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Alessandro Vitale-Brovarone

Persuasione e narrazione : l'exemplum tra due retoriche (VI-XII


sec.)
In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes T. 92, N°1. 1980. pp. 87-112.

Riassunto
Alessandro Vitale-Brovarone, Persuasione e narrazione : l'«exemplum» fra due retouche (VI-XII sec), p. 87-112.

L'exemplum altomedievale, per l'indeterminazione del suo campo di impiego, pone in modo ideale i problemi dell'exemplum in
generale. L'exemplum sfugge ad una definizione teorica che non sia troppo generica (definizione «retorica») o troppo restrittiva
(definizione «degli storici»), cosi come sfugge ad una descrizione tipologica. È in se una non buona fonte storico-antropologica in
quanto mancano, attorno al messaggio che esso reca, gli elementi essenziali costituenti il rapporto fra emittente e destinatario.
La retorica tardo-antica e altomedievale tende a sottolinearne progressivamente gli aspetti narrativi, indicandone talora una
destinazione popolare, in cui è da vedere una connotazione del tipo di argomentazione più che di un pubblico. Il suo prevalente
impiego in letteratura religiosa o moraleggiante è
(v. rétro) dovuto alle modalità di consegna delle fonti piuttosto che ad una caratteristica costitutiva. Il suo diffondersi nella
letteratura religiosa, con gli ordini mendicanti, è da vedere come un tentativo di proposta di un modello di comportamento
«morale» che si opponesse ai modelli che la narrativa «profana» diffondeva : il rapporto fra narrativa «sacra» e «profana» è da
vedere come dialettico e non genetico.

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Vitale-Brovarone Alessandro. Persuasione e narrazione : l'exemplum tra due retoriche (VI-XII sec.). In: Mélanges de l'Ecole
française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes T. 92, N°1. 1980. pp. 87-112.

doi : 10.3406/mefr.1980.2539

http://www.persee.fr/web/revues/home/prescript/article/mefr_0223-5110_1980_num_92_1_2539
ALESSANDRO VITALE-BROVARONE

PERSUASIONE E NARRAZIONE :
L'EXEMPLUM TRA DUE RETORICHE
(VI-XII sec.)

Atque omnis vitae ratio sic constat, ut quae probamus in àliis,


facere ipsi velimus. Sic litterarum ductus, ut scribendi fiat usus,
pueri sequuntur, sic musici vocem docentium, pictores opera
priorum, rustici probatam experimento culturam in exemplum
intuentur, omnis denique disciplinae initia ad propositum sibi
praescriptum formari videmus.
Quintiliano, Inst. or. 10.2,2.

Un arco di tempo come quello compreso fra il VI e il XII secolo, arco la


cui vastità non è soltanto quantitativa, mi ha posto di fronte ad una alternativa
cui già ad un primo sguardo mi era possibile prevedere una risposta. Conside
randol'eventualità di prendere in rassegna un certo numero di autori e
procedere come attraverso una serie di monografie, eventualità cui non è
evidentemente possibile dare spazio, si è fatta luce una serie di considerazioni
attorno alla consistenza, alle dimensioni ed, infine, alla stessa esistenza di un
problema dell' exemplum nell'Alto Medioevo. Sono considerazioni che non
nascono da preoccupazioni astratte, quanto piuttosto da una consuetudine
con i testi, consuetudine cui è sempre stata presente una prospettiva di lavoro
svii' exemplum.

1.1.1. Non credo di dire nulla di nuovo osservando che, leggendo le


risultanze di ricerche pubblicate in passato ed ora nuovamente in voga
(L 'exemplum presso. . .'), e secondo quanto man mano si osserva, ci sembra di

1 Così, per citare qualche esempio, ricorderemo K. Alewell, Heber das rhetorische
Paradeigma. Theorie, Beispielsammlungen, Verwendung in der römischen Literatur der
Kaiserzeit, Leipzig, 1913; H. Petré, L'exemplum chez Tertullien, Paris-Dijon, 1940; J. M.
Ferner, «Seulement pour vous endoctriner» : the Author's Use of «exempla» in «Le Mena-
gier de Paris», in Medium Aevum 48 (1979), p. 77-89.

MEFRM - 92 - 1980 - 1, p. 87-112.


ÖÖ ALESSANDRO VITALE-BROVARONE

incontrare più volte gli stessi fenomeni (oltre che gli stessi temi), al punto che
uno sviluppo tipologico dell' exemplum non emerge chiaramente : fra gli exem-
pla di Gregorio Magno e quelli di Jacques de Vitry (che costituiscono i due
termini pertinenti per la nostra ricerca) non esiste una insanabile differenza, ο
meglio le differenze che si riscontrano sembrano provenire più dall'indole
degli autori e dal contesto storico (o anche, se vogliamo, dal differenziarsi
storico delle tecniche e strumenti intellettuali) che non da un autonomo
sviluppo tipologico dell' exemplum; così anche la preferenza di un tipo ο di un
altro di exemplum, in base a fattori formali diversi (quali - uso di proposito
termini non tecnici - la lunghezza, l'argomento, lo stile, la provenienza, la
concretezza ο la generalità, e via discorrendo), si presta ad una serie di
interpretazioni discordanti nella sostanza, quando si voglia tener conto del
concorrere di motivazioni svariate; sarà perciò più opportuno riservare alla
valutazione del variare delle forme (o del vario farle proprie) una serie di
possibilità teoriche piuttosto che voler precipitare giudizi storici. Così, per
esempio, non avrebbe alcun senso confrontare testi di Gregorio Magno e Pier
Damiani sulla base della presenza e dell'uso di exempla per concludere
qualcosa sull'impiego dell' exemplum nell'XI secolo rispetto al VI.
Questo per dire che prima di conferire ad un tema lo statuto di problema
è necessario prendere in considerazione senza pregiudizi la consistenza del
tema stesso, ed in un certo senso proprio l'enorme ampiezza del periodo da
considerare propone in modo più stimolante il problema e offre, a suo modo,
una casistica ampia e disparata, se non per risolverlo, almeno per formularlo
con maggior precisione. Ho già espresso poco sopra qualche riserva sulla
possibilità di uno studio diacronico deìYexemplum quando le situazioni sincro-
niche in cui le varie tappe (se poi come tappe sono da considerare) si
collocano sono molto disparate e quando la funzione dell' exemplum varia
talmente che non è più ragionevole insistere sulle analogie e sulle differenze
rispetto a fasi più antiche ο più tardive; passando dal momento dell'osserva
zione generale all'osservazione «microscopica», se noi abbiamo il medesimo
exemplum ripreso in due raccolte o, peggio ancora, in due epoche diverse, e,
poniamo, la forma del secondo è più sintetica, ci si presentano ipotesi
interpretative molteplici e disposte su piani diversi : evoluzione del gusto,
accentuarsi dell'interesse su singole parti del testo a scapito di altre, maggiore
successo di altri assetti strutturali (constatiamo frequentemente, per esempio,
il progressivo perdersi dei discorsi diretti, e successivamente, in alcune raccol
te in volgare, un recupero molto significativo); ma anche, accanto a queste
ipotesi che rendono conto di un processo storico-sociale e dei suoi riflessi
nelle tipizzazioni letterarie, fonti intermedie, maggior confidenza nei confronti
dell'utilizzatore (per cui un testo più breve può essere al contrario testimone
di una tendenza, nell'uso pratico, all'ampliamento; in altre parole l'autore può,
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convinto che il destinatario del suo scritto condivida sostanzialmente con lui
una sola cultura, presentare il suo testo come un richiamo alla memoria),
compresenza di altri testi per sostenere il medesimo proposito, compresenza
che potrà essere tanto interna alla raccolta, quanto esterna.

1.1.2. Accanto a questa perplessità se ne pone una seconda, forse più


grave, che concerne lo stato oggettivo delle nostre fonti. Osserviamo prima di
tutto come per una serie di fenomeni disponiamo di una documentazione
molto parziale : pensiamo, per fare un esempio illustre, ad un fenomeno quale
la confessione, sulla cui incidenza storica è giusto insistere2, che ci ha lasciato
una documentazione relativamente scarsa : una rilevante assenza di verbali
non è dovuta ad una deperibilità dei documenti (che avrebbe inciso statistic
amentema non qualitativamente), quanto piuttosto alla natura stessa del
«testo» e della circostanza (le molte confessioni della narrativa profana
saranno da considerare buoni testimoni?). Così eventi di grande rilievo, quale
fu, per esempio, la predicazione di Bonifacio, ci lasciano, per ciò che ci
interessa, una traccia sproporzionatamente esigua : eppure non è difficile
immaginare come una predicazione di quel genere si affidasse più all'esempio
che non al sillogismo ο alla citazione (sottile e non sempre icastica, tal quale
noi la vediamo nella predicazione coeva) di testi non accolti in pari misura dal
destinatario della predicazione. In casi come questo dunque la mancanza di
testimonianze non significa l'assenza del fenomeno, ma è, diremo, un puro
accidens documentario.

1.1.3. Così arriviamo anche ad un problema che mi pare fondamentale e


ben visibile nell'Alto Medioevo, ed invece nascosto nel Basso. Quando noi
parliamo di predicazione dobbiamo aver la cura di tener presente che non si
tratta soltanto di omiletica, ma di tutto un complesso di situazioni didattiche ο
di catechesi : la stessa natura di un omeliario liturgico alto medievale non fa
che mettere in rilievo la scarsa documentazione che abbiamo s\i\Y exemplum,
mentre al contrario la situazione di relativamente abbondante ricorso
aU'exemplum nei sermoni basso medievali finisce per nasconderci una realtà
che dovette essere ben più complessa (pensiamo a tutta la grande quantità di
exempla, largamente la maggioranza nelle raccolte conservate, che non vedia-

2 Con ragione si considera il 1215 come una delle date fondamentali nella storia
delle mentalità medievali. Merito di Jacques le Goff è stato di attirare l'attenzione degli
storici sui manuali per confessori (si vedano i suoi articoli, ora in Pour un autre Moyen
Age, Paris, 1977, p. 91-107 e 162-180), che sono ora divenuti oggetto di moltissimi studi,
non tutti di uguale valore.
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mo attestata nell'uso all'interno di sermoni : questo patrimonio non utilizzato


può ben trovarsi nelle raccolte per puro scrupolo sistematico di completezza
da parte degli autori, ma non ritengo che si possa valutare il fenomeno nel suo
complesso senza fare ricorso all'inquadramento dell' exemplum nella didattica
religiosa in generale piuttosto che nella omiletica). Direi allora che uno studio
sulla storia dell1 'exemplum nell'Alto Medioevo - e penso la stessa cosa per il
Basso - non ha molto senso, data l'incommensurabilità fra gli strumenti di
studio, sostanzialmente metodi di analisi di un documento, e l'oggetto studiat
o, che in sé tende ad essere poco documentato.

