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TESTO ARGOMENTATIVO MACHIAVELLI

"Il fine giustifica i mezzi"; Se si volesse analizzare la coscienza filosofica dell'affermazione citata e
riportarla sotto una chiave politica ne conseguirebbe un quadro zeppo di scelte, tutte orientate verso un
unico obiettivo pratico, imparziale e, almeno teoricamente, improcrastinabile.

Eppure la franchezza di un proposito viene continuamente ostruita quando in un cammino di intenti e di


scopi entrano in gioco la psicologia morale e la teoria del corretto vivere, tutto ciò che i filosofi
delinearono come "etica", un'insieme di nozioni e di valori, nel nome del bene e del male, che le scuole
greche non fecero altro che raccontare una volta comprese le "leggi sociali".

In una disciplina come la politica, nata in qualità di modalità di governo inflessibile e razionale è possibile
calcolare ciò che è giusto o sbagliato? E ancor prima, è possibile che l'uomo, un essere assoggettato dai
sentimenti, cresciuto tra nozioni e insegnamenti quantomeno come il rispetto verso tutti e l' amore verso
il prossimo, riesca ad essere equo e neutrale andando contro la sua natura di "homo" dedito alla "pietas"
verso il mondo?

Per analizzare quanto sovracitato bisognerebbe partire da una concezione ottimista dell'uomo, che vede
egli posto come "essere nato buono per perseguire del bene", una visione che associa, inoltre, le "cattive
scelte e le male idee" di quest'ultimo al contesto collettivo in cui egli cresce per la formazione individuale
conseguente.

Sembrerebbe che l'idea di Aristotele dell'uomo "come animale politico" vada a dissolversi nelle varie
epoche storiche, dove "errare humanum est" non è una locuzione che può permettersi spazio nella
dottrina politica poichè essa nasce come scienza imperturbabile e provata qualora venisse condotta
come pretende. Tuttavia c'è da dire che nella società aristotelica la politica non era concepita come i
secoli susseguenti e ancor meno come la si intende oggi. Si può quindi affermare che essa, in quanto
capacità di coesistenza tra gli uomini e amicizia, non sia del tutto errata.

Machiavelli propose un ideale politico pragmatico basato sulla concretezza del reale.

L'uomo non deve seguire un'etica per il bene comune e la sopravvivenza di una politica incontestabile.
L'uomo deve adattarsi alla politica, non essa agli ideali umani altrimenti ne scaturerebbe un agire dedito
alla speranza che di concreto non possiede alcunchè, un agire anzi basato su stereotipi ed illusioni.

Niccolò Machiavelli della Politica ne fa una vera e propria professione stabilendo che il "corretto"
esercizio di questa sta dove non vi è morale. Da questa opinione ne scaturisce un buon governatore per
un cattivo uomo. La scelta che si presenta ad un governatore e ad un politico è dunque: "Morire da
uomo per bene o da politico onesto?". Si presti attenzione che l'onestà politica coincide con il bene della
comunità ma talvolta può andare contro la purezza e l'autenticità della natura umana.

Se ci si volesse chiedere, quindi, se sia giusto che i politici adottino qualsiasi mezzo pur di centrare i
propri obiettivi, probabilmente bisognerebbe aprire un discorso di presa di responsabilità tra
polemologia ed esercizio del potere.

E' fondamentale che l'uomo politico riesca a trovare il giusto compromesso tra filosofia formale della vita
ed esercizio del potere in una stretta relazione tra impegno, fedeltà e responsabilità.
Machiavelli, nonostante condanni i "politologi" che basavano la scienza della comunità sull'ideale,
propone nella sua realtà politica empirica un modello di governatore utopico poichè l'uomo di per sè
non può andare contro la sua natura morale. La politica machiavellica potrebbe essere intepretata come
una richiesta all'uomo di non essere totalmente umano. Per applicare un progetto politico di stampo
machiavellico si dovrebbero ribaltare tutte le leggi che governano il tessuto sociale, improntando queste
ultime a nuovi archetipi e principi etici.

Questo è il ragionamaneto che consegue all'affermazione "Non c'è politica senza morale".

