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Facoltà di Lettere e Filosofia

Corso di laurea magistrale in Scienze storico-religiose

Cattedra di Storia delle Religioni

RIPENSARE LA RELIGIONE ATTRAVERSO LE


SPIRITUALITÁ ALTERNATIVE:

Lo sciamanesimo harneriano in Italia

Candidata Relatore
Chiara Tommasini prof. Sergio Botta
Matricola
1493931 Correlatrice
prof.ssa Marianna Ferrara

Anno Accademico 2017/2018


Sommario
Introduzione ........................................................................................................................................ 2
Cap. 1: Religione e spiritualità un tentativo di definizione ............................................................ 9
1.1 Definire la religione ................................................................................................................. 9
1.2 Definire la spiritualità ........................................................................................................... 17
Cap. 2: Religione e spiritualità nell’Italia contemporanea............................................................ 26
2.1 La rivoluzione spirituale nella società secolare................................................................. 26
2.2 Consumismo, pluralismo e sincretismo del supermarket religioso .............................. 31
2.3 La spiritualità nell’Italia contemporanea ........................................................................... 36
2.3.1 Chi sono gli italiani che praticano le spiritualità alternative? ................................. 40
Cap. 3: Neosciamanesimo: alla ricerca dei guaritori dello spirito ............................................... 43
3.1 Fra antichi sciamani e sciamani di plastica, per una comprensione dello
sciamanesimo tout court.............................................................................................................. 43
3.2 Michael Harner e la Foundation for shamanic studies .................................................... 52
3.3 Core shamanism ..................................................................................................................... 57
3.4 Foundation for shamanic studies - Italia: pratiche sciamaniche a portata di click ..... 65
Cap 4: Ripensare la religione ........................................................................................................... 72
4.1 Il web e le religioni: nuovi canali di proselitismo ............................................................ 72
4.2 Ripensare la religione nell’epoca post-secolare ................................................................ 77
Conclusioni ........................................................................................................................................ 81
Bibliografia ......................................................................................................................................... 84
Sitografia ............................................................................................................................................ 90

1
Introduzione

Contrariamente a quanto prevedevano alcune versioni della teoria della


secolarizzazione, la religione non è scomparsa dall'orizzonte della società
contemporanea, oggigiorno si assiste invero a un “ritorno” della religione; riplasmata,
modificata e riconcettualizzata sotto una serie di significati inediti e inesplorati.

Mentre nella sfera pubblica registriamo, in alcuni contesti, una riscoperta del religioso
in chiave identitaria ed etnica; sul versante personale sembra affermarsi sempre di più
un desiderio di spiritualità che coniuga il rapporto con il sacro con la ricerca del
significato della propria vita, la realizzazione e il benessere personali, il bisogno di far
spazio ai propri sentimenti e di esprimere le proprie emozioni, l'attenzione per il corpo
e l'ambiente naturale in cui si è inseriti.
Il progressivo affermarsi nella società occidentale della libertà individuale e del
pluralismo culturale ha portato con sé la scomposizione delle forme tipiche del credere
tradizionale e, nel contempo, una ricomposizione che legittima la creatività
individuale nella costruzione dei propri percorsi di senso 1, anche sul versante
religioso.

All’inizio di questa indagine ci si propone pertanto di vagliare e definire, in cosa si


concretizza il concetto stesso di religione alla luce dei nuovi cambiamenti socio-
culturali in atto. In quest’epoca si assiste alla metamorfosi del religioso nelle sue forme,
credenze e simboli. «Quando le religioni storiche non sono più all’altezza dei bisogni
e delle aspettative degli individui, se ne formano altre»2.

Avviene cosi che, se fino a qualche decennio fa i termini “religioso” e “spirituale”


erano considerati sinonimi, oggi la linea di demarcazione fra i due risulta più incerta
e dubbiosa, il termine “religione” viene a essere ricompreso e risemantizzato, tanto da
mettere in crisi l’uso tradizionale che di esso si è sempre fatto.

È necessario dunque un ripensamento dei paradigmi indispensabili a descrivere questi


processi sociali; la categoria stessa del religioso ha bisogno di essere riletta e
reinterpretata alla luce delle nuove spiritualità o meglio di quelle che vengono definite
“spiritualità alternative”.

Ripercorrendo brevemente la genesi e il significato del termine spiritualità nel primo


capitolo, notiamo come questa parola riemerga nell’epoca contemporanea, carica di
nuove accezioni, tanto da proporsi come una “nuova” categoria per descrivere e
interpretare il rapporto con il sacro.

1 Cfr. G. GIORDAN, Dalla religione alla spiritualità: una nuova legittimazione del sacro?, Quaderni di
sociologia, https://journals.openedition.org/qds/1117 (06/2018)
2 L. BERZANO, Spiritualità, Milano, Editrice Bibliografica, 2017, p.20.

2
In definitiva, che cosa intendiamo quando parliamo di “spiritualità alternative” e
“modi di vivere spirituali” a cui diversi autori fanno riferimento, a partire da indagini
di carattere empirico sulla religiosità contemporanea? Come e in che cosa si
concretizza la “rivoluzione spirituale” che sta dilagando e cambiando i paradigmi
della sfera sociale e religiosa?

Nel secondo capitolo si è cercato di rispondere a queste domande e di analizzare come


i cambiamenti storici, culturali e sociali in atto, abbiano modificato il rapporto tra
religione e società, mettendo sempre più in evidenza la tensione dialettica fra il credere
istituzionalizzato e la libertà di scelta del soggetto. Secondo la definizione di Bauman 3,
andiamo incontro a un tipo di modernità, ma anche a una religiosità, “fluida”, o -
citando Appadurai4- “polverizzata”, cioè senza punti di riferimento stabiliti secondo
canoni precisi, ma con la capacità di adattarsi a contenuti diversi, facendo ricorso a
linguaggi molteplici e a una pluralità sincretistica di elementi di senso.

È in questo contesto che prende vita la “rivoluzione spirituale”. Supportata da una


potenza pervasiva in tutti gli aspetti della vita pubblica, questa ha generato delle
trasformazioni che stanno investendo le molteplici sfere della vita sociale, come i
luoghi di lavoro, il sistema sanitario, la scuola, il fitness, i centri benessere, la
ristorazione ecc.
Si sviluppa una rivalutazione delle esperienze del divino, e nascono forme di
“spiritualità secolare”, “spiritualità degli stili di vita”5, di “misticismo ateo”,
“religiosità senza Dio”6, “ateismo cristiano” e “spiritualità alternative”; ciascuna con
le sue pratiche, verità, rituali.

Nell’era della rivoluzione spirituale, in definitiva, è il concetto stesso di religione


“tradizionale” che viene ricompreso e ridefinito; mettendo tutto il patrimonio
simbolico delle religioni storiche a disposizione degli individui, i quali se ne servono
secondo la logica del “bricolage”7. È a partire da questi presupposti che le spiritualità
alternative sono state definite anche “religioni del fai da te”, o “spiritual
supermarket”8, virtuali luoghi di scelta e acquisto in cui viene offerta una vasta gamma
di prodotti “spirituali”9.

3 Per approfondimenti si rimanda a Z. BAUMAN, Modernità liquida, Laterza, Bari, 2000.


4 A. APPADURAI, Modernità in polvere, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2012.
5 L. BERZANO, Spiritualità senza Dio?, Milano-Udine, Mimesis edizioni, 2014, p.8.

6 Cfr. Ivi. p. 8.

7 L. TROMBETTA, Il bricolage religioso. Sincretismo e nuova religiosità, Bari, Dedalo, 2004.

8 Cfr. D. LYON, Jesus in Disneyland: Religion in Postmodern Times, Cambridge: Polity Press, 2000,

9 Ibidem.

3
In breve potremmo dire che le spiritualità alternative producono una varietà di servizi
e prodotti, commercializzati con lo scopo di rispondere a esigenze e desideri comuni:
salute, longevità, vitalità, miglioramento personale e soddisfazione10.

In quest’ambiente olistico, in cui l’individuo è il creatore e l’ideatore della propria


realtà spirituale, si sviluppa il gusto per l’ars combinatoria, dando vita a forme di
sincretismo totalmente nuove. Così avviene la fusione di elementi simbolici
provenienti da varie esperienze religiose e spirituali che, seppur differenti per
geografia, tradizione e periodo storico, si trovano a convivere contemporaneamente e
a nutrire una serie di significati complementari, nello stesso sistema simbolico. In
questo modo le pratiche yoga si intrecciano con la meditazione, con la mistica cristiana
e sufi, o con l’esoterismo, lo sciamanesimo, l’astrologia o i tarocchi.

Questo vento di rivoluzione spirituale, ha toccato dapprima gli Stati Uniti e poi
l’Europa, fino a penetrare in modo sempre più incisivo anche nella penisola italiana.
Pertanto, se prima espressioni attinenti al linguaggio della spiritualità come “mente-
corpo-spirito”, “New Age”, “pratiche olistiche”, “mantra”, “aura”, “karma” “chakra”,
“crescita spirituale”, “guarigione interiore”, “stati di coscienza”, “energie sottili” –per
citarne alcune- erano considerate relegate a pratiche sviluppate solo Oltreoceano,
attualmente sono parole ampiamente acquisite nel linguaggio comune della maggior
parte degli italiani11.

Allo stesso modo seminari, corsi, conferenze o sedute di yoga, meditazione reiki,
shiatsu, ayurveda e aromaterapia – per citare solo alcune tra le pratiche più note – sono
divenuti largamente accessibili e praticati da Nord a Sud. Ovunque dagli scaffali delle
librerie, alle palestre ai siti internet, si notano un fiorire di proposte che invitano alla
scoperta del proprio potenziale, al recupero della sintonia con il sé e al
soddisfacimento del benessere personale.
Sebbene non tutti coloro che sono attratti dalle proposte del milieu olistico vi
attribuiscono una rilevanza spirituale, queste pratiche stanno ormai assumendo dei
toni ben definiti, che rientrano in una serie di azioni e simboli che possono essere
inseriti, o quantomeno accostati, alle caratteristiche della religiosità.

Partendo dal variegato ambiente delle spiritualità alternative, uno dei fenomeni
emergenti in questo campo è quello dei movimenti neo-sciamanici, che si
concretizzano in una gamma sterminata di pratiche e rituali i quali – innestandosi sulle
antiche credenze sciamaniche – hanno costruito e riattualizzato una serie di prassi e
significati, guadagnandosi un’autonomia sostanziale in quello che è il campo dei nuovi
movimenti religiosi. Proprio per questo motivo e per la vasta diffusione del fenomeno
su scala mondiale – anche sul territorio italiano – si è scelto in questa tesi di prenderlo

10 S. J. SUTCLIFFE, I. S. GILHUS, New Age Spirituality. Rethinking Religion, Routledge, 2014, p. 162.
11 F. GARELLI, Religione all’Italiana. L’anima del paese messa a nudo, Bologna, Il Mulino, 2011 p.136.
4
come caso di studio esemplificativo del modus vivendi et operandi delle spiritualità
alternative.

Cosi come avviene per il campo delle spiritualità, anche per lo sciamanesimo –in
ragione della complessità dei fenomeni neo-sciamanici – non vi è un accordo stabile
intorno alla sua definizione. Gli sciamani sono un tipo di operatori rituali presenti
presso diverse culture centro-asiatiche, ma in particolar modo presso i Tungusi, una
popolazione autoctona della Siberia centro-orientale. Il termine ha subìto nel corso dei
secoli svariati riadattamenti e risemantizzazioni, e dunque definire con chiarezza quali
siano le caratteristiche precipue del termine “sciamano” non è semplice.

Nella prima parte del terzo capitolo andremo a indagare quali significati e
connotazioni lo sciamanesimo ha assunto attraverso i secoli e i luoghi in cui è stato
concettualizzato e praticato. In questo senso possiamo brevemente distinguere, in
primo luogo, gli sciamanesimi “tradizionali”, intesi come espressioni, in società non
occidentali, che tentano di riassorbire gli stimoli esterni in una propria visione del
mondo. In secondo luogo, le società a sostrato sciamanico, oggi in rapida
modernizzazione. Infine un terzo modello, stante a rappresentare l’interesse per lo
sciamanesimo da parte di quel mondo occidentale che lo ha continuamente ri-scoperto
e ri-semantizzato nelle nuove forme di neo-sciamanesimo.

Ritornando alla mappa degli usi del termine, è possibile osservare come, in una
dimensione che potremmo definire genericamente spirituale, lo sciamanesimo abbia
intrecciato connessioni con elementi di quel milieu olistico che ha caratterizzato il
sostrato della cultura della New Age12.
In questa direzione, il senso del “viaggio” praticato dai neo-sciamani appare come
epitome dei percorsi di ricerca spirituale e, come tale, lo sciamanesimo diviene in
grado di stabilire relazioni con un ampio raggio di esperienze, tra le quali è possibile
indicare correnti ecologiste, forme di interpretazione spirituale dei sogni, tecniche
della cultura psichedelica, arti orientali, spiritismo, astrologia, perfino branche
dell’ufologia. Infine, possiamo notare come nella moderna accezione dello
sciamanesimo, si sia composta una particolare alleanza tra lo sciamanesimo e un
modello teorico-pratico rivolto allo sviluppo delle dinamiche energetiche, spesso
declinate allo scopo di favorire il successo di manager e organizzazioni 13.

In questa fase di individualizzazione delle pratiche sciamaniche, in cui i fenomeni neo-


sciamanici iniziano a moltiplicarsi nei contesti più svariati, una figura di rilievo è
quella di Michael Harner “antopologo-sciamano”, il quale, tramite le sue ricerche e
l’invenzione di un nuovo “metodo sciamanico” da lui definito “core shamanis”, ha

12Cfr. S. J. SUTCLIFFE, I. S. GILHUS, New Age Spirituality. Rethinking Religion, Routledge, 2014.
13Cfr. S. BOTTA, Dagli sciamani allo sciamanesimo. Discorsi, credenze, pratiche, Roma, Carocci editore,
2018.
5
scompaginato il campo del neo-sciamanesimo contemporaneo, suscitando forte
interesse nei lettori e ponendo l’accento sugli aspetti più “attrattivi” dello
sciamanesimo stesso.

Il “core shamanis” o “sciamanesimo profondo”, istituito da Harner si fonda sulla


credenza nella realtà “non ordinaria” e sull’antichissima visione cosmogonica del
mondo imperniata sull’axis mundi. Il praticante si avventura in questa realtà “altra” –
attraverso l’impiego di appositi rituali e varie simbologie – per contattare gli “spiriti”
e le altre forze potenti e invisibili che popolano la dimensione extra-ordinaria,
fungendo da mistico guaritore dei mali e delle sofferenze psichiche e fisiche. Il neo-
sciamano però può agire anche per il mantenimento della salute, per il problem solving,
cioè per la risoluzione delle difficoltà che la vita quotidiana costantemente pone di
fronte all’individuo.
La malattia in questo contesto viene quindi considerata una semplice metafora dello
spirito e della sofferenza psicologica e corporale, dunque una pura disarmonia
spirituale.

Al contrario del modello classico dello sciamano, che vedeva l’elezione dello stesso a
opera di una dura iniziazione presso gli spiriti, o della comunità che lo designava come
mistico guaritore, nel core shamanism si assiste ad una forte democratizzazione e
individualizzazione delle pratiche. La “via dello sciamano” pertanto è aperta a tutti –
dando per scontato che la rigidità della vita tipica delle culture tradizionali, non sia
compatibile con lo stile di vita occidentale – il moderno percorso di iniziazione allo
sciamanesimo, prevede l’apprendimento di una serie di “verità” e di pratiche atte a
rendere ogni individuo uno sciamano, in modo pratico, semplice veloce e intuitivo.

È proprio questo uno degli scopi della Foundation for Shamanic Studies, l'istituzione
creata da Harner per studiare, preservare e promuovere lo sciamanismo, ma
soprattutto addestrare gli occidentali nelle tecniche di base e avanzate secondo la
metodologia del core shamanism.

Grazie alla Foundation, che ha sedi in tutto il mondo – anche in Italia – è possibile
accedere e comprendere i segreti degli sciamani, comodamente seduti davanti al
proprio Pc, tramite la lettura di testi dedicati, libri classici sullo sciamanesimo
consigliati o video documentari in cui Harner stesso, gli insegnanti accreditati dai suoi
corsi o i praticanti dello sciamanesimo, spiegano e illustrano le metodologie del core
shamanism.

Per chi volesse invece apprendere le più complicate tecniche di “recupero dell’anima”,
di “estrazione sciamanica”, di “divinazione sciamanica”, di “Counseling shamanico”,
sono previsti dei seminari pratici, tenuti da praticanti accreditati e riconosciuti dalla
Foundation stessa, in grado di illustrare e accompagnare i neo-adepti nel percorso per
l’acquisizione della consapevolezza e del “potere” sciamanico. Inoltre, nel sito della
6
Fondazione, vengono promossi svariati servizi e prodotti: dalle prestazioni specifiche
di counseling e guarigione agli incontri strutturati secondo “cerchi sciamanici”, ai testi
sullo sciamanesimo, ai CD con i suoni originali raccolti da Harner nelle spedizioni con
i nativi sciamani, ai tamburi utili per raggiungere gli stati “altri” di coscienza.

La Foundation dunque si inserisce perfettamente nella descrizione di quel “mercato


religioso” dove non solo vi è la possibilità di scegliere di quali servizi usufruire, ma
anche di poter decidere il come farlo. Acquistare di volta in volta ciò di cui più si
necessita, senza sentirsi legati a una prassi precostituita e preconfezionata, ma
variando continuamente la propria visione del mondo, a seconda delle necessità del
presente. Non si è più legati a una comunità di elezione, ma i gruppi che vengono a
costituirsi si sfaldano e si risaldano secondo le possibilità e gli impegni, andandosi
perfettamente a incastrare con quelle che sono le esigenze di tempo, praticità e
disponibilità che la modernità così fluidificata impone.

In questa esigenza di rimodellamento continuo, il moderno sciamano non può sentirsi


legato al modello religioso – per definizione arcaico e pieno di regole “dogmatiche”
imposte – e allora la sua autorappresentazione diviene quella di un individuo libero
dai cardini dell’istituzione religiosa, svincolato dall’autorità; un individuo che segue
un “metodo sciamanico”, non una “religione sciamanica”, e che può in ogni momento
essere l’artefice della propria vita e del proprio destino, riplasmando le sue credenze
secondo bisogni e necessità.

M quali sono i principi fondanti di questo “ripensamento del religioso” cha abbiamo
descritto fin ora? Nell’ultimo capitolo andremo a indagare quali elementi chiave, di
questa realtà in continuo mutamento, agiscono in modo più penetrante. Quando si
parla dei cambiamenti intercorsi nella modernità è impossibile non considerare il
contributo di internet. Il web nel contesto del sacro diviene un ulteriore spazio in cui
affermare la propria identità religiosa, e un’occasione di connessione fra i membri di
background affini. Internet è un luogo, o meglio un non-luogo, che consente alle
persone di connettersi con una più ampia comunità di fede virtuale. I membri si
incoraggiano l'un l'altro nelle loro convinzioni condivise e sostengono questa narrativa
unificante, attraverso una discussione di supporto sulla scelta dell'identificazione
religiosa.

È in questo contesto che le spiritualità alternative e il core shamanism in particolare, si


inseriscono e si servono della rete per veicolare i loro messaggi spirituali/religiosi.
Questo moderno canale di comunicazione ha permesso ai nuovi adepti e ai nuovi-
sciamani di trovare e moltiplicare gli spazi di diffusione e di incontro, dove
disseminare consigli e offrire servizi spirituali, scambiarsi informazioni, suggerire
metodi di guarigione e incontrare gli altri sciamani dispersi in ogni parte del mondo.

7
Nella nostra analisi dobbiamo pertanto imprescindibilmente tenere in considerazione
la potenza espressiva e veicolatrice del web, che diviene parte integrante e necessaria
per la creazione di quella “spiritualità su misura”, che si approssima a essere
continuamente riplasmata a seconda delle esigenze del singolo, e veicolata in tempo
reale grazie alla Rete.

In questo quadro, in cui l’individualismo produce identità decentrate, fluide e


inquiete, i temi della religiosità e della fede tornano attuali. Se il secolo scorso era stato
pervaso dalla teoria della secolarizzazione – secondo cui ben presto si sarebbe
realizzato il disincanto del mondo – in questo secolo si allarga invece l’area di persone
di diversa collocazione sociale, culturale e anagrafica che si muovono alla ricerca di
“senso” e di assoluto. Si allargano anche gli spazi dell’interpretazione individuale
della religione, che non pone un’unica versione della Verità, quanto la possibilità di
esplorare le proprie verità, molteplici, mutevoli e continuamente in divenire. Questo
bisogno continuo di dare un senso alla vita individuale e collettiva è il dato inatteso di
quest’epoca definita post-secolare14.

Difronte agli interrogativi, alle sfide e alle incognite della post-secolarità e della post-
modernità, si afferma una religiosità “modulare”15, nel senso «che essa non è
definitiva, scelta una volta per tutte per la vita, ma è plasticamente reversibile, può
cioè essere riadattata, ricomposta come i programmi del computer» 16, una religiosità
in cui la centralità del sé acquista una rilevanza inaspettata.

Permane infatti la dimensione privata della religione, la sensibilità per le questioni


ultime che riguardano il destino umano, individuale e collettivo, il senso delle
esperienze fondamentali della vita e l’orientamento etico complessivo dell’esistenza, il
tutto ricalibrato su una scala di valori che mette al centro l’individuo e la sua volontà.
È su questa scala personale che si pongono le spiritualità alternative e il loro
moltiplicarsi di forme.

Diversamente dalle spiritualità tradizionali, basate sulla rinuncia, l’ascesi ultra-


mondana e il non attaccamento alle cose di questo mondo, le nuove spiritualità
assicurano già qui e ora la riuscita materiale e la pace interiore, serenità e fiducia in se
stessi, comfort e svago. E tutto questo grazie anche alla rivoluzione della
comunicazione, che tramite internet consente ai moderni consumatori spirituali di
fruire dei nuovi mezzi tecnici e tecnologici della “realizzazione del sé”.

14 BERZANO, Spiritualità senza Dio, cit., p.9.


15 L. BERZANO, Quarta secolarizzazione, Autonomia degli stili, Milano-Udine, Mimesis edizioni, 2017,
p.233.
16 G. FILORAMO, Millenarismo e New Age, Apocalisse e religiosità alternativa, Dedalo, Bari, 1999, p. 27.

8
Cap. 1: Religione e spiritualità un tentativo di definizione

1.1 Definire la religione


Prima di cominciare un’indagine è bene comprendere e circoscrivere l’oggetto della
ricerca stessa. “Definire” (dal latino de + finire) indica il “porre un limite”, stabilire un
confine oltre il quale non è possibile andare; quando però si tenta di definire concetti
complessi come quello di “religione”, a volte il limes che ci si prospetta di non
oltrepassare a volte non appare così netto e delimitato.

Partendo dal concetto linguistico, le definizioni sono frasi che collegano un definiendum
(espressione da definire) a un definiens (espressione che definisce). La questione è però
se le definizioni descrivano parole o cose. In un senso sintattico, le definizioni si
riferiscono alle parole, ma da un punto di vista semantico, dato che le parole hanno
significati specifici, le definizioni si riferiscono alle cose. Tyler Burge, ad esempio,
insiste sulla priorità di quelle che chiama "definizioni metafisiche o determinanti
l'essenza", ovvero una varietà di definizioni oggettive; per Burge una "definizione
metafisicamente corretta" è quella che "afferma le effettive condizioni necessarie e
sufficienti" per le istanze di un certo tipo17.

Per analogia, dunque, definiamo le religioni definendo in realtà la parola "religione".


Diversi studiosi hanno dubitato che qualcosa come la religione sia una res realmente
esistente, di conseguenza l’unica cosa che possiamo andare a indagare è il significato
della parola stessa, in quanto ciò che noi chiamiamo “religione” è un prodotto reificato
del nostro linguaggio o di pratiche discorsive.

Tornando dunque al tentativo di chiarire cosa sia la religione, sembra di ritrovarsi


difronte a una questione aporetica: sebbene sia necessaria una definizione precisa e
delimitata, trovarne una univoca è impossibile. Di conseguenza, questa breve indagine
non ha la pretesa di chiarire definitivamente cosa sia la religione, ma semplicemente
di presentare la problematica in tutta la sua complessità, attraverso alcuni tentativi di
descrizione che gli studiosi hanno provato a dare nel corso dei secoli, secondo le
diverse prospettive e i molteplici campi di indagine.

Cosi come afferma Giovanni Filoramo infatti:

«Definire la religione è compito tanto ineludibile quanto improbo. È infatti


evidente che, se una definizione non può prendere il posto di una indagine,
quest'ultima non può avere luogo in assenza di una definizione»18.

A livello teorico, fra gli studiosi alcuni sostengono che, in definitiva, il religioso è:

17 M. STAUSBERG, S. ENGLER, The Oxford Handbook of the Study of Religion, Oxford, Oxford University
Press, 2016, pag.14.
18 G. FILORAMO, Religione in Dizionario delle religioni, Torino, Einaudi, 1993, pag.620.

9
«qualcosa da studiare e cercare di interpretare, spiegare e comprendere, antropologicamente,
archeologicamente, storicamente politicamente, filosoficamente e scientificamente – a coloro
che sono così inclini – anche religiosamente»19.

Ci sono poi coloro che affermano che la religione è principalmente una creazione
dell'accademia (Smith); o coloro che pensano che tale concetto possa essere applicabile
solo a un determinato contesto storico (Casadio)20.

Alcuni concludono che, invece di tentare di definire la religione, bisognerebbe:


«concentrarsi sulla decostruzione della categoria e analizzarne la funzione all'interno
del discorso popolare» (Arnal); «abbandonare la tendenza a considerare la religione
come un oggetto relativamente ben delimitato» e invece esaminare «in modo critico i
processi sociali in base al quale certe cose sono considerate come religiose» (Beckford);
trattare la religione «non come una caratteristica inerente a certi fenomeni, ma come
una risorsa culturale su cui i gruppi di interesse concorrenti possono competere» e
considerare la religione come «un'affermazione, fatta da certi gruppi e, in alcuni casi,
contestata da altri» (Greil); o avviare uno studio per la comprensione contemporanea
del concetto di "religione" (Bergunder)21.
Le religioni sono dunque una questione di disputa pubblica, e visto questo carattere
controverso, potremmo concludere che «[una] definizione priva di valore di
"religione" è quindi impossibile» (Devine)22.

In ogni caso, supponendo che quantomeno una concettualizzazione di cosa è la


religione sia possibile, possiamo distinguere fra diversi tipi di definizione, che possono
riflettere differenti approcci storicamente significativi.

Le definizioni sostanziali mirano a delineare il contenuto del religioso da quello non


religioso. Oltre a Geertz, che descrive la religione come caratterizzata da un sistema di
simboli oggettivamente specificato23, tra le definizioni “classiche” troviamo quelle di
alcuni studiosi che hanno fatto riferimento a indicatori come: esseri spirituali (Tylor) 24,

19 J. S. JENSEN, What is religion, London, Routledge, 2014.


20 STAUSBERG, ENGLER, The Oxford Handbook of the Study of Religion, cit., p. 33.
21 Ivi, p. 11.

22 P. DEVINE, On the Definition of Religion, in Faith and Philosophy, 1986, pp. 270-284.

23 Geert sostiene infatti che «[la religione è un] sistema di simboli che stabiliscono stati d'animo potenti,

pervasivi e durevoli mediante la formulazione di concetti relativi ad un ordine generale dell'esistenza e


l'attribuzione a tali concetti un'aurea di realtà in modo che stati d'animo e motivazioni risultino
realistici» Cfr. C. GEERTZ, The Interpretation of Cultures: Selected Essays, New York: Basic Books, 1973.
24 Tylor sostiene che la religione sia «La credenza negli esseri spirituali» E. B. TYLOR, Primitive

Culture: Researches into the Development of Mythology, Philosophy, Religion, Art, and Custom, Londra, 1871.
10
il santo (Otto), il sacro (Durkheim, Droogers)25, un ordine invisibile (James)26, agenti
superumani (Spiro)27, Jensen, Frankenberry), mondi controintuitivi (Atran).