1.2.1. Ecco dunque una buona ragione per non studiare questo tema in
questi limiti, limiti che fanno di esso un non-tema. Ma accanto ad una ragione
negativa vorrei porre una ragione positiva : se una tipologia cronologica
dell'exemplum può essere illusoria (non è questo un partito preso, ma il
risultato di parecchi anni di indagini)3, ci si presenta come particolarmente
pertinente un altro aspetto dell' exemplum, legato alla sua natura didattica, ed
è il suo aspetto retorico, o, in termini più chiari, il suo modo di inserirsi in un
contesto che miri alla persuasione.

1.2.2. Giova qui aprire una breve parentesi. Prima di tutto una osservazio
ne molto pratica : già dai titoli delle quattro relazioni presentate a questo
colloquio ci si rende conto che quattro persone, partite da analisi di tipo
storico (o storico-letterario), si sono trovate in pieno terreno retorico, e
questo è già un fatto significativo di per sé. Secondo, l'opposizione fra una
problematica storica ed una problematica retorica (dinamica la prima, statico-
descrittiva la seconda) è risolubile a patto di ridefinire la seconda. Terzo, ed
ultimo, mi pare che sia più utile esplorare i margini del campo aeìì'exemplum
per considerare le contiguità (un po' come le coherentie dei documenti
medievali) e le opportunità, non tanto per definire i confini quanto per
esaminarne la natura, in conferma ο in concorrenza con altri tipi. Non si tratta
tanto, a mio giudizio, di procedere nel senso della Gattungsgeschichte, quanto
di stabilire la posizione di un oggetto, e non è difficile prevedere come un tale
proposito ci conduca a considerare la nozione stessa di exemplum come
nozione relativa (e doppiamente relativa, rispetto al suo contesto e rispetto ad
altri tipi elocutivi), e come questa relatività dell'oggetto venga poi a riflettersi
nel metodo.

3 Rimanderei al mio Forma narrativa dei Dialoghi di Gregorio Magno : prospettive di


struttura, in Atti dell'Accademia delle Scienze di Torino, ci. di scienze morali, 109 (1974-75),
particolarmente le p. 169-183. Non ho pubblicato altri dati, visto il risultato negativo
della ricerca.
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2.0. Cerchiamo ora di fissare alcuni dei termini del problema.


Una definizione che sia anche descrizione tipologica di un dato che pare
trovarsi fra grammatica, stile e genere letterario, è a mio giudizio inevitabi
lmente destinata a trovarsi in situazione di stallo. Una sostanziale inconciliabili
tà fra dati che, riferendosi a strutture astratte, si trovano fuori dal tempo, e
dati invece molto strettamente connessi con mutazioni e funzionalità diacroni-
che, pare vanificare ogni sforzo. La definizione prende atto di una serie di
circostanze in cui l'oggetto di cui si occupa si inserisce, e, precisandosi ο
viceversa allargandosi, diviene poco interessante ο banale.
Questa situazione apparentemente irresolubile è quella dell' exemplum,
come quella di tanti altri oggetti. Le posizioni estreme di giudizio, quella
retorica e quella «storica», sono, a mio parere, non conciliabili : da un lato chi
vede una cristallina «comparano de particulari ad particular -em»4 , dall'altro lato
chi neìl'exemplum vede un progetto culturale promosso dagli ordini mendicant
i e ad essi demandato5, sulla scia di analoghi ma non identici fenomeni
precedenti, e lasciando dietro di sé echi con valore di relitto. L'inconciliabilità
di questi estremi non mi pare riconducibile a nessuna formula che non sia un
inutile gioco di parole, e per di più mi pare, per parlare in metafora, indicare
l'estremo divaricarsi di due strade che si perdono per i campi, l'una senza
l'orientamento della storia, l'altra senza l'orientamento della dialettica.

2.1.1. Sarà necessario rilevare come un tentativo di conciliazione di queste


due visioni del problema sia destinato a non arrivare a risultati fruttuosi od
aperti a sviluppi. Nel campo della logica tradizionale, tanto più dopo Cartesio,
la retorica è indubbiamente una sorta di attività minore, se non deviante : di
fronte ad una ars créatrice di certezza e indagatrice della verità, collegata in
un modo ο nell'altro ad una forma di razionalismo, la retorica si pone come
créatrice di persuasione, non legata alla verità come oggetto della persuasione
ο dell'indagine, e come forza che interviene sull'argomento non razionale.
Ancora peggiore è, a questo riguardo, il caso dell' exemplum, che si appoggia, di
volta in volta, ai più vari tipi dell'immaginazione (come vedremo più avanti)6;
è uno strumento eminentemente pratico, cui neppure può giovare la buona
reputazione che potrebbe avere un elemento dell'ornata« poetico. Nel suo
complesso ì'exemplum come figura retorica è indubbiamente meno

si normalmente i dialettici; una simile prospettiva, forse precisa nella defini


zione così accogliente, non offre allo storico che la sua immensa genericità.
5 In questo caso invece la definizione è troppo stretta e rende ì'exemplum docu
mento poco utile se paragonato, p. es., a canoni conciliari, cronache ed altre fonti
«tradizionali».
6 Cfr. p. 109.
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te e meno incisivo, ai fini di una storia del gusto ο delle mentalità, che non
altre figure, quali per esempio la metafora. Proprio in quanto figura retorica,
Y exemplum risulta una figura senza storia (il che non vuoi dire al di fuori della
storia), come procedimento che può presentarsi secondo una tipologia forse
assai svariata, ma rispondendo a certe caratteristiche stabili e definibili con
una breve formula. La tradizionale definizione dell' exemplum serve, come si
potrebbe dire ora, da matrice generativa degli impieghi più svariati.
Se ì'exemplum dunque, nelle sue realizzazioni molteplici, può essere un
buon oggetto per uno sforzo teorico di definizione, la tipologia di tali realizza
zioni è forse più facilmente esaminabile in modelli teorici di possibilità logica,
piuttosto che con osservazioni di carattere empirico : dove, per esempio,
ì'exemplum abbia uno sviluppo narrativo, richiederà allora tecniche di analisi
che tengano conto di certi metodi, che ormai non possono più essere definiti
nuovi; dove invece Yexemplum si realizzi in comparazioni con oggetti, animali
od altro, i metodi dovranno essere diversi, ed orientarsi verso l'antropologia
culturale, ο verso atteggiamenti che dell'antropologia tengano conto. Risulta
abbastanza evidente come al di fuori della cruda definizione Yexemplum non
risulti un oggetto di indagine unitario, e richieda invece l'impiego di metodi
ed interessi che portano verso formulazioni divergenti e non unificabili in una
nuova sintesi.

2.1.2. Quando poi consideriamo la retorica come complesso di tecniche


atte a creare, in ultima istanza, persuasione, abbiamo di fronte a noi nuova
mente una situazione irresolubile. Quando infatti consideriamo Yexemplum adi
questo punto di vista, vale a dire quando lo studiamo nella sua specificità di
strumento, ci sfuggono (sia per essere fuori della prospettiva, sia per il non
poter in alcun modo incidere in un'analisi descrittiva) i due elementi che sono
realmente in gioco, vale a dire le attitudini di chi propone Yexemplum e di chi
ne è il destinatario. Sono in realtà queste le due entità che è necessario
conoscere per poter vedere Yexemplum nel contesto che non solo gli ha dato
origine, ma ne ha accolto la funzionalità culturale. È evidente che in questo
contesto una tipologia formale (oltre che deludente nella pratica, come ho
potuto constatare) dell' exemplum potrebbe essere utile soltanto a complement
o di una indagine previa cui la retorica può giovare pochissimo7.
Se da un lato l'indagine «retorica» non sembra poter dare soluzioni
definitive, l'indagine storica parte anch'essa con poche «chances» di arrivare a

7 In questo tipo di indagine entrerebbero la Rezeptionsgeschichte, l'antropologia


storica, la sociologia della conoscenza, per le quali discipline la retorica costituisce uno
strumento di infinita marginalità.
PERSUASIONE E NARRAZIONE L'«EXEMPLUM» TRA DUE RETORICHE 93

:
qualche conclusione lavorando sulYexemplum come tale. Il buon documento
storico deve inserirsi in una serie omogenea (anche soltanto idealmente, nel
caso in cui il documento sia l'unico sopravvissuto di una serie originariamente
omogenea), cosa che non si verifica nel caso dell' exemplum : variando «autore»
(nel senso di colui che propone Yexemplum) e destinatario, e variando anche il
rapporto che tra essi si stabilisce, Yexemplum resta isolato da quel contesto
che costituisce e determina il suo senso storico8. In questo modo una storia
dell' 'exemplum che non sia un repertorio, si riduce a qualcosa di poco rilevante
dal punto di vista storico, come potrebbe essere, ad esempio, una storia
dell'imprecazione; slegata da un contesto che ci documenti non il puro «che
cosa», ma il «quando», il «come», il «perché», l'«a chi» «da parte di chi».

