sentire con il ge-
nere umano oppure con chi eincline alla negazione, vale a dire
all' eresia dall' onni-umano, al pensiero di cerchie isolate, di circoli
e di singoli. Per me non eaffatto indifferente se respiro a pieni
polmoni nel basca o in campagna oppure se cerco, in una stanza
piena di polvere, di prendere disperatamente una boccata d'aria.
Attraverso il profondo ancoraggio della mia coscienza, la mia vi-
ta viene determinata in modo del tutto diverso proprio in ci
che per me rappresenta la cosa piu importante.
Quel che noi definiamo venerazione del nome salda forte-
mente il nostro destino, e la responsabiliti spirituale per la vita,
con la coscienza cosmica dell'umanid. La venerazione del nome
La veneraziane de! name / 23
profess
a
una verid originariamente insita nell'umaniti e da essa
inseparabile, perch soltanto la verid conferisce all'uomo digni-
ta. Coito o ignorante, istruito o selvaggio, moderno o antico,
l'uo
mo
e stato sempre e dovunque uomo, cioe al centro della sua
essenza spirituale ha sempre avuto il sentimento vivo della veri-
ti, e in questo senso tutti sano stati sempre uguali in quanto uo-
mini. Il compito della venerazione dell'uomo, in quanto atto in-
tellettuale creativo, edi dichiarare il sentire ancestrale dell'uma-
niti in modo strutturato, senza il quale l'uomo non e uomo, ed
esporre casi le condizioni ontologiche, gnoseologiche e psi-
co-fisiologiche che sano all'origine del sentire universalmente
umano e del sentire personale.
La veneraiJone del nome voleva e vuole scmpre procedere in
maniera analitica e fissare ci che emerge dall'analisi. Fin da
principio mette in canto la possibilid di un'antinomia, e ricono-
sce che non potra mai spiegare e unire tutto in modo unitario.
N riconosce il proprio compito fondamentale nella spiegazio-
ne e nell'unione, quanto piuttosto nel fissare posizioni della co-
scienza, rinunciare alle quali significherebbe distruggere la co-
scienza cosmica dell'umanid e cadere nell' eresia. Il modo di pen-
sare opposto (chiamiamolo sempre partendo dalla disputa di
Athos, la lotta al nome [imeboicestvom]) non riconosce da subito il
nesso originario di verid e genere umano, non vede fin
dall'inizio la dignid nell'uomo, per cui non le resta altro che nu-
trire la convinzone che, se anche l'umanid in generale non pos-
siede la verid, questa pu venir costruita o inventata da singoli
gruppi o da singoli ricercatori. Poich per e impossibile realiz-
zare un edificio senza avere un terreno sotto di s, in quanto si
sospetta del terreno onni-umano, o addirittura lo si rifiuta, il ri-
cercatore che combatte il nome [imeborceskomy issledovatelJu] deve
attenersi necessariamente alla coscienza del gruppo o alla pro-
pria. Questo atteggiamento, che sostitusce ci che eonni-uma-
no con ci che e dell'uomo singolo, ovvero casuale, el'essenza
dell' eresia. Eppure la coscienza eretica della lotta al nome - ere-
tica anche se l'ha fatta propria il catechismo - deve scoprre i
propri presupposti, e casi i motivi interni della sessione
dell'umanid inevtabilmente resteranno presi nelle reti dei ricer-
24 / Pave! A. Fiorenskij
catori. Ma visto che proprio questi motivi rappresentano il parti-
colare, ci che e positivamente particolare, ci che distingue il
gruppo nominato dall'umanid, e visto che di conseguenza pro-
prio in essi sano da ricercare le forze spirituali che ispirano tale
gruppo, aliara proprio questi motivi diventano i centri di coagu-
lo dell'intero sistema. Tutto dev'essere spiegato a partire da essi,
tutto dev'esser chiuso in un insieme unitario intorno a essi, e ci
che non pu essere spiegato o unito viene rifiutato soltanto in
base alla sua inconciliabilid con i presupposti di eresia, viene
esclusa dal sistema e bandito per sempre dalla coscienza.
In questo modo l'autodefinizione fondamentale di cui qui si
parla, fa anche opera di pulizia della coscienza. O la coscienza on-
ni-umana viene purificata da quella del gruppo, del circolo e del
singolo, o, viceversa, lo e dagli elementi che in esso residuano di
ci che e onni-umano.
2
11 sentimento fondamentale dell'umaniti - io vivo nel
mondo e con il mondo - sottintende l'esistere, il vera esistere
nella forma della realta: sia la mia, quella dell'umanita, sia quella
che e al di fuori di me, che esiste senza l'umanita o, piu precisa-
mente, indipendentemente dalla sua coscienza. In questa dupli-
cid dell'essere c'e tuttavia contemporaneamente, per la coscien-
za dell'umaniti, anche l'unione, o il superamento di tale duplici-
ta come qualcosa di altrettanto vero. Chi conosce e ci che
dev'essere conosciuto sano autenticamente uniti, in questa rela-
zione, ma sano altrettanto autenticamente autonomi. Nell'atto
della conoscenza il soggetto non pu essere separata dal suo og-
getto: la conoscenza e contemporaneamente l'una e l'altra cosa
insieme; piu precisamente, e conoscenza dell'oggetto attraverso
il soggetto, una unid [edinstvo] in cui si pu distinguere l'uno
dall'altro soltanto nell'astrazione, mentre attraverso tale unid.
l'oggetto non viene distrutto nel soggetto, n il soggetto si dis-
salve nell'oggetto della conoscenza che esiste al di fuori di esso.
Unendosi, essi non si fagocitano a vicenda, sebbene, pur mante-
La venerazione de! nome / 25
nendo la loro autonomia, non rimangano neppure separati. La
formula teologica non mescolati e non separati, adottata nel
concilio di Calcedonia, epienamente applicabile alla correlazio-
ne gnoseologica di soggetto e oggetto, casi come e stata ed e tut-
tora intesa dall'umanid. Si pu dire: ogni uomo, a meno che non
gli vengano inculcati dalla filosofia accademica pensieri opposti,
interpreta l'oggetto della conoscenza proprio in questo modo. Per
ogni persona semplice, per ogni membro del genere umano e in-
fatti una cosa scontata, forse la cosa piu scontata di tutte, il fatto
che l'oggetto della conoscenza non e il concetto o l'idea che ne
ha, proprio come egli stesso in quanto uomo non e una combi-
nazione qualsiasi di realia del mondo estema, ma che la cono-
scenza ela sua conoscenza, ed effettivamente si rivela a lui attra-
verso di essa, e in essa il mondo esteriore e in generale la realta,
senza che questa possa esaurirsi nell'atto conoscitivo.
Se l'umanita non rinuncia aquesta convinzione, e non pu
rinunciarvi senza perdere il suo equilibrio spirituale e con ci
tutti gli impulsi verso un'attivita culturale, alIara alla coscienza
generalmente umana si lega anche il riconoscimento di una certa
ambivalenza nel soggetto e nell' oggetto. L'essere- ha un lato inte-
riore con cui e rivolto verso se stesso, nel suo non essere legato
con tutto ci che non e, e ha un lato esteriore che e rivolto verso
un altro essere. Sano due lati che non sano solo accostati, ma so-
no originariamente una cosa sola, sano lo stesso identico essere,
seppure con due direzioni differenti. L'uno dei lati serve all'au-
toconferma dell'essere, l'altro alla sua rivelazione, al suo appari-
re, al suo emergere, o qualunque nome si voglia dare aquesta vi-
ta che lega un essere all'altro. Nell'antica terminologia questi due
lati dell'essere vengono chiamati sostanza o essenza (ousa) e attivitd
o energia (enrgeia). Accolta dal neoplatonismo, dagli scritti dei Pa-
dri della Chiesa, dalla teologia tardo-medioevale della Chiesa
orientale e in buona misura anche dalla scienza contemporanea
(penso soprattutto al termine energia nell'uso che ne fanno la fisi-
ca e la fl1osofia della natura), questa terminologia sembra corri-
spondere meglio alle esigenze del pensiero filosofico. Ma viene
usata spesso anche nellinguaggio quotidiano. Quando i pensa-
tori medioevali dicono che ogni essere possiede la propria ener-
26 / Pave! A. Florenskij
gia e che soltanto il non-essere non la possiede, allora questo as-
sioma ontologico epienamente valido anche per la comprensio-
ne comune, perch ci significa che tutto quel che veramente e
porta in s vita e la rivela, testimonia la propria esistenza con la
rivelazione della vita e la testimonia non solo agli altri, ma anche
a se stesso. Questa rivelazione della vita eanche l'energia dell'es-
senza.
Ma se ci evero, allora i singoli esseri, pur restando slegati
nella loro essenza e non riducibili n dissolvibili uno nell'altro,
possono tllttavia essere veramente uniti tra di loro attraverso le
loro energie. Allora tale unione pu essere pensata non come una
somma di attivita, come un contatto meccanico, bensi come un
compenetrarsi delle energie, !Jnrgeia : non piu l'una e l'altra ener-
gia separate, ma qua1cosa di nuovo. La corre1azione dei vari esseri
eallora pensata non meccanicamente, ma organicamente, o, an-
cor piu profondamente, ontologicamente, come un connubio di
conoscenza dal quale nasce un terzo, un figlio, e questo figlio, che
partecipa dell'essere materno e dell'essere paterno, esicuramente
piu della somma dell'energia ontologica dell'autorive1azione dei
due genitori: ela conoscenza, il frutto della comunanza dello spi-
rito che conosce e de1 mondo conosciuto. Unendo spirito e mon-
do in unid vera e non soltanto apparente, questo frutto tllttavia
non porta al fatto che uno o entrambi i genitori vengano annullati;
uniti e arricchiti l'uno dall'altro, continuano la loro esistenza co-
me centri dell'essere.
La r l ~ o n dei singoli esseri nella loro corre1azione e rive1a-
zione reciproca rappresenta cosi essa stessa una reald che, pur
non separandosi dai centri che attraverso di essa sono collegati,
non ea questi riconducibile. Essa esinergia e coazione dei singoli
esseri e necessariamente rivela attraverso se stessa sia l'uno, sia
l'altro essere. Non eidentica n all'uno, n all'altro, in quanto rap-
presenta rispetto a ciascuno di essi qualcosa di nuovo, ma essa e
ognuno di loro nella misura in cui attraverso di essa viene rive1ato
l'essere corrispondente. L'essere al di fuori di essa, che non ne ac-
coglie l'energia, rimane non rive1ato, non manifesto, e di conse-
guenza non riconosciuto. Una qualsivoglia energia dell'essere as-
similata pu essere soltanto l'energia dell'essere che l'ha realmen-
La veneraziane de! name / 27
te assimilata. Se il flusso di energia non incontra un ambiente si-
rnile a una corrente che gli viene incontro, ci significa che l'es-
sere ricevente non si pu riconoscere come tale, non mostra segni
di un'attivita ricevente: allora non esiste in re1azione all'essere da
ricevere, ecome inesistente, e il flusso di energia passa attraverso
tale essere, passa via senza toccarlo, senza accorgersene, senza es-
serne ricevuto o notato.
Allo stesso modo le onde elettromagnetiche evitano circui-
ti oscillanti a loro inadatti, e la correlazione elettromagnetica,
l'unione con un altro circuito oscillante, non viene stabilita. Per
stabilire l'unione bisogna che ci sia un circuito oscillante che agi-
sce come eco e che aspira l'energia che entra. Allora questa azio-
ne non sara soltanto la sua azione, in quanto le oscillazioni di ri-
sonanza non possono essere separate dalle azioni che la provo-
cano. La risonanza non el'azione dell'una o dell'altra serie, ma la
co-azione delle serie, e il risonante non fa vibrare soltanto la sua
energia, o l'energia dell'oscillante, ma quella di entrambi: esiner-
gia. La sua esistenza fa si che due serie, seppure separate nello
spazio, diventino una sola. L'oscillante si rivela all'essere del ri-
sonante per mezzo delle oscillazioni di risonanza e, osservando
queste ultime, possiamo a buon diritto considerare l'oscillante
come reale. E non solo a buon diritto, ma ne siamo costretti, po-
ich sotto il profilo dell'esistenza elettromagnetica l'essere
dell'oscillante non ci e, n pu esserci noto in altro modo che at-
traverso l'unione stabilita dalla risonanza tra i due. Perci abbia-
mo il diritto e siamo obbligati, nella misura in cu la nostra perce-
zione elimitata da onde elettromagnetiche di una determinata
lunghezza, a interpretare le oscillazioni di risonanza ne1 nostro
apparato percettivo come una sequenza vibrante, e non possia-
mo parlare di risonanza, in quanto questa esoltanto un mezzo,
ma della sequenza della serie, quale vera oggetto della conoscen-
za e1ettromagnetica. Concepita cosi, risonanza significa sinergia
che porta in s gli esseri che l'hanno prodotta. La risonanza epiu
di essi stessi: econtemporaneamente la causa che ha prodotto il
loro essere. E dato che riteniamo ci la cosa piu importante, e
piu giusto mettere al primo posto l'essere che si rivela attraverso
la sua energia, e al secondo l'energia che si rivela, ma che riceve il
28 / Pave! A. Florenskij
suo valore e la sua esistenza dal primo. E con questo siamo giun-
ti al concetto di simbolo.
4
Una realta che epiu di se stessa. Questa e la defInizione fonda-
mentale del simbolo. Esso eun 'entita che manifesta qualcosa che esso stesso
non che epiugrande echepero si rivela attraverso questo simbolo nella sua
essenza. Analizziamo questa defInizione formale: il simbolo euna re-
alta la cui energia cresciuta insieme o, meglio, confluita [sratvorennq;a] insie-
me con un altro essere piupreiJoso rispetto a lui, contiene in s quest'ultimo.
Portando per in s l'essere che nella relazione esaminata e piu
. prezioso, il simbolo, nonostante che possieda una propria deno-
minazione, a buon diritto pu essere defInito con la denomina-
zione di quell'essere di valore maggiore; anzi, dev'essere proprio
chiamato casi.
Per circoscrivere la questione e renderla nello stesso tempo
piu semplice, delle varie unioni [so/'aze] di essere analizzeremo sol-
tanto quelle gnoseologiche; le relazioni causali, e le altre che ven-
gano solitamente osservate dall'esterno, involontariamente assu-
mono nella nostra comprensione il carattere di concatenazioni
esteriori, di impulsi esterni del tipo di causaliti meccaniche. Natu-
ralmente questo genere di interpretazione non e fondato, ma e
comprensibile, considerata la concezione psicologica del mondo
oggi dominante. Eutile pertanto che ci occupiamo delle relazioni
che in questa sede ci interessano prioritariamente, dove forme
meccaniche sano notoriamente inammissibili, e quello dei rap-
porti tra i singoli esseri e un carattere interiore. Stiamo parlando
delle relazioni gnoseologiche. Di queste fa parte essenzialmente la
sfera spirituale, ovvero ci che non e meccanico.
Non ne deriva, peraltro, la falsa conclusione che le relazioni
gnoseologiche non sottostiano a categorie ontologiche. La natura
trascendentale delle forme della ragione non ci esime dalla que-
stione della valutazione ontologica della ragione: qualunque cosa
rappresentino i punti di vista, le categorie e gli altri elementi aprio-
ristici della ragione secando la loro funzione gnoseologica, e qua-
La venerazione de! nome / 29
lunque risposta venga data anche aquesta domanda in prospetti-
va gnoseologica, l'altra questione, ovvero quella della sua natura e
del suo essere in s al di fuori del suo rapporto con la conoscenza,
al di fuori della sua posizione nella struttura del sapere, non viene
per questo in alcun modo risolta, ma anzi e ti che viene verarnente
posta. Ci riguarda le forme della ragione. Ma vale anche in gene-
rale: gli atti conoscitivi che hanno signifIcato per la conoscenza
sano come tali, ontologicamente, non un nulla, ma una realta, e in
questo senso se ne pu parlare come di incarnazioni in un carpo
di parole. Della natura magica della conoscenza, della magia della
parola, abbiamo gii detto; ma qui non si tratta della conoscenza in
s, non e in questione la parola in senso ontologico e cosmico, ma
la conoscenza rispetto alla sua funzione di base.
L'unione causale e la rivelazione nell'essere di un altro essere
da esso diverso. Dal di fuori, per, non osserviamo la rivelazione
in s, ma una certa variaiJone dell'essere; perci giungiamo all'es-
sere che si rivela attraverso l'effetto causante non direttarnente;
attraverso il flusso della sua energia che si rivela si nello spazio,
ma non e qualcosa di separata dal suo centro, bensi indirettamen-
te, sulla scorta di conclusioni, cioe attraverso il tentativo di stabili-
re un'unione giipropria, gnoseologica, con la fonte. In questo caso
pu succedere che noi non entriamo in contatto con il centrO ve-
ro e proprio. Questo e il rapporto causale, dove io non percepisco
l'essere, ma un rapporto di due esseri.
Viceversa, nel caso di un'unione gnoseologica non c'e una
correlazione tra un essere esistente al di fuori di me con un altro
essere, ma io stesso percepisco direttamente con la mia energia
l'essere da riconoscere nella sua rivelazione per me e in me. Come
detto, manifestandosi nella sua essenza, si unisce all'energia della
mia percezione e pone casi la base per tutto l'ulteriore processo
conoscitivo. Di conseguenza l'ulteriore processo conoscitivo, se-
cando il suo contenuto gnoseologico, non e piu della sinergia pre-
sente in esso dall'inizio, non guadagna nulla di nuovo, ma tende a
conservare, per colui che conosce, la rivelazione sinergetica della
veriti, e fa si che nella coscienza continuamente si rinnovi da s
ci che si e rivelato una volta in modo inatteso, casi che le rinno-
vate rivelazioni della veriti perdano il meno possibile della piena
30 / Pavel A. Florenskij
validiti della rivelazione originaria. Da organo della costruzione
spontanea dell'unione tra colui che conosce e ci che econosciu-
to funge la parala, e in particolare il nome, ovvera il suo equivalen-
te, che viene usato come un nome: la metonimia.
s
In senso piu ampio, per parala si deve intendere ogni auto-
noma manifestazione della nostra essenza verso l'esterno, nella
misura in cui noi consideriamo come meta di una tale manifesta-
zione non le energie calcolabili esternamente come energie fisi-
che, occulte, e non solo, ma il senso che attraverso di esse entra nel
mondo trans-oggettivo. D'altrande, non e la prima volta che vie-
ne esteso in tal senso il concetto di parala: anche nella linguistica
si distinguono diversi tipi di linguaggio - quello dei gesti, dei se-
gni, delle note musicali ecc. -, in considerazione del fatto che
scopo di tutte queste attiviti e di manifestare un senso. In base a
questo fine comune, attiviti evidentemente malta differenti ven-
gano tuttavia unite sotto il nome comune di lingua.
Sarebbe per un errare vederne l'appartenenza soltanto nel
fine, tracciando dei fossati tra i differenti mezif attraverso i quali
tale fine viene raggiunto. L'organismo dotato di ragione, quale
insieme organico che racchiude una grande moltepliciti, reagi-
sce all'energia della realti da riconoscere nella sua interezza, e
non soltanto con una delle sue funzioni. Tale risonanza non si
cela in una qualche dimensione periferica, ma e precisamente
l'energia dell' ente che conosce; e di conseguenza anche l'ondata
di risposta pravocata dalla risonanza scuote l'organismo fin nel-
le sue radici, e solo ben piu addentra alla periferia 1'onda si sfran-
gia nelle singole attiviti. Per quanto attivamente indirizzata a
una determinata funzione dell'organismo, la sinergia conoscente
si estende tuttavia a tutte le funzioni, seppure in gradi differenti:
essa scorre prevalentemente in un unico flusso, e tuttavia colma,
anche se in misura diversa, l'intera sistema dei canali. La parala
viene pronunciata dall'intero organismo, anche se vengono ac-
centuati specificamente questo o quellato dell'autorivelazione
La venerazione del nome / 31
del soggetto della conoscenza; in ogni tipo di linguagg10 sano
contenuti in germe tutti gli altri. Casi parlando, gesticoliamo,
eioe usiamo illinguaggio dei movimenti corporei, tendiamo a di-
segnare ideogrammi: e illinguaggio dei segni, o delle note musi-
cali. Gia un'analisi superficiale, psicofisica, delle nostre reazioni
farebbe registrare l'esistenza di questo o di molti altri atti incan-
sci che accompagnano ogni azione cosciente. L'attiviti del dise-
gnare viene inconsciamente accompagnata da una concentra-
zione silenziosa, e talvolta, in caso di forte concentrazione,
espressa da segni e suoni ad alta voce. In altre parale, in fondo
esiste solo una lingua - la lingua dell'autorivelazione attiva attraverso
l'organismo nella sua totalitd - ed esiste un unico tipo di parale,
quelle che sano articolate dal co'1o intero. Ma casi come nel di-
scorso si pu piu o meno accentuare il momento musicale o mi-
mico o gestuale o quello che si esprime nei segni, casi anche nel-
la lingua, intendendo la parala nel senso piu ampio, possono es-
sere accentuate in maniera differente queste o quelle sfumature
che sano attribuite prevalentemente a un'azione, come anche i
suoni armonici che accompagnano tutte le altre azioni. Ma, insi-
stiamo, questa differenza di accentuazione non impedisce ai di-
versi tipi di lingua di essere una lingua, semplicemente lingua,
lingua dell'organismo interiore. Ogni parala viene pranunciata
da tutti i nostri organi, dall'intera carpo, sebbene risulti domi-
nante l'attivita deH'uno o dell'altra.
6
Ma fra tutte le attiviti ce n'e una che segue in modo piu pre-
ciso e col minar sforzo la nostra volanta cosciente, esiste un or-
gano che e piu adatto alla ripraduzione cosciente del senso desi-
derata; ma che, soprattutto, esempre disposto a servire tutte le al-
tre parti del carpo. Tale attiviti e illinguaggio -laparala artico-
lata, e tale organo e l'organo della voceo Per certi aspetti potreb-
bera avere illora pregio altre attiviti, altri organi: per esprimere
determinate sfumature si adatta meglio illinguaggio dei gesti, ed
e ben noto che
32 / Pave! A. Florenskij
non occorre sprecare parole
dove basta che parli la forza
2
e il canto talvolta ci fa sperimentare piu profondamente il
trasporto dell'anima di quanto non possa un monologo, per
quanto elegante. Vi sono infine casi in cui questa o quell'attivita
possono essere la via piu breve e, quindi, piu facile per scaricare
l'energia interna: per esempio, illinguaggio dei segni sembra es-
sere piu efficace nelle operazioni logiche, e praticamente insosti-
tuibile nella matematica. Ma nell'orchestra delle diverse funzio-
ni dell'organismo, tutti questi linguaggi hanno illoro ruolo spe-
cifico, e sono perci utilizzabili solo in modo limitato, mentre il
linguaggio della parola articolata e uno mezzo universale, il pia-
noforte a coda tra gli strumenti dello spirito, versatile come nes-
sun altro e piu adatto a corrispondere alle esigenze piu svariate.
Pu darsi che al momento non ci sia possibile chiarire le sin-
gole cause che stanno all'origine di ci. Ma evidentemente l'or-
gano della voce e collegato in una maniera particolarmente versa-
tile con i centri nella cui attivita coordinata si rivela il processo si-
nergetico del nostro rapporto spirituale con la reald. Eil caso di
considerare il parallelismo omotipico del sistema di respirazione
della voce e del sistema coronario e genitale, e precisamente
l'omotipia degli organi della voce e degli organi genitali. La loro
centralita nell'organismo e la loro relazione essenziale con tutte le
funzioni e ben nota, cosi che cambiamenti in quest'ambito porta-
no con s cambiamenti analoghi nel sistema vocale. Non scendia-
mo nei particolari anatomo-fisiologici, ma dobbiamo tuttavia
confermare che soltanto per mezzo della parola prodotta dall'or-
gano vocale si esplica il processo conoscitivo, e diviene oggettivo
ci che prima restava nel soggettivo e non si manifestava neppure
davanti a noi stessi come verid conosciuta. Al contrario, la parola
pronunciata traccia il bilancio del nostro desiderio interiore di ve-
rita e ci mette davanti agli occhi l'impulso di una cono-
scenza quale meta raggiunta e valore acquisito dalla coscienza. E
non importa tanto, in tal senso, se questa parola viene pronuncia-
ta in silenzio, mormorata o urlata, per quanto certamente il volu-
me della voce, il tuonare della verid annunciata nella sua oggetti-
La veneraziane del name / 33
vita, conferisce fermezza e affidabilita conoscitiva.
