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2.0 LE OPERE
Le opere di Aristotele si dividono in due gruppi:
-Gli scritti essoterici, rivolti agli ascoltatori al di fuori della scuola e sono opere in cui Aristotele
appare ancora vicino al suo maestro.
-Gli scritti esoterici sono tutti gli scritti utilizzati per l’insegnamento all’interno del Liceo. Gli scritti
esoterici sono stati pubblicati nel post mortem da Andronico da Rodi, che è l’artefice della
classificazione con cui questi scritti sono giunti a noi.
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5.0 LA METAFISICA
l termine metafisica non è aristotelico. Con esso si indica quella parte della filosofia che indaga le
strutture profonde, che vanno al di là delle apparenze immediate dei sensi o del campo di studio
della fisica. Per indicare tale disciplina, Aristotele usava l’espressione «filosofia prima». La
nascita della parola “metafisica” risale al primo commentatore di Aristotele, Andronico di Rodi.
Aristotele vuole spiegare la relazione tra gli esseri e gli enti: classifica gli enti attraverso le
categorie (qualità), e sono dieci: la prima è la sostanza ed è quella che definisce l’ente.
5.1 LA SOSTANZA
Ogni ente è concepito come sinolo di forma e materia, cioè devono stare necessariamente uniti. La
forma rappresenta la struttura immanente di un ente, la materia è l’elemento che viene plasmato
dalla forma. Si può parlare di forma pura perché non è fatta di materia ma è un volere di un Dio
filosofico. La materia è quell’elemento indeterminato che ha la potenzialità di assumere
determinazioni successive.
6.0 LA FISICA
6.1 LA TEORIA DELLE 4 CAUSE
La fisica aristotelica è qualitativa, ovvero basata sulle qualità (soggettiva), solo a partire dal 1600
con Galileo Galilei sarà basata su rapporti numerici (quantitativa).
Aristotele giunge ad elaborare una spiegazione dei fenomeni, riconoscendo all’origine di ognuno
di essi 4 tipi di cause:
- Causa materiale: la materia di cui una cosa è fatta
- Causa formale: ciò che fa sì che una cosa sia proprio quella cosa
- Causa efficiente: la forza che genera un mutamento
- Causa finale: lo scopo per cui avviene il processo
Nei processi naturali la causa formale, efficiente e materiale si presentano unificate.
Nei processi artificiali le cause sono disgiunte.
Nella prospettiva aristotelica la causa finale tende a coincidere con la forma dal momento che ogni
ente tende a realizzare la propria essenza.
Secondo il teleologismo in ogni ente c’è un’energia intrinseca (entelechia), ovvero una forza che
spinge l’ente a realizzarsi. Se tutti gli enti raggiungono il loro scopo si raggiunge l’ordine.
L’universo di Aristotele è teleologico in quanto crede in un ordine finalistico: che tende ad un fine.
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6.2 LA CONCEZIONE ARISTOTELICA DI DIO
Aristotele, basandosi sulla cinematica, ossia la teoria generale del movimento, afferma che tutto ciò
che è in moto è necessario sia mosso da altro.
Per cui ci deve per forza essere un principio assolutamente «primo» e «immobile», causa iniziale
di ogni movimento possibile. Aristotele identifica il «motore immobile» con Dio, riferendogli una
serie di attributi strettamente connessi tra loro:
- Dio è atto puro, ossia atto senza potenza, poiché dire potenza è dire possibilità di movimento,
mentre Dio, essendo immobile, non può essere soggetto al divenire. Come tale, esso non può
contenere in sé alcuna materia.
- Dio è pura forma o sostanza incorporea.
- Dio è pensiero di pensiero, poiché essendo perfetto, non può che pensare alla perfezione stessa,
ossia sé medesimo.
Secondo Aristotele Dio non muove come causa efficiente, cioè comunicando un impulso, ma come
causa finale, cioè come oggetto d’amore.
Aristotele afferma che i protagonisti della storia dell’universo sono due; da un lato abbiamo la
materia prima, che essendo priva di forme, tende verso la forma e la perfezione, dall’altro lato
abbiamo Dio, che è la Forma e la Perfezione stessa, che “attrae” verso di sé la materia prima. Di
conseguenza, l’universo è lo sforzo della materia verso Dio e quindi, in pratica, un desiderio
incessante di prendere forma. Per cui, nell’universo aristotelico, non è tanto Dio che ordina o forma
il mondo, ma è piuttosto il mondo che, aspirando a Dio, si auto-ordina e auto-determina,
assumendo le varie forme delle cose.
6.3 LA TEORIA DEL MOVIMENTO
Secondo Aristotele esistono quattro tipi di movimento: sostanziale, qualitativo, quantitativo e
locale. Il primo consiste nella generazione e nella corruzione di una sostanza (es. la pianta che
nasce e muore). Il secondo nel mutamento e nell’alterazione di una sostanza (es., l’acqua che
diventa vapore). Il terzo nell’aumento e nella diminuzione (es. l’ingrassare e il dimagrire). Il quarto
nel cambiamento di luogo.
