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APPENDICE 2

INCONTRO CON I CATECHISTI


SULLE VISITE ALLE COMUNITÀ PRIMA DEL 1° PASSAGGIO
(Madrid, ottobre 1981)

(Kiko)

Una volta si è formata la comunità bisogna informarsi


di come va.
Dopo sei mesi, ma anche prima se necessario, si fa una
prima convivenza di un giorno e mezzo, se possibile, nella
quale si celebra l'Eucaristia, nelle lodi si chiama alla
fede i fratelli con il kerygma, poi si ascolta un poco la
comunità e si fa una catechesi sul Cammino, venendo
incontro ai problemi dei fratelli. In questa catechesi
bisogna sottolineare che il precatecumenato e soprattutto
un tempo di kenosi. Dio, attraverso la Parola e i propri
fratelli che fanno da specchio con i loro difetti e
peccati, ci fa scoprire a poco a poco la nostra vera
realtà, tante volte mascherata perché vogliamo essere
accettati dagli altri. Così Dio permette che cadano le
nostre proiezioni di ciò che "deve essere" la comunità.
Riguardo a questo, potete prendere qualche spunto da "La
vita comune" di Bonhoeffer. Questa convivenza aiuta i
fratelli che sono molto giovani di cammino. Come sapete il
precatecumenato è un tempo molto difficile, tutti lo avete
passato.
Un anno dopo, più o meno, fate un'altra convivenza, di
un giorno e mezzo, in cui annunciate loro il primo
scrutinio e correggete alcuni difetti che sempre ci sono
nelle comunità.

Bisogna dire al responsabile che inviti tutti alla


convivenza. Sempre, quando vengono i catechisti a
visitarli, il responsabile deve invitare tutta la comunità,
incluso quelli che mancano da qualche tempo. Se ti dice:
"Guarda che eravamo in quaranta e ora veniamo in dieci";
digli che non è un problema. Non vuol dire che rimarranno
solo questi dieci. Molti di questi quaranta ritornano
quando sanno che vengono i catechisti. Forse non hanno
fiducia in nessuno della comunità, però nei catechisti
continuano ad avere fiducia. Questo dovete averlo molto
chiaro come catechisti.
Allora dici al responsabile: avremo una convivenza la
tale domenica, nel tale luogo, invita tutti i fratelli. "Ma
guarda che non vengono". "Tu comunica a tutti i fratelli
che vengono i catechisti e che ti abbiamo detto di invitare
tutti. Dopo ti chiamerò e tu mi dirai quelli che ti hanno
detto che vengono e quelli che non vengono". Allora voi
catechisti chiamate per telefono quelli che pensano di non
andare. Basta che tu li chiami e già gli si intenerisce il
cuore, al pensiero che il catechista si è occupato di loro
e li ha chiamati. Perché hanno fiducia in voi. Dai
catechisti hanno ricevuto una parola che è arrivata loro
nelle catechesi. Questo è molto importante.

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Quando arriviamo a Parigi, per esempio, la prima cosa


che facciamo è di vedere "le pecore perdute". Ci informiamo
su chi sono quelli che non vengono. Il lavoro con "le
pecore perdute" è difficilissimo e va fatto poco a poco. Il
pastore è Gesù Cristo, non c'è dubbio. Ma voi fate in
questi momenti il lavoro del pastore. C'è gente che è stata
molto ferita dalla vita e non si fida di nessuno, hanno
avuto un sacco di botte. Di Gesù Cristo si fidano un poco,
hanno cominciato a fidarsi di Gesù Cristo nella convivenza.
Ci vuole molta pazienza ed affetto.
È anche molto importante che facciate le cose sempre
in comunione con il parroco. Visitatelo. Vogliategli bene.
Se all'inizio non capisce certe cose del cammino,
spiegategliele il meglio possibile, e invitatelo ad avere
pazienza che ne raccoglierà i frutti.