2.2. Ma se anche si tenesse conto di questa difficoltà e si volesse ugual


mente procedere, uscendo da una prospettiva storica meramente cronologica
per considerare la funzionalità sincronica delle diverse componenti di una
data congiuntura, ci troveremmo, al momento di dare una definizione sincro
nicae funzionale deW exemplum, di fronte a problemi tecnici di fatto cui non
siamo in grado di dare una risposta concreta, non tanto per una inadeguatezza
personale ο metodologica, quanto perché la situazione stessa non è epistemo-
logicamente definita in sé. Di fronte ad un documento di un processo di
carattere psicologico (non tanto la persuasione in sé, quanto l'identificarsi del
destinatario nella situazione presentata dalYexemplum : è questo l'elemento
che prelude necessariamente alla possibilità di persuasione) gli elementi
incogniti che entrano in gioco sono troppi, soprattutto per ciò che riguarda le
modalità del procedimento : in altre parole non abbiamo modo di sapere se il
peso suasorio d&YY exemplum si trovi prevalentemente nella cosa raccontata
(autorità del protagonista, per esempio), ο nell'autorità di chi propone Yexem
plum; in altre parole se il peso si trovi nel «testo» ο fuori dal testo.

3.0.1. In questo modo, se il compito nostro fosse quello di ripercorrere,


anche con metodi e strumenti diversi, e forse migliori, la strada percorsa dal
Welter, staremmo probabilmente perdendo del tempo. Molti di noi hanno
spesso provato un certo disagio leggendo le prime parti del libro del Welter e

8 Ho fatto diversi sondaggi sull'impiego di exempla di origine patristica in raccolte


basso medievali : il senso nella gran parte dei casi è profondamente alterato, ma non
secondo norme che consentano di tracciare una storia dell'evoluzione di un pubblico. In
realtà, proprio perché le raccolte non si indirizzano ad un pubblico reale, ma ad un
pubblico ipotetico (anzi ad un pubblico in prospettiva) e mai definito dagli autori in
modo inequivoco, non è possibile giungere ad una storia reale deìYexemplum in quanto
frutto di un rapporto, ma soltanto ad una storia di ipotesi, di tecniche, di strumenti.
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leggendo poi le successive, e questo non solo per l'accumulazione di dati non
tutti necessari alla costruzione di un quadro complessivo. È il disagio, come
abbiamo osservato in apertura, che si viene a provare anche leggendo i vari e
talora pregevoli lavori sulì'exemplum nella letteratura antica e patristica tenen
do a mente quali saranno poi gli sviluppi in epoca basso medievale : la
percezione di sentir parlare di fenomeni al tempo stesso perfettamente consi
mili ed assai diversi. È molto probabile, in casi come questo, che il vero
problema si trovi altrove. Questa intensa ripresa di studi sulì'exemplum, verso
la quale convergono discipline molto diverse, animate da interessi disparati
(almeno in apparenza), non può non essere vista come un dopo-Welter, e non
ci consente di eludere un nostro compito primario e fondamentale, il tentativo
di ridefinire il nostro campo di indagine con maggior cura, per poter poi
passare alla determinazione di un oggetto di indagine e, di conseguenza, del
metodo ο dei metodi più adatti allo studio9. Il lasso di tempo che mi si offre è

9 Visto che la maggior parte di questa relazione è di carattere cautelativo, non pare
inopportuno proporre esplicitamente qualche linea di ricerca che ritengo di necessità
immediata. Prima di tutto, come filologo, ritengo che la grave lacuna sia da vedere nelle
edizioni : l'edizione dei grandi repertori medievali pare essersi esaurita con il Welter, e
restano per ora incompiuti i progetti di edizione di Étienne de Bourbon a cura di J.
Le Goff e Raoul Manselli, dell' Alphabetum Narrationum, e dei Sermones Vulgäres di
Jacques de Vitry, che prometto da tempo; più vicina è la pubblicazione, per la Société
des Anciens Textes Français del Ci nous dit (che pare promettersi come una buona
edizione).
Si propone, conoscendo per esperienza personale tutti i problemi, gravi e gravosi,
attorno a testi di grande ampiezza e di ricchissima tradizione manoscritta (non per
niente sono inediti), una doppia soluzione articolata : economizzerei gli sforzi attorno
alle edizioni critiche, mantenendo i progetti relativi a pochi e fondamentali testi, mentre
sarei poco propenso a mettere in cantiere nuove edizioni, destinate ad una pubblica
zione lentissima (non è escluso che i testi saranno pubblicati in un futuro momento di
quiescenza degli studi sugli exempla, per non dire disinteresse), e preferirei sollecitare la
pubblicazione in edizione anastatica, corredata di correzioni, studio della tradizione
manoscritta e delle fonti, oltre ad indici, di una buona quantità di testi per i quali esista
una sufficiente edizione antica. È possibile che proprio i filologi avranno forti perplessi
tà su un progetto di questo tipo, apparentemente così poco sensibile ai problemi del
testo : al contrario devo dire, per esperienza, che è presso che impossibile che una casa
éditrice si accolli l'onere di pubblicare apparati sovrabbondanti (p. es., un testo che
occupi circa 700 pagine a stampa, come Y Alphabetum Narrationum, ha, coi suoi 120 mss.,
non eliminabili, un apparato circa otto volte più grande del testo, per un totale di 5600
ipotetiche pagine : su una tale distanza è puerile pensare di poter garantire la minima
costanza nel metodo di rilevamento delle varianti e di serietà nel controllo delle varianti
e delle bozze; in simili condizioni di lavoro una edizione critica è votata ad un fallimento
filologico), e perciò si finisce presto ο tardi coll'accettare di pubblicare su di un solo
codice (beninteso, il migliore! come se davanti a tradizioni talmente complesse, ed esse
stesse forse più importanti del testo che trasmettono, avesse un minimo senso parlare di
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forse l'ideale per proporre questioni di carattere teorico e metodologico : fra


l'uso retorico antico e quello che riscontreremo poi nel Basso Medioevo,
quanto pertiene al nostro periodo, proprio perché non indagabile in analisi e
perché non dotato, a mio giudizio, di una facies unitaria, mi lascia la sufficien
te libertà per farlo.

3.0.2. Così vorrei, in apertura di questa fase, porre innanzi una riserva
cautelativa : dall'insieme delle osservazioni fatte, mi pare sia da respingere una
visione evolutiva del fenomeno exemplwn; al contrario riscontrerei una varia-
tissima possibilità di adattamento che è neìl'exemplum, come una gamma di
virtualità che possono realizzarsi in qualsiasi momento, restando a noi una
sezione non forse rilevante delle realizzazioni. Rifiuterei perciò ogni possibilità
di proporre Yexemplum altomedievale come l'antenato ο il discendente di
questo ο quell1'exemplwn^ '. Non è possibile, a mio modo di vedere, definire
(e qui toccherebbe alla retorica) tipologicamente il «vero» exemplum, a meno
che non si voglia introdurre una fictio di procedura metodologica. Ritengo che
non si possa neppure proporre una «definizione provvisoria» ο euristica, che
determinerebbe un irrigidimento non reversibile delle categorie, e anche,
concretamente, una pigrizia teorica che farebbe sentire, più tardi, il suo peso.

«miglior manoscritto»), per approdare dunque ad una soluzione non radicalmente


opposta ad una riproduzione anastatica. In più la situazione è disincentivante per i
giovani filologi (infatti bisogna pensarci da giovani), perché, ad uno ad uno, saranno
costretti a scegliere fra una edizione votata, per le ragioni che abbiamo visto, ad un
insuccesso, oppure orientarsi verso testi che possono essere curati con minor fatica e
maggior lustro (mancano statistiche che pongano in relazione numero delle edizioni e
riedizioni di testi, loro lunghezze e numero dei testimoni; certo è che la fama di molti
testi deriva proprio da numerose edizioni maturate in situazioni di questo tipo). Ritengo
che invece una solida serie di edizioni anastatiche opportunamente corredate possano
costituire un ottimo obiettivo intermedio, non necessariamente in antagonismo con le
edizioni critiche.
Una seconda linea è quella dello studio delle tradizioni manoscritte, non tanto
finalizzato alla ricostruzione di testi, quanto ad indagare la tipologia della diffusione :
questa parte del lavoro, di competenza del filologo, è a diretto contatto con gli interessi
e gli interventi dello storico (in questa fase la collaborazione è più che mai indispensab
ile).
La terza linea dovrebbe essere, secondo me, quella dello studio delle fonti, secondo
due direttrici : studi analitici sull'elaborazione delle fonti, e studi sintetici su presenza,
assenza ed equilibri interni delle raccolte; in questo lavoro il filologo deve procedere a
contatto con lo storico delle mentalità.
10 Non accolgo evidentemente qui la distinzione proposta da Jacques Le Goff fra
pre-exemplum, exemplwn e pòst-exemplum : la differenza non sta, a mio modo di vedere,
neW exemplwn, ma nelle raccolte ed in dati esterni, tali da impedirci di accogliere una
distinzione in re.
96 ALESSANDRO VITALE-BROVARONE

Ci basterà pensare, per non accogliere volentieri definizioni provvisorie, anche


buone, al gravissimo imbarazzo, con danni senza numero nei confronti della
ricerca (danni proporzionali alla sprovvedutezza degli epigoni), causato dalla
definizione di un genere affine, i fabliaux, di J. Bédier : la definizione, nata
come indicativa e, apparentemente, senza ambizioni di essere eterna ο perent
oria, resta ancor oggi il polo attorno al quale ci si muove ed orienta11, a
scapito, per esempio, di una edizione complessiva (che solo ora, a cento anni
dall'edizione, non cattiva, ma non critica, di A. de Montaiglon e di G. Raynaud,
sta per essere pubblicata da N. H. J. van den Boogaard, L. Geschiere e
W. Noomen sulla base dell'intera tradizione manoscritta)12; l'esperienza di
simili impedimenti ci deve trattenere dalla definizione il più possibile (e ag
giungo anche la mia convinzione di quanto sia difficile trovare, nella storia
letteraria definizioni tanto limpide, smaliziate ed armate quanto quella data
dal Bédier ai fabliaux).