I primi tre tipi di movimento sono riconducibili a quello locale, perché tutti i tipi di movimento
consistono in un cambiamento di luogo. Il movimento locale è di tre specie:
a) circolare: intorno al centro del mondo
b) dal centro verso l’alto
c) dall’alto verso il centro del mondo
6.4 LA VISIONE ARISTOTELICA DEL COSMO
Gli elementi che costituiscono il mondo fisico sono per Aristotele cinque: i classici quattro elementi
(acqua, aria, terra e fuoco) e l’etere o quintessenza che costituisce i cieli. I primi quattro elementi
sono interessati dai movimenti opposti, che determinano generazione e corruzione, mentre l’unico
elemento interessato dal movimento circolare, e perciò non soggetto a generazione e corruzione, è
l’etere. I quattro elementi interessati da generazione e corruzione compongono il mondo terrestre,
collocato sotto il primo cielo, quello in cui si trova la luna. Il mondo dei cieli, che inizia con quello
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della luna e finisce con quello delle “stelle fisse”, è fatto di corpi di etere e perciò incorruttibili.
Secondo Aristotele ognuno dei quattro elementi del mondo terrestre ha un luogo naturale in cui
tende a tornare se ne viene allontanato. Esistono perciò due tipi di movimento: quello naturale, che
porta il corpo verso il suo luogo naturale e quello violento, che invece lo allontana dal suo luogo
naturale. Esempio di movimento naturale è la fiamma che sale naturalmente verso l’alto cioè vero la
sfera del fuoco; esempio di movimento violento è il sasso scagliato in aria che si allontana dal suo
luogo, cioè la terra
6.5 L’INESTISTENZA DEL VUOTO
Secondo Aristotele, in natura non può esistere nemmeno uno spazio vuoto. Questa teoria, che nega
l’esistenza del vuoto, differenzia la teoria di Aristotele da quella degli atomisti e di Democrito.
6.6 L’ANIMA
Aristotele parla dell’anima all’interno della fisica.
Questo poiché dato che esiste solo questa realtà, allora anche l’anima si trova all’interno di essa.
Inoltre lui spiega che l’anima da forma al corpo ed è ciò che lo attualizza.
L’anima è un elemento mortale, e se il corpo viene attualizzata da essa quando si muore, muore
anche la stessa anima.
Quest’ultima si può inoltre definire come una forza o un’energia che da significato al corpo e finisce
con il corpo.
Per Aristotele ci sono 3 funzioni dell’anima dove corrispondono 3 forme di vita:
· Funzione vegetativa: delle piante, permette agli enti di vivere
· Funzione sensitiva: degli animali, permette loro di provare le sensazioni
· Funzione intellettiva: degli uomini, permette loro di avere l’intelletto
L’uomo possiede le tre funzioni ma deve esercitare l’anima razionale per conoscere, poiché è
quella la sua natura.
6.7 LA CONOSCENZA
La conoscenza secondo Aristotele nasce dai sensi, e inoltre il primo contatto con la realtà è di
carattere sensibile.
Aristotele parla dei 5 sensi (udito, olfatto, tatto, vista, gusto), ma ne aggiunge anche un sesto, che
ha come funzione quella di coordinare i 5 sensi.
Aristotele spiega che le sensazioni lasciano delle sorte di ombre che lui chiama phantasmata che
suscitano nell’uomo un ricordo, come se fossero dei residui di un’immagine, su cui opera la
memoria.
Dettagliatamente il processo conoscitivo avviene in tre stadi legati tra loro:
· La conoscenza sensibile che deriva dai cinque sensi (udito, olfatto, tatto, vista,
gusto), ma se ne aggiunge anche un sesto, che ha come funzione quella di coordinare i 5
sensi.
· L’immaginazione, che produce le immagini (phantasmata) delle sensazioni ottenute
dai sensi. Aristotele spiega che le sensazioni lasciano delle sorte di ombre che lui chiama
phantasmata che suscitano nell’uomo un ricordo, come se fossero dei residui di
un’immagine, su cui opera la memoria, che consente la conservazione dei ricordi.
· La conoscenza intellettiva che agisce sulle immagini e svolgono un processo di
concettualizzazione (idealizzazione) e materializzazione.
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6.8 L’INTELLETTO ATTIVO E PASSIVO
L’intelletto a un primo livello è passivo, ovvero ha la possibilità di accogliere tutta la realtà. Per
questo Aristotele riconosce un intelletto attivo che contiene già tutti i concetti e le forme e che agirà
sull’intelletto passivo per permettere alla potenza di attualizzarsi. Questa dicotomia ha sempre
creato difficoltà interpretative a partire dal fatto che non è chiaro se l’intelletto attivo e l’intelletto
passivo sono due facoltà della stessa anima intellettiva oppure sono due principi distinti: l’intelletto
attivo è proprio di ogni uomo o coincide con Dio?