Quando visitate la comunità, bisogna sempre annunciare


il kerygma, bisogna chiamare a conversione. Bisogna
annunciare Gesù con forza, dicendo: guardate, Gesù Cristo
vi ha salvato, ha dato la vita per voi, ha dato la vita per
te. Dovete dirgli: "É risorto per la tua salvezza; perché
lo hai abbandonato? Torna a Lui!". Bisogna dirgli sempre -
e credendolo: TORNA A LUI! Se non lo credete e siete in
crisi, allora non andate a far catechesi. E ditelo senza
esigere. Qui non si esige nulla. Ci corrompiamo se esigiamo
quello che non possiamo fare noi. Chiamare a conversione
non è esigere niente; è annunciare l'amore che Dio ha per
loro. Sempre bisogna tornare ad annunciare il kerygma.
Una altra cosa a cui dovete stare attenti è se c'è
qualche problema. Sempre, al principio, possono darsi
problemi: fornicazioni, pasticci, ecc. Non ci si deve
scandalizzare. Grazie a Dio c'è un caso su mille, ma è
normale fra uomini e donne, sempre ci sono stati problemi e
sempre ce ne saranno.
Però dovete sapere distinguere le cose e discernere.
C'è bisogno soprattutto che il responsabile non sia un
moralista. Se il responsabile è un moralista rovina la
comunità. Noi abbiamo visto comunità distrutte perché il
responsabile non permetteva nella sua comunità nessuno
sbaglio o debolezza, in nessun modo e perché non permetteva
che in nessuna convivenza si discutesse: "Qui non si
discute, qui bisogna amarsi, ci dobbiamo amare!". È finita.
I giovani sparirono, ecc. Vedete? Ecco a cosa porta
l'esigere. Non c'era sincerità nella comunità. Come sapete
il cammino si basa sull'umiltà e l'umiltà è la verità. Se
non c'è verità nella comunità, non c'è nulla.
Questo di non essere moralista non vuole dire: "Fai
quello che ti pare!", e che peccare è una cosa da nulla.
No, assolutamente, il peccato sapete che provoca nell'uomo
la perdita della grazia, la separazione dalla vita di Dio,
provoca in noi la morte. Non so se lo sapete: il peccato ci
dà la morte. Se qualcuno sta nel peccato è morto, puzza,
appesta in mezzo a noi, non ha la vita di Dio qui, non ce
l'ha. Non ha vita, è morto, è in potere degli spiriti
tenebrosi che hanno potere su di lui e sulla sua volontà;
le concupiscenze della carne possono più di lui, lui non le
può vincere, perché sta senza la vita di Dio. Triste è la
condizione dell'uomo schiavo del male, schiavo del peccato,
soffrendo; triste è la sua condizione. Questo è l'a b c del
cristianesimo.

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Gesù Cristo è venuto per liberarci dalla schiavitù che