E' giusto che l'uomo non rinunci al suo essere e alla sua natura poichè l'empatia è l'unico modo per
instaurare un dialogo e immedesimarsi nel prossimo, ascoltando e comprendendo i suoi bisogni e
costruendo assieme ad esso una comunità orientata verso il rispetto e la coesistenza degli ideali di
ognuno. Se il politico rimanesse in una posizione "glaciale" si andrebbe ad acuire la possibilità di
rischiare che il bene della politica superi l'obiettivo principale di questa, la collettività, e che a sua volta
abbia maggior prova di declinare in tirannia.

Del resto lo stesso Terenzio non sbagliava nel suo "Homo sum, humani nihil a me alienum puto", "Sono
un essere umano, niente di ciò che è umano ritengo estraneo a me".

D'altronde la politica nasce per l'interesse civile e da leggi dell'uomo che proprio per la sua capacità di
relazionarsi agli altri, grazie al rispetto etico, deve far coesistere la buona morale ai principi autorevoli, e
non autoritari, della politica. In poche e sostanziali parole l'uomo fonda e cura una società in base ai
valori in cui crede e, la filosofia formale, in questo, occupa un ruolo cardinale, proprio perchè le virtù
sono raccontate e trasmesse attraverso l'etica.

La politica è dunque praticità, ma non vi è alcun obiettivo possibile, nella storia, che come disse Max
Weber " si realizzerebbe se nel mondo non si aspirasse sempre all'impossibile".

Il fine stesso è giustificato dal mezzo e dalla fatica per i quali si è giunti ad esso. Esso non ha bisogno di
spiegazioni, giudizi o criteri ulteriori che permettano di distinguerlo in bene o in male qualora si fosse
raggiunto lo scopo primo della politica, ovvero la convivenza tra libertà e umiltà.

I fini "cattivi" d'altro canto, saranno quelli che non troveranno riscontro nello sviluppo virtuoso e genuino
della società, verrano poi surclassati dal tempo, dai nuovi modi di pensare, a maggior modo quando si sa,
che nel nostro mondo la giustizia si vende e si compra come l'anima di Giuda.

Con la divisione di etica e politica non si riuscirà mai a raggiungere il "giusto" tanto ricercato, è
importante inoltre non cadere negli estremismi per la coesistenza paritaria di ideali e applicazione di
questi nella realtà.

Suona contraddittorio come l'uomo debba raggiungere un obiettivo pur non essendo egli stesso un fine,
ma un "fieri", un continuo compiersi.

L'ideale è inscritto nell'umano come sua possibilità, anzi come la sua possibilità più alta, la cui
realizzazione è affidata a quella libertà che il suo stesso baluginare accende e provoca.

Tutti gli ideali non permettono di essere dimenticati. La razionalità politica deve far in modo che l'uomo
riesca a prendere la giusta decisione anticipando quanto possibilmente verificabile, e portando di
conseguenza la comunità sempre ad un fine buono, si concreto e si ardente.
Più che l'addottare un lieve dispotismo in politica è più giusto che un buon governatore sia servo del suo
stesso popolo e si ponga accanto alla spalla dei suoi cittadini e che per far ciò ricorra a mezzi che
implichino la sua morale in nome di un popolo, e la sua professionalità in campo sociale. Il fine
conseguente a quanto riportato non sarà altro che un onorevole progresso verso il degno. Si badi bene
che il "politico onesto" non imponga la propria morale e ne decida "una tutta sua", citando Woody
Allen.

Un politico cosciente e abile nasce dalla sua natura di uomo virtuoso, una politica efficiente non nascerà
mai dal buonismo o da un atteggiamento autoritarista, ma dalla virtù e dal carisma posto al servizio di
tutti per una cooperazione proficua.

Si ricordi Margherita Hack quando diceva che "...senza leggi etiche ci sarebbe il branco e non la
società..." ed ancora Dalai Lama con la sua "Una politica priva di etica non incrementa il benessere
dell'umanità; un'esistenza priva di morale abbassa gli esseri umani al livello degli animali".

MARTINA PIA GRAZIANO, 4A

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