L'atto conoscitivo sinergetico pu svilupparsi molto lenta-
mente, tormentoso, come qualcosa di iniziato e non concluso.
Tale processo, tuttavia, non e ancora il contatto cosciente con la
realti da conoscere, non e la conoscenza acquisita, ma soltanto la
preparazione a essa. Due energie, quella della realta e quella del
conoscente, sono prossime l'una all'altra, e forse si mescolano,
roa tale mescolanza fluttuante non rappresenta ancora un'unita e
suscita, a seguito della lotta inconciliata dei suoi elementi nel no-
stro intero organismo, un forte desiderio di equilibrio. La tensio-
ne cresce, e sempre piu forte si percepisce il contrasto tra colui
che conosce e ci che dev'essere conosciuto. E come prima del
teroporale: la parola e illampo che straccia il cielo da est a ovest e
rivela il senso incarnato; nella parola vengono compensate e unite
le energie accumulate. La parola e un lampo, non e l'una o l'altra
energia, roa un nuovo fenomeno energetico, costituito da due
unita, una nuova realta nel mondo: un canale di collegamento tra
ci che finora era separato. La geometria insegna che per quanto
breve sia la distanza tra due punti nello spazio, pu sempre essere
stabilito un collegamento in cui la distanza equivale a zero. La li-
nea di tale collegamento e il cosiddetto isotopo. Stabilendo un
rapporto isotopico tra due punti, questi vengono direttamente in
contatto l'uno con l'altro. Il pronunciare la parola pu essere cosi
paragonato a un contatto del conoscente con ci che dev'essere
conosciuto nell'isotopo: seppure separati uno dall'altro nello spa-
zio, si rivelano uniti. La parola e un isotopo ontologico.
Come un nuovo evento nel mondo che racchiude ci che e
diviso, la parola e n l'uno n l'altro di ci che estato unito; e la
parola. Ma non si pu dire e se stessa in s. Senza i poli da colle-
gare essa non eaffatto. Come un nuovo fenomeno, la parola di-
pende completamente dai suoi sostegni, come il ponte che unisce
due rive non en l'una n l'altra riva e muore nella sua qualita di
ponte se perde uno dd punti d'appoggio. Diviene cosi compren-
sibile anche l'affermazione opposta, che cioe la parola e il sogget-
to conoscente e l'oggetto da conoscere, le cui energie unite la ten-
gono in essere. Al viandante che si trova su una delle due sponde,
non si estende forse il ponte all'altra sponda cosicch essa giunga
34 / Pave! A. Florenskij
fino a lui? Esso e la propaggine dell'altra sponda attraverso cui e
possibile raggiungere il non raggiungibile da s, e lo saluta sulla
sua soglia. Se il viandante fosse gia sull'altra sponda il ponte rap-
presenterebbe la sponda opposta. Cosi anche la parola e ponte tra
lo e non-lo.
Considerata dal punto di vista della sponda del non-lo, cioe
dal punto di vista del cosmo, la parola e l'attivid del soggetto; ma
ali'interno dell'attivid e il soggetto stesso che penetra nel mondo.
Ascoltando la parola diciamo, e dobbiamo dire, se non abbiamo
particolari motivi di concentrarci sulle facold dell'autorivelazione
del soggetto: Ecco, questa e la ragione che conosce, questa e la
persona che ragiona. E dicendoci questo ci addentriamo, attra-
verso la parola, nell'energia dell'essenza di questa persona. Pro-
prio cosi, dalle sue parole, noi conosciamo una persona, un essere
ragionevole in generale, poich siamo convinti che le sue parole
riproducono direttamente l'attivid del suo s, e che attraverso di
esse si rivela la sua essenza nascosta: siamo convinti che la parola
e il parlante stesso.
D'altro canto, se consideriamo la parola dalla sponda
dell'Io, vale a dire la nostra parola dal punto di vista psicologico
e gnoseologico, dobbiamo dire: Questa e la reald da conoscere,
questo e l'oggetto da conoscere, e ci solamente nella misura in
cui non prendiamo specificamente in considerazione i mezzi
espressivi, come nel caso in cui osserviamo un quadro dal punto
di vista estetico non conta la valutazione della bond della tela o
dello stato di conservazione della cornice. Quando ci siamo resi
conto che la parola e l'oggetto stesso, la reald da conoscere, al-
lora penetriamo attraverso la parola nell'energia della sua essen-
za, persuasi di riconoscervi l'essenza rivelata attraverso la sua
energia. La parola e la reald stessa che viene pronunciata dalla
parola, non qualcosa di doppio, come una copia giustapposta,
ma la realta nella sua autenticid, nella sua identid numerica con
s stessa. Nella parola riconosciamo la reald e la parola e la real-
d stessa, perci vale per essa, e in sommo grado, la formula del
simbolo: essa e piu di se stessa. Piu precisamente, e piu in un du-
plice senso, essendo la parola nello stesso tempo soggetto e og-
getto della conoscenza. Se ora consideriamo il soggetto della co-
La venerazione de! nome / 35
noscenza (nella misura in cui abbiamo sempre con noi il sogget-
to della conoscenza, ovvero noi stessi) come essenza della paro-
la-simbolo, allora vale per tutto ci che s'e detto della parola la
formula ontologica sopra illustrata del simbolo quale real che
porta con s fusa l'energia di un'altra reald attraverso cui gli e
dato anche questo altro essere.
7
Si e parlato sin qui della parola in generale. Ma una grande
concentrazione spirituale che corrisponde a una condensazione
di essere, un centro di molteplicid che si incrocia, un portatore di
caratteristiche e di stati, nel linguaggio scolastico chiamato so-
stanza, esige una parola di densid maggiore che sia nello stesso
tempo punto di appoggio di atti linguistici e punto di incrocio di
una serie di attivita verbali. Tale centro di parole e il nome.
In quanto caratteristica comune di tutti i tipi di sostantivo,
secondo Potebnja, vale l'asserzione che esso e la denominazione
grammaticale della sostanza e della cosa3, quale complesso o to-
talita di tutte le caratteristiche del sostantivo.
La relazione del conoscente con la sostanza da conoscere
esige anche dalla parola una particolare condensazione: questa e il
nome. Ma tra le sostanze, quella che e considerata un centro parti-
colarmente importante all'interno delle determinazioni dell'esse-
re e dei rapporti di vita, attraverso cui le e data nel mondo una in-
dividualid, una persona irripetibile, esige anche un nome unico, il
nome di persona.
La nostra conoscenza della reald di solito non intende la real-
ta stessa, ma si serve di essa per un altro scopo. In tale rapporto tat-
tico, pragmatico, con l'oggetto della conoscenza, questo non ei
sembra n prezioso, n attraente: in fondo sono soltanto certe ca-
ratteristiche, certi nessi con altri contenuti di essenza che ci interes-
sano in esso. L'oggetto stesso appare nella nostra coscienza e nel
nostro discorso nella misura in cui non vi si pu rinunciare. Se
l'oggetto viene soltanto tollerato, aliora e assolutamente naturale
che noi non vediamo alcun motivo di accertarci spiritualmente di
36 / Pavel A. Florenskij
tutte le sue energie, di tutte le sue caratteristiche e re1azioni, visto
che solo nella loro pienezza si rive1a la veriti. Se noi invece miriamo
solo a una parte di tale rivelazione, e non alla rivelazione
dell'essenza, ma a una sorta di processo, a materiale per detertrnati
scopi estranei, allora ci sforziamo di travisare tutto il resto, anzi lo
rimuoviamo espressamente dalla nostra coscienza. In questo modo
nasce in noi una coscienza che accentua i lati di cui necessitiamo e
dell'oggetto vero e proprio, le cui energie si ignorano, resta solo una
pallida ombra. Tale attiviti conoscitiva e definita astrazione e il no-
me ottenuto come risultato, un nome di genere, o nome astratto
(anche qui uso il tertrne in un modo leggermente diverso rispetto
a quello che ne fa la grammatica scolastica). Al nome di genere cor-
risponde la categoria della sostanza: non di quella metafisica, ma di
quella grarnmaticale, come giustamente ha notato Potebnja; natu-
ralmente non bisogna confondere la sostanza grammaticale con
quella metafisica: mentre la sostanza metafisica e una cosa in s
sciolta da tutte le sue caratteristiche (cioe e essenza - P. F.), quel-
la grammaticale e la totaliti dei segni fpriznakov] che sono identici
con questo (segno - P. F.), con ci che e dato etimologicamente
nel sostantivo4. Noi pensiamo cioe l'oggetto defmito come so-
stantivo nel modo in cui pensiamo la sostanza metafisica, ovvero
avvolto nella categoria della sostanzialiti, e non direttamente come
sostanza. Esso viene concepito come energa dell'essenza, non co-
me l'essenza in s. Ma l'essenza di tale energa viene al tempo stesso
pensata trasversalmente nel nome di genere, analogamente a ci
che si vede trasversalmente. 11 pensiero scientifico e totalmente edi-
ficato sui nomi di genere, si occupa di singoli generi, di relazioni e di
caratteristiche, ma si comporta con indifferenza nei confronti della
realti, anzi vede in essa un ostacolo alla costruzione dei suoi sche-
mi. 11 pensiero scientifico cerca il suo proprio.
Cosi si comporta il conoscente quando ci che e da conosce-
re non e il suo amore, ma il suo utile.
Per quanto ci spesso avvenga, nella vita non ne consegue
l'impossibiliti dell'amore. Esiste anche l'amore verso la realti da
conoscere. Esiste la conoscenza simpatetica, la dedizione amore-
vole a ci che e da conoscere, se e questo stesso ad attrarre il co-
noscente a s. Come una stella fissa guida lo sguardo del ricerca-
La veneraziane del name / 37
tore, e con ciascuno dei suoi raggi tende a penetrare in ci che de-
ve conoscere, l'intera pienezza dell'autorivelazione dell'essenza
da conoscere alimenta lo spirito conoscente, e questo si sforza di
percepire l'essenza nella sua forma individuale, dove nel cerchio
de1 mtto ogni cosa necessita di una relazione reciproc'l. per la qua-
le ogni cosa spieghi l'altra. Questa conoscenza concreta non e un
infinito e casuale accumulare singole caratteristiche nel cui vortice
viene attirata la ragione: questa, al contrario, tende a cC)ntrapporre
alla frammentazione della conoscenza astratta l'uniti, la compat-
tezza e l'interezza dell'oggetto da conoscere quale essenza parti-
colare; tende a contrapporre alla linea infinita la sfera, al segno la
persona. Cosi nasce il nome di persona.
Rispetto aquello comune, il nome di persona pu esserne
distinto soltanto quantitativamente; pu essere deseritto come
principalmente opposto, ma soltanto in senso quantitativo. Un
nome si distingue dall'altro soltanto nella misura in cui ogni nome
di persona e in base alle sue caratteristiche linguistiche lo stesso
nome comune. Se scritto con la lettera minuscola ogni nome pro-
prio diventa nome comune, se non nella nostra, in un'altra lingua.
Linguisticamente Vera e vera fede] , Rosa e rosa, Isaak, o meglio
Icgak e icgak (il ridere) o Petr epetrOa pietra). Ogni nOtne di perso-
na conduce, senza eccezione, a un nome comune, o in ogni caso
pu esservi riconducibile. E ci non vale soltanto per i nomi di
persona, ma anche per i cognomi, nomen familias, per i nomi di
gruppi e di tribu, per i nomi di paesi, citta, animali. Ogni nome
proprio pu esser considerato come un nome comune, ma scritto
con la lettera maiuscola. Viceversa, nel corso della storia e sotto i
nostri occhi continuamente nascono nomi comuni da nomi pro-
pri (makintosh, sandwic, zeppelin e altri). Nella linguistica non si e ri-
solto se la prioriti vada ai nomi propri o ai nomi COllmni, e le di-
verse scuole difendono interpretazioni opposte. 11 problema e e
rimar irrisolto perch appartiene alle tante antinothie linguisti-
che la cui soluzione corrisponderebbe alla distruziont della lingua
stessa. Sia il nome proprio sia il nome comune sono per la lingua
parimenti indispensabili come lo sono le gambe per il camminare,
e il voler affermare il primato genetico della gamba destra o di
quella sinistra significherebbe distruggere l'uniti organica. Ci
38/ Pave!A. Florenskij
cheprincipalmenterendeimpossibile sopprimerel'antinomiadi
nome comune e nome proprio eil fatto che nel loro carattere
esterioresonouguali,mutandosolamentel'accentodell'interesse.
Peril pensiero,edi conseguenzaperil discorso, entrambigli ac-
centisonoindispensabili,mainguestospostamentodiaccentosi
racchiudeancheilprincipalecontrastotraiduetipidinome.Dal-
la strutturadellaparoladerivanecessariamenteche,nell'usospe-
cifico, venga percepita con un determinato accento. Cio detto,
possiamoo tolleraretuttala rimanentequantitidi caratteristiche
chesipotrebberoaggiungerementalmenteacicheestatoperce-
pito- comeunasortadinebbiapsicologicacheoscuralachia-
rezza logica del pensiero - e di conseguenza sforzarci di non
considerarnelarealra,o,alcontrario,apprezzarenellasingolaca-
ratteristicapercepitalostrumentoconcuipenetriamonellarealta,
incuinonvediamodunqueunanebbia,maciche evero,il vero
eproprioculminedellaconoscenza.Nelprimocasola realtiap-
partieneal segno,eguestoeilnomecomune;nelsecondocasoil
segnoappartieneallarealti,einquestocasolanostraragionehaa
chefare conil nomeproprio.
Dalpuntodivista etimologico il nomepropriohageneral-
mente gli stessi limiti del nome comune, in quanto deriva dalla
stessa radice; maascriviamo al suo seme unaquantitiinfinitadi
contenutievorremmo,perquantolenostreforzeceloconsento-
no, fissare tutta questa pienezza nella coscienza. E riusciamo
nell'impresa,manonaccumuIandosingolelettere,bensiconside-
randola formaindividuale,oecceita(haecceitas\ Diesheit) tiJ de tz),
del seme,nelgualenonconsideriamopiucomenomeproprioil
nome comune, chevisto dall'esterno euguale al nome proprio,
maquestahaecceitas, la formaindividualedelsemenelIasuainfini-
ta pienezza: Haecceitas est singularitas7. Nel discorso questo
motivodell'individualevieneintrodottopermezzodiunmateria-
lelinguisticochederivadalcorrispondentenomecomune.Ilno-
mepropriovieneriferitosolitamenteal nomecomune,maesiste
ancheil procedimentoesattamenteopposto.Aliorautilizziamolo
stessomaterialelinguistico,forse addiritturacelo procuriamodi-
struggendounnomeproprio,anchemutilandounsemeinmodo
checonservisoltantoilnumeronecessariodi segnitalidaottene-
, .<1- veneraz10nedel nomei 39
re un nomedigenere. Senz
a
dubbiola personaconilnomepro-
prio!,<hkinto,havevaunvoltopreciSO,- W'vi" interiore,00
li
lie
suoritmo unicoeinconfondibile,ave
va
mog eftg eirapporti
ici
conla sua famiglia eranounial mondo. Avevaam enonera
esto
per essi soltlfito un mez'O; marutto questo seme, qu mondo e
liaro
dirapporti,questahaecceilaJ, 1,lingo'l'hatag via &1sem M,.
a
kintoS ,,emplieementetagiiandoidueverticidell letreraini,j,.
h
le, ederimastomakintosh.
8
ui
Se il nomecomuneepiudi se steSSO, essendo sia col che
nominasiala cosadanominare,aliaraquest
O
valeamaggiordirit-
ro pe!il nomeproprio.peral
tro
,bi,ogn> tenerein conto alcu",
diverse,fumatureil nomeeomunenonmi'"allare,Ircome<",
maaqu,,]eos',,]trO,all.finfineaeoluicheparla.Pur es;,tcndoun,
n:,,]tida nominare,il nmn wmuneservetuttavi'all'autocivc\,.
e o
zionedicoluicheconosceedeprevalente11lentelustess .11 no-
meproprio,invee ,hadavanriaglioeehi'cii>chedev'esteretono
O
selUto, epcrtanto
e
rende mani
festo
, sebbene aneh'ess tive1i colw
checonos ,soprattuttola realta daconos
cere
,edeesso stesso
ce
tale rcalt. Qui non nee
es
5'rio,,"ee;,redeUe linee di eoofine
nette.SebbenesianooppostiinbasealloroaccentOinterno,il no-
meptoprioeil no eomu
ne
nonraraJOente si compenetrano"
me vo1e
uno pas5' neU'altro. T,,]vol
ta
in una",n5'pe "aegoisricabril n
la una scintilla diamore verso l'ogget
tO
; ci cheepragmaticame -
ndo
tegenerieo,I'aspeltogene
ralc
p.,sainseen pianoe il n ~ e
pmonifieato"iventanom
e
proprio,nonsoloinun cutO"n",
un
maeffettivamcnte,sepputeanchesoloper artimo.Casig1idii
romanisi rivestivanoperunattimo di individualitae iloronorni
e?muoientravanonellosplcndorcdeinOffiJ dipersona.
rale
Maanche
ViCeversa: laconoscenzaarnorevolee il contattomo conco
chevaeonosciuto puaffievolirsi,e laper>onavivente n e l l a ~
straeoscien pudetadece,d"]lostat
O
diEneasest<SSO,aliveUo
za
dimezzO. Ciascunodi noihaesperiet1zaditale saltodauntipodi
conoscenz aunaltro.Ogrtun
o
din01hasrcrimentatocheilvilO
a
38 I Pavel A. rIorenskij
che principalmente rende impossibile sopprimere l'antinomia di
nome comune e nome proprio eil fatto che nel loro carattere
esteriore sono uguali, mutando solamente l'accento dell'interesse.
Per il pensiero, e di conseguenza per il discorso, entrambi gli ac-
centi sono indispensabili, ma in questo spostamento di accento si
racchiude anche il principale contrasto tra i due tipi di nome. Dal-
la struttura della parola deriva necessariamente che, nell'uso spe-
cifico, venga percepita con un determinato accento. Cio detto,
possiamo o tollerare tutta la rimanente quantid. di caratteristiche
che si potrebbero aggiungere mentalmente a do che estato perce-
pito - come una sorta di nebbia psicologica che oscura la crua-
rezza logica del pensiero - e di conseguenza sforzarei di non
considerarne la reald., o, al contrario, apprezzare nella singola ca-
ratteristica percepita lo strumento con cu penetriamo nella reald,
in cui non vediamo dunque una nebbia, ma do che evero, il vera
e proprio culmine della conoscenza. Nel primo caso la reald. ap-
partiene al segno, e questo eil nome comune; nel secondo caso il
segno appartiene alia reald., e in questo caso la nostra ragione ha a
che fare con il nome proprio.
Dal punto di vista etimologica il nome proprio ha general-
mente gli stessi limiti del nome comune, in quanto deriva dalla
stessa radice; ma ascriviamo al suo seme una quantid. infinita di
contenuti e vorremmo, per quanto le nostre forze ce lo consento-
no, fissare tuUa questa pienezza nella coscienza. E rusdamo
nell'impresa, ma non accumulando singole lettere, bensi conside-
rando la forma individuale, o ecceit:;m (haecceitas
5
, Diesheit) to de tI),
del seme, nel quale non consideriamo piu come nome proprio il
nome comune, che visto dall'esterno euguale al nome proprio,
ma questa haecceitas, la forma individuale del seme nella sua infini-
ta pienezza: Haecceitas est singularitas7. Nel discorso questo
motivo dell'individuale viene introdotto per mezzo di un materia-
le linguistico che deriva dal corrispondente nome comune. Il no-
me proprio viene riferito solitamente al nome comune, ma esiste
anche il procedimento esattamente opposto. Aliora utilizziamo lo
stesso materiale linguistico, forse addirittura ce lo procuriamo di-
struggendo un nome proprio, anche mutilando un seme in modo
che conservi soltanto il numero necessario di segni tali da ottene-
La venerazione del nome I 39
re un nome di genere. Senza dubbio la persona con il nome pro-
prio Makintosh aveva un volto preciso, una sua vita interiore, un
SUD ritmo unico e inconfondibile, aveva moglie e figli e i rapporti
con la sua famiglia erano unici al mondo. Aveva amici e non era
per essi soltanto un mezzo; ma tutto questo seme, questo mondo
di rapporti, questa haecceitas, la lingua l'ha tagliato via dal seme Ma-
kintosh, semplicemente tagliando i due vertiei della lettera inizia-
le, ed erimasto makintosh.
8
Se il nome comune epiu di se stesso, essendo sia colui che
nomina sia la cosa da nominare, aliora questo vale a maggior dirit-
to per il nome proprio. Peraltro, bisogna tenere in conto alcune
diverse sfumature: il nome comune non mira alla realta come tale,
ma a qualcos'altro, alla fin fine a colui che parla. Pur esistendo una
realta da nominare, il nome comune serve tuttavia all'autorivela-
zione di colui che conosce ed eprevalentemente lu stesso. Il no-
me proprio, invece, ha davanti agli occhi do che dev'essere cono-
sduto, e pertanto rende manifesto, sebbene anch'esso riveli colui
che conosce, soprattutto la realra da conoscere, ed eesSO stesso
tale reald. Qui non enecessario traceiare delle linee di confine
nette. Sebbene siano opposti in base al loro accento interno, il no-
me proprio e il nome comune non raramente si compenetrano, e
uno passa nell'altro. Talvolta in una consapevolezza egoistica bril-
la una scintilla di amore verso l'oggetto; cio che epragmaticamen-
te generico, l'aspetto generale passa in secando piano e il nome
personificato diventa nome proprio, non solo in un certo senso,
ma effettivamente, seppure anche solo per un attimo. Cosi gli dei
romani si rivestivano per un attimo di individualid. e i loro nomi
comuni entravano nello sp1endore dei nomi di persona. Ma anche
viceversa: la conoscenza amorevole e il contatto morale con do
che va conosciuto puo affievolirsi, e la persona vivente nella no-
stra coscienza pu decadere, dallo stato di fine a se stesso, a livello
di mezzo. Ciascuno di noi ha esperienza di tale salto da un tipo di
conoscenza a un altro. Ognuno di noi ha sperimentato che il viso
40 / Pave! A. Florenskij
dell'interIocutore, che un attimo prma ci conduceva ancora nella
profondit:l della personalita e dischiudeva ai nostri occhi una vita
nascosta, improvvisamente pare coperto da un velo ontologico e
sta davanti a noi come strappato dalla sua essenza, come qualcosa
di esteriore. Ognuno di noi ha sperimentato che 10 sguardo che
penetro nell'infinita dello sguardo dell'altro, improvvisamente in-
contra l'umida rotondita del globo aculare, scivola insensibilmen-
te sulla pelle e percepisce Soltanto i par del viso. In quell'attimo,
l'intera personalit:l non ci appare come un fascio mallegato di sin-
gole caratteristiche? A causa di questo offuscamento il nome pro-
pro, pur serbando l'inviolabilita della sua materia linguistica, tro-
va un diverso punto di vista interno e, perdendo la sua individuali-
t:l, diventa nome comune. Adesso posso chiedere proprio a te,
caro lettore, se nella tua vita non hai passato ore e settimane in cui
tutto il tuo agire ti ha provocato un doloroso disgusto e in cui tut-
to cio che normalmente era importante e meritava di essere pen-
sato, ora ti sembrava banale e indegno. 11 tuo petto si eliberato da
un sentimento confuso come se si dovesse realizzare in qualche
momento e da qualche parte un desiderio che passasse la cerchia
di tutti i piaceri terreni, che 10 spirito, come un bambino educato
severamente e timido, non osava nemmeno pronunciare. Un de-
siderio tale verso questa cosa sconosciuta che era intorno a te do-
yunque tu camminavi e stavi come un sogno prafumato con figu-
re trasparenti che sfumavano davanti a uno sguardo pili acuto, e
tu sei diventato muto di fronte a tutto cio che ti circondava e dive-
nivi triste come un amante che non ha speranze di realizzare il suo
amare e tutto cio che vedevi che facevano gli uomini in vari madi
non ti procurava n dolare n gioia, come se tu non facessi pili
parte di questo mondo6. Casi E. T. Hoffmann descrive il senti-
mento di chi viene strappato da un contatto vivo con la realta.