l'uomo patisce sotto il peccato e sotto il male. Chi ha
conosciuto la libertà interiore, non vuole peccare, perché
lo Spirito Santo lo difende dal peccato. Gli dice: attento!
Perché con lo Spirito Santo vengono i suoi doni e uno di
questi è il santo timore di Dio. E chiaro, quelli che non
hanno lo Spirito Santo non hanno il santo timore di Dio e
per loro peccare non è peccato. Il timore di Dio è un dono
che viene dal cielo, è qualche cosa di meraviglioso che ti
preserva e ti fa pensare cinque, sei, cinquanta volte prima
di peccare; te lo fa pensare molto chiaramente perché sa
quello che significa peccare: uccidere Cristo, uccidere
Dio. Il peccato provoca in te, fratello mio, molti mali
nella tua vita, ti separa da Dio completamente e rimani
nelle tenebre. E che cosa sarà della tua vita? Quello che
ti può succedere non lo sappiamo.
Dobbiamo imparare ad uscire dal peccato, a lottare, a
combattere. Per questo dice S. Paolo: Rivestitevi delle
armi della luce (cf Rom 13,12; Ef 6,10-17). Ci sono delle
armi invisibili che ha il cristiano. Ora che si parla tanto
di fantascienza, è come se ti potessi rivestire di una
corazza invisibile, ma che ti difende. Conoscete il canto
che abbiamo fatto sulle "Armi della luce". Dice S. Paolo:
cinti i fianchi con la verità. La verità è Cristo, a Lui
devi obbedire e a niente altro; Lui è il Signore. La verità
non è il mondo, né quello che dicono tuo padre o tua madre,
né quello che pensa la politica. Lui e il Vangelo sono la
verità. Per chi voglia obbedire al Vangelo (a quello che
dice il Vangelo), questa è la verità. Cinti con la verità,
come dice S. Paolo. E la verità in tutti i sensi, senza
mentirvi gli uni gli altri; nella verità, che è l'umiltà.
La verità è che siamo poveri e guai a noi se il Signore
ritira la sua mano da noi. Io fratelli, sono tanto povero
come voi, un peccatore, ho tentazioni costanti di tutti i
generi, sessuali, di orgoglio, di superbia, di tutti i
generi. Chi mi libererà? Chi mi libererà dalle tentazioni?
Se mi mettono in un tranello, cado; se mi mettono lì una
ragazza, cado, cadrò. Però dico: "Signore, non lo
permettere Tu, in te confido, non permettere che io entri
in questa situazione; preservami tu, portami tu!". E mi
preserva, non mi lascia. Che se mi lasciasse...
"Signore, non mi abbandonare! Hai permesso che
conoscessi questa ragazza, che mi mettessi in quel problema
o non so che, non mi abbandonare". Non dipende solo da noi,
capite? Non è che io non pecco solo perché me lo propongo,
solamente per questo. No, è che spero nel Signore. Confida
nel Signore, confida in Lui, confida che Lui ti salverà, tu
confida in Lui. Dì con il salmista: Non vacillerò, Signore,
la tua mano mi protegge, non vacillerò (cf Sal 17,5;
62,3.7)! Come dice l'altro salmo (Sal 121): Alzo i miei
occhi ai monti, da dove mi verrà l'aiuto? L'aiuto mi viene
dal Signore che ha fatto il cielo e la terra. Lui sta alla
tua destra perché non vacilli. Ti protegge con la sua ombra
perché di giorno il sole non ti faccia danno, né la luna di
notte.
Ho confidato, il Signore mi salverà; e quando mi sono
visto in un pasticcio, e già mi vedevo perduto... No! Non
sono perduto! Signore, non so come uscirò da questa cosa,
però ne uscirò. Il Signore è mio Padre e mi aiuterà. A
questo vogliamo portarvi, alla fiducia che vi dà lo Spirito
Santo. E ne usciamo, chiaro che ne usciamo: Molte sono le

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prove del giusto, ma da tutte lo libera il Signore, da