3.0.3. Potrà invece forse valer la pena di vedere qualche dato su come si
vedesse e percepisse Yexemplum, non soltanto per esaminare una serie di
definizioni per constatare il formarsi (o il non formarsi) di una nozione,
quanto piuttosto l'ampliarsi ed il restringersi di una nozione nel contesto di
altre nozioni contigue. Il campo nel quale si svolge la nostra ricerca non è ben
determinato, ma forse si possono intuire le ipotesi che ne hanno guidato la
scelta. Premetto anche che i dati che verrò esponendo non sono per nulla
definitivi e il corpus spogliato non è completo e forse neppure completamente
rappresentativo; mi preme per il momento rendere conto dello stadio attuale
di una ricerca cui si potrà forse in una fase successiva dare seguito, valutando
l'utilità del contributo che potrà apportare.
3.1.0.1. L'ipotesi di fondo è quella di verificare le accezioni «ufficiali» del
termine exemplum, per poterne prendere in esame le connotazioni. Il corpus
del quale si vuole attingere, per ora in modo non completo, prescinde
votatamente da tutte le raccolte di exempla basso medievali, ma non soltanto
per un criterio cronologico. Non vorrei infatti entrare in un campo dove la
definizione di exemplum non è tanto finalizzata alla determinazione del valore
ο della pertinenza di un termine, quanto ad un programma di lavoro più ο
meno rispettato, in conferma ο in opposizione con altre definizioni che
compaiono in altre raccolte : in una tale situazione la definizione è poco
interessante (fuorché dal punto di vista della storia del topos) in confronto di

11 Cfr. A. Limentani, premessa a Prospettive sui Fabliaux. Contesto, sistema, realizza


zioni,Padova, 1976, p. Vili.
12 Cfr. N. H. J. van den Boogaard, Le nouveau recueil complet des fabliaux (NRCF), in
Neophilologus 61 (1977), p. 333-46.
PERSUASIONE E NARRAZIONE : L'« EXEMPLUM » TRA DUE RETORICHE 97

quanto possiamo desumere dalla raccolta stessa. Ancor più è da evitare,


secondo me, questo tipo di fonte, dato che obbligherebbe a verificare come e
quanto la definizione abbia seguito nell'opera, spostando il terreno della
nostra ricerca dalla semasiologia alla storia del genere letterario, nel migliore
dei casi, se non proprio, nel peggiore dei casi, alla verifica del mantenimento
dei propositi da parte dei singoli autori. Si sovrapporrebbero alla nostra
ricerca problemi di altro ordine, quali la conservatività ο innovatività delle
raccolte (che risulterebbero così, come spesso risultano nei fatti, poco confor
mi ai propositi degli autori, per ragioni talora opposte) ο dalla tradizione della
topica degli esordi, in cui si ha comunemente la definizione del termine
exemplum. Consideriamo per esempio cosa dice Giovanni da S. Gimignano nel
prologo primo al Liber de exemplis et similitudinibus rerum :
Exemplum sequi desiderans patris nostri beati Dominici, de quo inter
alia legitur quod ubicumque conversabatur edificatoriis affluebat sermoni-
bus et habundabat exemplis quibus ad amorem Christi seculive contem-
ptum audientium animi flecterentur. Non autem visum est mihi de exemp
lishistorialibus aliquid in hoc opere ponere ex eo quod tam de historia
Biblie quam etiam de vitis sanctorum et insuper de factis gentilium diversa
per diversos opera facta sunt satis sufficiente^ 3.

Quest'opera, a giudicare dai propositi dichiarati dall'autore, sembrerebbe


dividere il terreno dell' exemplum secondo le fonti d'origine (compilazioni
bibliche, agiografiche e classiche), riservandosi le fonti dirette, che potremmo
immaginare come orali. Le cose stanno invece diversamente : come risulterà
dal testo, l'autore ha semplicemente separato i testi di carattere narrativo, che
esclude dal suo manuale, dai testi in cui si enunciano semplicemente le
proprietà - statiche - delle cose; l'espressione che usa ha valore indicativo più
che definitorio.

3.1.0.2. Non vorrei, in altre parole, fare troppo affidamento su definizioni


che, in un modo ο nell'altro, trovano compimento nelle opere nel loro
complesso. È importante invece servirsi di fonti meno interessate e per le
quali la definizione della parola exemplum è più una tappa d'obbligo che una
finalità. Scarterò anche, dato il carattere del termine exemplum, la possibilità
di volerne verificare il significato all'interno del testo di opere varie, in cui
non è mai chiaro se il termine exemplum designi il racconto ο il fatto

13 Iohannes de Sancto Geminiano, Summa de exemplis et similitudinibus rerum,


Venetiis, per Ioannem et Gregorium de Gregoriis fratres, die X aprilis
MCCCCLXXXXVI, Torino, Biblioteca Nazionale, XV Vili 128, e. lvA.

MEFRM 19gO, 1.
98 ALESSANDRO VITALE-BROVARONE

raccontato14. L'intenzione è quella di spogliare testi di carattere tecnico15, non


tanto per determinare quale senso sia da attribuire al termine exemplum ora,
dato che è difficile credere alla pertinenza dei testi di carattere lessicografico
ο grammaticale, quanto per valutare gli sforzi teorici di definizione nel loro
svilupparsi.
3.1.1. Le risultanze della ricerca non sono molto ricche, e tuttavia ci
consentono di individuare due versanti del problema; l'uno è quello della
hortatio vel dehortatio, cui Xexemplum (o paradigma, come troviamo con magg
iore frequenza) si presta, l'altro è quello del suo contenuto narrativo. Così
Carisio ci presenta il problema :
paradigma est rei praeteritae relatio adhortationem dehortatio nemve signi-
ficans16.
Così anche M. Plozio Sacerdote. Donato dal canto suo raccoglie la medesima
definizione, spostando l'attenzione dalla res praeterita alla narrazione :
paradigma est narrano exempli hortantis aut deterrentis17 .

L'opposizione fra le due definizioni pare minima, e tuttavia Diomede ci


consente di cogliere se non una distinzione di realtà diverse, almeno una
gradazione semantica :

paradigma est enarrano exempli vel rei praeteritae relatio significans


adhortationem vel dehortationemx% .
Non pare un'alternativa sinonimica ma una vera e propria distinzione fra due
campi precisi, vale a dire quello della res praeterita che ha il suo vigore
adhortans vel dehortans nell'autorità dei maiores, secondo quanto Cicerone

14 Citiamo p. es. un caso della Vita Columbani et discipulorum eins di Giona di


Bobbio, ed. M. Tosi, Piacenza, 1965 (ed. condotta sul ms. della Bibliothèque du Grand
Séminaire di Metz), I 6, linee 7-9 : Erat enim gratum hominibus, ut quod facundiae cultus
adornabat, elucubrate praedicationis doctrina, simul et exempla virtutum confirmabant. A
differenza dei traduttori del testo (E. Cremona, M. Paramidani) ritengo che qui exem
plum abbia il senso che a noi interessa (cfr. p. es., nello stesso libro I, al § 3, linee 35-40
un uso di exemplum), ma non credo di poter andare oltre all'impressione personale.
15 Ho cercato di spogliare abbastanza compiutamente trattati di carattere grammati
cale, retorico e lessicografico della Tarda Antichità e dell'Alto Medioevo. Ho spogliato
con minor attenzione i testi di carattere filosofico. I risultati che presento sono
incompiuti e volutamente schematici, ma ritengo che possano offrire un quadro suffi
ciente.
16 Ars grammatica III ii, in H. Keil, Grammatici Latini, Leipzig, 1857, p. 277, 16-17
(d'ora in poi la raccolta sarà indicata con Keil, seguito dal numero del volume, la pagine
e la riga).
17 Ars grammatica III vi, Keil IV 402, 28-29.
18 Ars grammatica II, de virtutibus orationis, Keil I 464, 17-18.
PERSUASIONE E NARRAZIONE L'«EXEMPLUM» TRA DUE RETORICHE 99

:
insistentemente proponeva19, e il campo dell' exemplum, che non trae autorità
da una res praeterita in quanto tale, ma da un suo valore esemplare intrinseco,
tale da dover essere narrato (enarratio exempli) piuttosto che riferito ο
allegato (rei praeteritae relatio).
3.1.2. I grammatici tendono a distinguere Y exemplum (che qui consideria
mo identico al paradigma) a seconda di come esso si distingue dalle analoghe
forme della homoeosis (imago ignotae rei per similitudinem eius quae nota est,
come dice Carisio)20, vale a dire dell'icon e della parabole; c'è una sostanziale
concordia nel vedere nell'icon una comparazione fra persone ο cose che
accadono, ο pertengono, alle persone; nella parabole invece una comparazione
fra esiti diversi compiuti ο realizzati da esseri di generi diversi; l'esempio più
correntemente citato è :
Clamores simul horrendos ad sidera tollit,
qualis mugitus fugit cum saucius aram
taurus2\
vedendo invece nel paradigma, come abbiamo detto, più un dato connesso
con una utilizzazione.
3.2.1. Non è strano che, in un campo così mal definito come è quello della
similitudine, le definizioni delle tre parti non facciano capo a principi descritt
ivi omogenei; né è strano che X exemplum già alla sua definizione si trovi in
contatto stretto con considerazioni di carattere retorico. Ma, ad una trattazio
ne più specificamente retorica, troviamo Yexemplum definito sulla base di
criteri molto diversi (con l'eccezione di Q. Fabio Laurenzio Vittorino)22, vale a
dire in base al loro valore argomentativo, ed in particolare nel genus artificiale
dell' argumentatio. Infatti nel genus artificiale circa rem troviamo Y exemplum
accanto ad altre forme che ne condividono, almeno in parte, l'aspetto letterar
io. Così Fortunaziano :
Circa rem quot sunt loci? decent : a simili, cuius species sunt quinque :
exemplum, similitudo, fabula, imago, exemplum verisimile, id est quod de
comoedia sumitur : addunt quidam et apologos, ut sunt Aesopi fabulae23.
ed analogamente Marziano Capella24.

