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Capitolo 3

Conflitto tra Firenze e Milano iniziato attorno al 1200, in politica si inizia a utilizzare la retorica,
vengono scritte varie opere in proposito come L'Ars Dictati che perfezionò gli strumenti della
propaganda. Si mantenne il messaggio ideologico di opere come il Somnium Scipionis (il racconto
di Publio Cornelio Scipione dove gli appare l'avo Africano che lo incita a credere per rinforzare il
suo stato), che servì per formare la nobiltà politica del tempo, oltre a legittimare la natura divina dei
regnanti.
Coluccio Salutanti, segretario della cancelleria fiorentina, sostenne la tesi di Platone di mettere i
sapienti al potere in politica. Nel De Nobilitate afferma che le leggi si devono occupare del
benessere della città rendendo possibile la libertà. Nell'Invectiva sostenne che la politica di Gian
Galeazzo Visconti, signore di Milano, aveva aspirazioni di dominio contro la repubblica fiorentina,
che secondo l'autore difendeva la libertà.
Leonardo Bruni scrisse la Laudatio retinae urbis e la Historiarum Florentini populi dove
esaltava la libertà fiorentina rifacendosi ad atene. Tale abitudine aveva molti sensi, in particolare
l'apprezzamento delle virtù repubblicane di dedizione alla patria e al bene comune.
L'ideologia repubblicana e la difesa della libertà contro l'espansione tirannica dei visconti
promuosero a Firenze la filosofia dell'azione individuale della società, che aveva alla base la virtù di
origine romana come forza interiore di qualunque cittadino.
Poggio Bracciolini criticava l'inattività dei monaci. Nel De avaricia presenta da un lato una critica
all'avarizia che fa accumulare ricchezze, dall'altro la difende come necessaria e in armonia con la
ricerca dell'utile, in particolare affermando che l'umiltà e la frugalità causano asocialità (a differenza
dell'avarizia).
Questa esaltazione dell'attività e del successo continuò con gli autori Matteo Palmieri (La vita
civile, 1430) e Leon Battista Alberti (I libri della famiglia, 1440), che rappresentano l'etica ideale
dell'umanesimo. Il primo crede che la vita solitaria sia meno elevata e nulla sia più apprezzato da
Dio che governare con giustizia gli altri, esalta l'amor di patria e cerca di coniugare l'utile con
l'onesto. Il secondo invece afferma che il privato, inteso come distanziamento dal pubblico, sia un
valore capace di affrontare la dimensione pubblica. Questo ripiegamento sarebbe l'espressione di
mutata distuazione e nuova attutidune degli intellettuali alla vita politica. La virtù degli umanisti
doveva essere riconosciuta e manifesta nei valori borghesi e nell'opera dei signori a capo dei
principati.
Coluccio salutanti, leader del repubblicanesimo, all'inizio del 1400 inizierà ad apprezzare il
prinicpe. Sciverà il De tyranno nell'anno 1400 in cui affermerà che la tirannide è il contrario di
ogni valore politico e che il tiranno era colui che era giunto al potere senza alcuna legittimazione,
rendendolo uccidibile da ogni cittadino. Mentre se invece il tiranno aveva preso il potere in modo
legittimo la situazione sarebbe stata più complessa, e in questo affronta il tema del consenso, che
sarebbe alla base di Signorie e Principati, invitando alla prudenza della necessità etica della
soppressione del tiranno a volontà del popolo.
Si smette parlare di virtù religiose e si inizia aparlare di virtù specifiche e autonome della politica.

Machiavelli, inizia a scrivere nel 1512, scriverà il Principe tra il 1513 e il 1519 (dove si concentra
sui concetti di potenza e gloria), i discorsi sopra la prima deca di Tito Livio tra il 1506 e il 1518 e
le Istorie Fiorentine tra il 1521 e il 1525, ma le sue idee nacquero prima, attorno al 1499 quando
scrisse il discorso sfatto al magistrato sopra le cose di Pisa. In particolare lui si concentra sulla
logica delle cose del mondo: gli uomini agiscono in un mondo a loro indifferente e prive di un
ordine dell'essere, e a questa assenza da il nome di fortuna, una convinzione tendenzialmente
neopagana, e l'unico modo per dare un senso a questa contingenza è l'agire politico virtuoso, una
virtù che consiste nell'energia umana che si oppone alla fortuna.

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