tutte (cf Sal 34,20). E che allegria quando ti libera il
Signore! Il Signore libera anche gli altri da molte prove,
ma il problema è che non lo vedono e non hanno l'allegria
di vedere che qualcuno li ama. E senza amore, fratelli, non
viviamo; e allora si rifugiano nell'amore familiare o
nell'amore di un'amica e hanno certi fiaschi, certi
spaventi. Non sanno dove incontrare l'amore.
Con questo voglio dirvi anche che dovete avere molto
chiara una cosa: è vero che questo è un cammino per
peccatori, un cammino per ammalati. "Non sono i sani che
hanno bisogno del medico, ma i malati... Non sono venuto a
chiamare i giusti, ma i peccatori" (Mt 9,12-13). Ma
attenzione con l'Eucarestia. Questo esiste fin dalla più
antica tradizione della Chiesa: l'Eucarestia è il Corpo del
Signore e possiamo distruggere il Corpo e condannarci (cf 1
Cor 11,27-32).
Però, chiaro, neanche possiamo andare con la pila
elettrica a chiedere: Senti, hai un'amica, fornichi, prendi
la pillola? Questo la Chiesa non lo fa, non lo chiede alla
gente che viene a Messa. Però se per caso nella comunità
hanno saputo (perché alla fine di solito queste cose si
vengono a sapere) che c'è uno che sta vivendo in una
situazione concreta di peccato grave, dovete parlare con
lui e questo fratello non può comunicare. Con molta
serenità, aiutandolo, con affetto, gli dovete dire: Puoi
venire all'Eucarestia, ma sai che in questa situazione tu
non puoi stendere le mani per comunicare. Nessuno ti
giudica, siamo in un popolo, no? Non siamo in un collegio
di monache dove se uno non comunicava gli altri pensavano:
che peccato avrà? Quella ragazza non comunicava e le altre
pensavano: che peccataccio avrà fatto? Non si tratta di
questo.
Dovete avere questo molto chiaro. Se qualche fratello
sta in una situazione irregolare, perché è divorziato o ha
un problema di adulterio... C'è un momento del cammino in
cui parleremo espressamente dell'adulterio, perché
l'adulterio è un peccato molto grave, è un peccato di morte
che distrugge. Ricordatevi di quello che dice S. Paolo alle
comunità. Perché questo può succedere nella comunità. Ci si
può mettere il demonio.
Per questo dice S. Paolo: Se qualcuno distrugge il
Corpo di Cristo Dio distruggerà lui (cf 1 Cor 3,17). Si
riferisce a qualcuno, per esempio, a cui viene in mente di
guardare la moglie del suo prossimo in comunità, e di
distruggere così il Corpo di Cristo. Questo sarebbe causa
di scandalo per tutti i fratelli di fuori e si farebbe un
danno terribile: si distrugge il tempio di Dio che è la
Chiesa, il Corpo di Gesù Cristo. Se tu hai distrutto il
Corpo di Cristo, Dio distruggerà te, perché dietro c'è la
vita delle persone, c'è dietro la vita di un bambino
piccolo, si gioca con la vita delle persone e si distrugge
la Chiesa. E se si distrugge la Chiesa, che cosa
innalzeremo davanti al mondo perché gli uomini incontrino
la luce? Con questo non si gioca, fratelli miei. Dio ciò
che dice lo porta a compimento esattamente. In questo e in
molte altre cose.
Ma neanche abbiate paura. In una convivenza di
responsabili di Roma, una sorella, dopo la penitenziale, ha
detto pubblicamente che lei ancora non poteva perdonare.
Aveva quattro anni di cammino, aveva fatto lo Shemà e

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diceva che non poteva perdonare ad alcune sorelle della


comunità. Non andava più alla comunità, ma era venuta alla
convivenza perché avevamo detto di invitarla.
All'Eucarestia, durante la risonanza, si alzò per dire
questo. Io gli dissi che se non perdonava non poteva
comunicare (non si può fare del corpo del Signore una
pantomima).
Allora si alzò un fratello per dare la sua esperienza.
Raccontò come anni prima era responsabile di una comunità,
sposato con una moglie grassa, brutta, ecc., con la testa
un poco così, con due bambini, e si era fatto un'amica
giovane, carina, quello che volete. Però la sua vita non
era facile (la moglie lo sapeva ed anche i figli). E spiegò
come io, quando seppi che era responsabile, che era in
cammino da un anno e mezzo e non aveva risolto questa
situazione, gli avevo detto: "Mi dispiace molto, ma in
quella situazione, prima cosa, tu da oggi non sei più
responsabile; secondo, non puoi comunicare". Questo
fratello raccontò che sul momento rimase scottato e
dispiaciuto e che mi rispose: "Ma, Kiko, io credevo che
queste fossero cose da secondo scrutinio e io sto appena
cominciando. Io sono entrato in cammino perché mio
fratello, che era un ateo comunista, si è convertito ed ora
è una meraviglia, è completamente cambiato". Spiegò che io
gli dissi: "Tutto quello che vuoi; ma se vuoi seguire il
cammino, ti ho detto quello che devi fare".
Questo fratello si era alzato in convivenza e aveva
dato la sua esperienza per incoraggiare quella signora. Ha
detto che a lui questa esperienza lo aveva aiutato. Lui,
che non sopportava sua moglie, che la detestava con tutta
la sua anima, cercò due volte di lasciare l'amica; dopo
ebbe una crisi e ritornò di nuovo da lei. Allora venne a
parlare con me e io gli dissi quello che doveva fare: lo
mandai in un monastero a pregare e a digiunare. Lì il
Signore gli diede la forza per cambiare vita.
Parleremo ancora di queste cose, di quello che bisogna
fare con certi fratelli che sono ammalati e che bisogna
mettere nell'ospedale. Non basta dargli una aspirina o un
optalidon, né che facciano una confessione così, perché
così non si curano. C'è gente che è così ammalata che va
"ospitalizzata", che ha bisogno di andare in un monastero a
pregare e a digiunare, e che tutti preghino per lui.
"Ma Kiko, io sono un mollaccione, uno che ha paura
della vita, un borghese, non sopporto la storia; appena ho
paura mi rifugio in qualche esca che offre il mondo". "No,
amico, tu puoi soffrire, puoi soffrire perfettamente. Vuoi
essere guarito, o no? Bene, allora ti diciamo come
guarire".
Questo fratello si alzò per dire che da un anno e
mezzo era tornato a vivere con sua moglie; che sua moglie
non la riconosceva più nessuno, si era dimagrita, si era
fatta più giovane e più bella. Si è innamorato di nuovo di
sua moglie, ha due figli grandi, l'ultima ha quattordici
anni, e ora avranno il terzo. Miracoli così, cose che
sembrano insolubili!
Una cosa ti dirò, fratello. Tu sei catechista vero? Ti
dirò una cosa importantissima: noi siamo stati chiamati nel
mondo a fare l'impossibile. I pagani, i gentili, chiamateli
come volete, sono chiamati a fare quello che è possibile
fare all'uomo, capite questo? All'uomo, applicando la sua
ragione, è possibile far molte cose: fare ponti, mandare