19 Cfr. la relazione di J.-M. David, supra, p. 67 sq.


20 Ars grammatica Uli ii, Keil I 277, 6-7.
21 Virg., Aen. II 222-224.
22 Preferisce infatti attenersi alla definizione dei grammatici; cfr. Explanationes in
Rhetoricam M. T. Ciceronis I 28, in Rhetores Latini Minores, em. C. Halm, Lipsiae, 1863
(d'ora in poi citato come Halm) 228, 9-27. La definizione di Q. F. Laurenzio Vittorino è
introdotta dalla formula «Et scriptores quidem artiwn simile genus ponunt».
23 C. Chirius Fortunatianus, Ars rhetorica II 23, Halm 115, 26-29.
24 De rhetorica 50, Halm 489, 8-11.
100 ALESSANDRO VITALE-BROVARONE

D'altra parte, in modo elementarissimo, la situazione è stata ben riassunta


dall'anonimo autore delle Differentiae verborum del ms. bernese 178, del
IX secolo :
Inter exemplum et similitudinem hoc interest, quod exemplum historia,
similitudo re adprobatur25 .
Siamo ormai nel mezzo dell'Alto Medioevo, e la definizione pare essersi
stabilizzata relegando la similitudine all'esposizione di realtà statiche, aprendo
invece esclusivamente aìì'exemplum lo sviluppo dinamico della narrazione.
Questa differentia non fa altro che portare ad estrema conseguenza l'eterono-
mia delle distinzioni tra icon, parabole, paradigma, scorporando ì'exemplum
dalla homoeosis, cosa che coincide, in un certo senso, col distinguerne la
natura di ornatus da quella di argumentum,
3.3. Possiamo, ripensando alla frase del Crane riportata dal Welter proprio
in apertura del suo libro26, affermare con una certa sicurezza che non si può
dire che il termine exemplum assume il valore di illustrative story soltanto
verso la fine del XII secolo ο addirittura all'inizio del XIII, né che tale senso
possa apparire sporadicamente prima di quella data : vediamo anzi come
questo procedimento di polarizzazione àeìì'exemplum (o, meglio, del termine
exemplum), quello suasorio e quello narrativo, si apra e si determini in modo
inconfondibile già a partire da molto tempo prima, e che questo progressivo
specializzarsi del senso, ο di uno dei sensi prevalenti27, sia un fenomeno non
tanto da collocare fra quelli determinati da mutamenti di strutture sociali ο
ideologiche, quanto piuttosto dagli assestamenti interni di una struttura lessi
cale intimamente connessa con problemi di ordine tassonomico.
Come abbiamo visto, si viene man mano accentuando il rilievo dato al
carattere narrativo dell' exemplum, ed è probabile che, almeno a partire dal IX
secolo, corrisponda di fatto ad un particolare orientamento della tipologia
della realizzazione dell' exemplum (piuttosto che della tipologia deìì'exem-
plurrì).

25 Keil IV (Η. Hagen, Analecta Helvetica) 284, 7-8.


26 J.-Th. Welter, L'exemplum dans la littérature religieuse, morale et didactique du
Moyen Age, Toulouse-Paris, 1927, p. 1-2, η. 1.
27 È sufficiente leggere la voce exemplum del Thesaurus Linguae Latinae nelle sue
successive suddivisioni : II quod proponitur ad illustrandum, demonstrandum, confirman-
dum; A : praevalente vi afferendi, proponendi; 1 : in comparandis rebus spectatur rerwn
similitudo; b . speciatim, idem quod «parabola»; a quest'ultimo punto si osserva specialiter
apud Christianos, con citazioni a partire da Tertulliano. Ma di pari importanza sono i.
punti II A 2 {quo quid docetur, explicatur, ed in particolare α rhetorica e β grammatica,
forse però non sempre sicuri nella corrispondenza fra significati e citazioni), e II Β 2
a a; analogo e parallelo IV A 1 a a.
PERSUASIONE E NARRAZIONE L'« EXEMPLUM » TRA DUE RETORICHE 101

:
4.0. Va però qui aperta una digressione sul senso che dobbiamo dare al
termine «narrazione». C'è, prima di tutto, il senso più ovvio (la cui definizione
non è, per il momento, funzionale alla nostra ricerca). In secondo luogo però
dobbiamo tener conto del fatto che talora (penso, p. es., a tanti casi nell'opera
filosofica di Cicerone : ma su questo aspetto faccio rimando a J.-M. David)28 la
narrazione può essere compendiata ο implicita; che il cittadino debba porsi di
fronte allo Stato ed al potere personale «come fece Cincinnato», è indubbia
mente una proposizione di exemplum narrativo implicito. La narrazione può
talora assumere forma drammatica e divenire teatro. Può giovarsi, invece che
di una scrittura alfabetica, di una scrittura iconografica, in sequenza ο no. Può
essere compendiata nel gesto. Ciò che resta saldo in questa variazione tipolo
gica è la funzione didattica, ed in altre parole è la funzione retorica aell'exem-
plum, più che la sua mera realizzazione, a caratterizzarne l'esistenza e il
valore.
Non dovremmo perciò, quando si parla di exemplum narrativo, pensare
esclusivamente ad una forma letteraria caratteristica, quanto piuttosto ad una
sua funzione, funzione che è da inquadrare nello stabilirsi di una relazione fra
un docente ed un discente che si concreta, per ragioni che vedremo, in un
racconto.
4.1. Cominciamo in questo modo ad intravedere una relazione fra retorica
e storia, relazione che in principio avevamo escluso, ma che poniamo ora
nuovamente in discussione, a patto di definire la retorica non più come un
complesso di tecniche derivanti, se così si può dire, dalla degradazione di
processi logici; ci riferiamo invece alla retorica quale ci risulta dalla moderna
teoria dell'argomentazione, dovuta principalmente a Chaïm Perelman e Lucie
Olbrechts-Tyteca29.
4.2. Apriamo qui un'altra breve digressione per vedere quali elementi utili
per la nostra ricerca possiamo trarre dalla teoria dell'argomentazione. Osser
viamo prima di tutto come risultino posti in valore quei metodi di persuasione
che la logica classica aveva sino a quel momento posti un po' a margine. Si
rileva che, rispetto al sillogismo, che autentica le sue conclusioni non tanto ih
base al valore delle premesse ed alla loro verità, quanto in base alla corretta
applicazione di un meccanismo logico, prevalgono invece, nella prassi dell'a
rgomentazione, le proposizioni non dimostrative, tali però che consentano la
ricezione dell'argomentazione da parte del destinatario, e che possano creare

28 Cfr. supra, p. 67 sq.


29 Cfr. il testo fondamentale, Ch. Perelman-L. Olbrechts-Tyteca, La nouvelle rhétori
que.
Traité de l'argumentation, Paris, 1958.
102 ALESSANDRO VITALE-BROVARONE

una persuasione od una convinzione30. In questo contesto la persuasione non


farà capo ad una, per così dire, percezione intellettuale, ma ad una intuizione;
è d'altra parte vero che il sillogismo, accogliendo la presunzione delle premess
e da parte delle due parti in causa, non fa altro che sancire esplicitamente
una convinzione già esistente in nuce nel destinatario, e, per così dire, posta
in luce da chi assume il ruolo di docente. Gli altri tipi di argomentazione
invece si inquadrano più chiaramente nel discorso didattico, e sono dunque,
dal nostro punto di vista, più significativi.
4.3. Aggiungiamo ancora che nella persuasione attraverso il sillogismo il
momento fondamentale è quello in cui le due parti si riconoscono compartecip
i di un medesimo mondo culturale e, entro una certa misura, di medesimi
interessi : altrimenti l'argomentazione sillogistica, garante dell'esattezza formal
e di un procedimento più che della verità delle premesse, può addirittura
stabilire un rapporto di diffidenza e, di conseguenza, impedire la ricezione di
un messaggio. In questo modo le argomentazioni non attaverso sillogismo
parvero, e paiono, di tono inferiore, proprio perché, invece di stabilire una
«tacita intesa» fra proponente e destinatario dell'argomentazione, sottolineano
molto (e questo non fa parte della teoria dell'argomentazione del Perelman) la
separazione dei ruoli del docente e del discente. Sono interessanti a questo
proposito le considerazioni di Lorenzo Traversagni, che, se ci porta molto
fuori tempo (siamo alla fine del XV secolo)31, ci consente di constatare come
potessero essere viste le cose in pienissimo Umanesimo, quando, dunque, le
teorie delle distanze fra i generi erano ben saldamente assestate. La definizio
ne ed il tipo di utilizzazione dell' exemplum che ci propone non tendono tanto
a definire Yexemplum rispetto ai generi contigui, quanto a darci una chiara
immagine della sua evocatività :
exemplum est alicuius facti aut dicti preteriti cum determinati auctoris
nomine propositio. Id sumitur ìsdem causis quibus similitudo [= exornandi
causa; aut probandi; aut apertius dicendi; aut ante oculos ponendi]. Rem
enim ornatiorem facit, quoniam nullius rei nisi dignitatis causa sumitur.
Aperciorem, probabiliorem evidencioremque reddit, quoniam per res mani-
festiores magisque sensatas et de quibus nulla est dubitatio déclarât atque
comprobat minus evidentes et de quibus dubitacio esse videbatur. Que
omnia satis patere possunt per ea que exempli causa de similitudine