Oltre al fatto che questi ultimi termini non sono privi di ambiguità, i critici hanno
sottolineato che tali tentativi si scontrano con ovvi controesempi in due modi: per la
maggior parte dei criteri sostanziali proposti ci sono cose comunemente riconosciute
come religioni a cui mancano, ad esempio, l'importanza ultima degli agenti
superumani (come il Buddhismo Theravada); e ci sono pratiche comunemente
riconosciute come non-religioni che le hanno (come gli esseri spirituali nelle favole).
In altre parole, la ricerca di un singolo insieme di caratteristiche sostanziali delle
religioni si è dimostrata alquanto elusiva. Ciò ha dato slancio a coloro che cercano di
definire la religione in termini funzionali, sia dal punto di vista sociologico (ad
esempio Durkheim) sia individuale (ad esempio Tillich)28. Entrambi infatti offrono
definizioni funzionali classiche che consentono «un'apertura alla diversità religiosa e
senza limitazioni o presupposti sulla natura della realtà religiosa [stessa]»
(Schilbrack)29.

Per Durkheim, ad esempio, religione è un sottotipo specifico di cultura, sistema di


simboli, visione del mondo, tassonomia e discorsi. Dunque, se qualcosa non è un
“sistema unificato”, per esempio, o non è “relativo alle cose sacre”, non si qualificherà
come una religione.

25 Per Droogers «Religion is the field of experiencing the sacred— a field in which both believers and
scholars act, each category applying the human capacity for play, within the constraints of power
mechanisms, to the articulation of basic human dichotomies, thus adding an extra dimension to their
construction and view of reality» A. DROOGERS, Defining Religion: A Social Science Approach, In The
Oxford Handbook of the Sociology of Religion, pp. 263-279.
26 James sostiene che la religione sia qualificabile come «La credenza che ci sia un ordine invisibile, e che

il nostro bene supremo risieda in un armonioso adattamento ad esso» Cfr. W. JAMES, The Varieties of
Religious Experience, New Yor, Signet, 1958.
27 Spiro identifica la religione in «Un’istituzione costituita da interazioni culturalmente modellate con

agenti superumani postulati culturalmente» M.E. SPIRO, Religion: Problems of Definition and Explanation,
In Anthropological Approaches to the Study of Religion, London, Tavistock, 1966, pp. 85-126.
28 Per Tillich «Religion is the state of being grasped by an ultimate concern, a concern which qualifies

all other concerns as preliminary and which itself contains the answer to the question of the meaning of
our life» Cfr. P. TILLICH, Christianity and the Encounter of World Religions, New York, Columbia
University Press, 1963.
29 Per Schilbrack il religioso si identifica con «pratiche normative che implicano almeno implicitamente,

affermazioni ontologiche in base alle quali sono autorizzate le norme pratiche»; «Forme di vita basate
sulla realtà del superempirico» Cfr. K. SCHILBRACK, What Isn’t Religion?, The Journal of Religion,
1993.
11
«Religione è un sistema unificato di credenze e di pratiche/riti relative a cose sacre,
cioè separate (dalla vita comune). Tali credenze e pratiche unificano tutti quelli che
vi aderiscono in una singola comunità morale chiamata chiesa»30.

Questa definizione funzionale identifica la religione con la sua funzione di collante


sociale. Durkheim sottolinea la dicotomia che nelle religioni si fa tra sacro e profano,
che a suo avviso può essere ricondotta alla distinzione tra Dio e umanità. La
definizione di Durkheim non intende stabilire esattamente in che cosa consiste il Sacro.
Allo stesso modo, sociologi della religione a lui posteriori (specialmente Robert Bellah)
hanno fatto derivare concetti come religione civile o religione di Stato.

Da sottolineare è anche il punto di vista antropologico-religioso, secondo cui la


religione è un prodotto culturale collettivo, generato dalla comunità umana che la
pratica, e va definita in merito al suo modo peculiare di manifestarsi nella cultura per
cui:

«Le concezioni religiose si esprimono in simboli, in miti, in forme rituali e


rappresentazioni artistiche che formano sistemi generali di orientamento del
pensiero e di spiegazione del mondo, di valori ideali e di modelli di riferimento»31.

Tuttavia, come evidenzia lo stesso Comba, «Non è dunque possibile stabilire un


criterio assoluto per distinguere i sistemi religiosi da quelli non religiosi nel vasto
repertorio delle culture umane»32.

Il pensiero antropologico sulla religione ai suoi albori è stato influenzato


profondamente dalle teorie sociologiche e funzionalistiche sviluppate da Émile
Durkheim e Bronislaw Malinowski. Durkheim, infatti, sosteneva che la divinità altro
non è che la società stessa, trasfigurata e pensata allegoricamente: il contenuto
simbolico e intellettuale delle diverse credenze religiose non sarebbe quindi altro che
il travestimento di un fenomeno sociale nel quale gli uomini, in ogni tempo e paese,
tributano omaggio alla propria società. Con maggior cautela, Malinowski afferma che
la religione costituisce una delle risposte con le quali ogni cultura affronta alcuni
bisogni fondamentali e universali dell’esistenza umana. Merito di Malinowski è stato
soprattutto l’aver posto l’accento sulla funzione della religione e sulla necessità di
tenere nel debito conto le interconnessioni che legano l’uno all’altro i fenomeni sociali
e culturali.

Non mancarono le accuse di riduzionismo o di sociologismo, in quanto l’attenzione al


significato sociale dei fenomeni faceva a volte trascurare altri aspetti del mondo
religioso, come i sistemi simbolici e cosmologici, il patrimonio mitologico, la
devozione individuale. L’impostazione funzionalistica stimolò lo studio circostanziato

30 É. DURKHEIM, The Elementary Forms of Religious Life, New York, Free Press, 1912, p.85.
31 E. COMBA, Antropologia delle religioni. Un'introduzione, Bari, Laterza, 2008, p.3.
32 Ivi, p.28.

12
di credenze e pratiche religiose in vari ambiti sociali e culturali, con particolare
attenzione alle connessioni fra fatti religiosi e meccanismi sociali, politici, economici e
ideologici.

Alcuni antropologi hanno proposto formulazioni più ampie e comprensive del


fenomeno religioso, al fine di tener conto di aspetti che più difficilmente potevano
essere ricondotti a manifestazioni di fattori sociali. Esemplare, in questo senso, è la
definizione di religione offerta da Clifford Geertz che vede la religione come:

«un sistema di simboli che agisce istituendo negli uomini una serie di stati d’animo
e di motivazioni potenti, durature e pervasive, formulando concezioni con una tale
aura di fattualità che tali stati e motivazioni sembrano dotati di una realtà
univoca»33.

Essendo piuttosto complessa e astratta, questa definizione risulta particolarmente


estensiva e può essere applicata a una serie molto vasta di fenomeni, tanto che alcuni
di questi potrebbero non rientrare pienamente nella categoria del religioso, secondo
altre definizioni34.

Tornando a rileggere il funzionalismo in chiave contemporanea, troviamo un esempio


nella definizione di religioni di Tweed35 come flussi organico-culturali che
intensificano la gioia e affrontano la sofferenza. Di nuovo, le definizioni funzionali non
sono esenti da critiche in quanto tralasciano ciò che i praticanti assumono come gli
aspetti più importanti della loro religione; sono troppo statiche, ignorano i
cambiamenti storici, o sono troppo vaghe, includendo cose che non rientrerebbero
convenzionalmente nella categoria.
Per superare questi limiti, alcuni hanno cercato un approccio duplice, includendo nelle
loro definizioni elementi sia sostanziali sia funzionali:

«pratiche normative che implicano, almeno implicitamente, affermazioni


ontologiche in base alle quali sono autorizzate le norme pratiche». «Forme
di vita basate sulla realtà del superempirico36».

In una certa misura questa combinazione è un'estensione logica di entrambi i tipi di


definizioni: da una parte, se la religione viene definita sostanzialmente, si può
presumere che la gente investirà le proprie risorse nella religione, e se funziona in

33 Cfr. C. GEERTZ, The Interpretation of Cultures: Selected Essays, New York, Basic Books, 1973.
34http://larivistaculturale.com/2017/09/18/una-parola-per-capire-lattualita-religione-definizione-
dizionario/ (05/2018)
35 Lo studioso sostiene infatti che «Le religioni sono confluenze di flussi organico-culturali che

intensificano la gioia e affrontano la sofferenza attingendo alle forze umane per costruire dimore e
confini trasversali». Cfr. T. TWEED, Crossing and Dwelling: A Theory of Religion, Cambridge, MA,
Harvard University Press, 2006.
36 K. SCHILBRACK, What Isn’t Religion?, The Journal of Religion, 1993.

13
modo efficace, la trasmetterà alle generazioni future; in questo modo le definizioni
sostanziali avranno una dimensione funzionale.

Un altro problema da tenere presente in questo contesto è quello del cambiamento


storico e della diversità. Talal Asad a riguardo afferma:

«La mia tesi è che non può esserci una definizione universale di religione, non solo
perché i suoi elementi costitutivi e le sue relazioni sono storicamente specifici, ma
perché quella definizione è essa stessa il prodotto storico dei processi discorsivi»37.

Da qui si passa a valutare l’approccio prettamente storicistico, che afferma il «carattere


irriducibilmente storico di ogni formazione religiosa» 38. L’orientamento scientifico
delle diverse scienze delle religioni si manifesta nella ricerca di un metalinguaggio
condiviso, che consenta «la costruzione di modelli e teorie in grado di individuare,
descrivere e, se possibile, interpretare quell’oggetto sfuggente e proteiforme che è la
religione»39.

Il concetto di religione nell’approccio storicistico non è definibile astrattamente, cioè al


di fuori di una posizione culturale storicamente determinata. La religione in questo
caso è considerata esclusivamente all’interno della storia, escludendone qualsiasi
elemento fideistico o trascendente, quale espressione della peculiare cultura di una
società che la “sviluppa” per dialogare con il mondo circostante; personalizzandone il
lato concepito come incontrollabile – quello dei fenomeni naturali –, ma anche come
“reazione” alle esperienze propriamente umane, anch’esse non controllabili, quali la
malattia o la morte.

Uno dei primi esponenti di questo approccio storico fu Brelich, secondo il quale le
religioni sono:

«quei complessi di istituzioni, credenze, azioni, forme di comportamento e


organizzazione mediante la cui creazione, conservazione e modifiche adeguate a
nuove situazioni, singole società umane cercano di regolare e di tutelare la propria
posizione in un mondo inteso come essenzialmente non-umano, sottraendone,
investendo di valori e includendo in rapporti umani quanto ad esse appare
d’importanza esistenziale»40.

Dal punto di vista storico-religioso:

«Ogni tentativo di definire il concetto di "religione", circoscrivendo l'area


semantica che esso comprende, non può prescindere dalla constatazione che esso,

37 T. ASAD, Genealogies of Religion: Discipline and Reasons of Power in Christianity and Islam,
Baltimore, Johns Hopkins University Press, 1993, p.29.
38 A. BRELICH, La metodologia della scuola di Roma, in Mitologia, politeismo, magia, a c. di P. XELLA, Napoli,

2002, p. 141.
39 G. FILORAMO, Che cos’è la religione. Temi metodi problemi, Torino, Piccola Editrice Einaudi, p. 152.

40 A. BRELICH, Introduzione alla storia delle religioni, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1966, p. 66.

14
al pari di altri concetti fondamentali e generali della storia delle religioni e della
scienza della religione, ha una origine storica precisa e suoi peculiari sviluppi, che
ne condizionano l'estensione e l'utilizzo. [...] Considerata questa prospettiva, la
definizione della "religione" è per sua natura operativa e non reale: essa, cioè, non
persegue lo scopo di cogliere la "realtà" della religione, ma di definire in modo
provvisorio, come work in progress, che cosa sia "religione" in quelle società e in
quelle tradizioni oggetto di indagine e che si differenziano nei loro esiti e nelle loro
manifestazioni dai modi a noi abituali»41.

In questo contesto Filoramo individua tre elementi che, senza pretendere di esaurire
l’“essenza” della religione, sono tuttavia quasi sempre presenti in combinazioni
differenti e mutevoli. I tre vertici del triangolo sono:

«un dato teologico o ideologico (la dimensione della parola sacra, della
credenza, della dottrina, della riflessione teologica), un dato pratico o
rituale (la dimensione dell’azione) e la base sociale delle credenze e delle
pratiche (dal momento che non esiste una religione individuale)» 42.

Tutti questi studiosi, utilizzando approcci e metodologie differenti, si sono interrogati


su domande teoriche generali come: che cos'è la religione? Come è nata? Che funzione
ha? Queste domande negli ultimi anni hanno acquisito un nuovo valore, quando gli
studiosi hanno di nuovo iniziato a presentare una “grande teoria” sull'origine, la
funzione e il significato della religione 43. Tuttavia nessuna di queste teorie prende in
considerazione i fenomeni delle spiritualità alternative. Una domanda da sollevare,
quindi, è come le teorie della religione passate e presenti, possano spiegare le nuove
spiritualità. Il corollario è se i cambiamenti delle spiritualità alternative possono
fornire le fonti primarie per definire la religione stessa.

Anche se inizialmente i fenomeni della “nuova èra” sono stati considerati atipici –
semplicemente perché non inclusi al momento in cui sono state elaborate le definizioni
e i modelli di religione –, ciò implica che nuovi criteri possano entrare in gioco per
definire la religione. La presenza di modelli impliciti può spiegare perché ciò che
definiamo “spiritualità alternative” sono state spesso viste come un “caso speciale” tra
i fenomeni religiosi, a tal punto da richiedere una terminologia distintiva.
Lo sviluppo delle spiritualità alternative, come un “nuovo movimento religioso”, è un
esempio di questo tipo di pensiero. Il problema è dunque come classificare questa
“nuova èra” della religione, e sviluppare una tassonomia inclusiva: quella che sappia
coprire tutti gli aspetti del religioso.

41 G. FILORAMO, Religione in Dizionario delle religioni, a c. di G. FILORAMO, Torino, Einaudi, 1993, p.


620.
42 FILORAMO, Che cos’è la religione. Temi metodi problemi, cit. p. 86.

43 S. J. SUTCLIFFE, I. S. GILHUS, New Age Spirituality. Rethinking Religion, Routledge, 2014, p.2.

15
Abbiamo dunque bisogno di un modello di religione più inclusivo44, sia come parte
del vecchio modello, in modo tale da espandere i suoi parametri, sia come parte di un
nuovo prototipo. La sfida, quindi, è quella di sviluppare un modello generale di
religione, con una terminologia che possa coprire tutti i fenomeni religiosi conosciuti
nel presente e nel passato, comprese le spiritualità alternative dell’epoca
contemporanea.

44 S. J. SUTCLIFFE, I. S. GILHUS, New Age Spirituality. Rethinking Religion, Routledge, 2014, p.2.
16
1.2 Definire la spiritualità
Fino a qualche decennio fa i termini “religioso” e “spirituale” erano spesso considerati
sinonimi. La spiritualità veniva compresa quasi esclusivamente all’interno
dell’istituzione religiosa; era quindi all’interno dell’orizzonte di quest’autorità che il
soggetto, o le singole comunità religiose, potevano sperimentare percorsi “originali”
di relazione con il sacro45.

La spiritualità indicava infatti le tecniche e le dottrine della vita religiosa, cioè la vita
degli ordini religiosi, dei movimenti e delle congregazioni religiose. Definita anche
come ciò che si oppone alla materialità dei corpi naturali, dunque una prerogativa di
Dio, dell’anima e degli spiriti46. Di qui la visione della spiritualità quale insieme di
pratiche, valori, credenze, sensibilità innovative, che accomunano gruppi di fedeli
appartenenti a una religione, senza però la volontà di staccarsi da essa e produrre uno
scisma47.

I cambiamenti storici, culturali e sociali in atto hanno fortemente modificato il rapporto


tra religione e società, mettendo sempre più in evidenza la tensione dialettica fra
l’istituzione del credere e la libertà di scelta del soggetto. Proprio a partire da tale
spostamento di baricentro, dalla legittimazione istituzionale “forte” del sacro al
riconoscimento di credibilità “debole” da parte del soggetto, il termine “religione”
viene ricompreso e risemantizzato in maniera inedita, tanto da mettere in crisi l’uso
tradizionale che di esso si è sempre fatto.

«Sul terreno della non piena adeguatezza del concetto di religione per descrivere
il rapporto dell’uomo contemporaneo con il sacro, sembra attecchire e crescere il
concetto di spiritualità, il quale non solo polarizza la relazione tra istituzione ed
esperienza personale, ma ancor di più gerarchizza un nuovo dispositivo di
legittimazione del sacro stesso, non più a partire dall’obbedienza a una autorità
esterna ma ponendo al centro la libera volontà dell’individuo48».

Il concetto della libera volontà dell’individuo è stato ridefinito anche da Hervieu-Léger


che parla di “fraternità elettiva”, sottolineando la dicotomia tra la libertà del soggetto,
con i suoi sentimenti e i suoi bisogni, e l’istituzione del credere, con i suoi riferimenti
dogmatici e normativi:

«La proliferazione delle fraternità elettive ci autorizza ad esprimere e insieme a


risolvere (almeno parzialmente) la tensione crescente tra l’affermazione,
all’interno delle religioni convenzionali, della cultura moderna dell’individuo, con
la sua insistenza sui diritti della soggettività e le esigenze della realizzazione

45 G. GIORDAN, Dalla religione alla spiritualità: una nuova legittimazione del sacro?, Quaderni di sociologia,
pp. 117-205, https://journals.openedition.org/qds/1117 (05/2018).
46 L. BERZANO, Spiritualità, Milano, Editrice Bibliografica, 2017, p.20.

47 Ibidem

48 GIORDAN, Dalla religione alla spiritualità: una nuova legittimazione del sacro? Cit. pp. 117-205.

17
dell’io, e le regolamentazioni tradizionali della fede e delle pratiche religiose. Il
gruppo di fratelli e sorelle d’elezione è il luogo in cui la specificità e l’autenticità di
una “ricerca personale” può esprimersi e farsi riconoscere, al di fuori da ogni
riferimento a un’ortodossia istituzionalmente regolata49».

All’interno di tale processo di “deregolamentazione delle memorie autorizzate”50 il


concetto tradizionale di religione viene ricompreso e ridefinito, mettendo tutto il
patrimonio simbolico delle religioni storiche a disposizione degli individui, i quali se
ne servono secondo la logica del “fai da te” o del “bricolage”51.

In sociologia si è trovato una definizione per questo fenomeno descrivendolo come


“mercato religioso”, in quanto in quest’epoca di forti cambiamenti e globalizzazione,
non esiste un campo della vita economica, sociale, culturale e religiosa che non sia al
centro di una complessa evoluzione, individuale e collettiva. In tale complessità alcuni
dei principali interpreti della società attuale, ne identificano i tratti distintivi parlando
di: “libertà”, “scelta”, “incertezza”, “rischio”, “liquidità”. In questi contesti è peculiare
dal punto di vista sociologico, un indebolimento dei processi di riproduzione
“verticali”, cioè quelli attraverso cui i modelli culturali si trasmettono da una
generazione a quella successiva. In questo modo, trovandosi di fronte a una crescente
complessità dei modelli organizzativi presenti in determinati contesti, gli
atteggiamenti e i comportamenti individuali dipenderebbero sempre meno dalla
popolazione sociale strutturale degli individui e sempre più dalle personali
elaborazioni delle risorse e dei modelli che i percorsi dei singoli vengono a costruire.
Vi è dunque un ampliamento significativo delle possibilità di scelta – supportato anche
dai cambiamenti tecnologici che hanno portato a un accesso e a uno scambio quasi
illimitato delle informazioni – ma anche un indebolimento dei punti di riferimento
utili a orientare le scelte del singolo. Ne emerge, come afferma Berzano, una “società
orizzontale” e degli “stili di vita orizzontali52”, in uno scenario dove le identità e le
appartenenze sono sempre meno ascritte e sempre più dipendenti dall’iniziativa
spontanea degli individui.

Negli ultimi anni, inoltre, tra le grandi trasformazioni che hanno modificato il
paesaggio religioso americano ed europeo, troviamo la secolarizzazione e il pluralismo
religioso. La prima differenzia il sacro dal profano, lo spirituale dal religioso, e porta
nuovi modi di riconoscimento e legittimazione. La seconda, inserisce tra le religioni
tradizionali della vecchia Europa tutte le tradizioni storiche dell’Oriente, i nuovi
movimenti religiosi e, da ultimo, una crescente presenza del mondo musulmano 53.

49 D. HERVIEU-LÈGER, Religione e memoria, Bologna, Il Mulino, 1996.


50 Cfr. GIORDAN, Dalla religione alla spiritualità: una nuova legittimazione del sacro?, Cit. pp. 117-205.
51 L. TROMBETTA, Il bricolage religioso. Sincretismo e nuova religiosità, Bari, Dedalo, 2004.

52 L.BERZANO, Quarta secolarizzazione. Autonomia degli stili, Milano-Udine, Mimesis edizioni, 2017, p.8.

53 Per approfondimenti si veda L. BERZANO, Quarta secolarizzazione. Autonomia degli stili, cit., p.7.

18
In quest’epoca si assiste dunque alla metamorfosi del religioso nelle sue forme,
credenze e simboli. «Quando le religioni storiche non sono più all’altezza dei bisogni
e delle aspettative degli individui, se ne formano altre»54.

«Quando gli dei abbandonano il mondo e le religioni cessano di significare la loro


alterità, è il mondo stesso che comincia ad apparirci altro, a rivelare una profondità
immaginativa che diventa l’oggetto di una ricerca speciale, dotata del suo fine in
se stessa e che rimanda soltanto a se stessa. Il fatto è, semplicemente, che
l’apprensione immaginativa del reale che costituiva il supporto antropologico
dell’attività religiosa si mette a funzionare per conto suo, indipendente dagli
antichi contenuti che la canalizzavano»55.

Dove si trasferiscono le forme spirituali, e anche quelle dell’ateismo, quando gli dèi,
evocati da Marcel Gauchet, abbandonano il mondo? Berzano risponde a queste
domanda affermando che:

«si trasferiscono in forme secolari, poiché secolare è l’epoca presente che le


determina. È in questa fase secolare in cui gli individui ritengono di avere
autonomia anche negli stili di vita, che lo spirituale e anche l’ateismo tradizionale
si mutano in forme individuate, esperienziali, anateistiche. È la condizione
antropologica che Weber chiamerebbe “sentimento d’inaudita solitudine interiore
del singolo individuo”, connessa al grande processo storico-religioso di
disincantamento del mondo»56.

Casanova ha sottolineato come la religione, in questo nuovo contesto, non perda


necessariamente di significato e di rilevanza – né in sede politica, né in sede culturale,
né nell’esistenza personale – per il solo fatto di aver mutato funzione e di essersi
privatizzata57. Infatti a prescindere dal loro peso numerico, le comunità religiose
continuano ad avere un loro “posto” anche nella vita di società largamente
secolarizzate. In questo senso, la coscienza pubblica europea può essere descritta come
una “società post-secolare” in quanto, almeno per il momento, essa accetta “il
persistere di comunità religiose entro un orizzonte sempre più secolarizzato” 58.

In quest’epoca post-secolare – nella quale la religione, modificata dalla


secolarizzazione, occupa nella società un posto differente59 – l’affievolirsi della forza e
visibilità di alcuni tratti delle religioni storiche appare sempre più chiaro, e si
moltiplicano le forme di spiritualità. L’epoca post-secolare dunque riscopre il divino,

54 BERZANO, Spiritualità, cit., p.20.


55 M. GAUCHET, Il disincanto del mondo. Una storia politica della religione, Einaudi Paperbacks e Readers,
1999, p.297.
56 BERZANO, Spiritualità, cit., p.28.

57 Per approfondimenti si rimanda a J. CASANOVA, Public Religions in the Modern World, Chicago,

University of Chicago Press, 1994.


58 J. HABERMAS, Il futuro della natura umana, Torino, Einaudi, 2002, P.101.

59 L.BERZANO, Spiritualità senza Dio? Milano-Udine, mimesis edizioni, 2014, p.16.

19
dopo che l’avvento della società secolare aveva indotto alcuni a considerare la
religione quale ricordo di un passato primitivo, destinata a scomparire con la
modernità.

«L’effetto del “disincanto del mondo”, infatti, non ha prodotto lo svuotamento


dell’esperienza religiosa, ma anzi, ora mostra le trasformazioni e le connessioni
con nuove strutture e forme religiose»60.

Le spiritualità alternative possono inoltre essere definite come una sorta di religione
deistituzionalizzata61 – sebbene queste forze relativizzanti operino a certi livelli anche
all'interno delle “religioni mondiali” –. Avviene così che un numero crescente di
individui si ritenga religioso non perché appartenente a una religione storica, ma
perché si identifica e coltiva nuovi stili di vita, che si basano su segni, significati e
pratiche riguardanti il senso della vita, del benessere, del futuro, delle questioni su di
sé, gli altri e il mondo62.

Nascono così “nuove forme di spiritualità”, la cui definizione risulta spesso


controversa e sfuggente non solo nei contenuti, ma anche nella terminologia. Per i
praticanti, le spiritualità alternative e la spiritualità, come termine emico, non sono un
qualcosa di sfocato, ma sono caratterizzate da una varietà di diverse associazioni
semantiche, anche se c'è ancora una certa sfocatura riguardo alla concettualizzazione
della spiritualità come termine etico.

Nei primi tempi del nuovo discorso sulla spiritualità, alcuni criticarono la sfocatura
del termine63 ma ciononostante identificarono la spiritualità come “religione New
Age64” e principalmente fenomeno della generazione del “baby boomer”. Inizialmente
sono stati definiti come movimenti “New Age”. Questa espressione è stata utilizzata
nell’accademia dalla metà degli anni '80 ed è ancora in uso con la medesima accezione65
per descrivere una varietà a volte sconcertante di fenomeni “olistici” tra cui astrologia,
tarocchi e altri tipi di divinazione; idee magiche su più “corpi” e idee occulte sulle
anatomie nascoste; pratiche del corpo come lo yoga, il tai chi e il ch'i kung, psicoterapie
popolari e forme di guarigione posizionate come “alternative” o “complementari”
all'assistenza sanitaria biomedica, dal Reiki all'omeopatia. Insomma, una «miscela di

60 BERZANO, Spiritualità senza Dio?, cit. p.19.


61 Cfr. P. BEYER, Religions in Global Society, London and New York: Routledge, 2006.
62 BERZANO, Spiritualità senza Dio?, cit. p.8.

63 Per approfondimenti si rimanda a B. SPILKA, Spirituality: Problems and Directions in Operationalizing a

Fuzzy Concept, Paper for the Annual Meeting of the American Psychological Association, Toronto, 1993.
64 R.W. HOOD, B. SPILKA, B. HUNSBERGER, and R. L. GORSUCH, The Psychology of Religion: An

Empirical Approach, New York, Guilford Press, 1996.


65 Sutcliffe e Gilhus si riferiscono nei lori testi alle “spiritualità New Age” per indicare quelle che in

questa tesi vengono definite “spiritualità alternative”; S. J. SUTCLIFFE, I. S. GILHUS, New Age
Spirituality. Rethinking Religion, Routledge, 2014.
20
religioni pagane, filosofie orientali, fenomeni occulto-psichici”, a una forma altamente
ottimistica, celebrativa, utopica e spirituale di umanesimo66».

