Aristotele: pensiero
Aristotele è uno dei più grandi filosofi occidentali, uno dei primi ad aver considerato la
filosofia come un'attività scientifica articolata in discipline distinte, il cui obiettivo è quello
di interpretare tutta la realtà. Secondo Aristotele per arrivare a questo obiettivo era
necessario avere un metodo in cui i pensieri e i ragionamenti dovevano necessariamente
rispettare delle determinate condizioni per giungere a conclusioni certe.
Secondo il filosofo greco Aristotele, la logica era la più importante fra tutte le scienze; essa,
denominata dallo studioso analitica, è definita come la scienza che studia le regole della
conoscenza scientifica. La logica aristotelica si basava sulla teoria del sillogismo e
sull'analisi delle proposizioni.
Il ragionamento sillogistico consisteva nel pervenire a conclusioni vere se le premesse erano
vere; quindi, era necessario controllare e verificare sempre le premesse da cui aveva inizio
il discorso. Questo tipo di procedimento aveva come scopo il sapere discorsivo che si
attuava nella definizione, nel giudizio e nel ragionamento.
ARISTOTELE: METAFISICA
Inoltre, la teoria aristotelica postulava l'esistenza, tra il limite superiore di Dio e quello
inferiore della materia prima, del mondo celeste costituito dall'etere (o quinta essenza),
ritenuto il regno del perfetto e inalterabile moto circolare, e del mondo sublunare
composto dai quattro elementi di cui aveva precedentemente parlato Empedocle: il regno
del moto rettilineo, il regno della trasmutazione, il regno del nascere e il regno del morire.
Ai tre gradi della vita terrestre corrispondevano, nella dottrina aristotelica, tre specie di
anima: vegetativa, tipica delle piante, sensitiva, appartenente agli animali e intellettiva che
nell'uomo si univa alle due precedenti; l'anima sensitiva e quella intellettiva
determinavano la conoscenza.
Questa interpretazione è espressa nelle opere raccolte nella Metafisica, basate sulla critica
della dottrina platonica del mondo delle idee e sullo studio dell'ordine
dell'universo. Aristotele distinse le scienze in teoretiche (matematica, fisica, filosofia,
teologia), pratiche (che riguardano le azioni e i comportamenti dell'uomo) e poietiche (che
riguardano la tecnica e l'agire).
L'ESTETICA DI ARISTOTELE
È importante considerare anche la concezione estetica di Aristotele. Egli ha ripreso il
concetto platonico dell'arte intesa come imitazione (mimesi), ma secondo la sua dottrina, la
poesia non riproduceva le cose così com'erano, bensì come avrebbero potuto essere;
pertanto, la poesia non aveva come oggetto il vero e il reale, ma il verosimile.
Partendo da questo presupposto, Aristotele affermava che la poesia era più filosofica della
storia, in quanto, mentre quest'ultima parlava degli avvenimenti e dei personaggi
particolari di uno specifico periodo storico, la poesia, invece, tendeva all'universale,
rappresentando situazioni possibili, uomini possibili in condizioni e circostanze possibili;
ciò avveniva, ad esempio nei drammi tragici e comici. Quindi, secondo la concezione
aristotelica, mentre la storia tendeva al particolare, la poesia, al contrario, tendeva
all'universale. L'intuizione dell'universale era vincolata da una legge di verosimiglianza e di
necessità, che non separava la rappresentazione fantastica dal riferimento alla realtà.
Aristotele si opponeva alla concezione platonica secondo la quale l'arte stimolava le basse
passioni, enunciando la dottrina della catarsi, ovvero della purificazione. In base
al pensiero aristotelico, il fine dell'arte consisteva nel creare un piacere suscitato da
sentimenti forti e provati in maniera molto intensa; di questo piacere si parlava in
particolare nella tragedia, dove esso scaturiva dalla pietà e dal timore che derivavano dalla
mimesi.
Quest'ultima, consistente nell'identificazione con le passioni, le emozioni e le sensazioni dei
personaggi tragici da parte degli spettatori, effettuava attraverso la pietà e il timore provati
dal pubblico, la purificazione di questi sentimenti. Dunque, vivendo intensamente le
passioni e i sentimenti dei personaggi scenici, gli spettatori si libererebbero, mediante una
specie di terapia omeopatica, del peso delle passioni stesse; questa liberazione era
considerata come una depurazione dell'anima da ogni squilibrio e come un metodo capace
di ripristinare l'armonia interiore.
La catarsi apportava, inoltre, una modificazione qualitativa delle passioni, non
eliminandole, ma sopprimendo in esse l'irregolare irrazionalità da cui erano caratterizzate
quando scaturivano da esperienze di vita.
Il pensiero aristotelico fu studiato e commentato fino al IV secolo d. C. e, dopo aver subito
un periodo di eclissi, fu riscoperto e diffuso nel XII secolo d. C. grazie ai commenti di
Averroè, successivamente tradotti in latino, e di San Tommaso.
Si può notare che, mentre molti concetti della dottrina platonica hanno una validità
attuale, l'aristotelismo, invece, risulta sostanzialmente estraneo al pensiero moderno.