Portato alla logica conseguenza psicopatologica ne deriva
l'immagine di un isolamento dall'essenza del mondo, in caso di
nevrastenia, e dalla prapria essenza, nel caso d'isteria. Se i nomi
prapri diventano nomi comuni, cio eil sintomo di un disturbo
funzionale, magari lieve, ma indubitabilmente mentale. Alcuni
procedimenti dell'arte della parola favoriscono come fini veleni
questo distacco patologico di singole caratteristiche dalla perso-
La venerazione del nome / 41
nalita e la trasformazione del nome proprio in nome comune, nel
nome di una maschera, di un volto staccato dalla personalid.
L'esempio pili calzante di tale maschera sano gli erai di Gogol' i
cui nomi bramano addirittura a diventare nomi comuni, e di con-
seguenza rivelano, piuttosto che le cose nominate, il procedimen-
to di pensiero di colui che nomina. Di chi ridete? Voi rdete di
voi stessi7. Naturalmente io rido se chiamo un conoscente
CiCikov oppure Sobakevi, anche se con cio l'ho caratterizzato in
modo calzante; ma rido soltanto di me stesso, perch sano io che
ha rovinato il fondamento della conoscenza e la natura del nome
alla radice, cosa che testimonia di me come uno che rovina. Si puo
chiamare questa attivid onomoclastia, per analogia con l'icono-
clastia, che significa rompere le icone o i nomi nella loro essenza
spirituale. L'iconoclasta eun distruttore di icone, l'onomodasta e
un distruttore di nomi. Non a caso l'attivid inversa, ovvero con-
servare l'essenza spirituale dei nomi nella sua totalid, proteggerla
contra invasioni e lasciare casi che il nome acquisti fama e gloria,
ha assunto il nome di venerazione del nome [imeslavia].
Chi si eaddentrato nelle dispute teologiche su tale questione
si rende facilmente canto che i concctti di .onomodastia e ono-
modulia sano qui usati in senso pili ampio, mentre in quelle di-
spute si parIava quasi esdusivamente dell'una persona e dell'un
nome; ma il nudeo ftiosofico non solo non viene intaccato da
questa estensione: al contrario, viene riconosciuto come principio
di una vita riconoscente e attiva, in contrapposizione a una vita il-
lusoria e priva di essere.
9
La posizione teologica della venerazione del nome si espri-
me nella formula:
I1 nome di Dio eDio stesso.
Pili articolatamente si dovrebbe dire:
JI nome di Dio eDio, ovvera Dio stesso. Ma Dio non en il
suo nome, n il suo Nome Stesso.
Il modo pili chiaro per formulare cio lo troviamo nella lingua
42 / Pave! A. Florenskij
greca, che e particolarmente adatta a rendere le sfumature del
pensiero ftlosofico:
YO Onoma to Theo
Thes est;
kaide oThes
/l'o Thes
ote noma
ote to eauto Onomsti
Illustriamo questa formula. Nel greco l'articolo determinati-
vo accentua l'espressione a cui si riferisce, la isola rispetto a conte-
nuti di pensiero simili. In questo modo viene fissata l'uniti del
contenuto e l'autoidentiti dello stesso nella sfera del pensiero, e
con ci anche la sua identita numerica con se stessa. La caratteri-
stica, come qualcosa di generico, non pu avere alcun articolo;
perci ecomprensibile la regola generale della sintassi greca se-
condo cui il predicato non ha articolo. In alcuni casi eccezionali,
per esempio in ftlosofia, in teologia e in particolare nellinguaggio
del Nuovo Testamento, il predicato ha articolo. Questa violazio-
ne della regola generale indica che il predicato non epreso come
un concetto generale tra cui si inserisce il soggetto nella sua totali-
ti, ma come qualcosa di concreto, che eontologicamente equipa-
rato alla concretezza del soggetto. Nell'esperienza esterna e in ba-
se a considerazioni esterne, la realti del soggetto e la realta del
predicato non soltanto non sono la stessa cosa, ma non sono nean-
che paragonabili. Ma visto dalla prospettiva del rapparto interno
dei due esseri, a partire da un giudizio ontologico, queste due real-
ti vengono confermate nel rapporto instaurato in una determina-
ta proposizione come la stessa identica cosa, non simili l'una
all'altra, ma identiche nelloro essere. In altre parole il predicato
viene inteso come idea platonica, come concreta pienezza di sen-
so. Con le parole Voi siete il sale della terra - Umes este to /asts
gs(Mt 5,13) non si sostiene che gli apostoli siano simili al sale da
un punto di vista esteriare, oppure che il concetto di discepolato
rientri nel concetto fisico-chimico del sale (allara si sarebbe dovu-
La venerazione del nome / 43
to dire umeseste /astsgs),bensl che l'essenza spirituale del sale e
l'essenza spirituale delle persone nelloro essere vengono conside-
rate identiche. Il sale, ci che veramente nel senso ontologico
dev'essere definito come tale, non ealtro che il sale interiore del
discepolato. Il sale comune, la materia, euno dei particolari sim-
boli del sale, e il discepolato e il sale stesso. Analogo l'uso
dell'articolo nel predieato in Mt 5, 13; 5, 14; 6, 22; 16, 16; 26, 28;
Mc 14, 22; 1 Cor 11,23-24; Gv 11, 25; 14, 6; Bf 1,23 e cosi via.
Nella formula sopra indicata della glorificazione del nome,
nella prima parte il soggetto eil Nome di Dio e nella seconda
parte e Dio; nella loro caratteristica di soggetti le definizioni
hanno articoli. Come predicati sono nel primo caSO Dio e nel se-
condo il Nome, i due predicati compaiono in due modi, una vol-
ta senza articolo e una volta con articolo. Ci corrisponde in pri-
mo luogo al divieto di sottoporre il soggetto al concetto di predi-
cato e in secondo luogo a stabilire l'identiti ontologica della re-
alta che spetta al predicato con la realti del soggetto, a sottopor-
re il predicato al soggetto. Viene cosi affermato nella formula
che il Nome di Dio ecome una realta che rivela l'essenza divina
e la rende manifesta, rappresentando piu di s stessa. Essa edivi-
na, ma ci non basta: essa eDio stesso, effettivamente Nome e
non qualcosa di illusorio, non un'apparenza ingannevole; ma,
una volta manifestato, Egli nell'apparire non perde la sua realti
anche se, pur essendo riconosciuto, non si esaurisce nella cono-
scenza, non eun nome, ovvero la sua natura non ela natura di
un nome, di nessun nome di qualunque tipo sia, neppure del suo
stesso nome, del suo Nome che Lo rivela.
Se viene compreso pienamente il valore di questa formula, e
di altre formule equivalenti, si fonda sulla convinzione di base
dell'umanita che i fenomeni rendono manifeste le cose che devono
essere rese manifeste, e che dunque vengono a buon diritto definite
con il nome di ci che deve essere reso manifes
to
. In un ambito
specifico, ma centrale nella sua decisiva responsabilita, il problema
della manifestabiliti di ci che deve essere manifestato e della defi-
nibiliti del fenomeno secondo ci che deve essere reso manifesto,
estato discusso e risolto in va generale nelle dispute palamitiche
del XIV secolo. Una disputa durata a lungo intorno all'essenza e al-
44 / Pavel A. Florenskij
le energie. Essa ela luce che i protagonisti della fede scorgono spiri-
tualmente al culmine della loro azione - e la percepiscono come lu-
ce divina, una manifestazione di se stessa, l'energia della sua essen-
za - oppure equalcosa di ingannevole, di soggettivo nella nostra
psiche, o ancora un processo fisico al di fuori di noi, un fenomeno
occulto, ovvero nulla che rappresenti una conoscenza dell'essenza
dell'Essere Superiore? E, se egiusta la prima affermazione, si pu
cmamare questa luce diviniti o Dio? Questo era, da un punto di vi-
sta generale, il senso delle dispute teologiche. Come c'era da aspet-
tarsi, alle domande poste non si sarebbe potuto rispondere (<no
senza distruggere cosi l'intero edificio teologico, e con ci l'azione
eroica della vita. Di conseguenza nella struttura del pensiero teolo-
gico gli anatemi erano pre-dati 10gicamente8.
In primo luogo: In re1azione a coloro che considerano la luce
che emana dal Signore nella sua Trasfigurazione divina, ora come
irnmagine creata e ingannevole, ora come l'essere divino stesso [va-
le a dire o non riconoscono alla luce del Tabor un rapporto interno
con l'essenza da manifestare o riducono l'essenza stessa al processo
del manifestarsi e farmo quindi di quest'ultimo un qualcosa di non
ontologico] e che non confessano che questa luce divina non en
l'essenza di Dio, n creatura, ma increata e fisica [vale a dire che de-
riva dalla natura, dallaprystS] e un bagliore e un'energia che costan-
temente si genera dall'essenza divina stessa.
In secondo luogo: In re1azione a coloro che affermano che
Dio non possiede un'energia fisica propria alla Sua natura, ma che e
soltanto un'entiti, un'essenza, e che non esiste differenza tra
l'essenza divina e l'energia. Coloro che non vogliono seguire l'idea
che l'unione dell'essenza divina e l'energia siano un qualcosa di non
unito, ritenendo che la loro diversiti sia irnmodificabile, scontata.
In terzo luogo: In relazione a coloro che sostengono che
ogni forza fisica e ogni energia della divinita siano create.
In quarto luogo: In re1azione a coloro che dicono: se si am-
mettesse una differenza tra energia ed essenza. ci significhereb-
be pensare Dio come essere composto.
La veneraziane del name / 45
In quinto luogo: In re1azione a coloro che pensano che sol-
tanto dell'essere divino sia proprio il nome della diviniti, e di Dio,
non dell' energia.
E infine: In relazione a coloro che assumono che l'essere di-
vino possa essere incorporato a tutto l'uomo o a tutto il creato in
generale, a tutto ci che non eDio. A coloro che non vogliono
ammettere che l'incorporaone eun fatto proprio della grazia e
dell' energia.
Stabilire questi principi nella coscienza ecclesiastica porta, in
fondo, a distinguere in Dio due lati, uno interiore, la sua essenza, e
uno rivolto verso l'esterno, l'energia; entrambi, sebbene non siano
mescolati, non sano semplicemente inseparati. In vi.rtU di questa in-
separabilici l'uomo, e tutto ci che ecreato, e la sua essenza, ein rap-
porto con la sua stessa sostanZa e ha dunque il diritto di nominare ta-
le energia con il nome di Colui che agisce, il nome di Dio. Echiaro
che queste osservazioni non sono separabili dal cammino spirituale
di coloro che riconoscono la religione; negarle non significa altto che
negare in linea di principio la religione in generale, la quale err:ligio,
unione di due mondi. La tesi della denominabilici d!ll'energia divina
con il suo nome epresupposto necessario di ogni giudizio religioso.
TI credente si rende conto che ha a che fare con fenomeni divini, ma
la sua attiviti non viene equiparata alla sua essenza, n collegata, e
dunque non si assume mai il caso di applicare la parola Dio quando
con questo nome dell'essenza non si definisca anche la sua attiviti in
base alla sua essenza. Quando si dice Dio ha salvato, Dio ha guarito,
Dio ha derto... si ha in mente sempre la sua azione. Se in questi e in
altri simili casi fosse sbagliato dire cio che si dice, aliora la parola
"Dio" dovrebbe essere rapidamente eliminata dallessico, per man-
cama di possibilici applicarive, come parola superflua. Detto altri-
menti, le dispute del XN secolo non harmo portato niente di nuovo,
e tanto meno certe cavillose disquisizioni scolastiche. Harmo, se-
guendo la ragione cosmicaonniumana, esplicato ci che dalia ragio-
ne era sempre e dovunque ciconosciuto.
Non a caso stiamo parlando di cosmico e di onniumano; seb-
bene lo sforzo intellettualedi Gregorio Palamas, e di quanti la pen-
sano come lui, si concentri storicamente in un ambito ristretto, i
- ---
46 / Pave! A. Florenskij
principipronunciatidaiPalamitisi riferisconotuttamaaunambito
maltapiuestesodiquantopossasembraredaunpuntodimstapu-
ramenteesteriore,eanziedifficilediredovenonsianoapplicabili.
Nonoccorreessere teologi, ncredenti percapireil valore di tali
principiai f1!l dell'economiageneraledelpensiero:esufficenteac-
cettarelamtaerendersicantodellasuasolidariedconquantoege-
neralmenteumano.Sitratta,indefinitiva,delrapportodiessenzae
di energia:di qualeessenzasiparli,ciodipendenaturalmentedalla
questionerispettivamenteposta. Naturalmentel'ateonondiscute-
ra dell'energiadimna, dalmomentochenoncrede all'esistenza di
unEssereeccelso;maciononsignificachenellasuasferaspirituale
egli possa rinunciare del tutto alle tesi affermate dal pensiero del
XIVsecolo:riconoscendogeneralmenteun'essenza- dell'uomo,
dell'animale,dellamateria,dell'elettroneesimili-,si scontracon
la questionegnoseologica del rapporto di tale essenza conle sue
manifestazioni,edequindicostrettoesistenzialmentearispondere
aquestadomandapersestesso.O l'esistenzameneconsiderataco-
mequalcosadi illusorio, oppuremene consideratacomequalcosa
di autentico.Alloraeunpalamita. Credenteenoncredente,orto-
dosso egiudeo,pittore epoeta, scienziatoelinguista, tutti hanno
bisognodichiarezzasul1adottrinadell'essenzaedelleenergie,per-
ch solo casi si puarispondere alla domanda fondamentale della
conoscenzain armoniacolpensierogeneralmenteumano.
A11a riflessione umanasullaveridappartengonoinfattidue
concettibasilari:ilconcettodell'entidedell'essenzachedev'esse-
remanifestata,eilconcettodell'energia,odell'attivitadelmanife-
starsi. Inastrattosipossonodunquecollegarequestidue termini
mediantelequattrodiverse"inclusioni"chevengonoquisottoil-
lustrate(usandounterminedellalogicasimbolica).Inaltreparole,
il riconoscimento,la confermadi unodeiconcettibasilarihaco-
me conseguenza o la conferma o la negazione dell'altro. O se-
guendoloschema:SeAe,ancheBe,oppureseguendolosche-
maseAe,Bnone. Macasicomeilrapportodell'inc1usionedei
terminidelpensare(deiconcettiedeigiudizi)nonpuaesserelet-
toinmaniera reversibile, l'esistenza dei due termini esige anche
l'affermazione espressadell'inclusione opposta,ovvero: se Be,
alloraA e, casicomeseBe, alIaraAnone.
Lavenerazionedel nome / 47
L'esistenzadi due termini del pensare comportadunquela
necessitadellequattroinclusionisimbolicamenterappresentante:
A ::JB A::J- B B::JA B::J- A
doveil segno definisce unlegame diinclusione: allora,
se - allora,quando- alIara,OD> eil segno- davantial termine
significalasuanegazione.
Lacorrelazionedidueterminipuaesserecaratterizzatasolo -
mediante due inclusioni, e non mediante un'inclusione isolata.
Nelnostrocaso,vielapossibilitaastrattadiunadottrinaquadru-
plicedellasostanzaedell'energia,chevieneschematizzatalogica-
menteconquattrocoppiediinc1usioni. Espressoinsimboli:
I A=>B:B=>A
II A=>-B:B=>A
III A =>-B: B =>-A
IV A => B : B =>-A
ComesievincedallateoriadellecombinaziGni,nonesistono
altre possibilidlogiche. Se oratrasferiamoi segni dellelettere al
corrispettivi termini manifestazione ed essenza, giungiamo alla
seguentetabelladi possibilidottrine:
1 sostanza => m<ll1ifestazione ::: irnmanentismo
Il_ =>- => manifestazione:::
lli
1 III manifestazione => - sostanza: sostanza => - manifestazione ::: kantismo j
trY- => S;:;stanza: sostanza- => - platorusmo -
La primadottrinaidentificapienamente cosa eapparenza, ed
esc1ude ognidistinzione trale due: questoeirnmanentismo,che ri-
fiutacategoricamentecochel'umanidpensaapropositodellareal-
d,poichnellacoscienzageneralmenteumanal'apparenzanonesa-
uriscelapienezzadellarealdchedev'esseremanifestata.Laseconda
dottrina sbaglia perch dissolve la reald nella manifestazione, e al
tempostessononriconoscechenell'apparenzasi manifestila reald
stessa; questoeunpositimsmoestremo. La terza dottrinaclimostra
giustamente che, seguendol'interpretazioneomni-umana,unacosa
48 / Pavcl A. Florenskij
non pu essere ricondotta a1la sua apparenza, ma sbaglia laddove so-
stiene che la verita non ericonoscibile nella sua apparenza: questo eil
kantismo. Infine, la quarta dottrina condivide con il kantismo la con-
vinzione della realci autonoma degli esseri, e con l'immanentismo
l'accomuna la tesi che nell'apparenza si rivela effettivamente l'es-
senza. L'ultima delle dottrine in questione ein parte imparentata con
il kantismo, in parte con l'immanentismo, mentre il positivismo
estremo vi eradicalmente escluso. In una delle sue interpretazioni
piu chiare, tale contrasto nei confronti del positivismo espresso nello
schema elegato al nome di Platone, bench la dottrina sia molto piu
ampia di quanto disponga il pensiero della scuola platonica e la visio-
ne del mondo onni-umana.
Le dispute teologiche del XIV secolo, in base a1la loro logica,
rappresentavano i1 seguente schema teoretico gnoseologico:
A B:B
Questo ei1 senso generale della venerazione del nome come
presupposto fllosofico. r...J
* II testo tradotto comprende soltanto i primi dieci paragrafi del saggio originale.
1 Si tratta deHa disputa Sorta nel XIV secolo tra Gregorio Palamas e Barlaam il Cala-
bro in merito al valore deHa luce sperimentata dai discepoli sul Monte Tabor durante la
Trasfigurazione. Barlaam sosteneva che essa non poteva essere considerata, come face-
vano i monaci esitasti, quale un'esperienza diretta di Dio, ma soltanto un pura simbolo
della divinitil. Sulla questione si veda Yannis Spiteris, Pa/amas: /0 grazia e /'esperienza, Lipa,
Roma 1996, pp. 90ss (N.d.T.).
2 Ivan Krylov, Kot i pOl-ar, in Po/noe sobranie Kry/01Ja, Berlin/Paris 1929, p. 99.
3 A. A. Potebnja, IZ Zapisok po rtlsskojf,rammatike, Vol. l, Charkov 1888, p. 92 [sottoli-
neatura di P.A. Florenskij].
4 A. A. Potebnja, IZ Zapisok po rtlsskoj grammatike, VoL l, Charkov 1888, p. 213.
La venerazione del nome / 49
5 Cfr.loannis Duns Scoto,Quaestiones subtilissimae in Metapbysicam Aristotelis, in Opera
Onmia, Vol. IV, Lyon 1639, p. 697-710.
6 E. T. A. Hoffmann, Romanzj eracconti, a cura di Carlo Pinelli, Einaudi, Torino 1969,
"Quarta vigilia,
7 N. Gogol', L'ispettore genera/e, Atto quinto, secna ottava.
8 Florenskij fa qui riferimento alle definizioni prese dal Concilio del 1351 contra la
posizione di Barlaam il Calabro. La fonte a cui attinge eil Sinodik v nedelija
slJodtIJJ tekIt sprimecanijami UspenskolJO, Odessa 1893 (N.d.T.).
Il valore magico della parola / 53
1
Siamo abituati a vedere, nella parala, manifestarsi il senso
s m y s ~ e facciamo bene a identificarla con il senso. Ma spesso di-
mentichiamo che, oltre aquesto, essa epraprio la manifestaiJone
Jjavlenit] del senso, per cui insieme alla suddetta identificazione ne
esenz'altra possibile un'altra, quella di parola e manifestazione.
La parala enello stesso modo in noi e fuori di noi e, se egiusto ve-
dere nella parala un avvenimento della nostra vita interiore, non
dobbiamo tuttavia dimenticare che nello stesso tempo si egii sot-
tratta al nostra potere e si trova sciolta dalla nostra volonta nella
natura estema. Fin che noi disponiamo liberamente della parala,
la parala non eancora. <<La parola ecome un passero, lasciala libe-
ra e non la prenderai mai pilD>, dice la saggezza popolare. Ma que-
sto istante cogente della parala viene dimenticato quasi subito,
specialmente dalle persone che sono di casa nella scienza, malgra-
do il popolo, complessivamente, non lo dimentichi mai. Ma se si
considera la forza e il potere della parala, una tale dimenticanza
non rimane impunita e non conduce soltanto a errori teoretici, ma
anche a mancanze sociali e personali che in cert casi non possono
che essere definite un crimine.
n prablema eche la parala, quale termine intermedio fra
mondo estemo e interno, eun' entita anfibia, che vive sia nell'uno,
sia nell'altra, intesse specifiche relazioni tra questo e quel mondo,
e tali relazioni, per quanto l'occhio del positivista stenti a perce-
pirle, tuttavia esistono e stanno alla base di tutte le ulteriori fun-
zioni della parala. Questa base, evidentemente, punta a due dire-
zioni: anzitutto muove da colui cheparla verso l'estemo, come atti-
vita che da colui che parla esce fuori verso il mondo; in secondo
luogo, in quanto percezione che riceve colui che parla dal mondo
estemo, va verso colui che parla. Detto altrimenti: attraverso la
parola la vita viene trasformata e assimilata allo spirito. O ancora:
la parala emagica ed emistica. Considerare l'aspetto magico della
parola significa comprendere come e perch noi possiamo agire
nel mondo tramite la parola. Indagare come e perch la parola sia
mistica significa rendersi conto del senso di quella dottrina secon-
do cu la parala ela realti da essa significata. Naturalmente non e
S4 / Pavel A. Florenskij
nostro compito dimostrare quanto insegnano, in quest'ambito, la
mistica e la magia: dimostrarlo, affidarsi cioe alle scienze positive,
significherebbe in primo luogo giudicare altre scienze con meto-
do e procedure estranei alle caratteristiche di queste scienze e che
.le mettono in discussione apriori, e in secondo luogo trascurare o
non rispettare l'esperienza diretta su cui si basano quelle scienze e
dalle cui specificiti esse procedono. Una dimostrazione di questo
genere potrebbe essere data soltanto dall'eperienza, da indagini
sperimentali, qualora veramente si desse un dubbio sulla credibili-
ta delle testimonianze della magia e della mistica. Ma questo non e
compito nostro, dal momento che noi ci interessiamo soltanto
della trama e dei singoli fili della concezione del mondo, quando
emergono dall'oscurira del sub-conscio, oltre la soglia della co-
scienza. Il nostro impegno, piuttosto, dev'essere quello di giustifi-
care la possibilita, non di dimostrare l'esistenza degli aspetti magi-
ci e mistici della parola, nella speranza che, superata l'erronea in-
terpretazione della sua impossibiliti, ognuno possa piu facilmen-
te ricordare le esperienze personali e conferire una struttura men-
tale articolata alle proprie esperienze che, non trovando finora
adeguate strutture verbali o ostacolate da altre cause mentali, fini-
vano col condurre a un'esistenza ghettizzata, da cortile oscuro
della coscienza, e venivano dichiarate o inesistenti oppure impu-
tabili a una causalita inspiegabile di origine ignota.
2
Compito nostro sara dunque rilevare la possibilita, e anzi la
probabilid. dell'effetto magico della parola, nella prospettiva di
mostrarne anche l'effetto mistico. La persuasione della potenza
magica della parola, d'altro canto, rappresenta il patrimonio seco-
lare e millenario dei piu diversi popoli, ed e difficile trovare un po-
polo, e un'epoca nella sua storia, che non manifesti una fede vivis-
sima in essa. Questa fede era ed ecosi diffusa che bisogna consi-
derarla, trattando di popoli, inscindibilmente connessa all'uso
della lingua, occorre riconoscervi un momento indispensabile
nella vita della lingua. Epertanto quanto di piu naturale che ci at-
11 valore magico della parola / ss
teniamo, in questa sede, al piu generale e popolare sentimento
della vita, alla ragione onni-umana [obsceceloveceskomy], e non
guiamo nella questione proposta l'accezione negativa del
smo linguistico, ma poniamo al1a base della parola la
positiva dell'intera umanita. Del1'onere della dimostrazione se
faranno carico quanti, dissociandosi dall'umanita, sostengon()
l'impotenza e il vuoto della parola, contrariamente a tutte le
zioni della storia.