Già dall'inizio del 1990 negli Stati Uniti però, si inizia a parlare di “crisi” del New Age,
ed emerge, soprattutto in Europa, una nuova espressione: “Next Age”, per indicare la
consapevolezza – ampiamente diffusa sia fra i new ager, sia fra gli osservatori esterni
– del passaggio a una fase ulteriore del fenomeno un tempo noto come New Age.
Il Next Age rappresenta una corrente da sempre presente, ma minoritaria nel New
Age “classico”, per il suo carattere individualistico, che si prestava ad accuse di
disinteresse nei confronti delle prospettive utopistiche, planetarie e globali un tempo
prevalenti. Nell'abbandono della fase utopica e nel ripiegamento sull'individualismo,
il Next Age non manca di un retroterra culturale e storico che continuamente gli offre
materiali da rielaborare. Il suo punto di riferimento non è costituito soltanto dal New
Age, ma anche da altre, riduzioni individualistiche di forme filosofiche o religiose che,
nel corso dei secoli, hanno offerto ricette più o meno “spirituali” all'eterna aspirazione
di ogni essere umano a una vita più piena, più felice, e possibilmente anche più lunga.
Il New Age, infatti, coltivava almeno il sogno di un mondo liberato dal male e
dall'infelicità. Nel Next Age cade invece il velo dell'utopia e l'aspirazione a vivere
individualmente uno stato superiore di consapevolezza e di felicità, mentre si fa leva
sulle aspirazioni spirituali sempre più individuali e personalizzate del singolo67.

Un altro approccio molto influente alla concettualizzazione della spiritualità emerge


nelle definizioni di Pargament il quale definisce la religione come “ricerca di
significato in modi relativi al sacro”68 e la spiritualità come “ricerca del sacro”. La
proposta di Pargament per definire la religione e la spiritualità mette in evidenza gli
elementi comuni, piuttosto che le differenze. Si crea dunque il problema di
comprendere perché abbiamo bisogno di due concetti se la spiritualità deve essere
espressa in termini tradizionalmente usati per descrivere la religione.
In effetti, la maggior parte delle forme di spiritualità operano empiricamente come
forme di esperienza religiosa. Streib e Hood suggeriscono quindi di definire la
spiritualità come “religione orientata all'esperienza privatizzata”69, che gravita su un
segmento nel campo religioso in cui l'accesso non è mediato da tradizione, istituzione
o clero, ma è caratterizzato da immediatezza per l'individuo, e dove la simbolizzazione
della trascendenza non è necessariamente verticale, ma può includere la trascendenza

66 SUTCLIFFE, GILHUS, New Age Spirituality. Rethinking Religion, cit., p.3.


67 M. INTROVIGNE, La crisi del New Age e la nascita di un nuovo fenomeno: il Next Age, in
http://www.cesnur.org/testi/Next_A.htm (05/2018).
68 K. PARGAMENT, The Psychology of Religion and Spirituality? Yes and No, International Journal for the

Psychology of Religion, 1999, pp. 3- 16.


69 H. STREIB, R.W. HOOD, ‘Spirituality’ as Privatized Experience- Oriented Religion: Empirical and

Conceptual Perspectives, Implicit Religion, 2011, pp. 433– 453.


21
orizzontale. Concettualmente, tutte queste caratteristiche, non richiederebbero di
introdurre e definire la spiritualità come un termine etico separato. Ciò implicherebbe
opporsi e resistere a qualsiasi tentativo, nello studio della religione, di utilizzare il
concetto di spiritualità in modo intercambiabile con religione - o di sostituire
“spiritualità” con “religione”. Tuttavia è un fatto empirico che parlare di spiritualità e
autoidentificarsi come spirituale (e non religioso) sta diventando una consuetudine
ampiamente diffusa.
Partendo dalla definizione di religione, il sociologo Enzo Pace afferma che:

«ciò che nella lingua delle scienze sociali in Occidente è chiamata


convenzionalmente religione, è in realtà semplicemente il nome che diamo a
sistemi di credenze differenziati e complessi che riguardano il sacro. I sistemi di
credenza definiscono costantemente i confini del sacro, ed è attraverso questo
lavoro che si accumulano conoscenze specializzate e varie forme di potere (che
vanno dal controllo della coscienza dell'individuo alla gestione diretta o indiretta
del potere politico). I sistemi tendono a considerare il sacro come un oggetto,
privando così l'individuo del potere dell'esperienza diretta o riducendo la
potenzialità del significato nascosto all'interno del sacro stesso» 70.

Il sacro diviene così una formula di significato grazie alla quale possiamo esaminare
ciò che accade tra il sistema di credenze, da una parte, e il mondo del credere, dall'altra.
Da questo punto di vista la spiritualità è il superamento di significati e sensi prodotti
dagli individui nell'ambiente socio-religioso, cioè in tensione con un sistema di
credenze. Pertanto la relazione tra un sistema religioso e il suo ambiente socio-religioso
potrebbe essere studiata come la tensione tra il potere (della comunicazione e dei
significati per il sistema) e l'empowerment (la catena di comunicazione relativamente
amichevole creata dagli individui) nel regno della spiritualità.

Nel campo della sociologia della religione, dunque, affinché la categoria della
spiritualità sia valida, deve essere non solo concettualmente autonoma, ma anche stare
in una relazione dialettica con un sistema di credenze o con vari sistemi di credenza
che hanno la loro storia e l'egemonia nella società. Per Pace:

«La spiritualità è una formula generica con cui l'osservatore può etichettare una
varietà di atteggiamenti e comportamenti, da parte di individui alla ricerca di
significati, che non si riferiscono necessariamente a un insieme di significati
all'interno di un sistema di credenze religiose» 71.

Se la nozione di spiritualità deve quindi essere utilizzata validamente nella sociologia


della religione, devono essere soddisfatte secondo Pace almeno tre condizioni:

70 L.WOODHEAD, G. GIORDAN, W. H. SWATOS, (eds.), Religion, Spirituality and Everyday Practice,


Springer Netherlands, 2012, cit., pp.23-24 (Trad. Mia).
71 E. PACE, Una religiosità senza religioni. Spirito, mente e corpo nella cultura olistica contemporanea, Napoli,

Guida Editori, 2015, cit., p.12.


22
-Non deve essere una categoria residuale;
-Deve essere un concetto relativamente indipendente;
-Deve derivare dalla relazione di base tra un sistema di credenze e il suo
ambiente, che è, per definizione, più vario, complesso e più ampio del sistema
stesso.

In questo senso, diversi studi sono stati condotti per individuare la semantica della
spiritualità contemporanea. Uno di questi è uno studio cross-cultural che, tramite
ricerche e interviste comparate, ha individuato alcuni termini che si riscontrano
comunemente nella descrizione di ciò che è spirituale: differenze semantiche,
misurazioni indirette, interviste personali, risposte aperte. Dall’analisi condotta, in cui
1.779 intervistati dagli Stati Uniti e dalla Germania hanno dato le loro definizioni di
spiritualità, sono emerse visioni comuni che sono state raggruppate in dieci categorie
utilizzate per definire la spiritualità72:

1. Connessione e armonia con l'universo, la natura e il tutto. La connessione con


gli altri e l'universo si riflette anche nel concetto di “trascendenza spirituale” e
nel “sentimento o esperienza di connessione/ unione /unità”73, già teorizzato da
diversi studiosi.
2. Riferimento alla religione o alle credenze cristiane. La percezione che la
spiritualità sia radicata nella religione è espressa in questa seconda
componente. È una caratteristica chiara della trascendenza verticale. In questa
variante semantica, la spiritualità è "un'espressione di religiosità vitale" e riflette
il concetto di "religiosità/sacralità" sviluppato da Greenwald e Harder 74 e
definito come “parte integrata della vita religiosa” 75.
3. Ricerca di un sé (superiore), di significato, di pace interiore e illuminazione.
La terza componente riflette una versione della spiritualità con un'impronta di
processi sociali come la soggettività e l'individualizzazione. Questo
componente riflette i “cercatori altamente attivi” 76, e la “spiritualità della vita
soggettiva”77. Più criticamente, questo aspetto è stato definito da La Cour come
“fattore di egoismo e avidità”78.

72 STAUSBERG, ENGLER, The Oxford Handbook of the Study of Religion, cit. p.76.
73 D.F. GREENWALD, D. W. HARDER, The Dimensions of Spirituality, Psychological Reports, 2003
pp.975- 980.
74 Ibidem

75 P. LA COUR. N.H. AUSKER, N.C. HVIDT, Six Understandings of the Word Spirituality in a Secular

Country, Archive for the Psychology of Religion, 2001, pp. 63– 81.
76 W.C. ROOF, A Generation of Seekers: The Spiritual Journeys of the Baby Boom Generation, Harper & Row,

San Francisco, 1993.


77 P. HEELAS, L.WOODHEAD, B. SEEL, B.SZERSZYNSKY, K.TUSTING, The Spiritual Revolution: Why

Religion Is Giving Way to Spirituality, Blackwell, Oxford, 2005.


78 P. LA COUR. N.H. AUSKER, N.C. HVIDT, Six Understandings of the Word Spirituality in a Secular

Country, pp. 63– 81.


23
4. Etica: partecipazione e azione quotidiana secondo valori morali in relazione
all'umanità. Qui la spiritualità è associata al valore percepito di condurre una
vita secondo le norme della morale. Ammerman79, nel suo studio di persone che
si associano all'essere spirituali, documenta l'obbligo di praticare norme etiche
più elevate rispetto a coloro che sono "meramente" o "fermamente" religiosi.
5. Credere in “poteri più alti”, negli esseri superiori (divinità, déi ecc.). Questa
componente della spiritualità è la categoria più tipica per descrivere le persone
che si considerano “ugualmente religiose e spirituali”. Allo stesso modo,
Walker e Pitts80 trovano la “credenza in un potere superiore” come il descrittore
più caratteristico della religione e della spiritualità.
6. Intuizione di qualcosa o di qualcuno81 non ben definiti, ma più in alto e al di
là di se stessi. La controversa "sfocatura" della spiritualità sembra trovare la sua
riflessione empirica in particolare in questa componente particolare, in cui le
persone rifiutano di definire ulteriormente la natura del trascendente, ma
riconoscono la sua semplice esistenza. Ciò può riflettersi in quello che
Greenwald e Harder definiscono come "trascendenza beata".
7. Esperienza di verità, scopo e saggezza al di là della comprensione razionale.
Questa componente riflette la comprensione della spiritualità come una risorsa
di significato, basata su una nozione di verità non razionale “superiore”,
intuizione e saggezza.
8. Consapevolezza di un mondo non materiale, invisibile, ed esperienza di
energie ed esseri soprannaturali (spiriti ecc.). Importante in questo senso è
anche la componente esoterica ed è principalmente quella per cui l'etichetta
“spiritualità New- Age” può essere adeguatamente utilizzata82.
9. Opposizione alla religione, alle regole dogmatiche e alle tradizioni. Questa
componente è rispecchiata dal fattore “sforzo vago, opposto alla religione” 83.
Secondo Zinnbauer e Pargament84, la spiritualità viene spesso valutata
positivamente come soggettiva, basata sull'esperienza, dinamica e funzionale,
mentre la religione ha dei connotati negativi, basati su antiche e statiche
credenze. Questa componente, che in parte si oppone al punto 2 e al punto 10,

79 N.T. AMMERMAN, Spiritual but Not Religious? Beyond Binary Choices in the Study of Religion, Journal
for the Scientific Study of Religion, 2013, pp. 258– 278.
80 L. J. WALKER, R.C. PITTS, Naturalistic Conceptions of Moral Maturity, Developmental Psychology,

1998, pp.403– 419.


81 Somthing or some being(s), STAUSBERG, ENGLER, The Oxford Handbook of the Study of Religion,

pag.77.
82 Ibidem.

83 P. LA COUR. N.H. AUSKER, N.C. HVIDT, Six Understandings of the Word Spirituality in a Secular

Country, cit., pp. 63– 81.


84 B.J. ZINNBAUER, K.I. PARGAMENT, Religiousness and Spirituality, In Handbook of the Psychology of

Religion and Spirituality, New York, Guilford Press, 2005, pp. 21– 42.
24
dimostra l'estrema varietà della semantica della "spiritualità" che include anche
affermazioni contraddittorie.
10. Forme di spiritualità “basate sull'esperienza”85; queste possono esprimere la
comprensione della spiritualità degli intervistati come una specie di "religione
vissuta", come una religione del "fare”, contraria al mero consenso a un sistema
di credenze86.

A margine delle definizioni date dai diversi studiosi, possiamo affermare che le
spiritualità alternative oggigiorno difficilmente possono essere considerato come un
fenomeno marginale o un “caso speciale”; dobbiamo invece prendere atto che queste
sono ormai pienamente parte dei fenomeni che iscriviamo nella categoria generale
della "religione". Considerando in questo senso la religione, e la cultura in generale,
come qualcosa di misto e fluido, vediamo come questa – nelle società occidentali – si
espliciti in processi di diverso tipo, come, ad esempio: globalizzazione,
pluralizzazione, individualizzazione, secolarizzazione, ricapitalizzazione, capitalismo
e mediatizzazione. Ciò significa che i dati per “religione” sono intrinsecamente
dinamici e in un continuo processo di cambiamento, e che le spiritualità alternative
incarnano questo continuo mutamento.
Bisogna dunque ripensare i modi in cui il religioso e lo spirituale sono vissuti e
prodotti all'interno di settori non religiosi, al fine di rivedere le nozioni e le
categorizzazioni che contribuiscono a definire lo studio stesso della storia delle
religioni.

85 B.J. ZINNBAUER, K.I. PARGAMENT, Religiousness and Spirituality, In Handbook of the Psychology of
Religion and Spirituality, New York, Guilford Press, 2005, pp. 21– 42.
86 STAUSBERG, ENGLER, The Oxford Handbook of the Study of Religion, pp. 76-77 (Trad. Mia).

25
Cap. 2: Religione e spiritualità nell’Italia contemporanea

2.1 La rivoluzione spirituale nella società secolare


La secolarizzazione come ideologia è stata per anni l’orizzonte di pensiero di molti
sociologi, (soprattutto in alcuni paesi dell’Est europeo) allora influenzati dal modello
comunista sovietico.87 Da un lato infatti vi era chi, muovendo da premesse marxiste
ortodosse, riteneva di poter leggere nei processi di trasformazione allora in atto nella
società tutti i sintomi del venir meno della forza della religione; dall’altro, di contro,
sociologi e intellettuali di ispirazione cattolica mostravano come la devozione
popolare, la partecipazione e la vitalità religiosa, non solo non declinassero, ma
dessero segnali di risveglio88. Gli studiosi, mossi per decenni da questa dicotomia – che
spesso rinviava alle diverse appartenenze politiche e ideologiche –, hanno dovuto
mettere in discussione le loro teorie, in quanto, contrariamente all’ipotesi di un
irreversibile declino della religione e del sacro, si assisteva nel mondo –occidentale e
occidentalizzato – a una nuova ricerca del senso spirituale. Questa ricerca non
necessariamente si indirizzava, e si indirizza, verso le religioni storiche, ma si
riplasmava in un nuovo modo di credere, non più influenzato dalla religione di
nascita. Nella contemporanea società occidentale infatti si preferisce scegliere di
credere, piuttosto che appartenere per tradizione.

Avviene quindi che un numero crescente di individui si ritenga religioso, non perché
appartenente a una religione storica, ma perché si identifica e coltiva nuovi stili di vita
che si basano su segni, significati e pratiche riguardanti il senso della vita, il benessere
e il rapporto armonico fra il proprio sé e il mondo. All’origine di questa trasformazione
della coscienza culturale e religiosa alcuni pongono lo spirito critico illuministico,
l’individualizzazione e la globalizzazione89. Tutti e tre i fattori hanno l’effetto di
favorire il passaggio da una società in cui era virtualmente impossibile non credere in
Dio a una in cui, al contrario, la fede nella religione non è più data per scontata, anche
per gli stessi credenti, ma è concepita come una tra le scelte possibili. Si sviluppa così
una rivalutazione delle esperienze del divino, e nascono forme di “spiritualità
secolare”, “spiritualità degli stili di vita” 90, di “misticismo ateo”, “religiosità senza
Dio”91, “ateismo cristiano”, ciascuna con le sue pratiche, verità, rituali.

Come afferma Berzano, in questo scenario ogni spiritualità diviene:

87 Per approfondimenti si rimanda a S. ACQUAVIVA, R. STELLA, La secolarizzazione: fine di un’ideologia?,


Roma, Borla, 1989.
88 Cfr. E. PACE, Una religiosità senza religioni. Spirito, mente e corpo nella cultura olistica contemporanea,

Napoli, Guida Editori, 2015, p.7.


89 Per approfondimenti si rimanda a BERZANO, Spiritualità senza Dio.

90 Ivi., p.8.

91 Ibidem.

26
«un sistema di senso che rende plausibile per un individuo la propria biografia. In
ciò essa è cosa che va oltre l’osservanza dei riti, poiché riguarda l’essere più che la
morale. Questo bisogno di dare un senso alla vita individuale e collettiva è il dato
inatteso di quest’epoca (che molti definiscono post-secolare), che ha alle spalle e
vive tutt’ora la grande trasformazione sociale e culturale della secolarizzazione»92.

Ancora Berzano afferma che tra le forme di spiritualità possiamo individuare, in


particolare, tre forme sociali:

- Le “spiritualità religiose”, che nascono all’interno di una tradizione religiosa e


da questa sono riconosciute (ad esempio la spiritualità nate all’interno del
cristianesimo, ma anche quelle sorte nell’ebraismo o nel buddhismo ecc.).
- Le “spiritualità secolari”, che si formano al di fuori di ogni religione storica,
ovvero le spiritualità degli individui che si dichiarano non credenti, atei o
agnostici.
- Le “spiritualità degli stili di vita”, riferite a quanti, pur appartenendo a una
religione, adottano nella loro vita quotidiana “stili di vita spirituale”
indipendenti da ogni trascendenza e religione: queste ultime vengono definite
anche “spiritualità senza Dio”.
Per spiritualità senza Dio si intende: «un insieme di atteggiamenti e pratiche dotate ognuna
di significato che l’individuo adotta quali elementi per dare un senso unitario alla propria vita,
che si presenta come modello distintivo condiviso all’interno di collettività e che si riferisce a
una dimensione spirituale trascendente della vita. Tali pratiche, a loro volta, non hanno il loro
elemento generativo in una preesistente tradizione religiosa, benché possano esserne
influenzate»93.

In questo nuovo contesto, così difficile da definire, le teorie basate sul principio del
declino inesorabile della religione vengono a ridefinirsi. I fattori di diffusione delle
spiritualità alternative non conducono al regresso dell’esperienza religiosa, ma
piuttosto indicano una continua ridefinizione del divino e dello spirituale, rispetto alla
vita personale e collettiva. È così che si assiste alla cosiddetta “rivoluzione spirituale” 94,
ovvero l’emergere di una spiritualità slegata dalle pratiche e dal senso del religioso e
incentrata sulla ricerca di un rapporto fra spirito, mente, corpo, che Pace definisce
“olismo” o “ambiente olistico95”.

Quest’esperienza di soggettivizzazione della credenza religiosa è stata


concettualizzata da Berger con il termine “imperativo eretico”96, con il quale si intende

92 L.BERZANO, Spiritualità senza Dio?, Milano-Udine, Mimesis edizioni, 2014, cit. p.9.
93 Ivi, cit. p.52.
94 Per approfondimenti circa il tema della rivoluzione spirituale si rimanda a P. HEELAS,

L.WOODHEAD, B. SEEL, B.SZERSZYNSKY, K.TUSTING, The Spiritual Revolution: Why Religion Is


Giving Way to Spirituality, Oxford, Blackwell, 2005.
95 Cfr. PACE, Una religiosità senza religioni. Spirito, mente e corpo nella cultura olistica contemporanea.

96 Per approfondimenti si rimanda a P. BERGER, The heretical imperative, Doubleday, Anchor Press, 1979.

27
lo spostamento di baricentro della funzione salvifiche della religione, che emerge nelle
società moderne. Le religioni non sono più il centro regolatore della vita individuale e
sociale, cui accedere per mezzo di un’esperienza personale o di gruppo, ma divengono
una scelta personale legata al primato del believing su quello del belonging97. Aumenta
anche la mobilità religiosa ed etica degli individui, in rapporto ai modelli
tradizionalmente imposti da tutte le grandi religioni universali che storicamente
conosciamo, così non ci si rivolge più alle moltitudini –interlocutori per eccellenza dei
messaggi universali portati dalle religioni – ma a un’élite di credenti.
Per comprendere meglio questo concetto è utile analizzare la nozione di “distinzione”
e di “individuazione”. Poiché le pratiche significanti di una spiritualità presentano
elementi con finalità distintive, questo fa sì che coloro che decidono di adottarle creano
un’unione reciproca, e a loro volta si differenziano da chi invece adotta un altro sistema
di pratiche. La segnalazione di vicinanza non è tuttavia mai totale, perché l’individuo
mantiene sempre un’esigenza di distinzione. La nozione di distinzione richiama a sua
volta quella di individuazione, – sviluppata da Jung nei suoi studi –, che da alcuni è
stata indicata quale elemento caratterizzante delle nuove spiritualità 98. Infatti:

«La moltiplicazione di spiritualità al di fuori delle grandi tradizioni religiose, che


accresce il distacco tra le religioni organizzate e spiritualità individuali, è in parte
conseguente al crescere dei bisogni di individuazione spirituale»99.

Tramite la nozione di individuazione – introdotta negli anni ’20 del novecento da Jung-
l’individuo avvicina l’Io con il Sé100, attraverso una sorta di “viaggio spirituale”, che lo
conduce a una maggiore consapevolezza. L’individuazione dunque è quanto ognuno
di noi è chiamato a fare al fine di sviluppare la propria personalità individuale,
differenziandosi dagli altri; ma, al contempo, riconoscendo le norme collettive, la cui
perdita altrimenti comporterebbe la distruzione del tessuto sociale.

Analizzando invece la spiritualità dal versante sociologico, potremmo dire che la


persistenza di questo fenomeno si basa su due fattori principali: la funzione di capitale
sociale che ogni spiritualità rappresenta e la maggiore profondità che la categoria
“spiritualità” offre a confronto della categoria “religione”. Le nozioni di capitale
sociale e capitale culturale indicano essenzialmente il bagaglio relazionale e valoriale
che un soggetto o una comunità costruiscono nel corso della loro esistenza. Da qui è
stata sviluppata per analogia anche la nozione di “capitale spirituale” 101, per indicare

97 Cfr. G. DAVIE, Religion in Britain Since 1945: Believing Without Belonging, John Wiley & Sons, 1994.
98 PACE, Una religiosità senza religioni. Spirito, mente e corpo nella cultura olistica contemporanea, cit. pp.64-
65.
99 BERZANO, Spiritualità, Milano, Editrice Bibliografica, 2017, cit. p.64.

100 Per approfondimenti si rimanda a C.G. JUNG, Tipi psicologici, Torino, Bollati Boringhieri, 1968.

101 BERZANO, Spiritualità, cit., p.12.

28
l’insieme di norme e valori di un individuo che derivano dall’essere parte di una
comunità costruita attorno a una tradizione religiosa e spirituale.
In questo senso, la parola spiritualità rimanda ad esperienze di tipo personale non più
dettate e inquadrate negli stretti confini delle religioni storiche.

«L’ambito delle spiritualità va perciò al di là di quello delle Chiese storiche,


estendendosi anche nei contesti laici. È la condizione secolare a conferire
all’esperienza religiosa e alle spiritualità nuovi profili e contenuti, che non
discendono più da una dottrina istituzionale, da un unico sistema rituale, da un
unico stile di vita, e che non offrono più all’individuo, come in passato, l’utilità
sociale di renderlo ben integrato nel proprio ambiente»102.

Un’altra tendenza è quella riferita al crescente spostamento della spiritualità dalla


sfera delle istituzioni alla sfera della soggettività. La scelta e la realizzazione di una
propria spiritualità vengono a collocarsi tra i vari progetti di vita da costruire, accanto
a quello formativo, lavorativo o familiare. L’esperienza della pluralità dei mondi
sociali, propria della modernità, fa perdere rilevanza alla sfera delle istituzioni in tutti
i campi, compreso quello religioso, così che le esperienze personali dell’individuo
acquistano più realtà di quelle delle istituzioni 103, ottenendo legittimità,
riconoscimento e attendibilità, che sarebbero state impensabili in una società
tradizionale.

La sociologa francese Herveu-Léger104, analizzando la situazione socio-religiosa


contemporanea, ha elaborato la categorizzazione di alcuni dei fenomeni principali che
riguardano la situazione socio-religiosa, suddividendo i processi che ne derivano nei
seguenti modi:

- Si spezza il legame fra esperienza religiosa e senso di appartenenza; si può fare


esperienza al difuori delle religioni tradizionali e senza aderire totalmente a un
gruppo religioso, ma in movimenti che godono di relativa vita propria e che
puntano a esaltare il momento carismatico ed emotivo dell’esperienza stessa;
- Si spezza il legame fra dimensione etica e senso di appartenenza; molte sfere
di azione sociale non sono più orientate da valori etici ispirati religiosamente;
- Si spezza il legame fra memoria e senso conferito all’azione di tipo religioso:
all’interno di una stessa realtà socio-religiosa si afferma una differenziazione e
un pluralismo di atteggiamenti e di comportamenti tali, da far perdere di vista
la cornice unitaria e la continuità dei gesti comuni, riflessi di una comune radice
o tradizione105.

102 BERZANO, Spiritualità, cit., p.13.


103 Ivi, cit., p.14.
104 Cfr. D. HERVIEU-LÉGER, La religion pour mémoire, Parigi, Cérf, 1993.

105 PACE, Una religiosità senza religioni. Spirito, mente e corpo nella cultura olistica contemporanea, cit. p.38.

29
Lungo queste linee si può concretizzare lo sviluppo attuale della religione, che ha
spinto il processo di secolarizzazione oltre il limite storico, superandolo
decisamente, ed è proprio in questo scenario che si inserisce la legittimazione delle
nuove religioni e delle nuove spiritualità con quella che Heelas e Woodhead hanno
definito “rivoluzione spirituale”. In questa “rivoluzione” i nuovi modi di credere
non sono più ancorati alle tradizioni religiose dominanti nelle società occidentali,
ma ci sono nuovi elementi che identificano il panorama religioso: l’emergente
bisogno di coltivare lo spirito, prendendosi cura della propria vita interiore, il
desiderio di trovare una risposta qui e ora, nel tempo in cui si vive, senza spingere
necessariamente lo sguardo oltre i confini sensibili nell’aldilà; una risposta che
appaghi la mente e dia una sensazione di benessere anche al proprio corpo, in una
parola una via “olistica”106.

106Per approfondimenti si rimanda a PACE, Una religiosità senza religioni. Spirito, mente e corpo nella
cultura olistica contemporanea, p.41.
30
2.2 Consumismo, pluralismo e sincretismo del supermarket religioso
La dissoluzione di un’idea metafisica di soggetto religioso ha portato a pensare anche
all’identità spirituale come un campo di possibilità e di scelta. Assistiamo dunque a
una pluralizzazione delle forme degli stili di vita a livello della condotta sociale, della
coscienza e nella sfera privata e pubblica 107, che fa emergere una soggettività
differenziata anche in campo religioso. In questo caso il riferimento scientifico si
appoggia sulle ricerche di Inglehart e sulla tipologia dei tre ambiti dei bisogni: ambito
dell’having (bisogni che orientano la scelta degli stili di vita materialistici), ambito del
being (bisogni di realizzazione del sé e di cittadinanza), ambito del loving (bisogni di
relazionalità e di qualità della vita 108). Ognuno di questi tre ambiti muta fortemente in
rapporto alle caratteristiche strutturali e socioculturali dei singoli individui e dei
gruppi di appartenenza. In questo periodo storico – dopo un periodo in cui erano
centrali le strutture sociali, economiche e istituzionali – assistiamo all’esplosione dei
bisogni individuali e soggettivi, che rientra nella sopracitata categoria del loving.

A partire dagli studi di Weber109, che per la prima volta hanno indagato la relazione
tra le religioni e l’economia, in molti si sono chiesti in che modo le idee e i valori
religiosi influenzassero lo sviluppo economico di una società. Viceversa altre indagini
sono state condotte su come la religione stessa venga influenzata dall’economia
predominante in una determinata società110. Questo risulta particolarmente
interessante se calato nel contesto delle spiritualità alternative, dove l’interazione
sociale e religiosa si svolge in larga misura all’interno di una cornice in cui vendita e
acquisto sono presenti in modi più o meno espliciti.

