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DOMANDE FILOSOFIA-VERIFICA

1 Platone presenta l'immortalità dell'anima tramite alcune prove, come quella “dei
contrari”, nella quale afferma che ogni cosa in natura si genera dal suo contrario, così la
morte si genera dalla vita e viceversa (nel senso che l'anima rivive dopo la morte del
corpo); una seconda prova è quella “della somiglianza”, sostenendo che l'anima è eterna,
proprio come le idee; infine una terza prova detta “della vitalità” argomenta che l'anima è
vita e partecipa dell'idea di vita. La teoria dell'immortalità dell'anima serve al filosofo anche
per chiarire il problema del destino: egli infatti ritiene che la sorte di ogni individuo dipenda
da una sua scelta precedente compiuta dalla sua anima nel mondo delle idee. Platone
illustra questa tesi con il “mito di Er”. Questo mito narra di un guerriero (Er) che dopo
dodici giorni dalla sua morte è risuscitato e ha raccontato agli uomini ciò che li attende
dopo la morte; la parte più importante di questo mito riguarda la parte centrale, ovvero
quella che si riferisce alla scelta del destino da parte delle anime, e Platone sottolinea che
si tratta di una scelta libera. Certo è che il più delle volte la scelta è condizionata dalle
esperienze che l'anima ha accumulato nella propria vita anteriore. Dunque per Platone la
scelta è condizionata da ciò che nella vita precedente l'uomo ha voluto essere. Platone in
seguito distinguerà l'anima in tre parti: la parte razionale che domina gli impulsi corporei, la
parte desiderante che è il principio di tutti gli impulsi e infine la parte irascibile che sostiene
la parte razionale. Il filosofo associa questa tripartizione mediante il mito del carro alato:
l'anima paragonata a una biga alata è guidata da un auriga (che corrisponde alla parte
razionale dell'anima), trainata da due cavalli, uno bianco che corrisponde alla parte
coraggiosa e l'altro nero che si identifica negli impulsi corporei. Tale disaccordo tra i due
cavalli rende difficile l'opera dell'auriga: egli cerca di condurre il carro nel cielo, dove si va
verso la “vera sostanza”, ovvero quella della totalità delle idee, ma il cavallo nero tira verso
il basso e l'anima non può contemplare questa sostanza del tutto. L'anima che ha visto di
più si vivificherà in un corpo di un uomo che si consacrerà al culto della sapienza o
dell'amore; viceversa le anime che hanno visto di meno si incarneranno in uomini che non
si concentreranno sulla ricerca della verità e della bellezza.

2 Platone attraverso la “Repubblica” descrive la sua idea di Stato ideale, ovvero di una
comunità perfetta. Secondo lui infatti questa ipotetica comunità deve essere governata da
filosofi, e cosa deve esserci alla base per poter viverci bene? La giustizia. Nessuna
comunità può esistere senza la giustizia, perché è la condizione fondamentale della
nascita e della vita dello Stato. Lo Stato deve essere costituito da tre classi: i governanti
che avevano la virtù della saggezza (così anche lo Stato da essi governato potesse
essere saggio); i guerrieri, ricchi di coraggio e infine i lavoratori o produttori. Ciò che lega
queste tre classi è la temperanza, ovvero che l'inferiore deve essere subordinato al
superiore (caratteristica che devono assumere i lavoratori). Cosa c'entra la giustizia con
queste virtù? Semplicemente la giustizia si realizza quando si presentano queste virtù,
quando ogni parte dell'anima svolge la propria funzione, ovvero quando ciascun cittadino
attende ciò che gli spetta. Infatti la giustizia garantisce l'unità e l'efficienza dell'individuo.
Secondo Platone lo Stato deve essere per forza suddiviso in parti, in classi, poiché vi sono
compiti diversi che devono essere esercitati da persone diverse. Questa diversità dipende
dalla preponderanza di una parte dell'anima sulle altre, e ciò ci fa tornare alla tripartizione
dell'anima, incontrando individui razionali, impulsivi e soggetti al corpo e ai suoi desideri.
Nel “mito delle stirpi” viene spiegato come è l'uomo a scegliere il proprio ruolo nella
società, in base ai propri comportamenti, e non la natura. Affinché però lo Stato funzioni
bene e la giustizia sia realizzata, Platone suggerisce l'abolizione della proprietà privata e
la comunanza dei beni per le classi superiori, creando una sorta di comunismo. Questa
società rappresenta un modello ideale e può essere definita quindi come un'aristocrazia di
filosofi; infatti l'aristocrazia può essere considerata come forma di governo per eccellenza.
In seguito Platone elencherà quattro possibili degenerazioni come la timocrazia (governo
basato sull'onore), l'oligarchia (governo basato sul censo), la democrazia (determinata
dalla ribellione di un ceto durante un governo oligarchico) e infine la tirannide (spesso
come effetto di un'eccessiva libertà concessa dalla democrazia).

3 Platone giunge a elaborare il concetto di idea tramite la cosiddetta “teoria delle idee”, ed
essa rappresenta il cuore del pensiero platonico, con la quale Platone risolve gran parte
dei problemi della filosofia. Per comprendere questa teoria dobbiamo ricondurci al
concetto di scienza, che deve essere stabile e immutabile; egli è convinto che la mente sia
uno “specchio” nel quale il pensiero riflette l'essere. Platone si propone dunque di trovare
un “oggetto” capace di ricondursi alla scienza, qualcosa di stabile e esistente come le
idee; infatti secondo lui l'idea è un'entità immutabile e perfetta che costituisce una zona
dell'essere, l'iperuranio. Platone ritiene inoltre che le cose sono copie delle idee, poiché
l'idea è il modello unico e perfetto delle cose molteplici e imperfette di questo mondo.
Dunque c'è una distinzione tra idee e cose, però c'è anche un rapporto che viene
configurato dai criteri di giudizio delle cose, in quanto dobbiamo riferirci alle idee per
formulare i nostri giudizi; e alle cause delle cose, perché gli individui “sono” in quanto
imitano le idee. Quindi questo rapporto idee-cose è di imitazione, partecipazione e
presenza. Ma quali sono queste idee? Distinguiamo le idee-valori, corrispondenti ai
supremi princìpi etici, estetici e politici; e le idee matematiche; corrispondenti alle entità e
ai princìpi dell'aritmetica e della geometria. Tutte queste idee formano un ordine
gerarchico-piramidale con l'idea del Bene al vertice, che è la perfezione massima di cui le
altre idee sono imitazione o riflesso. Esse sono trascendenti, cioè esistono “oltre” la mente
e “oltre” le cose. La parola “oltre” indica l'iperuranio, il mondo platonico delle idee. Questo
mondo pur possedendo una realtà oggettiva non deve essere interpretato come un
universo di “super-cose”, ma soltanto come un ordine eterno di valori ideali. Le idee non
possono arrivare dai sensi, ma costituiscono una visione intellettuale, e questa da dove
viene? Tramite la dottrina dell'anàmnesi, Platone afferma che l'anima ha vissuto nel
mondo delle idee ed essa può ricordare ciò che ha contemplato nell'iperuranio prima di
calarsi nel nostro corpo. Per Platone infatti conoscere è ricordare, e la teoria della
conoscenza la troviamo nel racconto della caverna, dove appunto troviamo la teoria delle
idee.

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