La maggioranza, la schiacciante maggioranza dei nostri
temporanei, non appena ha assaporato la concezione scientific
q
del mondo, si efermamente persuasa che la parola, se agisce,
sce solo come senso razionale, e non riflette minimamente su
questo senso possa essere trasrnesso da una coscienza ali'altra
quali siano i processi interni che rendono possibile la
del senso della coscienza. Il segreto presupposto di questa
cazione estrema delle cose eil dualismo cartesiano nella compren,
sione generale del mondo, dualismo cu non si sottrae nemmenC)
un problema specifico come quello della parola. L'uomo consiste
di materia, che edi natura esclusivamente meccanica, e di anima, la
cui essenza va ricercata in modo altrettanto esclusivo nella coscien,
za. Le due sostanze di Descartes, res extensa e res eogitans, tra loro in-
comparabili, pur avendo perso in evidenza continuano tuttavia a
segnare la comprensione del mondo in ampie cerchie
ga; euna verita scontata, per questa, che i processi della realti mate,
riale e il senso che si rivela nella coscienza possano non ayer nulla itl
comune; ma se l'anima e il carpo non hanno nulla in comune, Se
l'uomo in senso proprio non euna totalita, aliora tanto meno la S\la
parola puo essere una totaliti. Sul fJlo di questa interpretazione, Se.
condo cui la parola non e una totalita, rna e costituita da un involu_
cro esterno e da un contem.1to interno organicamente scollegat
corre l'ostacolo per la comprensione della magia della parola e dej
suo effetto sovrarazionale sulla coscienza, sull'anima e sul corpo; di
piu: sull'intera natura dell'uot!lo.
Che cos'e la parola agli occhi dei piu? Un senso enucleato piu
o meno felicemente; un concetto, plasmato in modo piu o meno
preciso, trasmesso a un altro mediante una traccia sonora e un Se-
gnale collegato esternamente al concetto. Un suono connesso COn
56 / Pavel A. Florenskij
il senso che viene descritto solo in modo condizionato, nonostante
sia assolutamente incomprensibile come possano connettersi, an-
che condizionatamente, cose che non hanno alcun rapporto inter-
no e, di conseguenza, non possono stabilire alcun collegamento
stabile, visto che la condizione dev'essere data dall'una o dall'altra
prte - o in modo meccanico-materiale o in modo logico-razio-
nale. Da questo punto di vista sarebbe piu giusto negare, in buona
sostanza, l'esistenza della parola in generale, come il cartesianesimo
dovrebbe negare l'uomo; ma la realta, in questo caso o in quel-
l'altro, si fa sentire. E siccome. sarebbe troppo faticoso sottrarsi
completamente alla visione onni-umana, si giunge a un compro-
messo: l'esistenza della parola non viene negata, come non viene
negata l'esistenza dell'uomo, ma l'incomprensibiliti o, ancora,
l'inaccettabilita di tale esistenza, nei limiti del dualismo, viene taciu-
tao Con ci la parola come concetto e senZa via di scampo; ingab-
biata in una soggettivita impotente e irreale, se si porta a termine il
ragionamento non ha posto nell'essere. D'altra parte, in quanto se-
gnale, la parola rappresenta un'energia minimale, di ordine fisico,
un'energia-suono dall'effetto esiguo; talmente piccolo che, a prima
vista, non c'e da farvi conto quale forza nel mondo esteriore, alme-
no, a quanto pare. Siamo tanto generosi da indicare un calcolo esat-
to del valore minimale di questa energia. Unpeso di cinquanta gram-
mi che cade da un metro di altezza e sufficiente a produrre, con fre-
quenza normale, un suono ininterrotto per diecimila anni. Per dirla
altrimenti, se un comunissimo cappello cade su! pavimento, utiliz-
zando l'energia di caduta e trasformandola, con l'ausilio di un appa-
recchio del tipo di un fonografo, si potrebbe fargli raccontare inin-
terrottamente per diecimila anni l'evento accaduto. Quindi, e cosi i
nostri avversari si affrettano a condudere, la parola nella sua carat-
teristica di forza esteriore e invero solo una parola, unflatus vocis,
un soffio di voce, e, secondo la definizione dei nominalisti medie-
vali, un nihil audibile, un nulla che, si e ascoltabile, ma che natural-
mente al di fuori della sua ascoltabilita non produce alcuna conse-
guenza che passi i limiti della soggettivita di colui che parla. Trala-
sciandone l'esigua appendice fisica, la parola non pu essere consi-
derata come realta autentica ed e soltanto senso, astrattamente con-
cepito.
Il valore magico della parola / S;
3
Personalmente, non starei a difendere l'efficaciafisica del-
la parola contro le suddette obiezioni, dal momento che nella
mia comprensione del mondo non esiste affatto il fisico come
tale, senza la penetrazione con l'energia spirituale e occulta. B,
sono dell'avviso che non il magico dev'essere spiegato da cauSe
fisiche, ma il contrario; ci che ai profani appare come fisico
dev'essere spiegato attraverso forze magiche. Visto che qu.i
c'interessa una via alla comprensione simbolica della vita, e uti-
le per la logica dell'esposizione superare dialetticamente detto
pregiudizio nei confronti della parola. Essa, come l'intera vi-
sione del mondo dei nostri contemporanei, non pecca infatti
contro la fisica, in generale e la seconda legge della termodina-
mica in particolare? Non e una grossolana negligenza della ca-
tegoria dell'ordine, della qualita o se si desidera della forma?
Come se nel bilancio della natura contasse solo la quantita
dell'energia e non la qualita, l'ordine e la forma, quando il sen-
so della seconda legge della termodinamica conduce invece
all'affermazione che e di importanza primaria il modo con Ct
si presenta una data quantita di energia. Persino il calore del so-
le che si da su una superficie di migliaia di chilometri quadrati
in centinaia di anni non e in grado di incendiare anche solo un
granello di polvere, mentre una lente convessa riunisce in fasci
l'energia dei raggi del sole di dieci centimetri quadrati e in po-
chi secondi e in grado di far esplodere intere polveriere e di di-
struggere un'intera citta. Non dovrebbe essere difficile costrui-
re un apparecchio capace di reagire al piu flebile suono di una
determinata frequenza che non si lasci sconvolgere dal boato
degli esplosivi. Una cassaforte resistente al fuoco si lascia quasi
senza fatica aprire con una chiave, mentre il suo contenuto ri-
mane inaccessibile anche ai piu robusti colpi d'ascia. Dobbia-
mo ricordare per l'ennesima volta che Mosca e stata arsa da
una candela del valore di un copeco, ma che la brace piu poten-
te non pu arrecare alcun danno agli altiforni. Si pu inoltte
immaginare, introducendo il concetto delle forze-guida dell'e-
nergetica, come minuscole quantita di energia ottengono mas-
54 / Pave! A. Florenskij
nostro compito dimostrare quanto insegnano, in quest'ambito, la
mistica e la magia: dimostrarlo, affidarsi cioe alle scienze positive,
significherebbe in primo luogo giudicare altre scienze con meto-
do e procedure estranei alle caratteristiche di queste scienze e che
le mettono in discussione apriori, e in secondo luogo trascurare o
'non rispettare l'esperienza diretta su cui si basano quelle scienze e
dalle cui specificita esse procedono. Una dimostrazione di questo
genere potrebbe essere data soltanto dall'esperienza, da indagini
sperimentali, qualora veramente si desse un dubbio sulla credibili-
ta delle testimoruanze della magia e della mistica. Ma questo non e
compito nostro, dal momento che noi ci interessiamo soltanto
della trama e dei singoli fili della concezione del mondo, quando
emergono dall'oscurid del sub-conscio, oltre la soglia della co-
scienza. JI nostro impegno, piuttosto, dev'essere quello di giustifi-
care la possibilit:'1, non di dimostrare l'esistenza degli aspetti magi-
ci e mistici della parola, nella speranza che, superata l'erronea in-
terpretazione della sua impossibilit:'1, ognuno possa piu facilmen-
te ricordare le esperienze personali e conferire una struttura men-
tale articolata alle proprie esperienze che, non trovando finora
adeguate strutture verbali o ostacolate da altre cause mentali, fini-
vano col condurre a un'esistenza ghettizzata, da cortile oscuro
della coscienza, e venivano dichiarate o inesistenti oppure impu-
tabili a una causalid inspiegabile di origine ignota.
2
Compito nostro sara dunque rilevare la possibilid, e ami la
probabilita dell'effetto magico della parola, nella prospettiva di
mostrarne anche l'effetto mistico. La persuasione della potenza
magica della parola, d'altro canto, rappresenta il patrimoruo seco-
lare e millenario dei piu diversi popoli, ed e difficile trovare un po-
polo, e un'epoca nella Sua storia, che non manifesti una fede vivis-
sima in essa. Questa fede era ed e cosi diffusa che bisogna consi-
derarla, trattando di popoli, inscindibilmente connessa all'uso
della lingua, occorre riconoscervi un momento inclispensabile
nella vita della lingua. Epertanto quanto di piu naturale che ci at-
TI valore magico della parola / 55
teniamo, in questa sede, al piu generale e popolare sentimento
della vita, alla ragione onm-umana [obsceeeloveceskomy], e non se-
guiamo nella questione proposta l'accezione negativa del positivi-
smo linguistico, ma poruamo alla base della parola la concezione
positiva dell'intera umarud. Dell'onere della dimostrazione se ne
faranno carico quanti, dissociandosi dall'umanita, sostengono
l'impotenza e il vuoto della parola, contrariamente a tutte le tradi-
ziom della storia.
La maggioranza, la schiacciante maggioranza dei nostri con-
temporanei, non appena ha assaporato la concezione scientifica
del mondo, si e fermamente persuasa che la parola, se agisce, agi-
sce solo come senso razionale, e non riflette minimamente su come
questo senso possa essere trasmesso da una coscienza all'altra e
quali siano i processi interru che rendono possibile la rivelazione
del senso della coscienza. JI segreto presupposto di questa semplifi-
ca:;o;ione estrema delle cose e il dualismo cartesiano nella compren-
sione generale del mondo, dualismo cui non si sottrae nemmeno
un problema specifico come quello della parola. L'uomo consiste
di materia, che e di natura esclusivamente meccanica, e di anima, la
cui essenza va ricercata in modo altrettanto esclusivo nella coscien-
za. J.e due sostanze di Descartes, res extensa e res cogitans, tra loro in-
comparabili, pur avendo perso in evidenza continuano tuttavia a
segnare la comprensione del mondo in ampie cerchie dell' intelligen-
qa; euna verid scontata, per questa, che i processi della reald mate-
riale e il senso che si rivela nella coscienza possano non ayer nulla in
comune; ma se l'anima e il corpo non hanno nulla in comune, se
l'uomo in senso proprio non e una totalid, allora tanto meno la sua
parola pu essere una totalita. Sul filo di questa interpretazione, se-
condo cui la parola non euna totalid, ma e costituita da un involu-
cro esterno e da un contenuto interno organicamente scollegati,
corre l'ostacolo per la comprensione della magia della parola e del
suo effetto sovrarazionale sulla coscienza, sull'anima e su! corpo; di
piu: sull'intera natura dell'uomo.
Che cos'e la parola agli occhi dei piu? Un senso enucleato piu
o meno felicemente; un concetto, plasmato in modo piu o meno
preciso, trasmesso a un altro mediante una traccia sonora e un se-
gnale collegato esternamente al concetto. Un suono connesso con
58 / Pave! A. Florenskij
simi effetti: l'esercito dei demoni distributori di Clerk Max-
welJ!, ovvero di esseri piccoli come molecole e che si muovono
tra le molecole, potrebbe causare, senza dispendio energetico,
ma con un minimo di energia, una tale ridistribuzione dell'e-
nergia cinetica delle molecole che in un punto qualsiasi del-
l'ambiente materiale avverrebbe un innalzamento della tempe-
ratura, un cambiamento della composizione chimica, addirit-
tura un mutamento dell'intero quadro fisico nella direzione in-
dicata da uno di questi demonio Sarebbe sufficiente comandare
a uno di questi esseri di produrre una serie di effetti puramente
fisici - ogni positivista li accetterebbe senza problema _ e si
otterrebbe qualcosa che potrebbe essere definito un che di ma-
gico. Perch respingere l'idea che l'energia, l'energia sonora
della parola, possa essere indiri?:7:ata a un determinato effetto,
e che lo produca indipendentemente dalla sua esiguita quanti-
tativa, sebbene si debba anche aggiungere che i concetti di
quantita e di esiguiti sono concetti limitati? Intanto la parola,
dal punto di vista del suono, non e affatto un suono in senso as-
so/ufo, non e affatto un'energia sonora qualsiasi; al contrario, e
un suono assai articolato che ha un'organizzazione precisa e
raffinata e che, parlando con a W. Ostwald di energia di for-
ma2, dispone di una grande intensiti. La parola, che a prima
vista e qualcosa di semplice, come si e visto, e un mondo di su-
oni ricco e complesso. Potremmo imparare ad apprezzare que-
sto mondo come qualcosa di ricco e multiforme, se il nostro
orecchio non fosse cosi poco educato a distinguere dei brevi
intervalli sonori. Se per esempio noi fossimo in grado di distin-
guere quarti di suono, come quelli il cui udito e stato addestra-
to dalla scala orientale, alIora le modulazioni della parola sareb-
bero per noi accessibili come opere musicali complesse, che
sembrano in miniatura solo per la loro breve durata, ma dopo
un allungamento del tempo si rivelano come una totalita molto
articolata, una sinfonia di suoni. L'organizzazione compiuta di
tutto questo intreccio di suoni, la sua individualita dai contorni
nettissimi, la sua non casualita persino nei piu piccoli dettagli,
risulta tra l'altro dal fatto che la minima modifica del comples-
so unitario dei suoni, una modifica irrilevabile con i mezzi
Il valore magico della parola / 59
dell'analisi fisica, viene percepita immediatamente dall'orec-
chio. Non ci e difficile ascoltare da un insieme di suoni una vo-
ce determinata che noi conosciamo, di rkonoscere, fra tutti
quei suoni, una voce che ci e famigliare. Perfino i piu piccoli
cambiamenti nel timbro - come nel caso di voce rauca -, o le
piu fini flessioni della voce che volentieri si vorrebbero na-
scondere, vengono immediatamente percepite, trascurando il
mare di suoni che ci circondano. Non c'e dubbio, in un modo o
nell'altro il suono penetra nel nostro orecchio e nella nostra
coscienza come la totalita individuale con cui e stato origina-
riamente prodotto. La dottrina di H. von Helmholtz sull'at-
tivita analitica del nostro apparato uditivo, dottrina secondo
la quale ogni suono complesso una volta giunto all'organo cor-
ticale viene scomposto in oscillazioni elementari e sommaria-
mente giunge nel sistema nervoso centrale come accumulo di
oscillazioni elementari dello stesso tipo, di suoni diversi dal-
'impronta individuale, questa dottrina lascia del tutto incom-
prensibile in qual modo noi siamo in grado, dopo ayer scom-
posto il suono e dopo averne estinto completamente la forma
individuale, di strutturare il caos di suoni che si sovrappongo-
no in individualita chiuse e di percepirli con la massima certez-
za, senza mescolarli e senza confonderne i limiti. Anche se si
supponesse una ricostruzione psichica di queste infinite indivi-
dualita sonore, il che e altamente improbabile, non si otterreb-
be niente, perch se la forma del suono non raggiungesse il si-
stema nervoso centrale Ce cosi bisogna pensare secondo von
Helmholtz), allora non sarebbe possibile neanche una sintesi
sonora, perch sarebbe cosa del tutto arbitraria, non posseden-
do in s alcuna base oggettiva e, di conseguenza, si poggerebbe
soltanto su un arbitrio, sul caso, o, detto piu precisamente, sa-
rebbe del tutto impossibile. Si pu infatti costruire qualcosa,
anche arbitrariamente, solo se per la costruzione c'e un model-
lo, non necessariamente per questa percezione, ma almeno per
qualche cosa di paragonabile. Ma se la realta non offre nu//a di
ci, se non esistono certe caratteristiche della forma sonora
nella percezione, allora non si capisce perch possa effettiva-
mente sorgere una simile idea. In altre parole, esiste la forma
60 / Pave! A. Florenskij
sonora individuale quale forza oggettiva, una forza basilare che
provoca la percezione sonora, che organizza il suono e gli ele-
menti sonori comunque essi si caratterizzino, unendoli in una
totaliti. E, una volta creata, questa totalita rimane come un in-
dividuo, come un organismo permanente, e si conserva nel
mondo.
4
Non eun caso che mi sia venuta alle labbra la parola organi-
smo. Riconoscere o non riconoscere la realti della parola porta
in ultimo, direttamente, alla questione se la parola sia un organi-
smo, poich in caso contrario, se non la riconoscessimo come ta-
le, saremmo costretti a considerarla un'unione estrinseca di ener-
ge, e quindi casuale, nonch priva di ogni costanza. La questione
della parola quale organismo ha una lunga storia gi nell'antichiti:
era oggetto di disquisizioni vivaci, in particolare in re1azione al
termine fisiciti. La voce eun elemento fisico, la parola efisi-
ca?, si domandavano gli antichi, ehiedendosi in questo modo se
la parola avesse un SUD corpo proprio, vale a dire se fosse qualco-
sa di duraturo nel mondo oppure no. E aquesta domanda anche
Tito Lucrezio Caro rispondeva: Corpoream quoque enim vocem con-
starefatendum esIJ) - Si deve rieonoseere che anche la voce euna
sostanza eorporea3.
Ma intanto la maggioranza degli intellettuali non vede questa
fisiciti della parola: sotto il proftlo fisico essa e, per loro, solamen-
te un processo, non una struttura stabile. Un organismo aereo tes-
suto da onde sonore pare loro un sogno. Ma, se per riconoscere la
stabilita, questi negatori hanno assolutamente bisogno di
un'identiti materiale, vale a dire di un'autoidentiti numerica di
molecole materiali che son parte del bagaglio di un ente fisico or-
ganizzato, non dovrebbero allora mettere in discussione anche la
loro stessa esistenza di organismi - dal momento che rifiutano
l'aspetto organico della parola -, perch anche illoro fisico, per
non parlare dell'aruma, ein un ineessante fluire, dove continua-
mente qUalche cosa scompare e qualcos'altro sempre di nuovo
Il valore magico della parola / 61
viene reeepito? Perfino il nostro fisieo, che nella sua costanza e
veramente affidabile, rappresenta soltanto un processo di rinno-
vamento costante, un processo che resta identico a se stesso co-
me ogni invariante di rapporti e funzioni, e ci per quanto riguar-
da la firma ehe organizza i processi fisico-chimici, ma non per
quanto riguarda 'identiti numerica degli elementi. Che cosa sia
l'identiti numeriea nella sfera materiale necessita di un urgente
chiarimento, tanto piu in quanto gli energetisti, semplicemente, la
rinnegano. E dunque: questa circolazione attraverso il corpo di
materia densa avviene in maniera relativamente lenta (un comple-
to rinnovamento del fisico avviene in un arco di tempo di 7 anni),
mentre in orgarusmi con un corpo semiliquido e per di piu di pic-
cole dimensioni, ci avviene in un lasso di tempo incomparabil-
mente piu breve, sebbene tali organismi non cessino di essere or-
ganismi, con una struttura interna invariante. Tuttavia, si diti, tutti
questi organismi consistono di materie colloidali e liquide, mentre
i gas che fanno parte del loro bagaglio non hanno in nessun caso
una struttura caratteristica per un dato organismo. Ci sia concesso
il dubbio: senza voler scendere in polemica su tale questione, pa-
riamo il colpo considerando che se le cose stanno cosi eperch i
processi che avvengono nei gas di un organismo non posseggono
sufficiente intensiti per conferirgli una struttura. Per esempio, un
anello di fumo che esee dalla bocea di un fumatore ha senz'altro
struttura, stabiliti e forma, e pu esistere sia in un liquido, sia an-
che in un gas. Perch una tale figura di fumo non dovrebbe essere
in linea di principio il corpo di un organismo vivente? Perch la
possibiliti di un tale essere fatto di gas, vapore o fumo dev'essere
esclusa aprion? Se esistono gli gnomi possono esistere anche gli
elfi e le salamandre, e possedere una sostanza gassosa; ne abbia-
mo gi parlato a proposito della fiamma: la fiamma ha una struttu-
ra propria, in essa avviene un processo di separazione di calore,
nonch una serie di altri processi complessi; si nutre di materiale
combustile, respira bruciando ossigeno, esige una determinata
protezione (una specie di casetta), si moltiplica, e cosi via. Insom-
ma, si provi a toccare la fiamma col dito e si percepiti una leggera
resistenza, come se si attraversasse un involucro elastico che la
circonda, una speeie di pellicola, e che si richiude non appena il di-
62 / Pavel A. Florenskij
to l'ha passata. Il nostro organismo non di rada estato paragona-
to a una fiamma, e si pu del pari paragonare la fiamma con il no-
stro essere che ci enoto da dentro, e non soltanto dal punto di vi-
sta delle sue manifestazioni interiori. Rinnovando il paragone, ci
si riconferma la possibilid di vedere nella parola un organismo
che si scioglie, che si stacca dagli organi vocali, che viene partorito
e che nasce nel grembo della voceo Ci si clira: ma, e tutti gli altri suo-
ni? Anche questi bisogna considerarli esseri viventi? E, se si, dove
corre il limite della vita? Non viene casi soppresso il concetto
dell'essere vivente in s? Per quanto mi riguarda non ha mai detto
niente di simile, ed etutto da vedere se mai lo far; io sottolineo
soprattutto la caratteristica della parola, ovvero che non esempli-
cemente un suono tra altri suoni, un suono tra altri nella natura,
ma ein tutta evidenza un suono articolato, espresso da un essere
vivo, dotato di ragione, cosciente. Ripeto, la parola si sgrava da s,
si svincola dall'organo vocale dell'essere vivente. Ma, mi si diri,
esiste anche una produzione meccanica della parola mediante un
grammofono; certo, ma anche nel caso in cui una parola venga
prodotta da uno strumento, per esempio da un grammofono, in
realta esce da una bocca viva, solo in forma rimandata e conserva-
ta nel grammofono per un tempo indeterminato. In linea di mas-
sima il ritardo non differisce da quello che si da quando si parla al
telefono elettrico o dal radiotelefono, o avvicinandosi alla comu-
nicazione usuale, al telefono via ftlo, o ancora se si parla attraver-
so il telefono a tubo, o ancora piu vicino, attraverso il megafono,
o piu ancora attraverso lo stetoscopio, e infine, semplicemente,
attraverso lo spazio d'aria, perch anche ti la parola non giunge
istantaneamente al nostro orecchio, ma deve superare una distan-
za. Tutti gli apparecchi acustici altro non sano che uno spazio in-
terposto tra colui che parla e colui che ascolta, tra due esseri vi-
venti; ma a parte questi passaggi, in linea di massima continui, dal-
la parola del grammofono alla parola comune, non vedrei alcun
motivo di obiezione se qualcuno insistesse nell'affermare una gra-
dazione piu essenziale quanto all'effetto magico della parola, che
si da attraverso varie trasmissioni. Ritengo assai probabile che esi-
stano simili gradazioni, ma non so quanto siano state accertate.
Esistono esperimenti di ipnosi attraverso il telefono. E fuor di
II valore magico della parola / 63
dubbio che persino il semplice cambiamento della distanza, alme-
no per quanto riguarda gli interventi magici di basso livello, non e
privo di conseguenze.
Casi dunque la parola e, dal punto di vista fisico, un processo
sonoro individuale separata dal resto della natura il cu tessuto ha
struttura assai fine, in linea di principio percettibile anche con
l' occhio, casi come possiamo vedere le ande sonare con il metodo
dello spostamento scoperto da van Toepler e sviluppato da Dvo-
rak, Mach e altri: in una parola, un microcosmo chius
o
, autorganiz-
zato. Questo intreccio di energie sonare naturalmente non si man-
tiene soltanto uguale a se stesso, ma al suo interno avvengono i pro-
cessi piu svariati. Probabilmente sarebbe interessante cercare di de-
lineare in modo piu concreto especifico quell'immagine infinita-
mente complessa del sostrato fisico della parola, che non va trascu-
rato, come pensa invece la scienza attuale, ma non possiamo occu-
parcene, non essendo esso sostanzialmente necessario ai fmi della
questione. Costatata la struttura di questa irnmagine, non ha per noi
piu importanza come essa sia camposta nel particolare; importante
eche tale individualita di parola si muova nello spazio come una to-
talita, e muovendosi part costantemente con s il suo senso. Ora
dobbiamo dedicarci aquesto senso della parola, casi da poterla inda-
gare su! piano dell'effetto magico.