In diversi studi il fenomeno del pluralismo religioso e spirituale attuale viene accostato
al termine “mercato”111. Dalla metafora del mercato si è passati alla concretezza di più
mercati, in cui viene offerta una vendita sbalorditiva di prodotti “spirituali” 112.
Manifestazioni evidenti di questa commercializzazione sono la vendita di alcune merci
strettamente connesse con il benessere psicofisico prospettato dalle spiritualità
alternative. Ecco quindi fiorire l’enorme mercato dei libri sull’aiuto-aiuto, potenziale
della mente, meditazione, guarigione spirituale ecc.; elementi di architettura e
arredamento feng shu; oggetti e strumenti relativi al benessere e alla guarigione
(campane tibetane, cristalli, incensi ecc.) O, ancora, vediamo il formidabile sviluppo

107 La tematica viene affrontata in P.L. BERGER, B.BERGER, H.KELLNER, The homeless mind,
Harmondsworth (UK), Penguin Books, 1973.
108 Le ricerche di Inglehart relative ai tre ambiti di bisogni sono esposte in R. INGLEHART, La rivoluzione

silenziosa, Milano, Rizzoli, 1983.


109 Per approfondimenti si veda M. WEBER, The Protestant Ethic and the Spirit of Capitalism.

New York, Routledge, 2001.


110 SUTCLIFFE, GILHUS, New Age Spirituality. Rethinking Religion, Routledge, 2014, cit. p.160.

111 Per approfondimenti si rimanda a W.C. ROOF, Spiritual Marketplace: Baby Boomers and the

Remaking of American Religion, Princeton, Princeton University Press, 2000.


112 Ibidem

31
del “turismo spirituale”, che comprende viaggi e pellegrinaggi in luoghi “sacri” o
“mistici”, dalle visite a templi, santuari, città, alla riscoperta delle antiche tradizioni
spirituali; ai raduni di meditazione in luoghi “sacri”; ai seminari o ai “cammini
spirituali” alla scoperta dei luoghi in cui poter esprimere e nutrire il proprio
potenziale.

Un altro elemento fortemente presente nel mercato del religioso è quello riguardante
l’attenzione al proprio corpo e alla cura del sé, offerte dalle pratiche fisiche e dalle
“diete spirituali”. Ne è un esempio l’ingente – e dibattuto – mercato della medicina
alternativa in tutte le sue declinazioni, in cui si fa largo l’idea che si possa guarire
l’anima e il corpo per via naturale, ricorrendo a pratiche che appaiono non veicolate
dalla scienza moderna, ma rispondenti ai bisogni “naturali” e primigeni degli
individui. Allo stesso tempo, nelle grandi religioni, così come in numerose credenze
sia del mondo antico che del mondo contemporaneo, il cibo è sempre stato collegato a
rigorose pratiche ascetiche o a forme di appartenenza che rinviano a una determinata
concezione filosofica o religiosa. Il nutrirsi, o il digiunare, si configurano come
un’azione comunitaria, come un atto collettivo di adesione a un determinato sistema
religioso-culturale. In questo senso, anche il mercato del cibo si reinventa a seconda
delle nuove esigenze spirituali. Assistiamo alla ricerca di un’alimentazioni più
“attenta” alla sofferenza e al rispetto della vita animale, e dunque l’adesione a forme
di dieta vegetariana o vegana, o alla ricerca di un’alimentazione basata sull’equilibrio
tra le forze antagoniste e complementari -che caratterizza lo stile di vita e la dietra
macrobiotica. In definitiva, anche attraverso l’intervenento sull’alimentazione è
possibile interagire e modificare la mente e lo spirito.

In breve, potremmo dire che le spiritualità alternative producono una varietà di servizi
e prodotti, commercializzati con lo scopo di rispondere ad esigenze e desideri comuni:
salute, longevità, vitalità, miglioramento personale e soddisfazione113. Esigenze e
desideri che sono spesso al centro delle religioni antiche.

In questo senso le spiritualità alternative sono state definite anche “religioni del fai da
te”114, o “pick and mix religion” 115, “religious consumption à la carte”116 o ancora
“spiritual supermarket”117. La differenziazione strutturale nella società moderna fa sì
che anche il consumismo contemporaneo si traduca in un “market of ultimate

113 SUTCLIFFE, GILHUS, New Age Spirituality. Rethinking Religion, cit. p. 162.
114 Per approfondimenti si veda C. BAERVELDT, New AgeReligiosity as a Process of Individual Construction,
M. Moerland, Utrecht: Jan van Arkel, 1996, pp. 19–31.
115 M. HAMILTON, The Concepts of Implicit and Non-Institutional Religion: Theoretical Implications, Implicit

Religion, 2012, pp. 523–33.


116A. POSSAMAI, Alternative Spiritualities and the Cultural Logic of Late Capitalism, in Culture and

Religion, 2003, pp. 31–45.


117 Per approfondimenti consultare D. LYON, Jesus in Disneyland: Religion in Postmodern Times, Oxford,

Polity Press, 2000.


32
significance”118. Questa tendenza è stata anche esemplificata con l’espressione del
“bricolage” religioso o individuale che vede la propensione a:
«raccogliere abbondante materiale psicologico, terapeutico, magico,
marginalmente scientifico ed esoterico, riconfezionandolo e offrendolo per il
consumo individuale e per un ulteriore sincretismo personale»119.

In questo “supermercato del religioso” – proprio come in un comune supermercato –


si può scegliere fra i molteplici prodotti che il mercato offre, lasciandosi guidare nella
scelta dalle capacità pubblicitarie delle case produttrici, seguendo i propri gusti e le
esigenze del momento. In questa costruzione di una religione individuale, in cui sono
possibili tutte le combinazioni, i pezzi del bricolage si possono assemblare e
riassemblare continuamente, in quanto i simboli e le credenze si esportano, si
importano, si mischiano e trasformano, secondo le innumerevoli composizioni operate
dai gruppi ma soprattutto dagli individui. Si moltiplicano coloro che, legati alla
religione di nascita in maniera superficiale o sradicati da ogni appartenenza religiosa,
si avvicinano successivamente o simultaneamente a varie tradizioni religiose e
spirituali120. In quest’ambiente olistico, l’individuo sviluppa il gusto per l’ars
combinatoria, dando vita a forme di sincretismo o neo-sincretismo. Così avviene la
fusione di elementi simbolici provenienti da varie esperienze religiose e spirituali che
seppur differenti per geografia, tradizione e periodo storico, si trovano a convivere
contemporaneamente e a nutrire una serie di significati complementari, nello stesso
sistema simbolico. In questo modo le pratiche yoga si intrecciano con la meditazione,
con la mistica cristiana e sufi, o con l’esoterismo, lo sciamanesimo, l’astrologia o i
tarocchi.

È così che lo yoga è passato da pratica religiosa propria dell’induismo, e da «complesso


sistema di meditazione per rendere calma e controllata la mente» – secondo le parole
di Patañjali a cui si attribuiscono i testi fondativi – a una disciplina psico-fisica
potenzialmente alla portata di tutti, divenendo in Occidente un fenomeno che si
potrebbe definire di “massa”. Come fanno notare Squarcini e Mori, lo yoga è diventato
a tutti gli effetti un prodotto destinato a chi cerca di preservare lo spirito ascetico
proprio di una saggezza millenaria 121; è una merce offerta nel mercato dei beni
simbolici da imprenditori dello spirito del benessere (fitness) che a loro volta
competono fra loro per il monopolio.

118 SUTCLIFFE, GILHUS, New Age Spirituality. Rethinking Religion, cit. p. 174.
119 Ibidem.
120 A. SABETTA, Quel che resta della religione. Sul senso di una nemesi storica per dicibilità della fede nella

congiuntura post-moderna, Yucanprint, in Google books, 2018.


121 Per approfondimenti sul tema rimando a F. SQUARCINI, L. MORI, Lo yoga tra storia, salute e mercato,

Roma, Carocci, 2008.


33
Se lo yoga può essere considerato un fenomeno di vaste proporzioni, entrato a far parte
della vita quotidiana e degli stili di vita di milioni di persone in Occidente, anche
l’esoterismo costituisce un altro importante indicatore della mentalità olistica del
nostro tempo.
L’esoterismo è un fenomeno che ha remote origini nell’antichità e che di tanto in tanto
riaffiora in forme nuove122. Queste antiche radici a loro volta si intrecciano con altre
correnti spirituali e filosofiche o magico-religiose. Fra queste ultime, di particolare
rilievo sono l’ermetismo e lo gnosticismo. Il primo è espressione di un corpus di
dottrine e di testi di epoca ellenistica attribuito a Ermete Trismegisto, una divinità
egizia sintesi del dio greco Ermete (divinità della scrittura e dell’arte divinatoria) e
quello egiziano Toth (ritenuto forza divina che presiede alla scrittura e anche
depositario del potere magico dei numeri). Lo gnosticismo invece è una corrente di
pensiero che esalta l’idea della conoscenza come mezzo di salvezza, del superamento
della dicotomia soggetto-oggetto e della possibilità di esprimere l’unione con il
trascendente tramite la scintilla divina che è dentro ciascuno di noi. Se l’ermetismo è
più legato alla tradizione greco-egizia, il pensiero gnostico si ritrova in diverse
religioni: dall’ebraismo (in particolare con la Qabbalah) al cristianesimo, all’islam
(nell’ambiente sufi), così come nell’induismo e in alcune correnti del buddhismo
tantrico123.
In tutti e due i casi, aldilà delle differenze storiche e dottrinali, il modello organizzativo
che ne scaturisce si fonda sul principio della gerarchia autorevole: c’è chi sa come
accedere alla via della salvezza, possedendo i segreti e le parole chiave per dischiudere
la verità; e chi si pone come seguace di questi “maestri”. In questo modo si forma una
sorta di comunità di eletti e di puri, che tendono, in alcuni casi, a distaccarsi dal mondo,
al fine di apprendere le nozioni e le tecniche per avviarsi lungo le vie della conoscenza.
Vi è pertanto un eletto (un maestro, un guru, uno sciamano) che esercita il potere
spirituale sui suoi seguaci. Se tale potere si manifesta anche come forza capace di
piegare la potenza del sacro a beneficio immediato, pratico, per gli individui che si
lasciano iniziare, allora ermetismo e gnosticismo possono diventare matrice di
credenze magiche, segrete, misteriose, in una parola esperienza esoterica.
Esistono varie forme di esoterismo, dalle pratiche popolari alle esperienze complesse
di conoscenze e rituali che via via entrano a far parte di un universo di credenze più
ampie, con le quali le prime si combinano in modo sincretistico. Tutto ciò va a
caratterizzare alcuni nuovi movimenti religiosi di tipo neo-magico (wicca, neo-
paganismo) e non solo.
In alcuni movimenti di questo tipo, l’universo delle credenze è popolato da antichi miti
e pratiche salutiste più moderne, ed è proprio su queste forme di credenze che si

122G. FILORAMO, I nuovi movimenti religiosi. Metamorfosi del sacro, Laterza, Bari, 1986, Cfr.
123PACE, Una religiosità senza religioni. Spirito, mente e corpo nella cultura olistica contemporanea, cit. pp.87-
88.
34
innestano i movimenti New Age nati sull’onda dei movimenti di contestazione
giovanile del Sessantotto, che poi andranno a costituire le radici dei quelli che abbiamo
definito le spiritualità alternative contemporanee.

35
2.3 La spiritualità nell’Italia contemporanea
Come abbiamo visto, la rivoluzione spirituale si sta ormai facendo largo nelle società
occidentali e occidentalizzate. In particolare le nuove forme di spiritualità alternative,
olistiche, senza Dio e New Age, sono nate e cresciute nel tessuto socio-culturale degli
Stati uniti d’America, diffondendosi poi in modo più lento e capillare anche in Europa.

In queste società si viene a sviluppare quello che Pace definisce il principio di “de-
sacralizzazione dei sistemi di credenza”124. Ciò spiegherebbe, in prima
approssimazione, le società occidentali sperimentino, più precocemente che altrove, la
perdita di rilevanza sociale della religione e la persistenza di fenomeni di disaffezione
degli individui dalle religioni di nascita.
Dalle ricerche sociologiche degli ultimi vent’anni è infatti emerso che l’identità socio-
religiosa e l’identificazione confessionale non vengono più a coincidere nella coscienza
di milioni di europei. Nella società contemporanea si intrecciano due processi per
alcuni versi complementari: da un lato le religioni non sono più in grado di orientare
le sfere della vita sociale che si sono rese autonome, funzionando in conformità a
princìpi regolatori propri; dall’altro l’individuo ha affermato con forza il diritto di
scegliere di credere, senza più aderire per tradizione a un determinato apparato di
norme e dogmi religiosi.

Questo vento di rivoluzione spirituale, che ha toccato dapprima gli Stati Uniti e poi
l’Europa, ha iniziato a soffiare in modo sempre più forte anche sulla penisola italiana.
Come afferma Garelli, il linguaggio della spiritualità è entrato pienamente nel nostro
vocabolario: espressioni come “mente-corpo-spirito”, “New Age”, “pratiche
olistiche”, “mantra” “aura” “karma” “chakra”, “crescita spirituale”, “guarigione
interiore”, “stati di coscienza”, “energie sottili”, sono ampiamente familiari per la
maggior parete degli italiani125.

Allo stesso modo, seminari, corsi, conferenze o sedute di yoga, meditazione reiki,
shiatsu, ayurveda e aromaterapia – per citare solo alcune tra le pratiche più note – sono
divenuti largamente conosciuti e accessibili. Ovunque dagli scaffali delle librerie, alle
palestre ai siti internet, si notano un fiorire di proposte che invitano alla scoperta del
proprio potenziale, al recupero della sintonia con il sé, e al soddisfacimento del
benessere personale.
Garelli fa notare però che non tutti coloro che sono attratti dalle proposte del milieu
olistico vi attribuiscono una rilevanza spirituale (si veda ad esempio i praticanti di
yoga), e il fenomeno della spiritualità potrebbe essere interpretato come una delle
secolari manifestazioni della religione dei costumi. Nonostante ciò, queste pratiche
stanno ormai assumendo dei toni ben definiti, che rientrano in una serie di azioni e

124 PACE, Una religiosità senza religioni. Spirito, mente e corpo nella cultura olistica contemporanea, p.28.
125 F. GARELLI, Religione all’Italiana. L’anima del paese messa a nudo, Bologna, Il Mulino, 2011 p.136.
36
simboli che possono essere inseriti, o quantomeno accostati, alle caratteristiche della
religiosità.

L’attuale dibattito italiano sulla spiritualità è in gran parte sostenuto dai sociologi
Garelli e Giordan126. In questo senso, è interessante notare che nell’indagine
“Pluralismo morale e religioso degli italiani” compiuta da Garelli nel 1998, si
affermava che:

«tra gli italiani è più diffusa la prepensione a ritenersi persone orientate religiosamente che a
interpretare la propria vita in termini spirituali»127.

Il dato che ci interessa cogliere qui è quello dell’avvenuto cambiamento di percezione


tra il religioso e lo spirituale: se negli anni Novanta l’insieme degli italiani che si
definivano molto o abbastanza religiosi superava la quota di quanti si ritenevano
molto o abbastanza spirituali (78,2 vs 68,3%), i dati dicono che dopo dieci anni la
distanza fra i due gruppi è pienamente colmata. La percentuale di coloro che si
considerano persone caratterizzate da una religiosità medio-alta (73,1%), è pressoché
identica a quella di quanti affermano che la loro esistenza è attraversata da una
tensione spirituale medio-alta (73,8%).
Sebbene nella percezione degli italiani l’ancoraggio a una religione organizzata (in
particolare il cristianesimo cattolico) continui a rappresentare un forte vessillo
identitario, sempre più italiani ritengono che la religione non detenga l’accesso
esclusivo alla spiritualità e che questa può uscire dal suo ruolo istituzionale e formale
per entrare nella vita quotidiana delle persone128.

È inoltre interessante notare come quasi la metà del campione pensi che sia possibile
avere una vita spirituale senza credere in Dio, a conferma del fatto che molti
riconoscono la plausibilità, – almeno teorica – di percorsi spirituali vissuti al di là delle
roccaforti della cattolicità e del monoteismo in generale. Da questi dati emergono due
linee nelle quali si dipana l’idea della spiritualità: una “intrareligiosa”, legata
all’appartenenza alla chiesa cattolica o comunque a una concezione trascendente del
sacro; l’altra “extrareligiosa”, slegata appunto dalle infrastrutture istituzionali e dotata
di una validità a se stante.

Le spiritualità alternative anche in Italia hanno fatto pienamente ingresso in tutti gli
aspetti della vita pubblica, generando delle trasformazioni che stanno investendo le
diverse sfere della vita sociale, come i luoghi di lavoro, il sistema sanitario, la scuola,
il fitness, i centri benessere, la ristorazione ecc.

126 S. PALMISANO, Il Dio delle piccole cose? Tra Cattolicesimo e Spiritualità alternativa, in Religione
all’Italiana. L’anima del paese messa a nudo, di F. GARELLI, Bologna, Il Mulino, 2011, cit. p.138.
127 Ivi, cit. p.139.

128 Ibidem.

37
L’indagine di Garelli prende in esame questi contesti, analizzando i cambiamenti e le
novità che sono intercorsi al loro interno. Partendo dal mondo del lavoro, ad esempio,
si nota come diverse aziende italiane stiano puntando sul valore della dimensione
spirituale, intesa come un insieme di valori, profili caratteriali, ed emozioni che
impattano sul clima aziendale e sul grado di fiducia 129. Anche le società che offrono
corsi, seminari, e training spirituali alle aziende sono in rapida espansione. La
promessa che rivolgono al management è quella di avere dipendenti più sani, un
minor livello di astensionismo e una migliore immagine aziendale, quindi una
maggiore prosperità per l’impresa. L’argomento sotteso è dunque che la spiritualità si
declina innanzitutto come un benessere personale, producendo felicità e profitto sia
per l’azienda sia per i dipendenti.

Spostandosi sul versante dalla salute, il proliferare di percorsi spirituali che si


intrecciano con quelli medici sta raggiungendo un numero senza precedenti. In questo
senso, tra le pratiche del milieu olistico impiegate a fini terapeutici, possiamo citare:
meditazione, omeopatia, ayurveda, medicina cinese, reiki, iridologia, tenendo conto
che per ognuna di queste pratiche ci sono altrettanti operatori olistici, guaritori,
pranoterapeuti, figure magico-carismatiche, sciamani, astrologi e leader spirituali.
Analizzando le statistiche130 che documentano l’incremento di utilizzo delle medicine
alternative nel nostro paese, si può avere un’idea – seppur vaga e approssimativa – dei
ritmi con cui queste pratiche si stanno addentrando in ambito medico.
Vale la pena soffermarsi sul successo culturale e commerciale delle medicine
alternative, in quanto alcuni ritengono che il loro punto di forza sta nella capacità di
trasformare il processo di cura e guarigione a partire dall’esperienza personale del
malato. Sebbene in linea di massima si potrebbe obiettare che il ricorso a medicine non
convenzionali non comporti necessariamente l’adesione a un percorso spirituale, è
bene considerare la possibilità che i terapisti del settore, attribuiscano invece una
valenza spirituale ai servizi offerti e che i pazienti, «una volta socializzati a questa
sensibilità spirituale»131, decidano di sperimentare le altre proposte del milieu olistico.
D’altro canto, la visione olistica, condivisa da molte terapie non convenzionali,
ricompone il nesso “mente-corpo-spirito”, intrecciando la dimensione della salute con
quella della salvezza.
Allo stesso modo, il mondo del fitness si ristruttura sotto la spinta della spiritualità
accanto alle sale per gli esercizi compaiono luoghi deputati al rilassamento e alla

129 La E-Tree Internet Soul di Treviso, è stata la prima azienda in Italia ha predisporre una sala zen,
ideata come luogo di decompressione dove i dipendenti possono rilassarsi, meditare o stare
semplicemente in silenzio, alla ricerca di ispirazione o di concentrazione.
130 Secondo i dati dell’indagine multiscopo Istat su “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”,

svolta nel 1999-2000 su un campione di 52.332 famiglie (per un totale di 140.011 individui), sono circa 9
milioni (pari al 15,6% della popolazione) gli italiani che si sono avvalsi della medicina non
convenzionale nel triennio precedente all’intervista.
131 GARELLI, Religione all’Italiana. L’anima del paese messa a nudo, p.143.

38
decompressione, come locali per massaggi, saune, bagni turchi; esaltando l’idea della
lentezza e del rispetto dei limiti e suscitando l’attenzione di chi le pratica verso
l’introspezione interiore.

«L’ideale olistico della fusione corpo-spirito viene proposto dai gestori delle
palestre attraverso la creazione di atmosfere accattivanti, realizzate con ausilio di
esperti della bioarchitettura secondo gli insegnamenti delle cosiddette terapie dei
sensi (cromoterapia, aromaterapia, musicoterapia, feng shui ecc.)»132.

Il coinvolgimento degli italiani nella spiritualità “mente-corpo-spirito” si nota in modo


particolare nella pratica dello yoga (anche se il discorso vale anche per altre pratiche
come il thai chi, il kung fu, la meditazione trascendentale ecc.). Chi fa yoga non
necessariamente è indirizzato alla realizzazione spirituale, né aderisce agli
insegnamenti spirituali trasmessi dalla disciplina che ha appreso. Inoltre spesso questi
non vengono resi noti nemmeno ai partecipanti, tanto più che coesistono sotto la stessa
etichetta visioni molto eterogenee, alcune delle quali poco interessate agli aspetti
spirituali (ad esempio yoga della risata, yoga in palestra, yoga dinamico ecc.).

132
GARELLI, Religione all’Italiana. L’anima del paese messa a nudo, cit., p.143.
39
2.3.1 Chi sono gli italiani che praticano le spiritualità alternative?
Chiarito che non tutti coloro che si dedicano a queste pratiche lo fanno per ragioni
spirituali, è possibile provare a tracciare un profilo sociodemografico dei praticanti.
Come abbiamo affermato in precedenza, il concetto di spiritualità spesso viene a
fondersi e a confondersi con quello di religione. Pertanto, a livello generale, è bene
dunque tener conto di entrambi gli indicatori per poter condurre un’analisi più
completa del contesto. L’obiettivo è esaminare i significati sottesi al concetto di
spiritualità, nonché le pratiche e le credenze che a essa rimandano, tenendo conto delle
definizioni che gli italiani danno di sé quando si definiscono persone “religiose e
spirituali”, “né religiose né spirituali”, “solo spirituali” o “solo religiose”133.

L’indagine134 rivela che i praticanti attivi e regolari sono più donne che uomini 135. Per
quanto riguarda l’età, man mano che aumenta, cresce la propensione a coniugare la
religiosità con la spiritualità. La quota di rispondenti che si dichiarano “religiosi e
spirituali” passa dal 31,5% dei 16-25enni al 61,7% dei 66-74enni. In questo gruppo la
spiritualità è intesa come intracattolica, perché si incanala nelle forme prevalenti del
sentimento religioso. Il “solo spirituale” si presenta invece come una disposizione
tipicamente giovanile, giacché interessa una quota di giovani (16-25 anni) più che
doppia (12,9%) rispetto a quella riscontrabile nella popolazione anziana (5,2%). Quindi
diminuendo l’età, aumentano progressivamente gli individui che tendono ad aderire
a forme di spiritualità senza identificarsi con modelli ufficiali di espressione del
sentimento religioso. Molti indicatori in ogni caso inducono a sostenere che la
spiritualità è intesa come un orizzonte possibile più che come un’opzione pratica.

In merito all’area geografica, il dato di maggiore interesse è legato al Mezzogiorno.


Come noto, qui predomina una religiosità più vicina alla tradizione della Chiesa

133 Garelli specifica che: - Religiosi e spirituali: coloro che si dichiarano persone religiose e caratterizzate
da un’intensa vita spirituale. La ricerca spirituale si esprime tendenzialmente nel modo di vivere la
religione tradizionale.
- Né religiosi né spirituali: soggetti che non sono interessati a nessuna di queste due dimensioni;
tendenzialmente atei o agnostici.
- Spirituali non religiosi: ovvero coloro che si ritengono spirituali senza ritenersi religiosi. Benché
l’orientamento in questione non risulti molto diffuso nella popolazione (10,2%), in questo quadro
rientrano non sono coloro che esprimono una ricerca spirituale extrareligiosa, ma anche soggetti che si
dichiarano cristiani identificandosi esclusivamente come «solo spirituali».
- Religiosi non spirituali: anche qui la quota di soggetti coinvolta è modesta (11%). Gli indicatori
sostengono che la maggior parte di chi appartiene a tale gruppo viva una religiosità prettamente di tipo
etnico, considerando l’appartenenza religiosa più per ragioni sociali e culturali che per motivi spirituali
o di fede.
GARELLI, Religione all’Italiana. L’anima del paese messa a nudo, cit. p.148.
134 I dati di questa indagine provengono dalla ricerca “la nuova religiosità in Italia”, promossa da Apsor

(Associazione piemontese di sociologia delle religioni) e diretta da Franco Garelli nel 2007.
GARELLI, Religione all’Italiana. L’anima del paese messa a nudo, cit. p.237.
135 Tra coloro che si definiscono religiosi troviamo 66% femmine contro 47,2% maschi; e tra coloro che si

definiscono spirituali 65,6% femmine contro 46,8% maschi.


40
istituzionale. L’analisi conferma che questa tendenza mostra non solo come al Sud si
registra una presenza più marcata di “religiosi e spirituali”, ma che la quota di coloro
che esprimono una spiritualità extrareligiosa praticamente si dimezza. Dal 10,1% di
persone che si definiscono spirituali non religiosi nel Nord e nel Centro, si passa al 6%
nel Sud. D’altra parte, anche la partecipazione al milieu olistico diminuisce
sensibilmente nel Mezzogiorno.

Lo studio del livello di istruzione risulta particolarmente utile per approfondire la


conoscenza degli “spirituali non religiosi”, poiché man mano che aumenta il titolo di
studio, cresce la quota di coloro che si definiscono solo spirituali, passando dal 4,8%
di coloro che hanno al massimo la licenza elementare al 19,9% di coloro che sono in
possesso di laurea o titolo specialistico superiore. Inoltre a parità di età le persone più
istruite sono maggiormente propense a considerarsi “spirituali non religiose” rispetto
a quelle che lo sono meno. Questo dato fa supporre che i più istruiti siano anche i più
esposti al campo della spiritualità extrareligiosa, perché mossi da interessi per le altre
credenze, perché maggiormente in sintonia con le forme e i concetti della spiritualità
alternativa o semplicemente perché più attratti dalla sperimentazione di nuove
proposte.

Da quest’analisi non può prescindere una menzione sul fatto che l’Italia è comunque
caratterizzata da una presenza pervasiva del cristianesimo cattolico 136, motivo per cui,
anche se fortemente differenziato, il rapporto con la spiritualità si profila piuttosto
vario. Di conseguenza la maggior parte dei cattolici convinti e attivi tende a coniugare
il cattolicesimo con la spiritualità, confermando che l’appartenenza alla religione ha
per lo più un significato etnico-culturale, a prescindere da quali siano poi i riscontri
nelle credenze e nelle pratiche effettive.

In conclusione, l’analisi condotta da Garelli fa luce su alcuni risultati importanti circa


le spiritualità alternative in Italia. In primis è possibile affermare che, sebbene le
spiritualità alternative siano particolarmente diffuse nel contesto americano e
anglosassone, anche in Itala si stanno rapidamente sviluppando, influenzando le
istituzioni sociali, come i luoghi di lavoro, cliniche, scuole ristoranti, e coinvolgendo
un milieu olistico composito e multiforme.

Garelli fa poi notare che, benché gli italiani siano sempre più interessati alla spiritualità
extrareligiosa, non sembra prefigurarsi nel Paese un’imminente rivoluzione spirituale,

136Il 74.4% degli italiani, pari a circa 45 milioni di persone, si dichiara aderente al cattolicesimo nel
novembre del 2017; seguono i non religiosi con il 22.6%, pari a circa 13 milioni di persone, e i fedeli di
altre religioni che insieme rappresentano il 3.0%. In Ipsos MORI, I cattolici tra presenza nel sociale e nuove
domande alla politica. https://web.archive.org/web/20180124122738/http://www.acli.it/wp-
content/uploads/2017/11/Cattolici-e-politica-analisi-Ipsos-novembre-2017.pdf (06/2018)
41
in quanto religione e spiritualità sono sempre percepiti come due mondi non solo
compatibili, ma anche sovrapponibili.