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sputnik sulla luna. Noi siamo chiamati a fare


l'impossibile, quello che l'uomo non può fare, quello che
può fare solo Dio. Allora quando ti trovi davanti ad una
situazione impossibile, NON DUBITARE!
"Ma guarda, questa ragazza è divorziata, e ora ha già
avuto tre figli con questo signore, con cui sta vivendo da
quattro anni... È impossibile!" Dio risolve l'impossibile,
quello che è impossibile agli uomini. Se avete fede come un
granello di senape, direte a questa montagna... (cf Mt
17,20). Sapete quello che significa montagna? Un problema
molto grande. La montagna in linguaggio psicologico
significa un problema. Direte a questa montagna:
"spostati", e si muoverà, vi obbedirà. Nulla è impossibile
a Dio, assolutamente nulla. A me questo, fratelli, ha dato
risultati enormi. Mi sono trovato con un problema
insolubile; non c'è soluzione umana, però sì c'è una
soluzione divina, perché quello che è impossibile all'uomo
è possibile a Dio (cf Lc 1,37; Mc 10,27). E Dio lo ha
risolto. Miracoli, miracoli immensi, veri miracoli. Questo
è qualcosa che dovete assolutamente avere chiaro, se no non
servite come catechisti.
Il Signore vi sta chiamando a lavorare nella sua vigna
con un ministero grande, meraviglioso, un ministero di
giustizia, diciamo così. Vi dovrete mettere di fronte alla
sofferenza umana e dovrete agire. Io ho sempre avuto una
fiducia enorme e ho esperimentato che, se il Signore vi
manda, Lui agisce. Ho visto ragazzi molto deboli che,
quando gli è toccato come catechisti di fare il secondo
scrutinio, non so come, il Signore li ha ispirati: hanno
visto apparire il Signore e hanno avuto dolcezza e
tenerezza, hanno detto cose che hanno salvato la gente.
Perché è il Signore che ama chi hai davanti e, per amore a
questo poveretto - che non si sa come è riuscito a mettere
nel cammino -, il Signore agisce.
Un'altra idea che dovete avere chiara è che non siete
voi, è il Signore che agisce. In tutti i ministeri è il
Signore che prende le povere nostre buone intenzioni e le
usa e fa miracoli. È Lui che agisce in noi.
Questa è una scuola di catechisti. Sono idee che
dovete avere chiare perché sono il cuore del problema. Se
non avete questo, a che serve parlare della necessità di
fare primi o secondi scrutini?

Nei problemi decidete con il prete della vostra équipe


di catechisti. Quando ci sono gravi problemi morali, andate
dal parroco insieme al prete dell'équipe. Se non sta nel
cammino forse ci può essere qualche difficoltà, ma il
Signore vi aiuterà e vi farà vedere come dovrete fare. Però
in queste cose lasciatevi consigliare dal sacerdote,
confidando nel suo ministero, nella missione che ha come
testa. Per questo è importante che in ciascuna équipe di
catechisti ci sia un presbitero.