5
Qual edunque la funzione magica del senso della parola? Il
senso di una parola viene definito attraverso il suo semem, e nel ti-
po di formazione del semem va cercata la risposta alla domanda.
Gli strati del semem, i suoi involucri stratif1cati, le sue armature
concentriche, nascono da specifici atti creativi, e ciascuno trova
pienezza in una crescita spirituale che talvolta dura a lungo e che,
in generale, dev'essere sperimentata dall'intero popolo. Ogni stra-
to del semem va considerato il deposito di un processo spirituale
sulla parola, come un precipitato dello spirito che in questa con-
centrazione di se stesso in un dato rapporto emerge per la prima
volta dal mondo subconscio e semiconscio, divenendo creativo, e
64 / Pavel A. Florenskij
qundi si raccoglie in se stesso nel processo di formazione del se-
memo La formazione di ogni strato di semem e dunque un'atten-
zione compatta rivolta a un punto, a una punta: emonoideismo.
Ora, il monoideismo eper la condizione fondamentale di ogni
azione magica. La creazione di un semem enecessariamente magi-
ca, sempre che si ammetta, in generale, l'esistenza di azioni magi-
che. Se esiste qualche cosa di magico, aliora si deve considerare
soprattutto il semem in statu nascendi, nella cui formazione si espri-
me la massima tensione e la piu forte concentrazione dell'atten-
zione. Gli strati di deposito del seme non restano inattivi nella pa-
rola, ma ricordano piuttosto i rotifen che senz'acqua seccano, e
nuovamente si rigonfiano in presenza di umidita. La stessa cosa
succede con il sehem che, una volta creato attraverso la partecipa-
zione di un intero popolo, giace come morto fino a quando la pa-
rola non viene USata, ma quando entra a far parte del flusso del di-
scorso vivo il semem si ridesta a nuova vita e si riempie di forza e si-
gnificato interiori. Equ evidente la disposizione antinomica della
parola. Giunta1l1i dall'esterno, prelevata dalla stanza dei teson del-
la lingua e del popolo, la creazione estranea viene creata ex novo da
me riusandola, viene nuovamente immessa in statu nascendi e ogni
volta diventa piu fresca e nuova. lo sono semicosciente e, analiz-
zando rapida1l1ente gli strati del seme, concentro la mia attenzio-
ne creativa, e la na attenzione non resta solo mia, ma diventa
quella generale, quella del popolo, diventa sovrapersonale, pro-
prio come l'attenzione generale del popolo che ha formato e de-
positato gli strati del seme diventa la mia attenzione approprian-
domi di quella parola. Nella parola io esco dai confini del mio li-
mite e mi unisco alla volonta dell'intero popolo, che supera infini-
tamente la mia volonta individuale, e ci non solo in questo preci-
so momento storico, ma in un modo incommensurabilmente piu
profondo e sintetico: mi unisco con la volonta del popolo che ha
stoncamente troVato la sua espressione cosciente nella formazio-
ne proprio di questo semem in una data parola. La parola esinerge-
tica, l'energia r ..] (il manosmtto in questo punto elacunoso, n.d.r.).
Quasi seguendo i filetti di una vite, la mia attenzione penetra at-
traverso i depositi nel semem e si concentra quanto mai potrebbe
farlo con uno s r ~ individuale. La parola eun metodo, un me-
Il valore magico della parola / 65
todo di concentrazione. Nella parola io dispongo della volonta
storica di un intero popolo raccolta in un punto focale, e non si
tratta di forza, ma semplicemente della capacita di indirizzarla nel-
la direzione da me desiderata. Con la parola che io pronuncio si
mette in moto la mia venta concentrata, la forza della mia atten-
zione accumulata, e si sospinge avanti nello spazio. Se incontro
un oggetto in grado di ricevere un impulso della volonta, aliora la
parola vi provoca quel cambiamento che quest'oggetto ecapace
di sperimentare, e penetra nell'oggetto con tutte le spire della vo-
lonta che estata ridestata in colu che ha pronunciato la parola at-
traverso le spire del seme. Se l'oggetto della nostra parola eun uo-
mo, o un altro essere dotato di ragione o per 10 meno di coscien-
za, aliora questa parola entra, insieme ad altri effetti, e produce, in
virtu di un'ingente spinta di volonta dell'intero popolo, una pres-
sione che obbliga a sperimentare, a vivere gli strati sovrapposti del
semem, a percepirli e a riflettervi, di modo che tutta la sua attenzio-
ne ne risulti indirizzata in quella direzione e venga provocata la
corrispondente espressione della volonta. L'essenza dell'effetto
nasce dal fatto che i depositi del semem non si danno arbitrariamente
nella parola, ma in un certo ordine che epiu che semplicemente
logico. Basta discernere l'estremita del ftlo che la potente volonta
e la complessa ragione del popolo ha avvolto in gomtolo. Esuffi-
ciente afferrare questa estremita in modo che la necessaria conse-
quenzialita conduca lo spirito individuale lungo il ft10, per quanto
lungo possa essere, e questo spirito giungera impercettibilmente
ali'altro estremo, al centro della matassa: giunge a concetti, a per-
cezioni e a un volere cu non pensava mnimamente di sottoporsi.
La forza dell' effetto di una parola suscitata dal suo semem consiste
nella struttura a spirale attraverso cu la parola attira qualche cosa.
La parola eun condensatore della volonta, un condensatore dell'at-
tenzione, un condensatore dell'intera vita dell'anima. Essa adden-
sa la vita nello stesso modo in cu la spugna di platino addensa
l'ossigeno nei suoi pori, provocando sull'idrogeno quell'effetto
straordinario. Allo stesso modo agisce la parola: con maggior for-
za, prima, sulla vita dell'anima in colu che la pronuncia, e poi,
quale effetto, sull'oggetto a cui la parola pronunciata eindirizzata.
Dice bene Vitruvio: Vox est spiritusfluens et aereis ictu sensibilis audi-
66 / Pavel A. Florenskij
tus- La voce eun soffio fluente e, in conseguenza del movimento
dell'aria, percettibile dall'udito4.
Il termine, quale parola delle parole, parola compressa, suc-
co concentrato, sostanziale della parola eprincipalmente questo
condensatore della vita dell'anima. Tutto quanto abbiamo detto
riguardo al semem della parola va detto del termine; einoltre il caso
di riflettere che l'autoaddensamento della volonta non si compie
solamente attraverso un addensamento graduale, ma in modo di-
scontinuo nel passaggio a determinati piani di vita, mediante ca-
dute e innalzamenti di carattere qualitativamente diverso; gli ef-
fetti noti della magia non li si raggiunge perci con l'uso di parole
comuni, per quanto elevato possa essere il grado di concentrazio-
ne personale. Il grado della concentrazione della volonta qui ne-
cessario eun tipo di crescita diverso da quello di cui noi dispo-
niamo usando le parole comuni. Anche se ci fosse possibile un
grado di sforzo superiore a quelli messi finora in atto, tuttavia la
vera via dello sforzo sarebbe molto plI ripida di quella che po-
tremmo percorrere con l'impegno che abbiamo cercato di met-
tercio Soltanto con la parola concentrata, che appartiene a un ordi-
ne superiore della sintesi, si pu raggiungere il necessario grado di
concentrazione. Per quanto forte si soffi dentro un mucchio di
carboni che, supponiamo, sono stati scaldati in acqua bollente,
non cominceranno a bruciare e la stufa rimarra fredda; ma se agli
stessi carboni viene appiccato il fuoco in un sol punto, allora e
sufficiente un soffio per incendiare l'intero mucchio, la stufa si
scalda, il cibo cuoce e i carboni si trasformano in acido carbonico
e cenere. Cosi anche l'effetto magico di un determinato livello
non si da fintanto che l'energia, per quanto presente in grande
quantita, non sia cosi organizzata da raggiungere un determinato
livello, ma poi essa scorre senza fatica ove necessario e produce
quasi da s campi magici come fosse un gioco. E se di tutte le pa-
role, i nomi, i nomi di persona rappresentano il massimo grado di
sintesi, allora enaturale pensare che sullivello successivo di valo-
re magico ai termini e alle formule (e una formula non e
nient'altro che un nome sviluppato) stanno i nomi di persona.
Infatti i nomi, sempre e dovunque, costituivano lo strumento piu
significativo della magia, e non esistono procedimenti magici che
Il valore magico della parola / 67
possano prescindere dai nomi di persona. Non occorre inoltrarsi,
qui, nella disputa se i nomi come tali producano illoro effetto in
abstracto, oppure se l'effetto percorra vie piu complesse e colga il
segno soltanto attraverso la trasmissione delle parole. La questio-
ne cosi posta escorretta, perch la parola dev'essere pronunciata
o scritta, e ci non epossibile senza un contesto sociale.
Ecco perch riconoscere difatto la corrispondenza tra il no-
me e chi lo porta non significa ancora necessariamente - e vorrei
tranquillizzare quanti ne sono allarmati - riconoscere incondi-
zionatamente la natura metafisica del nome. Per parlare dei nomi
come di tipi della struttura individuale dell'anima e del corpo non
e necessario riconoscervi delle sostanze mettifisiche: e sufficiente
per riconoscere che si comportano come talio Si pu addirittura
negare ai nomi la qualita di energie autonome, e con questo pri-
varli della caratteristica di sostanze (ma, secando la parola dei
Santi Padri, soltanto il non-essere non ha energia); si pu abbrac-
ciare una prospettiva nominalistica; si pu rifiutare, in generale,
ogni metafisica, e ci nonostante considerare le affermazioni ba-
silari dell'onomatologia come una generalizzazione corretta della
realta. Ma come nel caso che si riconoscano i nomi quali sostanze
metafisiche enecessaria una spiegazione gnoseologica della loro
natura, cosi epure necessario, quando se ne neghi la natura meta-
fisica, spiegare come sia possibile che i nomi abbiano in un cer!o
senso energie proprie e queste siano in un cer!o senso ontologiche, e
come questo avere in un certo senso ed essere in un certo sen-
so voglia dire non avere e non essere. L'onere della spiegazione
empirica consiste nello scoprire perch i nomi si presentano con
un'energia propria e, dal punto di vista ontologico, con un essere
proprio.
E evidente che se i nomi non avessero energie proprie, do-
vrebbero essere interpretati come punti focali di altre energie, e se
non avessero un'essenza propria, come specchio di altri esseri.
Dato che nell'indagine empirica di fenomeni sociologici, di cui
fanno parte anche quelli onomatologici, l'unica realta ammessa e
l'ambiente sociale, le uniche energie ammesse sono le energie di
questo ambiente, allora l'obiettivo e spiegare in qual modo le
energie dell'ambiente sociale si raccolgano in quelli che sembrano
64 / Pavel A. Florenskij
quindi si raccoglie in se stesso nel processo di formazione del se-
memo La farmazione di ogni strato di semem edunque un'atten-
zione compatta rivolta a un punto, a una punta: emonoideismo.
Ora, il monoideismo eper la condizione fondamentale di ogni
azione magica. La creazione di un semem enecessariamente magi-
ca, sempre che si ammetta, in generale, l'esistenza di azioni magi-
che. Se esiste qualche cosa di magico, allora si deve considerare
soprattutto il semem in statu nascendi, nella cui formazione si espri-
me la massima tensione e la piu farte concentrazione dell'atten-
zione. Gli strati di deposito del seme non restano inattivi nella pa-
rola, ma ricordano piuttosto i rotiferi che senz'acqua seccano, e
nuovamente si rigonfiano in presenza di umidita. La stessa cosa
succede con il semem che, una volta creato attraverso la partecipa-
zione di un intero popolo, giace come morto fino a quando la pa-
rola non viene usata, ma quando entra a far parte del flusso del di-
scorso vivo il semem si ridesta a nuova vita e si riempie di forza e si-
gnificato interiori. Equi evidente la disposizione antinomica della
parola. Giuntami dall'esterno, prelevata dalla stanza dei tesori del-
la lingua e del popolo, la creazione estranea viene creata ex novo da
me riusandola, viene nuovamente immessa in statu nascendi e ogni
volta diventa piu fresca e nuova. lo sono semicosciente e, analiz-
zando rapidamente gli strati del seme, concentro la mia attenzio-
ne creativa, e la mia attenzione non resta solo mia, ma diventa
quella generale, quella del popolo, diventa sovrapersonale, pro-
prio come l'attenzione generale del popolo che ha formato e de-
positato gli strati del seme diventa la mia attenzione approprian-
domi di quella parola. Nella parola io esco dai confini del mio li-
mite e mi unisco alla volonta dell'intero popolo, che supera inflni-
tamente la mia volonta individuale, e ci non solo in questo preci-
so momento storico, ma in un modo incommensurabilmente piu
profondo e sintetico: mi unisco con la volonta del popolo che ha
storicamente trovato la sua espressione cosciente nella formazio-
ne proprio di questo semem in una data parola. La parola esinerge-
tica, l'energia [...] (if manoscritto in questo punto eiacunoso, n.d.r.).
Quasi seguendo i flletti di una vite, la mia attenzione penetra at-
traverso i depositi nel semem e si concentra quanto mai potrebbe
farlo con uno sforzo individuale. La parola eun metodo, un me-
Il valore magico della parola / 65
todo di concentrazione. Nella parola io dispongo della volonti
storica di un intero popolo raccolta in un punto focale, e non si
tratta di forza, ma semplicemente della capaciti di indirizzarla nel-
la direzione da me desiderata. Con la parola che io pronuncio si
mette in moto la mia veriti concentrata, la forza della mia atten-
zione accumulata, e si sospinge avanti nello spazio. Se incontro
un oggetto in grado di ricevere un impulso della volonta, allara la
parola vi provoca quel cambiamento che quest'oggetto ecapace
di sperimentare, e penetra nell'oggetto con tutte le spire della vo-
lonta che estata ridestata in colui che ha pronunciato la parola at-
traverso le spire del Seme. Se l'oggetto della nostra parola eun uo-
mo, o un altro essere dotato di ragione o per lo meno di coscien-
za, allora questa parola entra, insieme ad altri effetti, e produce, in
virU di un'ingente spinta di volonta dell'intero popolo, una pres-
sione che obbliga a sperimentare, a vivere gli strati sovrapposti del
semem, a percepirli e a riflettervi, di modo che tutta la sua attenzio-
ne ne risulti indirizzata in quella direzone e venga provocata la
corrispondente espressione della volonta. L'essenza dell'effetto
nasce dal fatto che i depositi del semem non si danno arbitrariamente
nella parola, ma in un certo ordine che epiu che semplicemente
logico. Basta discernere l'estremiti del filo che la potente volonta
e la complessa ragione del popolo ha avvolto in gomitolo. Esuffi-
ciente afferrare questa estremiti in modo che la necessaria conse-
quenzialiti conduca lo spirito individuale lungo il ft10, per quanto
lungo possa essere, e questo spirito giungera impercettibilmente
all'altro estremo, al centro della matassa: giunge a concetti, a per-
cezioni e a un volere cui non pensava minimamente di sottoporsi.
La forza dell'effetto di una parola suscitata dal suo semem consiste
nella struttura a spirale attraverso cui la parola attira qualche cosa.
La parola eun condensatore della volonta, un condensatore dell'at-
tenzione, un condensatore dell'intera vita dell'anima. Essa adden-
sa la vita nello stesso modo in cui la spugna di platino addensa
l'ossigeno nei suoi por, provocando sull'idrogeno quell'effetto
straordinario. Ano stesso modo agisce la parola: con maggior for-
za, prima, sulla vita dell'anima in colui che la pronuncia, e poi,
quale effetto, sull'oggetto a cu la parola pronunciata endirizzata.
Dice bene Vitruvio: Vox est spiritusfluens et aereis ictu sensibifis audi-
68 / PavelA. Florenskij
deipuntifocali, definiti col termine <<llomi, e perquale motivo
questipuntifocali, puressendoapparenti, sembn"no esseredelle
realti.
1nomi- sostienel'empirista- nonsonorealti.
- Pudarsi,mal'umanitali prendepertalio
1nominonhannoenergia- proseguel'empirista.
- Pudarsi, mal'umanitiglienericonosce.
1nominonpossonoessereformulecreativedellapersonali-
ti- argomental'empirista,tirandocosileconc1usionialiesuepre-
messe.
Alcontrario,bastalaconvinzionedeipopoliperfare deino-
miifocolai dellacreazionedellapersonaliti.L'umanitapensain-
fattiinomicomeformesostanziali,comeessericheformanoilo-
roportatori,qualiprimaeranodei semplicisoggettinoncaratte-
rizzati.Sonocategon"edell'essere.Esel'ambientesocialeritieneche
sianocategorie,questoalloraesufficienteperfarlidiventareimpe-
rativi sociali.Unimperativo,espressoneiconfrontidiunambien-
tee dell'individuo,egiaunaparolacreativa. 1nomisonoespressi
conunsia(chediventi)formatodaliasostanzadellesueparti.Co-
siinomidiventanouncreativochediventi,cheformaimembri
dellasocieti.Essihannounsignificatonormativo,etuttociche
etropporigido peraccoglierel'improntadeinomivieneespulso
daliasocieti,equindideperisce,oppuredivental'iniziodiluoghi
comuninuoviepiusolidiperlegenerazionifuture. Se peresem-
pioaunbambinovienedatoilnomeNapoleone,findabambino
cisiaspetterannoazioninapoleoniche,operlomenosi cerchera
dieliminare tutto cichepotrebberappresentareunanegazione
degli attinapoleonicinellasuapersonaliti.Ilfatto cheil neonato
vengabollatocomeNapoleonesidaaogniora,aogniminuto,
dovunqueedaciascuno,attraversolavolonticollettivadelpopo-
lo. Ecomeun'ipnosidi massa, chenonpuessere compresase
nonconsiderandochequesterelazionipossanoaveredeglieffetti
sudilui,produrredeglieffettinapoleonici.Leleggendedeisanti,
allivellopiualto,eisoprannomiallivellopiubasso,lefigurenelle
favole,neiproverbieneimodididire,itipiletterari,leosservazio-
ni nella vita quotidiana, tutte queste cose conferiscono ali'im-
magine che l'uomoha del carattere di questo e quelnome una for-
Il valoremagico della parola/ 69
maspecifica,unacertezza.1nomihannoqualchecosadidefinito
ecompiuto.Ogninomeeunmondoproprio,cruusoins. Que-
sta e lapn"ma condizionedell'umaniti. E la seconda echeil nome
cometale,ogninome,hainvolontariamenteuneffetto,nonpu
cioerestaresenzaeffettosucoluicheloporta,ecirisulta,come
detto,unimperativo. Seinomihannouneffetto,alioraognisingo-
lo,Ivan,Pavel,Alexander,dev'esserecosio cosi;alioraognisin-
gola nonpufar altro che corrispondereal proprio nome. Cia-
scunohapercidavantiai propriocchil'imperativodivivere se-
condoil proprionome,direnderegiustiziaalcompitodelnome.
E seancheunononpresentassenelcaratterealcunadisposizione
intalsenso,cercherebbetuttaviadiapparire cosicomeilnomegli
richiede;lamascheracheportafindali'infanzia,nell'etamaturasi
confonderacolsuovolto.Civalgaaspiegare,schematicamente,
perchi nomirealmentedivengono sintesisuperiori,rappresen-
tandocosiilcontenutofondamentaledellascienzastorica.Ecie
unesempiodicomesipossaparlaredimagiasenzatoccarelame-
tafisica.Manonpensosiautiletemerelametafisica,essendoanzi
dell'avviso che tale spiegazione non basti a esprimere tutti gli
aspettidell'effettomagico.
7*
Rimane nonchiarita, soprattutto,l'unionetrafonema e seme-
ma, sucuiveramentesibasalaparolainquantototalita.Sulpiano
linguisticotaleunioneecostituitadalmorfema, inquantodaunlato
esso determinaisuonidei fonemi, edall'altro sviluppa, apartire
dal significatooriginariodellaparolachepureedato dalmorfe-
ma,tuttalapienezzadei depositidel semema.Ancheil puntodi
concentrazione magico della parola sarebbe da ricercare nello
stessopuntodoveabbiamorinvenutoilcentrodiconcentrazione
linguistico.Seattraversoilmorfema,cherappresentaladupliciti
disuonoprimarioesensoprimario,sisaldanellaparolailsuonoe
il senso, aliora bisogna supporre che, nella sua sfera magica, il
morfemadellaparolaunisceinsl'effettoultrafisicodelfonemae
l'effettoinfrapsichicodelsemema,agendocosiinentrambeledi-
70 / Pavel A. Florenskij
rezioni, oppure, piu precisamente, produce degli effetti che si tro-
vano Ira la sfera puramente fisica e la sfera puramente psichica, fa
cioe parte della sfera celata nel senso diretto della parola. In altri
termini, nell'espressione individuale di cio che e definito come
forma, la parola si carica, attraverso gli organi che la producono,
di un'energia particolare. Ora, non e tanto importante il nome che
diamo aquesta energia - energia nervosa, o astrale, fludo, o altri
termini di questo tipo -, perch ne conosciamo troppo poco le
caratteristiche e siamo percio piu inclini a mescolare energie mal-
ta diverse tra loro. Consapevoli della nostra ignoranza vogliamo
definire questa energia, aqueste energie, come si presentano, e te-
nerne a mente soltanto la caratteristica individuale, ovvero che
queste hanno dei tratti non distinguibili che appartengono sia alla
sfera psichica sia aquella fisica.
Ma, prima di tutto, esistono energie simili? E possono venir
prodotte dali'organismo umano? Ritengo che aqueste domande
non si possa dare una risposta negativa, dopo tanti esperimenti che
hanno attestato che scaturiscono dal carpo; dopo che, con l'ausilio
di fJ1tri, sano state fotografate e analizzate; dopo che e stato verifi-
cato come possono attirare e respingere masse pesanti. Per non
perderci nei dettagli ricordiamo soltanto gli esperimenti di Paul
Juar, con un apparecchio che lu chiamava stenometro e che consi-
ste in un lancetta che poggiando su un perno, appeso a un fJ10 di se-
ta, gira leggermente sotto una campana di vetro. Una scala permet-
te di leggere per quanti gradi la lancetta dello stenomeno oscilla. La
forza di queste oscillazioni e individuale e dipende dalia forza di
nervi del soggetto sperimentale, tenendo canto che in un uomo sa-
no ha piu forza la mano destra della mano sinistra, mentre nel caso
di nevrastenici la mano sinistra porta la lancetta dello stenometro a
un'oscillazione maggiore di quamo non faccia la destra e che negli
isterici, dopo la crisi, la forza scaricatasi sparisce del tutto. Juar ha
dimostrato una volta ancora che la forza dei nervi si puo trasmette-
re e viene immagazzinata in diverse materie: alcune la imrnagazzi-
nano bene, altre maleo La quantiti di forza che J uar ha analizzato e
esigua, ma non si tratta dell'entiti, bensi di riconoscere in linea di
principio tale forza. Pur trattandosi, negli esperimenti descritti, di
quantita di forza molto piccole, tuttavia non vi edubbio che la
Il valore magico della parola / 71
quantiti di forza possa essere aumentata, con adeguati procedi-
menti, illimtatamente. La scelta dei portatori adatti, il tipo, il modo
di creare loro le condizioni favorevoli per l'emanazione della forza
attraverso l'anestesia, l'ipnosi, il fumo ... : tutto cio modifica - con
i diversi effetti sul sistema nervoso, o, piu precisamente, sugli orga-
ni a esso collegati sull'emanazione dell'od-l'emanazione dell'od
stesso. Una volta che yerra riconosciuto che l'uomo puo passare i
propri limiti, anche in maniera esigua, si sara aperta la via al ricono-
scimento di effetti di qualunque entiti. L'esempio dei fenomeni
mediatici, dove non si tratta piu soltanto dell'oscillazione della lan-
cetta leggera di due decimi di grado sullo stenometro, ma del fatto
che pianoforti da concerto e tavoli vengono spostati o addirittura
sollevati, chiarira meglio l'idea.