Sarà dunque necessario continuare a monitorare il panorama delle spiritualità


alternative in Italia, poiché gli aspetti più intimi e soggettivi della spiritualità vengono
spesso reintepretati in modi più affini al sentire contemporaneo, plasmati su quelle che
sono le esigenze personali e individuali, e dunque rendono questo un fenomeno
continuamente in divenire. In ogni caso Garelli afferma che:

«i tempi sono maturi perché la sociologia italiana della religione inserisca la


categoria della “spiritualità” nella sua agenda e contribuisca a un importante
dibattito che a livello internazionale è in ascesa»137.

137 GARELLI, Religione all’Italiana. L’anima del paese messa a nudo, cit. p.158.
42
Cap. 3: Neosciamanesimo: alla ricerca dei guaritori dello spirito

3.1 Fra antichi sciamani e sciamani di plastica, per una comprensione dello
sciamanesimo tout court
Partendo dal variegato contesto delle spiritualità alternative, uno dei fenomeni
emergenti in questo campo è quello dei movimenti neo-sciamanici, che si
concretizzano in una gamma sterminata di pratiche e rituali, che – innestandosi sulle
antiche credenze sciamaniche – hanno costruito e riattualizzato una serie di prassi e
significati, guadagnandosi un’autonomia sostanziale in quello che è il campo dei nuovi
movimenti religiosi.

Cosi come avviene per le spiritualità alternative, anche per lo sciamanesimo nel campo
accademico non esiste – anche in ragione della complessità dei fenomeni neo-
sciamanici – un accordo stabile intorno alla sua definizione.

Come fa notare Sergio Botta:

«Sebbene infatti “sciamano” e “sciamanesimo” siano oggi termini di gran voga –


anche nella descrizione di fatti non necessariamente legati alla sfera religiosa delle
culture indigene –, è piuttosto difficile offrirne una definizione chiara e univoca,
che sappia cioè includere tutti gli usi riscontrabili nella sfera pubblica»138.

Definire dunque con chiarezza quali siano le caratteristiche precipue del termine
sciamano non è semplice; la parola infatti ha assunto connotazioni e caratteri diversi
attraverso i secoli e i luoghi in cui è stata indagata.
Per quanto non ci sia l’intenzione di ripercorrere in questa sede l’origine, la storia
dell’evoluzione dello sciamanesimo, è necessario fissare alcuni punti salienti a
riguardo dell’origine del termine e della funzione originaria, di quanti vengono
comunemente definiti sciamani.
L’origine del termine affonda le sue radici nella parola tungusa: šama, che significa
“muovere i piedi”, “agitare le gambe” e quindi “saltare, danzare accompagnandosi
con la voce”, ed era impiegato nel contesto tunguso (siberiano) 139 per gli animali e gli
esseri umani che ne imitavano il comportamento.

«L’assimilazione del termine tunguso avvenne a partire dagli ultimi decenni del
XVI secolo, quando entrò progressivamente a far parte della lingua russa durante
l’espansione coloniale in Siberia. Il termine apparve quindi in diverse lingue
europee alla fine del XVII secolo attraverso il prestito dell’olandese schaman e del

138 S. BOTTA, Dagli sciamani allo sciamanesimo. Discorsi, credenze, pratiche, Roma, Carocci editore, 2018,
cit., p. 18.
139 La denominazione di tungusi o manciù-tungusi copre un gruppo di popoli o etnie che parlano o

parlavano originariamente lingue tunguse. In passato, la denominazione di tungusi è stata a volte


limitata ai soli Evenchi.
I tungusi abitano nell'Asia nordorientale (Siberia, Mongolia e Cina settentrionale).
43
tedesco schamane, passando poi per il francese chamane e l’inglese shaman e
divenendo infine un elemento stabile del lessico religioso contemporaneo»140.

L’uso di questo vocabolo trovò larga diffusione nel XVIII secolo, quando grazie
all’azione dei missionari, che riportarono in Europa le loro esperienze di viaggio, il
termine sciamano cominciò ad essere oggetto di svariate interpretazioni: per alcuni era
l’incarnazione del “buon selvaggio”, impegnato in una nobile lotta contro le forze della
natura; da molti invece era considerato alla stregua di un mago, un ciarlatano, che con
riti magici e pratiche spiritiste abusava della credulità popolare.

Con la nascita del positivismo e della sociologia, iniziò ad essere constata


l’impossibilità di definire lo sciamanesimo come una religione per l’assenza di
qualsiasi elemento convenzionalmente considerato costitutivo delle religioni: lo
sciamanesimo non aveva dottrine, né edifici di culto, né un clero, né una liturgia, né
un dio destinatario dei rituali e nemmeno una pluralità di esseri divini, bensì solo
spiriti innumerevoli e fluttuanti. Si concretizzò dunque l'idea che non fosse possibile
parlare di una religione sciamanica, ma solo di «un certo tipo di uomini che esplicano
determinate funzioni sociali e religiose»141.

In seguito, fra ‘800 e ‘900, grazie alle spedizioni di alcuni studiosi142, iniziò la “ri-
scoperta degli sciamani”. Da quel momento in poi il campo di applicazione del termine
venne esteso a qualunque tipo di operatore rituale che presentasse una o più
caratteristiche attinenti alla sfera magico-religiosa. Lo sciamanesimo finì per essere
reinterpretato e definito come una categoria transculturale che prospetta caratteri
distintivi ben precisi e comuni, all'interno di una struttura flessibile, capace cioè di
adattarsi a diverse culture e religioni. Diversi ricercatori hanno riscontrano in ogni
continente pratiche e rituali con notevoli somiglianze, che hanno portato all'utilizzo e
alla diffusione del termine in luoghi totalmente agli antipodi fra di loro, senza poter
supporre una diffusione diretta delle suddette pratiche.

Fu però durante il XX secolo che gli studiosi tentarono di interpretare le caratteristiche


dello sciamanesimo secondo innumerevoli approcci: a partire dall’interpretazione
“patologica” che vedeva il comportamento rituale dello sciamano paragonato
all’epilessia o all’isteria143 (soprattutto in virtù del fatto che effettivamente lo
sciamanesimo siberiano, in molti casi, era caratterizzato da una componente

140 BOTTA, Dagli sciamani allo sciamanesimo. Discorsi, credenze, pratiche, cit., p.21.
141 A. VAN GENNEP, De l'emploi du mot 'chamanisme', in Revue de l'histoire des religions, 1903, pp. 51-57.
142 F.Boas, guidò tra il 1897 e il 1902 la “Jesup North Pacific Expedition”, la spedizione composta da

etnografi russi e americani, aveva l’obiettivo di esplorare i legami esistenti tra le culture indigene della
Siberia nord-orientale e quelle della costa nord-occidentale del continente americano. Per
approfondimenti si rimanda a L. ARCARI, A. SAGGIORO, Sciamanesimo e sciamanesimi. Un problema
storiografico, Edizioni nuova cultura, Roma, 2015.
143 Cfr. M.S. SHIROKOGOROFF, The psychomental complex of the Tungus, Catholic University Press,

London, 1935.
44
patologica causata dal clima rigido e da un’alimentazione povera e scarsa di vitamine).
Quest’interpretazione richiamava inoltre l'aspetto terapeutico dei rituali sciamanici: lo
sciamano difatti deriva la sua capacità di guaritore dall’aver superato la propria
malattia, ed è quindi considerato una sorta di “folle risanato”, quasi fosse un
precursore dello psicanalista, che per esercitare la professione, deve essersi sottoposto
egli stesso all'analisi. Sebbene l’aspetto terapeutico di gran parte dei rituali sciamanici
sia incontestabile, c’è da ricordare che in molti casi lo sciamano è anche temuto proprio
perché, in virtù dei suoi poteri, è ritenuto capace di provocare le malattie oltre che di
guarirle.

In questo secolo anche l’antropologia ha dato il suo contributo per chiarire e


categorizzare ciò che può rientrare nel campo dello sciamanesimo. Uno fra gli studi di
maggiore rilevanza è certamente l’opera di Mircea Eliade: “Lo sciamanesimo e le
tecniche arcaiche dell’estasi”144: che ha il merito di essere stata la prima a presentare
un inventario generale dello sciamanesimo in un’ampia indagine comparativa.
Tuttavia, colpito dalla varietà delle credenze associate allo sciamanesimo, Eliade
finisce per considerare quest'ultimo frutto dell'esperienza religiosa allo stato primitivo
e della sua ritualizzazione, equiparandolo a una “tecnica arcaica dell'estasi”. In questo
modo viene conservata l'ottica psicologica e cambia solo il criterio di concepire la
personalità dello sciamano, che da patologica diventa mistica e degna di essere
esaltata.

Nell’opera di Eliade, lo sciamanesimo tout court appare riconoscibile prevalentemente


in Siberia e nell’Asia interna. Tuttavia lo storico delle religioni notava l’enorme
diffusione dei fenomeni estatici altrove: lo sciamanesimo si manifestava certamente
nella sua forma generale in Tibet, Cina, Estremo Oriente, Indocina e Birmania, ma
concezioni e tecniche sciamaniche potevano essere rintracciate anche nelle Americhe
o retrospettivamente tra i Germani, i Greci, gli Sciti, le popolazioni iraniane e
caucasiche, le tribù originarie dell’India145.

Partendo dagli studi di Eliade, possiamo definire brevemente quelle che sono le
peculiarità specifiche dello sciamano e dello sciamanesimo in generale.
Una delle caratteristiche che distinguono lo sciamano da altri operatori del sacro è
l’agire in stato di trance; attraverso una progressiva attenuazione dello stato di veglia,
egli perde il controllo del sé, consentendo alla propria “anima” di staccarsi dal corpo
e intraprendere un viaggio verso quell'entità extraumana che gli possa rivelare le
ragioni e i rimedi di una crisi, di un malessere o di una minaccia che incombono sulla
comunità.

144 M. ELIADE, Lo sciamanesimo e le tecniche dell'estasi, Edizioni Mediterranee, Milano-Roma, 1954.


145 BOTTA, Dagli sciamani allo sciamanesimo. Discorsi, credenze, pratiche, p.21.
45
Lo sciamanismo, dunque, si fonda su una tecnica di attingimento dello stato di trance
che consente all’operatore di mediare – attraverso un processo di “scorporazione” –
tra umano ed extraumano146.
Continuando, Eliade descrive ulteriori requisiti attinenti alla trance sciamanica che
possono essere riscontrati in molteplici culture: in prima istanza la trance fa sì che
vengano sperimentati “luoghi” diversi da quelli della realtà fisica, in cui lo sciamano
può interagire con una vasta gamma di esseri come: gli spiriti del cielo, il regno celeste
e l’Essere supremo. Tra questi luoghi lo sciamano può visitare anche il «mondo
sotterraneo»147 per entrare in contatto con la terra, gli animali e gli esseri spirituali che
si trovano nella “terra dei morti”. In questi regni, gli sciamani possono essere aiutati
dalla presenza di spiriti con cui parlano e interagiscono, fornendo una guida e una
protezione nel viaggio rituale. Il senso stesso di questo viaggio – intenzionale e
padroneggiato – attraverso i mondi è quello di aiutare lo sciamano a sviluppare la
comprensione di quella che Pratt definisce “l’anima immateriale”148, che si trova in
tutte le cose e in ogni forma concreta o astratta della realtà.

Nella concezione generale dello sciamanesimo eliadiano149 abbiamo diversi tòpoi, che
possono aiutare a elaborare una classificazione generale delle basilari caratteristiche
dell’operato sciamanico.
Innanzitutto troviamo l’esistenza di una continuità nel rapporto uomo-natura, sia
animata che inanimata. La natura stessa è permeata da spiriti: gli oggetti hanno
un’anima, così come gli uomini e gli animali. Tali spiriti, rappresentati con figure
teriomorfe, zoomorfe, antropomorfe, o incarnati in elementi naturali, sono gli stessi
che coadiuvano gli sciamani nei loro viaggi.

Il mondo in tal senso viene ad essere inteso come una totalità di elementi i quali
possono fondersi con il mondo sovrannaturale. Lo sciamano stesso è un mediatore
sociale che ha rapporti con il mondo soprasensibile e invisibile. La sua mediazione e il
viaggio nei mondi iperuranici avviene tramite la trance o l’estasi, la quale a sua volta
può essere veicolata dal distacco volontario dell’anima, grazie alla meditazione. La
trance può essere anche indotta da danze, assunzione di stupefacenti, possessione
spirituale incontrollata. Lo sciamano inoltre svolge attività curative e divinatorie ed è
psicopompo e psicoforo, mago della caccia, poeta ante-litteram e sacerdote150.

146 SAGGIORO a.c., Sciamani e sciamanesimi, Carocci, Roma, 2010, p.24.


147 Vedi “Lowerworld” in C. PRATT, An encyclopedia of Shamanism, Rosen Publishing Group, 2007, p.xi.
148 Ibidem (Trad. Mia).

149 Per sciamanesimo eliadiano intendiamo anzitutto una forma religiosa incentrata sul
padroneggiamento delle tecniche estatiche, che ha il suo centro ideologico nella figura dello sciamano.
Non è propriamente una religione, ma «un insieme di metodi estatici e terapeutici il cui scopo è il
conseguimento del contatto con l’universo parallelo ma invisibile degli spiriti e l’appoggio di questi
ultimi nella gestione degli affari umani». Cfr Sciamani e sciamanesimi, a.c. SAGGIORO. cit., p.34.
150 SAGGIORO a.c., Sciamani e sciamanesimi, pp. 36-37.

46
Tra quelli che sono i simboli fondamentali dell’attività sciamanica – che vedremo più
avanti ripresi e rivitalizzati nelle correnti neo-sciamaniche –, si distinguono l’albero
del mondo (axis mundi) e il tamburo/ cavallo. Questi ultimi, nel ritmo della cavalcata,
riproducono il viaggio extraumano e sono deputati in particolare alla velocità,
all’ottenimento del rapimento estatico e vengono utilizzati in quanto espressioni
figurate dell’estasi. Spesso il tamburo è ottenuto attraverso l’albero del mondo, l’asse
che collega le regioni superiori e infere del cosmo: suonandolo, e inducendo tramite il
ritmo una trance estatica, lo sciamano abolisce il tempo profano e viene proiettato nel
centro del mondo. Gli altri gruppi di simboli, integrati nella medesima costellazione
culturale-religiosa sono: simbolismo ornitologico d’immersione o di ascensione
(raffigurati sul costume sciamanico): il simbolismo di scheletro, i simboli zoomorfi, il
calore magico, il volo magico, il ponte inteso come passaggio difficile, la scala come
cammino ascensionale151.

Proseguendo nel nostro excursus storico sullo sciamanesimo arriviamo fino alla metà
del XX secolo, in cui vi è una riscoperta in chiave moderna delle pratiche sciamaniche,
che trovano terreno fertile nel contesto del movimento New Age 152, che nasce intorno
agli anni ’60 del Novecento, e che viene da alcuni definito come una sorta di
“esoterismo secolarizzato153”.
In questo periodo la figura dello sciamano si inserisce totalmente nell’immaginario
collettivo: se prima era riconosciuto anche come padroneggiatore degli spiriti al
servizio del gruppo sociale, oramai l’essenza profonda di queste esperienze viene
rintracciata nella volontà di ripristinare individualmente un tempo mitico primordiale.
Non si trattava più di un fenomeno esclusivamente siberiano, ma di un fatto astorico,
universale e arcaico che precedeva l’istituzionalizzazione della religione, giacché
l’estasi appariva per sua natura come evento preistituzionale.

Tornando agli studi di Eliade sullo sciamanesimo, è proprio in questi anni (1964) – in
cui si incardina presso l’Università di Chicago – che lo studioso vede pubblicata negli
Stati Uniti la celebre traduzione inglese della sua opera.

«La fama dell’ipotesi estatica era oramai tale che una voce Shamanism redatta da
Eliade entrò nella quattordicesima edizione dell’Encyclopaedia Britannica,
segnando dunque l’affermazione definitiva del nuovo paradigma154».

151 ELIADE, lo sciamanesimo e le tecniche dell'estasi, pp. 495-524.


152 Vedi cap. 1.2.
153 G. FILORAMO, Figure del Sacro. Saggi di storia religiosa, Brescia, Morcelliana, 1993, pp. 279-293.

154 BOTTA, Dagli sciamani allo sciamanesimo. Discorsi, credenze, pratiche, cit., p.25.

47
La traduzione statunitense del volume eliadiano 155 avvenne dunque in una fase di
grande fermento culturale. Nel frattempo l’antropologia boasiana – dalla quale era
partita la riscoperta in chiave moderna dello sciamanesimo – aveva diffuso nel
continente americano una rappresentazione dello sciamanesimo che concorse a
imporre i nuovi termini positivi per descrivere la religiosità dei nativi. L’opera di
Eliade si inseriva così in un terreno già fertile e fu di fatto ben accolta dalla
controcultura statunitense nel corso degli anni Sessanta, probabilmente perché era
possibile trovarvi un terreno di riflessione comune, che guardava a un uomo laico
moderno dimentico della sua storia spirituale. Le lezioni americane di Eliade sullo
sciamanesimo, sullo yoga, sulla mistica e sui linguaggi esoterici suscitarono grande
entusiasmo, giacché fornivano un linguaggio scientifico fondato su una condivisa
proposta antimoderna156.

L’impulso decisivo alla trasformazione dello sciamanesimo da antica pratica di


guarigione indigena, a tecnica disponibile per l’individuo contemporaneo, fu dato da
un gruppo di accademici definiti “sciamani-antropologi”, che impressero una forte
personalizzazione al fenomeno.

«Ogni sciamano-antropologo sembra aver ottenuto un’adeguata educazione


universitaria, cui si accompagnava anche un intenso lavoro di ricerca sul campo
entro qualche cultura di interesse etnologico; al ritorno nelle università, queste
ricerche confluivano in pubblicazioni presso editori accademici prestigiosi che
contribuivano a rafforzare il loro capitale simbolico. Dopo aver vissuto, però, un
incontro personale con una dimensione spirituale e irrazionale, che si manifestava
secondo una grammatica tipicamente controculturale, questi personaggi vivevano
solitamente un distacco dal campo accademico e un avvicinamento al mondo dei
praticanti. Il superamento dei confini stabiliti dalle regole della ricerca scientifica
appariva quale evento risolutivo per ottenere l’investitura in qualità di leader
carismatico. Una volta acquisita infatti la legittimazione accademica, gli sciamani-
antropologi, allontanandosi dalle università, iniziavano un percorso di
istituzionalizzazione dei loro progetti spirituali e una routinizzazione di
quell’effervescenza carismatica; una normalizzazione necessaria anche per
rendere pubblicamente accettabili quei movimenti che avevano inizialmente
enfatizzato istanze antagoniste»157.

È dunque proprio a cavallo tra gli anni '50 e '60 del Novecento che lo sciamanesimo, in
particolare quello mesoamericano, vede una riscoperta ad opera di alcuni studiosi; tra
questi il micologo Robert Gordon Wasson il quale, in una prima fase del suo lavoro –
ancora modestamente influenzata dall'opera eliadiana – si era dedicato a una sorta di

155 La prima pubblicazione francese dell'opera di Eliade è del 1951, mentre la traduzione americana risale
al 1964.
156 BOTTA, Dagli sciamani allo sciamanesimo. Discorsi, credenze, pratiche, p.119.

157 Ivi, p. 128.

48
indagine partecipativa: un lavoro di campo che prevedeva l’uso di quelle sostanze
psicotropiche che costituivano parte integrante dei rituali delle popolazioni indigene
della Sierra Mazateca158. Nel corso delle indagini, fondamentale è l'incontro con la
curandera Maria Sabina, che gli permette di studiare i rituali e i funghi allucinogeni di
cui fa uso come antichi retaggi della medicina tradizionale. Nel maggio del 1957 viene
pubblicato un articolo sulla rivista Life intitolato Seeking the Magic Mushroom159, la cui
divulgazione conferisce all'esperienza di Wasson un valore simbolico, oltrepassando i
tradizionali confini accademici.

Alla luce di queste vicende, l’esperienza etnografica era ora suscettibile di una
trasformazione radicale laddove diveniva non più semplice momento di conoscenza
scientifica, quanto piuttosto luogo di metamorfosi del soggetto, che da osservatore
diveniva prima testimone di una verità altra e successivamente discepolo160.
Attraverso l'esperienza dell'estasi e l'assunzione di sostanze psicotrope si concretizza
un'altra figura di “antropologo-sciamano”, quella di Carlos Castaneda.

La biografia dell’antropologo è estremamente controversa, in special modo perché su


di essa è stata progressivamente gettata un’aura di mistero che contribuì ad accrescere
il suo carisma pubblico. Nato probabilmente in Perù, Castaneda diventa cittadino
statunitense e studia presso l'Università della California a Los Angeles. Negli anni '70
scrive una serie di libri – incentrata sugli insegnamenti ricevuti da un indigeno Yaqui
di nome Don Juan Matus – il cui successo non si diffonde solo tra la gioventù
americana, ma anche tra quegli antropologi che avevano concentrato l’attenzione
sull’uso di allucinogeni in altre società e sul rapporto tra stati psicofisici prodotti da
tali sostanze ed esperienze estatiche.

Pur non entrando nel merito contenutistico delle sue opere, possiamo dire che, negli
anni successivi alla pubblicazione, furono fortemente contestate in quanto
probabilmente frutto di una rielaborazione romanzata più che di un’indagine
antropologica. Resta comunque la rilevanza dei suoi scritti, non tanto per l’autenticità
di quanto raccontato – non escludendo il fatto che una probabile ambientazione
romanzata del suo reportage potrebbe non aver impedito all’autore di aver inserito in
essa delle esperienze vissute – quanto per aver suscitato un ampio interesse per lo
sciamanesimo nella cultura moderna, da un lato, e dall’altro per il tentativo di
dimostrare come l’uso delle tecniche, delle droghe o delle piante allucinogene dovesse

158 S. BOTTA, Discorso accademico, turismo mistico e reazione indigena: lo sciamanismo in Mesoamerica tra
antropologia, storia e archeologia, rappresentazioni e pratiche del sacro, Atti dell’Incontro Internazionale di
studi, Roma Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pignorini” (20-21 maggio 2011), a c. V.
Nizzo, L. La Rocca, Roma, E.S.S. Editorial Service System srl, 2012, p. 329.
159 R.G. WASSON, Seeking the Magic Mushroom, Life magazine, May 13, 1957.

160 BOTTA, Discorso accademico, turismo mistico e reazione indigena: lo sciamanismo in Mesoamerica tra

antropologia, storia e archeologia, cit. p. 330.


49
trovare il suo impiego nel ristrutturarsi delle capacità percettive dell’“apprendista
stregone” ed essere esclusivamente a questo finalizzato e limitato.

Dove gli scritti di Castaneda rimangono talvolta criptici e distaccati, Michael Harner
si pone come figura particolarmente influente in questa fase di individualizzazione
delle pratiche sciamaniche. Ancorché egli segua la parabola classica dello “sciamano-
antropologo”, il suo merito sta nell’aver introdotto molteplici novità nel campo dello
sciamanesimo contemporaneo, che saranno oggetto di indagine nel prossimo
paragrafo161.

In questa fase moderna della riscoperta dello sciamanesimo ad opera di antropologi e


ricercatori come Gordon Wasson, Joan Halifax, Carlos Castaneda e Michael Harner,
possiamo sottolineare come questi autori, tramite le loro ricerche e le loro opere,
abbiano il merito di aver fatto conoscere al mondo, le arcaiche tradizioni sciamaniche
(in particolare quelli del Centroamerica), suscitando grande interesse nei lettori e
ponendo l’accento sugli aspetti più attraenti dello sciamanesimo, come gli stati alterati
di coscienza, la trance, l’uso di sostanze psicotrope, le guarigioni mistiche.

È in quest’ambito che si originano i vari movimenti neo-sciamanici che hanno suscitato


nei paesi della West Coast americana una moda, propagatasi poi in tutto il mondo, che
a sua volta ha reso popolare la concezione mistica di Eliade. Il neo-sciamano attraverso
l’impiego di appositi rituali e varie simbologie funge da mistico guaritore dei mali e
delle sofferenze, dove però la malattia viene considerata una semplice metafora dello
spirito e la sofferenza corporale, una pura disarmonia spirituale. Il neo-sciamanesimo
perciò, non sarebbe altro che la ripresa di una serie di pratiche magiche terapeutiche,
aventi come scopo quello di trasformare il neo-sciamano in una sorta di
psicoterapeuta162, in grado di viaggiare nella dimensione inconscia del malato per
estirpare la causa del suo dolore spirituale o fisico quale esso sia.
L’irruzione dello sciamanesimo nel contesto contemporaneo si configura dunque
come una declinazione in senso psicologico di fenomeni che, solo alcuni decenni fa, gli
specialisti avrebbero relegato esclusivamente alla sfera religiosa. Il termine ha subìto
un importante processo di spostamento dell’attenzione dei praticanti dalla “salvezza”
alla “salute”, contribuendo al successo di una «religione della prosperità» 163.
Favorendo il distacco dalle religioni istituzionali e l’individualizzazione dei percorsi
di ricerca, lo sciamanesimo è entrato a far parte di una religiosità “secolarizzata”
appetibile per un’umanità globalizzata e che configura una singolare forma di

161 Vedi cap. 3.2.


162 G. FILORAMO, Millenarismo e New Age. Apocalisse e religiosità alternativa, Dedalo, 1999, p. 64.
163 Cfr. P. HEELAS, L. WOODHEAD, The Spiritual Revolution: Why Religion is Giving Way to Spirituality,

Blackwell, Oxford, 2005.


50
“glocalismo”164 che si mostra suscettibile di costruire spazi di negoziazione tra
localismi in corso di continuo ripensamento e istanze di carattere globale.

Dal punto di vista storico-religioso notiamo una rilevante modifica nella percezione
del fenomeno sciamanico negli ultimi cinquant’anni. A lungo utilizzato quasi
esclusivamente per descrivere religioni indigene e/o arcaiche, si è insinuato nell’alveo
della religiosità contemporanea: il fenomeno non appartiene più esclusivamente al
contesto meso-americano o centro-asiatico, ma appare oramai di portata globale. Al
tempo stesso, il termine “sciamano” non individua più solamente operatori rituali di
tipo tradizionale, ma rappresenta una molteplicità di individui che – al di là della loro
appartenenza etnica, culturale, religiosa – sono impegnati in percorsi articolati di
ricerca spirituale. Da configurazione religiosa remota o primitiva, lo sciamanesimo è
divenuto una tecnica utile per compiere una rivoluzione – individuale e collettiva –
nella percezione dei processi di cura e di crescita energetica.

Alla luce di questo excursus sullo sviluppo e sui significati dello sciamanesimo, è
possibile riflettere sulle ragioni di quei posizionamenti scientifici che propongono al
tempo stesso un ritorno allo studio dell’“originario” locus classicus e il rifiuto di ogni
“nuovo sciamanesimo”. In questo senso infatti le culture che praticavano
originariamente lo sciamanesimo – e continuano tutt’ora a farlo – molto spesso
condannano i neo-sciamani per l'uso non corretto, superficiale e frainteso che fanno
della loro cultura e delle loro pratiche tradizionali, chiamandoli in senso dispregiativo,
“sciamani di plastica”.

Roberte Hamayon165 ha così proposto di sfumare i contrasti tra questi orientamenti,


presentando tre modelli compatibili di indagine e classificazione. In primo luogo, gli
sciamanesimi “tradizionali”, intesi non tanto come fenomeni immuni al contatto, ma
come espressioni in società non occidentali che tentano di riassorbire gli stimoli esterni
in una propria visione del mondo. In secondo luogo, le società a sostrato sciamanico
oggi in rapida modernizzazione. Infine un terzo modello, stante a rappresentare
l’interesse per lo sciamanesimo da parte di quel mondo occidentale che lo ha
continuamente ri-scoperto e ri-semantizzato nelle nuove forme di neo-sciamanesimo.