Bisogna avere cura delle comunità che non hanno fatto


ancora il primo passaggio, specialmente quando si riducono
per il motivo che sia. Il Signore vi istruirà. Non c'è
bisogno che insista: attenzione alle pecore che si possono
perdere per la vostra poca cura!
A volte può succedere, non per cattiva intenzione dei
catechisti, che si dicano cose così, un poco forti, oppure

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che impieghiamo un linguaggio che l'altro non sa


interpretare o lo interpreta male, ecc. Dice il proverbio
che chi se la prende troppo, ha la coda di paglia. Da come
una persona risponde si vede quello che ha dentro. Perché
chi ha uno spirito che viene da Dio, ti scusa, perché vede
la tua buona intenzione. Se ha sentito una cosa che tu gli
hai detto troppo radicale e non l’ha capita, non ti
giudica, ma viene da te e ti dice: senti, spiegami questo
che hai detto perché non l'ho capito.
Gesù Cristo dice che parla in parabole, alcune molto
dure, "perché vedendo non vedano e udendo non odano"(cf Mt
13,10-13). Perché, a seconda di come interpretano le
parabole, si vede che cosa hanno nel cuore quelli che
ascoltano. "Io non ho detto questo; questo lo dici tu -
potrebbe dire Gesù Cristo -; io ho detto questa parabola;
perché l'hai interpretata così? (cf Gv 2,19-22); guarda che
strano; guarda che malvagità hai messo nelle parole che io
ho detto; lì si vede quello che hai nel tuo cuore; guarda
che questo non va interpretato così".
Questo, a volte, può capitare anche a voi, perché un
catechista deve dire la verità. Perciò dice S. Paolo:
Pregate per me affinché io parli con coraggio (cf Ef 6,19).
Sempre è stato proprio della Chiesa dire la verità senza
paura di nessuno, neanche dell'imperatore. Sant'Ambrogio,
per esempio, disse all'imperatore: "Tu non entrerai nella
chiesa, perché sei andato in quella città e hai ucciso
cinquemila uomini". E Sant'Ambrogio sapeva che si giocava
la testa. I vescovi erano i primi a dire la verità, ad
anteporre Dio a qualsiasi uomo, senza indorare la pillola a
nessuno. E questo è sempre un frutto della libertà. Questo
sempre costa. È molto più facile nascondere la faccia e non
dire niente. Questo non vuole dire che non dobbiate avere
delicatezza.

Una cosa importante è che il responsabile sia in


comunione con voi e sia fedele al cammino. Perché, se la
comunità fa il tripode, anche se ci sono problemi, la
comunità continuerà e non andrà a fondo.
Un problema che appare spesso è quello della
puntualità. Alcuni non sopportano il ritardo e cominciano
ad esigere: "Perché qui non c'è carità, perché siete
ritardatari, ecc.". State attenti a non giudicare le
intenzioni dei fratelli, pensando che arrivano tardi perché
non vogliono essere puntuali, perché non hanno carità verso
gli altri. Scusateli invece. Forse è stato il traffico.
Forse hanno bambini piccoli e finché non li mettono a letto
non possono venire. Scusali e ci azzeccherai. Sai perché se
li scusi farai bene? Perché lo dice la Parola di Dio: "La
carità lo scusa tutto" (cf 1 Cor 13,7). E la Parola di Dio
non sbaglia mai.
Questo non vuol dire che avere carità significhi
essere idiota, che scusare tutto sia essere in tontolone.
Questo è falso. Questo è un miele che non assomiglia per
niente all'autentica carità.
Un altro problema è l'efficientismo di alcuni che si
irritano perché i fratelli sono arrivati e ancora non
comincia la celebrazione. Dovete sapere che il problema sta
nel fatto che ci incontriamo poco e abbiamo bisogno di
entrare in relazione. Non bastano soltanto le liturgie; non
siamo in una fabbrica: alle otto in punto comincia la
liturgia, poi finisce e a casa. Perciò vedete che anche

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dopo la celebrazione i fratelli restano lì per un tempo a


parlare. Parlare è fondamentale, comunicare con gli altri è
una necessità che bisogna capire.

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