8
L'emanazione di od aYVene nei punti della superficie corpo-
rea in cu terminano determinati nervi importanti. Per la fmissima
innervazione degli organi vocali e necessario un sistema nervoso
malta sviluppato. L'atto della parola, del discorso, persino del di-
scorso piu banale e l'apice della maturiti interna di un determina-
to processo, il grado ultimo della soggettiviti e il primo
dell'oggettiviti. La pronuncia di una parola somiglia a quel mo-
mento in cu un aereo in decolla si egia staccato dalia pista nella
parte anteriore e ancora la tocca nella parte posteriore. Intelligen-
te o sciocca, profonda o superficiale, la parola e il massima che
una persona puo dare quand'e matura e non puo far altro che
sciogliersi verso l'esterno. Se pero si scioglie verso l'interno e non
indirizza la sua forza a cio cui e destinata, aliara questa puo risulta-
re rovmosa.
Le parole dell'amore che non ha detto
N ella mia anima mi bruciano e mi flagellano
s
.
Ecco: le parole bruciano e ustionano perch non si sano potu-
te pronunciare quando era il momento di farlo. Eppure e la funzio-
72 / PavelA. Florenskii
nedelIeparolequelIadivenirpronunciate,epenetrandonelI'anima
altmiprodurreilloroeffetto.Laparolaepertantolamassimama-
nifestazionedelI'attovitalediognipersona,la sintesidituttele sue
azioniereazioni,lascaricadellivelIodivitainteriorechesieaccu-
mulata,l'affettocheedivenutomanifesto. In origine, quandoan-
cora si dominavameno la parolae la vita interiore spezzava con
maggiorpressionelo stratosottiledellacoscienzadelIavitadiogni
gomo, o quando gli uomini erano piu prossimi alla sorgente
delI'estasiparadisiaca,laparola, secondolepiurecentitesi deilin-
guisti, nonveniva pronunciata, mapiuttosto si liberava dal petto
colmodieventiediesperienzesovracoscienti.Eraunaparolatotal-
mente creativa, che estaticamente si tuffava nel mondo. In quel
tempolaparolanondetta,nonpronunciata,veramentehalacerato
edivoratoilpettoincueraserbata.Infine,occorreraricordareche
lamassad'ariacheformalaparolasioriginadirettamentedaipunti
di concentrazionedel nostro fisico e chevienenutritaepermeata
dall'od nelIa misuraincu ci epossibile a uncerto organismoin
unacondizionedimassimaattenzioneinteriore.
Riassumiamo quantoabbiamo detto. Tuttoci che sappia-
modelIaparolaciconfermainqualealtogradoessasiacaricadel-
le energeoccultedelIa nostraessenza: energechevengonoim-
magazzinatenelIaparolaecheconogniusodelIaparolaulterior-
mentesiaccumulano.Traglistratidelsememasitrovanodeposi-
tate riserve inesauribili di energa, flussi di energa di milioni di
labbra vi sono confluite. 11 secondo aspetto di questo arricchi-
mentodel senso delIa parolael'innalzamentodellivelIoocculto
delsemema,l'arricchimentodelIamolteplicidoccultadelIaparo-
la,delIatotalid.Laparolavienescopertapronunciandolacomeil
violinovienescopertosuonandolo.11 verosignificatodelIaparola
lo si hapronunciandola,cosi comele qualita delviolino si com-
prendonosuonandolo,similmenteaunagocciadi miele cheriu-
nisceinsisucchipiusvariatidelIe piantepiudiverse. Laparola
diventaoltremodouncoagulodi od finemente strutturatoe stra-
ordinariamenteaddensato,cheeinsolitamentedurevoleeconser-
va la suaindividualita occultapersecoli. In generale continuaa
'-{
crescerenelIa direzionechehaassuntoincerti casi specifici, ma
puanchedisgregarsiemorirepercauseinterneo esteme.
Ilvalore magicodella parola/ 73
9
AbbiamoosservatorapidamentetuttietreicerchidelIapa-
rola,eabbiamoappurato,perciascunodi essi,chela parolaeun
piccolomondochiuso,unorganismochemostraunastrutturafi-
neeunacomposizionecomplessafortementeaddensata.Ora,se
siamostaticosiaudacidadefinireciascunodeitremomentidelIa
parolaunorganismo,allora abbiamo ancorapiumotivodi defi-
nirla tale in quanto totaliti. Essa presenta il momento fisi-
co-chimico che corrisponde al corpo, e il momento delI' od che
corrispondealcorpoastrale.Dettoaltrimenti,laparolainquanto
prodottodelIa nostraessenzanelIa totalideeffettivamenteil ri-
specchiamentodelI'uomo,ese la basedelIaparolarappresentail
rispecchiarsidelcaratterenazionaleo addiritturadelI'umanitiin-
tera, alIora, secondo la suddetta antinomia, questo rispecchiarsi
delI'umaniddiventailrispecchiarsidelIamiapersonaleumanide,
attraversodime,laparolarispecchiaetrasportaleinfluenzedico-
lorochehannoformatolamiapersonalid;personalitinoninte-
sainsensopuramentepsicologco, mainsenso totale,integrale,
quale i Santi Padri hanno espresso nel termine ipostasi, anima e
corpoecorpoastralenelIalorounitiindividuale.Sipudiscorre-
redelfattochenelIaparolaemergonoigenidelIamiapersonalita.
Entrandoconlamiaparolainun'altrapersonalidaproinessaun
nuovo processo di personalid; entrando come per caso nel-
l'ambitoinculaparolasiunisceconlasuarisposta,cheperlasua
formazione necessita di questa parola, unita alI' amen delI'ac-
cettazione,laparolavienesottopostaaunprocessocheedifficile
nondefinirecariochinesi, divisionedelIecelIule.TaledivisionedelIe
celIuledelIaparolavaintesacomelacelIulaorignariadelIaperso-
nalid,perchanchelapersonalitaaltrononecheunaggregatodi
parole sintetizzato nelIa parola delIe parole, ovvero nel nome.
Effettivamente una parola, non appena epenetrata in un'altra
personalitieviestataasuavoltaaccettata,sidivideinsoggettoe
predicato,formandoinquestomodounafrase. In questafrase il
soggettoe il predicatoalorovolta si dividono formando nuove
frasi: cosiil processo delIa continuadivisione ampliala parola e
forma nelIa personalidnuovi tessuti che a loro voltadiventano
1"
111
I
I
1
I
I
1
I
III
I
1,
1111
74! Pave!A. Florenskij
fecondi nonappena si sano sviluppati oppure,dettoaltrimenti,
nonappenalaparolacreatricechenestaallabase,echeepenetra-
tanellapersonalita,ematurataal puntogiusto.
10
Confrontiamodunquelaparolaconilseme,ildiscorsoconil
genere,ilparlarecolprincipiomaschileel'ascoltarecolprincipio
femminile, l'azionesulla personal idconil processodella fecon-
dazione. Ilparagone nonenuovo,e nonc'e rappresentante del
pensieromsticodell'antichitachesiaestraneoatali paragoni.
Pensiamoa Platone,chesulla scia di Socratehasviluppato
una teoria erotica del sapere: il tendere al sapere eil desiderio
d'amore, la non-espressione del sapere nonancora maturo e la
gravidanza;l'aiuto cherendepossibilel'espressioneela maieuti-
ca; la comunicazione del sapere e la fecondazione, la dottrina e
comelatensionedelleanimealparto,ecasivia. Eccocosaascol-
tiamo,aognipasso,daSocrateedaPlatone. E sepensiamoche
l'Accademiaeratotalmentecostruitasuiprincipidellagnosieroti-
ca,ilioranonci saradifficileseguireil pensierosecandocuileaf-
fermazioni di Platonenonsanosemplicimetafore,sempliciana-
logiesuperficiali,maesprimonol'essenzadellacosa.E infattian-
chePlatonevedevala similitudinedel seme nellaparola. D'altra
parteil semedi cuiparlala parabolaevangelicadelseminatore,
secandola spiegazione che ne ha dato il Salvatore e la parola
(Mc 4, 14). Questoparagonelotroviamo ininnumerevoli passi,
neipiu svariati autori. Maqui nonvogliamo citare singoli passi,
quanto piuttosto approfondire ulteriori elementi del paragone
studiato.
L'uomo ha una struttura polare, la parte superiore corri-
spondeesattamentealla parteinferiore. Il polo superioreeinfe-
riore sano omotipici e il sistema urogenitale del polo inferiore
corrisponde,dalpuntodivistadegli organiedellefunzioni,esat-
tamenteal sistemarespiratorioevocaledelpolosuperiore.1nol-
treil sistemael'attivitadelsessotroyanolaloroesattacorrispon-
denzapolarenelsistemaenell'attivitadellavoce.Nonequestala
Ilvalore magicodellaparala! 75
sedeperapprofondireil rapportodirettodeiduesistemi.Sottoli-
neiamo soltanto chele secrezionidel sesso e quelle della parola
sano omotipiche, le ultime maturano comele prime ed escono
all'esternoperla fecondazione. Vieuncertoparadossoinsitoin
questaomotipia,elosismarriscesenonsitieneincantocheil se-
meapparentementeesolounagocciadiliquido:inventaeunes-
serealtissimamentemisterioso,unessereintelligente,comedice-
vanogliantichi,poicheil portatoredella forma, di qualcosadi
piusapientedi quantoil piusapientepotrebbeescogitare,dellara-
gioneoggettivaediquellasoggettiva,delpensiero;einoltreecari-
ca di energie occulte il cui scambio rappresenta il centro dello
scambiotraisessi. TI semehacioeil suomorfema,il suosemema
eilsuofonema:equestaelaparola,cheproduceillegamesoprat-
tuttodapartedell' ousa umana.Tuttocichesidicecontralapa-
rolapronunciata,controla suapresuntanullita, ugualmentevale
peril seme,salvochequil'accentononvatantosullainsignifican-
zamaterialedellagocciadiseme,masullasuamancanzadistrut-
turaedisignificato,mentreleobiezioniallaparolamuovonocon-
trola suamaterialita.Sipuodirecontrolagocciadi semecioche
sivuole,losipuoconsideraresolounliquidoeper- dipiuquanti-
tativamenteinsignificante:esso tuttaviaoriginail concepimento,
nenasce unuomo. E perquanto si possa ritenereinsignificante
ancheildiscorso,essoagiscetuttavianelmondoesicreail suosi-
mile,ecomeilconcepimentononnecessitadi unacoscienzaper-
sonale,casianchela fecondazioneattraversola parolanonesige
la consapevolezza,perchla parola egil! nata dentro la societa,
ovveroda uncreatarediparole,o,piuprecisamente,dauncolti-
vatoredi parolechegia esistevano. Questoeil motivopercuila
parolamagicamentepotente,almenosuilivellibassidella magia,
nonnecessitaassolutamentedellosforzodivolantaindividua1e,o
addiritturadellacomprensionechiaradelsuosignificato.Ela pa-
rolastessacheconcentral'energiaspirituale;essa,inuncertosen-
so,senenutre,quandoesistela minimavolantadi pronunciarla,
cioe unminimo sforzo interiore. Se poiha preso vigore o, piu
esattamente,hasviluppatole suepotenze,ci eproprioinvirtu
delcontattoconlo spiritoche,al disopradellesueintenzioni,le
haconsentitodiavvicinarvisi,muovendonelladirezionecheindi-
76 I PavelA. Florenskij
cal'atto della suaintenzione. Unaguaritrice, conle sue formule
mormorateilcuisignificatonemmenoleicapisce,ounsacerdote
chepronunciapreghierepartidellequalisonoalui stessoincom-
prensibili, nonsonoaffatto fenomeni assurdi, come superficial-
mentepusembrare.Nonappenaquellaformulavienepronun-
ciata, eindicata e fissata la relativa intenzione- ilproposito di
pronunciarela formula. Si stabilisce cosi ilcontattotraparola e
persona,e dunqueecompiutol'attopiuimportante. Ilresto av-
li; vienedas,invirtlidelfattochelaparolagiaesistecomeorgani-
smovivente,construtturaedenergieproprie.Certo,unamiglior
comprensione, una maggiore immedesimazione e una volonta
1;
In
piufortesarebbero,naturalmente,fattorifavorevoliperilrivelar-
I1
'1
si dellaparolanel casospecifico; maquesto fattore purificame-
glio i passaggi occlusi verso la parola di quanto producano essi
stessil'effetto edopounprimosuccessoinizialeancheminimo,
certamentenonepiunecessario.
1Florenskij fa quiriferimentoallateoriastatisticadelladistribuzionedellemolecole
diungasidealeelaboratadaC. Maxwell.L'ideadel"demonedistributore"elapersoni-
ficazione di unodeiparametridiquesta teoria.
2 W. Ostwald,Die Energie, Leipzig 1905,p. 144.
3 Lucretius,De rerum natura IV, 526-527.
4 Vitruvio,De architectura, V, 3.
5 K. Bal'mont,Slova ljublJi, Moswa1900.
*Sianel manoscrittoche neldattiloscritto il sestoparagrafoemancante
SulnomediDio
....
Su! nomediDio/ 79
Perchladisputadi Athos! neinostritempiepraticamente
cessata,enonestatapiuportataavanti?
Perch concentriamo la nostra attenzione troppo poco
sull'indirizzo generale, sullelinee fondamentalidellanostravita,
del nostro pensiero e delle nostre azioni. Pertanto,adesso, non
vogliooccuparmididettagli,madellequestionidifondosollevate
dalla disputadiAthos.
Solitamentenonsi affrontalaquestioneapartiredalpunto
di vista corretto,vale a dire dai suoi presupposti fondamentali.
L'errore nasce dalla mancanza, insita nel nostro tempo, di una
comprensione generale del mondo; ciascuno si accontenta di
frammenti e di pezzidelle piu svariate idee, cosache nonrara-
menteportaall'errore,perchilpensieroaccettadellecondizioni
incuiegiainsitoil rinnegamentodelcristianesimo,ci sanogiai
germidi questorifiutocheimmancabilmente,econtrala suavo-
lanta, necessariamente conducono l'uomo al rinnegamento di
tutto.
Ma si possono indicare alcune esperienze concrete attuali
sulla cui scortaepossibile accostarsial problema. Vi sanooggi,
nellanostravita,lavisionedelmondoortodossaemttaunaserie
divisionichecontengonoins stesseideenonortodosse,o con
condizioni che alla lunga inconsciamente conducono all'imbito
nonortodosso.Dalpuntodivistaesterioresidistinguonoappena
dall'ortodossia,perchle lorotesi sanoformulateinmodoquasi
identico,percuiladifferenzatraquesteel'ortodossianonconsi-
steinquestaoquellaformula,manell'indirizzogeneraledelpen-
Slero.
Senoiformuliamolanostravisionedelmondosenz'altrose-
candoil senso dell'ortodossia, in realti ci siamo discostati gra-
dualmenteequasisenzaaccorgercenedallastrutturadellavitaec-
clesialeecitroviamosullastessaviadelprotestantesimo.Eccoun
esempio
2
: al postadellacandeladi cerachehaunsensocasipro-
fondocisanonellenostrecruesetubidilattaneiqualivieneversa-
toqualcosa,nonolio,maunaqualchemiscela.Alpostadellaluce
naturalesimbolica,abbiamounaluceelettricaprivadivita,ilvino
nonevinod'uva,comesetuttoquestofosseindifferente;lanor-
manonviene seguita, le formule del culto vengono modificate
80 / Pavel A. Florenskij
subendo una trasformazione molecolare. All'inizio le singole pa-
role della lingua ecclesiastica slava vengono sostituite da parole
russe, poi interi passaggi, poi tutto erusso. Ma una volta che si
cambi la nostra liturgia ed essa non corrisponda piu all'ordina-
mento e alla norma, allora ecruaro che cosi il culto viene imman-
cabilmente falsificato.
Certo, ciascuna di queste sostituzioni epiccola e di poca im-
portanza, ma senza entrare nella discussione se sia veramente pic-
cola o no, viene da cruedersi: che cosa significa tutto questo? Per-
ch un qualche significato lo dovra avere questo soppiantare tutto
ci che eecelesiale, e in s deve apparire come un processo ineso-
rabile di cm non si intravede la fine.
Alla base di questo fenomeno sta la mancanza del timore di
Dio. Il timore di Dio significa la sensazione di trovarsi costante-
mente faccia a faccia con l'Essere Supremo, di sperimentare con-
tinuamente con tutti i nostri sensi, con tutto il nostro organismo,
con tutto il nostro essere uno strato ontologico a cm le nostre mi-
sure consuete non si adattano. Ela mancanza di questo sentimen-
to che ci induce ai cambiamenti nel culto. Noi non ci permettia-
mo di fare dei cambiamenti in un appartamento altrui, di spostare
mobili, di modificare la biblioteca, ma nella Cruesa lo facciamo
senza conoscere i motivi segreti che determinano l'esistenza
dell'ordinamento; in una parola, ci comportiamo come se non
fossimo in una casa di Dio, ma in un'istituzione umana.
La causa di tutto ci ela mancanza dell'ontologico nella no-
stra visione del mondo; noi non portiamo a termine alcun pensie-
ro e dimenticruamo continuamente che cosa eautentico e che co-
sa esecondario in un fenomeno. Dimenticruamo che la nostra re-
alti esoltanto l'imitazione di un'altra realti superiore, e che non e
un valore in s, ma eportatrice di un'altra realta piu alta. Dimenti-
cruamo che il culto a Dio non euno spettacolo su un palcosceni-
co, ma la rivelazione di un altro strato nella nostra sfera dell' es-
sere.
Una simile visione del mondo, una simile comprensione del
mondo eespressa molto raramente in termini cruari, evero, ma
tanto piu difficile eda combattere e tanto piu gravi e pericolosi
sono i suoi effetti. E un po' come nel caso di un incendio latente.
Sul nome di Dio / 81
Ce il fumo, non epossibile cruudere la stufa, ma non si sa dove si
trovi il fuoco e il carbone che brucia. Una tale comprensione del
mondo pu essere caratterizzata come una visione non religiosa,
come positivismo.
Questa visione si eformata e ha atteccruto nella societi russa
per motivi sia storici, sia psicologici. Il protestantesimo general-
mente elegato a correnti dualistiche, e queste nella Rus' erano
ampiamente diffuse. Il bogomilismo3, la cm diffusione e stata
ostacolata al Sud, si espinto al Nord, contagiandone la popolazio-
neo Da qm il rifiuto di tutto ci che riguarda la carne presente nel
popolo semplice e nell'intelligencija L. Tolstoj, Sonata a Kreuzerj,
un ascetismo non per amore di Dio, ma dovuto a una sensazione
di ribrezzo nei confronti del corpo e del mondo. Inoltre, si pre-
suppone segretamente l'inconciliabiliti tra Dio e il mondo,
l'impenetrabiliti del mondo per Dio, e di qm si nega la possibilita
di una trasfigurazione del mondo e della risurrezione del corpo.
Dal punto di vista ftlosofico questo epositivismo, agnosticismo
(poich, se si traduce ftlosoficamente l'idea dell'inconciliabiliti di
Dio e mondo, allora si arriva all'agnosticismo che afferma
l'impermeabiliti tra essere e Veriti). Il punto di vista ortodosso
vede invece il mondo permeato dai raggi della Veriti, vede in que-
sto mondo un altro mondo, scorge nell'essere delle creature il
simbolo di un altro mondo. Il rinnegamento del nome ecosi il
rinnegamento della possibiliti del simbolo.
Il concetto di simbolo eil punto decisivo nella questione del
nome di Dio; il rinnegamento del nome eun attentato a questo e
un tentativo di distruggere tale concetto. Rinnegare il nome ecosi
pericoloso proprio per il fatto che questo atteggiamento epene-
trato segretamente dappertutto. Non ha rappresentanti di rilievo
e sembra che nessuno abbia precisamente la colpa della sua nasci-
ta; non si esprime neppure in questa o quell'idea, ma in una gene-
rale comprensione del mondo che viene recepito in modo poco
cosciente o addirittura inconscio. La questione del simbolo ela
questione dell'unione di due esseri, di due strati dell'essere, uno
superiore e uno inferiore, unione nella quale quello inferiore in-
elude anche quello superiore e pu essere permeato e nutrito da
quello superiore. Invece secondo i bogomili e il positivismo, que-
82 / Pavel A. Florenskij
sti strati dell'essere non sano uniti, poich aqueste interpretazioni
della realt:i e estranea la percezione del valore dell'essere.
Ecco alcuni esempi di simboli: 1) 11 libro. Che cos'e un libro?
La domanda pu avere risposte differenti a seconda che prendia-
mo in considerazione illato esteriore o che badiamo soprattutto
al suo contenuto interno, secando se, per esprimerci casi, ci inter-
roghiamo sul corpo o sull'anima del libro. Dal punto di vista piu
basso, materiale, il libro consiste in un certo numero di fogli di
carta di un determinato formato, di una particolare rilegatura ecc.
Su questa carta sano stampati trattini e punti, il colore e di questa
aquella composizione chimica ecc. Ma per quanto ci spingiamo
avanti in questa direzione, cioe per quanto profondamente pos-
siamo analizzare l'aspetto esteriore e illato materiale, non incon-
treremo mai la sua Essenza superiore che ci offre un concetto del
libro come di uno dei mezzi spirituali per esprimere e fissare il
pensiero umano. 11 nesso tra il senso da un lato e la carta e
l'inchiostro dall'altro e inspiegabile, ma evidentemente non si pu
dubitare che esso sussista, altrimenti non potrebbe essere un li-
bro. Qui lo strato ontologico inferiore e unito organicamente a
quello superiore, e ci avviene in un modo che se noi distruggessi-
mo quello inferiore, verrebbe distrutto anche quello superiore.
2) 11 seme della pianta. In esso e racchiusa la vita della pianta,
esso serba in s un qualche cosa di piu grande e di qualitativamen-
te maggiore di quanto sia visibile in esso.
3) 11 complesso della parola. Una parola pu crescere come cre-
sce una pianta; la crescita della parola avviene gradualmente, fin
quando e diventata un organismo capace di fecondare altre anime.
Nella Sacra Scrittura l'analogia di parola e seme e una delle piu tenaci,
e lo stesso vale per il pensiero umano, piu o meno profondo, di tutto
il mondo. La struttura omologa del nostro organismo spiega lo stret-
to legame che esiste tra le nascite fisiche e la nascita spirituale.
Tutti e tre questi esempi hanno due lati, uno visibile e l'altro
invisibile, due piani di azione che si sostengono e si rafforzano re-
ciprocamente come l'anima e il carpo nell'uomo. Ma noi siamo
inclini a stimare poco il carpo della parola e a ritenere che sia qual-
che cosa di insignificante. Spesso diciamo e solo parola, e soltan-
to una parola. Tale punto di vista prepara psicologicamente il
Sul nome di Dio / 83
terreno al rinnegamento del nome [imeboicestva]4. Se illato sonoro
della parola, il suo carpo, non e praticamente nulla O'anima intan-
to qualche cosa vale), allora si forma il divario tra carpo e anima
della parola, di cui parla il rinnegamento del nome. Esso sostiene
questa opinione perch tende a osservare tutte le cose in modo ra-
zionale, ma la parola, come ogni simbolo, sta al di fuori di ogni
comprensione razionalistica. 11 carpo della parola sembra a prima
vista elementare. Ma anche il tipo di approccio occidentale alla
parola, peraltro assai grossolano e poco profondo, distingue co-
munque in essa per lo meno tre strati.
1. Qualcosa di fisico, il fonema. Con questo si intende sia
l'oscillazione dell'aria, sia quelle sensazioni interne dell'organismo
che abbiamo producendo i suoni della parola; sia, infine, gli im-
pulsi psicologici che emergono pronunciando la parola. Per pri-
mo strato della parola si intendono allora tutti i fenomeni fisiolo-
gici e fisici che si hanno quando viene pronunciata una parola.
2. 11 morfema. Ogni parola e subordinata a determinate cate-
gorie, o, per dirlo in linguaggio gnoseologico, e immessa all'in-
terno di categorie logiche come essenza e sostanza, o grammati-
cali (genere ecc... ). In generale tutto ci che ci viene in mente nel-
la nostra immaginazione iniziale (per esempio, sentendo la parola
betulla ci viene in mente tutto ci che sappiamo sulla sua crescita,
sulla fecondazione, sul succo aromatico, sulla sua struttura, su!
suo utilizzo come materiale combustibile, sui suoi elementi chi-
mici).