30 Cfr. Ch. Perelman- L. Olbrechts-Tyteca, op. cit., p. 17-40. Sull'uso dell'esempio (non
dell' exemplum narrativo in particolare) cfr. p. 471-499. Sul concetto di adattamento, cui
faremo riferimento più avanti, cfr. p. 25-34.
31 Su Lorenzo Guglielmo Traversagni si leggeranno con profitto i lavori del Farris,
cui non ho potuto per tempo far riferimento.
PERSUASIONE E NARRAZIONE : L'«EXEMPLUM» TRA DUE RETORICHE 103

producta fuerunt et in argumentatione per quinque partes in primo libro


deducta, in qua et similitudines et exempla in exornacione illius adducte
sunt32.
Per quanto riguarda invece la destinazione pratica dell'exemplum, Lorenzo
Traversagni non vede differenze sostanziali nei diversi tipi e nelle diverse
occasioni di persuasione; la differenza potrà essere nello stile ed eventualment
e nel contenuto :
. . . tunc insuper ad sermones quotidianos et declamatorio s qui in ecclesiis
fieri soient ad populorum erudicionem atque conversionem. Ham si huic
ipsi argumentacioni proponatur condecens et accomodatum exordium, fiet
oratio; sin autem proponatur eidem thema ex sacrario Scripture divine,
cum decenti exordio, introductione adhibita . . .33.
Nam profecto hie triplex modus perorandi : sive coram principibus eccle-
siasticis ve/ secularibus; sive coram doctoribus et scolasticis; sive populari-
bus. Maxime in multis conveniunt, nisi tantisper quod maiori pompa altiori
accumulatiorique dicendi genere perorandum est coram principibus quam
tunc quando sermo habendus est coram scolasticis. Maiori enim dicendi
genere utimus coram principibus; mediocri vero ut plurimum coram
scolasticis, quamquam et graviori aliquando ipsis coram peroretur; att
enuato autem et mediocri coram popularibus . . . His autem modis scolasti-
cus ab exortatorio in tantum differì, quod hie quidem litteraliter, ille vero
vulgariter profertur34.
Si tratta tuttavia di un caso eccezionale : la convinzione che il parlare per
immagini e per esempi sia destinato ad un livello più basso di persuasione è
tuttora vivo, e lo vediamo testimoniato particolarmente nell'oratoria politica
attuale, dove non tanto i discorsi in tono familiare quanto quelli in tono
paterno tendono a servirsi di exempla. Cito a memoria quanto osserva un
giornalista a proposito dello stile suasorio di G. Spadolini :
Ci tratta tutti da bambini ο da ipodotati parlandoci per esempi.

32 Laurencius Guillelmus de Saona, Margarita eloquentie castigate ad eloquendwn


divina accommodatam, Westminster, dopo il 1478 (cfr. Indice Generale degli Incunaboli
delle Biblioteche d'Italia, III, Roma, 1954, n. 5706), Torino, Biblioteca Nazionale, XV VI
195. Libro III, cap. de quibusdam exornationibus specialibus ex Sacris Scripturis collectis
habentibus quamdam confonnitatem cum predictis (altre exornationes), e. m 2r-v. Si veda
anche il suo capitolo De narracione et triplici eius disciplina et de Mis que in narracione
conservando, sunt, conforme alla dottrina ciceroniana, ma non privo di considerazioni
interessanti.
33 Cfr. al foglio coniugato con d5, r.
34 Ibid., poco oltre.
104 ALESSANDRO VITALE-BROVARONE

Osserviamo però, senza entrare nel merito dell'assunto generale del giornalis
ta, come il parlare per esempi faccia parte della consuetudine argomentativa,
e, pur sottolineando una distinzione di ruoli, non ha in sé una definizione
oggettiva del destinatario. Questo, riportandoci alla predicazione, ci mostra
che l'uso dell' exemplum non è tanto un indizio di per sé di un tipo di uditorio
particolare, quanto di un rapporto che si stabilisce fra il predicatore ed il suo
pubblico.
4.4. Direi a questo punto che lo stesso problema del rapporto fra cultura
elevata e cultura popolare non trova, a mio giudizio, nell' exemplum in quanto
exemplum il suo terreno di indagine favorito. Non per nulla i testi impiegati
per documentare questo rapporto, nel quadro delle attività degli ordini
mendicanti, sono testi piuttosto marginali e tipologicamente molto particolari.
In altri termini mi chiedo se sia Τ exemplum in quanto tale, ο piuttosto qualche
exemplum, a testimoniare, accanto ad un complesso di altre fonti questo
fenomeno di incontro ed antagonismo di due culture. Ci si chiede se sia il caso
di considerare l'exemplum come fonte privilegiata rispetto ad altre, e se di
conseguenza sia il caso di tracciarne definizioni, statuti e cronologie; ο se
piuttosto non possa essere considerato come una fonte ausiliaria, ed essere
usato soltanto quando serve, in casi isolati e singolari, più ο meno, con tutte le
innovazioni metodologiche del caso, come si faceva nel secolo scorso (citiamo
p. es. i lavori di P. Toldo)35; in quest'ultimo caso, per utilizzazioni isolate, non
si vede forse neppure l'opportunità di procedere a definizioni che non siano
puramente strumentali e finalizzate ad una incompleta ma più scorrevole
lettura di un testo.

5.0. Fino ad ora il quadro che dell' exemplum è stato delineato è nel suo
complesso negativo : negativo perché le fonti non possono essere significative;
negativo perché l'exemplum fa capo ad un procedimento di carattere psicologi
co del quale non possiamo che conoscere dettagli poco significativi; negativo
perché ci testimonia fenomeni che, in definitiva, possiamo conoscere meglio
attraverso altre fonti. Ma d'altra parte questi difetti e queste lacunosità ci sono
chiaramente poste sotto gli occhi dall'abitudine, che riscontriamo ovunque, di
porre l'exeplum in relazione, a senso unico, con altre realtà : exemplum e
retorica (dove l'exemplum è posto, in fine, sullo stesso piano che l'anafora);

35 Cfr. p. es., la serie di articoli di P. Toldo, Dall'Alphabetum Narrationum, in Archiv


für das Studium der neuren Sprachen und Literaturen 117 (1906), p. 68-85, 287-303 (GH
Ebrei e il falso nume; Avvocati e magistrati); 118 (1907), p. 69-81 (Gesù e la Vergine);
329-351 (Leggènde di sovrani, di pontefici e di filosofi); 119 (1907), p. 86-100 (Leggende di
santi e miracoli); 351-371 (Colpe ed espiazioni; Morti e diavoli).
PERSUASIONE E NARRAZIONE : L'«EXEMPLUM» TRA DUE RETORICHE 105

exemplum e cultura popolare, dove due concetti da definire si perdono uno


nell'altro; exemplum e vite di santi, dove si stabilisce una non chiaramente
motivata gerarchla di concetti; exemplum e novella, dove una consuetudine di
storiografia letteraria stabilisce e nega una successione temporale almeno
dubbia; exemplum e predicazione, dove una visione restrittiva di ambo i
termini lega a conclusioni indebite.
E tuttavia alcune considerazioni, emerse soprattutto dal lavoro svolto
nella duplice prospettiva, alto e basso medievale, mi inducono a non relegare
Yexemplum ad una area marginale. In primo luogo la considerazione che gli
strumenti di persuasione possono testimoniare lo stabilirsi e il rafforzarsi di
gerarchie di docenti e discenti; in secondo luogo l'eterogeneità tipologica degli
exempla conservati, se non ci consente di intravedere uno sviluppo cronologic
o, si trova indubbiamente a documentarci un incontro di culture; in terzo
luogo l'orientarsi verso tipi narrativi assume importanti significati nella storia
delle consuetudini dell'argomentazione; infine la presenza di raccolte di exem
placostituisce un elemento sostanzialmente nuovo nella strumentazione intel
lettuale, nel senso che vedremo più avanti. Il complesso degli strumenti di
persuasione, ove, come nel caso degli exempla, un ampio numero costituisca
un'ampia casistica, contribuisce allo strutturarsi di una consapevolezza collet
tiva,della quale possiamo delineare alcune caratteristiche.
5.1.1. Prima di tutto la consapevolezza, da parte dei docenti, di costituire
un gruppo dotato di una leadership; in secondo luogo, da parte dei discenti, la
sensazione di una separazione; dall'insieme di questi due elementi discende,
oltre che la consapevolezza di ciascuno di essi, la separazione dei ruoli quale
può essere attuata da chi ha la funzione di docente. Come però in ogni
argomentazione, anche qui sarà necessario, da parte di chi usa Y exemplum,
stabilire da una parte la saldezza del proprio modello culturale36, e dall'altra
uno sforzo di adattamento al proprio uditorio. Questo dato ci aiuta a capire in
modo molto netto che differenza ci sia fra opere come le Vitae Patrum (in
particolare i Verba Seniorum) e le raccolte basso medievali : Yexemplum
riservato ad un pubblico numericamente modesto, pure se attivo, si differen
zia nella sostanza dall'altro. Mentre potremmo parlare di un ideale di vita