164BOTTA, Dagli sciamani allo sciamanesimo. Discorsi, credenze, pratiche, cit. p.26.
165R. HAMAYON, De chamanes au chamanisme, in “L’Ethnographie”, Voyages chamaniques, vol. ii, 1982,
p 9.
51
3.2 Michael Harner e la Foundation for shamanic studies
In questa fase di individualizzazione delle pratiche sciamaniche, in cui i fenomeni neo-
sciamanici iniziano a moltiplicarsi nei contesti più svariati, una figura di rilievo è
quella di Michael Harner che, tramite le sue ricerche, non solo ha aggiunto delle novità
significative agli studi sullo sciamanesimo, ma ha anche scompaginato il campo del
neo-sciamanesimo contemporaneo.

Indirizzatosi verso gli studi etnologia tra il 1956-57, condusse la sua ricerca per il
Dottorato tra gli Jìvaro dell'Amazzonia ecuadoriana. Tra il 1960-61 svolse ulteriori
ricerche tra i Conibo della regione del fiume Ucayali nell'Amazzonia peruviana, dove
venne iniziato alle pratiche sciamaniche indigene mediante un addestramento che
includeva l'assunzione dell'ayahuasca, un potente allucinogeno locale, utilizzato per
raggiungere stati alterati di coscienza dai nativi. Dopo aver conseguito un dottorato in
Antropologia nel 1963 presso l’Università di Berkeley, Harner iniziò a insegnare presso
alcuni dei più prestigiosi atenei statunitensi. A partire dal 1964, cominciò ad
avvicinarsi alla cultura psichedelica, quando partecipò al seminario Shamanism:
Supernaturalism and Hallucinogenic Drugs – organizzato a Esalen166 –, al quale fecero da
assistenti personalità di rilievo nel campo come Castaneda e Naranjo.

La sua esperienza etnografica proseguì nel 1966 nuovamente presso gli Jivaro, dando
vita a The Jìvaro, People of the Sacred Waterfalls167. Qui l’attenzione per le sostanze
psicotropiche acquisì uno spazio fondamentale. Questo interesse per gli allucinogeni
divenne manifesto in una collezione di saggi intitolata Hallucinogens and Shamanism168,
che avrebbe di lì a poco rivoluzionato il campo degli studi sulle sostanze psicotropiche:
per rettificare quanto era stato scritto fino ad allora in campo antropologico, Harner
volle infatti che gli autori ingerissero personalmente sostanze allucinogene. In un
dialogo con un’antropologia che poneva sempre maggiore attenzione all’osservazione
partecipante, lo sciamanesimo di Harner iniziava ad avvicinarsi al limite delle
procedure accademicamente accettate. Tra gli Jivaro, egli affermava infatti di aver
imparato a praticare lo sciamanesimo dagli stessi indigeni e che da questi era stato
riconosciuto come possibile futuro maestro. Un’inverificabile legittimazione da parte
delle autorità spirituali indigene – come era avvenuto per altri “sciamani-antropologi”
come Castaneda – consentiva l’autopromozione a leader carismatico. Il contatto con

166 L'Esalen Institute, comunemente chiamato Esalen, è un centro di ritiro e una comunità internazionale
senza scopo di lucro a Big Sur, in California, che si concentra sull'educazione umanistica alternativa.
L'Istituto ha svolto un ruolo chiave nel Movimento del potenziale umano a partire dagli anni '60, grazie
al suo uso innovativo di gruppi di incontri, all'attenzione alla connessione mente-corpo e alla continua
ricerca nello sviluppo di una consapevolezza personale.
167 M.J. HARNER, The Jìvaro: People of the Sacred Waterfalls. Natural History Press, New York, 1972.

168 M.J. HARNER, a.c., Hallucinogens and Shamanism. Oxford University Press, Londra, Oxford e New

York, 1973.
52
l’ayahuasca lo travolse immediatamente e sin dal momento della prima ingestione
decise che avrebbe voluto imparare tutto quanto poteva sullo sciamanesimo 169.
Iniziò quindi a riflettere sul potenziale delle pratiche sciamaniche come risposta ai
problemi spirituali della società occidentale e – a partire dal 1970 – iniziò a
promuovere stage dedicati all’eliminazione della “malattia psichica” attraverso terapie
sciamaniche e all’acquisizione dei poteri di guarigione per mezzo delle visioni
caratteristiche delle culture native nordamericane170.
La sua opera più popolare in ambito internazionale fu The Way of the Shaman. A Guide
to Power and Healing171, che segnò un allontanamento dalle procedure accademiche e
condusse alla scrittura del primo manuale “fai da te”, il cui obiettivo era aiutare gli
occidentali contemporanei a utilizzare una tecnica terapeutica che cntrastava la
“medicina tecnologica”. Harner ambiva a tramandare e diffondere un sapere nascosto,
universale e arcaico che potesse ricostituire l’unità paradisiaca tra uomini e animali.
Allo scopo di incrementare l’energia fisica e psichica degli individui, lo sciamanesimo
di Harner si proponeva di stabilire un dialogo con gli animali, allo scopo di conseguire
i loro poteri spirituali172.

Harner, rivisitando i suoi precedenti studi, descrisse in un secondo momento il


consumo di sostanze psicotropiche come un aspetto marginale della cultura Jivaro,
segnando un’uscita dalla cultura psichedelica e proponendo, di contro, un metodo che
avrebbe definito “core shamanism”, entro il quale l’uso estatico del tamburo
sciamanico siberiano riacquisiva un ruolo centrale, grazie all’ispirazione della
monografia eliadiana. Presso svariate culture indigene, gli sciamani alteravano i loro
stati di coscienza senza l’uso di sostanze biochimiche: il suono percussivo del tamburo
veniva infatti maggiormente utilizzato rispetto alle tradizionali piante “mediche” o
all’uso degli enteogeni, per raggiungere lo “stato di coscienza sciamanico”. Lo
sciamano appariva conseguentemente come lo specialista rituale capace di guidare
questo processo di individualizzazione173. Come affermava lo stesso Harner:

«Dopo aver praticato personalmente lo sciamanesimo, la guarigione sciamanica e


il viaggio sciamanico per più di mezzo secolo, posso dire che non c'è nulla che io
abbia mai incontrato nei resoconti delle esperienze spirituali di santi, profeti,
sperimentatori di droghe psichedeliche, sopravvissuti alla morte, avatar e altri

169 M.J. HARNER, The Way of the Shaman: A Guide to Power and Healing. Harper and Row Publishers, New
York, 1980; versione italiana, La via dello sciamano. Una guida al potere e alla guarigione, Edizioni
mediterranee, Roma, 2010 pp. 7-8.
170 BOTTA, Dagli sciamani allo sciamanesimo. Discorsi, credenze, pratiche, cit., p. 131.

171 M.J. HARNER, The Way of the Shaman: A Guide to Power and Healing. Harper and Row Publishers, New

York, 1980.
172 BOTTA, Dagli sciamani allo sciamanesimo. Discorsi, credenze, pratiche, cit., p.132.

173 Ivi p.133.

53
mistici, che non vengano comunemente sperimentati quando si seguono i classici
metodi di viaggio [sciamanico] usando il tamburo»174.

Gli anni successivi segnarono così una svolta definitiva non solamente nella parabola
harneriana, ma anche per ciò che concerne il futuro dello sciamanesimo 175. Dopo aver
lasciato l’università nel 1987 e interrotto i rapporti con Esalen nel 1988, Harner decise
di trasformare il suo Center for Shamanic Studies, fondato nel 1979, in una Foundation for
Shamanic Studies, che si fece promotrice in tutto il mondo di workshop e corsi per
apprendere, esperire e insegnare le tecniche sciamaniche allo scopo di favorire la salute
dei praticanti e la preservazione del benessere del pianeta176.

La Foundation rappresenta dunque il primo vero e proprio movimento neo-


sciamanico, esplicitamente pensato come luogo di una metodologia culture-free,
liberata da ogni connotazione culturale e storica per permetterne una maggiore
diffusione in tutto il mondo177. Difatti la Foundation – che dal 1994 ha sede centrale in
California (Marin County) – è presente con i suoi programmi di Core
shamanism anche in Europa, Sud America, Asia e Australia.

Per scelta di Harner, l'insegnamento è fondato sulla trasmissione diretta di conoscenze


e pratiche più che sulle pubblicazioni, in accordo con la tradizione orale caratteristica
dello sciamanismo indigeno.
Parallelamente al lavoro di divulgazione del core shamanis, la Foundation for Shamanic
Studies, si dedica anche a insegnare, studiare e preservare lo sciamanismo in tutto il
mondo.
Su questo piano si colloca un altro aspetto della mission della fondazione: esaurita ogni
istanza antagonista di stampo controculturale, lo sciamanesimo harneriano ha iniziato
infatti a guardare ai nuovi bisogni della società globalizzata degli anni Ottanta e
Novanta. Tra questi spicca una sensibilità ambientalista che vede le culture indigene
come depositarie e garanti degli equilibri ecologici del pianeta. In questo senso la
Foundation ha dato un forte impulso alla ricerca sul campo, avvalendosi del lavoro di
numerosi etnografi e antropologi, impegnati a documentare le pratiche sciamaniche in
varie parti del mondo. Con tali propositi è stato istituito l’Urgent Tribal Assistance
Program per sostenere vari gruppi tribali (inizialmente gli Inuit del Canada,
i Sami della Scandinavia e alcuni gruppi nativo-americani) nello sforzo di rivitalizzare
le loro tradizioni178. La fondazione ha inoltre prospettato un esperimento di ritorno
dello sciamanesimo in contesti indigeni – spesso interpretati come luoghi

174 M.J. HARNER in http://www.shamanism.org/workshops/coreshamanism.html (06/2018).


175 BOTTA, Dagli sciamani allo sciamanesimo. Discorsi, credenze, pratiche, cit., p.133.
176 M.J. HARNER, The History and Work of the Foundation for Shamanic Studies, in Shamanism 18 (1&2),

2005, p. 8.
177 J.B. TOWNSEND, Modern Non-Traditional and Invented Shamanism, in J. Pentikäinen (ed.), Shamanhood:

Symbolism and Epic, Akadémiai Kiadó, Budapest, 2001. pp. 258-9.


178 Cfr. HARNER, The History and Work of the Foundation for Shamanic Studies.

54
“spiritualmente” disgregati – che, attraverso dei programmi specifici, mirava a
favorire la preservazione e il revival di quei saperi ancestrali. L’obiettivo prioritario
era infatti che i popoli indigeni potessero acquisire gli strumenti adeguati per
riprendere a praticare lo sciamanesimo in modo autonomo.
Parte rilevante di tale programma divenne anche il progetto chiamato Living Treasures
of Shamanism, inaugurato nel 1992, che ogni anno conferisce la qualifica di “Tesoro
Vivente dello Sciamanismo” a uno o più sciamani indigeni che si distinguono nel loro
lavoro, sostenendoli anche da un punto di vista economico. Queste attività, che si
concretizzano attraverso delle visite periodiche e delle ricerche sul lungo periodo,
rivestono un'importanza fondamentale per sostenere gli sciamani indigeni, nel
complesso lavoro di salvaguardia delle loro antiche conoscenze.
Grazie anche a donazioni pubbliche e private, la Foundation è stata in grado di portare
avanti una varietà di progetti. Tra questi si annovera anche il cosiddetto Shamanism
and Health Program, diretto da Sandra Harner, un progetto rivolto a dimostrare,
attraverso degli studi sperimentali, gli effetti terapeutici dei metodi sciamanici di
guarigione. Un altro progetto importante è la cosiddetta “Mappatura della Realtà Non
Ordinaria” (progetto MONOR o Mapping of NonOrdinary Reality), un programma
diretto personalmente da Harner e rivolto a delineare la struttura dei mondi non
ordinari, che emerge dai racconti degli sciamani indigeni e dalle testimonianze dei
moderni praticanti179.
Dopo aver ripercorso la carriera di Harner, il suo impegno nella costruzione della
Foundation for Shamanic Studies, e nei progetti attuati per sostenere le culture indigene
e le antiche pratiche dello sciamanesimo, possiamo affermare che Harner ha avuto
un'influenza enorme sia sul mondo accademico che sul pubblico in generale, e ha dato
un impulso fondamentale e decisivo alla riscoperta e alla divulgazione degli studi
sciamanici e dello sciamanesimo in generale.
«Ciò che Yogananda ha fatto per l'Induismo e D. T. Suzuki ha fatto per lo Zen,
Michael Harner lo ha realizzato per lo sciamanismo, portandone le ricche
tradizioni alla conoscenza del mondo occidentale»180.
Come fa notare Botta però:
«Dietro la maschera della ri-scoperta e dell’autoapprendimento, si nasconde però
un sintomatico tentativo di favorire un processo globale di universalizzazione
dello sciamanesimo harneriano. La fondazione ha inviato infatti team di insegnanti
presso culture native del Canada e degli Stati Uniti, dell’Amazzonia, ma anche in
Siberia, Cina, Nepal, e perfino in Scandinavia. Il proselitismo ambientalista della
fondazione mostra il paradosso circolare di questa tappa della
concettualizzazione: “strappato” dal locus classicus, reinventato nelle aule delle
università occidentali, lo sciamanesimo tornava ora in quei contesti che lo avevano

179HARNER, The History and Work of the Foundation for Shamanic Studies, p.9.
180WALSH, ROGER, C.S.GROB (a cura di), Higher Wisdom: Eminent Elders Explore the Continuing Impact
of Psychedelics, State University of New York Press, Albany, NY, 2005, pp. 159-160.
55
“dimenticato”, in forme però riplasmate e ripensate per diffondere i valori e gli
ideali del mercato globale»181.

181 BOTTA, Dagli sciamani allo sciamanesimo. Discorsi, credenze, pratiche, cit., p.135.
56
3.3 Core shamanism
Con il termine “Core-sciamanism” o “sciamanesimo profondo”, “sciamanismo
transculturale”, si indica la metodologia elaborata da Harner per adattare lo
sciamanesimo al pensiero e alla cultura moderni. L’eziologia, il significato e la prassi
del core shamanism, si ritrovano in diversi testi scritti direttamente da Harner, il quale
più volte si è speso per presentare ai suoi studenti, seguaci e lettori, la nuova tecnica
sciamanica messa a punto nel corso di innumerevoli ricerche, che sono alla base degli
studi e degli insegnamenti della Foundation for shamanic studies. Come lui stesso ci tiene
a precisare, questa tecnica non è frutto di improvvisazione, ma di più di quarant’anni
di ricerca etnologica, etnografica, pratica e insegnamento, in cui ha potuto apprendere
le “originali” tecniche sciamaniche da molteplici culture e tradizioni.

La metodologia di ricerca harneriana parte con una premessa fondamentale, ovvero


che per interpretare la realtà bisogna “assumere il punto di vista del nativo”, in cui
non vi è l’intenzione di falsificazione o mistificazione di determinati fatti o
avvenimenti, ma semplicemente l’utilizzo di paradigmi “altri” rispetto a quelli del
pensiero occidentale.

Pertanto attraverso l’osservazione e l’ascolto partecipato, Harner ha sviluppato la


deferenza e l’ammirazione per le conoscenze spirituali che le culture sciamaniche
hanno accumulato; i nativi con le loro pratiche e i loro insegnamenti, sono perciò visti
come maestri e non più come mero oggetto di ricerca.

«Se quello che ci insegnano sembra strano o incomprensibile, lo riteniamo un


problema nostro, non loro - una dimostrazione del nostro bisogno di apprendere
nei loro stessi termini. Non importa quanto impossibili le loro affermazioni
sembrino a prima vista, noi partiamo sempre dal presupposto che essi sanno di
che cosa stanno parlando. Le loro concezioni non possono essere interpretate in
maniera riduttiva, applicando prematuramente i paradigmi esplicativi
occidentali»182.

Lo sviluppo dello sciamanesimo harneriano si basa dunque sulla combinazione dello


studio comparativo e della ricerca sul campo in culture diverse, sulla sperimentazione
continua delle antiche tecniche sciamaniche di guarigione e divinazione, e sulla pratica
effettiva di questi metodi con i pazienti occidentali. Partendo dal presupposto che
l’esistenza degli spiriti sia parte integrante e fondamentale per il successo dei metodi
e delle guarigioni sciamaniche, Harner tenta un approccio di tipo scientifico-deduttivo,
procedendo all’analisi comparativa dei resoconti etnografici da lui raccolti, ritenuti
parte fondante della strategia di identificazione dell’uniformità delle pratiche

182M. J. HARNER, La Scienza, gli Spiriti e il Core Shamanism,


in http://www.sciamani.it/index.php/sciamanesimo/35-notizie/articoli-sciamanesimo/89-la-scienza-gli-
spiriti-e-il-core-shamanism-time (06/2018).
57
sciamaniche e dei loro effetti. Seppur egli sia perfettamente consapevole che questi
siano considerati irrazionali dagli standard scientifici occidentali.

«Tra queste pratiche si possono includere il viaggio sciamanico in altri mondi, le


esperienze di smembramento, la possessione e la de-possessione, la
comunicazione con i morti, la medianità, l’abilità di compiere divinazioni precise
e dettagliate per delle persone totalmente sconosciute e la guarigione
miracolosa»183.

Nella descrizione della metodologia adottata per lo studio e la prassi del core
shamanism, Harner afferma di attuare un uso sperimentale di siffatte pratiche per
determinare, secondo procedimenti accademici, se i loro effetti siano effettivamente
confermabili.

«In questa strategia sperimentale, sia i metodi induttivi che quelli deduttivi
giocano un ruolo interdipendente, anche se l’induzione è particolarmente
importante nelle prime fasi della ricerca. Con il progresso della ricerca, diventa
possibile scoprire i principi deduttivi e, sulla loro base, predire certi risultati.
Quando si utilizzano questi principi, incluso quello della realtà degli spiriti, i
risultati sono così costanti e uniformi che è possibile insegnare dei seminari
esperienziali a un gran numero di studenti e i risultati dei loro esperimenti saranno
esattamente quelli attesi. Per esprimerlo in un altro modo, la Foundation for
Shamanic Studies è un laboratorio sperimentale di sciamanismo, dove si conduce
un lavoro pionieristico per sviluppare una scienza degli spiriti e dove gli studenti
imparano a utilizzare le loro conoscenze della realtà spirituale per praticare con
successo i metodi sciamanici»184.

Harner pertanto afferma che utilizzando questi principi base dello sciamanismo –
incluso quello dell’esistenza degli spiriti, che non può essere spiegato dalla scienza
occidentale, ma trova uguale valenza nelle prassi e nelle credenze di culture ed epoche
diverse – gli studenti più avanzati, con l’aiuto dei loro spiriti alleati, saranno in grado
non solo di effettuare delle guarigioni sorprendenti, ma anche di compiere i classici
rituali dello sciamano. Lo studio e la partecipazione diretta sono quindi la chiave di
apprendimento del core shamanism stesso. Per quanto riguarda la validazione
scientifica di queste pratiche, lo studioso sottolinea che l’approccio con il quale
vengono esaminate, non deve essere più limitato da un postulato aprioristico ed
etnocentrico di ciò che è impossibile, ma aperto e rivolto a una prospettiva nuova e
mutevole.

«Non è mia intenzione qui cercare di persuadere qualcuno semplicemente con le


parole, cioè di indurre il lettore a credere che ho ragione. Questo tipo di
persuasione è caratteristico della realtà ordinaria, ma non è la strategia dello

183 Cfr. HARNER, La Scienza, gli Spiriti e il Core Shamanism.


184 Ivi, p.113.
58
sciamanismo e dell’apprendimento sciamanico. Lo sciamanismo è un sentiero di
conoscenza, non di fede, e quella conoscenza non può venire da me o da chiunque
altro in questa realtà. Per ottenere quella conoscenza, inclusa la conoscenza della
realtà degli spiriti, è necessario passare per il varco dello sciamano verso altri
mondi e acquisire un’evidenza empirica»185.

Per ottenere la “conoscenza sciamanica” di cui parla Harner, è necessario


semplicemente apprendere e percorrere la metodologia proposta nel core shamanism,
che:

«consiste nella ripresa delle caratteristiche universali, o quasi universali e comuni


dello sciamanesimo, insieme ai viaggi verso altri mondi […]. I principi del core
shamanism non sono legati a nessun gruppo o prospettiva culturale specifica. Da
quando l'Occidente ha perso la sua conoscenza sciamanica in modo schiacciante
secoli fa a causa dell'oppressione religiosa, i programmi della Fondazione, nello
sciamanismo di base, sono rivolti in particolare agli occidentali per riacquisire
l'accesso alla loro legittima eredità spirituale attraverso workshop di qualità e corsi
di formazione»186.

Questo approccio rappresenta pertanto la reinterpretazione dei metodi sciamanici


fondamentali, che si riscontrano in varie culture e in epoche differenti (il viaggio
sciamanico, tecniche di guarigione ecc.).

Nella descrizione fatta da Harner – e dagli stessi studenti della Foundation – si rimarca
l’origine “pura” e antica, di questo metodo, sottolineando come non vi siano norme
tra loro divergenti e non siano comprese pratiche rituali o di guarigione che
caratterizzano specifiche tradizioni sciamaniche187, avvalorando così il core
shamanism come pratica atemporale e universale.

Questo diviene così una “forma pura di sciamanesimo”, di cui non fanno parte
tecniche derivanti da altre tradizioni – come ad esempio il lavoro con i chakra o la
meditazione – le cui radici affondano sulla definizione di sciamanesimo data da
Eliade188. Secondo tale modello, lo sciamano è colui che compie dei viaggi in altri
mondi in uno stato alterato di coscienza. Il viaggio estatico è la tecnica sciamanica per
eccellenza per penetrare realtà “altre”, al fine di contattare entità spirituali, per
ottenere conoscenza, potere e guarigione.

Il fulcro del core shamanism è quindi il suo carattere pratico ed esperienziale, che nel
complesso riprende pienamente la retorica individualista e “fai da te” di quelle che

185 Cfr. HARNER, La Scienza, gli Spiriti e il Core Shamanism.


186 http://www.shamanism.org/workshops/coreshamanism.html (Trad. Mia) (06/2018).
187 L.MENEGONI, Metodologie del Core-Sciamanismo,

in http://www.sciamani.it/index.php/metodologie-del-core-shamanism-di-lorenza-menegoni
(06/2018).
188 Cfr. ELIADE, Lo sciamanesimo e le tecniche dell'estasi.

59
abbiamo definito “spiritualità alternative”189. Non è necessaria infatti l’intercessione di
intermediari – siano essi saggi, maestri o guaritori – per avvalersi della saggezza e dei
“poteri di guarigione dell'universo”; l’unica capacità che serve è quella “spirituale”,
innata nell’essere umano, che non richiede complessi rituali, ma solo di un’intima
sensibilità.

«Sulla base del proprio studio e lavoro personale, Harner ha sempre ritenuto che
la comprensione più profonda di questi metodi è quella che si ottiene praticandoli.
Nello sciamanismo la conoscenza realmente significativa è ottenuta direttamente
da ciascuno attraverso la comunicazione con i propri spiriti aiutanti. Infatti, questo
tipo di apprendimento esperienziale è insostituibile anche nelle società indigene.
Anche laddove esiste un apprendistato, più o meno lungo, con dei maestri
sciamani, la conoscenza vera è acquisita dal candidato sciamano attraverso le sue
visioni e i suoi sogni, come pure attraverso varie esperienze di iniziazione come lo
smembramento o certe malattie molto gravi, fisiche ed emotive»190.

Un altro principio basilare dello sciamanismo, per lo più implicito, è che esistono due
realtà e che la percezione di ciascuna di esse dipende dallo stato di coscienza in cui ci
si trova. Perciò coloro che si trovano nello “stato ordinario di coscienza” percepiscono
solamente la “realtà ordinaria”, mentre coloro che si trovano nello “stato non ordinario
di coscienza” possono penetrare e percepire la “realtà non ordinaria”. Queste sono
entrambe chiamate realtà perché ciascuna è incontrata e sperimentata empiricamente.
Si riconosce inoltre che ciascuna possiede le proprie forme di conoscenza e la propria
importanza per l’esistenza umana.

«La realtà non ordinaria non è una realtà consensuale e, infatti, se lo fosse, i
praticanti sciamanici non avrebbero alcuna funzione, in quanto è loro compito
modificare il proprio stato di coscienza e percepire con successo ciò che gli altri
non possono percepire. Una delle caratteristiche distintive del praticante
sciamanico è la capacità di passare volontariamente dall’una all’altra realtà con
disciplina e scopo, per guarire e aiutare gli altri»191.

Uno degli elementi più importanti dunque è l'enfasi sulla volontà personale. Là dove
gli sciamani in molti contesti tradizionali parlano della loro vocazione come qualcosa
che è venuta al di fuori della loro volontà – attraverso l'eredità, l'elezione della
comunità, o una malattia iniziatica – i neo-sciamani – in questo caso i praticanti del
core shamanism – descrivono il loro abbraccio della pratica sciamanica come una scelta
consapevole e intenzionale192.

189 Vedi cap. 2.


190 MENEGONI, Metodologie del Core-Sciamanismo.
191 Ibidem.

192 T. A. DUBOIS, An introduction to Shamanism, Cambridge University Press, 2009, pp. 341-342.

60
Nella pratica contemporanea gli sciamani hanno adattato i loro riti e le tecniche per
affrontare in modo efficace problemi di salute cronica, ansie, fobie, l'umano contrasto
con il sacro e rispondere ad altre esigenze di tipo tradizionale, come la perdita
dell'anima in chiave contemporanea. In passato, ad esempio, si credeva che la perdita
dell'anima fosse causata da uno stregone, da una paura estrema e improvvisa, o da un
incidente quasi mortale. Quando una parte dell’anima veniva persa, rimaneva una
quantità inadeguata di energia vitale nel corpo per sostenere la vita e per questo
l'individuo moriva entro pochi giorni o settimane, se non avveniva la restituzione
dell'anima.

Nel core shamanism si ritiene che piccole parti o frammenti di anima, si perdano per
svariati motivi. Ciò non comporta la morte dell'individuo, ma la perdita cumulata nel
corso del tempo può portare ad una vita priva di gioia o causare depressione, ansia,
esaurimento o malattie croniche193.

La guarigione è infatti la finalità precipua dello sciamanesimo. Per effettuarla lo


sciamano ricorre alle entità e ai poteri del mondo invisibile, in quanto la malattia è
vista come una condizione spirituale, oltre che fisica. Alla base del malessere c’è infatti
una perdita o una diminuzione del potere personale e un’armonia disturbata. La
guarigione sciamanica mira a restituire all’individuo il proprio potere spirituale e a
“recuperare la propria anima” e a ristabilire armonia là dove c’era separazione e
squilibrio, attraverso l’uso degli “stati alterati di coscienza”. Attraverso le tecniche
sciamaniche tradizionali – non farmacologiche o psicotropiche – come l’utilizzo di
una guida sonora, in modo particolare grazie al suono reiterato dei tamburi, è possibile
raggiungere questi stati, al fine di scoprire le proprie risorse spirituali nascoste,
trasformare vite e imparare come aiutare gli altri.

Proseguendo nell’analisi degli aspetti chiave del core shamanism è interessante


soffermarsi su come la Foundation stessa – e i suoi seguaci – si autorappresentino in
relazione al contesto spirituale e religioso. Partendo da un’affermazione fatta da
Lorenza Menegoni (specialista e portavoce della sezione italiana di Studi sciamanici):

«Lo sciamanismo non è un sistema di dogmi o di verità di fede, è invece un metodo


per ottenere rivelazioni dirette dalle entità del mondo spirituale. In parte, per
questo, è stato osteggiato e combattuto come pericoloso antagonista dalle religioni
istituzionalizzate, non solo dalla religione cristiana ma anche da altre, per esempio
il buddismo in Asia centrale»194.