3. Lo strato del semema: il significato della parola. Esso
oscilla e cambia continuamente: per esempio, oggi pronuncio la
parola betulla con aria di sognatore, domani la pronuncio con aria
di economo. Per questo motivo, la parola si carica di un certo re-
trogusto. Lo si percepisce con chiarezza nella poesia, a seconda
del genere d'opera. Per comprendere correttamente una parola
bisogna arguire dal contesto che cosa vuole dire l'uomo che in
quel momento la pronuncia. Una parola e malta piu ricca di
quanto lo sia per se stessa. Ogni parola e una sinfonia di suoni, re-
ca potenti depositi storici e racchiude un intero mondo di concet-
ti. Sulla storia di ogni parola si piu scrivere un intero libro, e
un'epoca del pensiero si distingue da un'altra proprio per il fatto
84/ Pave! A. Florenskij
cheessaapportadifferentistratificazioniallaparola.
Il fonemaelastrutturaosseadellaparola,cicheviedipiu
rigdo e che e menonecessario, puressendonello stesso tempo
indispensabileperlavitadellaparola.11 morfemaeil carpodella
parolaeilsememalasuaanima.Tuttoquestoepresentenellapa-
rola,cosicomenelsemeepresentel'interoorganismo,cosicome
il figlio riceveil suoorganismodalpadreecasicomesi pudire
cheil padreepresentenelfiglio, tenendocantochedelpadresi
conservaintattol'organismo.Sirendequipercepibileladifferen-
za tra ousa ed enrgeia
5
L'organismo come tale e anche l'attiviti
dell'energa ivi presente, e questa energa che si distingue
dall'organismoenelcantempolasuaenerga,daessoinseparabi-
le,di modochesenoiveniamoincontattoconlasuaenergane-
cessariamentelotocchiamo.11 padrehailsuoorganismoeilfiglio
el'operadella suaenerga, la suaautorivelazione, manonla sua
essenza,elostessovaleperlaparola.
LadisputadiAthosrisale allavecchiadisputadi Palamas,ai
tempidisanSergodiRadoneiilqualesiinteressparticolarmen-
tealdibattitoincorsoemandunallievoinquelluogo.11 nostro
tempoassomigliapienamenteaqueltempo,soltantochesi sono
scambiatele parti.Lasituazionestoricaincuiestatacondottala
disputadiPalamasassomigliaalla nostra:comela Russiaattuale,
Bisanzioeraallaricercadi unsostegnoesterno,esivedevaespo-
staadiversitipidi castrizione.
'1
11 terrenoperledisputesullalucetaboricaeraga statopre-
paratodallevecchiedisputesulfilioque. Icattolici,persminuireil
significatodellozelodi fede sull'Athos,tendevanoafarapparire
lapreghieradelcuorecometentazione,ecomeerratala fede dei
disputanti secondocuiessientravanoinrapportoconDio,tanto
da considerare l'esicasmo come un'esperienza che non porta
l'uomoal di fuori della sferaterrestre. Barlaam sostenevacheo
agliesicastiapparequalcosadicreato,chequindinonportaaldila
deilimitidellacreaturaedunquenelrapportoconDiocostituisce
una pura allucinazione, oppure essi entrano in rapporto con
l'essenzadiDio.MadatochequestaunionedicreaturaeCreatore
nonepossibile,nonrestachelaprimaipotesi,cioecheessisisba-
glinosullanaturadellalucedaessiscoperta.Ora,seilrisultatodei
Sulnomedi Dio / 85
lorosforzidi fede eunautoinganno,seil coronamentodelloro
impegnoeunimbroglio,alloraanchetuttoilcamminodellaloro
esperienzaeunabbagliorovinoso,percuibisognafarlafInitacon
Athos. Barlaam era convinto che Dio fosse semplicemente
Essenza,nellacuinaturanoneranecessariodistinguerenullaaldi
fuoridelladivinid,esequalcosadidiversovifossestato,sarebbe
parsosolamenteun'illusionedellanostraastrazione umanasog-
gettiva.Diconseguenza- eilpensierodiEunomio-,ladivinitao
eindefinibile,nellamisuraincuilasuaessenzaeincanoseibile,oe
pienamente conoscibile, vale a dire che si deve accettare o
l'agnostieismo,nelcasoincuiDiociecompletamentesconosciu-
to, o il razionalismo, nel caso in cui Diosi esaurisce completa-
menteneinostriconcetti.
Palamas era invece di quest'avviso: in Dio esiste, accanto
ali'Essenza, anche l'attiviti, l'autorivelazione, l'autopresentazione
della sua Diviniti. Questa energa divina pu essere comunicata
agliuomini,enoiuomini,seveniamoincontattoconquestaattivi-
tadiDio,veniamoincontattoconDiostesso.Palamasnonhadet-
tonientedinuovo,hasemplicementeripetutocichegaerastato
detto dai Santi Padri. Come dicono gli anatemi dei Santi Padri,
<<nessuneffettohasoltantocichenonesiste;doveesisteuneffet-
to,esisteanchelacausadell'effetto,euneffettorivelaattraversose
stesso l'essenza, e viceversa. All'essenza corrisponde anche
un'attivid, casiche il nome di Diopu essere riferito alio stesso
modoaliadenominazioneDiocasicomeanchealsuoeffettodivi-
no.Macisi potrebbechiedere:taleeffettoestatocreatodaDio,o
glierapropriofindali'inizio?Cioe,equalchecasadicreato,oppure
qualcasadi increato?IngrecoDiosi diceTheseDivinidThe-
tes.Datochel'essenzaelacausadell'effettoecheuneffettoesiste,
alioradeveesistereanchelacausacheloproduce;d'altraparte,tut-
tocicheesistehafondamentalmenteuneffetto,dimodochenon
puesistereunesseresenzaeffettoe,diconseguenza,esistonoes-
sereedenergal'unoaccantoali'altra,reciprocamentecondizionan-
tisi,enonunodopol'altra.PerquestomotivosipuchiamareDio
siaDio,sialasuaenerga,esipudireiovedoDio.Tuttavia,sic-
comel'essenzadiDiononpuessercicomunicata,noidobbiamo
o fare assolutamentea menodella parola<<Dio, oppuredenotare
86 / Pavel A. Florenskij
con questa l'energia divina. Perci si pu e si deve dire Dio mi ha
guarito, e non <d'energia di Dio mi ha guarito. Si deve accettare
che o questa tesi e inconfutabile, o noi siamo completamente sepa-
rati da Dio (se riconosciamo quest'ultima asserzione, siamo per in
preda all'agnosticismo).
Un altro esempio: io posso dire questo e il sole; in verita io
vedo solo la sua energia, ma e l'energia oggettiva del sole, e perce-
pendola noi abbiamo la visione diretta del sole (ma se ci si mette
dalla parte del kantismo si deve dire, in ultima analisi, io vedo solo
un processo che sta avvenendo dentro di me).
Siamo in grado di uscire dal complesso delIe nostre percezio-
ni soltanto se riconosciamo l'incontro sponsale delI'oggettivo con
noi. lo posso dire delI'atto delIa conoscenza: Ecco, sono io che
conosco il sole e questo e il sole conosciuto. Di conseguenza, in
me avviene l'unione di due energie, e quindi in ultimo di due so-
stanze. L'unione di due energie porta il nome di !)'ne'Y,eia, comu-
nanza di energie O'intero processo di guarigione e sinergetico). La
parola e sinergia di colui che conosce e delIa cosa, soprattutto nel
riconoscimento di Dio. L'energia umana e il contesto e la condi-
zione per lo sviluppo delI'energia superiore: l'energia di Dio.
Di un libro si pu dire: Questa e carta; oppure: Questa e
una grande opera d'arte; si pu dire sia una cosa sia l'altra, ma e
piu giusto indicare il senso spirituale del libro che non la condizio-
ne delIa sua produzione. Si pu dire che il Vangelo e mezzo chilo
di carta, oppure che il nome di Dio eun suono, ma se da un certo
punto di vista si pu parlare anche del peso del Vangelo, per
esempio contenuto in un pacchetto postale, tuttavia e piu corret-
to riferirsi alIa caratteristica piu importante, alI'anima di questo
simbolo. Un fisico pu dire: il nome di Dio e un insieme di suoni,
si, ma non sOltanto di suoni. Dare la precedenza a una verita di
rango inferiore, mettere la parte al posto del tutto, e menzogna.
Il nome di Dio e Dio, ma Dio non e un nome. L'essenza di
Dio e piu alta e superiore alIa sua energia, sebbene questa energia
esprima l'essenza del nome di Dio. Ci che io vedo quando vedo
il sole e il sole, tuttavia il sole non si esaurisce nelI'effetto che eser-
cita su di me. O ancora, se io sento la voce di un conoscente, pos-
so dire: questo e N. N., ma quelIa e solo la sua voce, lui e qualcosa
Sul nome di Dio / 87
di incomparabilmente piu alto delIa sua voce, poich ha una
quantiti di altre caratteristiche individuali e non si esaurisce affat-
to nelIa sua voce. Oppure, questo eN. N., ma in effetti e soltanto
una sua fotografia, e lui vi e presente soltanto attraverso la sua
energta.
Negli esempi citati possiamo per distinguere l'energia de1-
l'uomo da lui stesso solo per il fatto che percepiamo l'uomo, oltre
che per la sua voce e il suo aspetto, anche attraverso altri modi.
Possiamo guardare un oggetto e la sua energia o dall'alto ver-
so il basso o dal basso verso l'alto, cioe giungere dall'oggetto alIa
sua energia oppure dalI'energia all'oggetto. Dato che per Dio lo
si pu guardare soltanto dal basso verso l'alto, non possiamo se-
parare l'energia da Dio, non possiamo distinguere Lui stesso e la
sua energia in Lui.
E con ci siamo di nuovo giunti alla questione del simbolo.
Il simbolo e un essere tale che la sua energia e confluita
nelI'energia di un altro essere superiore; perci si pu affermare,
anche se potrebbe sembrare un paradosso, che il simbolo e una
realti che e piu di se stessa.
Da cmarire resta tuttavia la questione dellegame tra cono-
scenza e denominazione. La parola potrebbe non essere connessa
a un'articolazione vocale. Il primo momento nelI'atto delIa cono-
scenza e quando noi ci rivolgiamo a un essere da riconoscere; e un
processo ancora soggettivo, ma improvvisamente giunge il mo-
mento del grido interiore nel riconoscimento delIa realti. Questo
e il primo atto delIa penetrazione nelIa sfera oggettiva. La deno-
minazione viene a identificarsi con la conoscenza. Dice Simeone
il Nuovo Teologo: Una mente che non partorisce parole non
pu neppure comprendere parole. Dio e denominabile, questo e
il primo principio delIa conoscenza cristiana. Ne1 pantesmo non
nominiamo Dio, ma nelIa rive1azione tutto comincia con questo;
prendiamo il colIoquio con la donna di Samaria: Noi sappiamo
cm adoriamo, vale a dire Lo denominiamo. Prima delIa venuta
di Gesu Cristo si poteva vedere che da un lato si cercavano gli dei,
dalI'altro si cercavano i nomi. Dopo la venuta di Gesu Cristo la ri-
cerca di diviniti sconosciute non era piu necessaria. Con
l'annuncio del Dio sconosciuto Paolo ha iniziato il suo discorso
88 / Pavel A. Florenskij
all'Areopag0
7
11 cristianesimo el'annuncio delnomedi GesuCri-
stoedelVangelo,l'invitoaconfessareil nomedi Cristo,manoi
sostituiamolaconfessionedelnomeconla confessionedi Gesu
stesso.Cichenoncomprendiamoeilsignificato,ilpesodelno-
me di Dio che emerge nella Bibbia, e con speciale chiarezza
nell'AnticoTestamento.
L'impressionepsicologicadelnomedi Dioeun'impressio-
nedi peso.E comese ti cadesseintestaunlingottod'oro.Nel-
l'AnticoTestamentoilconcettodiNomediDioequasiidentico
aquellodi Gloriadi Dio:traiduec'espessounarelazione. Noi
siamoincliniapensarecheilnomedi Diosialasommadellelodi
degliuominiedegliangeli,ovveroqualcosadi incostanteeoscil-
lante,maineffettiequaIcosadisostanziale,difecondonellasua
realti.Lasuarealtapuesseredataagli uominisoltantoconla
rivelazione:lagloriadi DioriempivailSancta Sanctorum comeu-
nanuvola. Nonhanienteachevedereconleopinionicaduche,
oscillanti,conigiudizidegliuomini.Tuttoilmondoecreatoper
l'onorediDio,ecosiesistetuttol'essere.IngeneralenellaSacra
Scritturaiconcettidi GloriadiDioenomediDiosonocosivici-
niche,dettogrossolanamente,sonolastessacosa.Davidedicea
Golia:Tuvieniconlalancia,maionelnomediDio(nellatra-
duzionerussa)8. Neltestoebraicosi trovalarima,laripetizione
el'assonanza:
Tu
10
Vieni
vengo
conlaspada
nelNomedi Dio
11 russos [con] nonrende il vero senso di be, cosi come vo
[nel] - nelnomedi Dio.Epiuvicinoal significatooriginarioil
grecoen t onmati. Be hainprimoluogounsignificatostrumenta-
le: tuvieniconl'aiutodellaspada,ioinvececonl'aiutodelnome
di Dio.Insecondoluogo,unsignificatospaziale,dell'ambientein
cui si svolgel'azione. In terzo luogo un significato causale, che
mostral'originecomerisultatodell'unionedelprimoedelsecon-
dosignificato(cfr ilbattesimonelNome).Inrussositraduceme-
glio,epiucorrettamente,conlostrumentale,anchesecicondu-
Sul nomedi Dio / 89
ceaungrandeimpoverimentodeltesto.Davantiallaparolashem
[nome] neltestobiblicositrovaspessolapreposizionebe, al59%
intutto,quindilapreposizioneke, il15%dellevolte,elealtrepre-
posizioniilrimanente26%.Lapreposizionebe equindiintrinse-
camenteimparentataconshem, noma. Inquestomodoilnomeas-
sumeunsignificatocreativoeattivo.lovengoconilnomediDio,
allo stessomodoincuivengoconla spadainmano, e nonin
nomediun'ideaastratta.Quilaconcretezzadelnomecomestru-
mento,comeambienteecomecausavieneespressamentesottoli-
neata.Quellisifidanodicarriecavalli,manoiinvochiamoilno-
medi Dio (Sal 20, 8). Implorandoil nomedi Dionoi siamoin
gradodiresistereaicavallieaicarri.L'aspettostrumentaleelocale
delnomediDiosiestendeancheacoluiche,pronunciandoilno-
me, viene con esso in contatto. Lo stesso pensiero si trova
nell'espressionebenedireo condannarenelnomedi Dio. Nel-
l'interpretazionedellaBibbiaci significacheil nomestessobe-
nediceocondanna.Noiquindisiamosololostrumentodellasua
azioneel'ambientefecondoincuiegli agisce.11 nomemiguida,
maperquestoc'ebisognocheiosiad'accordo.11nostrorapporto
conilcultodivinomostrachenoiabbiamoraggiuntounpuntodi
vistachesiavvicinaalrinnegamentodelnome,perchsenoigra-
dualmentemodifichiamolaliturgia, se nestrappiamofibradopo
fibra,alloracisichiededovesial'Assolutoel'immodificabile,do-
vecorrailconfinetraimitazioneumanaeautenticitadivina.Forse
si pueliminare un po'pervoltatutto. Perch se ci si mettedal
puntodivistadelrinnegamentodelnome,peresempio,nonsia-
moingradodirisponderealladomandase unapersonasiavera-
mentebattezzata.Seleformeliturgichesonodioriginepuramen-
te umana,e di conseguenzalabenedizionedi Diodipende dalla
volontadegliuomini,comepossiamoallorasapereilgradodella
fededdgenitorieildesideriodelsacerdotedicompiereilmistero,
comepossiamosapere se questoesufficiente?Inunaparola, se
sonodatetuttelecondizionichepermettonochela benedizione
scenda sul battezzato? Quindi emeglio rinnegare subito tutto,
perchnonhasensopartecipareaquestalotteria.Cisiscaldasolo
neiproprisentimentipu,maancheisentimentihannounaragio-
nedi esisteresolonellamisuraincuinoicrediamochesiamoca-
90 / Pavel A. Florenskij
paci, per qualunque idea, di distaccarci dall'ambito della creazione
e di passare i limiti della sfera terrena.
La stessa cosa si pu dire anche quando i rinnegatori del no-
me sostengono: Noi non preghiamo una tavola di legno, ma pre-
ghiamo Dio. Aliora, io chiedo: (<1)ove si deve cercare la radice
della loro fede, dove si vede che essa e veramente tale?. La rispo-
sta alla domanda si trova nella prafonda e diretta convinzione di
ogni uomo, non importa chi sia, che implorando il nome di Dio
lasciamo il nostra ambito immanente, cosi come aprendo la fine-
stra lasciamo entrare la luce nella camera. La finestra e qualcosa
che fa parte della casa, e un'apertura che consente alla luce di en-
trare da fuori; dalla finestra si pu dire: Li c'e il sole!; e cosi si
pu dire dell'energia divina: ti c'e Dio. Qui c'e la garanzia che ve-
ramente il culto e culto di Dio, e non uno scaldarsi nei prapri sen-
timenti pii. Qui sta la garanzia nei misterio
Il metropolita Filarete ha detto che i misteri si realizzano nel
nome di Dio. Ci significa che li compie il nome di Dio, e noi sia-
mo soltanto la forza mediatrice (per esempio, lo sono il desiderio
del sacerdote di celebrare il culto, la sua e la nostra decisione di
implorare Dio ecc...). Nella preghiera noi doniamo il nostra cor-
po affinch il nome di Dio o la gloria di Dio vi si rveli. Noi diamo
il consenso: avvenga secondo la Tua parala, poich il nome di
Dio ci viene dato e non siamo noi a crearlo. Spesso questo aspetto
non viene da noi compreso. Ecco un esempio dove la giusta com-
prensione del nome di Dio viene cancellata o confusa, e non cor-
rettamente interpretata: Gv 14, 26: 11 Consolatore [...] lo Spirito
Santo, che il Padre mandera nel mio nome, pmpsei ho pater en t
onmat Mou. Leggendo questo testo siamo disposti, senza dare la
minima motivazione ftlologica, a tradurre en t onmat Mou con
per la mia volonta; ma questa interpretazione e sbagliata. Si con-
franti Gv 14, 14: ti an aitset me en t nmati Mou) totopoiso, qua-
lunque cosa chiederete nel mio nome. La parala mja [me] manca
nella lingua russa eslava, per qualche motivo la parala greca me
non e entrata nella traduzione, praprio la parola greca in cui tra-
viamo l'identificazione di Colui al quale si rivolge la preghiera. En
te onmatMou non dev' essere reso con per la mia volonta, o per
me, ma con attraverso il mio nome; vale a dire, se la preghiera
Sul nome di Dio / 91
avviene nel mio Nome, nel mio ambiente, voi entrate nel nome di
Gesu Cristo, nella sfera di Gesu e si da il contatto diretto con lui.
Anche per la nostra percezione diretta vale la stessa cosa. Se
noi diciamo: Signore abbi pieta!, allora pu esistere una frattura,
uno spazio intermedio, un muro divisorio, oppure anche solo una
membrana sottilissima tra Signore e Dio, e dovremmo rimanere
bloccati nella nostra soggettivita?!
Ma, per quamo astrattamente possiamo comprendere que-
ste cose, qualunque teora possiamo elaborare, noi siamo assolu-
tamente convinti che pronunciando il nome di Dio entriamo in
modo vivo in Colui che e Nominato.
1 Si tratta della disputa che sorse intorno agli scritti di padre Ilarion, Na garachKavka-
za (Sui monti del Caucaso) e di Antonij Bulatovich Apologjja very vo Im;a BoZ/e i vo Im;a Ii-
sus (Apologia della fede nel nome di Dio e nel nome di Gesu) in cui veniva esposta la
pratica della preghiera del nome in uso presso alcuni monasteri del Monte Athos. Il
Santo Sinodo condann nel 1913 come eretica la posizione degli imeslavcy (veneratori
del nome) sostenendo che l'opinione secondo cui invocando il nome di Dio si speri-
mentava la sua presenza reale era da ritenersi superstiziosa. In realt la Risoluzione ema-
nata dal Sinodo non riusci a placare la polemica e la questiohe venne messa all'ordine
del giorno del Concilio Panrusso inauguratosi nel 1917. Gli eventi rivoluzionari inter-
ruppero per la discussione che stava prendendo una piega favorevole agli imeslavcy e
la condanna rimase invariata. [N.d.T.]
2 Il contesto di questi esempi riportati da Florenskij ela tacita riforma liturgica che
si sviluppa nei primi anni dopo la presa di potere dei comunisti anche grazie
all'isolamento imposto dal potere sovietico alle gerarchie ecclesiastiche che non hanno
piu cosi rapporti diretti con le comunit locali. [N.d.T.]
3 Setta cristiana sorta in Bulgaria nel seCo X che sosteneva un radicale dualismo tra re-
alt spirituali create da Dio e realt terrestri opera del demonio. Ne conseguiva una mo-
rale basata sul rifiuto di tutto ci che si riferisce al corpo. [N.d.T.]
4 Nel dibattito sulla venerazione del nome sviluppatosi negli anni Dieci nella Chiesa
russa e tra gli intellettuali appartenenti alla rinascita religiosa gli imeborcestvy (negatori del
nome) sostenevano una posizione nominalista negatrice del valore sostanziale della pa-
rola. [N.d.T.]
5 La distinzione tra ousa ed enry,eia ela struttura portante della teologia palamita. La
realt, secondo Palamas ecostituita dalla compresenza di due forze, una eentripeta che
spinge gli enti all'autoconservazione (ousa), marcandol'inconoscibilit radicale della lo-
ro essenza, e una centrifuga (enry,eia) che invece fonda la manifestazione esteriore e
quindi la loro conoscibilit. Sia Dio che il mondo esistono grazie all'antinomica com-
presenza di questi due principio [N.d.T.]
(, Gv 4,21. [N.d.T.]
7 At 17,22-31. [N.d.T.]
H 1 Sam 17,45. [N.d.T.]

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i
BiJanci / 95
Fin dalla remota antichita due capacita conoscitive sono sta-
te considerate come le piu nobili: l'ascoltare e il vedere. 1 diversi
popoli talvolta hanno messo l'accento sulI'una, talvolta sull'altra;
l'antica Grecia esaltava la superiorita del vedere, l'Oriente attribu-
iva maggior valore alI'udire. Ma, comunque si rispondesse alIa
domanda su quali delIe due fosse superiore, mai si edubitato del
ruolo centrale di queste due capacita negli atti conoscitivi e, di
conseguenza, mai si edubitato del valore straordinario delI'arte fi-
gurativa e delI'arte delIa parola: esse sono attivita che si radicano
nei piu preziosi sforzi delIa conoscenza.