36 In questo l'attività di J.-Cl. Schmitt mi pare particolarmente incisiva (cfr. Recueils


franciscains d «exempla» et perfectionnement des techniques intellectuelles du XIIIe au XVe
siècle, in Bibliothèque de l'École des Chartes, 135, 1977, p. 5-21). La pertinenza delle
ricerche di J.-Cl. Schmitt, a mio giudizio, pare uscire dalla pura storia della strumentaz
ione intellettuale, per aprire importanti prospettive sull'incidenza che tale strumento
ha nella presa di coscienza del ruolo e del potere degli ordini mendicanti. Osserviamo
però come J.-CL Schmitt non ha chiarito, come sarebbe stato necessario, il rapporto con
altri tipi di testi di carattere manualistico.
106 ALESSANDRO VITALE-BROVARONE

monastica sostenuto da raccolte con funzione esemplarla quali le Vitae


Patrum, le Collationes di Cassiano, i Dialoghi di Gregorio Magno, quasi di una
sorta di pressione interna ad un ordo, il modello proposto dagli exempla più
tardi vorrebbe essere pertinente ad una società nel suo insieme. In questo
modo l'accesso della «cultura popolare» al mondo della cultura scritta potreb
be non esaurirsi in una forma, come dicono i cultori di tradizioni popolari, di
esproprio, ma potrebbe in una certa misura spiegarsi proprio con l'adattament
o, quella sorta di sintonia fra interlocutori, cui la teoria dell'argomentazione
da giustamente rilievo37. La stessa tipologia dell' exemplum mi pare dia confer
ma,per quanto ci si può fidare di tali conferme : mentre in ambiente
monastico (arriverei, per intenderci, sino a Cesario di Heisterbach) c'è una
netta predominanza di exempla che pervertono la logique prénarrative38, questa
predominanza cade nei testi successivi : in ambiente monastico giova contrap
porrevalori di vita religiosa a valori «del secolo», in epoca successiva ed in
ambienti diversi questa contrapposizione cade, e la logique prénarrative è
infranta soltanto nei racconti a sorpresa39. Detto in altre parole, in ambiente
monastico l'exemplum tende a sottolineare una particolare virtus in un conte
stodi uniformità di comportamento; fuori dall'ambiente monastico Y exem
plum tende a presentare modelli di comportamento ordinario, da inserirsi in
una difformità di comportamenti sociali. Lo stesso racconto può assumere
significati molto diversi a seconda dell'ambiente cui è di volta in volta
destinato; in un certo senso possiamo dire che i testi delle Vitae Patrum
possono presentare ad una comunità monastica una sorta di modello di
perfezione di un tipo di vita già in atto, mentre presentati a laici possono
costituire, pur restando modelli, indicazioni quasi paradossali di una virtù ο di
una attitudine non realizzata dal destinatario dell' exemplum: di tale virtù ο
attitudine si vuole con tali racconti porre in evidenza la sostanziale bontà al di
là della realizzazione, che neh" exemplum si presenta come estrema ο paradoss
ale.

37 Chiaro è d'altra parte che, se non si può parlare senza le dovute attenuazioni di
un progetto di appropriazione e riciclaggio delle tradizioni popolari da parte degli
ordini mendicanti, va tenuto presente che il momento di acculturazione che presiede a
questi «adattamenti» (cfr. n. 30) di interlocutori è a doppio senso. Sarebbe d'avviso
dunque che questo procedimento, più che far parte di un programma, faccia parte dei
normali meccanismi di acculturazione (anche quando l'acculturazione non avvenga fra
culture separate completamente).
38 Cfr. T. Todorov, La grammaire du Décaméron, The Hague-Paris, 1969, p. 53. II
Todorov propone il concetto per negarlo, ma ritengo che invece, almeno per noi, sia da
mantenere.
39 Cfr. il mio Forma narrativa, cit., p. 169-183.
PERSUASIONE E NARRAZIONE L'«EXEMPLUM» TRA DUE RETORICHE 107

:
5.1.2. Un altro elemento formale che viene a segnare questa diversità è
costituito da ciò che conferisce autorità ali1 exemplum: mentre nei testi antichi
è sempre, ο quasi, presente il nome di chi ha compiuto Ο di chi ha riferito il
fatto esemplare, molto spesso nei testi basso medievali ci si deve accontentare
di indicazioni come «homo quidam», «miles quidam», ο talora indicazioni più
precise, che servono tuttavia soltanto a collocare in un ambiente determinat
o :40 l'autorevolezza dell' exemplum non si fonda più in modo prevalente
sull'autorità di chi ne è protagonista; si giova invece da un lato dell'autorità di
chi propone ì'exemplum ed in secondo luogo sulla congruenza del suo assetto
interno41. Ma questa situazione non deriva tanto da una evoluzione interna
deìì'exemplum quanto da un mutamento di circostanza; se pensiamo agli
exempla dei maiores dei quali ci parla Cicerone, dobbiamo riferirli ad un
contesto in cui due contendenti tendono a sostenere un assunto ricorrendo ad
un patrimonio che ha valore in se; diversa è invece la situazione del predicat
ore, che ha l'autorità in sé stesso e si serve dell''exemplum per rendere più
evidente un assunto, appoggiandosi talora anche all'autorità del protagonista,
ma in quanto dato accessorio.
5.2. Poco sopra abbiamo citato un secondo punto di interesse, parlando
dell'eterogeneità delle raccolte basso medievali. Tale eterogeneità si articola
normalmente in tre registri, che fanno capo a tre tipi di fonti : il primo
riprende i contenuti delle vecchie raccolte di narrazioni esemplari di origine
patristica e alto medievale (in sostanza le Vitae Patrum, Cassiano e Gregorio);
il secondo trae da fonti classiche, nella gran parte dei casi da Valerio Massimo,
ed è portatore di «virtù civili», in una prospettiva che risente del nepstoici-
smo; il terzo registro infine trae da testi di un passato recente, ed è molto
coerente con un'etica degli status. In questa luce la tendenza delle raccolte
basso medievali a mantenere molti elementi di testi classici e altomedievali
trova una sua precisa giustificazione da una parte nella configurazione del
ruolo e della funzione del clero, legata al ricorrente mito delle origini, che si
rafforza con la riforma Gregoriana (che segnerebbe una prima linea di
frattura nella tradizione della narrativa esemplare patristica, frattura tanto più
importante perché precede la grande svolta costituita dalla predicazione degli
ordini mendicanti); d'altro canto negli aggiornamenti etici e religiosi che il
XIII secolo comporta. Ciò che è interessante osservare è che la novità delle
raccolte basso medievali non consiste tanto nella ripresa esplicita dei classici

40 Cfr. Forma narrativa, cit., p. 162-65.


41 È nota a questo proposito l'insistenza con la quale Gregorio Magno dichiara le
sue fonti : la veridicità deìì'exemplum e l'autorità del protagonista non sono rinuncia-
bili.
108 ALESSANDRO VITALE-BROVARONE

e nell'introduzione di materiale quasi contemporaneo, quanto nella costruzio


ne di un nuovo equilibrio e di un nuovo ordinamento. Qui il discorso di
incontri di culture può essere sviluppato in modo fruttuoso, ma non tanto
seguendo il solo filone delle aggiunte nuove «in odore di folkloricità», quanto
nella costituzione di un nuovo modello capace di inglobare le culture specifi
che. È necessario fissare la nostra attenzione sugli equilibri complessivi ancor
più che sui dati di dettaglio. Ciò che emerge dai lavori che si stanno svolgendo
nel seminario di Jacques Le Goff è di importanza capitale, ed è necessario che
le prospettive di ricerca sappiano elaborare strumenti di indagine sempre più
raffinati e duttili, che sappiano sintetizzare, secondo moduli quantitativi imme
diatamente utilizzabili, lavori parziali di studio di fonti ed elaborazione, con
lavori di ampi orizzonti42. In questo senso un lavoro in doppia prospettiva, alto
e basso medievale, può dare un decisivo contributo nel quadro di comparazion
i di corpus dotati di un massimo di tratti comuni che consentano di porre in
evidenza i tratti differenziali.
5.3. Il terzo punto sopra indicato, quello dell'ampliarsi dell'impiego di
materiale narrativo con funzione esemplarla, ci da ampia possibilità di affron
tareproblemi. Cercherò peraltro di restare il più possibile sintetico ed
enunciativo, indicando alcune linee che mi paiono meritare un'attenzione
particolare : con questo devo dire chiaramente che non ho alcuna intenzione
di «insegnare il mestiere» agli altri; al contrario vorrei enunciare una serie di
problemi che restano per me irrisolti, ed è forse bene che lo restino. La
domanda che molto spesso ci si pone è quanto la narrazione e ì'exemplum
partecipino di una sola e medesima natura. Ho già detto sopra quanto poco
mi senta incline a vedere nella narrazione esemplarla il solo exemplum a pieno
titolo, e quanto invece senta la mancanza di una documentazione più complet
a delle altre forme esemplane (iconografiche, drammatiche, gestuali ed altre)
che svolgono, a mio giudizio, la stessa funzione; ho anche detto come questa
mancanza non mi paia soltanto toccare l'integrità quantitativa, ma anche
l'integrità qualitativa della nostra documentazione. Ciò che ora mi preme di
porre in luce è, di fronte ad una sempre maggior enfasi sull'aspetto narrativo
(testimoniato, come abbiamo visto, anche nelle definizioni teoriche), il renderc
i conto di che cosa potesse interessare specificamente nella funzionalità
dell' exemplum narrativo. Se mi è permesso di servirmi di generalizzazioni, la
similitudine ο una qualsiasi forma di comparazione con una realtà che non si
sviluppi nel tempo può mirare a rendere evidente, a porre «ante oculos», il

42 Mi riferisco ai tentativi di formalizzazione di Claude Bremond : la sua capacità di


unire perspicacia ed intelligenza ad un forte senso pratico fa pensare che ne usciranno
risultati concreti.
PERSUASIONE E NARRAZIONE U« EXEMPLUM »> TRA DUE RETORICHE 109