La studiosa afferma dunque – come d’altro canto Harner in diversi scritti e


dichiarazioni – il rifiuto categorico di considerare lo sciamanesimo una religione,
partendo da alcuni riferimenti storico-antropologici, che rimandano alla

193 C. PRATT, An encyclopedia of Shamanism, Rosen Publishing Group, 2007, pp.109-111.


194 MENEGONI, Metodologie del Core-Sciamanismo.
61
contemporanea convivenza dello sciamanesimo con diverse religioni e culture, pur
non assimilandosi interamente a esse. In Siberia, ad esempio, coesiste con buddhismo
e lamaismo; in Giappone con il buddhismo; e in molte culture gli sciamani aderiscono
a credenze animistiche – ovvero a credenze basate sull’esistenza degli spiriti.

«Quindi nelle culture sciamaniche, dove gli sciamani interagiscono con gli spiriti
per ottenere risultati come la guarigione, non sorprende che le persone credano
che ci siano spiriti. Ma gli sciamani non credono negli spiriti. Gli sciamani parlano
con loro, interagiscono con loro. Non credono che ci siano spiriti più di quelli che
"credono" di avere una casa in cui vivere o di avere una famiglia. Questa è una
questione molto importante perché lo sciamanesimo non è un sistema di fede»195.

Possiamo notare pertanto, come afferma la professoressa Enrica Tedeschi che:

«La caratteristica distintiva di questa operazione culturale consiste nella compati


bilità dello sciamanismo
con le altre culture e tradizioni, grazie alla definizione di Harner che lo descrive c
ome un metodo spirituale di risoluzione dei problemi della vita quotidiana, a fav
ore degli individui e della loro comunità»196.

Non occorre pertanto credere in uno specifico pantheon di divinità perché queste
tecniche abbiano l’effetto terapeutico atteso. Questo corpus di conoscenze non
compete con altri sistemi di credenze, ma convive con altre forme di religiosità e
spiritualità senza configgere.

Lo stesso Harner, descrivendo i molteplici gruppi di persone che, in tutto il mondo, si


riuniscono per praticare il core shamanism sottolinea che:

«Questi gruppi sono autonomi: lavorano come hanno fatto gli sciamani da tempo
immemorabile, in piccole comunità per imparare ad aiutare se stessi e gli altri.
Questi gruppi informali sono parte di una comunità più ampia che oggi è
veramente internazionale, ma non ha gerarchie o dogmi perché le autorità
spirituali, come nei empi tribali, sono trovate direttamente nella realtà non-
ordinaria da ogni individuo che intraprenda il viaggio sciamanico» 197.

Sebbene quindi il metodo di apprendimento e di guarigione dello sciamanesimo


harneriano – ma anche quello tradizionale – sia imperniato sulla credenza negli spiriti
e sul loro sostegno imprescindibile per la riuscita delle pratiche sciamaniche, quando
questa credenza viene a essere assimilata a un costrutto religioso, avviene la negazione
di tutto il sostrato religioso/culturale che si trova nello sciamanesimo, sia antico che
contemporaneo.

195 M. J. HARNER in http://www.shamanism.org/fssinfo/index.html (06/2018).


196 E. TEDESCHI, Omatakuyassi: la metànoia transculturale, in «Democrazia e Sicurezza anno VII», 1 (2017).
197 HARNER, La via dello sciamano. Una guida al potere e alla guarigione, cit. p.21.

62
La questione della religiosità o meno delle pratiche sciamaniche, si ripropone non solo
nel core shamanism nello specifico, ma anche in molte altre dottrine e sistemi di
pensiero, che abbiamo precedentemente raggruppato nel complesso delle spiritualità
alternative.

Come lo sciamanesimo, le spiritualità alternative sovente non sono riconosciute come


sistemi religiosi o di fede, ma vengono ricondotte su uno scalino più basso, meno
“impegnativo”: considerato come un sistema di prassi e metodi per “ottenere
rivelazioni dal mondo spirituale”. In questo senso la pratica – e non la fede –
sciamanica, viene de-istituzionalizzata e svincolata da quelli che sono i dogmi o i
precetti, che i fedeli di qualunque religione devono seguire. L’affrancamento dalla
sfera del religioso comporta pertanto la possibilità di mantenere un carattere mutevole
e informale, privo di vertici ufficiali – almeno secondo le norme religiose – e dunque
lascia libero spazio alla possibilità di un continuo rimodellamento di senso e di
contenuto, in cui nessun’istanza valoriale risulta in contrasto, e in cui tutti i simboli e i
significati possono essere ricondotti nello stesso crogiolo.
Inoltre questo permette di coinvolgere fra gli adepti anche coloro che riconducono i
propri valori di fede in altre religioni – e non ritengono la pratica sciamanica in
contrasto con queste ultime – o ancora coloro che non vogliono affiliarsi a nessun
credo in particolare.

Un altro punto su cui Harner insiste – grazie anche al supporto della Foundation –è la
volontà di pendere le distanze da un’assimilazione tout court del core shamanism al
New Age e al neo-sciamanesimo stesso: «Lo sciamanesimo non è “New Age”. È “Stone
Age”, e vive da allora»198.

Per avvalorare il senso di distacco, ma soprattutto l’unicità e la non replicabilità del


core shamanism in contesti differenti e in particolar modo sotto “nomi” differenti –
che come vedremo più avanti, non garantirebbero l’esclusività del marchio registrato
–, sul sito della Foundation vengono citati gli studi dell’antropologa Townsend, che
dopo aver compiuto una ricerca dettagliata dello sviluppo e dei contenuti della
“moderna spiritualità sciamanica”, in merito afferma:

«Coloro che praticano il Core e il Neo-sciamanesimo contrastano fortemente con


la possibilità di un’inclusione generica nella categoria del New Age. Sebbene
alcuni pratiche, in particolare nel Neo-sciamanesimo, si sovrappongano al Neo-
paganesimo e occasionalmente al New Age; [non è possibile] includerli come un
solo sottoinsieme di una categoria più ampia»199.

198 «Shamanism is not 'New Age.' It is Stone Age and has been living ever since» M.J. HARNER in
http://www.shamanism.org/workshops/coreshamanism.html (Trad. Mia) (06/2018).
199 J. TOWNSEND, Core and Neo-Shamanism, in Shamanism: an encyclopedia of world beliefs, practices, and

culture, Vol. 1, Mariko Namba Walter and Eva Jane Neumann Fridman, 2004, p. 49
63
«Il Core shamanism è un approccio conservatore e purista dello sciamanesimo. Il
neo shamanesimo usa immagini metaforiche e concetti idealizzati, che sono spesso
uniti a credenze e rituali che hanno poco a che fare con lo sciamanesimo
tradizionale. Ci sono alcune aree di sovrapposizione tra le due forme, ma i loro
punti focali sono distinti»200.

In questo senso pertanto il neo-shamanesimo ha effettivamente delle caratteristiche


che lo rendono più panteistico, interiorizzato e figurato, rispetto al core shamanism
presentato da Harner, che invece mantiene un contatto più stretto con le tradizioni
native e conserva una visione meno metaforica della realtà non ordinaria – gli spiriti
sono entità esterne, trascendenti, da coltivare come alleati, non allegorie di princìpi e
qualità interiori.

http://www.shamanism.org/workshops/coreshamanism.html (26/2018).
200 Ivi, pp.51-52.

64
3.4 Foundation for shamanic studies - Italia: pratiche sciamaniche a portata di click
«Il fondatore e presidente della Foundation for Shamanic Studies, Dr. Michael
Harner è stato il pioniere nell'introduzione dello sciamanesimo nella vita
contemporanea ed è riconosciuto come il leader mondiale di questo movimento.
[…] Nel suo mezzo secolo di lavoro antropologico sul campo, di studi
interculturali, ricerche sperimentali ed esperienze in prima persona, Michael
Harner è arrivato ai metodi essenziali degli sciamani di tutto il mondo.
L'applicabilità di questo sciamanesimo essenziale (core shamanism) per gli
Occidentali contemporanei è stata convalidata dall'esperienza di migliaia di
studenti. I metodi sciamanici sono semplici, sicuri e sono stati usati con successo
con positivi risultati di cambiamento della loro vita.
Onorando la tradizione orale degli sciamani indigeni, negli ultimi 25 anni il Dr.
Harner ha trasmesso la sua conoscenza sciamanica di prima mano, attraverso gli
insegnamenti e il lavoro esperienziale, piuttosto che attraverso la scrittura. Oggi
lui e i suoi insegnanti addestrano circa 5000 studenti in tutto il mondo201».

Così si apre la sezione italiana del sito della Foundation for shamanic studies, che –
come anticipato – promuove, grazie alle sue associazioni sparse per in tutto il mondo,
metodi sciamanici semplici, validi e sicuri.

Sia nella versione americana (Californiana) della Foundation, che in quella italiana,
troviamo delle sezioni comuni che si articolano essenzialmente a seconda delle
esigenze e delle pratiche sciamaniche che i praticanti vogliono attuare o approfondire.

A colpo d’occhio, la prima sezione che appare navigando sul sito è quella dedicata ad
“articoli e interviste” e “Risorse”; entrambe intendono fornire le informazioni base, e
le chiavi di lettura dello sciamanesimo harneriano.
Troviamo così alcuni resoconti delle opere sullo sciamanesimo scritte da Harner (“la
via dello sciamano”, “la caverna e il cosmo” ecc.) o gli articoli scritti dagli insegnanti
della Foundation, in merito ai fondamenti e alle tecniche del core shamanins.
Alcuni link, posti più in basso, rimandano a una serie di interviste e di esperienze
personali fatte da alcuni praticanti, che spiegano il loro rapporto e la loro relazione con
lo sciamanesimo.

Dice Nello C., 55 anni, ingegnere e docente di core shamanism:

«Dopo aver frequentato il seminario base di core shamanism, 18 anni fa, la mia vita
si è aperta. Provenivo da una formazione razionale, come ingegnere, dalla quale
per anni non ero mai riuscito a smuovermi. Con l’accesso ai mondi invisibili, e
soprattutto con l’incontro con il mio Animale di Potere, si è aperta una stagione
completamente nuova della mia vita. Ho ritrovato una parte importante di me
stesso, quella parte intuitiva che sa connettersi con la mia immaginazione, le mie
emozioni e con il mio cuore. Da quel giorno mi sono sentito completo, più

201http://www.sciamani.it/ (06/2018).
65
consapevole e fiducioso che posso sempre essere in sintonia con la mia anima, con
la mia esistenza finalmente più piena».

Nella stessa sezione, in aggiunta alle informazioni generali sullo shamanesimo, si


possono trovare libri, articoli e il link diretto al canale YouTube.
Grazie al materiale video, alle tecniche, le metodologie, ma anche le opinioni dei neo-
adepti o dei praticanti di lunga data, sono facilmente consultabili e fruibili; con un click
e senza nemmeno la necessità di “perdere tempo” a leggere l’impegnativa bibliografia
che fa riferimento agli studi storici e harneriani sullo sciamanesimo, i futuri neo-
sciamani possono tranquillamente visionare il documentario in cui Harner stesso,
insieme alla moglie, racconta le sue esperienze etnografiche nella giungla
dell’Amazzonia ecuadoriana e peruviana, e i risultati della ricerca che lo hanno
condotto sulla “via dello sciamanesimo”. Ed ecco che in 1 ora e 7 minuti, la storia e i
punti cardine del core shamanism sono rapidamente e intuitivamente, fruibili a tutti.

Sempre grazie al pratico supporto di YouTube, è possibile guardare una serie di video-
interviste, per i neo-sciamani alle prime armi o per coloro che hanno deciso di praticare
lo sciamanesimo comodamente seduti dietro lo schermo di un Pc. Condividere
esperienze, scambiarsi opinioni, pareri e storie di vita diventa una attività che può
essere facilmente praticata e replicata tramite il web. Non più solo incontri in posti
remoti o cerchi sciamanici nelle foreste, ma “cerchi virtuali”, dove ogni praticante può
udire il suono del tamburo, avere consigli su come attuare le pratiche di guarigione e
mettersi in contatto con gli altri sciamani, non più solo tramite le complicate pratiche
di connessione con il mondo degli spiriti – come avveniva nell’antichità – ma grazie
alla connessione internet, che funge da catalizzatore molto più concreto, pratico e
immediato.

Proseguendo la nostra navigazione nel sito della Foundation, troviamo le sezioni


dedicate a “Seminari”, “Insegnanti” e “Contatti”, utili per iniziare fin da subito ad
accostarsi e mettere in pratica le metodologie del core shamanism. Come lo stesso
Harner afferma nella prefazione della “via dello sciamano”:

«Usando i metodi fondamentali dello sciamanesimo messi in evidenza in questo


libro e i miei corsi di addestramento, questi nuovi praticanti non stanno “giocando
all’indiano”, ma stano ritornando alle stesse sorgenti di rivelazione spirituale alle
quali hanno fatto ricorso da tempo immemore gli sciamani tribali. Essi non fingono
di essere sciamani per se stessi e per gli altri, sono autentici sciamani. Le loro
esperienze sono genuine e, quando sono descritte, sono essenzialmente
intercambiabili con i resoconti degli sciamani delle culture preletterate tribali. Il
lavoro sciamanico è lo stesso, come pure sono gli stessi la mente, il cuore e il corpo
umano; solo le culture sono differenti»202.

202 HARNER, La via dello sciamano. Una guida al potere e alla guarigione, cit., pp. 21-22.
66
I corsi, modellati sui contenuti del manuale di Harner, sono essenziali per apprendere
le metodologie e le tecniche del core shamanism, perché – sebbene la navigazione nel
web possa portare a un livello di conoscenza sufficiente – la “vera saggezza
sciamanica” può essere trasmessa solamente da persona a persona, cosi come avveniva
un tempo, ovviamente nella modernità l’acquisizione di questa saggezza ha un costo.

Il seminario base intitolato “la via dello sciamano”, fornisce un'introduzione ai metodi
fondamentali dello sciamanismo.

«I partecipanti sperimentano il cambiamento dello stato alterato di coscienza


mediante il ritmo monotono del tamburo. Nel viaggio spirituale nel Mondo
Inferiore e Superiore della realtà non-ordinaria, essi entrano in contatto con un
Animale Guida e con un Maestro spirituale e ottengono risposte alle loro
domande. Imparano a riportare indietro dal viaggio queste informazioni e ad
integrarle nella vita quotidiana. Si praticano inoltre semplici rituali di guarigione
e si lavora con i poteri della natura»203.

Il seminario di base dunque costituisce il prerequisito per accedere a livelli superiori –


articolati in programmi settimanali, mensili, annuali – dedicati all’approfondimento di
specifiche tecniche sciamaniche, e ogni livello – rigorosamente a pagamento –
rappresenta un tassello fondamentale, che andrà a costituire il quadro d’insieme una
volta completati tutti i seminari204.

Come viene spiegato nello stesso sito: «Nei seminari avanzati i partecipanti imparano
a riconoscere le disarmonie e rimuoverle, a livello spirituale, con le semplici tecniche
del core-shamanism»205.

La maggior parte dei seminari avanzati è dunque finalizzata ad apprendere le pratiche


di guarigione specifiche del core shamanism (descritte nel paragrafo precedente), al
fine di poter restituire all’individuo il potere spirituale di auto-guarigione, attraverso
l’uso degli “stati alterati di coscienza” che gli permetteranno di ricomporre i
“frammenti perduti della propria anima”.

Nel sito però viene precisato diverse volte che, per quanto questi corsi siano atti ad
apprendere un metodo di conoscenza e guarigione, «Lo sciamanismo è un metodo di

203 Descrizione del corso dal sito http://www.sciamani.it/index.php/i-seminari/seminario-di-base-la-via-


dello-sciamano (06/2018).
204 I seminari Avanzati proposti nel Sito Italiano della Foundation sono:

- L'estrazione sciamanica;
- Il recupero dell'anima;
- Seminario di Divinazione sciamanica;
- La morte e il morire nella prospettiva sciamanica;
- Lo sciamanismo e gli spiriti della natura;
- La danza della visione.
205 http://www.sciamani.it/index.php/i-seminari/seminario-di-base-la-via-dello-sciamano (06/2018).

67
guarigione spirituale, non sostituisce né la medicina né la psicoterapia». Cercando così
di dare ai fruitori dei corsi una sorta di “consenso informato” rispetto alle pratiche di
medicina “alternativa” che stanno per apprendere e operare.

Le tecniche di guarigione possono essere supportate anche grazie a una serie di


materiali disponibili nella sezione “Prodotti”, dove è possibile acquistare gli
“strumenti” utili e indispensabili, per chi vuole praticare lo sciamanesimo
comodamente a casa propria. Qui possiamo trovare i CD –ma anche mp3, e vari file
audio- con le sessioni di tambureggiamento sciamanico registrate da Harner in
persona. Per chi volesse spingersi oltre con la pratica - e con le spese di spedizione-
basta visitare lo “shop” della Foundation (California), per acquistare gli originali
tamburi sciamanici, con allegati pratici manuali di istruzione e sessioni registrate di
tambureggiamento, per compiere in ogni momento il viaggio nel mondo “altro”.

Infine un’ultima sezione è dedicata a coloro che vogliono diventare “esperti” di core
shamanism, e a loro volta, insegnanti. A loro sono dedicati i corsi di “addestramento
avanzato”206, nonché il programma di tre anni di “Iniziazione Avanzata allo
Sciamanesimo e guarigione Sciamanica”, che offre la certificazione di diversi gradi di
“Shamanic Counselor” raggiunti. È grazie a questi corsi “certificati” che lo
shamanesimo harneriano ha avuto la possibilità di formare un cospicuo numero di
insegnanti e di diffondersi in quasi in tutto il mondo. I faculty members (insegnanti
incaricati) della Fondazione – formati direttamente da Harner – tengono seminari e
corsi di core shamanism in tutto il mondo, cui hanno avuto accesso alcune migliaia di
persone. In Italia sono attivi come faculty members, riconosciuti dall’organizzazione
centrale, Lorenza Menegoni e Nello Ceccon, studiosi prima e insegnanti poi, che si
sono adoperati nel tradurre e divulgare le opere di Harner in Italia, e insegnare a loro
volta il core shamanism.

I corsi e i seminari, che si presentano con calendarizzazione mensile in diversi luoghi


sparsi lungo la penisola207, sono affiancati da eventi di “Cerchi sciamanici” – su cui si
può rimanere sempre aggiornati iscrivendosi alla News Letter – ovvero momenti di
incontro tra persone che vogliono fare insieme l’esperienza del “viaggio sciamanico”,
seguendo il suono del tamburo.

«Il Cerchio Sciamanico rappresenta un'importante occasione per entrare in


contatto con la propria dimensione spirituale, i propri Maestri Guida e Animali di

206 I corsi avanzati sono così articolati:


- Addestramento al Counseling sciamanico (The Harner Method of Shamanic Counseling)
- Addestramento avanzato nello sciamanismo e nella guarigione sciamanica
- Programma di Michael Harner di Tre Anni in Iniziazione Avanzate allo Sciamanesimo e guarigione
Sciamanica.
207 La Fondazione, con sede a Verona, propone seminari a carattere nazionale, sebbene i corsi e le attività

sono particolarmente concentrate nel nord della penisola.


68
Potere. Formare un Cerchio Sciamanico e farne parte significa sperimentare queste
preziosissime esperienze in uno spazio sacro e protetto»208.

Dopo aver analizzato le modalità comunicative e contenutistiche del sito, possiamo


provare ad addentrarci in un’analisi dei fruitori dei servizi e del core shamanism
stesso. Sebbene tentare un’analisi di tipo quantitativo non sia lo scopo di questa tesi,
grazie alla ricerca di Enrica Tedeschi -che nel corso del 2017, si è impegnata in
un’indagine di campo209 con alcuni dei gruppi “sciamanici” presenti sul territorio
italiano, è possibile risalire ad alcuni dati riguardati i partecipanti dei corsi.

C’è da premettere che il principale ostacolo, tuttora insuperato, consiste


nell’impossibilità di quantificare il fenomeno sciamanico, come del resto accade anche
negli Usa e negli altri paesi coinvolti. Possiamo, però, prendere atto che la
percezione degli intervistati, dei testimoni e degli osservatori è che l’offerta sciamanica
vada progressivamente crescendo e che, nel complesso, migliaia di persone siano
coinvolte, sia pure in modo intermittente e sporadico. Dai dati rilevati dalla ricerca di
Tedeschi si evince comunque i frequentanti dei corsi hanno un target d’età molto vario
che si aggira tra i 25 e i 70 anni210, che sono per la quasi totalità donne, con una presenza
maschile che si aggira intorno all’1%, e – come nelle ricerche compiute nei paesi
anglofoni – anche in Italia il target individuato è quello di una classe media acculturata
e well educated.
Tedeschi oltretutto ha notato come in questi Seminari il coinvolgimento dei soggetti è
intermittente, provvisorio, e sperimenta una certa continuità solamente nella
dimensione virtuale.

Questi momenti di aggregazione temporanea, sono però essenziali per comprendere


il percorso del praticante. Tali momenti vengono costruiti progressivamente e
soggettivamente attraverso i vari livelli seminariali, della durata tipica di 48h. I corsi
possono essere o non essere collegati dal punto di vista dei contenuti e della
conduzione e, di solito, non prevedono una rigorosa propedeuticità, se non per alcune
eccezioni, anche perché organizzati nell’ambito di approcci, scuole di pensiero,
metodologie diverse e non necessariamente compatibili.

«I seminari sono indipendenti l’uno dall’altro, i soggetti interessati sono liberi di


costruire il proprio itinerario di conoscenza e autoformazione in modo del tutto
autonomo. La congruenza fra le diverse offerte seminariali è faccenda che riguarda
esclusivamente il singolo fruitore, che di volta in volta aggiunge un frammento di
esperienza‐conoscenza al suo personale bricolage spirituale»211.

208 http://studisciamanici.it/index.php/cerchi-sciamanici/icalrepeat.detail/2018/07/07/149/-/cerchio-
sciamanico-con-il-fuoco-sacro.html (06/2018).
209 TEDESCHI, Omatakuyassi: la metànoia transculturale, p.385.

210 Ibidem.

211 Ivi, p. 386.

69
In conclusione, possiamo affermare che la sezione italiana della Foundation ha diversi
punti in comune con il suo corrispettivo californiano. I seminari, gli insegnanti, i testi
di riferimento sono gli stessi e anche la pratica del core shamanism si sviluppa tramite
metodologie pressoché identiche. Le differenze più importanti le riscontriamo però
comparando le attività delle due Foundation. Difatti navigando sulla pagina
californiana della Foundation, troviamo una ricca sezione dedicata alle attività, ai
servizi e alla formazione, affiancata da una serie di racconti e testimonianze dirette dei
praticanti, degli insegnanti e di persone che si stanno avvicinando al mondo dello
sciamanesimo. Da questo si evince una partecipazione al core shamanism decisamente
più assidua e coinvolgente: dietro l’offerta di cerimonie sciamaniche, guarigioni, rituali
nunziali e funebri, dall’altra parte dello schermo, si celano una vasta schiera di
praticanti che necessitano e richiedono questi servizi.

La sezione italiana della Foundation è sicuramente meno frequentata e partecipata,


sebbene le attività svolte, che si articolano in piccoli eventi di cadenza settimanale e
mensile, stiano iniziando ad avere sempre più seguito anche sul web. In ogni caso
questi dati sono del tutto in linea con quelli raccolti rispetto alla partecipazione alle
spiritualità alternative in Italia 212.

A livello teorico però è interessante notare come nel panorama italiano, anche in
questo campo, si stiano facendo sempre più largo una serie di movimenti, gruppi e
praticanti e neo-sciamani, portatori di quella visione del mondo e di quelle pratiche
che in questa tesi abbiamo ricondotto sotto il cappello delle spiritualità alternative.

Il potere di diffusione di queste spiritualità, e del core shamanism in particolare, sta


nel rendere sempre più personali e personalizzabili le tecniche a cui ogni individuo
può attingere. È così che il core shamanism ha guadagnato la sua fortuna prima in
America, e poi in Europa, fino ad approdare pian piano anche nella penisola italiana.

Inoltre, mentre uno sciamanismo tradizionale è impensabile senza uno stretto


collegamento con il territorio, il “neo-sciamano” lavora in un luogo multisituato, frutto
della relazione fra regioni diverse del pianeta. Se lo sciamano etnico è mediatore fra il
mondo dei vivi e quello dei morti, lo sciamano moderno è anche mediatore e ponte fra
diverse culture.

Facendosi ponti tra mondi diversi e costruendo esperienze transculturali, le realtà


osservate svolgono anche una funzione proattiva nel corpo sociale, fornendo appigli,
pratiche e sostegni filosofici ed esperienziali che fortificano le persone, rendendole più
capaci di reagire alle difficoltà della vita. Giungono al soddisfacimento delle umane
esigenze sia con responsi sulle classiche tematiche della vita, della malattia, della
morte, sia dando un senso ai problemi quotidiani, dallo stress, al lavoro, ai piccoli

212 Vedi cap. 3.3.


70
disagi giornalieri che ogni persona vive e a cui, grazie alla pratica sciamanica, può dare
una risposta e una soluzione “olistica”.

In questo senso:

«Coltivando la responsabilità per la propria comunità, non fondata sul sangue ma


sull’intento, lo sciamano cerca soluzioni ai problemi concreti della gente. I suoi
viaggi sono esplorazioni di un mondo invisibile che non ha pantheon predefiniti,
né mappe predisposte, e neppure dogmi, autorità o gerarchie. Lo sciamano esercita
un potere che non è né economico né politico, ma spirituale»213.

213 TEDESCHI, Omatakuyassi: la metànoia transculturale, cit., pp .397-398.


71
Cap 4: Ripensare la religione

4.1 Il web e le religioni: nuovi canali di proselitismo


È innegabile che la “rivoluzione informatica” sia l’evento più dirompente e pervasivo
del XX e XXI secolo. Qualsiasi campo dalla sociologia all’economia, al mercato, alla
medicina, alla ricerca, fino ad arrivare alla religione, ha subito gli effetti di questa
rivoluzione. La sfera del sacro infatti non è rimasta immune dallo spirito di
sovvertimento degli spazi, dei contenuti e dei significati, portato dal web. Ed è proprio
in questo ambito che si stanno sviluppando nuovi campi d’indagine e di ricerca, per
comprendere come si dipana il rapporto fra internet e le religioni.

Senza addentrarci nello sterminato campo delle relazioni tra le confessioni di fede e il
web – sebbene esistano migliaia di siti internet dedicati alle religioni storiche, e
continuino a crescere i gruppi religiosi che usano internet unicamente come alternativa
alla pratica religiosa214 – in questo paragrafo vogliamo soffermarci su come le religioni
e le spiritualità alternative riescano grazie a internet ad avere una legittimazione pari
– o quasi – rispetto a quella delle religioni considerate “tradizionali”.

Come afferma Campbell, siamo difronte a un fenomeno recente, definito dall’autrice


“spiritualizzazione di Internet”215 che comporta l'elaborazione di un nuovo costrutto
sulla natura del web e sul suo rapporto con il religioso e lo spirituale. Campbell nei
suoi studi216 ha provato a stilare una modellizzazione della relazione fra internet e le
religioni, di cui ci interessa analizzare il costrutto relativo all’uso del web come
«strumento per promuovere la religione e le pratiche religiose» 217.

Questo discorso in generale sta a sottolineare come l’uso che si fa di internet vari in
merito ai motivi e ai desideri dei suoi utenti. Essendo uno strumento neutrale, internet
può essere usato per scopi religiosi, così come è facilmente usato per qualunque altro
tipo di attività. Bisogna dunque analizzare lo scopo e le motivazioni che si perseguono
durante il suo impiego. Esso infatti può servire per cercare informazioni religiose o
relazioni spirituali, o per riconfigurare le attività religiose tradizionali, in modo che
possano essere perseguite online, come testimonianze, predicazioni, preghiere o
confessioni.

Helland, a tal proposito, introduce una distinzione chiarificatrice tra religion


online e online religion. La prima fa riferimento a tutte quelle istituzioni religiose che
utilizzano il web come uno strumento di comunicazione, certo più potente e sofisticato
degli altri mezzi di divulgazione, ma pur sempre uno strumento che funziona secondo

214 Cfr. H. CAMPBELL, Making space for Religion in Internet Studies, Routledge, Texsas, USA, 2005.
215 Ibidem.
216 Cfr. H. CAMPBELL, Spiritualising the Internet, Uncovering discourses and narratives of religius internet

usage, Heidelberg Journal of Religions on the Internet 1.1, 2005.