L'osservazione fin qui condotta sulle due massime attivita ci
consente di trarre un bilancio quanto alI'attivita conoscitiva in ge-
nerale. Essa costruisce simboli: simboli del nostro rapporto con la
realta. Il presupposto delIa nostra attivita, sia per l'arte pittorica
che per l'arte delIa parola, ela realta. Dobbiamo percepire l'ef-
fettiva esistenza di cio con cui veniamo a contatto, di modo che
inizi un'attivita culturale, riconoseibile nelIa sua globalita come
necessaria e preziosa. Senza il presupposto di questo realismo la
nostra attivita si rivela o esteriormente utile, al servizio del rag-
giungimento di qualche profitto molto prossimo, ovvero este-
riormente dispersiva, un'occupazione artificiale del tempo. Se
non comprendiamo che ogni atto di cultura everita, non saremo
in grado di riconoscergli dignita interiore e vera umanita. L'il-
lusionismo, in quanto attivita che non conta sulIa realta, rinnega
per sua natura la dignita umana. Il singolo uomo si chiude nel sog-
gettivo e taglia in questo modo illegame con l'umanita, e di con-
seguenza verso l'umanitarieta. Se non si percepisce la realta del
mondo, alIora si disgrega l'unita delIa coscienza universale e, di
conseguenza, anche l'unita delIa personalita cosciente di s. Il
punto-istante, che non enulIa, pretende di essere tutto; al posto
delIa legge delIa liberta regna il capriccio del destino. La prospetti-
va nelIa pittura e lo schematismo nelIa letteratura sono le conse-
guenze di questo distacco dalla realta: tra l'altro, non tanto delIe
conseguenze, ma piuttosto l'unica conseguenza: la pura attivita
delIa ragione, ovvero la legge di identita del pensiero astratto. Il
punto-istante [tocna-mgnovenie] viene qui posto come qualcosa di
esclusivo, che nega la realta delIa pienezza delI'essere e pone se
96 / PavelA. Florenskij
stesso come assoluto. Matagliando fuori e separandosi da ogni
veriti,questaassolutezzarimanepernaturasolounarichiestafor-
male, che egualmente spetterebbe a qualsiasi punto-istante, a
qualsiasilo.Ilpuntodivistanellaprospettivaeil tentativodella
coscienzaindividuale di distaccarsi dalla reald, addirittura dalla
propriarealta:dalcorpo,dalsecondoocchioepersinodalprimo,
dall'occhio destro, poichanch'essononeil puntomatematico,
l'istantaneita[mgnovenie] matematica.Tuttoilsensodiquestopun-
todivistaprospettico,di questo locus standi, stanellaesclusiviti,
nellasingolarita:unpuntodivistanellaprospettivaestupidaggi-
ne,perchnonappenasi spiegaunpuntonellospazioeneltem-
podefinendolounpuntodivista,sinegaaglialtripuntidellospa-
zio lo stesso significato. Bisognerebbe rendersi conto unavolta
pertuttedelyerosignificatodellaprospettiva;questanonequal-
cosadipositivo,ilpuntodivistanonhadeterminazioniecaratte-
ristiche positive proprie; viene determinato esclusivamente in
modonegativo:essoenoncichesonotuttiglialtripunti;per-
tantocontenutodellaprospettivasipudefiniresoltantolanega-
zionediognialtrarealtarispettoaquelladelpuntodato.Seinfatti
siammettesseunarealtaaldifuoriditalepunto,sarebbepossibile
anche unaltro punto divista, e perci il postulato di base della
prospettiva, l'unita prospettica, verrebbe radicalmente violato.
Nonacaso,nellastoriairrealismoeprospettivismosisonorivela-
ticompagnidistrada;ugualinellaloroessenza,hannolastessain-
terpretazioneculturale,ilprimoinbasealsuosensointerno,ilse-
condoinbaseallasuaespressione.Illoronomecomuneeillusio-
nismo.Cosisuccedenell'attivitapittorica,dovel'ideairrealisticasi
rivelanelvedere,ecosienell'attivitadellaparola,cheefinalizzata
all'ascoltare. La costruzione di uno schema verbale rivela una
comprensione irrealistica della lingua, la lotta contro il nome.
Essa,comelaprospettiva,muovedallanegazionedellarealta;vu-
oledarenellaparolanonlarealtamal'illusionedellareald,unals
ob chedev'esserepresocome realtaechenonsolo nonloe, ma
cheaddirittura, secondola suanatura,negala realtanella suaes-
senza.Maloschemanonpotrebbespacciarsiperrealtasenonin-
sistesse sullasuaunicitaenegasse ognialtro schema.Se ammet-
tessel'esistenzadiunaltroschema,lacoscienzadovrebbedicon-
Bilanci/ 97
seguenzaammettereancheunaltrocentroperlacostruzionedel-
loschema,neltempoenellospazio,eperciancheunarealtialdi
fuoridis,aldifuoridelquieora.Privodiogniconcretezza,que-
stocentro,questo ioastratto,restaformale,ededunquedetermi-
natoinmodopuramentenegativo.Inbreve:sulcentrodeldiscor-
sosipotrebberodirele stessecosechesi sonodettesulpuntodi
vista.
All'illusionismosi contrapponeilrealismo.Lacoscienzadel
punto singolo nel qui e ora non ha realti alcuna. La legge
dell'identiti, che sia nell'ambito della vista - prospettiva- o
dell'udito - astrattezza [atvlecennost] -,distrugge i legami esi-
stenziali e condanna alla chiusura in se stessi.La realtaedata sol-
tantonellavita,nelcontattovivoconl'essere.Lavitaeunconti-
nuo capovolgere l'autoidentiti astratta, un continuo morire del
singolopercrescereincomuniti [sobornost]. Vivendo,giungiamo
alla comunioneconnoi stessinello spazioeneltempocomeun
organismo unitario; da singoli elementi che si escludono l'un
l'altro secondo la legge dell'identiti, particelle, cellule, stati d'a-
nimo,noiciraccogliamoinuniti.Cosiciraccogliamoperdiven-
tarefamiglia,stirpe,popoloecc.;ciuniamodiventandoumaniti,e
comprendiamo nell'unitidell'essere umano tuttoil mondo. Ma
ogniattochecreacomunionerappresentanellostessotempoun
raccogliere diversi punti di vista, punti schemo-prospettici. Ci
chevienedefinitoprospettivainversacorrispondepienamenteal-
ladialettica. Daunlatonell'ambitodellavista, dall'altronell'am-
bitodell'udito, mainfondo l'unoel'altro sonounasintesipro-
dottadalmovimento,dallavita. Allaimmobilitaastrattadell'illu-
sionismosi opponeil rapportovivoconla realta. Cosibrillano i
simbolidellarealtachecontinuamentenascononellamoltepliciti
dirapportivivi, esonoessenzialmentecomunitario Purpartendo
dame,questisimbolinonappartengonoame,maall'umaniti,esi-
stonooggettivamente.Seperl'illusionismoildesideriointerioree
ingradodidire,apropositodiun'attiviticulturale:emio,bench
l'operasia compilativae arraffata, nella percezionerealistica del
mondoilcrearevieneispiratopropriodallapossibilitidipoterdi-
re, di quanto estato creato: non emio; esiste oggettivamente.
L'aspirazione dell'illusionismo einventare, quella del realismo,
;.
L
98 / Pave1 A. Florenskij
trovare, trovare ci che e eterno dell'essere. L'inventare, quando e
veramente tale, presuppone l'essere chiusi in una soggettivid, il
trovare invece e uno sforzo che mira all'essere. Il rapporto reali-
stico con il mondo e nella sua sostanza un rapporto di azione: e la
vita nel mondo. La comprensione del mondo illusionistica e pas-
siva, non pu essere attiva, perch non ammette alcuna percezio-
ne della reald, mentre la comprensione del mondo realistica sa
con certezza che della reald bisogna appropriarsi in modo attivo
e fattivo.
Proprio perch non siamo circondati da sogni fugaci che si
susseguono senza forza e senza sangue, secondo il nostro capric-
cio, bensi da una reald che vive una sua vita propria in relazione
con altre reald, e perci non facilmente accessibile, ci si pretende
lo sforzo di riagganciare sempre rapporti con essa, di scavarvi
sempre nuovi percorsi: questi sono i simboli. Essi sono gli organi
del nostro contatto con la reald, e attraverso di loro veniamo in
contatto con ci che finora era stato tagliato fuori dalla nostra co-
scienza. Nell'immagine, noi vediamo la reald, e nel nome la sen-
tiamo. 1 simboli sono fori, aperture nella nostra soggettivid. Cosi,
che cosa c'e da meravigliarsi, se essi, che ci rivelano la reald, non
si sottomettono alle leggi della soggettivid? Non bisognerebbe
meravigliarsi del contrario? 1simboli non si troyano sul piano del-
la ragione: sono strutturalmente antinomici. Ma illoro aspetto an-
tinomico non parla contro di loro, ne e anzi garanzia di autentici-
d. La visione del mondo illusionistica, non viva, passiva, cerca a
ogni costo di raggiungere un'unicita astratta, e tale unicid esprime
l'essenza piu profonda del nichilismo del Rinascimento. Non ne
consegue, forse, che l'attivid del mondo realistica, quella che mira
alla vita attiva, deve partire dal riconoscimento fondamentale del-
la molteplicid comune [sobornlj mnoiestvennostt], addirittura degli
strumenti del nostro rapporto con l'essere?
2
La percezione del mondo rinascimentale, ponendo l'uomo
in un vuoto ontologico, lo condanna alla passivid, e in questa pas-
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Bilanci / 99
sivid si scompone l'immagine del mondo, e l'uomo stesso si divi-
de in punti-istante che si escludono a vicenda. Questo, in realta,
ne e il vero effetto. Sarebbe per un errore interpretare tale di-
sgregazione dell'intero solo come una minaccia teoretica, troppo
estrema per diventare reald storica. Il pericolo che sembrava sta-
re a una distanza indefinita si e ora avvicinato enormemente alla
cultura, e non sono affatto considerazioni astratte quelle che ci
costringono a riesaminare gli insegnamenti della vecchia cultura:
e piuttosto la pressione della vita. Come membri del genere uma-
no, come personalid, non siamo in grado di vivere fra i prodotti
dell'autoavvelenamento della cultura rinascimentale. Ci ribellia-
mo a questa cultura; e in questo non sono solo: siamo in molti, la
maggioranza. Quando un fisico o un biologo o un chimico, o ad-
dirittura uno psicologo, un filosofo, un teologo dicono dalla cat-
tedra una cosa, e nelle dissertazioni scientifiche ne dicono
un'altra, e poi nel privato hanno percezioni contrastanti con le
condizioni di base del loro pensiero, ci non significa forse che la
loro personalita si e disgregata in piu personalid che si escludono
a vicenda. Se si guarda in profondid, e facile scoprire la sconnes-
sione interiore delle lezioni, delle dissertaoni e del sentimento
nei confronti della vita. La personalid si disgrega affermando
astrattamente l'unitaried della sua azione. Ma questo non e co-
munione, sintesi e unificazione creativa, bensi disgregazione, me-
scolanza meccanica; in una parola non evita, ma morte. E la mor-
te non e la conseguenza della cattiva volond di questo o quel mo-
vimento culturale, ma il risultato inevitabile dello sviluppo nella
cultura.
Gia da tempo, forse a partire dal XVI secolo, abbiamo smes-
so di percepire la globalid della cultura come vita nostra; gia da
tempo la singola personalid, a eccezione di pochi casi, non e piu
in grado di elevarsi ai vertici della cultura senza gravissime perdi-
te. Gia da molto tempo la partecipazione alla ricchezza viene con-
quistata sacrificando la globalita della personalita. La vita si di-
sgrega in diverse direzioni, ed e impossibile andare in tutte le dire-
zioni contemporaneamente. Ogni direzione di vita e a sua volta
sfaccettata in settori specifici, in attivita culturali distinte, e questo
di converso comporta la frammentazione in singole discipline e in
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100 / Pavel A. Florenskij
Bilanci / 101
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ambiti circoscritti, che poi a loro volta devono essere ulterior-
mente suddivisi. Ai singoli problemi della scienza, ai singoli con-
cetti teoretici corrisponde l'estrema specializzazione nell'arte,
nella tecnica e nella societi. E visto che spesso si fa sentire il disa-
gio nellavoro automatizzato della fabbrica, che consente a ogni
operaio solo in misura minima di comprendere il meccanismo, o
una costruzione la cu destinazione forse nemmeno conosce, allo-
ra non bisogna forse considerare molto piti dannosa e spiritual-
mente distruttiva la specializzazione dell'attiviti della ragione e
dell'anima, in confronto aquesta specializzazione delle mani? Gia
da tempo l'oggetto di un settore specialistico e inaccessibile non
solo all'incolto, ma persino allo specialista del settore attiguo. Si,
addirittura allo specialista dello stesso settore, una sottodisciplina
puo apparire inaccessibile. Se un matematico prende in mano il
nuovo numero della sua rivista specializzata e non trova niente
per s, perch non capisce una sola parola di tutti quegli articoli,
cio non e forse una reductio ad absurdum del corso della nostra civi-
lizzazione? La cultura e l'ambiente in cu crescono la personalita e
la natura, ma se la personaliti in tale ambiente e ridotta alla fame e
cerca disperatamente di respirare, cio non testimonia forse che
nella nostra vita culturale qualche cosa e fuori posto? La cultura e
un linguaggio che unisce l'umaniti, ma non ci troviamo farse in
una confusione linguistica in cu nessuno comprende l'altro e tutti
i discorsi servono solo ad accentuare la reciproca alienazione e a
conferirle un aspetto quasi definitivo? Non e solo che l'alienazio-
ne entra furtivamente nell'uniti della personaliti, ma la personali-
ti non comprende piti se stessa, perde il contatto con se stessa e
viene dilaniata tra punti di vista che reciprocamente si esc1udono
e che si piacciono di esc1usiviti. Uno schema astratto, un'uniti
prospettica, il perspekt, hanno scacciato dalla vita la personaliti e
l'hanno costretta a un'esistenza illegale ai margini della civilti, nei
cortili interni, cioe fuori dal mondo pubblico, la dove lavara per
una civilti che l'ha resa schiava e la sta distruggendo.
Ma l'uomo non puo essere reso schiavo definitivamente. Ver-
ra il giorno in cu si liberera del giogo della civilti rinascimentale,
anche se con cio dovra rinunciare ai vantaggi che essa gli ha conces-
so. Lo sconvolgimento piti forte delle basi della cultura e imminen-

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te; le scosse sotterranee di questo terremoto sono state percepite
piti volte nel corso del secolo scorso. Goethe, Puskin, Tolstoj,
Nietzsche, e in epoca contemporanea Spengler, hanno messo in
guardia da queste forze catastrofiche. All'aspetto minaccioso delle
loro rivelazioni e profezie non si puo ovviare pubblicandone le
opere omnie e vendendo cartoline con i loro ritratti. L'edificio della
cultura espiritualmente inaridito. Si puo continuare a costruirci
qualcosa sopra, e certo si continuera a farlo. Non e l'impatto di pro-
iettili di grosso calibro che provoca i cambiamenti piti significativi
nella storia, bensi un sorriso ironico. La fine di un' epoca storica
non si riconosce dai fuochi del bengala e dai "tutti" dell'orchestra,
ma dallo sguardo di occhi piti acuti che sono volti al lato opposto
dell'orizzonte culturale. La disputa, la lotta, la persecuzione testi-
moniano sempre di una certa necessici storica di cio che e contro-
verso. Ma viene l'ora in cu non si litiga piti, e allora si sanno persino
apprezzare le finezze della civilti morta. Tuttavia viene pronuncia-
ta la parolina non necessario, e questo decide tutto. Tutto il resto
e il decadimento naturale della casa abbandonata. La scolastica non
e morta fin quando e stata avversata: la disputa e stata la garanzia
del suo esser viva. Cartesio l'ha lasciata semplicemente da parte,
senza contraddirla, senza rimprovero, senza ira, ed e andato avanti
per la sua strada. Questo gesto noncurante ha deciso del suo desti-
no: era la fine della scolastica e l'inizio della nuova visione filosofica
del mondo. Voglio dire che la lotta al pensiero rinascimentale ean-
cora in corso, ancora ne critichiamo i presupposti e la cultura che
ne enata. Probabilmente e l'ultima battaglia. Quelli che verranno
dopo di noi pronunceranno il loro fatidico non e necessario, e
tutto il complesso sistema della civilti esanime crollera come
all'epoca e crollato l'alto edificio dell'astrologia, come e crollata la
scolastica, come sono crollati i grandi imperi, e crollano perch non
sono piu necessario
Cio non significa affatto che quel che crolla fosse imperfetto
nel suo genere e non avesse assolto questo o quel compito che gli
era affidato, come in generale edifficile immaginarsi che un gran-
de fenomeno starico che si sviluppa nell'arco di secoli non possa
essere stato utile a suo modo, visto che cultura vuol dire essenzial-
mente attiviti finalizzata a uno scopo. Ma il compito alla cu rea-
102 / Pavel A. Florenskij
lizzazione deve servire questo fenomeno pU risultare inutile, O
per lo meno pua non valere la forza che si edovuta investire per la
sua soluzione. Aliora l'umanita rifiuta, con il compito, anche i
mezzi; cosi il padrone di casa abbandona la casa cadente, la cu
manutenzione divora tutto il suo patrimonio, e offre si a chi vi
abita molti locali, ma solo locali inaccoglienti. La famiglia preferi-
sce trasferirsi in una casetta piccola, ma piu adatta alla vita, e la ca-
sa grande decade sempre piu rapidamente, fin quando una cata-
strofe naturale la distrugge del tutto. La civilta dei tempi moderni
euna casa di questo genere, che divora tutte le forze e che costrin-
ge l'uomo al suo servizio piuttosto che rendergli la vita piu facile.
L'uomo fa un lavoro da schiavo per la cultura senza ricevere altro
compenso che l'amaro riconoscimento del suo isolamento, del
suo impoverimento e frammentazione. Cosi alla fine decide di far
le valigie, di cambiar casa per vivere in modo meno appariscente,
ma in compenso piu corrispondente alle vere esigenze della sua
famiglia. Si potrebbe pensare che un determinato modo di pensa-
re un tempo era necessario, quando la scienza sperava di poter oc-
cupare nel mondo il posto della metafisica, e che ora perde il suo
senso, visto che deve confessare davanti a se stesso che alla fine
tutto si esaurisce in una costruzione di schemi. Ebbene, questo
modo di pensare non ha mai corrisposto ai bisogni interiori
dell'uomo. Nel corso del suo sviluppo ha sempre solo dimostrato
la sua inadeguatezza. La comprensione scientifica del mondo
sempre meno corrispondeva allo spirito dell'uomo, non soltanto
in senso qualitativo, ma anche in senso quantitativo, poich supe-
raya la capacita di comprensione del singolo. La scienza voleva
appropriarsi di tutto cia in cu la personalita cerca la sua soddisfa-
zione. Il risultato di tali sforzi estata una gigantesca macchina di
cu non si sa che farsene; non si pua certo parlare di soddisfazio-
neo E come se si fosse costruita una casa su dozzine e dozzine di
chilometri quadrati, con stanze alte chilometri e, dentro, altrettan-
ti oggetti di arredamento. Quale utilita potremo trarre da bicchieri
con capienza di cento secchi, o da maniglie lunghe quanto l'albero
di una nave, da sedie alte come un campanile e da porte che pos-
sono aprirsi soltanto con l'aiuto di una meccanica colossale, per
cu forse occorrerebbero degli anni?
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Bilanci / 103
La visione scientifica del mondo ha perduto cosi sia in senso
quantitativo, sia in senso qualitativo, la misura con cui dobbiamo
misurare tutto, ovvero l'uomo. Naturalmente, una comprensione
del mondo priva di azioni non ha lirniti nell'astrazione, pua fanta-
sticare e aggiungere un numero infinito di zeri a una qualsiasi cifra.
Ma questa espressione a piacimento si fonda su una mancanza di
responsabilita nei confronti della vita. Un pensatore di tal genere e
fondamentalmente convinto che non dovra testare le sue costru-
zioni sulla base della vita, per cu illoro aspetto fantastico non viene
smascherato dai veri bisogni dell'uomo. Un simile pensatore non si
cura del mondo; egli afferra quel pezzo di vita che gli piace e segue
la sua strada, da qualche parte, lontano dalla vita, nel deserto della
soggettivita in cui si eincamminato; naturalmente nessuno lo ri-
chiama all'ordine. Lu basta a se stesso, ma allontanandosi mental-
mente dall'umanita egli si pone anche al di fuori di se stesso, perch
in quanto uomo non pua uscire dalla natura umana, e quindi nem-
meno dal suo contatto con l'umanita. Questa soggettivita disuma-
na, che sulla base di una strana incomprensione si spaccia per og-
gettivita (di se stessa), procura al pensatore la scissione della co-
scienza: come pensatore egli pensa e dice- esattamente il contrario
di cia che dice e pensa come uomo. Parlando dalla cattedra, egli ri-
fiuta la misura con cu in realta misura la vita, e che gli procura il vi-
gore vitale anche per la sua attivita in cattedra.
L'uomo moderno ha una doppia contabilita. Questa avra
avuto un senso finch la dottrina tardo medioevale della duplice
verita governava sovrana e gli uomini credevano nella scienza co-
me alla verita piu vera. Il kantismo, il positivismo, la fenomenolo-
gia, l'empiriomonismo e altri hanno abbattuto questa dottrina fi-
no alle fondamenta. La scienza non ela verita, non vuole assolu-
tamente esserlo, ma intende essere gradevole e utile. Se fosse la
verita, anche la piu cruenta che distrugge me e i miei criteri, allora,
io che sono un uomo, sarei costretto a piegarmi e mi piegherei.
Ma, mi viene spiegato, sulla verita non posso ardire n sperare; in
compenso posso attendermi utilita e comodita. Bene, allora mi
permetto, come uomo, di decidere da me ci che ritengo utile e
comodo, e mi si risparmi ogni benevolenza e non mi si costringa
ad accettare delle comodita. Forse la vostra casetta da favola sa-
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rebbe gradevole ai giganti, sono affari loro, ma per la vita che con-
duciamo io e i miei prossimi - e i miei prossimi nelI'umanid so-
no tutti gli uomini - questo tipo di domicilio ecompletamente
inadatto, e chi meglio di me potrebbe sapere che cosa per me e
gradevole o comodo o sgradevole? Una scienza che estata desti-
tuita dal trono delIa verid dei suoi fautori e che mantiene tuttavia
l'etichetta di corte delIa verid, o eridicola o edannosa. Ma io, che
sono un uomo, non trovo motivo di tormentarmi in cerimonie ci-
nesi che si spiegano come pure e semplici convenzioni e che non
danno a1cun contributo alIa conoscenza. lo non ho n tempo n
forza di studiarli, perch la vita non aspetta. La vita esige attenzio-
ne e sforzo: vivere una vita non ecome passeggiare in un campo.
Ecco, se si vuole fare un bilancio, io, uomo degli anni Quaranta
del XX secolo, non voglio caricarmi del peso delIe vostre contro-
versie prive di azione, delIe vostre incertezze e perfezionismi. Le
vostre costruzioni saranno magnifiche, tanto magnifiche quanto
un tempo era l'etichetta presso il re Sole; ma a me, che cosa im-
porta di questo, che cosa importa delIe vostre finezze, e delIe fi-
nezze di Versailles? La mia casa epiccola, la mia vita ebreve, e la
mia misura equelIa delI'uomo. Senza amarezza e senza ira, ubbi-
dendo semplicemente alIe esigenze delIa vita e delIa mia responsa-
biliti verso la vita, io volto le spa11e a11a vita intesa come puro di-
vertimento e vivo come ritengo giusto. Sicuramente qua1che cosa
sopravvivera nelIa mia economia, e forse entrera addirittura in es-
sa, ma la gran parte di questa civild sara dimenticata dopo poche
generazioni, non appena il sistema sara crolIato, oppure continue-
ra a vivere al massimo come atavismo, come rituale disimpegna-
to, come per esempio la fratelIanza nel sangue, nel bere insieme
per affratelIarsi. La corrente principale delIa vita passera avanti ri-
spetto a ci che un istante fa era ancora considerato un tesoro sa-
cro delIa civilti. Anche la comprensione magica del mondo un
tempo era un sistema riccamente strutturato ed elaborato, e nelIa
sua perfezione non aveva niente da invidiare a11a scolastica, n al-
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lo scientismo. Le cerimonie cinesi, la ta1mudica, erano sistemi ma-
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gnifici. Gli uomini si sono affaticati per tutta la vita, dando esami,
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conquistando titoli scientifici, diventando famosi l'uno rispetto J\(
alI'altro. Piu tardi i resti delIa magia delI'antica Babilonia hanno
Bilanci / 105
condotto l'esistenza assai misera del chiaroveggente. Persino i piu
grandi conoscitori delI'antichid tastano soltanto poche linee di
queste grandi costruzioni, ma non sono piu in grado di compren-
derne il senso interiore e il valore, anche se non eescluso che rina-
sceranno, inqua1che tempo e in qua1che luogo.
Ma oggi, sia iJ mondo, sia la leggenda
li ha dimenticati
(puskin, Medf!Jj vsadnik)
La scienza rinascimentale avra lo stesso destino, solo che sa-
ra colpita piu duramente, con la stessa inesorabiliti con cui essa,
un tempo, ha colpito l'uomo.
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Indice (
1;
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Introduzionedi Gra:dano Lingua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... 7
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Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... 17
Lavenerazionedelnome

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comepresuppostofilosofico 19
Il valore magico della parola . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
Sulnomedi Dio 77
Bilanci 93

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