:
modello di una qualità, mentre la narrazione che si sviluppa attraverso fasi
che fanno conseguire un premio ο subire una punizione, serve da modello per
uno schema di comportamento. Il fatto di riconoscersi in una azione che viene
proposta come esemplare (positivamente ο negativamente) e schematica, fa
parte di un procedimento di apprendimento veramente classico, e converrà
qui aprire una digressione.
Ci troviamo di fronte ad una azione che può, come ho già detto, realizzarsi
nei modi più vari, fra i quali l'azione scenica e la narrazione (che da questo
punto di vista può essere considerata come un'azione scenica ridotta), e può
svolgere funzioni assai varie, dalla fissazione dei ruoli sociali (attraverso la
ritualizzazione dei conflitti nel ludus) fino alle singole scelte di comportament
o individuale. I campi in cui trova impiego sono molto ampi : attraverso i
giochi di simulazione (questi a livelli molto elevati di complessità) e la
pedagogia dell'imitazione, fissa i comportamenti in gruppi sociali animali, ed è
attualmente impiegato nella pedagogia della prima infanzia (recuperato da usi
di gruppi sociali ritenuti primitivi, ed ora invece rivalutato nella sua funzional
ità) : interessante osservare come si sviluppa nei bambini una necessità di
recitare storie che ripetono schemi famigliari ο sociali, ponendo fra sé e il
fatto rivissuto un intervallo ideale di tempo, tale che nella scelta dei tempi
verbali domina l'imperfetto («io salivo a cavallo») : come non ricordare che i
teorici aeìl'exemplum parlano di «acta praeterìta»?
Così il restringere il campo deiì'exemplum alla sola educazione religiosa è
a mio giudizio non accettabile43, e lo sanno bene generazioni come la mia,
cresciute fra piccoli scrivani fiorentini e «obbedisco». Il fatto è che la scelta
del mezzo narrativo è, a mio modo di vedere, indizio in sé di una intenzione,
anche implicita, di controllo sulla formazione dei legami sociali. Tutti gli
elementi che entrano in gioco, dai valori portati dalla narrazione, all'elemento
ludico, sono, in un modo ο nell'altro, legati a questo tipo di problemi. Va detto
anche che il dato narrativo entra in questione anche in una gran parte dei
generi letterari della letteratura profana, ed anche in questo caso è immediata
mente evidente l'aspetto didattico; ricordiamo un passo di un testo un po' più
tardo, ma molto interessante da questo punto di vista per la chiarezza della
sua enunciazione, che associa la prospettiva religiosa (di necessità, però) alla
prospettiva secolare (siamo nel 1335) :
Este libro fizo don Iohan, fijo del muy noble infante don Manuel, deseando
que los omnes fiziessen en este mundo tales obras que les fuessen aprove-

43 Citiamo p. es., F. K. Knapp, Similitude) : Stil- und Erzählfunktion von Vergleich und
Exempel in der lai, franz. und deutschen Grossepik des Hochmittelalters, Stuttgart-Vienna,
1975. Ma il discorso sull'exemplum nell'oratoria laica è ancora tutto da fare.
110 - ALESSANDRO VITALE-BROVARONE

chosas de las onras et de las faziendas et de los estados, et fuessen mas


allegados a la carrera por que pudiessen salvar las almas. Et puso en él los
enxiemplos mas aprovechosos que él sopo de las cosas que acaesçieron, por
que los omnes puedan fazer esto que dicho es. Et seria maravilla si de
qualquier cosa que acerca a qualquier omne no fallare en este libro su
semejança que acaesçio a otro44.
Il rapporto privilegiato fra cultura «clericale» e cultura popolare nell'exem-
plum narrativo è ancora, a mio giudizio, tutto da dimostrare. Ciò che invece, a
quanto mi pare veder emergere dai testi, risulta più chiaro è l'attenzione che
si stabilisce nei confronti del formarsi di una cultura diversa da quella
specifica del clero, di una cultura che ormai ha creato i suoi sistemi di
espressione, formalizzati in generi letterari. Ormai non sono più sufficienti le
ammonizioni, prima correnti, a non usare in monastero, nei momenti di
riunione, le «saeculares fabellas», e di fare ricorso, durante i pasti, alle sole
letture liturgiche (segno evidente, anche questo, di una tendenza ormai stabi
le)45 : è necessario, di fronte al costituirsi a sistema di un'altra forma culturale,
rispondere assumendo gli stessi strumenti, ο strumenti simili. Non voglio
anche in questo caso far ricorso agli iuvenes, soluzione fin troppo comoda per
spiegare i fenomeni più vari, come osserva G. Batany46, tuttavia ritengo che la
grande ascesa aeìì'exemplwn narrativo sia sì la risposta ad un'altra cultura, ma
ad una cultura «elevata». L'antagonista non pare essere la cultura popolare
(sul cui statuto non è ancora stato detto nulla di definitivo, e che comunque
non si è mai posta come antagonista nell'egemonia), ma la cultura laica dei
ceti elevati, sia essa partecipata ο no dagli strati subalterni; possiamo pensare,
come termine di riferimento generale ed approssimativo, al mondo cavaliere
sco (questa indicazione va presa per quello che è). Nel momento in cui questa
cultura si formalizza ed elabora in specie letteraria i suoi modelli di comporta
mento col ricorso alla narrativa, la risposta da parte della cultura clericale è
pronta, ed abbiamo così l'esplosione del fenomeno exemplum narrativo nel
XIII secolo; gli ordini mendicanti faranno proprio questo strumento senza

44 Don Juan Manuel, El Conde Lucanor, ο Libro de los enxienplos del Conde Lucanor
et de Patronio, ed. J. M. Blecua, Madrid, 1971, p. 47.
45 Si vedano p. es., i molti testi citati da G. G. Meersseman, Orda Fraternitatis, Roma,
1977, p. 113-21 {Le «kalendae» presbiteriali nell'epoca carolingia).
46 G. Batany parlò su questo argomento intervenendo, durante il secondo colloquio
della Société, Internationale Renardienne (Amsterdam, 21-24 ottobre 1977), a proposito
della comunicazione di J.-Ch. Payen su L'idéologie chevaleresque dans le «Roman de
Renart». Quella discussione fu, credo, la cosa più importante del Colloquio di Amster
dam,e purtroppo, come per tutte le altre discussioni, non le è stato concesso spazio
negli atti, pubblicati in Marche Romane, 28 (1978).
PERSUASIONE E NARRAZIONE L'« EXEMPLUM » TRA DUE RETORICHE 111

:
trovarsene all'origine. A riprova di questo possiamo pensare alla Disciplina
clericalis che anticipa, in analogia non perfetta, le grandi raccolte di exempla
del XIII-XIV secolo : anch'essa si pone come una risposta, ο come un tentativo
di risposta organica, alla narrativa araba ed ebraica della Spagna della reconq
uista.
5.4. La diffusione dell' exempl uni narrativo come immagine di un modello
culturale contrapposto, o, forse meglio, inglobante, trova qualche interessante
sviluppo se ritorniamo al quarto punto interessante delì'exemplum, vale a dire
quello della nascita delle raccolte. A differenza di tante sillogi che segnano la
storia delle letterature, le raccolte di exempla sono in un certo senso creature
senza infanzia. Non nascono certamente per raccogliere elementi sparsi, anche
se talora le affermazioni degli autori lo vorrebbero far credere47 : ciò che
preme è invece fornire una casistica completa, organizzata in modi sempre più
raffinati (alludo qui a lavori di J. CI. Schmitt)48. Quanto si è osservato sui
modelli culturali trova qui un compimento : al di là della pertinenza del
singolo exemplum importa conoscere la pertinenza di ciascuna raccolta nel
suo insieme; ma questo è un dato assodato e non conviene insistere. Quanto è
utile invece tener presente è che, come ho avuto già modo di osservare in
altra occasione49, un fenomeno analogo è costituito dalle novelle, le cui
raccolte non hanno un consistente passato costituito da testi sciolti. È questo,
al di là del problema delle fonti ο delle origini della novella, un problema di
importanza capitale, dato che, nel loro insieme, anche le raccolte di novelle ο
di testi narrativi in generale propongono un modello culturale spesso assai
coerente. È ora evidente, soprattutto dopo l'ottimo studio del Monteverdi50,
che non si può più parlare deìì'exemplwn come fonte della novella, e questo
non soltanto per considerazioni di carattere generale (esistenza ο no di due
culture, latina e volgare : e qui ricordo con piacere ed affetto i lavori, in altro
campo, di Franco Simone), quanto per dati di fatto che dal saggio del
Monteverdi emergono : exempla e novelle sono due realtà sì separate, ma in

47 Particolarmente interessanti, a proposito del processo di sistematizzazione delle


raccolte, J.-Cl. Schmitt, op. cit., p. 11-17.
48 Lo schema proposto da J. CI. Schmitt, op. cit., è già un primo passo; sarebbe
tuttavia necessario sistematizzare i contenuti oltre che le forme (benché la «forma»
indagata da J.-Cl. Schmitt sia tutt'altro che un dato esteriore), cercando di porre in
relazione i temi trattati, i destinatari immediati (con le riserve espresse alla n. 8), la
diffusione del testo.
49 Cfr. Forma narrativa, cit., p. 169.
50 A Monteverdi, Gli «esempli» di Iacopo Passavanti, in Giornale Storico della Lettera
tura Italiana, 61 (1913), p. 266-344 e 63 (1914), p. 240-290, ora in Studi e saggi sulla
letteratura italiana dei primi secoli, Milano-Napoli, 1954, p. 167-303.
112 ALESSANDRO VITALE-BROV ARONE

rapporto continuo, di antagonismo ma pure di scambio e adeguamento51. È


necessario, studiando ciascuna di queste due realtà, tener presente, almeno,
l'esistenza dell'altra, se preme veramente verificare la pertinenza del modello
culturale che da vita all'uno e all'altro fenomeno.

6. E tuttavia exemplum e novelle si trovano su due versanti diversi non


soltanto per le finalità che si propongono, prevalendo negli uni l'aspetto
suasorio, nelle altre l'aspetto di letteratura fantastica. Ma quante volte trovi
amorimproveri sulla dicacitas dei predicatori che impiegano exempla con
legami piuttosto tenui con la verità predicata; quante volte, cercando la
pertinenza di exempla in sermoni (così, p. es., mi risulta da lavori fatti su
Jacques de Vitry), si deve arrivare alla constatazione che l'autore si è fatto
«prendere la mano» dal piacere di raccontare. Il modello contiguo della
narrativa che è d'uso chiamare profana ha finito per determinare un fenome
no che riscontriamo bene negli autori di sermoni piuttosto che nelle raccolte
di exempla : la narrazione esemplare da strumento della retorica della persua
sionediviene prodotto della retorica «letteraria»; la permeabilità fra culture si
mostra con evidenza. Fra due retoriche, fra estremi opposti e non riducibili,
fra due culture che divengono due aspetti di una medesima cultura, Y exem
plum trova una realtà ma non una definizione.

Università di Torino Alessandro VitaleBrovarone

51 A. Monteverdi, op. cit., p. 294-296.

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