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La teoria dello stato giusto nel mondo d’oggi

Platone, grande filosofo del V secolo a.C., visse in un periodo di crisi politica e culturale della Grecia, in particolare
della città di Atene. Ci furono principalmente tre motivi, che causarono questa crisi: il fallimento del progetto di
unificazione con la guerra del Peloponneso (nel 404 a.C.), il governo dei Trenta Tiranni e la successiva democrazia.

Nella Lettera settima, un importante testo in cui ci vengono raccontati i motivi per cui Platone si dedicò alla filosofia e
non alla politica (tra l’altro è, anche, l’unico testo in cui Platone parla in prima persona si sé stesso), ci viene raccontato
come, inizialmente, Platone, con l’arrivo dei Trenta Tiranni, pensava, che essi avrebbero portato in città la giustizia. Si
accorse però della loro violenza e si allontanò, quindi, dalla politica quando tentarono di coinvolgere anche Socrate,
“l’uomo più giusto fra quelli del suo tempo”. Una volta fallito questo governo, ci furono molti conflitti tra i cittadini e ci
fu la condanna e l’uccisione di Socrate, accusato di empietà. Con questo avvenimento, Platone capii, che le leggi erano
corrotte e che tutte le città erano mal governate. Per questo si dedicò alla filosofia, l’unica che fa distinguere il bene
dal male, la giustizia dall’ingiustizia.

Descrisse, così, nella Repubblica uno Stato ideale, ovvero una comunità perfetta dove ci sarebbe stata la giustizia e la
felicità. Infatti, solo la giustizia, secondo Platone, garantisce la pace e l’uguaglianza. Questo Stato deve, ovviamente,
avere delle leggi, la mancanza delle quali porta alle forme di degenerazione dello stato. Le guide sono solamente i
filosofi, loro esercitano il potere, perché possiedono il sapere degli interessi generali e, quindi, possono offrire servizio
alla comunità nel suo insieme. Il governo è un’aristocrazia, il governo dei migliori, e c’è una distinzione dei ruoli: la
parte concupiscibile, soggetta alle passioni e, quindi, formata dai produttori; la parte irascibile, formata dai guerrieri,
dotati di coraggio e dalla parte razionale, formata dai filosofi. Platone, inoltre, afferma che, per poter raggiungere il
bene e la giustizia, non ci deve essere la proprietà privata e tutto deve essere condiviso. Qui stiamo parlando di una
sorta di comunismo, definito comunismo platonico.

Tuttavia, Platone è cosciente dell’impossibilità di realizzare uno Stato simile, una città, per così dire, utopica. Propone,
quindi, nelle Leggi una nuova città in cui vengono a mancare diverse caratteristiche, presenti nella Repubblica: la
divisione dei ruoli, il comunismo platonico e l’uguaglianza.

Quando viene invitato alla corte di Siracusa da Dionigi il Giovane, Platone pensa di poter finalmente mettere in atto le
sue teorie. Si presentarono, però, alcuni diffamatori e il tiranno esiliò Dione, caro amico di Platone, per banali motivi.
In fine, dopo l’ultimo viaggio in Sicilia e con la morte di Dione, Platone non riuscì a formare il governo tanto
desiderato.

A parere mio, non solo è irrealizzabile lo Stato ideale nella Repubblica, ma anche quello nelle Leggi. La teoria dello
stato giusto è inverosimile, in quanto le proposte sono infattibili. Si parla di città fortezza, di abitazioni poste in un
modo preciso, di leggi smisurate e, soprattutto, di aristocrazia. Essendo il nostro governo una democrazia, dove il
potere, quindi, viene esercitato dal popolo, non ritengo molto perspicace cedere il potere ad una cerchia ristretta di
persone. Al contrario di Platone, sono dell’idea, che la maggioranza sappia quale sia il suo vero interesse. Se il potere
sarebbe stato degli aristocratici, in questo caso dei filosofi, si farebbe solo quello, che loro ritengono giusto, in quanto
padroni del sapere degli interessi generali. Oltretutto, tutti dovremmo essere considerati uguali e quindi non penso sia
molto giusto che i custodi delle leggi si servano di trattamenti superiori (ad esempio, vivere sull’acropoli della città).

Tuttavia, non ritengo che questa teoria non ci possa fornire qualche spunto di riflessione. Secondo il mio parere,
oggigiorno siamo altamente spinti dalle passioni, tanto da non riflettere più con la ragione. Ci sono molti casi di
persone impulsive, ma sicuramente tutti noi abbiamo reagito alcune volte istintivamente. Platone propone delle leggi
che devono normare i comportamenti mossi dalle passioni, e ritengo che queste leggi servano nel mondo d’oggi. In
casi estremi ritengo anche giusto ricorrere alle punizioni. Bisogna, però, servirsi di queste solo quando alcune azioni
possono nuocere alla società e non in casi convenzionali.

In conclusione, vorrei dire che la teoria dello stato giusto è utopistica, nessuno di noi ritiene giuste le stesse cose, in
quanto “giusto” è un termine, a parere mio, soggettivo. Pertanto, considero la democrazia la forma di governo
migliore.

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