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Elisa Farris III F

La concezione politica di Dante Alighieri e il contesto storico in cui nacque.


LA CONCEZIONE POLITICA DI DANTE Dante Alighieri (1265-1321) aveva una concezione ancora tradizionalista dellautorit politica, che nel corso del tempo aveva smesso di appartenere al Papa e allimperatore tedesco, ma durante il Trecento si stava lentamente accentrando nelle mani di nuove figure come il re di Francia o dInghilterra. Dante invece sosteneva che il potere fosse collegato direttamente a Dio, e scrisse le proprie teorie in un trattato intitolato De monarchia (1311-1312). Esso articolato in tre libri. Nel primo, Dante esprime la sua concezione riguardo la duplice natura ed esistenza delluomo: quella materiale, ovvero il corpo, con cui egli vive unesistenza terrena e pertanto temporanea, e quella spirituale, cio lanima, mediante cui condurr una vita eterna. Questa duplice essenza delluomo la ragione per cui Dio avrebbe istituito il potere imperiale, assegnando ad egli due strumenti che avrebbe dovuto utilizzare (nella vita terrena la ragione, nella vita ultraterrena la fede). Per mezzo di due guide, quali il Papa e lImperatore, e servendosi di questi strumenti, secondo Dante luomo pu raggiungere, nella vita terrena la felicit e in quella ultraterrena la beatitudine. Per Dante, inoltre, lautorit politica ha il compito primario di limitare lavidit umana, amministrando la giustizia in caso di controversie e riportando la pace tra le varie classi della societ. Nella seconda parte, Dante asserisce che lesercizio dellautorit imperiale spetta esclusivamente al popolo romano. Nellultima parte, invece, Dante sostiene la tesi secondo cui il potere temporale dellImperatore gli stato attribuito direttamente da Dio, pertanto il Papa non deve intromettervisi. Daltra parte, essendo il ruolo del Papa predominante su quello dellImperatore, questultimo non deve intervenire nelle questioni che spettano al Papato. Nella conclusione del De monarchia, Dante attribuisce un certo rilievo alla vita terrena e alluomo, ma allo stesso tempo esalta la vita ultraterrena, pi importante perch pi vicina a Dio. DANTE E IL PAPATO Nel 1313, dopo la morte dellimperatore tedesco Enrico VII, tenuto in gran considerazione da parte di Dante, costui riprese le sue tesi politiche del De monarchia anche nella Commedia. Qui egli si proclama come profeta condotto da Dio in un viaggio attraverso il regno dei morti per mezzo di una missione profetica. Tale missione aveva lo scopo di annunciare la venuta di Dio per salvare il mondo dal caos, scaturito dalle teorie ierocratiche sostenute da molti pontefici, il cui peccato pi grande era lavidit di beni materiali. Dante sosteneva che linviato da Dio per compiere questa missione dovesse essere una figura, ad esempio un imperatore, capace di imporre la propria autonomia su tutti i comuni italiani e sul Papato, che cercava costantemente di arrogarsi il potere temporale. A pi riprese Dante and contro i pontefici che sostenevano una politica ierocratica, in particolare Bonifacio VIII, contro cui egli si era schierato spesse volte, ma non and mai contro listituzione del Papato, perch ritenuto sacro in quanto fondato da Dio stesso. PAPATO E IMPERO NEL TRECENTO Il contesto storico in cui Dante elabor le sue teorie politiche riguarda il rapporto tra Papato e Impero nel Trecento. Dal 1305, con la nomina del pontefice Clemente V, fino al 1378, i pontefici collocarono la sede pontificia lontano da Roma, per sfuggire al crescente peso politico delle nobili famiglie romane. Questa sede fu la citt di Avignone, unarea profondamente influenzata dal re di Francia. Dante non accett il comportamento dei pontefici, e nel 1314 invi loro una lettera in cui li accusava di aver contribuito al declino della Chiesa, non solo a causa della loro avidit di ricchezze materiali, ma anche per aver abbandonato Roma, ribadendo ancora una volta la sua missione profetica a cui Dio laveva inviato. Nello stesso periodo, in Germania fu nominato imperatore Ludovico detto il Bavaro, il quale in breve tempo entr in conflitto con il Papato, che non gli riconosceva lautorit politica: nel 1328 Ludovico fece deporre il papa Giovanni XXII, proclamandolo Anticristo. Grazie al prezioso appoggio del filosofo italiano Marsilio da Padova, nello stesso anno Ludovico fu incoronato imperatore. Egli pose la sua sede a Roma e riprese la concezione del suo sostenitore, secondo cui il potere temporale viene attribuito allimperatore esclusivamente da parte del popolo, dunque non da Dio e non dal Papato. Si giunse infine, nel 1356, a un trattato in cui veniva nominato un gruppo di persone, per lo pi principi, con il compito di eleggere limperatore. Questo trattato era chiamato Bolla doro; esso prevedeva sette principi, tra cui tre ecclesiastici e quattro laici, che amministravano stati autonomi, e port il titolo imperiale a una regressione in fatto di peso politico, poich assunse le sembianze di un titolo onorifico e non di una carica con potere universale, quale era stata nei secoli addietro.

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