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Pensiero religioso Machiavelli e Dante

Dante e Machiavelli sono due giganti del pensiero italiano ed europeo vissuti a due secoli di
distanza tra loro. Essi ebbero una vita molto simile sancita dall’amore per la politica e dal
ricoprire una carica politica importante ma anche sancita da un esilio comune dalla loro
amata Firenze e la voglia irrefrenabile di farvi ritorno che però non fu mai soddisfatta per
dante e che lo fu solo in parte per Machiavelli. Nonostante avendo avuto una vita simile
sotto molti punti di vista si trovano su posizioni antitetiche Dante e Machiavelli infatti
riassumevano nelle loro opere visioni completamente opposte dell’universo uno dei concetti
nel quale sono in maggiore disaccordo è sicuramente la visone della religione. Dante è un
uomo molto religioso che condivide a pieno i principi che la religione enuncia e che definisce
la religione come il metro di giudizio per la realtà contemporanea, ma che allo stesso tempo
condanna la chiesa che nel periodo di Dante era diventata mondana a causa delle cattive
pratiche che svolgeva: compravendita delle indulgenze, nipotismo, corruzione del clero e
concubinato. Un esempio di questo è la divina commedia che descrive il viaggio di dante tra
inferno, purgatorio e paradiso e che si basa sulla descrizione dei peccati (principio che nasce
con il cristianesimo) e delle pene a cui i condannati erano sottoposti. Nella divina commedia,
nella parte dell’inferno, troviamo condannati quattro papi: Celestino V che si trova
nell’antinferno a cui dante riconosce il peccato dell’ignavia (poiché esso rifiutò di diventare
papa), Niccolò III che ritroviamo nel XIX canto, che invece è posto nelle malebolgie dove
vengono puniti i simoniaci coloro che in vita vendettero simonie (Niccolò III infatti in questo
contesto rappresenta la corruzione della Chiesa). Nel canto poi dante scrive che Niccolò gli
profetizzerà l’arrivo di altri due papi Clemente V e Bonifacio VIII (quest’ultimo grande
nemico di dante che fu la causa del suo esilio). Un altro esempio del pensiero religioso di
Dante è la definizione del concetto della fortuna. Infatti dante la definisce come
un’intelligenza celeste e provvidenziale, amministrata dal disegno di Dio in modi
incomprensibili alla ragione umana. Per Dante la fortuna non è né capricciosa né crudele,
ma è al di sopra delle capacità interpretative di noi mortali. Per dante dunque la categoria
della moralià risulta condizionante anche per la religiosità. Grande oppositore del pensiero
di Dante (che lo definirà anche con parole argute ‘porco e infame’) troviamo Niccolò
Machiavelli che al contrario di Dante definisce (nel principe) la religione come
un’instrumentum regni ovvero un mezzo con cui il principe teneva salda e unita la
popolazione. La religione quindi per Machiavelli è una religione di stato che deve essere
sfruttata per fini politici e speculativi, come strumento di cui il principe dispone per ottenere
il consenso comune del popolo, quest’ultimo ritenuto fondamentale dal segretario
fiorentino per l’unità e la lungimiranza del principato stesso. Machiavelli teorizò questo
concetto avendo come esempio La religione nell’Antica Roma che è stata fonte di saldezza e
unità per la Repubblica. Sempre nel principe Machiavelli scrive anche che secondo lui il
cristianesimo è sbagliato perché insegna ai cittadini a rassegnarsi. Non a caso infatti Il
Principe è sempre stato nell’Indice dei libri proibiti dalla Chiesa cattolica in parte perché
smontava le teorie politiche cristiane come quelle di Sant’Agostino e Tommaso d’Aquino ma
soprattutto perché Machiavelli annulla ogni nesso tra etica e politica, poiché esso pensava
che la politica fosse una scienza propria e che di conseguenza dovesse avere leggi e metodi
propri distaccati dall’etica.

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