217 Ivi, p.14.

72
la logica di emittente-ricevente. La religion online è il semplice prolungamento su
internet di quanto già esiste nella realtà, e la principale attività che gli internauti che si
collegano a questi siti possono svolgere è consultare informazioni o scaricare materiale
su tematiche religiose218.

Pertanto internet diviene un ulteriore spazio in cui affermare la propria identità


religiosa, e un’occasione di connessione fra i membri di un particolare background.
Questa identità deriva dal rafforzamento di specifiche convinzioni o valori che
vengono trasportati online. Internet quindi è anche un luogo o – per dirla con le parole
di Augè – un non-luogo, che consente alle persone di connettersi con una più ampia
comunità di fede virtuale. I membri si incoraggiano l'un l'altro nelle loro convinzioni
condivise e sostengono questa narrativa unificante, attraverso una discussione di
supporto sulla scelta dell'identificazione religiosa.

In questo senso come afferma Giuseppe Giordan:

«il campo della religione sul web può essere interpretato come l’effetto non solo
delle inedite possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico applicato alla
comunicazione, anche religiosa, ma come un cambiamento più profondo che
caratterizza una nuova moda di porsi da parte del soggetto nei confronti del sacro.
La religione in rete, in altri termini, allo stesso tempo registra e incentiva un
cambiamento che i sociologi della religione hanno etichettato come passaggio dalla
religione alla spiritualità. Uno spostamento di attenzione che si colloca nel solco
lungo della rivoluzione silenziosa descritta da Inglehart219 come passaggio di
valori materialisti ai valori post-materialisti: dalla sicurezza fisica ed economica,
all’enfasi sull’auto-realizzazione personale, e su bisogni intellettuali ed estetici. Un
passaggio che evidenzia tanto il crescente ruolo dell’individuo all’interno delle
diverse dinamiche sociali, come anche il declino della legittimità riconosciuta
all’autorità gerarchica e alle istituzioni in generale, comprese quelle religiose»220.

Internet diventa così un ripetitore potente di smistamento di dati in modo diffusivo,


capace di collegare (senza forse mai legare gli utenti fra loro, re-legandoli solamente a
un canone comunicativo stabile e fisso) individui sparsi nel mondo con centri remoti
nello spazio, ma vicini nel tempo della connessione.

La religione online per certi versi, secondo Helland, ricorda la Riforma protestante, in
cui la Chiesa e il sacerdozio non erano più considerati un importante intermediario tra

218 Cfr. G. GIORDAN, Dio a portata di mouse. Credere e far credere nell’era digitale,
http://www.credereoggi.it/upload/2011/articolo183_18.asp (06/2018).
219 R.F. INGLEHART, La rivoluzione silenziosa, Rizzoli, Milano, 1983.

220 G. GIORDAN in E.PACE, La religione come comunicazione dell’era digitale, in «Humanitas», 65 (2010),

p.777.
73
il popolo e la sua pratica religiosa221. Allo stesso modo, la comunicazione online non
ha bisogno di una gerarchia per funzionare, ma piuttosto si basa su un livello di
partecipazione aperto e uguale da parte di tutti i membri. Ciò ha implicazioni
significative sul modo in cui la religione funziona come un sistema culturale che,
secondo le teorie di Geertz, fornisce un “modello di” comprensione del nostro posto
all'interno del cosmo e un “modello per” guidare e dirigere la nostra attività umana.

Ciò solleva un problema chiave che riguarda lo studio della religione su e attraverso
internet: quale azione o attività online può essere considerata una “vera” azione
religiosa? In questo caso possiamo affermare che non è solo l'azione a rendere
un'attività “religiosa”? O piuttosto è l'intento dietro l'azione che gli conferisce
significato?

Nel caso della religione sul web, le persone vivono la loro fede su Internet e attraverso
internet. Pertanto per questi individui non c'è separazione tra la loro vita offline e le
loro esperienze online, e tra le loro attività religiose e la loro visione del mondo;
entrambi si compenetrano vicendevolmente. Per quelle persone che praticano la
religione online, Internet non è un luogo "altro" ma è riconosciuto come parte della vita
quotidiana, è una semplice estensione del significato religioso vissuto nell’ambiente
informatico.

A questo punto del discorso è lecito domandarsi: che cosa accade quando l’olismo
religioso trova accesso nel mondo del web? Per rispondere a questa domanda, Pace222
fa notare come il confine fra adesione a una tradizione riconosciuta, anche
istituzionalmente, e la scelta di una via spirituale a misura del soggetto possa essere
facilmente varcato dal momento che, per definizione, chi naviga in rete lo fa per libera
scelta e in solitudine. Magari trovando in rete una comunità virtuale cui aderire,
magari con rinnovato entusiasmo, dopo anni di tiepida attenzione per la fede o per
questioni riguardati la vita interiore.

«In estrema sintesi possiamo affermare che nell’epoca contemporanea il “sacro in


sé” diventa la fonte di significato e l’unica autorità a cui obbedire. La spiritualità,
intesa in tale prospettiva, consiste proprio nello spostamento dell’asse di
legittimazione del sacro dall’autorità esterna dell’istituzione religiosa alla libertà
di scelta del soggetto, il quale si relaziona al trascendente, comunque se lo
rappresenti, non in obbedienza a comandi esterni, ma seguendo creativamente un
itinerario di ricerca che risponda alle esigenze del sacro in sé. Lo spostamento
dell’asse di legittimazione del sacro dall’istituzione al soggetto pone
immediatamente la questione dell’autorità, questione che […] è centrale
nell’analisi della religione come comunicazione mediata dal computer.

221 C. HELLAND, Online religion as lived religion. Methodological issues in the study of religious participation
on the internet, in «Heidelberg Journal of Religions on the Internet» 1.1 (2005) p.6.
222 Cfr. PACE, Una religiosità senza religioni. Spirito, mente e corpo nella cultura olistica contemporanea.

74
Analizzando l’attore sociale che si mette a compulsare una tastiera del computer
alla ricerca sul web di materiale religioso, possiamo dire che egli compie una
ricerca propriamente religiosa, o piuttosto risponde a quella dinamica di ricerca
libera e creativa che abbiamo etichettato quale spiritualità?»223.

È in questo contesto che le spiritualità alternative, e il core shamanism in particolare,


si inseriscono e si servono della rete per veicolare i loro messaggi spirituali/religiosi.
Questo moderno canale di comunicazione ha permesso ai nuovi adepti e ai nuovi-
sciamani di trovare e moltiplicare gli spazi di diffusione e di incontro; parliamo di un
luogo per certi versi simile alla realtà “altra” perseguita nello sciamanesimo, dove
avere consigli, offrire servizi spirituali, scambiarsi informazioni, suggerire metodi di
guarigione, incontrare gli altri sciamani dispersi in ogni parte del mondo.

Tanto meglio se il web ha la capacità di far arrivare direttamente a casa nostra gli
strumenti di cui abbiamo bisogno per praticare i rituali prescelti: è così che la vendita
di prodotti, strumenti e cimeli, diviene parte integrante e necessaria per la creazione
di quella “spiritualità su misura”, che viene continuamente riplasmata a seconda delle
esigenze del singolo, e che grazie a internet trova uno strumento in grado di
assecondare, il cambiamento di esigenze e prospettive, offrendo in tempo reale, il
contenuto desiderato e il prodotto richiesto, in ogni occasione.

Le conseguenze di questo cambiamento di paradigma dato dal web, sono rilevanti


anche per le religioni storiche: se ognuno di noi può, navigando in rete, trovare ciò che
gli serve per costruirsi una sorta di religioso su misura; il principio di autorità, che ogni
religione legittimamente rivendica per sé, in quanto fondato sulla pretesa di essere
dalla parte della verità - o di essere la verità- entra profondamente in crisi. Il virtuale
rende invisibile il vincolo di appartenenza e rende più precario il rispetto dei principi
di autorità.

«La verità in questo contesto, cede il passo all’autenticità, la quale risponde al


bisogno di essere in sintonia con se sessi, di benessere personale, di scoperta del
vero sé. Il cyberspazio non fa altro che rispondere a tale ricerca del sé autentico,
moltiplicando praticamente all’infinito le possibilità di trovare risposta al bisogno
di senso. E questo, come abbiamo visto, a spese delle istituzioni che al bisogno di
senso rispondono con la norma definitiva, con credenze esclusive, con pratiche
precise che marcano il confine in maniera tale da rendere immediatamente
identificabile chi è in e chi è out»224.

Da queste considerazioni possiamo affermare che il web offre alle spiritualità


alternative un formidabile spazio di espansione e diffusione. Se la spiritualità moderna
interpreta il bisogno di credere senza appartenere e senza autorità preordinate, il web

223 GIORDAN, La religione come comunicazione dell’era digitale, in cit., p.779.


224 Ivi, p.780.
75
dilata i confini di un mondo del possibile e del contingente nel campo delle scelte
religiose degli individui contemporanei225.

In conclusione la cyber-religione – come la definisce Giordan – è al contempo lo specchio


di cambiamenti che già stanno avvenendo nel campo religioso “reale”, e opera come
un propulsore dei medesimi cambiamenti, potenziandoli con le tecnologie del virtuale.

La religione in rete, in altri termini, per Giordan, semplicemente intercetta e incentiva


quel bisogno di ricerca personale di senso che sembra caratterizzare la religiosità
contemporanea. Se la spiritualità, dal punto di vista sociologico, viene definita come
lo spostamento dell’asse di legittimazione del sacro, dall’autorità esterna
dell’istituzione religiosa, alla libertà di scelta del soggetto; la cyber-religion viene
interpretata come un itinerario di ricerca creativo, che risponde più alle esigenze di
autenticità, che all’obbedienza a sistemi di credenza già codificati226.

225 PACE, Una religiosità senza religioni. Spirito, mente e corpo nella cultura olistica contemporanea, cit., p.148.
226 Cfr. GIORDAN, Dio a portata di mouse. Credere e far credere nell’era digitale.
76
4.2 Ripensare la religione nell’epoca post-secolare
In questa realtà fluida, in cui la rete contribuisce a rimodulare continuamente i termini
e i contenuti del religioso, la polarità tra “religione” e “spiritualità” si colloca in una
situazione di progressivo sfaldamento della legittimità tradizionale, riconosciuta
all’istituzione; mentre viene via via affermandosi la democraticità delle scelte
personali, a tutela della libertà dell’individuo.

Come abbiamo visto, questo ha portato a una individualizzazione anche del modo di
credere, la cui conseguenza principale è che la ricerca di senso da parte del soggetto
non accetta più le risposte normative che le vengono offerte dall’esterno. Il credere
contemporaneo, lungi dall’essere funzionale a identità religiose pensate secondo il
criterio della stabilità, pone il primato dell’esperienza sui contenuti dogmatici,
dell’autenticità sulla verità, secondo una prospettiva che legittima il cambiamento
come la “normalità”. Questo spostamento di orizzonte comporta il riproporsi della
domanda circa il significato del concetto di “religione”, soprattutto per quanto
concerne il suo “ritorno”.

Ed è proprio al ritorno del sacro e della religione che si riferiscono diversi studiosi con
il termine “post-secolare”.
Questo nuovo termine trova le sue radici partendo dalle diverse teorie della
secolarizzazione, sviluppatesi durante il secolo scorso, che preannunciavano il declino
del sacro e il disincanto nel mondo, definendo la secolarizzazione una sorta di
rivoluzione o di «liberazione dell’uomo dal controllo innanzitutto della religione» 227, o
«il declino delle credenze e delle pratiche religiose» e la «marginalizzazione delle
religioni nella sfera privata»228.

Queste teorie però sono state smentite, o quanto meno affiancate, da quelle che invece
ravvisano un imminente “ritorno del sacro”. Pertanto il post-secolare va inteso non nel
senso che i processi di secolarizzazione non sono più presenti, ma nel senso, che essi,
per un qualche concatenamento di circostanze, hanno iniziato a convivere con altri
aspetti del religioso229.

L’effetto della secolarizzazione non ha svuotato la religione della sua esperienza del
sacro, della sua storia e della sua conoscenza, ma ne ha trasformato le connessioni con
la diversità di un mondo secolarizzato. Per le religioni storiche la condizione post-
secolare è quella caratterizzata da tutti gli effetti della secolarizzazione, ma anche dalle
nuove disponibilità spirituali e congiunzioni che il vivere nella secolarità fa nascere.

227 H.COX, The secular City, Macmillan, New Yok, 1965, p.2.
228 J. CASANOVA, Public religions in the Modern World, University of Chicago Press, Chicago, 1994, p.211.
229 BERZANO, Quarta secolarizzazione, p.76.

77
«Ben oltre la secolarizzazione analizzata dagli studiosi da Marx a Weber in poi,
oggi la secolarizzazione degli stili di vita rappresenta un’ulteriore forma di uscita
dalla religione»230.

L’autonomia della struttura religiosa della società si estende, come abbiamo visto,
anche alle pratiche individuali, sempre meno discendenti dalla propria fede di
appartenenza e sempre più dipendenti da scelte personali. In questo senso, parlando
di uscita della religione, non si fa riferimento alla fede degli individui, ma al modello
organizzativo di quelle società che non assumono più la religione a proprio
fondamento strutturale. Infatti, anche nei contesti di massima secolarizzazione,
permane la dimensione privata della religione, la sensibilità per le questioni ultime che
riguardano il destino umano, individuale e collettivo, il senso delle esperienze
fondamentali della vita e l’orientamento etico complessivo dell’esistenza. È su questa
scala personale che si pongono le spiritualità e il loro moltiplicarsi di forme.

«Si potrebbe dire che la religione si presenta ormai solo nelle forme delle
spiritualità, quali luogo di senso, di risposta alle questioni della vita buona e della
salvezza. Sono le spiritualità che trattano le questioni dell’amore, della morte, della
sofferenza, e tutte le questioni esistenziali importanti. Le spiritualità che da sempre
sono presenti in tutte le religioni – nel Cristianesimo, nell’Ebraismo, Nell’Islam e
nel Buddismo- si presentano oggi come spiritualità laiche, spesso legate alla
tradizione delle grandi filosofie, portatrici di risposte alle domande esistenziali,
ma senza passare per la fede in Dio e per le Chiese storiche»231.

In questo quadro, in cui l’individualismo produce identità decentrate, fluide e


inquiete, i temi della religiosità e della fede tornano attuali. Si allarga l’area di persone
di diversa collocazione sociale, culturale e anagrafica che si muovono alla ricerca di
“senso” e di assoluto. Si allargano anche gli spazi dell’interpretazione individuale
della religione, che non pone un’unica versione della Verità, quanto la possibilità di
esplorare le proprie verità, molteplici, mutevoli e continuamente in divenire. Questo
bisogno continuo di dare un senso alla vita individuale e collettiva è il dato inatteso di
quest’epoca definita post-secolare232.

In quest’epoca post-secolare perciò Berzano ipotizza che in futuro:

«agiranno quattro omologie, da intendere quali inevitabili corrispondenze fra


strutture economiche, socioculturali e religiose, derivanti dalla comune condizione
di modernità avanzata, a prescindere dalla funzione che tali strutture avranno
entro i vari contesti economici, culturali e religiosi»233.

230 BERZANO, Quarta secolarizzazione, cit., p.83.


231 Ivi, p.85.
232 BERZANO, Spiritualità senza Dio, p.9.

233 BERZANO, Quarta secolarizzazione, cit., pp. 87-88.

78
Lo studioso pertanto afferma che nel campo del religioso avverrà:

«un indebolimento delle identità religiose etniche ascritte, l’indipendenza tra


esperienza religiosa e appartenenza religiosa, il vivere nel pluralismo e nella
secolarizzazione, il passaggio dalle religioni alle spiritualità»234.

Effettivamente, come afferma Paolo Naso, nel post-secolare si concretizzano molti di


questi aspetti, in quanto in esso:

«convivono irragionevolmente fondamentalisti di ogni convinzione e


pacifisti che predicano la convivenza citando i testi sacri più disparati;
tradizionalisti che salgono l’era nuova in cui tutto torna come era al tempo
antico della Tradizione e dell’Ordine e innovatori che reinterpretano
Scritture e dogmi alla luce della loro esperienza soggettiva e del contesto
nel quale vivono la propria fede; neo-ortodossi che riscoprono il senso di
una pratica codificata e rigorosa e itineranti che invece pellegrinano curiosi
in circuiti religiosi diversi e lontani; “spirituali” che si lasciano afferrare e
guidare da un soffio soprannaturale e “neo-mendicanti” che invece fanno
coincidere la loro fede con uno stile di vita sobrio ed “alternativo” rispetto
ai modelli economici e sociali dominanti»235.

Questo scenario di rimescolamento dei paradigmi, non solo in campo religioso, ma in


tutte le sfere del sociale è stato definito a sua volta post-modernità. Tra i suoi caratteri
più evidenti vi è la frammentarietà dei processi e delle loro narrazioni e quindi un
nuovo individualismo. L’espressione esasperata del sé viene a produrre
comportamenti monadici per cui l’orizzonte sociale si restringe progressivamente sino
a diventare una linea di confine attorno a se stessi.

«Assistiamo cosi al paradosso che mentre la post-modernità allarga gli scenari


economici e sociali a una prospettiva globale, quasi reattivamente si esprimono
chiusure identitarie sempre più ostili all’idea dell’incontro e della convivenza tra
diversi»236.

Difronte agli interrogativi, alle sfide e alle incognite della post-modernità, si afferma
una religiosità “modulare”237, nel senso «che essa non è definitiva, scelta una volta per
tutte per la vita, ma è plasticamente reversibile, può cioè essere riadattata, ricomposta
come i programmi del computer»238, una religiosità in cui la centralità del sé acquista
una rilevanza inaspettata.

234 BERZANO, Quarta secolarizzazione, cit., pp. 87-88.


235 Cfr. P. NASO, L’incognita post-secolare. Pluralismo religioso, fondamentalismi, laicità, Guida editori,
Napoli, 2015, pp.231-232.
236 Ibidem.

237 Ivi, p.233.

238 FILORAMO, Millenarismo e New Age, Apocalisse e religiosità alternativa, cit., p. 27.

79
In questo contesto, il nuovo pluralismo religioso che si realizza su scala globale – in
larga misura determinato dalle immigrazioni –, convive con comportamenti
fortemente individualizzati e secolarizzati; a sua volta, la post-secolarizzazione non
rimuove i comportamenti secolarizzati, ma convive con essi in un intreccio confuso e
paradossale che determina atteggiamenti fluidi e persino contraddittori, ma del tutto
sostenibili nello schema di una religiosità individualizzata e modulare 239.

Torniamo infine all’ultima “previsione” di Berzano in merito al concretizzarsi di un


“futuro della religione, riletto in chiave spirituale”. In questo senso, la religione,
ricomprendendo la sfera dello spirituale, ridiventa nelle società secolari ciò che erano
le grandi filosofie antiche: teorie e dottrine del senso della vita, della salute e della
salvezza, che illuminavano la finitudine la vita e la morte. La religione come
spiritualità è il luogo del sostegno, del senso, delle risposte alle questioni della vita.

«Le spiritualità, col la loro funzione di dare risposte alle domande esistenziali
dell’individuo, ma senza passare per la fede in Dio, non contrappongono più
morale e spiritualità, filosofia e spiritualità. In questa loro funzione sapienziale,
ritroviamo oggi spiritualità religiose cristiane, ebraiche, musulmane e buddiste, e
anche spiritualità laiche, senza Dio e legate alla tradizione delle grandi filosofie»240.

Diversamente dalle spiritualità tradizionali, basate sulla rinuncia, l’ascesi ultra-


mondana e il non attaccamento alle cose di questo mondo, le nuove spiritualità
annunciano qui e ora una riuscita materiale e pace interiore serenità e fiducia in se
stessi, comfort e svago. E tutto questo grazie anche alla rivoluzione della
comunicazione, che, per mezzo di internet, consente ai nuovi consumatori spirituali,
di approdare ai mezzi tecnici e tecnologici della “realizzazione del sé”.

239 NASO, L’incognita post-secolare. Pluralismo religioso, fondamentalismi, laicità, cit., p.237.
240 BERZANO, Quarta secolarizzazione, cit., p 92.
80
Conclusioni

In quest’epoca post-secolare e post-moderna, in cui l’individualismo produce identità


decentrate, fluide e inquiete, i temi della religiosità e della fede tornano attuali. Si
allarga l’area di persone di diversa collocazione sociale, culturale e anagrafica che si
muovono alla ricerca di “senso” e di assoluto. Si allargano anche gli spazi
dell’interpretazione individuale della religione, che non pone un’unica versione della
Verità, quanto la possibilità di esplorare proprie verità, molteplici, mutevoli e
continuamente in divenire. Difronte agli interrogativi, alle sfide e alle incognite della
post-modernità, si afferma una religiosità “modulare”241, in cui la centralità del sé
acquista una rilevanza inaspettata.

Le forme moderne del credere quindi non si identificano necessariamente come una
religione determinata. Sono, per definizione, post-tradizionali242. Si configurano come
molteplici vie dello spirito, difficili da classificare per grandi famiglie o tipi ideali. C’è
un tratto che però appare comune: la visione “olistica” del mondo, percepito come un
ecosistema nel quale l’unità e l’interdipendenza di tutti gli esseri viventi possono
essere colte ritrovando un equilibrio interiore, l’armonia fra mente, cuore e spirito.

Allo stesso tempo, la “ricerca del sé profondo” e l’“essere in sintonia con se stessi”,
anche per quanto attiene la relazione con il trascendente, ricollegano questo segmento
dell’esperienza umana al più ampio contesto della “mentalità terapeutica”. La
realizzazione di sé, ricercata come obiettivo primario dell’esistenza, ha bisogno del
supporto dello psicoterapeuta243 – o dello sciamano – il quale, oltre ad aiutare a “stare
bene con se stessi”, spinge a reinterpretare tutti gli ambiti dell’esperienza a partire
dall’autenticità dei propri sentimenti: la famiglia, il lavoro, le relazioni interpersonali,
la stessa religione, vengono ricollocate sotto questa nuova prospettiva.

L’individuo non è più orientato esclusivamente da verità superiori, ma valuta di volta


in volta secondo criteri che rispondono all’efficacia pratica. I riferimenti morali non
vengono eliminati, ma ricontestualizzati in un quadro ambivalente, in cui l’individuo
è guidato solamente dal desiderio di realizzazione personale e benessere individuale
e non più da un imperativo morale.

È in questo contesto di mutamento dei paradigmi tradizionali che si inserisce l’opera


letteraria e sciamanica di Harner, il quale, uscendo dalla sfera dell’indagine puramente
accademica, viene presentata come uno strumento di conoscenza, di autorealizzazione
e come un sistema di principi pratici per l’esistenza. Lo sciamanesimo cessa di essere
un’esperienza unica e irripetibile, circoscritta a poche persone dotate di capacità

241 NASO, L’incognita post-secolare. Pluralismo religioso, fondamentalismi, laicità, cit., p.233.
242 PACE, Una religiosità senza religioni. Spirito, mente e corpo nella cultura olistica contemporanea, cit., p.149.
243 Cfr. GIORDAN, Dalla religione alla spiritualità: una nuova legittimazione del sacro? pp. 105-117.

81
psichiche fuori dal comune, per diventare un’esperienza accessibile anche alle persone
ordinarie, aperte a esplorare le dimensioni sconosciute della realtà e della mente 244.

Un altro fattore che ha contribuito al “ritorno” dello sciamanesimo e alla diffusione del
core shamanism è lo sviluppo recente di approcci olistici anche nel campo della salute:
approcci che utilizzano attivamente la mente per aiutare la guarigione e il
mantenimento dello stato di benessere. Oggi molte scuole di pensiero riconoscono che
la salute fisica e la guarigione richiedono qualcosa in più rispetto ai trattamenti
tradizionalmente somministrati dalla medicina allopatica. Lo sciamanesimo incorpora
pertanto molte delle conoscenze degli avi in una riscoperta di tecniche come il
cambiamento dello stato di coscienza, la riduzione dello stress, il pensiero positivo,
che rappresentano pratiche ora ampiamente impiegate nelle metodologie olistiche
contemporanee.

Un’altra ragione importante per la quale lo sciamanesimo suscita attualmente ampio


interesse è il suo rapporto con l’ambiente, che si sviluppa in una sorta di “ecologia
spirituale”. In questo tempo di crisi ambientale mondiale, lo sciamanesimo offre il
rispetto per la natura e per gli altri esseri della Terra. Non vi è una semplice
venerazione della natura, ma una “comunicazione spirituale” a doppio senso, che
permette a coloro che si avvalgono delle pratiche sciamaniche di rivivere le
connessioni perdute con l’imponente potere spirituale della Terra245.

Lo sciamanesimo harneriano perciò, mentre offre la possibilità di condurre


personalmente i propri esperimenti di ricerca spirituale, di poter “controllare la
malattia”, di essere artefici della propria guarigione e di ritrovare il contatto ancestrale
perduto con il Pianeta e con l’universo, si presta come una fonte continua e sempre
nuova di significati ed esperienze; esattamente ciò di cui sono in cerca gli acquirenti
del supermarket religioso contemporaneo.

Questi cambiamenti che stanno avvenendo nel campo religioso, ricollegabili al


rapporto dialettico tra religione-spiritualità, sono da comprendere all’interno delle
dinamiche proprie della globalizzazione e del pluralismo; infatti dal confronto con
altre credenze e con altre modalità di credere, cambia il modo di rapportarsi alle
proprie credenze e alla propria pratica religiosa.

Ritornando alla questione fondamentale dalla quale siamo partiti, ovvero il


ripensamento della religione alla luce delle spiritualità alternative, si tratta di vedere
che cosa il concetto di “spiritualità”, considerato da alcuni sociologi come ancora

244 HARNER, La via dello sciamano. Una guida al potere e alla guarigione, cit., p.16.
245 Ivi, p. 20.
82
confuso e poco utilizzabile a livello empirico 246, sia in grado di chiarire con maggiore
precisione di quanto non faccia già il concetto di “religione”.

Come fa notare Giordan:

«Essendo il tema della spiritualità all’interno del sapere sociologico relativamente


recente, sembra difficile stabilire se questa categoria sarà in grado di avere la forza
di una vera e propria “teoria”, capace di ricomprendere il fenomeno religioso come
un’alternativa analitica nei confronti delle teorie già a disposizione degli studiosi,
o se, più semplicemente, rappresenti un modello interpretativo in grado di rendere
visibili alcune modalità contemporanee nel rapporto con il sacro247».

Ciononostante, lo scopo di questa tesi non era quello di dare una soluzione al problema
della ridefinizione della religione in merito alla “nuova” categoria della spiritualità,
bensì quello di fornire uno spunto di indagine affinché i fenomeni della “nuova èra”,
considerati atipici, semplicemente perché non inclusi al momento in cui sono state
elaborate le definizioni e i modelli di religione, vengano ad essere introdotti come
nuovi criteri per un ripensamento e una ridefinizione del concetto di religione.

In un contesto di marcata individualizzazione e soggettivizzazione del rapporto con il


senso dell’esistenza e con la trascendenza, congiuntamente alla progressiva
pluralizzazione dei modelli religiosi a disposizione, sia sul versante della domanda
che su quello dell’offerta, ci sembra che l'introduzione di nuove credenze e delle
spiritualità alternative abbia il potenziale per costruire un modello più completo e
dinamico di "religione". In questo senso, le nuove spiritualità sono eminentemente
“buone da pensare”248 e tra i più stimolanti “spunti di riflessione” nel campo della
religiosità contemporanea.

246 Cfr. GIORDAN, Dalla religione alla spiritualità: una nuova legittimazione del sacro? pp. 105-117.
247 Cfr. GIORDAN, Dalla religione alla spiritualità: una nuova legittimazione del sacro? pp. 105-117.
248 SUTCLIFFE, GILHUS, New Age Spirituality. Rethinking Religion, cit., pp.261-262.

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